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#cronache ospedaliere
occhidibimbo · 2 years
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Psico.it: approfondire le questioni psicologiche legate all’infanzia Come sappiamo, il mestiere di genitore è forse il mestiere più difficile, che non può essere insegnato e che probabilmente nessuno di noi riesce a svolgere senza commettere almeno qualche errore. Comprendere ed essere consapevoli che come genitori abbiamo sempre tanto da imparare è spesso difficile da accettare e spesso potrebbe esserci utile informarci e tenere in considerazione i consigli che gli esperti nel settore possono darci. Consigli che, oltre a poterci chiarire le idee su molte questioni e dubbi, possono anche offrirci buoni spunti per riflettere su alcuni comportamenti che mettiamo in atto con i nostri figli ritenendoli “giusti” ed educativi quando invece potrebbero esser loro causa di disagio non soltanto nell’immediato, ma anche durante la loro crescita e in età adulta. In questo senso, Occhidibimbo ritiene molto interessanti i tanti approfondimenti proposti dal sito psico.it, il portale di psicologia, psicoterapia e benessere che vede in redazione un team di esperti sempre pronto ad affrontare moltissimi argomenti anche relativi alla psicologia e alla psicoterapia nell’infanzia, nonché argomenti di attualità legati al benessere psicofisico e a temi che possono aiutarci a vivere in salute e con più serenità la nostra vita e la nostra quotidianità. Sempre in considerazione al difficile mestiere di genitore, è infatti importante potersi confrontare con specialisti del settore e poter ricevere consigli e informazioni su come affrontare nel modo più efficace possibile le tante questioni legate al nostro ruolo genitoriale. I maltrattamenti nell’infanzia e le ESI – Esperienze Sfavorevoli Infantili La nostra cultura attuale ci ha portato a riconsiderare e valutare alcuni sistemi educativi che sono stati perpetuati nel tempo senza valutarne gli effetti negativi. Tra questi, le punizioni fisiche, che benché ormai si sia appurato non risultino essere utili per educare i propri figli, da recenti studi sono state anzi identificate come portatrici di molte e negative conseguenze anche nell’età adulta. Se fino a pochi decenni fa, infatti, sembrava del tutto “normale” per un genitore ricorrere alle punizioni fisiche per educare a certe regole i propri figli, oggi è risaputo che agire in questo modo non soltanto non porta all’effetto desiderato ma anzi crea nel bambino disagi che possono tradursi in ostacoli al suo sviluppo sia emotivo che intellettuale e che possono esser causa di molti disturbi in età adulta. Benché questo sia ormai un assunto di cui non si dovrebbero più avere dubbi, purtroppo a tutt’oggi i casi di bambini che vengono “educati” con maltrattamenti fisici fra le mura domestiche continuano a persistere. Con molta probabilità, anzi, i maltrattamenti fisici in famiglia che coinvolgono i bambini sono molti più frequenti di quelli che, più eclatanti e violenti, emergono dalle cronache. In Italia i dati più recenti, relativi alla sesta edizione del Dossier della campagna Indifesa di Terre des Hommes, riportano risultati allarmanti: il numero delle vittime minori di abuso di mezzi di correzione o disciplina, ovvero percosse, sfociate nella necessità di cure ospedaliere o in una denuncia, sono infatti aumentate notevolmente da un anno all’altro, con un incremento soprattutto per quanto riguarda le bambine. Secondo gli attuali studi, il maltrattamento in età infantile da parte dei genitori rappresenta un terreno fertile per conseguenze negative che il bambino maltrattato, una volta adulto, continuerà a portarsi dietro e che anzi possono favorire comportamenti, stili di vita e reazioni che potrebbero rendere la sua vita da adulto problematica e poco felice. Le ripercussioni negative dei maltrattamenti hanno un riscontro immediato sulla vita emotiva del bambino, il quale vivrà situazioni di disagio, con conflitti sempre più accentuati, sentimenti crescenti di rabbia, paura, sfiducia negli adulti e frustrazione, nonché perdita
