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#pesca a legering
elbafishingblog · 3 years
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La pesca a legering in mare (prima parte)
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Introduzione al legering e al feeder fishing in mare. Canne, mulinelli e generalità sulla tecnica di pesca in ambiente marino.
Dopo la panoramica sul legering (vedi articoli precedenti) in questa serie di articoli approfondiamo il tema della pesca in mare. Come vuole il percorso che abbiamo deciso di intraprendere non entreremo troppo nello specifico cercando di fornire le basi per una corretta interpretazione di quello che scriveremo più avanti. Questo lungo articolo non si limita a riassumere e sostituire quanto pubblicato in precedenza (avevamo già dedicato al feeder in mare un nutrito numero di post) ma lo integra con contenuti più recenti ed un punto di vista forse più rigoroso. Una revisione il cui scopo è quello di fornirvi sempre contenuti aggiornati.
Le canne
Se si intende praticare il vero legering, quello classico, non ci sono differenze tra mare e acqua dolce. Alcune canne sono messe sul mercato con indicazioni specifiche, prevalentemente per quanto riguarda la resistenza alla salsedine di alcuni componenti (anelli in primis) ma è solo questione di cura. Pesco in mare da anni con le stesse canne con cui pesco in fiume e vi assicuro che sono come nuove. Dunque sfatiamo il mito che per pescare a legering/feeder in mare sono necessarie attrezzature particolari. Le canne vanno con il tipo di approccio e non con il tipo di acqua. Se poi intendete non averne cura il discorso è diverso, ma lasciatemi dire che siete partiti già con il piede sbagliato.
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Una canna da feeder ha solitamente due o più vettini (quiver tip) di diversa sensibilità.
Oggi le canne da legering/feeder sono le quiver rods, canne ad innesti dotate di più vettini in fibra o in carbonio pieno detti quiver tip. Se non vi fosse chiaro di cosa si tratta vi invito ancora a leggere gli articoli precedenti. Non confondiamo, perché siamo in mare, le tecniche di pesca. Se pescate dalla spiaggia con il mare mosso fate surfcasting, se pescate in condizioni simili dalla scogliera fate rock fishing, sempre dalla spiaggia in condizioni di calma potreste fare del beach ledgering o in porto ed in altri spot una generica pesca a fondo (PAF). Il legering classico (di origine anglosassone) e il feeder sono discipline ben delineate e con un rapporto praticamente costate con la pasturazione. Per praticarle come si deve servono canne da legering/feeder e non è previsto riadattare attrezzi specifici per altre tecniche. Non spenderò una parola di più, alle caratteristiche generali è già stato dedicato un articolo intero. Mi limito ad indicare un range che è quello delle canne che vanno da 11 a 13 piedi del tipo che va da light a strong a seconda che si intenda praticare un legering leggero su corta distanza o uno più impegnativo sul medio-lungo raggio.
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Vettini in carbonio pieno (a sinistra) e in fibra (a destra).
La pesca a legering in mare è essenzialmente una pesca in acqua ferma, intendendo cioè che si è in assenza di una corrente chiaramente individuabile e con le caratteristiche di quella che si trova spesso in fiume e nel tratto di foce. Sono tollerate ovviamente un certo grado (ridotto) di onda, una minima turbolenza o una debole corrente di fondo ma, in generale, si può parlare di “calma”. Trattandosi di una disciplina che punta molto su precisione e sensibilità non è adatta a mare formato e forti turbolenze che da un lato comprometterebbero la lettura delle mangiate sul quiver e dall'altro impedirebbero di pasturare e presentare l’esca in pastura come si deve. Torniamo così al discorso di prima e pescare a legering/feeder non è equivalente a pescare a fondo con un pasturatore. In quest’ottica la scelta della canna in mare è dettata da esigenze un po’ diverse. In condizioni di calma (premessa fondamentale) opteremo per canne più corte e leggere (11-12 ft di tipo light e medium-light con vette in fibra o carbonio pieno di 1-2 oz) se la pesca si svolge su riva bassa e corta o media distanza. Opteremo invece per canne da 12-13 ft di tipo medium o medium-strong e vette in carbonio pieno fino a 3 oz se agiremo su rive più alte, se è richiesto raggiungere distanze maggiori o se vi sono condizioni (vento, un po’ di onda o una leggera turbolenza) che fanno prediligere la potenza rispetto alla sensibilità. A parte le 11 ft, generalmente progressivo-paraboliche, le altre saranno canne ad azione progressiva. Se pensate di pescare in long casting, con pesi importanti e avete il dubbio che vi servano canne più lunghe (14 ft) e molto potenti, chiedetevi se intendete ancora pescare a legering/feeder o se non state sfociando in un’altra tecnica. È vero che esistono canne di questo tipo, come è vero che sono dedicate ad un feeder estremo, un approccio “di nicchia”, particolare e non abituale. Un approccio che in mare finisce facilmente in una zona grigia e che qui  non tratteremo.
I mulinelli
Stesso discorso fatto per le canne, le indicazioni le abbiano già date. Non c’è un mulinello che abbia utilizzato in mare con un problema, nonostante abbia lavorato anni. Tutto sta nella cura e nell’attenzione. Trattandosi però di acqua salata, se proprio vogliamo metterci al riparo da brutte sorprese, scegliere un modello un po’ più schermato potrebbe essere buona cosa. Nella foto sotto uno Shimano Nasci con Coreprotect, tecnologia costruttiva  finalizzata a proteggere il mulinello dalle infiltrazioni d’acqua.
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Shimano Nasci 4000.
Fate attenzione al fatto che Shimano (ma anche PENN) ha tolto l’antiritorno e se ne fate uso siate consapevoli che invece dovrete affidarvi alla sola frizione. Nel mio caso, essendo un fan dell’antiritorno, uso molto i mulinelli diciamo più “tradizionali” e posso dire che non ho mai avuto problemi di infiltrazioni (a meno che non vi cadano in acqua e allora son dolori). I mulinelli devono essere spolverati con un pennellino, vanno rimossi i residui di sabbia o pastura, sciacquati e asciugati, lubrificati nelle parti più esposte. Se fate in questo modo e non vi capitano incidenti particolari non ci sono problemi.
Cura e manutenzione
Ricordatevi sempre di sciacquare e asciugare bene le canne che sono entrate in contatto con l'acqua di mare e proteggetele di tanto in tanto (soprattutto i passanti e il manico in sughero) con un lubrificante al silicone.
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Applicazione di olio siliconico su un passante
Gli anelli con il tempo tendono a perdere la protezione dall’attacco degli agenti atmosferici e uno strato siliconico li protegge da umidità e salsedine. Peraltro quel poco di olio siliconico favorisce lo scorrimento del filo e diminuisce gli attriti favorendo il lancio e riducendo lo stress della lenza in fase di combattimento. Una corretta manutenzione prolunga anche la vita dei mulinelli e ne permette il perfetto funzionamento nel tempo. Particolare cura va dedicata ai modelli di fascia media che possono mancare di caratteristiche presenti su quelli di gamma superiore che limitano il contatto di numerose parti con gli agenti atmosferici o che gli conferiscono particolare resistenza.
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Applicazione di vasellina tecnica sul rullino guidafilo
Limitiamoci a pochi interventi, semplici, periodici e più o meno frequenti. Se vi sono residui di sabbia, pastura o sporco si può utilizzare un pennellino per rimuoverli più efficacemente e talvolta anche l’aria compressa facendo tuttavia attenzione che si tratti di parti esterne e che il getto d’aria non finisca per far penetrare la sporcizia ancor più in profondità. Pulire poi velocemente con acqua tiepida (a frizione chiusa) ed asciugare molto bene un mulinello dedicato alla pesca in mare è fondamentale per evitare deposizioni di sale e ossidazioni. Sempre meglio un nebulizzatore che il getto d’acqua diretto. Ogni tot pescate lubrifichiamo le parti metalliche più esposte (rullino guidafilo, viti, snodo della manovella) con della vasellina tecnica e distribuiamo sulla faccia interna ed esterna della bobina del silicone spray. La frequenza dipende dall’uso e dalle condizioni che ci troviamo ad affrontare. Di solito questo basta ad evitare problemi. Se vi venisse il dubbio che il silicone fa galleggiare il filo mentre di solito nel feeder si consiglia di utilizzare fili affondanti mi permetto di far notare che stiamo pescando a fondo e non al colpo e che nel feeder più che altro il filo deve essere a bassa elasticità.
