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#case di campagna
megachirottera · 1 year
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Chi era responsabile della risposta fallita alla pandemia?
Qualsiasi forma di medicina che cerchi di modificare il processo di malattia sarà intrinsecamente pericolosa e, sebbene la medicina moderna sia inutilmente pericolosa, un certo numero di morti è inevitabile indipendentemente dal sistema medico utilizzato. Source: 2022, Jun 24; A Midwestern Doctor on The Forgotten Side of Medicine (more…) “”
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ilpianistasultetto · 4 days
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NO, DICO!! Ognuno di noi dovrebbe essere pronto a prendersi tirate d'orecchi da tanti, da molti sicuramente meglio di noi, piu' fattivi , più concreti, piu' preparati e piu'..piu'...piu'...Pero' dal ministro Musumeci proprio no. Con uno così, come si fa a porgere l'altra guancia quando punta il suo dito contro chi non ha speso bene i soldi a disposizione delle amministrazioni? Uno che ha regalato ai siciliani autostrade invidiose anche delle vie di campagna per quanto fanno pena. Che ha speso zero euro per ammodernare una rete ferroviaria rimasta tale dai primi anni del '900.. Uno che in 5 anni e' riuscito a dimezzare l'arrivo di acqua potabile nelle case di diverse citta' siciliane da 2 giorni a settimana ad un solo giorno. Uno che in 5 anni ha tolto anche quelle poche gocce d'acqua a disposizione delle imprese agricole di quella regione. No, dai, ministro Musumeci, da lei lezioni proprio no.. @ilpianistasultetto
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Indignatevi per i vivi.
Trent’anni senza vederli
di Fabrizio Tesseri
Facile indignarsi per i morti. Al massimo dura fino al funerale, poi tutto come prima.
Bisognerebbe indignarsi per i vivi.
Ma noi non li vediamo, i vivi. Letteralmente.
A volte non li vediamo al punto da travolgerli di notte sulle strade di campagna, scaraventandoli nelle scoline con le loro biciclette, quando va bene. Quando li vediamo è perché indossano quei gilet catarifrangenti che noi abbiamo in macchina in caso di incidente. Quando li vediamo è, appunto, un caso, un incidente.
Però non è che li abbiamo rimossi, propio non li abbiamo mai considerati.
Eppure sono decenni che sono qui, almeno tre decenni. Trent'anni fa, per esempio, alcuni singalesi e indiani, molto giovani, erano ospitati in un piccolo hotel fuori mano, trasformato da allora in una sorta di residenza per stranieri. È in campagna, ma era appiccicato ad un paio di grandi industrie, allora.
Da anni, al posto della più grande, la Goodyear, è rimasto un rudere e, con ogni probabilità, amianto e altri rifiuti sepolti sotto terra e sotto una memoria labile che ha cancellato i morti e i disoccupati.
È rimasta la fabbrica di alluminio, la sola piscina da 25 metri sul territorio e quel vecchio hotel malandato.
Beh, trent'anni fa, un misto di delinquenti e fascistelli (si lo so, è ridondante, sono sinonimi) andarono a picchiare i rifugiati in quel vecchio alberghetto. Per la verità, le presero per bene.
Ci fu tensione, venne organizzata una manifestazione di solidarietà, la polizia schierata in forze manco fosse un derby di quella che era la serie D del tempo, riuscì a picchiare chi manifestava solidarietà e il risultato fu che tutti ci distraemmo. Quasi tutti.
Alcuni da anni seguono e denunciano le condizioni dei migranti nella Pianura Pontina, su tutti Marco Omizzolo.
La maggior parte di noi però, semplicemente, non li ha mai visti.
Eppure sono tanti, lavorano nelle serre, nelle campagne, quasi tutti maschi, dormono in vecchie case o stalle, quando va bene. A decine, tutti insieme.
Qualcuno però ha fatto il salto sociale e ha aperto un negozietto oppure è stato fortunato e non solo è sopravvissuto, ma ha trovato anche un buon datore di lavoro, non un padrone, e ha messo su famiglia.
E allora vivono per lo più nei centri più o meno storici e ci sono i ragazzi nelle nostre scuole e per la quasi totalità dei nostri figli sono loro compagni, senza aggettivi o caratterizzazioni. Loro li vedono.
Noi queste famiglie, non gli altri, le vediamo solo perché vivono accanto a noi. Più colorati nei vestiti, odori diversi, magari più confusione, e in alcuni quartieri quelle donne e quegli uomini arrivati da lontano sono i soli a parlare con i "nostri" vecchi, soli dietro le persiane accostate al sole. Sono gli unici che si affacciano a vedere come mai la signora oggi non si è vista e magari sta male e ha bisogno.
Però, gli altri non li vediamo.
Ma vediamo il prodotto della loro esistenza.
Vediamo i prezzi della frutta e verdura in offerta sui banchi dei supermercati. Compriamo contenti il Sottocosto. Ammiriamo la villa e la fuoriserie dei loro Padroni.