di autostima, senso di colpa e tendenza e rispondere ai problemi riproducendo gli stessi comportamenti di violenza subiti. Le ricerche hanno confermato una relazione significativa tra maltrattamento infantile e depressione, disturbi d’ansia, disturbi alimentari, disfunzioni sessuali, disturbi dissociativi, disturbi della personalità, disturbi post-traumatici e abuso di sostanze stupefacenti. Recentemente vari studi scientifici hanno evidenziato il problema e portato a far rientrare i maltrattamenti fisici nella classificazione delle cosiddette ESI - Esperienze Sfavorevoli Infantili, espressione con la quale vengono attualmente raggruppati nello stesso insieme bambini abusati sessualmente e bambini vittime di qualsiasi altro tipo di violenza, fisica, psicologica ed anche causata da trascuratezza. Gli studi hanno infatti accertato che uomini e donne che hanno subito violenza durante l’infanzia, da adulti risultano avere simili storie di vita e vari tratti in comune e risultano essere potenzialmente esposti alle medesime conseguenze post-traumatiche, tanto che nell’ultima edizione del DSM tale tematica è stata inserita tra i disturbi da stress post-traumatico. Argomento, questo, che ultimamente ha interessato molti studi di psicologia, con interventi di specialisti nel settore, tra i quali in Italia spicca la dr.ssa Marinella Malacrea, neuropsichiatra infantile e psicoterapeuta della famiglia, attualmente responsabile diagnosi e terapia del Centro Tiama – Tutela Infanzia e Adolescenza Maltrattata di Milano. La dr.ssa Malacrea si interessa all’argomento da diversi anni ed ha pubblicato diversi suoi studi, tra i quali, con Alessandro Vassalli, Segreti di famiglia (Cortina 1990) e, con Silvia Lorenzini, Bambini abusati, Linee guida nel dibattito internazionale (Cortina 2002). Il tema delle Esi – Esperienze Sfavorevoli Infantili è stato anche affrontato presentando al pubblico a partire dal 2015 lo spettacolo La Donna Gufo, ideato dalla scrittrice Alessandra Buschi, con la collaborazione di Sibilla Montanari, portando in scena l’esperienza dell’autrice in quanto vittima di maltrattamenti fisici durante l’infanzia.
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infosannio · 1 year
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Gli ospedali top e i peggiori: vi diciamo quali sono e perché. Ecco le pagelle mai rese note
(di Milena Gabanelli e Simona Ravizza – corriere.it) – Le aziende ospedaliere, come tutte le aziende, funzionano bene o male a seconda di come sono gestite. Con una differenza però: le prime gestiscono la salute e gli errori di gestione non sono ammessi. Le cronache ci raccontano di solito i casi eccezionali del tipo: «Molinette, salvata bambina di 5 anni con un trapianto di fegato collegato…
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spettriedemoni · 2 years
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Cosa detesto degli ospedali
Detesto i pavimenti in linoleum.
Detesto le porte che si aprono con la fotocellula elettrica pure se sei a oltre un metro.
Detesto le lamentele dei pazienti e non poter fare nulla per alleviare il loro dolore.
Detesto le attese, le lunghissime attese prima e dopo le visite.
Detesto le barelle.
Detesto i controsoffitti in cartongesso.
Detesto i neon.
Detesto dover venire in ospedale per i miei cari.
Gli infermieri no, non li detesto. Non detesto neppure i medici, a ben vedere.
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giancarlonicoli · 4 years
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11 mag 2020 20:26
“LA NOTTE DEL PAZIENTE UNO HO SBAGLIATO ANCHE IO” – SELVAGGIA INTERVISTA MASSIMO GALLI: “LA GISMONDO MI STA FACENDO OGNI GENERE DI GUERRA IN OSPEDALE, MA NON DA OGGI. QUANDO SI È ALLA RICERCA DI UNA MEDIATICITÀ A TUTTI I COSTI... ANCHE LA CAPUA DI SCIOCCHEZZE NE HA DETTE TANTE” – “IL VIRUS IN ITALIA A DICEMBRE? È UNA FESSERIA COLOSSALE. NON STA DIVENTANDO PIÙ BUONO, SONO CAMBIATE LE NOSTRE CAPACITÀ”...
