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#canne da feeder
elbafishingblog · 3 years
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La canna e il mulinello da legering
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Le principali tipologie di canne da legering e feeder. Quale canna scegliere, con quale mulinello abbinarla. Caratteristiche dei quiver tip.
Per quanto detto nell'introduzione alla pesca a legering ed escludendo pertanto le discipline specialistiche di pesca a fondo, la canna da legering è del tipo ad innesti, di varia lunghezza (misurata in piedi), azione, casting e dotata di un numero variabile di vette (quiver tip) a diversa sensibilità (di solito misurata in once, oz). Orientarsi può non essere semplice se non si conoscono le differenze e non si ha ben chiaro l’ambito di utilizzo. Lo scopo di questo articolo è quello di fornire un quadro generale che possa fornire un supporto alla scelta evitando, per chi si avvicina a questa disciplina, gli errori più comuni. Canna e mulinello devono poi, al di là delle specifiche, anche rispondere alle preferenze individuali o alle necessità particolari. Ne viene che il quadro inevitabilmente tende ad essere più complesso rispetto a quello mostrato, con attrezzature che sebbene qui siano indicate come ottimali per un determinato approccio vengano poi utilizzate anche in altri. Non è però il caso di rendere il discorso più noioso di quanto già non rischi di essere. Per adesso partiamo dalle basi.
Caratteristiche generali
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Nove piedi (9 ft): Sono le canne più corte (9 ft sono circa 2,74 m) in due pezzi con sezioni della stessa lunghezza. Sottili, leggerissime, studiate per la pesca a corta distanza (dai margini a massimo 25 metri) in acque ferme o con corrente molto lenta. Per lo più si tratta di canne destinate alle acque commerciali e comunque utilizzabili in spot con riva bassa. L’azione è generalmente parabolica o progressiva-parabolica. Le vette in dotazione posso avere sensibilità diverse a seconda dei modelli con un range solitamente tra 0.75 e 2 oz. Il casting non sarà mai elevato in quanto la loro funzione è quella di lanciare con precisione a corta distanza e si attesta mediamente sui max 40 grammi. Si abbinano a mulinelli di taglia 3000 e a lenze madri massimo di 8 lb.
Dieci piedi (10 ft): Leggermente più lunghe (circa 3 m) come si può immaginare non differiscono moltissimo dalle precedenti risultando un po’ più “allround” per la pesca in acque commerciali o naturali con le medesime caratteristiche viste prima. Sempre dedicate ad una pesca non gravosa, sulla medio-corta distanza (diciamo massimo 40 metri) e con un casting leggermente superiore.
Undici piedi (11ft): Con i loro 3,35 m iniziano ad essere canne meno specifiche e con un ambito di usabilità più vasto, specie per chi pesca in acque naturali. Si tratta delle classiche canne da light legering/feeder con un casting massimo intorno ai 50-60 grammi, da utilizzare per lanci non oltre i 50 m e validissime anche per la pesca marginale. I tip vanno tra 1 e 2 oz e anche queste si abbinano a mulinelli di taglia 3000 o 4000 a bobina non troppo grande con lenze madri non superiori alle 8 lb. L’azione è progressiva o progressiva-parabolica.
Dodici piedi (12 ft): In questa misura (circa 3,68 m) la scelta è molto ampia. Vi si collocano canne in tre sezioni da legering/feeder leggero e medio-leggero come canne decisamente potenti dal casting elevato. Si sceglie una dodici piedi quando si ipotizza di dover operare su distanze di lancio che possono giungere fino anche a 60-70 m. Ma non è solo questione di distanza. Una canna più lunga consente di affrontare spot con riva più alta, correnti più impegnative (modelli strong e medium-strong) e di poter gestire pesci di taglia quando sia necessario non farli avvicinare troppo presto ai margini. Il mulinello più adatto è quello di taglia 4000 che viene caricato con un filo massimo di 8 lb nel legering/feeder medio-leggero e fino a 10 lb in quello pesante. Troviamo infatti, come accennato, canne 12 ft con casting ridotto (massimo 50-70 grammi) e vette nel range 1-2 oz e canne con casting elevato (anche 150 gr) dotate di vette fino a 3-4 oz. Sono canne ad azione progressiva benché in quelle da legering medio-leggero la curva sia decisamente più morbida. Ma non potrebbe essere altrimenti.
Tredici piedi (13 ft): Siamo alla soglia dei quattro metri di lunghezza, ovviamente in tre sezioni ed un ambito di utilizzo che va dal legering medio a quello pesante. Parliamo di canne con casting da 90 grammi fino anche a 150 e talvolta di modelli con anelli maggiorati da long casting (superiore ai 70 m). L’abbinamento è con mulinelli di taglia 4000 per i modelli da casting medio e 5000 per quelli da long casting. Si tratta di canne da ambienti naturali come grandi fiumi, correnti talvolta impegnative e particolarmente adatte anche alla pesca in mare. Canne che tuttavia (modelli medium abbinati alla vetta più sensibile in dotazione) rendono molto bene anche in acque ferme sulla media distanza.
Quattordici piedi (14 ft): Con i loro 4.27 m di lunghezza sono canne in tre sezioni esclusivamente da long casting da abbinare a mulinelli di taglia 5000 con lenze madri fino a 10 lb. Le vette vanno dalle 2 alle 5 oz a seconda dei modelli e presentano anelli di maggior diametro. Il casting è elevato è l’azione progressiva. Si tratta di canne destinate ad uno specifico settore, quello del legering/feeder estremo.
I quiver tip
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Le vette sono in relazione al modello di canna ed ogni canna ha a disposizione 2-3 vette di diversa sensibilità e talvolta materiale. Le vette in carbonio sono più rigide e reattive di quelle in fibra che al contrario risultano assai più flessibili. Le vette in fibra tendono quindi a evidenziare maggiormente le mangiate benché non possano essere prodotte al di sotto di una certa misura. Ne viene che i quiver da 0.5 e 0.75 oz sono comunque in carbonio. La fibra viene utilizzata nel range 1 e 2 oz (nello stesso range esistono comunque anche in carbonio), dalle 3 oz in poi le vette sono tutte in carbonio.
0.5 oz: Le vette da mezza oncia sono molto sottili e sensibilissime. Si tratta di quiver destinati ad una pesca ultra-light, sulla corta distanza, in acqua ferma, a pesci dalla mangiata estremamente delicata.
1 oz: Sono le vette più utilizzate nel legering/feeder leggero, con piombi o pasturatori di massimo 30 grammi in acqua ferma o molto lenta. Molto sensibili ma chiaramente più resistenti delle precedenti.
2 oz: Vette da legering/feeder medio-leggero e pesca a medio-lunga distanza con buona resistenza a correnti moderate. La sensibilità è dunque leggermente ridotta ma sono ancora in grado di registrare mangiate abbastanza delicate.
3 oz: Vette da legering/feeder medio, piombi e pasturatori di peso fino a 70 grammi, sensibilità ancor più ridotta ma maggior resistenza ad incurvarsi in corrente.
4 oz, 5 oz: Vette molto rigide da corrente sostenuta e da pesca a lunga distanza. Molto poco sensibili. Sono destinate al feeder estremo.
Quale attrezzatura scegliere
Tornando ancora all'introduzione, considerando di praticare la pesca in acque naturali e in mare ed escludendo gli approcci che si collocano agli estremi (troppo particolari e specifici), le canne più utili sono quelle tra gli 11 ed i 13 piedi. I mulinelli da abbinare i 3000/4000 ed il filo da utilizzare come lenza madre massimo 8 lb  (parlando di diametri da uno 0.18 ad uno 0.22 circa). Uno 0.18 consente lanci precisi anche con pesi ridotti ed è indicato nel legering leggero da praticare con canne da 11 ft e mulinelli 3000. Uno 0.22 si imbobina sui 4000 associati a canne da 12 ft da legering medio-leggero e 13 ft da legering medio o medio-pesante. Su queste ultime si può prendere in considerazione uno shock leader dello 0.25 (raramente 0.28) in casi particolari. Per chi inizia e non prevede di avere più di una canna ma di pescare comunque in spot diversi e con approcci differenti il mio consiglio è di prendere una 12 ft da legering medio (casting massimo 90 gr) con quiver di 1, 2 e 3 once. L’abbinamento è, come già detto, con un mulinello 4000 caricato con lo 0.20-0.22.
Nylon e trecciato
Il trecciato è una sorta di novità nel legering. Ormai lo si utilizza da diversi anni ma non fa parte della storia di questa disciplina sebbene lo stia diventando. Le sue caratteristiche, principalmente la pressoché totale assenza di elasticità, lo rendono una soluzione nel campo della pesca a lunga distanza grazie ai diametri ridotti (che favoriscono i lanci lunghi) e la capacità di trasmettere rapidamente le mangiate. Nella pesca a corta e media distanza è tuttavia assolutamente da evitare in quanto non porta particolari vantaggi e, anzi, risulta svantaggioso in quanto non ha capacità ammortizzante e quindi tutto grava sull’elasticità della canna, la sola in grado di ridurre la tensione a livello terminale. Il problema può essere parzialmente risolto con l’inserimento di settori elastici in montatura o lunghi leader in nylon ma, va ripetuto, è inutile complicare il setup se non si intende pescare in long range.
Una tabella per iniziare
Se tutti questi numeri avessero creato confusione provo ad aiutarvi con una tabella che riassume un po’ quanto ci siamo detti fino ad ora prendendo in considerazione i vari aspetti.
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La tabella non può essere comprensiva di tutti gli approcci e accorgimenti, ma ci da un’idea generale. In condizioni di acqua ferma o molto lenta e in assenza di vento si punta generalmente sulla sensibilità dato che i movimenti del quiver non subiscono influenze esterne e vengono determinati esclusivamente dalle mangiate dei pesci. A seconda della distanza di pesca e del tipo di spot si sceglie quindi la canna (11, 12 o 13 ft) ed il quiver non supera le 2 oz. Quando le condizioni si fanno più impegnative (vento, corrente, distanza) è necessario optare per canne più potenti e quiver nell’intervallo 2-3 oz. Vi ricordo la nostra pagina Facebook, un punto di incontro ed uno spazio in cui è possibile confrontarsi su tutti questi argomenti. Se qualcosa non è chiaro lasciate un commento oppure inviateci un messaggio. La riposta è garantita nel più breve tempo possibile.
Testo e Foto: Franco Checchi
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bakecaannunci · 4 years
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Bakeca annunci Daiwa canne feeder modello Proteus 30EUR
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Vendo le seguenti canne da feeder in perfette condizioni: -Daiwa canna x feeder modello Proteus PTF902ML-BI 9ft (2,7mt), ... Clicca il link ed entra nella nostra bakeca annunci.
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hittveu · 5 years
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Challenger pilot Patrick Davidson of South Africa performs during training day at the first round of the Red Bull Air Race World Championship in Abu Dhabi, United Arab Emirates on February 1, 2018.
Challenger pilot Patrick Davidson of South Africa performs during a training session at the fifth round of the Red Bull Air Race World Championship in Kazan, Russia on August 24, 2018.
Challenger pilot Patrick Davidson of South Africa performs during Challenger Cup I. at the sixth round of the Red Bull Air Race World Championship in Wiener Neustadt, Austria on September 15, 2018.
Challenger pilot Dario Costa of Italy poses for a photograph during training day at the seventh round of the Red Bull Air Race World Championship at Indianapolis Motor Speedway, Indianapolis, Indiana, United States on October 5, 2018.
