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#craxy: xx
kpopmultifan · 2 years
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CRAXY has released the 1st set of concept images for their upcoming 4th mini-album “XX” which features the title track “Nugudom” & which is scheduled to be released on March 23rd.  
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gregor-samsung · 4 months
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" L'Unità dell' 11 giugno 1984, il giorno in cui il segretario del Pci sarebbe morto, ma non era ancora morto, aveva un titolo a grandi caratteri: Ti vogliamo bene Enrico. E poco sotto, c'era un editoriale firmato da Natalia Ginzburg, intitolato: L'uomo che conosciamo, in cui la Ginzburg dice che milioni di persone si chiedono se rimarrà in vita, se tornerà a casa, oppure no; però l'articolo comincia con il tempo presente e all'improvviso vira al tempo imperfetto. Per poi spiegare: «Se ho parlato di lui all'imperfetto, è perché penso che sulla scena politica italiana Berlinguer non potrà più essere presente». La Ginzburg sa che in ogni caso non potrà tornare quello di prima, ma Berlinguer morirà proprio in quelle ore, quando i lettori hanno appena letto L'uomo che conosciamo, che cerca di spiegare chi era quell'uomo che non ci sarà più.
«Da quando Berlinguer lotta con la morte in una stanza d'ospedale a Padova, milioni di persone in Italia pensano a lui con speranza e lagrime, non come si pensa a un personaggio politico o pubblico ma come si pensa a un essere che fa parte della nostra vita privata, un familiare o un amico la cui perdita sarebbe incolmabile». L'impatto emotivo della Ginzburg, nella sua scrittura semplice, diretta, è molto forte. Il linguaggio è quello di uno scrittore, lì dove il giornale e la politica usano di solito parole diverse. Ma le parole della Ginzburg sono precise perché spostano il discorso sul rapporto privato che le persone sentono di avere con Enrico Berlinguer; l'uomo pubblico per eccellenza, in quegli anni - in quei giorni, soprattutto - viene visto come un familiare che stiamo perdendo. In pratica, la Ginzburg, unendo sentimento privato e pubblico, svela che Berlinguer rappresentava già qualcosa al di là del Pci, qualcosa di più dell'appartenenza diretta. Rappresentava già quell'uomo di Stato che molti temevano diventasse, e che Moro aveva voluto tenere a bada per ragioni di opportunità, verso i democristiani e verso gli Stati Uniti. E invece Berlinguer sarebbe arrivato al cuore anche di chi non rappresentava. Cioè, al cuore di tutti. La Ginzburg spiega in anticipo e in poche parole la ragione di quell'abbraccio della gente, dei pianti e delle file per rendere omaggio. E in più spiega finalmente chi sono tutti. «A porsi queste domande incessanti non sono soltanto persone del suo partito, o di idee affini alle sue, ma sono persone varie, le quali hanno buttato via di colpo ogni concezione e idea politica, scoprendo che alla figura di Berlinguer avevano dato sempre un'ammirazione e un affetto di cui finora non si erano accorte». Se ha ragione Natalia Ginzburg, dentro quelle parole c'è la spiegazione del perché la natura di Berlinguer si esprimeva con il compromesso storico e non con l'alternativa democratica. Tutti vuol dire il Paese, e non soltanto il popolo comunista. "
Francesco Piccolo, Il desiderio di essere come tutti, Einaudi (collana Super ET), 2017; pp. 246-247.
[1ª edizione nel 2013 nella collana Supercoralli]
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flopsmp3 · 1 year
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soulmateszedits · 1 year
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Craxy ; XX ᓚᘏᗢ
✧ Era || Suggestion: anonymous
✧ Nako
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craxy-fan-network · 2 years
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[032123] Instagram
craxy_official:
CRAXY (크랙시) "NUGUDOM" Performance Preview
2023. 03. 23 12:00pm (KST)
#CRAXY #NUGUDOM #TEASER #XX
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stilouniverse · 1 year
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Gianni Bonini "Paesaggi mediterranei. Dove la geografia provoca la storia", Edizioni Samizdat, presentazione
Prefazione di Stefania Craxi To be men not destroyers, l’invito finale dei Cantos chiude icasticamente il XX secolo. Noi non possiamo non farlo nostro e, se è vero che la geografia provoca la storia, tornare ad immergerci nel Mediterraneo, il crocevia liquido che ha sedimentato la nostra civiltà e tornare a studiare i classici proprio quando la cibernetica sembra renderli obsoleti insieme alle…
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transrightsjimin · 1 year
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CRAXY (크랙시) "XX" Mixtape "Cypher (Position)" M/V
HOWWW ARE THERE NO POSTS TO BE FOUND ON THIS MV??? HELLO?????