Questi, spesso ma non sempre, hanno cognomi tronchi, che finiscono per enne, si tratta di famiglie che hanno avuto la terra nel ventennio, pezzi di famiglie del nord smembrate e portate a colonizzare la terra redenta. Coloni. Ma di cosa? Qui ci vivevano i Volsci, forse anche avanguardie di Etruschi e i Romani, di sicuro, che hanno lasciato il loro segno e la Regina Viarum. Coloni di cosa, dunque?
Gente che ha conosciuto la povertà, la fame, la guerra, la malaria, i lutti, la fatica indicibile.
Uno si aspetterebbe che se uno ha vissuto questo, mai farebbe vivere lo stesso o di peggio ad altri esseri umani e invece...ma allora, come è possibile? Perché?
Forse perché abbiamo dimenticato. Forse perché negli ultimi trent'anni abbiamo buttato nell'indifferenziato il concetto di comunità.
Abbiamo smesso di vedere l'altro ma solo quello che l'altro ha. E abbiamo voluto arricchirci o almeno illuderci di farlo. Abbiamo smesso di dare valore e iniziato a dare un prezzo, a tutto.
E quando dai un prezzo a qualsiasi cosa vuol dire che sei in competizione e la competizione porta a voler prevalere e finisce che bari pure con te stesso quando fai i solitari.
E tutti siamo contenti di comprare le zucchine a 0,99 euro al chilo e il Padrone compra un altro ettaro e abbassa la paga da 4,50 euro l'ora a 4 euro, preserva il margine di profitto, la grande distribuzione apre nuovi scintillanti ipermercati, noi oltre le zucchine compriamo i pomodori maturi, si fa per dire, a marzo.
È una magia!
Qualcosa di inspiegabile. Qualcosa di invisibile.
Tranne che ogni tanto.
Quando sotto una macchina non finisce una volpe ma un ventenne troppo stanco da scordare il gilet catarifrangente.
Tranne che ogni tanto, per un incidente sul lavoro o una rissa tra disperati.
Ma dura poco, meno della pubblicità tra il TG e i Talk Show della sera.
C'è il volantino delle offerte nella cassetta postale, sabato si fa spesa.
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missviolet1847 · 4 months
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L’ora nostra” di Umberto Saba
Sai un’ora del giorno che più bella
sia della sera? tanto
più bella e meno amata? È quella
che di poco i suoi sacri ozi precede;
l’ora che intensa è l’opera, e si vede
la gente mareggiare nelle strade;
sulle mole quadrate delle case
una luna sfumata, una che appena
discerni nell’aria serena.
È l’ora che lasciavi la campagna
per goderti la tua cara città,
dal golfo luminoso alla montagna
varia d’aspetti in sua bella unità;
l’ora che la mia vita in piena va
come un fiume al suo mare;
e il mio pensiero, il lesto camminare
della folla, gli artieri in cima all’alta
scala, il fanciullo che correndo salta
sul carro fragoroso, tutto appare
fermo nell’atto, tutto questo andare
ha una parvenza d’immobilità.
È l’ora grande, l’ora che accompagna
meglio la nostra vendemmiante età.
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Giovanni Fattori. La strada bianca
#G. Fattori
#Macchiaioli
#Umberto Saba
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palmiz · 2 years
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Nulla sarà come prima.
Tre anni fa era "solo" il lavoro, con annessi e connessi, con le difficoltà che con il passare del tempo ci hanno messo di fronte ad una situazione a dir poco di disagio o meglio ancora catastrofica….ma il fondo lo dobbiamo ancora raggiungere: in Italia la magistratura in cui tutti speravano ha detto, in buona sostanza o puntura o non mangi. E non è che le cose vadano molto diversamente in altre parti del mondo: tanto per dire, in Canada i giudici hanno detto che sia gli arresti dei manifestanti che il blocco dei conti bancari sono assolutamente legittimi.
Ora i mutui sono triplicati per non parlare di benzina alimenti e bollette, ma arriverà il salvatore, il Q o il guru di turno.
No. L'unico salvatore che ci potrà mai essere ce l'hai di fronte allo specchio.
Leva la maschera amico e amica mia.
È una semplice questione di raziocinio: pensi che ti possano salvare il culo i ricorsi in tribunale? Credi ancora che i mezzi approntati dal sistema possano volgersi in tuo favore? Credi ancora in politica e giustizia? Perché se sei ancora a questo punto, forse la questione coso19 non ti ha dato una lezione sufficiente.
Hanno inoculato i bambini, e già questo dovrebbe bastare.
Gli artefici di tutto ciò che è accaduto negli ultimi tre anni sono tutti ancora in posti di comando, con tanto di segreto militare.
Le case farmaceutiche protagoniste della campagna vaccinale stanno ancora beatamente facendo soldi a palate.
Ovunque si parla di reazioni avverse anche fatali, morti improvvise, ma tutto procede come se niente fosse.