Im Jahr 2018 begannen Dario Costa aus Italien und Patrick Davidson aus Südafrika ihre Karriere als Red Bull Air Race in der Feeder-Kategorie der Weltmeisterschaft, der Challenger-Klasse. Costa holte in seinem Eröffnungsrennen den vierten Platz, dann ein Podium – das erste in Italien – mit Rang drei im zweiten Rennen von Cannes. Davidson gewann unterdessen seine erste Pole Position sowie den zweiten Platz in Kasan, eine weitere Pole und den dritten Platz auf dem Indianapolis Motor Speedway. Costa und Davidson hatten sich tief in Vorbereitung auf ihre zweite Challenger-Cup-Kampagne vorbereitet, um sich auf das vergangene Jahr zu konzentrieren und ihre Gedanken über die kommende Saison zu äußern, in der beide auf der Jagd nach einem ersten Sieg sein werden.
Quelle: Red Bull Air Race
Dario Costa aus Italien und Patrick Davidson vom Red Bull Air Race Im Jahr 2018 begannen Dario Costa aus Italien und Patrick Davidson aus Südafrika ihre Karriere als Red Bull Air Race in der Feeder-Kategorie der Weltmeisterschaft, der Challenger-Klasse.
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UN ANNO DI FEEDER FISHING
UN ANNO DI FEEDER FISHING
Un anno è passato, un altro anno pieno di giornate trascorse in riva ad un fiume oppure sulle sponde di un lago ad aspettare che il cimino delle mie canne da feeder segnalasse la tanta attesa abboccata per iniziare l’ennesimo ed emozionante combattimento con questi meravigliosi esseri viventi chiamati pesci.
FEEDER FISHING E CAMOLERA
Il feeder fishing è una tecnica di pesca e le sue svariate…
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elbafishingblog · 3 years
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La pesca a legering in mare (prima parte)
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Introduzione al legering e al feeder fishing in mare. Canne, mulinelli e generalità sulla tecnica di pesca in ambiente marino.
Dopo la panoramica sul legering (vedi articoli precedenti) in questa serie di articoli approfondiamo il tema della pesca in mare. Come vuole il percorso che abbiamo deciso di intraprendere non entreremo troppo nello specifico cercando di fornire le basi per una corretta interpretazione di quello che scriveremo più avanti. Questo lungo articolo non si limita a riassumere e sostituire quanto pubblicato in precedenza (avevamo già dedicato al feeder in mare un nutrito numero di post) ma lo integra con contenuti più recenti ed un punto di vista forse più rigoroso. Una revisione il cui scopo è quello di fornirvi sempre contenuti aggiornati.
Le canne
Se si intende praticare il vero legering, quello classico, non ci sono differenze tra mare e acqua dolce. Alcune canne sono messe sul mercato con indicazioni specifiche, prevalentemente per quanto riguarda la resistenza alla salsedine di alcuni componenti (anelli in primis) ma è solo questione di cura. Pesco in mare da anni con le stesse canne con cui pesco in fiume e vi assicuro che sono come nuove. Dunque sfatiamo il mito che per pescare a legering/feeder in mare sono necessarie attrezzature particolari. Le canne vanno con il tipo di approccio e non con il tipo di acqua. Se poi intendete non averne cura il discorso è diverso, ma lasciatemi dire che siete partiti già con il piede sbagliato.
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Una canna da feeder ha solitamente due o più vettini (quiver tip) di diversa sensibilità.
Oggi le canne da legering/feeder sono le quiver rods, canne ad innesti dotate di più vettini in fibra o in carbonio pieno detti quiver tip. Se non vi fosse chiaro di cosa si tratta vi invito ancora a leggere gli articoli precedenti. Non confondiamo, perché siamo in mare, le tecniche di pesca. Se pescate dalla spiaggia con il mare mosso fate surfcasting, se pescate in condizioni simili dalla scogliera fate rock fishing, sempre dalla spiaggia in condizioni di calma potreste fare del beach ledgering o in porto ed in altri spot una generica pesca a fondo (PAF). Il legering classico (di origine anglosassone) e il feeder sono discipline ben delineate e con un rapporto praticamente costate con la pasturazione. Per praticarle come si deve servono canne da legering/feeder e non è previsto riadattare attrezzi specifici per altre tecniche. Non spenderò una parola di più, alle caratteristiche generali è già stato dedicato un articolo intero. Mi limito ad indicare un range che è quello delle canne che vanno da 11 a 13 piedi del tipo che va da light a strong a seconda che si intenda praticare un legering leggero su corta distanza o uno più impegnativo sul medio-lungo raggio.
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Vettini in carbonio pieno (a sinistra) e in fibra (a destra).
La pesca a legering in mare è essenzialmente una pesca in acqua ferma, intendendo cioè che si è in assenza di una corrente chiaramente individuabile e con le caratteristiche di quella che si trova spesso in fiume e nel tratto di foce. Sono tollerate ovviamente un certo grado (ridotto) di onda, una minima turbolenza o una debole corrente di fondo ma, in generale, si può parlare di “calma”. Trattandosi di una disciplina che punta molto su precisione e sensibilità non è adatta a mare formato e forti turbolenze che da un lato comprometterebbero la lettura delle mangiate sul quiver e dall'altro impedirebbero di pasturare e presentare l’esca in pastura come si deve. Torniamo così al discorso di prima e pescare a legering/feeder non è equivalente a pescare a fondo con un pasturatore. In quest’ottica la scelta della canna in mare è dettata da esigenze un po’ diverse. In condizioni di calma (premessa fondamentale) opteremo per canne più corte e leggere (11-12 ft di tipo light e medium-light con vette in fibra o carbonio pieno di 1-2 oz) se la pesca si svolge su riva bassa e corta o media distanza. Opteremo invece per canne da 12-13 ft di tipo medium o medium-strong e vette in carbonio pieno fino a 3 oz se agiremo su rive più alte, se è richiesto raggiungere distanze maggiori o se vi sono condizioni (vento, un po’ di onda o una leggera turbolenza) che fanno prediligere la potenza rispetto alla sensibilità. A parte le 11 ft, generalmente progressivo-paraboliche, le altre saranno canne ad azione progressiva. Se pensate di pescare in long casting, con pesi importanti e avete il dubbio che vi servano canne più lunghe (14 ft) e molto potenti, chiedetevi se intendete ancora pescare a legering/feeder o se non state sfociando in un’altra tecnica. È vero che esistono canne di questo tipo, come è vero che sono dedicate ad un feeder estremo, un approccio “di nicchia”, particolare e non abituale. Un approccio che in mare finisce facilmente in una zona grigia e che qui  non tratteremo.
I mulinelli
Stesso discorso fatto per le canne, le indicazioni le abbiano già date. Non c’è un mulinello che abbia utilizzato in mare con un problema, nonostante abbia lavorato anni. Tutto sta nella cura e nell’attenzione. Trattandosi però di acqua salata, se proprio vogliamo metterci al riparo da brutte sorprese, scegliere un modello un po’ più schermato potrebbe essere buona cosa. Nella foto sotto uno Shimano Nasci con Coreprotect, tecnologia costruttiva  finalizzata a proteggere il mulinello dalle infiltrazioni d’acqua.
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Shimano Nasci 4000.
Fate attenzione al fatto che Shimano (ma anche PENN) ha tolto l’antiritorno e se ne fate uso siate consapevoli che invece dovrete affidarvi alla sola frizione. Nel mio caso, essendo un fan dell’antiritorno, uso molto i mulinelli diciamo più “tradizionali” e posso dire che non ho mai avuto problemi di infiltrazioni (a meno che non vi cadano in acqua e allora son dolori). I mulinelli devono essere spolverati con un pennellino, vanno rimossi i residui di sabbia o pastura, sciacquati e asciugati, lubrificati nelle parti più esposte. Se fate in questo modo e non vi capitano incidenti particolari non ci sono problemi.
Cura e manutenzione
Ricordatevi sempre di sciacquare e asciugare bene le canne che sono entrate in contatto con l'acqua di mare e proteggetele di tanto in tanto (soprattutto i passanti e il manico in sughero) con un lubrificante al silicone.
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Applicazione di olio siliconico su un passante
Gli anelli con il tempo tendono a perdere la protezione dall’attacco degli agenti atmosferici e uno strato siliconico li protegge da umidità e salsedine. Peraltro quel poco di olio siliconico favorisce lo scorrimento del filo e diminuisce gli attriti favorendo il lancio e riducendo lo stress della lenza in fase di combattimento. Una corretta manutenzione prolunga anche la vita dei mulinelli e ne permette il perfetto funzionamento nel tempo. Particolare cura va dedicata ai modelli di fascia media che possono mancare di caratteristiche presenti su quelli di gamma superiore che limitano il contatto di numerose parti con gli agenti atmosferici o che gli conferiscono particolare resistenza.
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Applicazione di vasellina tecnica sul rullino guidafilo
Limitiamoci a pochi interventi, semplici, periodici e più o meno frequenti. Se vi sono residui di sabbia, pastura o sporco si può utilizzare un pennellino per rimuoverli più efficacemente e talvolta anche l’aria compressa facendo tuttavia attenzione che si tratti di parti esterne e che il getto d’aria non finisca per far penetrare la sporcizia ancor più in profondità. Pulire poi velocemente con acqua tiepida (a frizione chiusa) ed asciugare molto bene un mulinello dedicato alla pesca in mare è fondamentale per evitare deposizioni di sale e ossidazioni. Sempre meglio un nebulizzatore che il getto d’acqua diretto. Ogni tot pescate lubrifichiamo le parti metalliche più esposte (rullino guidafilo, viti, snodo della manovella) con della vasellina tecnica e distribuiamo sulla faccia interna ed esterna della bobina del silicone spray. La frequenza dipende dall’uso e dalle condizioni che ci troviamo ad affrontare. Di solito questo basta ad evitare problemi. Se vi venisse il dubbio che il silicone fa galleggiare il filo mentre di solito nel feeder si consiglia di utilizzare fili affondanti mi permetto di far notare che stiamo pescando a fondo e non al colpo e che nel feeder più che altro il filo deve essere a bassa elasticità.
Bomb fishing, link legering e feeder
Che si tratti di mare o acqua dolce il legering viene praticato con piombo diretto e pasturazione manuale (o a fionda) oppure a feeder. In genere quando le condizioni lo permettono ed è possibile effettuare la pasturazione a mano io tendo a preferire l’approccio con il piombo, che trovo più discreto e per certi versi “naturale”. Quando intuisco che un pasturatore porta maggiori vantaggi passo al feeder. Come detto tante volte sono due sistemi che si integrano e non è raro passare dall'uno all’altro anche nell’arco di una stessa sessione di pesca. Volendo dare qualche indicazione in più direi di valutare lo straight lead (piombo diretto) nell’approcio light o medium-light sul medio-corto raggio e in presenza di acque chiare e basse. Reca meno disturbo e le esche delicate sono meno stressate dai continui lanci. Quando la profondità e/o la distanza, come la presenza di vento, iniziano a complicare la pasturazione manuale passo al feeder.
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Varie tipologie di pasturatore. Da sinistra cage feeder, open-end feeder, block-end (maggot) feeder, pellet feeder e method feeder.
I pasturatori sono quelli che abbiamo già visto. Ciò che cambia è per lo più relativo alle esche e alle pasture, anche se esiste una notevole sovrapposizione tra acqua dolce e mare. Molte sono infatti comuni (si pensi ad esempio alle pasture a base di farina di pesce, ai pellets, ai bigattini, al pane, alle pastelle, ecc...). Anche le montature sono più o meno le stesse. C’è chi sostiene (o sosteneva) la teoria dei terminali lunghi in mare e più corti in fiume. Non mi ha mai trovato d’accordo. Se pescate a method o pellet feeder utilizzerete sempre un terminale cortissimo, indipendentemente da dove pescate. Se volete insidiare un pesce estremamente sospettoso in acqua chiara che al primo accenno di resistenza sputa l’esca utilizzerete probabilmente un terminale lungo e sottile. E di pesci così ve ne sono in mare come in acqua dolce. Il discorso del diametro e della lunghezza di un terminale nella pesca a fondo (non parliamo di pesca al colpo) è legato a fattori che poco hanno a vedere con il fatto che l’acqua sia salata o meno. Troverete forse più similitudini tra una spigola ed un cavedano che tra una spigola ed un sarago. 