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granddreamer · 2 years
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lifextime · 2 years
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Craxy discography  - KPOP - ( Until 15/10/2022 )
Albums
[2022.12.xx] CRAXY Universe ( no release )
Mini-Albums
[2020.03.03] My Universe
[2022.02.24] Dance with God
[2022.08.16] Who Am I
Digital Singles
[2020.02.16] Naui Uju 
[2021.10.07] ZERO (제로)
Sub Unit (2018-2019)
Girls Wish (3 singles)
Link : OFF-LINE
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kpopmultifan · 2 years
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CRAXY has released the MV for the mixtape “Cypher” for their upcoming 4th mini-album “XX” which features the title track “Nugudom” & which is scheduled to be released on March 23rd.
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gregor-samsung · 5 months
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«La famiglia desidera che sia pienamente rispettata dalle autorità di Stato e di partito la precisa volontà di Aldo Moro. Ciò vuol dire: nessuna manifestazione pubblica o cerimonia o discorso, nessun lutto nazionale né funerali di Stato o medaglia alla memoria. La famiglia si chiude nel silenzio e chiede silenzio. Sulla vita e sulla morte di Aldo Moro giudicherà la Storia».
Comunicato della famiglia Moro del 9 maggio 1978.
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flopsmp3 · 1 year
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soulmateszarchive · 2 years
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Craxy - Masterlist
— Era
   · Zero 2 (February 24, 2022)
#1
   · Who Am I (August 16, 2022)
#1
#2
#Requeim
   · XX (March 23, 2023)
#1
— Simple
#1 (Poison Rose Behind)
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craxy-fan-network · 1 year
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CRAXY (크랙시) "XX" Mixtape "Cypher (Position)" M/V
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giancarlonicoli · 4 years
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23 set 2020 19:49
È MORTO IL DOTTOR FRANZ. ERA UN AGENTE SEGRETO, CHE DA PRAGA MANDÒ UN CABLOGRAMMA: ''MORO È IN VIA GRADOLI''. MA QUALCUNO NASCOSE QUEL MESSAGGIO IN UN CASSETTO - IL RACCONTO DI MARCO GREGORETTI LO INCONTRÒ: ''I SERVIZI ITALIANI MI INGAGGIARONO PER PEDINARE I BRIGATISTI CHE SI ANDAVANO AD ADDESTRARE IN CECOSLOVACCHIA. LI HO VISTI CON I LORO ISTRUTTORI, TUTTI AGENTI DEL KGB E CON I TERRORISTI DELLA RAF, DELL’ETA, E QUELLI LIBICI. GLI EX KGB NEL FRATTEMPO SONO DIVENTATI MILIARDARI DELLA MAFIA RUSSA, CHE FINANZIANO E FORNISCONO ARMI AI TERRORISTI OCCIDENTALI''
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Marco Gregoretti per il suo sito, www.marcogregoretti.it
Stanno per iniziare i lavori della Commissione Moro. Questo mio articolo del 2001/2002 racconta l’incontro con l’agente del Sid a Praga. Lo chiamavano dottor Franz e tutti credevano che fosse un dentista MG
Prologo. Cabras, terra di bottarga di muggine e di spiagge colorate, di boschi impenetrabili a picco sul mare e di cuniculi sotterranei scavati dai Fenici. È la Sardegna dell’oristanese: bella e poco turistica. Un sabato di settembre la sala del museo civico si popola di uomini con facce particolari, segnate dall’esperienza, circospette in ogni minima postura. Nascoste da Ray-Ban neri. Molti di questi, sebbene arrivino da diverse parti d’Italia, in passato si sono già incontrati. Si salutano con battute strane, chiamandosi per sigla. Efisio Trincas, il sindaco di Cabras, sta presentando alcuni scrittori locali. Quando pronuncia il titolo “Ultima missione”, l’autore, Antonino Arconte, e la sigla G-71, quelle facce di agenti segreti, di ex agenti segreti, di uomini del controspionaggio italiano, si contraggono come per trattenere un: «G-71, sei tutti noi!». ”Ultima missione” è il libro di memorie dell’agente segreto scovato due anni fa da GQ.