Si mandano armi ad uno Stato con cui non abbiamo niente a che fare, ma è perché l'articolo 11 della costituzione va reinterpretato in chiave gialloblù.
Insetti.
Casa a classi energetiche.
Auto a combustione estinte,
Gli UFI…
E queste sono solo alcune piccole pennellate di un quadro esposto a Davos che definire dimmmerda è un eufemismo.
È servito comprarti l'auto euro 5 anche se la vecchia funzionava ancora benone? No. Te l'hanno bloccata comunque: se l'obsolescenza programmata non basta, te ne impedisco l'uso per legge.
Ora, credi davvero che per le case non sarà lo stesso, e che la ristrutturazione che hai già in mente ti basterà per schivare la mannaia di questi criminali? La tua ristrutturazione non basterà mai, perché sposteranno gli standard sempre più in là: lo hanno già fatto con le auto e hanno visto che il popolo bue accetta tutto, perché non farlo su qualcos'altro che per loro è infinitamente più redditizio?
Ma la vera domanda è un'altra: ancora non ti basta? Ancora non hai capito che l'unica salvezza non verrà dall'esterno, ma solo da te stesso , dal tuo cambiamento, e dall'unione di tanti uomini che si sono guardati allo specchio e hanno deciso che si sono rotti i coglioni?
Stanno continuando ad alzare l'asticella.
Forse è il caso di bloccargli la mano, e infilargli quella asticella su per il culo.
Ma non solo un pezzettino. Non un pezzo per volta.
No. Tutta insieme. Tutta in una volta con insetti, casa a classi energetiche, auto elettrica, siringa, armi e green pass.
Perché questi stanno andando spediti verso crediti al carbonio, moneta digitale a tempo e ci manca un tanto così per lo sdoganamento definitivo dell'eutanasia obbligatoria al raggiungimento di una certa età.
Possiamo ancora prendere in mano l'asticella, possiamo ancora cambiare le cose cambiando noi stessi, le nostre credenze, finendola di applaudire chi recita.
Nessun mercante fa affari senza la complicità di chi compera la sua merce.
Siamo ancora in tempo.
Nulla sarà come prima.
Ma nulla deve essere come prima, perché è proprio quel PRIMA che ci ha portato a questo.
Fabiano Mazzoni.
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canesenzafissadimora · 4 months
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Il mondo fa paura
ma in esso nuotano
in un immenso acquario
betulle volpi
torrenti di fiori
strade di campagna
e case di legno
e ancora i concerti di Brahms
e i valzer di Chopin.
Jaroslaw Iwaszkiewicz
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der-papero · 1 year
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Ciao Papero. Sono appena stata al sud in quel che era casa mia, un paese di campagna, con l'abuso edilizio di fianco alle vecchie case di tufo con il portone ad arco. I miei genitori pure sono emigrati e giù mi sono rimasti pochi parenti, al nord ho un buon lavoro e una casa. Ma non ho le montagne a circondare la vallata, non ci sono le terre con le pecore a pascolare, non c'è l'arte di arrangiarsi. Faccio l'orto e le conserve come faceva mia nonna ma non ho nessuno con cui parlarne, con cui scambiare questo sapere che si va perdendo. Sono stata definita una risorsa fondamentale nella mia azienda, mi stanno facendo proposte ma tutto quel che vorrei è tornarmene in una casa che ormai non c'è più, a vivere di ricordi, dove mi basta pochi minuti per arrivare al mare, per arrivare sotto al nostro vulcano, per arrivare forse alla serenità.
Ne stai parlando con me, cosa della quale ti ringrazio profondamente. Magari puoi considerarlo un inizio, anche infinitamente piccolo rispetto a quel vuoto che provi, e che capisco più di tante altre cose.
Tanti anni fa, una blogger che io ammiro tanto, @vesna-vulovic (la cosa diciamo "buffa" è che ho dovuto smettere di essere un imbecille per poter apprezzare quello che scriveva), quando ancora aveva il vecchio blog, scrisse una frase che non dimenticherò mai, ovvero che quello che manca della nostra casa (nel caso del suo post era l'Italia) è una idea di casa che è tutta nella nostra testa, ci manca un qualcosa che da un lato ci è stato tolto con la mancanza di scelta, e dall'altro forse non esiste più, se non in pochi pezzi di spazio e tempo, che proviamo a costruire con una vagonata di pazienza e con la forza della disperazione.
A me fa male leggerle queste parole, ma non perché non siano belle o sincere, ma perché spero sempre di essere il solo a sentirle e di non vivere con l'idea che un'altra persona possa sentirsi "straniero nella sua nuova casa", ma mi accorgo che siamo un popolo importante e silenzioso, un popolo che avrebbe potuto tranquillamente buttare merda sui luoghi da dove proviene, come fanno tanti per giustificare la loro partenza, forse anche con delle ragioni reali, ma non è di ragione che stiam parlando, e invece vive costantemente in quell'amore silenzioso, tipo quello che potresti provare per i tuoi figli, anche se sono le peggiori creature di questo pianeta, perché sono il legame più forte che hai, ma poi la vita ti mette davanti a delle scelte, e da quelle non si scappa.