Bomb fishing, link legering e feeder
Che si tratti di mare o acqua dolce il legering viene praticato con piombo diretto e pasturazione manuale (o a fionda) oppure a feeder. In genere quando le condizioni lo permettono ed è possibile effettuare la pasturazione a mano io tendo a preferire l’approccio con il piombo, che trovo più discreto e per certi versi “naturale”. Quando intuisco che un pasturatore porta maggiori vantaggi passo al feeder. Come detto tante volte sono due sistemi che si integrano e non è raro passare dall'uno all’altro anche nell’arco di una stessa sessione di pesca. Volendo dare qualche indicazione in più direi di valutare lo straight lead (piombo diretto) nell’approcio light o medium-light sul medio-corto raggio e in presenza di acque chiare e basse. Reca meno disturbo e le esche delicate sono meno stressate dai continui lanci. Quando la profondità e/o la distanza, come la presenza di vento, iniziano a complicare la pasturazione manuale passo al feeder.
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Varie tipologie di pasturatore. Da sinistra cage feeder, open-end feeder, block-end (maggot) feeder, pellet feeder e method feeder.
I pasturatori sono quelli che abbiamo già visto. Ciò che cambia è per lo più relativo alle esche e alle pasture, anche se esiste una notevole sovrapposizione tra acqua dolce e mare. Molte sono infatti comuni (si pensi ad esempio alle pasture a base di farina di pesce, ai pellets, ai bigattini, al pane, alle pastelle, ecc...). Anche le montature sono più o meno le stesse. C’è chi sostiene (o sosteneva) la teoria dei terminali lunghi in mare e più corti in fiume. Non mi ha mai trovato d’accordo. Se pescate a method o pellet feeder utilizzerete sempre un terminale cortissimo, indipendentemente da dove pescate. Se volete insidiare un pesce estremamente sospettoso in acqua chiara che al primo accenno di resistenza sputa l’esca utilizzerete probabilmente un terminale lungo e sottile. E di pesci così ve ne sono in mare come in acqua dolce. Il discorso del diametro e della lunghezza di un terminale nella pesca a fondo (non parliamo di pesca al colpo) è legato a fattori che poco hanno a vedere con il fatto che l’acqua sia salata o meno. Troverete forse più similitudini tra una spigola ed un cavedano che tra una spigola ed un sarago. 
Generalità sugli spot
Eccezion fatta per le spiagge a fondale molto basso dove occorre lanciare a lunghissima distanza e che dunque richiedono approcci diversi come il beach ledgering, direi che quasi non esiste spot in mare in cui non si possa praticare il legering/feeder. E anche questa eccezione non è del tutto vera in quanto conosco spiagge relativamente basse, anche se un po’ particolari, in cui si pesca a link leger o a bomb fishing entro i 25 metri da riva.
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Sessione a light legering in spiaggia a basso digrado
Anche la scogliera naturale è un ottimo spot. Basta saper sondare o conoscere il fondale ed evitare così le aree più problematiche, quelle in cui è alto il rischio di incaglio (cosa che vale per ogni forma di pesca a fondo) o in cui esca e pastura rischiano di finire nascoste (come nel pieno di una prateria di posidonia). Individuata l’area ottimale tutto sta nel pasturare e lanciare con estrema precisione. La precisione è un punto cardine del feeder ed anche per questo si devono utilizzare le canne giuste. In scogliera naturale ed in generale negli spot con fondale insidioso l’accuratezza nel lancio non solo garantisce di concentrare le prede e non disperderle (che è il minimo) ma permette sempre la presentazione ottimale evitando le zone che avevamo scartato per via del fondo giudicato non idoneo.
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Sessione a feeder in scogliera naturale
Porti e porticcioli (ove sia consentito di svolgere l’attività di pesca sportiva) sono da sempre ottimi posti. Raramente è richiesto di lanciare lontano in quanto le prede sono solite pascolare o predare molto prossime alla banchina se non addirittura lungo il margine. Ed ecco che anche in mare si può parlare di pesca ai margini un po’ come in acqua dolce e ciò accade ogni qualvolta vi sia in uno spot in cui i pesci abitualmente frequentano l’immediato sotto riva. Sotto riva che non necessariamente deve presentare una profondità importante, anzi talvolta all’orario giusto e se facciamo particolare attenzione a non farci vedere, prede di tutto rispetto possono essere cercate anche in meno di due metri d’acqua.
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Sessione a feeder in porto
Le spiagge che digradano rapidamente, quelle a granulometria medio-grande che entro pochi metri presentano già una discreta profondità, sono altri ottimi spot. Qui la sabbia grossolana e i ciottoli si alternano a fondale di tipo misto, specie in vicinanza di scogliere. Non è quasi mai necessario lanciare lontano con notevoli probabilità di catture entro i primi cinquanta metri. Grazie alla pasturazione queste spiagge che altrimenti a mare calmo potrebbero apparire sterili risultano invece ricche di sorprese per la grande variabilità di specie che le frequentano.
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Sessione a feeder in spiaggia con fondale misto
Un particolare cui anche in mare occorre fare ben attenzione è relativo al posizionamento della canna. La maggior parte dei pescatori tende a preferire le vette rivolte in alto, forse per abitudine, venendo da tecniche di pesca a fondo che si basano sull’attesa della partenza. Il legering/feeder è invece una tecnica molto dinamica che si basa sulla lettura dei movimenti del quiver (come si osservasse il comportamento di un galleggiante). La canna viene dunque rivolta in alto solo quando serve preferendo in tutte le altre situazioni il posizionamento inverso (vetta in basso), più comodo ed in grado di fare registrare meglio ogni minimo movimento della vetta. Avremo comunque modo di riparlarne.
Short range vs Long range
La scelta è abbastanza semplice: si pesca a distanza quando lo spot lo richiede o vi sono le condizioni ambientali per le quali i pesci preferiscono starsene più lontani da riva. E non è la regola. Io se posso pesco sempre a medio-corto raggio e i motivi sono diversi. In primo luogo i pesci si richiamano in zona pasturando correttamente quindi il più delle volte possiamo “portarli” da noi senza doverli andare a cercare chissà dove, la precisione poi è inversamente proporzionale alla distanza sia per quanto concerne la pasturazione che il lancio. Terzo, e non meno importante, maggiore è la distanza minore (sia in quantità che qualità) è la trasmissione delle mangiate al quiver. Quando si pesca in long range, soprattutto in mare, se non si fa particolare attenzione si finisce facilmente più per pescare a fondo che pescare a feeder, con ritmi generalmente più lenti e in parte dovuti proprio al tempo richiesto per per le fasi di lancio, messa in tensione e recupero del sistema pescante sulla lunga distanza.
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Trecciato in bobina
Quella del long range è dunque per me una possibilità, un’opzione da mettere in campo in casi selezionati quando invece la maggior parte delle sessioni si svolgono normalmente, sul medio o corto raggio. Rispetto a qualche anno fa oggi chi pesca sulla distanza non può fare a meno del trecciato il quale, come ormai tutti sanno, è sottile (rispetto al carico di rottura) e privo di elasticità. Ciò si traduce in lanci lunghi e mangiate trasmesse con la massima rapidità possibile (per quella determinata distanza). La mancanza di elasticità richiede l’uso di un leader in nylon piuttosto lungo (almeno 3 volte la canna) che viene collegato con uno dei tanti nodi a disposizione (es. Alberto).