Più di 600 pagine sconvolgenti, con documenti inediti: da Gheddafi a Moro, da Bourghiba a Craxi, da Andreotti a Cossiga, racconta tutte le missioni segrete che lui (soldato della Marina militare, comsubin, gladiatore del super Sid) e altri militari in incognito hanno fatto in giro per il mondo per conto del governo italiano. G71 il suo libro se l’è scritto da solo, si è fatto da solo il progetto grafico, copertina compresa, e l’ha messo on line. Migliaia di copie vendute con il semplice tam-tam. Ammiratori in ogni continente, davvero. Posta elettronica intasata. E uno Stato, quello italiano, che lo perseguita e l’ha “cancellato” perché sa troppo e non vuole stare zitto. Ma questa è un’altra storia…
«Quello è del Sismi…»
Mescolato tra i tanti colleghi ed ex colleghi, vicino al buffet offerto dal comune di Cabras, c’è uno che ha l’aria di essere, oltre G71, il pezzo da novanta. Lo capisci da come tutti “gli spioni” si rivolgono a lui. È sicuramente sardo, ma può sembrare arabo o, perfino, non è uno scherzo, tedesco. Parla il dialetto sardo, si esprime in arabo, conosce un tedesco perfetto, il cecoslovacco, l’inglese, il francese e lo spagnolo. Per gli Stati Uniti è laureato in medicina e fa il dentista. Per l’Italia no: è un abusivo. I modi e il look non sono appariscenti, ma si percepisce il carisma. Avvicinarlo, pur essendo in una sala piccola, è difficile. Capita sempre qualcosa sul più bello: uno che lo chiama, un altro che “involontariamente” lo urta e il bicchiere cade per terra, il cellulare che squilla, ma nessuno risponde.
È lui, poi, che risolve la situazione: «So che le interessa sapere qualcosa sulle nuove Brigate rosse. Che poi sono le vecchie: non è cambiato nulla». Sussurra: «Sono Franz. Il dottor Franz. Per i servizi segreti di mezzo mondo questo nome di battaglia vuol dire qualcosa. Ma qui c’è troppa gente, non mi fido. Ci vediamo domani ad Alghero». Ma chi è il dottor Franz?
«Un bravo dentista», dice lui. Ci vuole proprio una gitarella ad Alghero. Seduti intorno al tavolo della cucina, nell’appartamento di un amico che non c’è, Franz sembra più tranquillo. L’inizio del racconto è assai umano: «Sono entrato nei servizi segreti italiani per amore. Per amore di una donna dell’Est». Fino a quel momento Franz era un mozzo che lavorava sulle navi e guadagnava molto bene per i primi anni Settanta: un milione e mezzo al mese. «D’altronde dovevo mantenere una famiglia numerosa (mamma, due fratelli e tre sorelle), che dopo la morte di mio padre non aveva alcun sostegno».
«Ho visto Franceschini in Cecoslovacchia»
Girando per il mondo conosce la figlia di un colonnello della Stasi, che vive in Cecoslovacchia. «Appena rientravo da un viaggio in nave, la raggiungevo al suo Paese. Così ho imparato la sua lingua e soprattutto a muovermi con grande disinvoltura in uno Stato così vicino, ma anche così lontano». Nel 1974 la proposta indecente. «Ero in via Colli della Farnesina, a Roma. Stavo bevendo qualcosa al bar vicino all’ambasciata. Mi avvicinano due tizi che non conoscevo. Che, invece, di me sapevano tutto. Uno era Antonio La Bruna, incaricato dal Sid di ingaggiare personale civile. Non sapevo che fosse la Gladio. Mi chiedono se voglio collaborare. Se voglio entrare nei servizi segreti. “Ci pensi un paio di mesi”, mi dice La Bruna con garbo, “poi mi chiami a questo numero”».
Franz è un freddo. Passionale, ma freddo. Gli offrivano un milione al mese fisso per fare quella che lui riteneva una vacanza: vivere nel Paese della sua donna. «Dopo due mesi ho accettato. La Bruna mi ha convocato a Roma, in via XX settembre, presso l’ufficio decimo. E mi ha affidato i compiti: pedinare i terroristi che dall’Italia andavano in Cecoslovacchia per addestrarsi. L’ho fatto per cinque anni. Anche dopo il rapimento Moro. Ogni volta La Bruna mi chiamava da un telefono pubblico. Mi convocava. Mi segnalava tipo di macchina, targa e luogo di partenza… Neanche mia madre sapeva nulla».