A me fa male anche non poterti dare alcun consiglio o soluzione, credimi, se li avessi, egoisticamente li userei per me. Non saprei cosa consigliarti sul tuo lavoro, se accettare o meno tutto quello che l'azienda meritatamente ti offre, o mandare tutto al diavolo e tornare alla tua vera casa. Se non lo facessi non mi azzarderei minimamente a puntare il dito o a rinfacciarti qualche numero da busta paga, giusto per motivare la mia miopia.
Posso solo inviarti un abbraccio fortissimo, per il resto so già che farai ciò che è giusto per te.
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gregor-samsung · 9 months
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" Mi sono sempre considerato un uomo di sinistra, e quindi ho sempre dato al termine «sinistra» una connotazione positiva, anche ora che è sempre più avversata, e al termine «destra» una connotazione negativa, pur essendo oggi ampiamente rivalutata. La ragione fondamentale per cui in alcune epoche della mia vita ho avuto qualche interesse per la politica o, con altre parole, ho sentito, se non il dovere, parola troppo ambiziosa, l’esigenza di occuparmi di politica e qualche volta, se pure più raramente, di svolgere attività politica, è sempre stato il disagio di fronte allo spettacolo delle enormi diseguaglianze, tanto sproporzionate quanto ingiustificate, tra ricchi e poveri, tra chi sta in alto e chi sta in basso nella scala sociale, tra chi possiede potere, vale a dire capacità di determinare il comportamento altrui, sia nella sfera economica sia in quella politica e ideologica, e chi non ne ha. Diseguaglianze particolarmente visibili e – a poco a poco irrobustendosi la coscienza morale col passare degli anni e il tragico evolversi degli eventi – sempre più consapevolmente vissute da chi, come me, era nato ed era stato educato in una famiglia borghese, dove le differenze di classe erano ancora molto marcate. Queste differenze erano particolarmente evidenti durante le lunghe vacanze in campagna dove noi venuti dalla città giocavamo coi figli di contadini. Tra noi, a dire il vero, c’era affettivamente un perfetto affiatamento e le differenze di classe erano assolutamente irrilevanti, ma non poteva sfuggirci il contrasto tra le nostre case e le loro, i nostri cibi e i loro, i nostri vestiti e i loro (d’estate andavano scalzi). Ogni anno, tornando in vacanza, apprendevamo che uno dei nostri compagni di giochi era morto durante l’inverno di tubercolosi. Non ricordo, invece, una sola morte per malattia tra i miei compagni di scuola di città. "
Norberto Bobbio, Destra e sinistra. Ragioni e significati di una distinzione politica; Prima edizione: 1994. [ Libro elettronico ]
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scorcidipoesia · 8 months
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Il mondo fa paura, ma in esso nuotano
- in un immenso acquario -betulle, volpi, torrenti di fiori, strade di campagna e case di legno e, ancora, i concerti di Brahms
e i valzer di Chopin. Jarosław Iwaszkiewicz
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dettaglihomedecor · 1 year
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Tenuta di Forci in Toscana: 11 casali da sogno in vendita da Knight Frank
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Tenuta di Forci si trova in Toscana, a nord-ovest del centro storico di Lucca e nella zona di Pieve Santo Stefano, da sempre la collina più ambita della zona, sia per la sua natura incontaminata che per i panorami mozzafiato che si estendono fino al Mar Ligure. La proprietà, che dista solo 8 km dal centro storico di Lucca, si trova infatti in una posizione strategica, a 35 km dalla costa della Versilia, conosciuta sia per città d'arte e cultura come Pietrasanta che località balneari come Forte dei Marmi. Dista inoltre solo 40 km dall'aeroporto internazionale di Pisa e 80 km da Firenze. Il cuore pulsante della tenuta è Villa di Forci: costruita nel XIV secolo, fu inizialmente concepita come residenza di caccia dalla famiglia Buonvisi. Un secolo dopo fu ampliata dalla famiglia in una splendida azienda agricola. Negli anni successivi, la villa e il territorio circostante raggiunsero gradualmente l'apice del loro splendore con l'aggiunta della magnifica loggia dell'architetto Vincenzo Civitali. La tenuta è composta da circa 360 ettari di terreno con boschi, vigneti, alberi da frutto, orti e vasti uliveti, un anfiteatro naturale privilegiato e ricercato, che combina perfettamente la sensazione di aperta campagna, dove sembra che tempo si sia fermato, con l'accessibilità a tutti i servizi locali e alle attività culturali.