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Sul nodo è sempre consigliabile applicare una goccia di cianoacrilato in modo da formare una sorta di perlina lucida, sottile, che riduce la possibilità di appiglio delle spire di filo soprastanti durante il loro svolgimento nel lancio, nonché un miglior passaggio del nodo attraverso gli anelli. Il risultato è un lancio migliore e più fluido. Ricordo, anche se non ce ne dovrebbe esser bisogno, che trecciato equivale a pesca sulla lunga distanza e mai deve essere utilizzato per quella a medio o corto raggio.
Testo e foto: Franco Checchi
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elbafishingblog · 3 years
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Legering: lo Swimfeeder
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Introduzione e generalità sulla pesca a feeder. Tipi di pasturatori e principali categorie di montature.
Il termine Swimfeeder indica genericamente il pasturatore. I primi pasturatori furono realizzati con oggetti vari, adattando ad esempio dei semplici bigodini o dei contenitori per rullini fotografici. Da questi prototipi si sono poi sviluppati i moderni feeders giungendo oggi ad uno spettro di tipologie decisamente ampio con modelli tecnologicamente molto avanzati. La funzione del feeder è quella di portare la pastura esattamente nella zona di pesca quale che sia la distanza o la profondità su cui ci si trova ad operare. I vantaggi di questo approccio sono enormi estendendo la pesca a legering oltre i limiti di quella vista a straight lead pur se esiste comunque qualche vincolo. Il principale è la necessità di lanci continui in quanto il rifornimento di pastura non è indipendente dalla presentazione dell’esca. Ne viene che la pesca a feeder, praticata come si deve, è estremamente dinamica con tempi di permanenza dell’esca in acqua legati ai tempi di svuotamento del feeder, in media cinque minuti e quasi mai oltre i dieci.
Un pasturatore per ogni esigenza
Tipo, peso e dimensioni. Pasturatori piccoli quando si debbano veicolare quantità ridotte di pastura e grandi per la creazione del fondo. Nel mezzo quelli di medie dimensioni adatti per la maggior parte delle sessioni già avviate. Regolare la quantità di pastura introdotta nella zona di pesca richiede dunque l’uso di pasturatori di diversa capacità e mai il feederista si presenta sullo spot con una scelta limitata. Lo stesso vale per il peso, cui sono legati aspetti come la distanza di lancio, la tenuta in corrente e la profondità della zona di pesca. Tant’è che noterete come per uno stesso volume, capacità (quantità di pastura veicolabile) vi siano modelli di peso diverso. Troveremo quindi pasturatori large leggerissimi come anche small di notevole peso. Pasturare a bigattini poi richiede l’utilizzo di feeders di tipo block-end, se si usano sfarinati (ground-bait) ed elementi vari (mais, pellet, ecc.) l’utilizzo di cage oppure open-end e così via, con ogni pastura che quasi ha il suo tipo di pasturatore.
Meno semplice di quanto possa sembrare
C’è chi sostiene che la pesca a feeder sia più semplice di quella al colpo. Ovviamente non è così o almeno questa non è la mia opinione. Se avete letto la serie di articoli che precedono quello attuale vi renderete conto che i fattori in gioco sono molteplici. Non si tratta di realizzare una montatura e lanciare un feeder pieno di pastura. Chi fa così in realtà pesca a casaccio e buon per lui se prende qualche pesce, perché magari frequenta uno spot particolarmente favorevole, relativamente facile, nella stagione migliore e via dicendo. Massimizzare i risultati richiede studio e conoscenza, come in ogni altra disciplina. La canna giusta con il quiver giusto, il filo, la pastura, i feeders più adatti, la quantità e il ritmo, la lettura dello spot e la comprensione delle sue caratteristiche peculiari. La lista sarebbe virtualmente infinita ed ogni fattore in gioco ha importanza rilevante con un margine di errore minimo. Al feederista esperto viene tutto naturale e quasi non fa caso ai mille accorgimenti che mette in campo ma se gli chiedete di scriverlo, senza tralasciare nulla, vi risponderà che tempo e spazio non sono sufficienti. Che c’è troppo da dire. A tal proposito ricordo un giorno la conversazione con un garista in negozio mentre attendevamo di essere serviti. Dopo quasi un’ora (e non so quanti clienti che ci erano passati avanti) sembrava di non esserci detti quasi nulla tanto era rimasto da affrontare. Al pescatore sportivo non agonista difficilmente è richiesto un tale livello di attenzione ma nel mezzo c’è comunque una notevole dose di cose da sapere che non lascia spazio all’approssimazione.
Principali tipologie di pasturatore
Per iniziare farei una distinzione tra classici e specialistici, cioè con caratteristiche particolari che li rendono particolarmente idonei ad uno scopo ben preciso. Ne rimarrà fuori qualcuno, giusto anticiparlo, ma già quelli che presenteremo sono sufficienti.
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Block-end: classico pasturatore chiuso da bigattino. Utilizzabile anche con gli sfarinati poco inumiditi.
I pasturatori block-end (con i poli chiusi) sono forse i più conosciuti ed utilizzati anche in mare. La fuoruscita della pastura, tipicamente il bigattino vivo (sfuso, incollato o in mix con una modesta quantità di sfarinato) avviene attraverso i numerosi fori. Ne esistono varie tipologie. Quelli a forma di saponetta, schiacciati, hanno una minor aerodinamica ma una eccezionale tenuta del fondo in caso di corrente. Le forme più cilindriche presentano invece un’aerodinamica superiore ma molto dipende anche dalla posizione del piombo, con i modelli a long casting dotati di piombo polare e modelli intermedi dotati di piombo laterale. Questi ultimi combinano una notevole lanciabilità con un buon grado anche di tenuta del fondo.
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Open-end: classico pasturatore aperto ai poli. Si utilizza per gli sfarinati inumiditi in maniera adeguata o per veicolare elementi sfusi tra due tappi di pastura. Cage feeder: classico pasturatore di tipo open-end a gabbia. Rispetto ai classici open-end presenta un tempo di idratazione della pastura molto rapido.
I pasturatori aperti ai poli vengono definiti open-end o ground-bait feeders. Si distinguono tra chiusi e a gabbia (cage feeder). Destinati a veicolare sfarinati e altri elementi (a sandwich tra due tappi di pastura) possono avere un profilo rettangolare o rotondo ed aperture variabili in numero e dimensioni. Tanto maggiore è la superficie aperta, tanto più velocemente il contenuto si idrata e fuoriesce. I classici cage feeder sono per lo più pasturatori da acque ferme, molto lente e di poca profondità. Gli open-end chiusi lateralmente, con poche aperture, si idratano più lentamente e a seconda della compressione esercitata sulla pastura (oltre che al suo grado di bagnatura) possono permettere di affrontare fondali più profondi e correnti più sostenute. Un tipo particolare di open-end sono i river feeders, con un profilo non cilidrico ma più schiacciato, quasi trapezoidale a base molto larga. Sono tipicamente degli open-end da forte corrente data la loro capacità di ancorarsi sul fondale e la pressoché nulla tendenza al rotolamento.
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Window feeder: pasturatore a finestra, di solito con piombo basale e quindi da long range. Può essere utilizzato come block-end se la finestra e richiudibile. Domed feeder: pasturatore a cupola-campana. Una sorta di pellet feeder derivato dal caricamento molto rapido.