Generalità sugli spot
Eccezion fatta per le spiagge a fondale molto basso dove occorre lanciare a lunghissima distanza e che dunque richiedono approcci diversi come il beach ledgering, direi che quasi non esiste spot in mare in cui non si possa praticare il legering/feeder. E anche questa eccezione non è del tutto vera in quanto conosco spiagge relativamente basse, anche se un po’ particolari, in cui si pesca a link leger o a bomb fishing entro i 25 metri da riva.
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Sessione a light legering in spiaggia a basso digrado
Anche la scogliera naturale è un ottimo spot. Basta saper sondare o conoscere il fondale ed evitare così le aree più problematiche, quelle in cui è alto il rischio di incaglio (cosa che vale per ogni forma di pesca a fondo) o in cui esca e pastura rischiano di finire nascoste (come nel pieno di una prateria di posidonia). Individuata l’area ottimale tutto sta nel pasturare e lanciare con estrema precisione. La precisione è un punto cardine del feeder ed anche per questo si devono utilizzare le canne giuste. In scogliera naturale ed in generale negli spot con fondale insidioso l’accuratezza nel lancio non solo garantisce di concentrare le prede e non disperderle (che è il minimo) ma permette sempre la presentazione ottimale evitando le zone che avevamo scartato per via del fondo giudicato non idoneo.
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Sessione a feeder in scogliera naturale
Porti e porticcioli (ove sia consentito di svolgere l’attività di pesca sportiva) sono da sempre ottimi posti. Raramente è richiesto di lanciare lontano in quanto le prede sono solite pascolare o predare molto prossime alla banchina se non addirittura lungo il margine. Ed ecco che anche in mare si può parlare di pesca ai margini un po’ come in acqua dolce e ciò accade ogni qualvolta vi sia in uno spot in cui i pesci abitualmente frequentano l’immediato sotto riva. Sotto riva che non necessariamente deve presentare una profondità importante, anzi talvolta all’orario giusto e se facciamo particolare attenzione a non farci vedere, prede di tutto rispetto possono essere cercate anche in meno di due metri d’acqua.
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Sessione a feeder in porto
Le spiagge che digradano rapidamente, quelle a granulometria medio-grande che entro pochi metri presentano già una discreta profondità, sono altri ottimi spot. Qui la sabbia grossolana e i ciottoli si alternano a fondale di tipo misto, specie in vicinanza di scogliere. Non è quasi mai necessario lanciare lontano con notevoli probabilità di catture entro i primi cinquanta metri. Grazie alla pasturazione queste spiagge che altrimenti a mare calmo potrebbero apparire sterili risultano invece ricche di sorprese per la grande variabilità di specie che le frequentano.
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Sessione a feeder in spiaggia con fondale misto
Un particolare cui anche in mare occorre fare ben attenzione è relativo al posizionamento della canna. La maggior parte dei pescatori tende a preferire le vette rivolte in alto, forse per abitudine, venendo da tecniche di pesca a fondo che si basano sull’attesa della partenza. Il legering/feeder è invece una tecnica molto dinamica che si basa sulla lettura dei movimenti del quiver (come si osservasse il comportamento di un galleggiante). La canna viene dunque rivolta in alto solo quando serve preferendo in tutte le altre situazioni il posizionamento inverso (vetta in basso), più comodo ed in grado di fare registrare meglio ogni minimo movimento della vetta. Avremo comunque modo di riparlarne.
Short range vs Long range
La scelta è abbastanza semplice: si pesca a distanza quando lo spot lo richiede o vi sono le condizioni ambientali per le quali i pesci preferiscono starsene più lontani da riva. E non è la regola. Io se posso pesco sempre a medio-corto raggio e i motivi sono diversi. In primo luogo i pesci si richiamano in zona pasturando correttamente quindi il più delle volte possiamo “portarli” da noi senza doverli andare a cercare chissà dove, la precisione poi è inversamente proporzionale alla distanza sia per quanto concerne la pasturazione che il lancio. Terzo, e non meno importante, maggiore è la distanza minore (sia in quantità che qualità) è la trasmissione delle mangiate al quiver. Quando si pesca in long range, soprattutto in mare, se non si fa particolare attenzione si finisce facilmente più per pescare a fondo che pescare a feeder, con ritmi generalmente più lenti e in parte dovuti proprio al tempo richiesto per per le fasi di lancio, messa in tensione e recupero del sistema pescante sulla lunga distanza.
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Trecciato in bobina
Quella del long range è dunque per me una possibilità, un’opzione da mettere in campo in casi selezionati quando invece la maggior parte delle sessioni si svolgono normalmente, sul medio o corto raggio. Rispetto a qualche anno fa oggi chi pesca sulla distanza non può fare a meno del trecciato il quale, come ormai tutti sanno, è sottile (rispetto al carico di rottura) e privo di elasticità. Ciò si traduce in lanci lunghi e mangiate trasmesse con la massima rapidità possibile (per quella determinata distanza). La mancanza di elasticità richiede l’uso di un leader in nylon piuttosto lungo (almeno 3 volte la canna) che viene collegato con uno dei tanti nodi a disposizione (es. Alberto).
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Sul nodo è sempre consigliabile applicare una goccia di cianoacrilato in modo da formare una sorta di perlina lucida, sottile, che riduce la possibilità di appiglio delle spire di filo soprastanti durante il loro svolgimento nel lancio, nonché un miglior passaggio del nodo attraverso gli anelli. Il risultato è un lancio migliore e più fluido. Ricordo, anche se non ce ne dovrebbe esser bisogno, che trecciato equivale a pesca sulla lunga distanza e mai deve essere utilizzato per quella a medio o corto raggio.
Testo e foto: Franco Checchi
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elbafishingblog · 3 years
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Legering: lo Straight Lead
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La prima ed intramontabile forma di legering. Straight lead, bomb fishing e link leger.
Traducendo alla lettera, lo Straight Lead Legering significa approccio a legering con il piombo diretto, cioè senza l’ausilio di un pasturatore. Apparentemente è la forma più classica di pesca a fondo benché, come vedremo, ha le sue particolarità. Il classico piombo da legering — termine riferito più al peso che al metallo in sé —�� è l’Arlesey Bomb. Si tratta essenzialmente di un piombo a pera dotato di girella apicale. Una tipologia di piombo che era già in uso agli inizi del secolo scorso e che Richard “Dick” Walker perfezionò per la pesca a distanza nel lago di Arlesey (da cui il nome). Esistono diverse forme di Arlesey Bomb e quella più classica ha il polo basale più simile ad un proiettile, quasi ogivale piuttosto che rotondo. Ovviamente nel tempo ne sono stati prodotti di nuovi e sempre più performanti. 
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Daiwa N´Zon Quad Bomb. Aerodinamica eccezionale. La presenza di facce piatte riduce la tendenza del piombo a rotolare in corrente su fondali duri. Info: https://daiwasports.co.uk/product/nzon-quad-bomb
La pesca a straight lead con l’Arlesey Bomb ha dato il nome alla tipologia di legering conosciuta come bomb fishing. Nome che poi si è esteso anche ad approcci identici ma praticati con piombi diversi Quando il peso è tuttavia realizzato da una corona di pallini si parla di link legering. Si tratta di un approccio particolare, di tipo ultralight, in cui il peso è costituito da una serie di pallini in bulk (di solito AA o AA+SSG). Questa forma di legering è quella che presenta il più forte e stretto legame con la pesca al colpo.
Pasturazione
Se può capitare talvolta di non pasturare, la regola è che legering e pasturazione formano un binomio praticamente costante. E se nel feeder la pasturazione è per gran parte affidata al pasturatore, nella pesca a straight lead è di tipo manuale (propriamente detta o a fionda). Sull’argomento si potrebbe scrivere un intero libro e mi riservo di approfondirlo, per quanto possibile, in rivista. Esiste un’infinità di pasture ed un gran numero di metodi e modi di pasturare ma se venite dalla pesca al colpo più o meno ne avrete un’idea.
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Nella pesca a distanza è fondamentale l’uso di fionde per pasturare. Ne esistono di diverse tipologie, da quelle per le pasture (ground-bait catapult) a quelle per pellets e bigattini (come quella in figura).
La pastura deve giungere in zona, depositarsi sul fondo e lavorare adeguatamente. Occorre fare attenzione, quando si utilizzano bocce di sfarinato (ground-bait) al rumore e al possibile disturbo in acque basse (evitare l’effetto “sasso in acqua” quando i pesci sono già stati richiamati e concentrati). Spesso dunque si procede generalmente con la creazione iniziale di un fondo, un “tappeto” che viene poi alimentato con con l’introduzione costante di quantità minori, non di rado con elementi di natura diversa e più leggeri. Un tipico esempio è una pasturazione “pesante” iniziale (quando ancora i pesci non ci sono e/o non sono entrati in attività) fatta con grosse bocce di pastura cui fa seguito il lancio di bocce più piccole, pellets, bigattini (o altro) man mano che la sessione procede. Non c’è una regola fissa. La pasturazione rimane comunque, in termini molto generali, un’operazione quantità e tempo (ritmo) dipendente. Troppa pastura può determinare overfeeding (sazietà), poca pastura può risultare inefficace nell’attrarre i pesci. Come detto anche il ritmo incide e va trovato un equilibrio introducendo, con costanza, la quantità di pastura sufficiente a mantenere in attività le prede senza saziarle. C’è poi un’altro aspetto, quello dello spazio.
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Uno dei tanti pattern di pasturazione e lancio (i dettagli in rivista)
Dove e come pasturare dipende molto anche dai pesci, dallo spot e dalle condizioni. C’è differenza tra acqua bassa e profonda, acqua ferma e corrente. Nella figura sopra ho schematizzato un pattern che utilizzo spesso in condizioni di calma, quando la pastura tende a depositarsi più o meno nel luogo di ingresso, senza esser trascinata via dalla corrente. Di solito quando si pastura i pesci più piccoli e meno smaliziati tendono ad avventarsi dove la pastura è più concentrata mentre quelli di taglia maggiore, più diffidenti, preferiscono rimanere ai margini. La cattura di un pesce, poi, crea sempre allarme tra gli altri intenti a cibarsi. Se dunque si pesca da subito al centro della zona facilmente capita di allamare qualche preda poco interessante e di mettere in fuga tutte le altre o comunque di veder diminuire le chance di interessare gli esemplari più grandi. È così preferibile iniziare a pescare ai margini della zona pasturata, partendo dal lato dove si ipotizza agisca una eventuale debole corrente di fondo. Riferendoci alla figura sopra, dopo aver pasturato e se si ipotizza che vi possa essere una leggera corrente da sinistra a destra, si inizia a pescare lanciando dunque nel punto uno, poi si valuta il punto 2 ed infine il punto 3. Solo quando le mangiate si esauriscono si passa al punto 4, lato opposto rispetto al pescatore e al centro della zona. Si parla di un area che va tra i 2 e i 4 metri quadrati a seconda di una serie di valutazioni. Quanto appena detto è sicuramente insufficiente a delineare un metodo preciso ma serve per far comprendere l’importanza di un pattern (modello) di pasturazione e la sua relazione con l’azione di pesca. Non c’è niente, di tutta l’azione, che può essere lasciato al caso ed è un ragionamento continuo su con che cosa, quanto, con che ritmo, dove pasturare e in quali zone lanciare l’esca.