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I casali in vendita da Knight Frank
All'interno della tenuta sono in vendita undici casali, ognuno di metrature diverse e con caratteristiche individuali, con diversi ettari di terreno agricolo. Segalato, Sorgente e Palazzina Tra questi, Segalato, un'ex casa di caccia, e Sorgente la vicina fattoria.  Segalato si caratterizzerà per l’ampia zona giorno con cucina, cinque camere doppie e otto bagni per un totale di 650 mq di superficie.  Sorgente, una volta ristrutturato, comprenderà una zona giorno, una cucina, quattro camere doppie e cinque bagni per un totale di 560 mq di superficie. Gli edifici sono circondati da circa 4 ettari di terreno con piscina e ampie viste panoramiche. Vi è inoltre Palazzina, un'unica cascina storica circondata da circa 1 ettaro di terreno con piscina. Una volta ristrutturata, la superficie di 380 mq sarà composta da una zona giorno, una cucina, quattro camere matrimoniali e cinque bagni.
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La Villa di Forci e il nuovo santuario Villa di Forci è invece il cuore della tenuta, circondata da una fattoria, da un'ampia corte con ulteriori edifici e da due frazioni sulla sommità occidentale, dove verranno sviluppati alloggi che verranno messi in affitto o utilizzati per ritiri spirituali. La fattoria comprenderà un ristorante, un negozio di prodotti agricoli, uno spazio artistico, una cappella per concerti e cerimonie speciali e altro ancora. È prevista inoltre la costruzione di un santuario della salute olistico, programmato per rispondere ai principi e alle pratiche rigenerative della terra, seguendo la filosofia della trasformazione, della guarigione della mente e del corpo, della nutrizione sana e della nuova coscienza - dal "suolo alla cellula". Le attività saranno ospitate all'interno di alcuni edifici agricoli storici riutilizzati e di cascine ristrutturate vicino alla Villa.
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Il progetto di ristrutturazione dei casali La ristrutturazione dei casali avverrà secondo un progetto specifico con requisiti di eco-sostenibilità.  Noti studi di architettura locali, in collaborazione con lo studio londinese Michaelis Boyd, si occuperanno del progetto. Un team di professionisti della Tenuta di Forci guiderà i nuovi proprietari attraverso l'intero processo di ristrutturazione. Gli acquirenti avranno la possibilità di personalizzare l'immobile, rispettando i requisiti delle autorità locali e il concetto di sostenibilità. Le maestranze si concentreranno sul riutilizzo e sull'uso di materiali naturali, ove possibile di provenienza locale. I progetti terranno conto del percorso del sole e della luce naturale in un’ottica di risparmio energetico.
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Storia della tenuta agricola
Per secoli la Tenuta di Forci è stata fortemente caratterizzata dalla sua componente agricola. Gli attuali proprietari, la famiglia Van Ogtrop,  stanno ulteriormente sviluppando la tenuta con vigneti biodinamici, oliveti biologici, progettazione di permacultura e agricoltura rigenerativa. Il tutto per il desiderio di creare e mantenere un ecosistema autosufficiente con la minore interferenza umana possibile. Il vino e l'olio d'oliva sono i pilastri dell'azienda agricola e l'obiettivo principale è quello di arricchire il terreno per ottenere il massimo risultato da tutte le attività agricole. Gli oltre 4.000 ulivi distribuiti nella proprietà produrranno olio d'oliva e olive biologiche di altissima qualità. I 7 ettari di vigneti saranno lentamente implementati e trattati da una talentuosa squadra di viticoltori ed enologi secondo i principi e le pratiche della viticoltura biodinamica, iniziando con la produzione artigianale di vino rosso e introducendo in futuro vini bianchi. La filosofia alla base del progetto è quella di dare nuova vita alla tenuta agricola attraverso concetti di sostenibilità ed economia circolare, temi chiave molto sentiti dai proprietari, coinvolti personalmente nel progetto su più livelli generazionali. Per saperne di più: www.knightfrank.com   Read the full article
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anchesetuttinoino · 2 months
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💉 Maddalena Loy
Emendamento Borghi su obbligo vaccini: seduta rimandata a stamattina. Indicativo che contro la proposta si schieri la Fimp (fed. pediatri), sovvenzionata per 307.917 € nel 2019 da Pfizer, Angelini e Glaxo, 466k € nel 2020 e altri 652k nel 2021 (anno di campagna vaccinale bimbi).
Il pres. Fimp D'Avino è lo stesso che in pandemia, ancora nel 2022, disse: "Per far aumentare le vaccinazioni anticovid dei bambini occorrerà che aumentino i casi, ovvero che si inneschi un po' di paura nei genitori". E' questo, insomma, il metodo che furoreggia nella comunità scientifica: il terrore.
⬆️ Tutto e tutti vengono pagati da Big Pharma... Leggerissimo conflitto di interessi. La sanità e la ricerca devono tornare ad essere finanziati dallo Stato per evitare queste bustarelle. Perché questo sono. Io ti faccio una "donazione", in cambio tu spingi i miei prodotti
Perché di business si tratta. Qui di medico o di sanitario NON C'È NIENTE!