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Selvaggia Lucarelli per www.tpi.it
Intervistare Massimo Galli è un’impresa affascinante. I suoi incastri sono un’acrobazia temporale che ha del miracoloso: parla con il suo interlocutore e nel frattempo si sentono telefoni che squillano, persone che entrano nel suo ufficio annunciando novità o “Mi scusi, possiamo continuare tra un’ora che ho un impegno in ospedale?”.
Alla fine, però, Galli si concede con generosità e piglio da “barricadero”, come amerà definirsi durante la chiacchierata, premettendo con ironia che una volta in un articolo ho scritto che porta cravatte a pallini, ma “quelle le porta il Cavaliere, sono indignato!”.
Quante interviste fa al giorno?
Oggi un disastro. Io solitamente sto nel mio studio bunker e macino lavoro di vario tipo, sia chiaro, ma oggi sono già a 7/8 interviste.
Riesce a fare altro?
In questi mesi ho pubblicato 8 lavori scientifici e i lavori scientifici che escono dal mio gruppo non vengono svolti senza che io me ne occupi, non è mia abitudine apporre la firma e basta.
Sta lavorando sull’indagine epidemiologica in Lombardia?
Sì, sono uscito dal mio campo diretto dando anche qualche spallata, ma ero e sono molto arrabbiato per quel che riguarda la mancata diagnostica. La gente è a casa che chiede, non sa, telefona anche direttamente a noi perché vuole aiuto, vuole sapere quali siano le sue condizioni e non capisce cosa fare. Magari ha avuto indicazioni della serie: stai a casa e aspetta, ve bene così. Poi questa gente uscirà per andare a lavorare e possiamo solo affidarci a Santa Mascherina.
Mascherina che non tutti mettono.
Non è mai stato fatto un esperimento analogo nel mondo. È la prima volta che si tenta di arginare un’epidemia dicendo: esci con la mascherina e osserva il distanziamento. Io le dico che non esiste un lavoro scientifico che provi l’efficacia certa di questa strada.
Siamo pionieri.
Stiamo mandando fuori di casa un’intera popolazione senza mai aver sperimentato se queste regole funzionano. I comportamenti individuali saranno dunque fondamentali, ma basta che qualcuno sia incosciente per far saltare la catena di protezione.
Torniamo all’indagine epidemiologica, il cui precedente illustre è quella di Vo’ con Crisanti.
In Veneto sono partiti subito e quasi quasi mi sento di dire “beati loro”. Sarebbe piaciuto moltissimo anche a me avere la possibilità di fare uno studio di questo genere. Loro arriveranno a pubblicare, ad avere informazioni molto prima di quanto riuscirò a fare io. Il kick off per l’indagine a Castiglione D’Adda parte lunedì prossimo. Devo raccogliere tutto il materiale che mi serve con le forze di cui posso disporre, non è semplice.
Cosa fate a Castiglione D’Adda?
Faremo una rilevazione sull’intera popolazione, su base volontaria, partendo col test rapido e selezionando quelli positivi. Poi, a meno che non abbiano una storia documentata di infezione, i positivi al test faranno un tampone.
Lo farete solo a Castiglione D’Adda?
No, lo faremo anche a Carpiano, un paese a sud di Milano. Poi a Vanzaghello, Suisio nella bergamasca e Borghetto Lodigiano. Mi scusi un attimo…dimmi Gabriele!
Che succede?
Ah ecco, che bello. Hanno appena approvato i 4 comuni. È ufficiale. A questo punto, se avremo i soldi per farlo, continueremo con queste ricerche anche in altri comuni. Dico “se” perché deve sapere che i tamponi mi tocca farli fuori dalla regione Lombardia.
La Regione non ve li supporta?
Assolutamente no.
È una ricerca autofinanziata?
Ci sono donazioni di privati che ci finanziano per fare ricerca.
Anche a Vo’, nella seconda fase della ricerca, c’è l’autofinanziamento.
Sì, ma l’atteggiamento nei confronti di chi conduce la ricerca lì direi che è abbastanza diverso. Lei avrà intuito che tra me e la Lega non c’è alcun tipo di relazione nella mia storia personale.