Per esempio. Il furgoncino targato… parte da Padova alle ore… «Io mi mettevo dietro. Lo seguivo, fino a Linz, alla frontiera austriaca con la Cecoslovacchia. Avevo notizia di chi proseguiva il pedinamento dopo di me, per non rischiare di perdere i terroristi al posto di blocco. Oppure li prendevo io a Ceske Budejovice, la prima città in Cecoslovacchia e gli stavo addosso fino a Brno. I campi di addestramento erano a Carlovi Vari, oppure vicino a Brno, a Litomerice, a ovest di Praga. Ufficialmente erano delle terme. Già, perché magari, dopo qualche rapina fatta in Italia, dovevano riposarsi un po’…».
Una bomba! Francesco Cossiga ha appena detto, a proposito delle Brigate rosse, che non esiste alcuna connessione internazionale, che sono un fenomeno soltanto italiano. Ipotesi confermata anche dalle dichiarazioni di Mario Moretti e di Paolo Persichetti, l’ex Br recentemente estradato dalla Francia. Dottor Franz, ma lei è certo di quel che dice?
«Io li ho pedinati e fotografati. Anche dopo il rapimento e l’uccisione dell’onorevole Aldo Moro. So da chi compravano le armi e l’esplosivo. Li ho visti entrare nei ristoranti popolari, mangiare senape e würstel. Li ho visti che si beccavano qualche cameriera. Non solo per copertura. Li ho visti parlare con i loro addestratori, tutti agenti del Kgb e con i terroristi della Raf, dell’Eta, e quelli libici. Noi seguivamo i loro. La polizia ceka seguiva noi. Come mai? Direi a Cossiga che ho lavorato per il mio Paese in condizioni difficili: pedinare in Cecoslovacchia un terrorista che ha la copertura del Kgb è quantomeno arduo. Non parlo a vanvera: il materiale scritto e fotografico io l’ho regolarmente spedito in Italia o consegnato ad agenti italiani. Uno, Tano Giacomina, è morto in uno strano incidente. Due mesi fa mi ha cercato Franco Ionta (il magistrato che indaga sul delitto Moro, ndr). Ho parlato con un maresciallo dei Ros, il reparto operativo speciale dei Carabinieri. Ma non è successo nulla».
Incredibile: sono documenti che provano l’esistenza di un collegamento tra colonne delle Br e servizi segreti stranieri. E nessuno fa niente. Nomi? «Niet». Franz, dai. «Guardi che è pericoloso. Perché io ho pedinato e seguito gente che non è mai stata arrestata…». Qualcuno di quelli arrestati può dircelo? «Per esempio Alberto Franceschini. L’ho seguito e l’ho segnalato. Quindi non è vero, come è stato detto, che lui arrivava dalla Germania dell’Est. Lui arrivava da Praga. L’ho visto recentemente, in tv. Com’è cambiato: sembra un professore».
Franz a Praga prende una casa in affitto da un dissidente: tra i suoi compiti c’era anche quello di aiutare gli oppositori o i perseguitati dal regime a scappare in Occidente. Per farlo rischia la vita. «Un giorno La Bruna mi dice: scusa, ma perché non metti su a casa tua uno studio dentistico come attività di copertura? Avevo molti pazienti. Anche la mia donna. Che essendo figlia di un generale della Stasi, mi dava un sacco di notizie… Per tutti diventai il dottor Franz. In realtà ero il responsabile della base di Gladio in Cecoslovacchia. La parola d’ordine era: ho male al dente numero…».
«Ieri si chiamava kgb, oggi Mafia russa»
Questo pezzo di racconto è da shock. Sono le 11 di mattina e Franz si è già fumato mezzo pacchetto di sigarette. Nella sua mente investigativa si susseguono i pensieri. Spegne l’undicesima cicca. E dice secco: «È da un mese e mezzo che hanno ricominciato a minacciarmi. A farmi certi discorsetti via e-mail. Fanno così, “loro”. Poi, bum-bum. E tu sei morto. Come è successo a quei due, D’Antona e Biagi. E Landi, quella specie di hacker che aveva scoperto troppo. Suicidato, ma va’… Io i miei figli voglio vederli crescere in diretta. E non dall’alto dei cieli. Non voglio fare una brutta fine ed essere consolato da un ministro che si dimette. Ora mi sono rotto».