Ma soprattutto, se fosse vero che i loro "vaccini" funzionassero, non ci sarebbe bisogno di imporre nessun obbligo! Perché la gente correrebbe per farseli fare
Se obblighi qualcuno a fare qualcosa, il sospetto che sia nocivo ti viene... No? Se poi quel calcosa te lo spacciano come "GRATUITO" allora il sospetto diventa CERTEZZA...
Ma al netto di queste considerazioni, "il corpo è mio e decido io" vale solo se devi fare la transizione di genere? Li allora nessuno può e deve mettere becco! Se invece dici "no ai vaccini" allora sei un pericolo e lo Stato può disporre del tuo corpo?
Doppi standard ovunque, anche nella sanità che di sanità ormai non ha più niente
Tutte le case farmaceutiche sono di proprietà di fondi di investimento. E il loro unico scopo è fare soldi, soldi, soldi...
Tu sei un cliente, non un paziente e più sei malato e per più tempo sei malato e più loro GUADAGNANO...
PUNTO...
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chouncazzodicasino · 4 months
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Ciao Cho. Faresti il pavimento uguale in tutta la casa? Se si come?
Mmmm, madonna mo scrivo un papiro.
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Dipende da tante cose. Di base non ho preferenze, né sulla tipologia di pavimento né sul fatto che sia continuo o interrotto, perché dipende tantissimo dalla casa, da dove sta, se ha il giardino, se ha una base "antica" o è una nuova costruzione. Deve essere un pavimento che sta bene con la casa, il suo intorno e che ha un senso per essere utilizzato lì.
A me piace il parquet, vero, magari non troppo biondo, un po' rossiccio ma poco, vario non troppo omogeneo, a spina con doghe non troppo grandi. Ma ha senso in un appartamento di un certo stile. Il parquet (vero), per me, non ha molto senso se hai una casa con giardino e quindi il continuo fuori dentro rischia di diventare una schiavitù per i graffi, a meno che non sia un parquet (vero) con il giusto essere consumato dal tempo. Il parquet finto non mi piace, è un vorrei ma non posso che non comprendo, ma quello è gusto mio, di sicuro in molte case sta bene. Mi piace il cotto, ma per la campagna, che senso ha in appartamento? Non so. Mi piacciono alcuni pavimenti effetto cemento, infatti me lo sono messo a casa. Se trovi le giuste variazioni su mattonella credo sia molto bello. Ed è pratico. Mi piacciono i pavimenti vecchi con graniglie grandi e tante sfumature di colore, quelli che adesso nessuno si sognerebbe di mettere, a me piacciono. Quelli che fanno tanto casa anni '70 romana. Mi piacciono i pavimenti antichi, nelle case antiche. Mi piace tutto se ben collocato. Non mi piacciono i pavimenti molto chiari, soprattutto i parquet sbiancati o sul grigio. Ecco, trovo sia davvero difficile trovare una casa che sta bene con quel pavimento. Che sia continuo o no, non mi fa differenza, perché ad esempio nei bagni e nella cucina mi interessa di più che sia un pavimento funzionale. Non deve diventare una schiavitù il "mi è caduta una goccia d'acqua" e cose così.
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luigidelia · 1 month
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ABBI CURA DELLE STELLE Ho smesso di essere ragazzo a Torre Guaceto, in Puglia, e nelle campagne intorno. Allora non sapevo che insieme a me stava crescendo qualcosa che aveva a che fare con le storie. Era una stagione libera di conversazioni con gente della terra, di passeggiate notturne tra i filari di pomodori. Li raccoglievamo al buio strada facendo per andare a cucinarli con le orecchiette a casa di Juan, un direttore d’orchestra che aveva trovato rifugio da quelle parti. Ci guidava Tonino che ha un alimentari di campagna dove ci passa il mondo. Crescevamo con i suoi ricordi di Berlino e le massime del suo libro dell’ I Ching. Avevamo grandi pene d’amore. Lui ci faceva sentire uomini navigati. Tutto era odore, salsedine e racconti.