I pasturatori dotati di una sola apertura posso essere del tipo a finestra oppure a cupola (o a campana). In alcuni window feeder la finestra può essere chiusa e in questo caso, grazie alla presenza dei soli fori, sono in pratica assimilabili a dei block-end. Presentano tutti una forma altamente aerodinamica ed un piombo polare il che li rende particolarmente indicati nella pesca a lunga distanza consentendo lanci molto precisi. Va notato che il piombo polare favorisce anche un posizionamento sul fondo tendente al verticale ed una rapida risalita durante il recupero consentendo di utilizzarli su fondali insidiosi e a rischio di incaglio. Non sono feeders da utilizzare in corrente in quanto la tenuta del fondo non è eccezionale. Il caricamento è rapido anche con una mano sola e possono ospitare sia bigattini sfusi (modelli con finestra richiudibile) che sfarinati, da soli o in mix con altri elementi (vermi tagliati, piccoli pellets, casters, ecc.). Il piombo polare fa si che l’affondamento sia abbastanza “lineare” con poca dispersione della pastura dato che gran parte della superficie del pasturatore è coperta (ad eccezione della finestra ovviamente) il che li rende ottimi pasturatori per fondali di una certa profondità. I domed feeders presentano caratteristiche comuni a vari tipi di pasturatori. Se non fosse per il polo superiore chiuso potrebbero essere degli open-end, se invece non fosse per l’attacco derivato somiglierebbero a dei pellet/sticky feeders. Ne viene che per quanto concerne il contenuto, le tipologie di pastura che vi si possono caricare, lo spetto è ampio e rappresentato dalla somma di tutte quelle utilizzabili negli altri due modelli. Il caricamento con una mano sola è molto semplice e associando questo aspetto ad una discreta rapidità con cui il contenuto viene rilasciato una volta in acqua, questi feeder risultano ottimi per una pesca molto dinamica ed in velocità. Da utilizzare per lo più in acque ferme o lente.
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Method-feeder: pasturatori completamente aperti da sfarinati o piccoli pellet compressi di solito tramite uno stampo. Pellet-feeder: pasturatori da piccoli pellet o bigattini incollati, da soli o in mix con sfarinati a formare un tappo superficiale.
Pasturatori di tipo specialistico sono sicuramente i method ed il pellet feeders. Mentre infatti tutti gli altri pasturatori posso condividere lo stesso tipo di montatura i method e i pellet sono tipicamente inline e si avvalgono di rig a teminale molto corto. L’approccio è simile e consiste sostanzialmente nel nascondere l’esca dentro la pastura in modo tale che fuoriesca con questa non appena il feeder giunge sul fondo e il contenuto si idrata. Un approccio che richiede acque ferme o molto lente altrimenti la pastura viene portata via dalla corrente e l’amo innescato rimane isolato.
Montature
Cercando di semplificare il discorso e rimandando i dettagli ad un prossimo articolo si può dire che tutti i pasturatori derivati (quelli cioè dotati di attacco apicale) possono essere utilizzati nelle due classiche montature da legering: running rig e paternoster. 
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Schema semplificato di un running rig
La scelta di uno o l’altro pasturatore dipende da fattori come il tipo di pastura, la distanza di lancio, la corrente e la profondità della zona di pesca. Fattori che oltre alla tipologia influenzano la scelta anche del peso e della forma. Ed è già abbastanza complicato senza dover aggiungere modelli particolari.
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Schema semplificato di un paternoster
I pasturatori inline, tipicamente i method e pellet feeders (oltre a versioni di open-end e block-end) condividono tutti la medesima montatura in linea e l’uso di terminali corti. Sono cioè destinati ad una pesca, indipendentemente dalla distanza, che si svolge in strettissimo rapporto con la pastura e dunque obbligatoriamente in acque ferme.
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Schema semplificato di una montatura inline da pellet/method feeder
Gli schemi sopra sono volutamente semplificati per evidenziare le differenze principali tra i tre rig. Poi, come detto, li rivedremo nel dettaglio. Basti qui avere un'idea generale che consenta di abbinare determinati pasturatori ad approcci e montature. Il percorso è ancora molto lungo ma se avete letto gli articoli precedenti dovreste iniziare ad avere un’idea abbastanza precisa del legering, quantomeno per quel che concerne le attrezzature e la filosofia di base. E non è poco.
Testo, foto e disegni: Franco Checchi
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elbafishingblog · 3 years
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Legering: lo Straight Lead
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La prima ed intramontabile forma di legering. Straight lead, bomb fishing e link leger.
Traducendo alla lettera, lo Straight Lead Legering significa approccio a legering con il piombo diretto, cioè senza l’ausilio di un pasturatore. Apparentemente è la forma più classica di pesca a fondo benché, come vedremo, ha le sue particolarità. Il classico piombo da legering — termine riferito più al peso che al metallo in sé —  è l’Arlesey Bomb. Si tratta essenzialmente di un piombo a pera dotato di girella apicale. Una tipologia di piombo che era già in uso agli inizi del secolo scorso e che Richard “Dick” Walker perfezionò per la pesca a distanza nel lago di Arlesey (da cui il nome). Esistono diverse forme di Arlesey Bomb e quella più classica ha il polo basale più simile ad un proiettile, quasi ogivale piuttosto che rotondo. Ovviamente nel tempo ne sono stati prodotti di nuovi e sempre più performanti. 
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Daiwa N´Zon Quad Bomb. Aerodinamica eccezionale. La presenza di facce piatte riduce la tendenza del piombo a rotolare in corrente su fondali duri. Info: https://daiwasports.co.uk/product/nzon-quad-bomb
La pesca a straight lead con l’Arlesey Bomb ha dato il nome alla tipologia di legering conosciuta come bomb fishing. Nome che poi si è esteso anche ad approcci identici ma praticati con piombi diversi Quando il peso è tuttavia realizzato da una corona di pallini si parla di link legering. Si tratta di un approccio particolare, di tipo ultralight, in cui il peso è costituito da una serie di pallini in bulk (di solito AA o AA+SSG). Questa forma di legering è quella che presenta il più forte e stretto legame con la pesca al colpo.
Pasturazione
Se può capitare talvolta di non pasturare, la regola è che legering e pasturazione formano un binomio praticamente costante. E se nel feeder la pasturazione è per gran parte affidata al pasturatore, nella pesca a straight lead è di tipo manuale (propriamente detta o a fionda). Sull’argomento si potrebbe scrivere un intero libro e mi riservo di approfondirlo, per quanto possibile, in rivista. Esiste un’infinità di pasture ed un gran numero di metodi e modi di pasturare ma se venite dalla pesca al colpo più o meno ne avrete un’idea.
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Nella pesca a distanza è fondamentale l’uso di fionde per pasturare. Ne esistono di diverse tipologie, da quelle per le pasture (ground-bait catapult) a quelle per pellets e bigattini (come quella in figura).
La pastura deve giungere in zona, depositarsi sul fondo e lavorare adeguatamente. Occorre fare attenzione, quando si utilizzano bocce di sfarinato (ground-bait) al rumore e al possibile disturbo in acque basse (evitare l’effetto “sasso in acqua” quando i pesci sono già stati richiamati e concentrati). Spesso dunque si procede generalmente con la creazione iniziale di un fondo, un “tappeto” che viene poi alimentato con con l’introduzione costante di quantità minori, non di rado con elementi di natura diversa e più leggeri. Un tipico esempio è una pasturazione “pesante” iniziale (quando ancora i pesci non ci sono e/o non sono entrati in attività) fatta con grosse bocce di pastura cui fa seguito il lancio di bocce più piccole, pellets, bigattini (o altro) man mano che la sessione procede. Non c’è una regola fissa. La pasturazione rimane comunque, in termini molto generali, un’operazione quantità e tempo (ritmo) dipendente. Troppa pastura può determinare overfeeding (sazietà), poca pastura può risultare inefficace nell’attrarre i pesci. Come detto anche il ritmo incide e va trovato un equilibrio introducendo, con costanza, la quantità di pastura sufficiente a mantenere in attività le prede senza saziarle. C’è poi un’altro aspetto, quello dello spazio.