Dietro la facciata aggressiva, strafottente e ironica, adesso si legge tanta paura. «Guardi, io lo so per certo: sia D’Antona che Biagi avevano ricevuto un sacco di minacce. Tutti e due stavano indagando sulla provenienza degli attacchi minatori. Avevano scoperto i mittenti. Sapevano chi sono i terroristi e chi li protegge. Ma sono stati fatti fuori». Franz racconta un fatto davvero inquietante che riguarda il presunto strano suicidio (giovedì 4 aprile 2002) del tecnico informatico Michele Landi. «Poco prima di morire aveva mandato un’e-mail a un mio amico che era nei servizi con me. C’era scritto che aveva scoperto la provenienza delle rivendicazioni dell’omicidio Biagi. Arrivavano dal computer di un ministero».
Ecco perché ha paura il dottor Franz: lui sa tutto quello che sapevano le tre persone uccise. E forse anche molto di più. Sa per esempio nomi e cognomi. Conosce le connessioni internazionali. Su un fatto il nostro uomo è certo: «Dietro ci sono sempre gli stessi. Ieri si chiamava Kgb. Oggi si chiama mafia russa. Il terrorismo non può vivere senza una potenza alle spalle. E il disfacimento dell’Urss ha fatto sì che fosse messo in vendita l’arsenale di una superpotenza» .
“Loro” sarebbero ex agenti del Kgb, che nel frattempo sono diventati miliardari della mafia russa, che partecipano al gioco mondiale della destabilizzazione finanziando e fornendo armi ai terroristi occidentali. «Che agiscono insieme ai terroristi islamici: niente è cambiato. Ho visto documenti esplosivi che lo dimostrano. Come quello che riguarda il mitico Sciacallo. Non ci sono nuove Br, nuova Eta, nuova Ira. Ci sono Br, Eta e Ira. Usano le armi di ieri e l’esplosivo di ieri: i kalashnikov e il Semtex, fabbricato, guarda caso, in Cecoslovacchia. L’unica differenza è che hanno stretto un patto d’acciaio tra loro». Tanta paura? «Sì, ma anche lei deve averne: le ho parlato di fatti che non ho voluto dire neanche ai Ros».
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iltrombadore · 5 years
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Il cuore antico del Socialismo
Il superamento dei contrasti tra l’uomo e la macchina, l’individuo e la società, l’accumulazione moderna della ricchezza e la sua equa distribuzione, la potenza della tecnologia e la crescente emancipazione umana con il lavoro e dal lavoro: sono solo alcuni degli impegnativi argomenti che arricchiscono il saggio-ricerca di Roberto Giuliano nel momento in cui si è accinto a verificare cosa può evocare, nel senso comune e nella opinione diffusa, la parola ‘socialismo’ considerata al netto dei grandi e traumatici rivolgimenti che hanno segnato nel bene e nel male la storia del XX secolo. 
Con interesse particolare l’autore si è volutamente concentrato sulla esperienza italiana del secondo dopoguerra dove la guerra fredda (il conflitto tra mondo occidentale democratico e mondo orientale comunista) ha finito col frantumare la ‘galassia socialista’ in una varietà conflittuale di intenzioni, sigle di partito, opzioni di governo e contese di potere che sembrano avere definitivamente consumato una grande idea nata alla fine dell’800 con il movimento dei lavoratori in nome dei valori della solidarietà e della emancipazione umana. Dopo il fallimento del regime comunista instaurato nell’ URSS in nome del ‘socialismo reale’, e con la fine dei regimi di ‘democrazia popolare’ nell’ Europa dell’ Est, la parola ‘socialismo’ sembra diventata impredicabile come una lingua morta e tanto più non viene considerata come svolgimento politico dell’economia e della società. E’ inoltre tanto più deprecabile constatare il fatto che nella sinistra italiana, egemonizzata per mezzo secolo dal partito comunista più forte dell’ Occidente (il PCI), quasi nessuno ammetta di riconoscersi, sia pure alla lontana, o voglia identificarsi con obiettivi ed ideali della tradizione socialista. E’ accaduto così che chi predicava il ‘fine rivoluzionario’ del comunismo contro la pratica della ‘socialdemocrazia’ oggi accede disinvolto ad una versione ‘neutrale’ della funzione politica senza nemmeno affrontare, con una drastica revisione del proprio passato, i problemi sempre aperti di una visione di governo socialista e democratica. Di fronte a questo fenomeno di occhiuto trasformismo, tipico di un mondo politico frastornato e versipelle, non si può restare indifferenti. Socialista autonomista da sempre, seguace di Bettino Craxi e del suo socialismo liberale, Roberto Giuliano non è uomo da mandar giù simili