Succedeva poi che qualcuno ci chiamava di fretta per fare una serata e accompagnare il cibo con le storie e io scrivevo di getto, poi rileggevo a Pinuccio, uno dei custodi del luogo, lui aggiungeva nomi, luoghi, soprannomi, ricordi. Rideva tanto anche lui. Passavamo pomeriggi interi sulla panca di pietra dietro al forno della sua casa bianca. La panca che dava sui campi. In quel periodo, senza saperlo, del raccontare ne stavo imparando anche il mestiere. Senza nessuna scuola se non quello che mi accadeva lì. Fuori da lì era tutto così inadeguato per me. Le prime orticarie per i pensieri, per i soldi, per la paura di non farcela ora che c’erano le figlie le ho avute lì. Il giorno che quasi prendevo un pugno in faccia ho camminato per un giorno intero senza fermarmi da Serranova, giù per gli ulivi fino ad Apani e poi lungo il mare, la torre, la spiaggia di Penna Grossa. Ricordo che una settimana dopo cominciammo a organizzare spettacoli nelle case dei contadini lì intorno. Quei primi spettacoli organizzati nelle case della gente che si prendeva così tanta cura degli oggetti, delle pareti di calce, dell’accoglienza erano un elogio della cura per me. Erano una cura per me. Abbi cura delle stelle, immaginavo che mi avesse detto mio nonno. Luigi è nato sotto le canne della palude, diceva Gianfranco. Non ricordo più chi mi ha raccontato tutto. Tutti i particolari. Il racconto di ‘ngiulina è misterioso anche a me. Il limite di questo mondo era la casa di Titina e Lino. Ricordo quando Lino mi faceva il movimento della scolopendra per farmi vedere come ballavano quelli che venivano pizzicati nella palude. Ho avuto molti doni. Sono pieno di gratitudine. Quando Titina e Lino sono volati via per altri mondi avevo già lasciato tutto questo. Una sera organizzammo uno spettacolo davanti all’alimentari di Tonino. Era di passaggio Antonio Catalano quei giorni. Un caro amico e artista. Dopo lo spettacolo ci regalò una canzone delle sue. Io lasciai il palco e andai a sedermi tra il pubblico. Lui cominciò a cantare. Io guardavo tutto quello che avevo intorno. Tutti i volti, gli alberi di quel giardino, i muri, la gente, i colleghi, le persone care, guardavo piano tutti. Arrivò una nostalgia. Era come se li guardassi dal futuro, da quella Memoria del futuro di cui parla Luis Ansa. Lì guardavo da quel giorno che ero già andato via. Lo realizzai in quel momento che stavo per andare via. Questi cinque racconti di fine estate, per me, arrivano da quel momento. Luigi D’Elia Bari, 20 ottobre 2020 ---- Luigi D’Elia voce narrante Stefano Delvecchio fisarmonica bitonica Davide Castiglia violino Giampiero Cignani clarinetto Simonetta Dellomonaco regia
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sayitaliano · 1 year
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A vs IN [prepositions part 2]
PART ONE
Generally speaking, with names of cities, you need to use “A”: Vado a Roma (=I go to Rome; moving towards/to a place); Sono a Roma (=I am in Rome; presence in a palce). When you want to talk about movement as in coming from a city, use the preposition “DA”: Vengo da Roma (=I come from Rome). With the noun “città”, use the preposition “IN”. Sono in città (=I am in the city); Vado in città (=I go to the city). To express movement like coming from the city, use the preposizione articolata “DALLA”: Vengo dalla (da + la) città (=I come from the city). In case you want to add the aggettivo possessivo, you need to add the article as well (generally in Italian the aggettivo possessivo needs the articolo determinativo, except for family members as “mio padre/mia madre/mio zio...”). So basically, you need to use the preposizione articolata again (articolo + preposizione): Sono nella (in=ne + la) mia città (=I am in my city); Vado nella (in=ne + la) mia città (=I go to my city); Vengo dalla (da + la) mia città (=I come from my city). If you need to talk about coming back (=tornare) to your or a general city, the rules are the same: Torno nella (in=ne + la) mia città (=I come back to my city). Torno in città. (=I come back to the city)
-> To be honest, even if you don’t add the aggettivo possessivo, unless you’re in a different place, it’s kinda obvious that you’re moving to a specific city: let’s suppose you’re in the countryside around a city or even close to the city center but not in the city center of this city yet, and you say “Vado in città”: it means you’re going to that city center.
Summing up: when talking about being in a place (stato in luogo complement) and/or moving towards/to a place (moto a luogo complement), use “a + name of a city” OR “in + città”. When talking about coming from a place (moto da luogo complement), use da.
-- To express the MOTO A LUOGO (moving to a place) complement, there are actually 3 ways: 1) IN/NEL/NELLA: vado IN città, vado IN campagna, vado IN montagna (beware of the exception: vado AL mare), vado IN farmacia (vado NELLA farmacia all’angolo: preposizione articolata is used for more specific places) 2) A/AL/ALLA: vado A Roma, vado A casa, vado A casa di Marco, vado A casa della nonna, vado AL bar, vado AL ristorante, vado AL supermercato 3) DA/DAL/DALLA (generally used when a place involves people more directly/you associate place and people there): vado DAL barbiere, vado DALLA nonna, vado DA Luca, vado DAL macellaio
All these situations and exceptions (can be found more approfonditely in part 1 or ofc send an ask) must be learned by heart (or at least, you need to listen and practice a lot of Italian).