D’accordo, ma in questa fase forse bisognerebbe pensare a un bene superiore, che è la salute dei cittadini.
Io li trovo un po’ sciocchi, ad essere onesto. Lei si rende conto che il sindaco Beppe Sala deve andare a Grenoble, in Francia, per fare i test sui conducenti dell’Atm? Il problema è il funzionariato, ma non mi faccia dire altro, che qui faccio il barricadero.
Un po’ lo è.
Mettiamola così: se non fossi stato: a) un universitario b) uno con qualche titolo, mi avrebbero fatto fuori nella maniera più certa ed assoluta. Non sarei mai arrivato alla mia posizione, non me l’avrebbero mai permesso.
È per questo che lei è fuori da ogni task force?
Diciamo che l’infettivologo di riferimento della prima task force è un’ ottima persona ma molto periferica e poco ingombrante.
Con quale criterio avete selezionato i comuni in cui condurrete l’indagine epidemiologica?
Dislocazione in punti diversi rispetto a Milano e tutti più o meno con lo stesso numero di abitanti. Vedremo quanto si è diffuso il virus in zone con lo stesso campione di popolazione.
Cosa insegna Vo’?
La differenza tra circoscrivere un’epidemia e attendere che i malati arrivino negli ospedali a frotte.
Ma alla fine perché in Lombardia si son fatti così pochi tamponi lei l’ha capito?
Mi creda, ancora oggi faccio fatica. Suppongo che, presa una strada, ci sia stato una specie di rifiuto di accettare l’errore e di assumere un’altra posizione. La gente è a casa arrabbiata, qualcuno dovrebbe rendersene conto e, a meno che non ci sia un rifiuto a priori di occuparsi di questa cosa, il tempo per recuperare l’impasse c’è. Sembrano intestarditi in un palese errore.
Oppure meno tamponi vuol dire far finta che il contagio sia meno diffuso e si salva la faccia.
Questo implicherebbe una dietrologia troppo raffinata, troppo colta, abbia pazienza.
Si parla di vari ceppi del virus: uno diffuso al nord e uno al sud, più debole.
Non c’è alcuna evidenza che si sia diffuso a livello epidemico alcun virus diverso da quello della Germania. Il virus è arrivato da lì, alla fine di gennaio.
Però dicono che i malati siano meno gravi adesso.
Perché stiamo vedendo la coda dell’epidemia. E anche perché molti di quelli che si sono infettati in condizioni di grande fragilità sono già passati nei nostri reparti e sono anche spesso morti.
Chi sono i morti di oggi?
Nelle Rsa continua a esserci una strage. Poi ci sono quelli che dopo una lunga battaglia non ce l’hanno fatta.
Avete dati certi sui morti di questi giorni?
No, perché i dati non mi arrivano dalla Regione, ma da chi me li manda tra gli assessori per iniziativa personale. Non ricevo nulla ufficialmente.
A Report si gettava una luce sospetta sui tanti casi di polmonite registrati a dicembre e inizio gennaio in alcuni ospedali del Nord. Si è detto “i segnali c’erano tutti”.
Questa è una fesseria colossale. Lei ha visto cosa ha combinato questo virus quando è entrato negli ospedali? Ce ne siamo accorti e in tre settimane i casi erano decine di migliaia. Se fosse entrato a dicembre nei pronto soccorso o nei reparti, in pochi giorni saremmo stati invasi nelle strutture ospedaliere e fuori.
Al Sacco si sperimenta la plasmaterapia?
No. È stata una sperimentazione organizzata da alcuni medici che non ci hanno direttamente coinvolto. Il collega di Pavia è molto bravo, spero che funzioni ma finché non vedo i risultati definitivi non mi espongo.
Voi al Sacco a che punto siete con le terapie?
Sono mesi che andiamo alla “spera in Dio”, talvolta anche lasciando perdere i principi cardine di una medicina basata sulle evidenze. Abbiamo tentato di tutto e di più anche sulla base di razionali davvero flebili, tanto è vero che abbiamo provato a usare il Lopinavir ritonavir ma è acclarato che non fa nulla, poi l’idrossiclorochina ma i dati sono sempre più desolanti.