costumi. Ed ha provato coraggiosamente a rilanciare le sue idee col riproporre i migliori ‘valori del socialismo’ come ottimale condizione dell’ agire presente, antidoto efficace ai pericoli di spersonalizzazione, impoverimento umano e isolamento nichilista impliciti nell’ accrescimento dei poteri sovranazionali cui tende l’ordinamento economico su scala planetaria. Nelle sue pagine si apprezzano in linea di consonanza morale e ideale gli scritti e i pensieri di Eduard Bernstein (il socialismo come ‘movimento’, non come fine in sé) di Rodolfo Mondolfo (la versione ‘umanistica’ e revisionista del marxismo), di Filippo Turati, di Giacomo Matteotti, di Carlo e Nello Rosselli, di Pietro Nenni e perfino di Antonio Gramsci: che Roberto Giuliano ricomprende nell’ orizzonte culturale di una ‘tradizione italiana’ volta alla emancipazione delle masse lavoratrici secondo una prospettiva distinta dalla versione comunista-autoritaria della ‘dittatura di partito’. E’ un giudizio fin troppo generoso che privilegia e si concentra soprattutto sul valore del Gramsci dei ‘Quaderni dal carcere’. Ma è il contrassegno di una visione aperta e non di parte, tantomeno faziosa, che privilegia ‘tutto ciò che ci unisce contro tutto ciò che ci divide’, quando affronta il tema non eludibile di come si possa predicare oggi in Italia con efficacia ‘quella parolaccia chiamata socialismo’. Roberto Giuliano ha sapientemente interrogato il network, effettuando una campionatura tra i suoi amici di facebook per verificare quali reazioni e sentimenti potesse suscitare l’argomento. “Mi sono reso conto -ha osservato- che se avessi chiesto loro cosa intendessero per ‘amore’ avrei avuto la stessa confusione evocativa….Il socialismo come l’amore è la definizione più complessa da dare, ma è anche vero che il socialismo è amore verso l’altro…’ . Così Giuliano richiama una formulazione quasi originaria, dove elemento laico e religioso quasi coincidono nel mettere al centro la solidarietà, il benessere, la coesione sociale e i diritti della persona umana: e il ‘socialismo’ si ripresenta come premessa indispensabile e fondativi del vivere associato, criterio morale discriminante la ricerca di pacifiche coesistenze tra diversi, punto di arrivo e fusione dei principi liberali con quelli di una democrazia sociale allargata. E’ quella che egli chiama, con ironia e ottimismo, la ‘via allegra al socialismo’: che riassume, nel suo modo di presentarsi, la forma di una politica democratica restìa alle riduzioni economiciste, alle prevaricazioni di potere, alle ideologie della violenza, alle scorciatoie prevaricanti del giustizialismo, e a tutto ciò che si oppone nella teoria e nella pratica al processo di universale emancipazione umana. Richiamandosi alla lezione di Bettino Craxi, alla sua opera di difesa della tradizione socialista e repubblicana italiana (Garibaldi e Mazzini furono, con Nenni, i suoi principali maestri), Roberto Giuliano non ha inteso condensare nelle sue pagine una storia del PSI né tantomeno del ‘socialismo’ in tutte le sue forme e varianti (che pure egli tratta con sintetica efficacia) . Rivolgendosi prima di tutto ai giovani e alle generazioni che sono entrate nella politica del terzo millennio, l’ autore si è voluto impegnare a passare il testimone con una sottolineatura di limpida continuità: il messaggio e le ragioni del socialismo non sono una parola vuota (e tantomeno una ‘parolaccia’) perché non sono riducibili alle versioni storiche di un ideologismo dogmatico e deformante che è ormai dietro le nostre spalle. La vocazione socialista e liberale contenuta nella proposta della ‘via allegra’ ha invece un cuore antico che non muore, elemento motore nella psicologia degli uomini d’oggi come viatico indispensabile per una democrazia che operi su basi planetarie per il progresso e la unificazione umana. E’ la proposta per tenere aperto lo spazio politico ‘per una forza genuinamente liberal socialista, autonomista e riformista’, che in Italia fatica a decollare, dopo un ventennio di confusione e trasformismo con la nota crisi di identità delle forze di sinistra. A queste ultime si rivolge in particolare Giuliano col suo scritto fortemente pervaso di ottimismo e sincera passione militante: proprio quello ‘ottimismo della volontà’, di cui parlava Antonio Gramsci, che nei momenti difficili deve sempre sorreggere, accompagnare e incoraggiare il ‘pessimismo dell’intelligenza’. Duccio Trombadori
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