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lunamagicablu · 2 months
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Il mondo fa paura, ma in esso nuotano, come in un immenso acquario, betulle, volpi, torrenti di fiori, strade di campagna e case di legno e ancora i concerti di Brahms e i valzer di Chopin. (Jarosław Iwaszkiewicz) art by Mundo de Arin ************************ The world is scary, but in it swim, as in a huge aquarium, birches, foxes, streams of flowers, country roads and wooden houses and also Brahms concerts and Chopin waltzes. (Jarosław Iwaszkiewicz) art by Mundo de Arin 
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a-tarassia · 1 year
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11 giungo 2011
I nomi degli artisti che si sono esibiti al gay pride di Milano non me li ricordo. È una grossa differenza con l’ultimo gay pride a cui sono stata nel lontano 2011, anno in cui io stavo per compierne 30 e decisi di andare da sola a percorrermi l’ultimo tratto perché volevo, anche, sentire Lady Gaga al circo massimo. Sì perché nel 2011 vivevo a Roma e adesso, 2023, vivo a Milano, o quasi.
L’11 giugno del 2011 abbiamo festeggiato i 30 anni del mio migliore amico in campagna dai suoi, a Rieti. Bellissimo posto, bellissima cascina, bellissima compagnia. Eravamo già abbastanza grandi da essere ognuno in un posto diverso del mondo, infatti Nando era tornato da Grenoble, Manu dalla Svizzera, Tommaso da Berlino, Riccardo da Cambridge e io stavo per andare via, dopo 13 anni di vita, dalla città che mi aveva cresciuto. Il 2011, io ero già alla terza o quarta vita, avevo già vecchi amici che non avrei più rivisto, avevo cambiato già 15 case, due continenti, diversi paesi e stavo per compiere 30 anni, non ero felice. L’11 giugno del 2011 non avevo una casa in cui tornare a dormire, ero una vagabonda, tre anni di convivenza finiti, lavoro precario, sottopagato e frustrante, una vita sessuale randagia, poligamica e insoddisfacente. Finita la festa me ne sono andata al pride, volevo sentire Lady Gaga, presentava il suo secondo album e mi sa che cantò The edge of Glory? Possibile, ho questo ricordo, il circo massimo era stracolmo e i carri del sound erano quelli dei centri sociali e delle organizzazioni non profit sul territorio, qualche partito esponente dei diritti umani. Io ero da sola e fu un momento catartico. Quella sera, me ne andai dal circo massimo e mi chiamò Nando che era in giro, ci trovammo a Monti a bere birra, ad un certo punto ci raggiunsero anche Riccardo e Tommaso e Daria e ce ne siamo andati in giro a bere birra dei bangla e sederci sui gradini per il rione, una calda sera quasi estiva a Roma ho deciso di mollare tutto a andarmene da quella città soffocante e decadente, lontana e diversa da quella che mi aveva accolto. Quella notte restammo con Nando ad aspettare il bus con cui tornava a casa e poi a Grenoble, non l’ho più rivisto, se non in video call. Adesso vive negli USA. Riccardo era andato via poco prima. L’ho rivisto al concerto di Manuchao, qui a Monza, qualche anno fa. È tornato a Roma adesso. Tommaso, Daria ed io passammo la notte insieme, a casa di Daria, in tre nello stesso letto. La mattina prestissimo (poche ore dopo esser tornati) prima di partire per Berlino, lui ci diede un bacio sulla guancia ad entrambe, con delicatezza per non svegliarci e se ne andò in silenzio. Lo ricordo ancora adesso. Lui non è più a Berlino, fino prima della guerra credo fosse in Russia, adeso non saprei. Non l‘ho più rivisto. Io avrei lasciato Roma da lì a poco.
Sabato scorso sono stata al gay pride di Milano, dodici anni dopo.
Sono andata con i mio compagno, una coppia di amici e il loro bambino. Non avevo un goccio di alcol in corpo e nemmeno della droga leggera. Pulita. Ero comunque vestita da zoccola.
I carri col sound non erano più quelli dei centri sociali e delle organizzazioni, ma c’erano quelli degli sponsor, senza i quali oggi la parata sarebbe impossibile, c’era quello della CocaCola, che ai miei tempi si boicottava perché ammazza(va) i sindacalisti in Colombia, c’erano le banche e le corporation.
È anche perché, a scopo di marketing, queste realtà si espongono che la comunità LGBTQI+ ha una voce con una cassa di risonanza, come dice un mio amico.
È anche perché il mercato si è accorto di “loro” che le cose sono cambiate e stanno cambiando in meglio per “loro”, anche, non solo.
Mi da fastidio vedere il carro della CocaCola? All’inizio ero perplessa, ma poi ho pensato che ognuno ha le proprie lotte da vincere, avremo sempre delle lotte da vincere, perderemo dei pezzi, non sapremo a volte quando un saluto è stato effettivamente l’ultimo saluto, cambieremo pelle e chissà se la vita dei sindacalisti ammazzati non sia valsa un passo in più nella lotta, io non posso sapere tutto, non voglio sapere tutto.
Ogni processo tende a complicarsi, se il flusso porta miglioramento allora credere nel flusso.
Devo per forza credere nel flusso.
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