Bomb fishing
Che si utilizzi un classico Arlesey, una sua versione più recente o addirittura un piombo di diversa forma, la tecnica prende oggi comunque il nome di bomb fishing e non sarò io a complicarvi la vita facendo distinzioni. Che si peschi a feeder o a straight lead (bomb fishing) le montature sono le solite. Si distinguono quindi quelle inline (in linea) da quelle derivate e tra queste si parla sempre di running rig (montatura scorrevole) e bolt rig (autoferrante). Tra le montature bolt il classico esempio è il paternoster. In realtà l’effetto bolt (autoferrante) dipende non solo dalla montatura ma anche dal peso del piombo. In genere la classica montatura da bomb fishing è il running lead.
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Bomb fishing: montatura con piombo scorrevole
In questo schema che vi propongo tutto è stato reso il più semplice possibile. Sulla lenza madre si applica una girella con moschettone (rende il piombo intercambiabile) che viene fermata, nel suo scorrere a valle, da un sistema di stop. Potete utilizzare degli stopper in gomma ma io preferisco un pallino di piombo. Un loop to loop (asola-asola), preferibile al nodo di giunzione o ad un attacco di diverso tipo, consente di collegare il terminale. Notate che spostando il sistema di stop (pallino) si può allungare il terminale a piacimento. Se il running lead è la montatura più utilizzata non significa che non siano valide anche le due classiche alternative: piombo inline (simile ma poco versatile a meno di non utilizzare degli specifici piombi intercambiabili) e paternoster (più sensibile e performante in corrente).
Link Leger
Quando non è richiesto l’uso di un piombo di un certo peso (diciamo a partire dai 5 grammi in su) e la pesca è orientata alla massima leggerezza sulla corta distanza, il link leger con corona di pallini (tipo AA o AA+SSG) è a dir poco micidiale nei confronti di pesci sospettosi. Ovviamente devono esistere tutte le condizioni per cui un simile approccio, di tipo ultralight, possa dare i suoi frutti, con la lenza che lavori adeguatamente. Parliamo di acque poco profonde, chiare, con corrente assente o molto lenta. Un approccio che ha molto in comune con la pesca al colpo come filosofia, tanto che amo citare a proposito una frase di Alan Barnes: «Think float, fish link». Dunque pensare come pescassimo al colpo, ma farlo a link legering.
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Il link leger nella sua forma classica è di fatto un paternoster in cui si riconoscono (figura sopra) una deriva per l’applicazione del piombo ed un bracciolo per l’attacco del terminale (via asola-asola).  La variante scorrevole non ha senso (anche se l’ho utilizzata diverse volte come variazione momentanea di un normale running rig). Il perché sta nel peso estremamente ridotto. Affinché una lenza possa scorrere liberamente attraverso un occhiello è fondamentale che questo sia ben saldo sul fondo. Se la zavorra è troppo leggera finisce comunque per muoversi. Il paternoster è poi già una montatura molto sensibile di per sé quindi il mio consiglio è di non applicare troppe modifiche a ciò che funziona perfettamente com’è. L’unica valida, a mio avviso, è quella relativa al sistema di collegamento della deriva piombata. Di solito infatti il paternoster è fisso ma in questo caso, dato che non sono richiesti lanci impegnativi e la zavorra è di pochi grammi, io preferisco collegare la deriva piombata tramite un nodo di stop scorrevole. Questo ha due vantaggi. La deriva, volendo, può essere rimossa e sostituita facilmente, inoltre la si può spostare di fatto regolando la lunghezza del bracciolo e del terminale a piacimento. Per la corona vanno utilizzati pallini in numero di 4-6 in genere di tipo AA (0.8 grammi) oppure un SSG seguito da 4 AA. Stiamo parlando di un peso globale minore di 5 grammi (max 4.8 per la precisione).
Canne da straight lead legering
Sì, si può pescare a bomb fishing su lunghe distanze e con piombi anche di 50 grammi e più ma non è la regola. Su quelle distanze la pasturazione manuale diventa difficoltosa e siamo nei casi particolari. Sulla lunga distanza io preferisco pescare a feeder ed utilizzo il piombo solo quando voglio testare zone limitrofe per verificare se i pesci si sono spostati evitando di disperdere la pastura. Il legering sulla lunga distanza in assenza “totale” di pasturazione è, per quanto detto nell’introduzione, legering più nel senso generale di pesca a fondo che di disciplina specifica. Ne viene che rimanendo nell’ambito di una distanza “pasturabile” a mano o con la fionda, le canne da bomb fishing non saranno particolarmente potenti, anche perché con la canna e la lenza madre giuste non è poi così difficile raggiungere distanze medio-lunghe anche con pesi relativamente leggeri.
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Per iniziare non occorre spendere una fortuna. La Shimano Alivio CX Light Feeder da 11 ft (3,35 m) costa intorno ai 50 euro. Prodotta in carbonio XT30 con Geofibra (materiale robusto quanto la fibra di vetro ma più rigido e leggero) monta 22 anelli Shimano Hard Lite adatti anche al trecciato. Due quiver in fibra in dotazione e casting massimo di 70 gr.
Storicamente il bomb fishing veniva (e viene tuttora) praticato con canne abbastanza corte e sensibili, non di rado dotate di vette in fibra. Una pesca che privilegia dunque la precisione, leggerezza e sensibilità e che ben si distingue dalle pesche a fondo più gravose in termini di lancio e distanza. Lasciando da parte l’altro estremo, quello della pesca in acque commerciali, nelle acque dolci libere, naturali, come in mare le canne migliori sono le 11-12 ft di tipo light e medium-light. Canne che possano gestire pesi leggerissimi (es. nel caso del link leger) come anche piombi fino a qualche decina di grammi.
Straight lead legering: quando, come e perché
La differenza principale tra la pasturazione tramite feeder e quella manuale (o a fionda) è che nel primo caso per pasturare con continuità occorre anche recuperare e rilanciare l’esca con lo stesso ritmo, nel secondo la pasturazione è svincolata dal lancio. Ne viene che pescando a straight lead (bomb fishing o link leger) in giornate difficili o in caso di esche delicate (es. pane) il sistema pescante può permanere in zona per più tempo senza compromettere l’attività di pasturazione. C’è poi, sempre per la stessa ragione, la possibilità di testare zone limitrofe al centro di pasturazione senza che la pastura venga dispersa, cosa che avverrebbe se utilizzassimo un feeder al posto del piombo. Quando si affrontano acque basse poi, l’impatto di un feeder nell’acqua fa sempre un certo rumore. Immaginate di pescare a bigattini su basso fondale e a distanza di fionda: che senso ha utilizzare un feeder block-end, per quanto leggero, e lanciare in continuazione quando si può pescare a bomb fishing o link leger e pasturare a mano? Nel primo caso è come se lanciaste continuamente sassi nell’acqua, nel secondo la pastura arriverebbe in zona delicatamente senza che voi dobbiate lanciare allo stesso ritmo. E qui torniamo ad Alan Barnes ed al suo «Think float, fish link».
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Spiaggia a basso fondale nella zona umida di Mola (Elba) ai margini dell'area protetta. 
Per quanto ci si sforzi di descrivere spot e condizioni ideali per la pesca con lo straight lead il sistema migliore per capire quando, dove e perché praticare questa tecnica è rispondere a due semplici domande: mi serve davvero il feeder per pasturare? Il feeder mi porta più vantaggi che svantaggi? Vista in quest’ottica il bomb fishing ed il link legering non sono la soluzione quando non si può pescare a feeder ma è il feeder che viene messo in campo quando non si può pescare a straight lead! E badate, la differenza è meno sottile di quanto non sembri.
Testo e foto: Franco Checchi - Foto “Daiwa N´Zon Quad Bomb” by Daiwa
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elbafishingblog · 4 years
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Trattenuta all’inglese
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Pesca all’inglese ai margini in trattenuta bloccata con ovetto piombato. Attrezzatura, montatura e azione di pesca.
Primo articolo post-quarantena. Primo articolo dopo cinque mesi in cui la pesca è stata solo teorica. Si riparte da qui, dal tratto di foce e dalle sue prede più ricercate, anche se un po’ fuori stagione. «Il meglio ce lo siamo perso». La frase esce priva di labiale da dietro una mascherina chirurgica. È il primo pescatore che incontro e quasi verrebbe da abbracciarlo anche se non lo conosco. Invece ci concediamo solo due chiacchiere a distanza di sicurezza. Ci siamo persi il meglio della stagione, è vero, ma già sembra un miracolo essere sulla sponda del fiume. Come fosse la fine di una guerra. Si riparte da qui dicevo, ma con un approccio nuovo o meglio adattato. Voglio poter pescare ai margini come a distanza, in passata come in trattenuta bloccata. Non voglio perder tempo o aver problemi di vento e di corrente. C’è solo una strada da percorrere ed è quella dell’inglese.
La canna
Per queste sessioni ho scelto un classico, la Shimano Aernos Match da 15 piedi, inglese affidabile dal costo non esagerato (ad oggi l'ultima versione si trova intorno ai 100 euro o poco più) in grado di gestire anche prede di grossa taglia con terminali relativamente sottili.
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Per la pesca in trattenuta ai margini i 15 piedi servono tutti quindi sconsiglio misure minori. In queste acque channel di qualche chilo e carpe rientrano nello spettro delle prede possibili quindi la canna deve essere performante e capace di sostenere combattimenti anche impegnativi. Non adiamo, insomma, troppo sul delicato.
Il mulinello
Che se ne dica, ritengo lo Zartan un buon prodotto di casa Colmic. Ne abbiamo già parlato in passato e non passa anno che dimostri le sue qualità. Non l’ho scelto per un motivo particolare se non per il fatto che era tra quelli che non avevo ancora pulito e riposto durante la quarantena.
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Bobina sovradimensionata — come richiesto da chi pesca a waggler o a feeder — una frizione impeccabile (con guarnizione in gomma), dieci cuscinetti e antiritorno. Non gli si può chiedere di più a fronte di un prezzo veramente onesto. In bobina uno 0.18 affondante e a bassa elasticità è la scelta migliore, coprendo praticamente l’intera gamma di utilizzi, dalla pesca con bodied a lunga distanza fino a quella con straight in corrente.
La postazione
Come abbiamo avuto modo di dire, nello streetfishing peso ed ingombro sono da evitare. In questa stagione ho eliminato uno dei due tripodi e realizzato un comodissimo feeder arm con un picchetto in allumino ed un doppio morsetto che lo fissa alla gamba dell’unico tripode che porto con me.
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Come potete vedere la soluzione offre una stabilità accettabile ed un ulteriore risparmio di spazio, peso e tempo. La postazione è dunque fatta del classico sgabello pieghevole e il sistema di appoggio per la canna. Immancabile il materassino in EVA per la slamatura e il guadino con manico in carbonio e testa pieghevole.
Perché la tre pezzi?
La pesca in trattenuta è solitamente praticata con canne bolognesi talvolta, a seconda degli spot, anche molto lunghe. L’inglese potrebbe sembrare la scelta meno opportuna tuttavia, vuoi per le caratteristiche dello spot che per il fatto che una disciplina ha sempre un campo di applicazione più vasto di quel che si è portati a pensare, la resa è sovrapponibile.