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Uno dei tanti pattern di pasturazione e lancio (i dettagli in rivista)
Dove e come pasturare dipende molto anche dai pesci, dallo spot e dalle condizioni. C’è differenza tra acqua bassa e profonda, acqua ferma e corrente. Nella figura sopra ho schematizzato un pattern che utilizzo spesso in condizioni di calma, quando la pastura tende a depositarsi più o meno nel luogo di ingresso, senza esser trascinata via dalla corrente. Di solito quando si pastura i pesci più piccoli e meno smaliziati tendono ad avventarsi dove la pastura è più concentrata mentre quelli di taglia maggiore, più diffidenti, preferiscono rimanere ai margini. La cattura di un pesce, poi, crea sempre allarme tra gli altri intenti a cibarsi. Se dunque si pesca da subito al centro della zona facilmente capita di allamare qualche preda poco interessante e di mettere in fuga tutte le altre o comunque di veder diminuire le chance di interessare gli esemplari più grandi. È così preferibile iniziare a pescare ai margini della zona pasturata, partendo dal lato dove si ipotizza agisca una eventuale debole corrente di fondo. Riferendoci alla figura sopra, dopo aver pasturato e se si ipotizza che vi possa essere una leggera corrente da sinistra a destra, si inizia a pescare lanciando dunque nel punto uno, poi si valuta il punto 2 ed infine il punto 3. Solo quando le mangiate si esauriscono si passa al punto 4, lato opposto rispetto al pescatore e al centro della zona. Si parla di un area che va tra i 2 e i 4 metri quadrati a seconda di una serie di valutazioni. Quanto appena detto è sicuramente insufficiente a delineare un metodo preciso ma serve per far comprendere l’importanza di un pattern (modello) di pasturazione e la sua relazione con l’azione di pesca. Non c’è niente, di tutta l’azione, che può essere lasciato al caso ed è un ragionamento continuo su con che cosa, quanto, con che ritmo, dove pasturare e in quali zone lanciare l’esca.
Bomb fishing
Che si utilizzi un classico Arlesey, una sua versione più recente o addirittura un piombo di diversa forma, la tecnica prende oggi comunque il nome di bomb fishing e non sarò io a complicarvi la vita facendo distinzioni. Che si peschi a feeder o a straight lead (bomb fishing) le montature sono le solite. Si distinguono quindi quelle inline (in linea) da quelle derivate e tra queste si parla sempre di running rig (montatura scorrevole) e bolt rig (autoferrante). Tra le montature bolt il classico esempio è il paternoster. In realtà l’effetto bolt (autoferrante) dipende non solo dalla montatura ma anche dal peso del piombo. In genere la classica montatura da bomb fishing è il running lead.
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Bomb fishing: montatura con piombo scorrevole
In questo schema che vi propongo tutto è stato reso il più semplice possibile. Sulla lenza madre si applica una girella con moschettone (rende il piombo intercambiabile) che viene fermata, nel suo scorrere a valle, da un sistema di stop. Potete utilizzare degli stopper in gomma ma io preferisco un pallino di piombo. Un loop to loop (asola-asola), preferibile al nodo di giunzione o ad un attacco di diverso tipo, consente di collegare il terminale. Notate che spostando il sistema di stop (pallino) si può allungare il terminale a piacimento. Se il running lead è la montatura più utilizzata non significa che non siano valide anche le due classiche alternative: piombo inline (simile ma poco versatile a meno di non utilizzare degli specifici piombi intercambiabili) e paternoster (più sensibile e performante in corrente).
Link Leger
Quando non è richiesto l’uso di un piombo di un certo peso (diciamo a partire dai 5 grammi in su) e la pesca è orientata alla massima leggerezza sulla corta distanza, il link leger con corona di pallini (tipo AA o AA+SSG) è a dir poco micidiale nei confronti di pesci sospettosi. Ovviamente devono esistere tutte le condizioni per cui un simile approccio, di tipo ultralight, possa dare i suoi frutti, con la lenza che lavori adeguatamente. Parliamo di acque poco profonde, chiare, con corrente assente o molto lenta. Un approccio che ha molto in comune con la pesca al colpo come filosofia, tanto che amo citare a proposito una frase di Alan Barnes: «Think float, fish link». Dunque pensare come pescassimo al colpo, ma farlo a link legering.
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Il link leger nella sua forma classica è di fatto un paternoster in cui si riconoscono (figura sopra) una deriva per l’applicazione del piombo ed un bracciolo per l’attacco del terminale (via asola-asola).  La variante scorrevole non ha senso (anche se l’ho utilizzata diverse volte come variazione momentanea di un normale running rig). Il perché sta nel peso estremamente ridotto. Affinché una lenza possa scorrere liberamente attraverso un occhiello è fondamentale che questo sia ben saldo sul fondo. Se la zavorra è troppo leggera finisce comunque per muoversi. Il paternoster è poi già una montatura molto sensibile di per sé quindi il mio consiglio è di non applicare troppe modifiche a ciò che funziona perfettamente com’è. L’unica valida, a mio avviso, è quella relativa al sistema di collegamento della deriva piombata. Di solito infatti il paternoster è fisso ma in questo caso, dato che non sono richiesti lanci impegnativi e la zavorra è di pochi grammi, io preferisco collegare la deriva piombata tramite un nodo di stop scorrevole. Questo ha due vantaggi. La deriva, volendo, può essere rimossa e sostituita facilmente, inoltre la si può spostare di fatto regolando la lunghezza del bracciolo e del terminale a piacimento. Per la corona vanno utilizzati pallini in numero di 4-6 in genere di tipo AA (0.8 grammi) oppure un SSG seguito da 4 AA. Stiamo parlando di un peso globale minore di 5 grammi (max 4.8 per la precisione).
Canne da straight lead legering
Sì, si può pescare a bomb fishing su lunghe distanze e con piombi anche di 50 grammi e più ma non è la regola. Su quelle distanze la pasturazione manuale diventa difficoltosa e siamo nei casi particolari. Sulla lunga distanza io preferisco pescare a feeder ed utilizzo il piombo solo quando voglio testare zone limitrofe per verificare se i pesci si sono spostati evitando di disperdere la pastura. Il legering sulla lunga distanza in assenza “totale” di pasturazione è, per quanto detto nell’introduzione, legering più nel senso generale di pesca a fondo che di disciplina specifica. Ne viene che rimanendo nell’ambito di una distanza “pasturabile” a mano o con la fionda, le canne da bomb fishing non saranno particolarmente potenti, anche perché con la canna e la lenza madre giuste non è poi così difficile raggiungere distanze medio-lunghe anche con pesi relativamente leggeri.
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Per iniziare non occorre spendere una fortuna. La Shimano Alivio CX Light Feeder da 11 ft (3,35 m) costa intorno ai 50 euro. Prodotta in carbonio XT30 con Geofibra (materiale robusto quanto la fibra di vetro ma più rigido e leggero) monta 22 anelli Shimano Hard Lite adatti anche al trecciato. Due quiver in fibra in dotazione e casting massimo di 70 gr.
Storicamente il bomb fishing veniva (e viene tuttora) praticato con canne abbastanza corte e sensibili, non di rado dotate di vette in fibra. Una pesca che privilegia dunque la precisione, leggerezza e sensibilità e che ben si distingue dalle pesche a fondo più gravose in termini di lancio e distanza. Lasciando da parte l’altro estremo, quello della pesca in acque commerciali, nelle acque dolci libere, naturali, come in mare le canne migliori sono le 11-12 ft di tipo light e medium-light. Canne che possano gestire pesi leggerissimi (es. nel caso del link leger) come anche piombi fino a qualche decina di grammi.
Straight lead legering: quando, come e perché
La differenza principale tra la pasturazione tramite feeder e quella manuale (o a fionda) è che nel primo caso per pasturare con continuità occorre anche recuperare e rilanciare l’esca con lo stesso ritmo, nel secondo la pasturazione è svincolata dal lancio. Ne viene che pescando a straight lead (bomb fishing o link leger) in giornate difficili o in caso di esche delicate (es. pane) il sistema pescante può permanere in zona per più tempo senza compromettere l’attività di pasturazione. C’è poi, sempre per la stessa ragione, la possibilità di testare zone limitrofe al centro di pasturazione senza che la pastura venga dispersa, cosa che avverrebbe se utilizzassimo un feeder al posto del piombo. Quando si affrontano acque basse poi, l’impatto di un feeder nell’acqua fa sempre un certo rumore. Immaginate di pescare a bigattini su basso fondale e a distanza di fionda: che senso ha utilizzare un feeder block-end, per quanto leggero, e lanciare in continuazione quando si può pescare a bomb fishing o link leger e pasturare a mano? Nel primo caso è come se lanciaste continuamente sassi nell’acqua, nel secondo la pastura arriverebbe in zona delicatamente senza che voi dobbiate lanciare allo stesso ritmo. E qui torniamo ad Alan Barnes ed al suo «Think float, fish link».