L’uso dei farmaci come il famoso Tocilizumab dà buoni risultati, in determinati pazienti è utile a far superare la fase peggiore. Attenzione, però, perché agisce su un sistema immunitario spesso già malridotto e in alcuni di questi pazienti ha effetti collaterali imponenti, soprattutto un possibile danno da infezioni intercorrenti. Rischiano di non morire di Covid ma di altro. E questo è il motivo per cui, non so se lo ricorda, ma una sera mi sono lasciato un po’ andare in tv con un collega.
Parla di Ascierto?
Perché ero molto irritato con lui? Perché questa terapia non può essere spacciata come il toccasana che va bene per tutti e salva le persone. Se lo si dà in maniera indiscriminata provoca più guai che vantaggi. Ascierto aveva trattato la bellezza di due casi e già tirava conclusioni, altri medici attraverso contatti continui da vari ospedali in Lombardia e non solo, si consultavano tutte le sere condividendo le perplessità oltre che i possibili successi di questa terapia.
E quindi si è arrabbiato.
Di Ascierto mi aveva preoccupato il fatto che una questione che merita un approccio di grande delicatezza, sia diventata un’occasione di presentazione quasi autoreferenziale con troppe certezze sulla base di evidenze fornite da due casi.
E questo cosa ha provocato?
Che poi i parenti dei pazienti ci richiedevano questa terapia certi del successo.
Ne è stata fatta una questione Nord contro Sud.
L’Italia è questa. Non si può assumere una posizione di dissenso senza che si scambi per una guerra tra campanili. È un peccato perché di rado qualcuno del nord si lamenta di essere maltrattato da colleghi del sud. Ci sono dei motivi che hanno a che fare con una suscettibilità e sensibilità particolare, ma questo del nord contro sud è un elemento confondente ed è un peccato.
Quindi non c’è una terapia buona per tutti ad oggi?
No.
Come si esce da queste terapie?
La malattia ha tre fasi diverse: quella in cui invade, quella in cui risponde il sistema immunitario e se risponde bene è fregato il virus, se risponde male può essere fregata la persona. Poi la terza fase in cui avviene la distruzione del polmone e la compromissione di altri organi e degli endoteli, spesso una fase senza ritorno. Quelli che se la sono cavata e sono sopravvissuti alla fase peggiore, spesso hanno una compromissione a livello polmonare temo non reversibile. Rischiano insufficienze respiratorie che andranno avanti per anni. Stiamo mettendo in piedi ambulatori post Covid perché dovremo prolungare la cura anche dopo “la guarigione”.
A parte con Ascierto, lei non battibecca molto mediaticamente con i colleghi.
No, guardi, forse l’altra volta è stata quando in una radio mi chiesero cosa ne pensassi della storia legata a “è una semplice influenza”.
Parla della Gismondo?
Anche. Lì mi è scappato di dire che avrebbero tutti dovuto ritirarsi in un dignitoso riserbo.
E la Gismondo non le ha detto niente?
Mi sta facendo ogni genere di guerra in ospedale. Ma non da oggi.
Come mai non andate d’accordo?
È una donna con cui non va d’accordo quasi nessuno.
Ma perché?
Andiamo avanti. Sono il suo direttore di dipartimento, ufficialmente il suo superiore diretto in università, per fortuna ancora per pochi mesi perché il mio mandato scade.
La sua uscita quindi non l’ha stupita?
Mi stupisce sempre invece. Quando si è alla ricerca di una mediaticità a tutti i costi, alcune persone hanno fatto sparate che pensavano potessero caratterizzarle. E parlo anche di persone con notevole pedigree che stanno all’estero. Ilaria Capua, per dire, di sciocchezze ne ha dette tantissime.
Le hanno dette anche molti uomini.
Donne, uomini, non fa differenza. Qualche mio collega infettivologo che un virus non l’ha mai visto neanche col cannocchiale di sciocchezze ne ha dette più di una. Il partito dei riduttivisti che per motivi sconcertanti di “mediaticità” ha contribuito a dequalificare la categoria degli esperti, ha creato un problema.