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In rivista ne parleremo più nel dettaglio, qui basti dire che la tre pezzi consente sia di pescare sulla distanza — sul posto o in passata a seconda della corrente — sia in trattenuta ai margini. Quel che cambia, tra i due approcci, è il galleggiante e questo è sostituibile semplicemente sganciando una girella con moschettone. Immaginate dunque il gran numero di opportunità che abbiamo potendo pescare fino ed oltre mezzo fiume come a pochi metri dalla sponda. Se l’approccio classico, con gli wagglers, non permette una trattenuta costante o molto pronunciata, ai margini questa si può effettuare utilizzando un classico ovetto piombato. L’ovetto infatti, pur essendo un “bottom-only”, non affonda sotto trazione.
Ovetto in trattenuta
L’attacco del galleggiante è lo stesso del waggler. Si notino i tre stopper in gomma (due a valle ed uno a monte) e la girella con moschettone. A differenza del waggler l’ovetto, pur rimanendo derivato, è molto compatto e l’astina vicina alla lenza madre.
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Ciò ne determina la minor tendenza ad affondare quando trattenuto. Particolarità, rispetto ai classici galleggianti da bolognese, è che l’ovetto tende ad inclinarsi con l’antenna di segnalazione che piega nel verso della corrente. La segnalazione dunque lavora al rovescio e le mangiate tendono, oltre che a far affondare il galleggiante, a far ruotare l’antenna verso monte.
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Lo schizzo sopra semplifica un po’ quanto appena detto. La corretta inclinazione della lenza si legge dall'angolo che il filo (lenza madre) forma con la superficie dell’acqua che, di solito, si aggira intorno ai 45°. L’antenna di segnalazione con la superficie forma un angolo opposto. Se la mangiata toglie peso (tende a starare) l’antenna ruota controcorrente e l’ovetto viene a disporsi in verticale. Altrimenti affonda e la vetta della canna si piega, come pescassimo a legering.
La lenza
Dunque la lenza viene realizzata su uno 0.16 connesso alla lenza madre (0.18-0.20) con nodo di sangue o asola-asola. La piombatura consiste di quattro pallini del n.6 (0.1 gr), un pallino del n.4 (0.2 gr) ed un pallino BB (0.4 gr) equidistanti o a scalare in distanza (se c’è meno corrente e si desidera un po’ più di morbidezza nella parte bassa). Per i BB utilizzo del piombo molto morbido (quello che si stringe con le sole dita) così da poterli spostare, aggiungere e rimuovere a seconda delle necessità. Ricordo che in trattenuta è quasi sempre necessaria una certa sovrataratura e che la corrente cambia di intensità continuamente.
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Per il terminale occorre non andare troppo per il sottile, quindi la misura minima è lo 0.13 (0.128 o 0.125 sono comunque misure valide). Scendere non ha senso per vari motivi: torbidità, corrente, channel e carpe di grossa taglia, anguille e via dicendo. La lunghezza varia da 40 a 60 cm. Amo Colmic N500 nel numero 18 con uno o due bigattini.
Pasturazione
La prima operazione da fare è sondare la profondità a livello dell’amo e ragionare in piedi (1 piede equivale a circa 30 cm). Mettiamo che la profondità sia 7 piedi. Essendo la lenza in trattenuta inclinata più o meno a 45°, la distanza tra galleggiante ed amo dovrà essere maggiore, diciamo approssimativamente una volta e mezzo (circa una decina di piedi, comunque da aggiustare in corso d’opera).
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In corrente i bigattini affondano in diagonale. Non possiamo dunque pasturare sul galleggiante altrimenti l’esca si troverebbe fuori pastura. Il punto di ingresso dei bigattini va spostato quindi a monte del galleggiante. Ma quanto a monte? Questa è la domanda più assillante e la risposta richiede un po’ d’occhio e la classica serie di tentativi e relative correzioni.
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Un’idea, giusto per iniziare, possiamo farcela osservando la distanza percorsa in una decina di secondi dai bigattini lanciati in acqua. Considerando una velocità di affondamento media di un piede (circa 30 cm) ogni 10 secondi e ammettendo che la corrente sia costante (cosa che non è, ma ne parleremo meglio in rivista) le larve dovrebbero raggiungere il fondo in un punto, rispetto a quello di ingresso, pari a circa la distanza trasversale percorsa in 10 secondi moltiplicata per il numero di piedi corrispondenti alla profondità misurata a sonda. Attenzione però al fatto che la nostra lenza lavora, sempre teoricamente, a 45 gradi e ammettendo che l’angolazione rimanga costante (anche questo non è vero ma avremo modo di riparlarne) in linea d’aria l’esca si troverà più lontana rispetto al galleggiante di una distanza pari alla profondità misurata a sonda (si noti che la diagonale a 45 gradi è quella di un quadrato). Dunque se i bigattini in dieci secondi percorrono ad es. 1 metro e la profondità è di 7 piedi (circa 2 metri) le larve andrebbero lanciate 5 metri più a monte del galleggiante (7 metri meno due di profondità) Da qui si parte, certi di non averla azzeccata al primo colpo, valutando la risposta dei pesci in base alla posizione del galleggiante. Se le mangiate si registrano più in lontananza (basta fare una serie di passate interrotte da trattenute) abbiamo pasturato troppo a valle. Se invece le mangiate si registrano più vicino abbiamo pasturato troppo a monte.
La prima fase
In genere le prime ad entrare in pastura sono le ragnole più piccole. Peccano di troppa voracità ed eccessiva ingenuità, un mix poco raccomandabile. Fortuna vuole che il bravo pescatore le tratti con la massima attenzione, non dopo avergli rubato lo scatto di rito, la cui doppia finalità è immortalarne la bellezza e prendere nota dell’orario. Occorre capire sia il tempo di entrata in attività — quanto dopo l’inizio della pasturazione — nonché la relazione con vari parametri su cui non vi annoio e che ben conoscete.
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Anche il numero di mangiate e la frequenza di cattura sono importanti e, in corrente, vanno messi in relazione con la pasturazione, sia da un punto di vista spaziale che quantitativo. Lo spazio si riferisce alla distanza tra punto di ingresso della pastura in acqua (un tot a monte) e ingresso della lenza (più a valle); lo scopo è quello di trovare il giusto equilibrio, spaziale appunto, che garantisca la presentazione dell’esca laddove pastura e pesci si concentrano maggiormente. Dal punto di vista quantitativo si cercherà di regolare la pasturazione in modo tale da non eccedere (finendo in overfeeding) e, anzi, ridurla quando le mangiate si susseguono a ritmo costante con lo scopo di creare una certa competizione.
Gli esemplari di taglia maggiore
Più astuti e meno precipitosi se ne stanno un po’ in disparte lasciando il grosso della pastura alle giovanissime ragnole. Se la quantità di pastura non si riduce sono meno inclini a farsi avanti perché qualcosa certamente non gli torna e comunque i bigattini continuano ad arrivare rendendo inutile il rischio.
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Parliamo comunque di esemplari ancora giovani ma di peso superiore al mezzo chilo. Uno step successivo insomma. Voglio ricordare che di spigole molto grosse ve ne sono in queste acque ma difficilmente si lasciano ingannare con il bigattino, preferendo quantomeno un bel coreano se non (meglio) un’esca viva quale la classica alborellina, che rappresenta la principale fonte di nutrimento insieme alle piccole anguille (il cui prelievo è severamente vietato). La taglia media, pescando a bigattini, oscilla intorno ai settecento grammi con possibilità di arrivare sul chilo e qualcosa ma non oltre. 
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La cattura di questi esemplari un po’ sopra la media (pur sempre piccoli rispetto al peso massimo che una spigola può raggiungere) è funzione di tanti fattori. Non tutti sono sotto il nostro controllo e quindi dipende da noi solo in parte. Certo è che un’attenzione particolare alla pasturazione aiuta non poco in quanto, al di là degli accorgimenti su lenze e profondità di pesca, molto gira intorno alla competizione cui prima abbiamo accennato.
Alternative
Abbiamo parlato della pesca ai margini in trattenuta costante con la tre pezzi ma modificare approccio, qualora i margini non rendessero, è un gioco da ragazzi. Può capitare infatti che i pesci, per le loro ragioni, preferiscano stare un po’ più a distanza, su una linea che non consenta di agire in trattenuta. I cambiamenti da fare al setup sono sostanzialmente due: sostituire l’ovetto con un waggler e alleggerire/adeguare la piombatura. In genere basta rimuovere un po’ di peso (ricordate che i BB sono in piombo morbido) e ridistribuire i pochi pallini rimasti per poter operare una passata soddisfacente.
Testo e foto: Franco Checchi. Con il contributo di Filippo Carli.
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elbafishingblog · 5 years
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Running rig avanzato
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Running rig con quick change bead e settori intercambiabili. Schema della montatura e realizzazione degli antitangle.
Questo articolo fa seguito a quello dedicato agli elementi di base (di cui si consiglia la lettura). Come abbiamo già avuto modo di dire un running rig (montatura da feeder scorrevole) si può realizzare in almeno una decina di modi diversi a partire dai kit già pronti (molto belli) fino a versioni più spartane. No vi sono a mio avviso differenze abissali — se non dal punto di vista estetico — quando la montatura, comunque sia costruita, presenta le due caratteristiche fondamentali: buona scorrevolezza del feeder e bassa tendenza a generare grovigli durante il lancio. Quindi perché parlarne ancora? Per mettere l’accento su un aspetto a me molto caro negli ultimi tempi, la versatilità.
Running rig a settori
Ogni montatura, anche la più semplice, è scomponibile in diversi settori (segmenti). In genere quando si parla di modifiche si pensa al pasturatore (tipologia e peso) o al terminale (lunghezza e diametro) ma in alcuni casi può crearsi uno squilibrio con il resto della costruzione (gli altri settori appunto) se non addirittura con la canna. Una montatura che sia realmente versatile deve in primis mantenere le sue caratteristiche fondamentali, permettere cambiamenti nel minor tempo possibile e infine rispondere adeguatamente alle mutate esigenze. Nel caso del running rig ciò si ottiene senza particolari grattacapi. Sulla lenza madre (o shock leader) scorre la girella con moschettone per l’attacco al feeder. La sua corsa verso il basso viene fermata da una perlina quick change. La stessa perlina a sgancio rapido è connessa a valle ad un segmento (settore) antitangle cui fa seguito il terminale (collegamento loop to loop, tramite girella, sgancio rapido o microgancio a seconda dei casi).
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Schema della montatura. Si noti come sia l’antitangle che il terminale risultino rapidamente sostituibili.
I pro di questa montatura sono diversi. Il blocco della corsa del pasturatore è sicuro (ben più di quello determinato dai gommini che si mettono in altre varianti) e il terminale è facilmente sostituibile così come il segmento antitangle. Se, ad un certo punto, decidessimo di passare ad un rig di tipo elastico potremmo tranquillamente rimuovere il segmento antitangle e sostituirlo con una treccia in feeder/power gum già pronta. Se invece decidessimo di pescare senza segmento antitangle potremmo connettere direttamente il terminale alla perlina. E tutto in pochi secondi. Capite che il punto forte di questo setup sta nella versatilità estrema, la possibilità di variarne velocemente gli aspetti essenziali.
L’antitangle in dettaglio
Concettualmente si tratta di un segmento a rigidità maggiore che svolge una funzione antigroviglio. A seconda del materiale utilizzato può svolgere anche la funzione di ammortizzatore elastico. A monte il segmento è sempre dotato di un’asola per l’attacco al connettore della quick change. A valle vi è un sistema di collegamento al terminale (asola, girella, sgancio rapido o microgancio).
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Tre esempi di antitangle di diverso materiale e diversa connessione al terminale.