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Spiaggia a basso fondale nella zona umida di Mola (Elba) ai margini dell'area protetta. 
Per quanto ci si sforzi di descrivere spot e condizioni ideali per la pesca con lo straight lead il sistema migliore per capire quando, dove e perché praticare questa tecnica è rispondere a due semplici domande: mi serve davvero il feeder per pasturare? Il feeder mi porta più vantaggi che svantaggi? Vista in quest’ottica il bomb fishing ed il link legering non sono la soluzione quando non si può pescare a feeder ma è il feeder che viene messo in campo quando non si può pescare a straight lead! E badate, la differenza è meno sottile di quanto non sembri.
Testo e foto: Franco Checchi - Foto “Daiwa N´Zon Quad Bomb” by Daiwa
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elbafishingblog · 3 years
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La canna e il mulinello da legering
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Le principali tipologie di canne da legering e feeder. Quale canna scegliere, con quale mulinello abbinarla. Caratteristiche dei quiver tip.
Per quanto detto nell'introduzione alla pesca a legering ed escludendo pertanto le discipline specialistiche di pesca a fondo, la canna da legering è del tipo ad innesti, di varia lunghezza (misurata in piedi), azione, casting e dotata di un numero variabile di vette (quiver tip) a diversa sensibilità (di solito misurata in once, oz). Orientarsi può non essere semplice se non si conoscono le differenze e non si ha ben chiaro l’ambito di utilizzo. Lo scopo di questo articolo è quello di fornire un quadro generale che possa fornire un supporto alla scelta evitando, per chi si avvicina a questa disciplina, gli errori più comuni. Canna e mulinello devono poi, al di là delle specifiche, anche rispondere alle preferenze individuali o alle necessità particolari. Ne viene che il quadro inevitabilmente tende ad essere più complesso rispetto a quello mostrato, con attrezzature che sebbene qui siano indicate come ottimali per un determinato approccio vengano poi utilizzate anche in altri. Non è però il caso di rendere il discorso più noioso di quanto già non rischi di essere. Per adesso partiamo dalle basi.
Caratteristiche generali
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Nove piedi (9 ft): Sono le canne più corte (9 ft sono circa 2,74 m) in due pezzi con sezioni della stessa lunghezza. Sottili, leggerissime, studiate per la pesca a corta distanza (dai margini a massimo 25 metri) in acque ferme o con corrente molto lenta. Per lo più si tratta di canne destinate alle acque commerciali e comunque utilizzabili in spot con riva bassa. L’azione è generalmente parabolica o progressiva-parabolica. Le vette in dotazione posso avere sensibilità diverse a seconda dei modelli con un range solitamente tra 0.75 e 2 oz. Il casting non sarà mai elevato in quanto la loro funzione è quella di lanciare con precisione a corta distanza e si attesta mediamente sui max 40 grammi. Si abbinano a mulinelli di taglia 3000 e a lenze madri massimo di 8 lb.
Dieci piedi (10 ft): Leggermente più lunghe (circa 3 m) come si può immaginare non differiscono moltissimo dalle precedenti risultando un po’ più “allround” per la pesca in acque commerciali o naturali con le medesime caratteristiche viste prima. Sempre dedicate ad una pesca non gravosa, sulla medio-corta distanza (diciamo massimo 40 metri) e con un casting leggermente superiore.
Undici piedi (11ft): Con i loro 3,35 m iniziano ad essere canne meno specifiche e con un ambito di usabilità più vasto, specie per chi pesca in acque naturali. Si tratta delle classiche canne da light legering/feeder con un casting massimo intorno ai 50-60 grammi, da utilizzare per lanci non oltre i 50 m e validissime anche per la pesca marginale. I tip vanno tra 1 e 2 oz e anche queste si abbinano a mulinelli di taglia 3000 o 4000 a bobina non troppo grande con lenze madri non superiori alle 8 lb. L’azione è progressiva o progressiva-parabolica.
Dodici piedi (12 ft): In questa misura (circa 3,68 m) la scelta è molto ampia. Vi si collocano canne in tre sezioni da legering/feeder leggero e medio-leggero come canne decisamente potenti dal casting elevato. Si sceglie una dodici piedi quando si ipotizza di dover operare su distanze di lancio che possono giungere fino anche a 60-70 m. Ma non è solo questione di distanza. Una canna più lunga consente di affrontare spot con riva più alta, correnti più impegnative (modelli strong e medium-strong) e di poter gestire pesci di taglia quando sia necessario non farli avvicinare troppo presto ai margini. Il mulinello più adatto è quello di taglia 4000 che viene caricato con un filo massimo di 8 lb nel legering/feeder medio-leggero e fino a 10 lb in quello pesante. Troviamo infatti, come accennato, canne 12 ft con casting ridotto (massimo 50-70 grammi) e vette nel range 1-2 oz e canne con casting elevato (anche 150 gr) dotate di vette fino a 3-4 oz. Sono canne ad azione progressiva benché in quelle da legering medio-leggero la curva sia decisamente più morbida. Ma non potrebbe essere altrimenti.
Tredici piedi (13 ft): Siamo alla soglia dei quattro metri di lunghezza, ovviamente in tre sezioni ed un ambito di utilizzo che va dal legering medio a quello pesante. Parliamo di canne con casting da 90 grammi fino anche a 150 e talvolta di modelli con anelli maggiorati da long casting (superiore ai 70 m). L’abbinamento è con mulinelli di taglia 4000 per i modelli da casting medio e 5000 per quelli da long casting. Si tratta di canne da ambienti naturali come grandi fiumi, correnti talvolta impegnative e particolarmente adatte anche alla pesca in mare. Canne che tuttavia (modelli medium abbinati alla vetta più sensibile in dotazione) rendono molto bene anche in acque ferme sulla media distanza.
Quattordici piedi (14 ft): Con i loro 4.27 m di lunghezza sono canne in tre sezioni esclusivamente da long casting da abbinare a mulinelli di taglia 5000 con lenze madri fino a 10 lb. Le vette vanno dalle 2 alle 5 oz a seconda dei modelli e presentano anelli di maggior diametro. Il casting è elevato è l’azione progressiva. Si tratta di canne destinate ad uno specifico settore, quello del legering/feeder estremo.
I quiver tip
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Le vette sono in relazione al modello di canna ed ogni canna ha a disposizione 2-3 vette di diversa sensibilità e talvolta materiale. Le vette in carbonio sono più rigide e reattive di quelle in fibra che al contrario risultano assai più flessibili. Le vette in fibra tendono quindi a evidenziare maggiormente le mangiate benché non possano essere prodotte al di sotto di una certa misura. Ne viene che i quiver da 0.5 e 0.75 oz sono comunque in carbonio. La fibra viene utilizzata nel range 1 e 2 oz (nello stesso range esistono comunque anche in carbonio), dalle 3 oz in poi le vette sono tutte in carbonio.
0.5 oz: Le vette da mezza oncia sono molto sottili e sensibilissime. Si tratta di quiver destinati ad una pesca ultra-light, sulla corta distanza, in acqua ferma, a pesci dalla mangiata estremamente delicata.
1 oz: Sono le vette più utilizzate nel legering/feeder leggero, con piombi o pasturatori di massimo 30 grammi in acqua ferma o molto lenta. Molto sensibili ma chiaramente più resistenti delle precedenti.
2 oz: Vette da legering/feeder medio-leggero e pesca a medio-lunga distanza con buona resistenza a correnti moderate. La sensibilità è dunque leggermente ridotta ma sono ancora in grado di registrare mangiate abbastanza delicate.