È mediatico anche lei, però.
Io mi ritrovo nella buffa situazione di essere mediatico senza averne assolutamente voglia, tanto è vero che non sembrerebbe, ma le garantisco che continuo a declinare inviti.
Mi dica una sciocchezza detta da un collega uomo.
Le cito una sciocchezza detta da un collega che stimo molto, un amico del San Raffaele, il microbiologo professor Clementi: l’altra era se ne è uscito dicendo che il virus è diventato più buono.
È falso?
Non è vero e non è provato. I malati che stiamo vedendo non sono più quelli di prima perché abbiamo persone che sono arrivate in ospedale ai primi sintomi, meno gravi. Gli anziani, poi, a parte quelli delle Rsa, a un certo punto si sono barricati in casa e abbiamo meno ricoverati tra coloro che sono più a rischio per età e patologie pregresse. Non è il virus più buono, sono cambiate le nostre capacità di cura perché non c’è più l’affollamento di prima. Fare un’affermazione del genere è pericoloso e a meno che lui nelle sequenze del virus abbia trovato qualcosa che non ci ha detto, queste sequenze non dimostrano una modificazione del virus tali da poterci far pensare a un indebolimento.
Quindi non possiamo sperare che il virus perda forza?
Certo, questi virus tendono a diventare meno cattivi, ma in tempi non così brevi di regola. Affermare che questo stia accadendo, però, può incoraggiare i cittadini ad atteggiamenti meno prudenti, è rischioso.
Non avete detto troppo pochi “non lo so”, voi esperti?
Sono d’accordo, ma se fa un elenco delle mie uscite i miei “non lo so” sono stati parecchi. Ma guardi, una cosa mi è rimasta sullo stomaco.
Cosa?
La sera del 20 febbraio, quella in cui poi venne fuori il caso del paziente 1 di Codogno, io stavo di fronte a 100 medici di base per una conferenza. Dissi: “Abbiamo avuto i due turisti cinesi che non hanno lasciato strascichi, sono stati chiusi i voli diretti dalla Cina prima che in altri paesi, forse ce la siamo cavata. L’unica possibilità è che ci sia arrivato il virus triangolando di sponda senza che ce ne siamo accorti, ma mi sembra una visione troppo apocalittica”. Mentre dicevo quelle cose un collega di fronte a me riceveva una telefonata si scusava “Mi spiace devo schizzare via per un’emergenza”. Era per il caso 1 di Codogno.
Quindi il tutto ha colto di sorpresa anche lei?
L’esatta situazione che avevo appena definito improbabile si era verificata.
Se l’è perdonato?
Mi è rimasta sullo stomaco. Mi sono più volte chiesto se avessi potuto avuto avere un coraggio diverso per dire che bisognava prepararsi. D’alto canto la Sars, l’unico modello con delle analogie, in Italia aveva avuto 4 casi. Tutti guariti, nonostante i contagiati fossero arrivati in modo rocambolesco in ospedale.
Però l’ultima grande epidemia è di 100 anni fa, non mille.
Sì, ma ragioniamo: lei con che faccia sarebbe andata dal ministro o dal presidente o dall’assessore dicendo che bisognava fare l’ira di Dio a fronte dell’esperienza pregressa della Sars con 4 contagiati? E in tutto il mondo con meno di 2.000 casi fuori dalla Cina? Mi avrebbero dato del matto. È stato il peggiore degli scenari possibili. E le dico un’altra cosa carina, forse.
Prego.
Un altro dei personaggi che ha minimizzato di più è stato Vittorio Sgarbi, anche perché questo 2020 era il cinquecentesimo anniversario dalla morte di Raffaello ed è finito male. Se avessi modo di incrociarlo gli parlerei di un altro grande pittore che è Tiziano, morto nel 1576 indovini di cosa? Di peste, a Venezia. Credo che il grande pittore morendo abbia mandato a ramengo con grande vigore quei suoi governanti che avrebbero potuto limitare la diffusione e invece hanno preso la posizione negazionista. La paura di perdere introiti ha da sempre favorito le epidemie. “Peste e società a Venezia nel 1576” è un libro molto interessante sul tema.