Non staremo qui a descrivere tutte le possibilità e tutti i materiali ma ci limiteremo a tre casi tipici. Capito il senso siete poi liberi di sperimentare soluzioni differenti. L’antitangle più semplice in assoluto è quello realizzato con uno spezzone di monofilo di diametro generoso (es. 0.40). Il nylon (o fluorocarbon) di buon diametro è rigido e trasparente. Viene dotato di due asole: quella a monte per connetterlo alla quick change e quella a valle per connetterlo al terminale (loop to loop). Si realizza in meno di un minuto ed ha un costo irrilevante.
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In questa montatura il segmento antitangle è rappresentato da uno spezzone in nylon dello 0.40 a doppia asola di lunghezza 10 cm.
In alternativa, leggermente più laborioso, è quello realizzato con una treccia in nylon. L’asola derivante dalla brillatura viene sempre utilizzata per la connessione alla quick change mentre a valle viene incluso un sistema di connessione (girella, microgancio o sgancio rapido) e il nodo di chiusura ricoperto da un tubicino (silicone o termorestringente). Se vogliamo che l’antitangle svolga anche la funzione di ammortizzatore la treccia, anziché in nylon, viene realizzata con il feeder/power gum. Ma abbiamo proprio bisogno di ammortizzatori elastici con le moderne canne da feeder? La risposta alla domanda è: dipende. Mettiamo il caso di dover utilizzare una canna potente, il trecciato in bobina e comunque di aver la necessità di presentare l’esca su terminali abbastanza sottili. Io un ammortizzatore elastico lo metterei.
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In questa montatura il segmento antitangle è rappresentato da una treccia in feeder gum.
Come già detto il vantaggio più importante di questa montatura è la versatilità. Preparate vari segmenti antitangle di diversi materiali e lunghezze (attenzione che se il pasturatore è derivato lungo anche l’antitangle dovrà avere lunghezza maggiore) e sarete in grado di rispondere ad ogni esigenza in men che non si dica.
Altri running rigs
Dai kit già pronti alla nota versione con gommini e brillatura della lenza madre a svolgere il ruolo di antitangle. Tutte soluzioni validissime ma si può sostenere che siano anche altrettanto versatili? In questi ultimi anni, segnati da sessioni di pesca in contesti urbani e spot naturali faticosi da raggiungere credo di averle provate quasi tutte. Dato che in questi casi difficilmente avremo a disposizione più di una canna (se ci riuscite beati voi) poter compensare le naturali limitazioni dell’attrezzatura con pochi cambiamenti al volo (tip, antitangle e terminale) è fondamentale. Così laddove ci siano pesci diversi che richiedono approcci diversi, su distanze e fondali diversi (perdonate la ripetizione) una montatura ampiamente adattabile è in grado di svolgere un ruolo determinante. Se poi avete tempo a disposizione e la possibilità di raggiungere comodamente il vostro spot il discorso cambia. Anche se questo rimane, senza dubbio, un ottimo rig.
Testo e foto: Franco Checchi
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elbafishingblog · 5 years
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Feeder in corrente
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Le basi della pesca a feeder in corrente. I pasturatori e le montature. Il metodo bow o della pancia di filo. Nylon e trecciato.
Con l’autunno inoltrato e l’inverno le piogge aumentano il livello dei corsi d’acqua e la corrente comincia a farsi sentire, talvolta in maniera importante, un po’ ovunque. Il fiume che nel nostro tratto in primavera e in estate si muoveva lento apparendo talvolta addirittura fermo (grazie anche all’effetto della marea) con l’aumento di portata scorre costantemente verso valle in ogni suo punto e impone un cambio di approccio. In queste condizioni la pesca al colpo e light ledgering ai margini lasciano il posto al feeder medio-pesante in corrente, unica soluzione se si vuol tentare qualche cattura benché con risultati mai certi.
Feeder: forma e peso
Nella pesca in corrente le caratteristiche del feeder incidono in maniera importante sull’azione di pesca. Il pasturatore deve poter tenere bene il fondo e, se si pesca a distanza, avere anche un profilo aerodinamico. La tenuta del fondo non è solo legata al peso ma anche alla forma e alla posizione del piombo. Un feeder relativamente leggero ma ben fatto e che si posiziona in maniera adeguata sul fondo è più efficace di feeder più pesante ma che tende a subire troppo la spinta della corrente.
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Gli ovali (es. Oval Blockend della Drennan), specie nelle ultime versioni a basso profilo e piombo piatto rasente alla base, tengono particolarmente bene il fondo e offrono poca resistenza alla corrente. La lanciabilità è buona. In alcuni feeders di questo tipo il piombo è esterno e forma uno scalino rispetto alla base. Se da una parte questo potrebbe consentire alla corrente di sollevare il feeder, dall’altra ne sfavorisce l’affondamento in fondali molto morbidi e consente una certa rotazione con disposizione dell’asse maggiore del pasturatore nella direzione della linea di corrente.
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I cilindrici (es. Click Cap della Preston) presentano una lanciabilità ottima e sono ideali per la pesca a lunga distanza. Il piombo è ancora sul profilo del feeder (non al polo inferiore come in quelli da long distance) e ciò conferisce notevole stabilità nonostante la forma li renda teoricamente più inclini a rotale rispetto agli ovali. La trazione determinata dalla lenza in tensione anche in questo caso ne determinata la disposizione con asse maggiore in direzione della corrente. Si noterà che si tratta di due modelli block-end. Considerate che questa tipologia di pasturatori, tipicamente usata per veicolare bigattini, può essere utilizzata in corrente anche per pasture e micropellets. I fori, che sono già di per sé abbastanza ampi, possono essere ulteriormente allargati all’occorrenza consentendo un rilascio più graduale del contenuto di quanto non potrebbe fare un open-end. Relativamente al peso del feeder, questo è funzione della forza della corrente e della pancia di filo come diremo in seguito.
Il metodo “bow”
Bow in inglese significa linea curva (arco) e noi siamo soliti tradurlo con il termine “pancia”. È un accorgimento che ci consente di poter pescare in corrente utilizzando pesi inferiori a quelli che normalmente sarebbero richiesti. Semplicemente si tratta di lasciare che la corrente porti con sé una certa lunghezza di filo (in genere misurato in “canne”) così che la lenza madre formi un arco tra i due estremi, che sono il quiver tip della canna e il feeder sul fondo. A seconda del peso del feeder e della forza della corrente decideremo di lasciare a quest’ultima da una a due canne di filo in bando (dai quattro agli otto metri circa) in modo che si formi un arco di una certa ampiezza in grado di smorzare la spinta sul feeder che potrà così rimanere più fermo e stabile sul fondale.
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Utilizzando il metodo bow il tip della canna si piegherà nel verso della corrente. La principale differenza rispetto alla normale pesca “lineare” o “diretta” (con lenza in linea retta tra feeder e vetta) è che le mangiate non vengono segnalate con una flessione del tip bensì con una sua deflessione (in starata o “drop-back bite”). La partenza del pesce infatti tenderà a diminuire la tensione generata dalla corrente sul filo ed il tip, inizialmente piegato, tenderà a sua volta a raddrizzarsi.
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Utilizzando il metodo bow anche la posizione della canna è diversa dal solito. Nel feeder classico, in acque ferme o molto lente, la canna è inclinata con il tip che punta la superficie dell’acqua: in corrente è l’opposto e la canna guarderà in alto. Questa posizione aumenta l’angolo tra lenza madre e piano del fiume sottraendo diversi metri di filo all’azione della corrente e consentendoci di stare in pesca con meno zavorra.
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Tanto maggiore è l’ampiezza della pancia tanto minore è il peso richiesto per tenere il fondo ma anche la deflessione del tip in caso di allamata. Con una pancia esagerata, in altre parole, rischieremmo di non avvertire per tempo la partenza del pesce. Ne viene che se dopo massimo due canne di pancia il tip continua a muoversi (bouncing dovuto allo spostamento del feeder sul fondo) occorre aumentare peso. Possiamo farlo cambiando pasturatore o, quando possibile, inserendo dei pesi aggiuntivi al suo interno.
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Quello che dobbiamo trovare è l’equilibrio tra misura della pancia e peso del feeder così che si possa stare in pesca intorno alla canna, massimo due canne di pancia (benché vi siano situazioni in cui alcuni si spingono anche fino alle tre canne di filo in corrente). Vi sono stati tentativi di ridurre, o meglio complicare, il discorso sulla pancia in termini geometrici e matematici (peso, forza della corrente, angolazione della canna, distanza da riva, comportamento della lenza in funzione della tipologia di filo, ecc.) ma appare forse un po’ eccessivo. Ai fini pratici il giusto equilibrio si può trovare ad occhio, basta osservare con attenzione a fare qualche prova.
La montatura
Esistono diverse possibilità ma nella pesca a feeder in corrente con il metodo bow è il paternoster ad avere la meglio. Qui sul blog ci limitiamo ad un accenno ma potete approfondire sfogliando le vecchie newsletter e leggendo la prossima, in cui vi dedicheremo ancora un po’ di spazio. A seconda della corrente, del peso del pasturatore, del tipo di fondale e dell’ampiezza della pancia le misure dei vari settori che compongono la montatura possono subire delle variazioni. Vale comunque la buona vecchia regola del rapporto 2:1 tra lunghezza del bracciolo di connessione al terminale e deriva per l’attacco del feeder.
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In corrente il paternoster si comporta diversamente rispetto alle acque ferme. Il bracciolo e il terminale si distendono rimanendo ancorati nel punto di giunzione (nodo) tra lenza madre e deriva. Ma la lenza madre forma il famoso arco così che, se alziamo la canna dolcemente e riduciamo la pancia, si alza anche il terminale. Questa azione produce un “invito”, un sollevamento dell’esca (tipicamente il leggero bigattino), senza che il feeder si sposti dal fondo. Questo a patto di fare il movimento giusto e che la lunghezza dei settori che compongono la montatura sia adeguata.
Nylon o trecciato?
Per limitare la resistenza che il filo oppone alla corrente e quindi la trazione esercitata sul feeder è buona regola pescare con lenze madri sottili. Laddove possibile il trecciato coniuga bassi diametri a carichi di rottura ottimali e quindi appare la soluzione migliore. Una lenza madre sottile aiuta inoltre nel raggiungere le lunghe distanze.
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Se come lenza madre utilizziamo il nylon dobbiamo considerare che il terminale non sarà mai sottilissimo (range 0.16-0.18) pertanto in bobina dovremo come minimo avere uno 0.22 con alto carico di rottura. Sia che si utilizzi il trecciato che il nylon, anche se per ragioni diverse, è opportuno prevedere uno shock leader adeguato. Noterete che l’approccio descritto è relativamente light rispetto a molti altri quando si parla di pesca in corrente. Ciò è dovuto in parte alla mia impostazione, che predilige sempre l’attrezzatura minima (in termini di leggerezza) e in parte alla tipologia di spot che frequento. È ovvio che trovandosi ad affrontare correnti “imponenti” e corte distanze si tende ad un generale sovradimensionamento, con il nylon di diametro più generoso (0.26-0.28 mm) che sostituisce il trecciato. Siate dunque elastici nella lettura di questo articolo e ragionate con attenzione adattando l’approccio alle condizioni specifiche che vi trovate di fronte.
Considerazioni finali
Ricordate inizialmente di lanciare non dritto a voi (ore 12 per intenderci) ma leggermente a monte: a seconda del verso della corrente circa alle ore 11 (se va da sinistra a destra) o alle ore una (se va da destra verso sinistra). Questo perché con il tempo i pesci potrebbero collocarsi più a valle lungo la stessa linea di pesca (per via del fatto che la pastura viene trascinata via). Se iniziamo lanciando a monte potremo, dopo ad es. un paio di ore, aggiustare più facilmente il tiro. Ma di questo ed altri aspetti (montature, esche e pasture) parleremo più nel dettaglio nella prossima newsletter.