3 oz: Vette da legering/feeder medio, piombi e pasturatori di peso fino a 70 grammi, sensibilità ancor più ridotta ma maggior resistenza ad incurvarsi in corrente.
4 oz, 5 oz: Vette molto rigide da corrente sostenuta e da pesca a lunga distanza. Molto poco sensibili. Sono destinate al feeder estremo.
Quale attrezzatura scegliere
Tornando ancora all'introduzione, considerando di praticare la pesca in acque naturali e in mare ed escludendo gli approcci che si collocano agli estremi (troppo particolari e specifici), le canne più utili sono quelle tra gli 11 ed i 13 piedi. I mulinelli da abbinare i 3000/4000 ed il filo da utilizzare come lenza madre massimo 8 lb  (parlando di diametri da uno 0.18 ad uno 0.22 circa). Uno 0.18 consente lanci precisi anche con pesi ridotti ed è indicato nel legering leggero da praticare con canne da 11 ft e mulinelli 3000. Uno 0.22 si imbobina sui 4000 associati a canne da 12 ft da legering medio-leggero e 13 ft da legering medio o medio-pesante. Su queste ultime si può prendere in considerazione uno shock leader dello 0.25 (raramente 0.28) in casi particolari. Per chi inizia e non prevede di avere più di una canna ma di pescare comunque in spot diversi e con approcci differenti il mio consiglio è di prendere una 12 ft da legering medio (casting massimo 90 gr) con quiver di 1, 2 e 3 once. L’abbinamento è, come già detto, con un mulinello 4000 caricato con lo 0.20-0.22.
Nylon e trecciato
Il trecciato è una sorta di novità nel legering. Ormai lo si utilizza da diversi anni ma non fa parte della storia di questa disciplina sebbene lo stia diventando. Le sue caratteristiche, principalmente la pressoché totale assenza di elasticità, lo rendono una soluzione nel campo della pesca a lunga distanza grazie ai diametri ridotti (che favoriscono i lanci lunghi) e la capacità di trasmettere rapidamente le mangiate. Nella pesca a corta e media distanza è tuttavia assolutamente da evitare in quanto non porta particolari vantaggi e, anzi, risulta svantaggioso in quanto non ha capacità ammortizzante e quindi tutto grava sull’elasticità della canna, la sola in grado di ridurre la tensione a livello terminale. Il problema può essere parzialmente risolto con l’inserimento di settori elastici in montatura o lunghi leader in nylon ma, va ripetuto, è inutile complicare il setup se non si intende pescare in long range.
Una tabella per iniziare
Se tutti questi numeri avessero creato confusione provo ad aiutarvi con una tabella che riassume un po’ quanto ci siamo detti fino ad ora prendendo in considerazione i vari aspetti.
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La tabella non può essere comprensiva di tutti gli approcci e accorgimenti, ma ci da un’idea generale. In condizioni di acqua ferma o molto lenta e in assenza di vento si punta generalmente sulla sensibilità dato che i movimenti del quiver non subiscono influenze esterne e vengono determinati esclusivamente dalle mangiate dei pesci. A seconda della distanza di pesca e del tipo di spot si sceglie quindi la canna (11, 12 o 13 ft) ed il quiver non supera le 2 oz. Quando le condizioni si fanno più impegnative (vento, corrente, distanza) è necessario optare per canne più potenti e quiver nell’intervallo 2-3 oz. Vi ricordo la nostra pagina Facebook, un punto di incontro ed uno spazio in cui è possibile confrontarsi su tutti questi argomenti. Se qualcosa non è chiaro lasciate un commento oppure inviateci un messaggio. La riposta è garantita nel più breve tempo possibile.
Testo e Foto: Franco Checchi
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elbafishingblog · 4 years
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Trattenuta all’inglese
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Pesca all’inglese ai margini in trattenuta bloccata con ovetto piombato. Attrezzatura, montatura e azione di pesca.
Primo articolo post-quarantena. Primo articolo dopo cinque mesi in cui la pesca è stata solo teorica. Si riparte da qui, dal tratto di foce e dalle sue prede più ricercate, anche se un po’ fuori stagione. «Il meglio ce lo siamo perso». La frase esce priva di labiale da dietro una mascherina chirurgica. È il primo pescatore che incontro e quasi verrebbe da abbracciarlo anche se non lo conosco. Invece ci concediamo solo due chiacchiere a distanza di sicurezza. Ci siamo persi il meglio della stagione, è vero, ma già sembra un miracolo essere sulla sponda del fiume. Come fosse la fine di una guerra. Si riparte da qui dicevo, ma con un approccio nuovo o meglio adattato. Voglio poter pescare ai margini come a distanza, in passata come in trattenuta bloccata. Non voglio perder tempo o aver problemi di vento e di corrente. C’è solo una strada da percorrere ed è quella dell’inglese.
La canna
Per queste sessioni ho scelto un classico, la Shimano Aernos Match da 15 piedi, inglese affidabile dal costo non esagerato (ad oggi l'ultima versione si trova intorno ai 100 euro o poco più) in grado di gestire anche prede di grossa taglia con terminali relativamente sottili.
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Per la pesca in trattenuta ai margini i 15 piedi servono tutti quindi sconsiglio misure minori. In queste acque channel di qualche chilo e carpe rientrano nello spettro delle prede possibili quindi la canna deve essere performante e capace di sostenere combattimenti anche impegnativi. Non adiamo, insomma, troppo sul delicato.
Il mulinello
Che se ne dica, ritengo lo Zartan un buon prodotto di casa Colmic. Ne abbiamo già parlato in passato e non passa anno che dimostri le sue qualità. Non l’ho scelto per un motivo particolare se non per il fatto che era tra quelli che non avevo ancora pulito e riposto durante la quarantena.
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Bobina sovradimensionata — come richiesto da chi pesca a waggler o a feeder — una frizione impeccabile (con guarnizione in gomma), dieci cuscinetti e antiritorno. Non gli si può chiedere di più a fronte di un prezzo veramente onesto. In bobina uno 0.18 affondante e a bassa elasticità è la scelta migliore, coprendo praticamente l’intera gamma di utilizzi, dalla pesca con bodied a lunga distanza fino a quella con straight in corrente.
La postazione
Come abbiamo avuto modo di dire, nello streetfishing peso ed ingombro sono da evitare. In questa stagione ho eliminato uno dei due tripodi e realizzato un comodissimo feeder arm con un picchetto in allumino ed un doppio morsetto che lo fissa alla gamba dell’unico tripode che porto con me.
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Come potete vedere la soluzione offre una stabilità accettabile ed un ulteriore risparmio di spazio, peso e tempo. La postazione è dunque fatta del classico sgabello pieghevole e il sistema di appoggio per la canna. Immancabile il materassino in EVA per la slamatura e il guadino con manico in carbonio e testa pieghevole.
Perché la tre pezzi?
La pesca in trattenuta è solitamente praticata con canne bolognesi talvolta, a seconda degli spot, anche molto lunghe. L’inglese potrebbe sembrare la scelta meno opportuna tuttavia, vuoi per le caratteristiche dello spot che per il fatto che una disciplina ha sempre un campo di applicazione più vasto di quel che si è portati a pensare, la resa è sovrapponibile.
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In rivista ne parleremo più nel dettaglio, qui basti dire che la tre pezzi consente sia di pescare sulla distanza — sul posto o in passata a seconda della corrente — sia in trattenuta ai margini. Quel che cambia, tra i due approcci, è il galleggiante e questo è sostituibile semplicemente sganciando una girella con moschettone. Immaginate dunque il gran numero di opportunità che abbiamo potendo pescare fino ed oltre mezzo fiume come a pochi metri dalla sponda. Se l’approccio classico, con gli wagglers, non permette una trattenuta costante o molto pronunciata, ai margini questa si può effettuare utilizzando un classico ovetto piombato. L’ovetto infatti, pur essendo un “bottom-only”, non affonda sotto trazione.