Testo e foto: Franco Checchi
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elbafishingblog · 5 years
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Long distance feeder fishing
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Vi possono essere diverse ragioni per cui l’azione di pesca debba svolgersi a lunga distanza da riva. Al di là del motivo per il quale decidiamo di spingere così lontano il nostro sistema pescante ciò che importa realmente è come farlo nel modo corretto, coniugando la distanza alla massima precisione possibile. Avrebbe infatti poco senso un’azione di pesca svolta in long range se poi disperdessimo la pasturazione. In questo articolo, che troverete anche nella prossima newsletter, spieghiamo le basi del feeder fishing sulla lunga distanza concentrandoci sulle attrezzature, la tecnica di lancio e il doppio sistema di controllo dato dal clippaggio in bobina associato al nodo di stop.
La canna
Una feeder rod da 13 piedi consente lanci a lunga distanza con una notevole precisione. Sceglieremo un modello da long cast, con anelli maggiorati, così che il filo nel suo passaggio incontri minor resistenza. Si tratta di canne con una potenza di lancio massima che si attesta intorno ai centro grammi, benché zavorre di quel peso non sono quasi mai necessarie per raggiungere la lunga distanza ed è sempre buona regola stare abbastanza al di sotto rispetto a quanto dichiarato dal produttore.
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I “grossi pesi” sono più utili a tenere la corrente che ad andare lontano. Con un’attrezzatura giusta e bilanciata si possono raggiungere tranquillamente i settanta-ottanta metri senza dover forzare gran che.
Il mulinello
Il mulinello è di taglia 4000-5000. La bobina larga facilita la fuoriuscita del filo riducendo gli attriti e migliora il recupero. Viene caricato con un braid abbastanza sottile (0.10 max 0.14 mm, quindi sulle 10-12 lbs) cui si associa uno shock leader dello 0.25 (circa 10lbs). Pochi giri di mulinello (10-12 metri per una 13 piedi) sono sufficienti. Lo shock leader non serve a proteggere dallo stress del lancio (avendo il nylon un carico di rottura pari o addirittura inferiore a quello del braid) ma a conferire una certa quota di elasticità sia nella prima fase del lancio che nella gestione del recupero del pesce. I primi 10-12 metri di filo sono inoltre quelli più a contatto con il fondo e più soggetti ad abrasione.
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Sceglieremo quindi un nylon con particolare resistenza, come lo sono oramai quasi tutti quelli da feeder. Il braid, in virtù del minor diametro, consente di raggiungere distanze maggiori e di avere una trasmissione più rapida delle mangiate (come una maggior prontezza nella risposta). Occhio all’imbobinamento, che sia preciso e non lasci troppo margine con il bordo della bobina.
La montatura
Nella maggior parte dei casi la semplicità paga sempre ed il free running rig rappresenta la soluzione più adottata. Facile da realizzare, efficace in quasi tutti gli scenari e in grado di garantire la salvaguardia del pesce in caso di rotture. Vi sono moltissimi modi per realizzarlo e ne abbiamo parlato a più riprese sia sul blog che in newsletter. Vediamone qui uno con qualche piccolo accorgimento.
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Una feeder bead (girella con moschettone dotata di perlina) viene fatta scorrere sullo shock leader, seguita da uno stopper in gomma. Il capo libero dello shock leader viene brillato per una lunghezza di qualche centimetro superiore alla distanza tra feeder bead e polo inferiore del pasturatore connesso. In altre parole la brillatura deve terminare più in basso così da svolgere adeguatamente la sua funzione antitangle. Si includa nell’asola della brillatura una microgirella con sgancio rapido e si preveda la presenza di un piccolo gommino in silicone che andrà a coprire l’asola e buona parte della microgirella.
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In questo modo lo sgancio rapido rimane perfettamente in asse senza tuttavia pregiudicare la possibilità di rotazione dell’attacco e quindi la risoluzione di possibili torsioni del terminale. Un secondo tubicino in silicone assicurerà che il terminale rimanga collegato alla sgancio e, ancora un volta, perfettamente in asse pur potendo comunque ruotare.
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Nella pesca con il bigattino il pasturatore sarà rappresentato da un blockend particolarmente aerodinamico. Con sfarinati ed altri elementi si opterà per dei cage feeders da long range (con o senza guaina e con piombo alla base). In acque ferme e non particolarmente profonde si utilizzano pasturatori intorno ai 40-50 grammi.
Tecnica di lancio
A differenza di altre discipline la tecnica di lancio, per quanto importantissima, non è particolarmente complicata. Può esserlo descriverla a parole (c’è il rischio di non capirsi) pertanto rimandiamo ai vari video online che mostrano l’azione di pesca dei più affermati agonisti per farsi un’idea molto precisa. Notate come lo sguardo sia diretto verso lo spot, come la canna venga tenuta con le due mani, posizionata esattamente sopra la spalla e il movimento coordinato delle braccia durante la prima fase di lancio. Poi come venga frenato l’impatto del feeder sull’acqua (si veda How to Cast a Feeder on Commercials). Molti pescatori lanciano da seduti ma solo perché operano sulla corta o media distanza. Nella pesca a lunga distanza si lancia stando in piedi, con le gambe ed il bacino ben fermi e lasciando il movimento alle braccia e alla parte superiore del tronco (si veda Long Distance Feeder Fishing with Tackle Guru Adam Rooney). Un aspetto molto importante è la lunghezza del “drop”, ovvero la distanza tra l’apicale del tip e il feeder prima del lancio. La giusta misura è pari a circa 1/3 della lunghezza della canna o poco più, pertanto utilizzando una 13 piedi il drop ottimale è di 4,5-5 piedi (sul metro e mezzo). Corrisponde al punto di innesto del sottovetta sul fusto più una decina di centimetri. Altra considerazione da fare riguarda il momento del rilascio del filo: se il movimento coordinato delle due braccia è corretto il rilascio avviene quando la mano che tiene il calcio della canna tocca il petto e questa si trova a puntare circa le ore 11 di un orologio immaginario (con le 12 che si trovano esattamente sopra la testa del pescatore) con il tip indirizzato verso lo spot. Intendiamoci, poi con l’esperienza si tende ad avere molta più libertà con i movimenti, ma per iniziare sono indicazioni fondamentali.
Precisione
Se la posizione è sempre la stessa, la tecnica è corretta, il drop sempre uguale e così la forza impressa, già abbiamo assicurato una discreta precisione al lancio. Ma non basta, Generalmente non amo molto clippare il filo in bobina ma oltre un certo limite diventa necessario, specie quando si ha di fronte una grande distesa di acqua e pochi o nessun punto di riferimento. In mare, sulla media distanza, un nodo di stop sul filo in bobina appare come valida soluzione alternativa. Se il lancio è tuttavia piuttosto energico e il filo scorre molto velocemente è possibile però che il nodo sfugga rapidamente al controllo visivo, determinando una certa imprecisione. Si potrà pensare che basti recuperare fino a portare il nodo nella stessa posizione ma così facendo si perde buona parte della pastura. Una delle soluzioni possibili è utilizzarli entrambi.
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Si procede dunque in questo modo. Al primo lancio, come il feeder tocca l’acqua si clippa il filo in bobina e si realizza un nodo di stop posizionandolo vicino alla porzione di filo clippato. A questo punto si recupera, si innesca, si carica il feeder e si lancia nuovamente alla distanza fissata con il clippaggio. Chiuso l’archetto si rimuove il filo dalla clip. Se non si hanno mangiate o si ferra una preda di piccole dimensioni inseriamo di nuovo il filo nella clip prima di recuperare. Se dovessimo invece avere una partenza di un pesce di taglia possiamo gestirlo al meglio avendo il filo libero in bobina. Al lancio successivo sarà il nodo di stop a consentirci di individuare dove clippare nuovamente la distanza. Può sembrare laborioso, ma è solo questione di prenderci la mano.
Considerazioni finali
Del “long-range feeder” abbiamo parlato nella newsletter/rivista n.1 del 2017. L’uso del trecciato in mare e ovunque il rischio di abrasione sia particolarmente alto va valutato caso per caso anche se la resistenza dei braid moderni è molto aumentata. Pescando con lenza madre in nylon, per poter raggiungere agevolmente certe distanze con pesi non esagerati occorre scendere di diametro fino allo 0.18-0.20. In questo caso lo shock leader dello 0.25 svolge anche la funzione protettiva per la quale è noto. Il nodo di giunzione più indicato, che non staremo a descrivere di nuovo, è l’Improved Albright (Alberto) a sette spire sia discendenti che ascendenti. La pesca a lunga distanza si complica leggermente in presenza di correnti che richiedono una certa pancia di filo (metodo bow) in quanto clippare il filo nel punto di impatto rende impossibile lasciare ulteriore filo libero in corrente. Il doppio sistema di riferimento (nodo di stop più clip) qui risulta particolarmente utile e aiuta inoltre a misurare in “canne” la pancia di filo. Di questo e altro parleremo più nel dettaglio nella prossima newsletter.
Testo e foto: Franco Checchi
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elbafishingblog · 6 years
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Pesca a feeder in mare (decima parte)
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Il feeder fishing è una disciplina semplice ma al contempo anche piuttosto tecnica. Non praticatelo nelle condizioni o con le attrezzature sbagliate perché non renderà come dovrebbe. Fate attenzione alle poche regole ed avrete invece un’esperienza ben più che soddisfacente. Vediamo in questa decima ed ultima parte del nostro percorso alcuni aspetti fondamentali per quanto concerne l’ambito di praticabilità e qualche suggerimento. E finalmente, dopo aver seguito tutte le dieci tappe che vi abbiamo proposto, dovreste avere un’idea abbastanza chiara e completa di come praticare la pesca a feeder in mare. Ora non resta che mettere tutto in pratica.
Acque ferme o con corrente lineare
Lasciate alle mareggiate e alle scadute con notevole turbolenza il surfcasting o il rock fishing. Sono nati per quello e le vostre canne da feeder non potrebbero competere. Se è pur vero che vi sono condizioni, nei grandi fiumi, per un feeder pesante, il mare è tutt'altra cosa. In fiume si può contrastare la spinta della corrente con il metodo bow ma provate a lasciare due canne di pancia in balia del mare formato e ve ne accorgerete. Oppure provate a mettere in tensione un sensibile tip da feeder tra le onde e ditemi quante mangiate vedete. Senza contare che la vostra pastura finirebbe rimescolata e sparsa ovunque perdendo la capacità di attrarre le prede in zona. Il feeder fatto bene, tra le pesche a fondo, è la più delicata e precisa, anche quando si utilizzano zavorre degne di rispetto.
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Le condizioni giuste sono quelle dominate dalla calma o al massimo da una corrente lineare (che spinge in una sola direzione come tipicamente avviene in fiume). Si possono così regolare la pasturazione e adottare accorgimenti per un’azione di pesca corretta.
Fondali idonei
Per forma e dimensione i pasturatori sono più inclini ad incagliarsi rispetto ai piombi quindi è necessario che il fondo sia libero, abbastanza uniforme, né rischi di nascondere il feeder (quindi occhio a non lanciare dentro ai banchi di posidonia e agli spessi strati di alghe morte). Porti, porticcioli e in generale zone simil portuali sono spot ideali, così come le spiagge profonde, spesso fiancheggiate da scogliere e con fondale di tipo misto che offre ripari e notevoli possibilità di nutrimento per i pesci.
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Se nel periodo estivo avete la possibilità di immergervi cercate delle zone libere, di transizione e passaggio. La conoscenza degli spot passa anche da questo. Oppure trovate una postazione dove osservando dall’alto si possa capire all’incirca dove possano essere delle aree di possibile interesse. Le scogliere naturali sono spot più difficili ma anche qui vi sono delle piane rocciose a basso rischio di incaglio meta di pascolo di numerose specie e non di rado punto di incontro tra piccoli latterini (dalle nostre parti gòrani) e spigole.
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Può talvolta essere utile iniziare la sessione lanciando un piombo collegato alla lenza madre tramite un filo leggermente più sottile (così da perderlo in caso si incastri da qualche parte) e poi valutare il tempo di raggiungimento del fondo (proporzionale alla profondità) e la tipologia dello stesso (recuperando piano piano così da avvertire la sua conformazione). Individuata la zona giusta una delle regole d’oro è comunque quella di non muovere il pasturatore una volta che questo ha raggiunto il fondo. Va tenuto fermo nel punto sia per ridurre il rischio di incaglio che per evitare di portare l’esca fuori raggio. Una volta che avrete preso confidenza con la tecnica e profonda conoscenza del fondale potrete avvalervi di piccoli spostamenti ed inviti. Ma all’inizio evitate di farlo.
Precisione come arma principale
Altra regola d’oro è quella di pasturare sempre nello stesso punto. La funzione della pasturazione è quella di richiamare e concentrare i pesci in una determinata zona. Capirete che se iniziamo a lanciare prima lunghi, poi corti, una volta a dritta e l’altra a manca, finiamo per disperdere la pastura e di conseguenza anche le nostre prede. Direi che in genere un’area di 3 metri quadrati è uno spazio massimo oltre il quale non bisogna andare e più ci avviciniamo al singolo metro quadrato meglio è. In condizioni di mare calmo la precisione è la massima garanzia di successo.
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Anche in presenza di forti correnti lineari (che poi nei corsi d’acqua variano dalla superficie al fondo) la precisione è fondamentale. Lo è sempre. Occorre mantenere stretta la relazione tra pasturazione e presentazione dell’esca, sia che la pastura si depositi in un punto (acque ferme) che venga trasportata dalla corrente. Lanci precisi richiedono in primo luogo attrezzature idonee. Le canne da feeder sono studiate anche per questo, ossia essere in grado di lanciare con precisione i pasturatori. La tecnica di lancio è altresì molto importante. Facciamo attenzione poi a mantenere sempre la stessa posizione e angolazione. Si può infine ricorrere a sistemi che siano in gradi di indicarci quando abbiamo raggiunto la distanza voluta, che deve essere sempre la stessa. Tra questi il clippaggio del filo in bobina è da sconsigliare. I pesci di mare spesso hanno partenze molto decise (ho visto canne quasi volar via per occhiate di otto etti) e clippare il filo non è sicuro. A mio avviso il sistema migliore è rappresentato dal classico nodo di stop, lo stesso che utilizziamo per fissare l’altezza dei galleggianti nella pesca a bolognese ed inglese. Se ben realizzato non disturba il lancio, si può spostare o rimuovere facilmente, si vede e soprattutto si sente quando passa attraverso gli anelli della canna.
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Lo realizzo generalmente con dello spectra sottile o con del filo per legature, ma può andare benissimo anche un filo di lana o addirittura di nylon, a patto che la colorazione sia ben visibile. Basta effettuare un primo lancio alla distanza desiderata con pasturatore vuoto e come il feeder tocca l’acqua si chiude l’archetto e si effettua il nodo subito sopra. Fissata la distanza si recupera e si inizia la sessione di pesca avendo cura di stoppare il lancio sempre nello stesso momento, prendendo come riferimento il nodo.
Esche e pasture
Considerate che sulle esche e sulle pasture sono stati scritti dei libri e che per ovvie ragioni qui non possiamo che dedicarvi che qualche riga. Prima regola: non complicatevi la vita. La pastura più semplice la potete realizzare in casa frullando la mollica del pane bianco in cassetta (quello economico del discount) e aggiungendovi, se volete, un po’ di formaggio grattugiato. Come esca utilizzate poi dei bocconi di petto di pollo crudo e senza entrare in un negozio di pesca avete tutto quanto vi serve per insidiare molte specie di pesci, in particolare i cefali.
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Poi ci sono gli sfarinati commerciali. Una buona cefalo bianca ed una fondo mare (da utilizzare singolarmente o miscelandole in varie proporzioni) coprono tutte le necessità, dal feeder classico al method. Vi ricordo che nei cage e negli open-end con il caricamento a sandwich si possono veicolare anche elementi come sarde e cozze triturate, scarti di calamaro frullati (non buttate mai niente di quello che avanza in cucina), pellets e addirittura pasta asciutta.
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Ne abbiamo parlato ampiamente in rivista. I ditalini rigati appena scottati possono essere utilizzati come dei pellets morbidi e risultano graditissimi da tutte le specie di pesci che abitualmente sono attratte dalla pastella come saraghi, occhiate, salpe, ecc. Un consiglio: appena scolata la pasta, quando è ancora umida, cospargetela con un pugnetto di sfarinato al formaggio o alla sarda e lasciatela riposare in frigo. Sarà dieci volte più attraente.
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Vi sono poi i bigattini, che tutti conoscete come ottima esca e pastura allo stesso tempo. Gli anellidi invece trovano a mio avviso poco spazio come esche, specie nella bella stagione e laddove la minutaglia la fa da padrone. Spot particolari come il basso corso e la foce di fiumi e canali possono però riservare belle sorprese (spigole, orate e mormore) con il coreano. Infine tenete sempre a mente che con il method, potendo inglobare l’esca nella palla di pastura, si possono utilizzare tranquillamente anche esche molto fragili come il polmone di cozza, il filetto di sarda, ecc. senza dover ricorrere a fili elastici per proteggerle dal lancio.
Testo e foto: Franco Checchi
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elbafishingblog · 6 years
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Pesca a feeder in mare (seconda parte)
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La scelta della canna è sempre impegnativa, più per il pescatore attento ad un giusto rapporto qualità/prezzo che per quello con ampie possibilità economiche. È quasi certo che se avete tre o quattrocento euro in tasca ed entrando in un negozio prendete la prima canna a caso in quella fascia di prezzo ne uscirete con un attrezzo di alto livello. Se però ne avete meno di duecento o, più probabilmente, meno di cento il discorso cambia. Posso comunque assicurarvi che molte entry level di buona marca si comportano egregiamente. E basta salire un po’ per trovare la canna ideale per affrontare al meglio la maggior parte delle sessioni di pesca ricreativa. Se poi avete esigenze particolari, di natura agonistica, o budget illimitati è un altro discorso, ma sia chiaro — e non ci piove — che chi sa pescare i pesci li prende anche senza dover ricorrere all'ultimo ritrovato tecnologico.
Tredici piedi medium-heavy. Il logico punto di partenza.
L’esperienza insegna che la via di mezzo, inizialmente, è sempre la scelta migliore. Un po’ come le bolognesi di sei metri, le feeder rods da tredici piedi (circa 390 cm) sono quelle canne che consentono di pescare ovunque senza troppi problemi. Che si tratti di una riva bassa, di un porto o di una scogliera, quasi quattro metri non sono né pochi, né troppi. L’azione progressiva e la disponibilità di tip a crescente sensibilità ci mettono in condizione di spaziare dal feeder medio-leggero (2-3 oz) a quello più impegnativo (4-5 oz). Ovvio che ai due estremi le differenze con canne specifiche possono rendersi evidenti ma stiamo parlando appunto di estremi. Consigliare una marca ed un modello sarebbe sbagliato. In primo luogo perché difficilmente le canne le possiamo provare tutte e secondariamente, ma non meno importante, con il tempo le canne vanno fuori produzione. Rimanere nel generale è più utile.
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Abbiamo quindi detto di buona marca, ovviamente in carbonio, di lunghezza 13 piedi, ad azione di punta/progressiva (tip to middle). Per il mare, ma anche in fiume, servono canne in grado di lanciare zavorre anche importanti quindi diamo un occhio al max casting weight (Max C.W.), che si aggiri intorno ai 100 grammi. Canne del genere montano anelli medio-grandi, soprattutto i modelli da long distance. I tip in dotazione sono due o tre. Si dice, e forse è vero, che ve ne sia solo uno che risulti perfettamente in equilibrio con la canna, ma di certo le grandi aziende non forniscono vettini a casaccio e anche gli altri svolgono il ruolo per il quale sono stati forniti.
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Certo che su una canna che dichiara un Max C.W vicino ai cento grammi avere sopra un tip da un’oncia mette un po’ di pensiero e comunque non azzardatevi mai a caricare al limite dichiarato, soprattutto con il vettino più sottile. Un po’ di buon senso non guasta mai anche se generalmente si sostiene che il peso gravi sul fusto e non sul tip. Su una canna da 120 grammi di c.w. tip che vanno da 3 a 5 oz sono equilibrati. Su una canna con un c.w. inferiore possiamo aspettarci anche un tip da 2 oz, magari in fibra. Capisco che per il purista del feeder il concetto di “all round” non esista, ed ha ragione. Ma il mare non è un laghetto, un canale o un fiume di grande portata da affrontare a canna posizionata alta e ampia pancia di filo. In mare si pesca a feeder in condizioni più o meno costanti e con una sola canna si riesce a coprire più di una situazione. I tip fondamentali, a mio avviso, sono 2, 3 e 4 oz e l’attrezzo deve poter lanciare agevolmente fino ad una sessantina di grammi a pasturatore pieno. Utilizzeremo il 2 oz abbinandolo a pesi leggeri su corta distanza per pesci diffidenti, il 3 oz per la maggior parte dei casi e il 4 oz quando serve un po’ di spinta in più.
Situazioni particolari
Canne di lunghezza superiore alle 13 piedi di rado si dimostrano utili. Alcuni spot (scogliere di una certa altezza, spiagge) possono trarre giovamento dall’uso di canne da 14 piedi. Ma si tratta di 30 centimetri in più, mentre i 15 piedi sono a mio avviso esagerati per questo tipo di pesca e in questo contesto. Se volete pescare a rock fishing leggero o a beach ledgering prendete una canna da beach e non da feeder. Più interessati sono invece le canne da light feeder, di 10-11 piedi (3-3,30 mt), paraboliche ed estremamente sensibili. Possono essere utilizzate da rive basse alla ricerca di pesci particolarmente sospettosi da insidiare con fili sottili e a breve distanza da riva con pasturatori leggeri. Se vi fosse la possibilità, uno sforzo economico aggiuntivo avrebbe più senso per una canna light da affiancare a quella principale piuttosto che per una heavy più lunga.
Manutenzione
Ricordatevi sempre di sciacquare e asciugare bene le canne che sono entrate in contatto con l'acqua di mare e proteggetele di tanto in tanto (soprattutto i passanti e il manico in sughero) con un lubrificante al silicone (come il Sigill della Tubertini o qualsiasi altro).
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Gli anelli con il tempo tendono a perdere la protezione dall’attacco degli agenti atmosferici e uno strato siliconico li protegge da umidità e salsedine. Se avrete cura del vostro attrezzo vi renderete conto come anche nella fascia media la durata sia notevole. Io ancora pesco con canne vecchie di dieci anni senza che sia mai comparso un filo di ossido. Peraltro quel poco di olio siliconico favorisce lo scorrimento del filo e diminuisce gli attriti favorendo il lancio e riducendo lo stress della lenza in fase di combattimento.
Aggiornamento: 25 luglio 2018 Testo e foto: Franco Checchi
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