Ovetto in trattenuta
L’attacco del galleggiante è lo stesso del waggler. Si notino i tre stopper in gomma (due a valle ed uno a monte) e la girella con moschettone. A differenza del waggler l’ovetto, pur rimanendo derivato, è molto compatto e l’astina vicina alla lenza madre.
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Ciò ne determina la minor tendenza ad affondare quando trattenuto. Particolarità, rispetto ai classici galleggianti da bolognese, è che l’ovetto tende ad inclinarsi con l’antenna di segnalazione che piega nel verso della corrente. La segnalazione dunque lavora al rovescio e le mangiate tendono, oltre che a far affondare il galleggiante, a far ruotare l’antenna verso monte.
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Lo schizzo sopra semplifica un po’ quanto appena detto. La corretta inclinazione della lenza si legge dall'angolo che il filo (lenza madre) forma con la superficie dell’acqua che, di solito, si aggira intorno ai 45°. L’antenna di segnalazione con la superficie forma un angolo opposto. Se la mangiata toglie peso (tende a starare) l’antenna ruota controcorrente e l’ovetto viene a disporsi in verticale. Altrimenti affonda e la vetta della canna si piega, come pescassimo a legering.
La lenza
Dunque la lenza viene realizzata su uno 0.16 connesso alla lenza madre (0.18-0.20) con nodo di sangue o asola-asola. La piombatura consiste di quattro pallini del n.6 (0.1 gr), un pallino del n.4 (0.2 gr) ed un pallino BB (0.4 gr) equidistanti o a scalare in distanza (se c’è meno corrente e si desidera un po’ più di morbidezza nella parte bassa). Per i BB utilizzo del piombo molto morbido (quello che si stringe con le sole dita) così da poterli spostare, aggiungere e rimuovere a seconda delle necessità. Ricordo che in trattenuta è quasi sempre necessaria una certa sovrataratura e che la corrente cambia di intensità continuamente.
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Per il terminale occorre non andare troppo per il sottile, quindi la misura minima è lo 0.13 (0.128 o 0.125 sono comunque misure valide). Scendere non ha senso per vari motivi: torbidità, corrente, channel e carpe di grossa taglia, anguille e via dicendo. La lunghezza varia da 40 a 60 cm. Amo Colmic N500 nel numero 18 con uno o due bigattini.
Pasturazione
La prima operazione da fare è sondare la profondità a livello dell’amo e ragionare in piedi (1 piede equivale a circa 30 cm). Mettiamo che la profondità sia 7 piedi. Essendo la lenza in trattenuta inclinata più o meno a 45°, la distanza tra galleggiante ed amo dovrà essere maggiore, diciamo approssimativamente una volta e mezzo (circa una decina di piedi, comunque da aggiustare in corso d’opera).
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In corrente i bigattini affondano in diagonale. Non possiamo dunque pasturare sul galleggiante altrimenti l’esca si troverebbe fuori pastura. Il punto di ingresso dei bigattini va spostato quindi a monte del galleggiante. Ma quanto a monte? Questa è la domanda più assillante e la risposta richiede un po’ d’occhio e la classica serie di tentativi e relative correzioni.
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Un’idea, giusto per iniziare, possiamo farcela osservando la distanza percorsa in una decina di secondi dai bigattini lanciati in acqua. Considerando una velocità di affondamento media di un piede (circa 30 cm) ogni 10 secondi e ammettendo che la corrente sia costante (cosa che non è, ma ne parleremo meglio in rivista) le larve dovrebbero raggiungere il fondo in un punto, rispetto a quello di ingresso, pari a circa la distanza trasversale percorsa in 10 secondi moltiplicata per il numero di piedi corrispondenti alla profondità misurata a sonda. Attenzione però al fatto che la nostra lenza lavora, sempre teoricamente, a 45 gradi e ammettendo che l’angolazione rimanga costante (anche questo non è vero ma avremo modo di riparlarne) in linea d’aria l’esca si troverà più lontana rispetto al galleggiante di una distanza pari alla profondità misurata a sonda (si noti che la diagonale a 45 gradi è quella di un quadrato). Dunque se i bigattini in dieci secondi percorrono ad es. 1 metro e la profondità è di 7 piedi (circa 2 metri) le larve andrebbero lanciate 5 metri più a monte del galleggiante (7 metri meno due di profondità) Da qui si parte, certi di non averla azzeccata al primo colpo, valutando la risposta dei pesci in base alla posizione del galleggiante. Se le mangiate si registrano più in lontananza (basta fare una serie di passate interrotte da trattenute) abbiamo pasturato troppo a valle. Se invece le mangiate si registrano più vicino abbiamo pasturato troppo a monte.
La prima fase
In genere le prime ad entrare in pastura sono le ragnole più piccole. Peccano di troppa voracità ed eccessiva ingenuità, un mix poco raccomandabile. Fortuna vuole che il bravo pescatore le tratti con la massima attenzione, non dopo avergli rubato lo scatto di rito, la cui doppia finalità è immortalarne la bellezza e prendere nota dell’orario. Occorre capire sia il tempo di entrata in attività — quanto dopo l’inizio della pasturazione — nonché la relazione con vari parametri su cui non vi annoio e che ben conoscete.
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Anche il numero di mangiate e la frequenza di cattura sono importanti e, in corrente, vanno messi in relazione con la pasturazione, sia da un punto di vista spaziale che quantitativo. Lo spazio si riferisce alla distanza tra punto di ingresso della pastura in acqua (un tot a monte) e ingresso della lenza (più a valle); lo scopo è quello di trovare il giusto equilibrio, spaziale appunto, che garantisca la presentazione dell’esca laddove pastura e pesci si concentrano maggiormente. Dal punto di vista quantitativo si cercherà di regolare la pasturazione in modo tale da non eccedere (finendo in overfeeding) e, anzi, ridurla quando le mangiate si susseguono a ritmo costante con lo scopo di creare una certa competizione.
Gli esemplari di taglia maggiore
Più astuti e meno precipitosi se ne stanno un po’ in disparte lasciando il grosso della pastura alle giovanissime ragnole. Se la quantità di pastura non si riduce sono meno inclini a farsi avanti perché qualcosa certamente non gli torna e comunque i bigattini continuano ad arrivare rendendo inutile il rischio.
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Parliamo comunque di esemplari ancora giovani ma di peso superiore al mezzo chilo. Uno step successivo insomma. Voglio ricordare che di spigole molto grosse ve ne sono in queste acque ma difficilmente si lasciano ingannare con il bigattino, preferendo quantomeno un bel coreano se non (meglio) un’esca viva quale la classica alborellina, che rappresenta la principale fonte di nutrimento insieme alle piccole anguille (il cui prelievo è severamente vietato). La taglia media, pescando a bigattini, oscilla intorno ai settecento grammi con possibilità di arrivare sul chilo e qualcosa ma non oltre. 
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La cattura di questi esemplari un po’ sopra la media (pur sempre piccoli rispetto al peso massimo che una spigola può raggiungere) è funzione di tanti fattori. Non tutti sono sotto il nostro controllo e quindi dipende da noi solo in parte. Certo è che un’attenzione particolare alla pasturazione aiuta non poco in quanto, al di là degli accorgimenti su lenze e profondità di pesca, molto gira intorno alla competizione cui prima abbiamo accennato.
Alternative
Abbiamo parlato della pesca ai margini in trattenuta costante con la tre pezzi ma modificare approccio, qualora i margini non rendessero, è un gioco da ragazzi. Può capitare infatti che i pesci, per le loro ragioni, preferiscano stare un po’ più a distanza, su una linea che non consenta di agire in trattenuta. I cambiamenti da fare al setup sono sostanzialmente due: sostituire l’ovetto con un waggler e alleggerire/adeguare la piombatura. In genere basta rimuovere un po’ di peso (ricordate che i BB sono in piombo morbido) e ridistribuire i pochi pallini rimasti per poter operare una passata soddisfacente.
Testo e foto: Franco Checchi. Con il contributo di Filippo Carli.
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