È un appassionato di storia delle epidemie.
Ho fatto la prolusione sulla peste nel congresso nazionale dei parassitologi poco tempo fa. L’avrei fatta anche per gli infettivologi se non mi fosse venuto un coccolone.
Cioè?
Mi è venuta un’embolia polmonare grave in novembre.
Lei lavora troppo.
Lavoro troppo e poi ho trascurato un incidente banale a una gamba di tre anni fa. Mi è venuta una trombosi venosa profonda.
Quindi avrà paura di prendersi il Covid.
Io sono il classico soggetto perfetto per il Covid: quasi 69 anni, un’asma e problemi di salute recenti.
Fa il tampone?
Lavoro come prima, i miei aiuti mi buttano fuori dalle stanze, ho fatto un tampone (negativo) e i test rapidi. Uno come me o si chiudeva in casa o continuava a lavorare. Comunque quando è scoppiata l’epidemia mi ero appena rimesso a lavorare dopo la malattia e dopo la pausa che mi avevano costretto a prendermi. Dopo un’ora di mascherina mi viene il broncospasmo, ma altri problemi non ne ho.
Che effetto le ha fatto assistere a tutto questo?
Sono anni che ci si prepara a queste eventualità. L’Oms parla da tempo della famosa “malattia x” che potrebbe mettere in ginocchio il mondo. Ci siamo andati vicini, ma il Coronavirus è letale soprattutto per una componente della società che non rappresenta il clou della produttività e riproduttività, poteva andarci peggio.
Il Covid ha messo in discussione qualcosa di ciò che un esperto di lungo corso come lei era convinto di sapere?
Ricevo lezioni ogni giorno dal 21 febbraio 2020. Anche su tutte le carenze che abbiamo nel nostro sistema sanitario. Spero che questa prova sia una crisi nell’accezione cinese dei caratteri della parola: pericolo e opportunità.
Che studente è stato Massimo Galli?
Ero uno dei responsabili- per quanto si possa essere responsabili a 20 anni- del Movimento studentesco di medicina, alla Statale di Milano. Nasco sessantottino e non lo rinnego.
Perché dovrebbe?
È ancora il mio orientamento, il “come vedo le cose”.
Che voti prendeva?
Mi sono laureato con lode con 3 o 4 voti sotto il 30.
Poi?
Per 13 anni ho fatto il medico ospedaliero perché questo c’era nel segmento delle malattie infettive, sono stato uno stanziale. Nell’anno in cui potevo andare per un po’ all’estero è scoppiato l’Aids. La mia America è rimasta qua.
E infatti ha lavorato molto sull’Aids. Quando arrivò, c’era lo stesso sconcerto di oggi di fronte a una malattia nuova?
Era molto diverso. C’era la posizione dominante nell’opinione pubblica della “peste gay”. In Italia poi abbiamo avuto il grosso dell’epidemia tra i tossicodipendenti e sono elementi che hanno fortemente caratterizzato il virus nella percezione pubblica qui: tra omofobia e giudizi nei confronti dei tossicodipendenti lo stigma si è venduto a chili.
Suoi ex studenti dicono che come esaminatore lei è terribile.
Io sono buono e ho avuto un bel rapporto con gli studenti. Gli esami con me hanno sempre avuto un tasso di mortalità bassissimo. È che io non do meno di 24, nel caso la preparazione sia sotto quello standard, boccio.
Perché?
Sto preparando gente che deve andare a fare un mestiere legato alla vita della gente.
Sua moglie che dice del suo successo mediatico?
È tra il seccato e il divertito e continua a dirmi di dare un taglio alle mie comparsate tv.
Ma mi ha detto che ne rifiuta un sacco.
Mi trattengo perché “tengo famiglia” e per famiglia intendo i miei collaboratori e allievi. Visto il clima politico, non voglio che vengano spazzati via o trattati a pesci in faccia non appena l’ombrello rappresentato dalla mia presenza verrà meno. So come vanno le cose, io sono un anziano signore a un anno dalla pensione, con la carriera che ha avuto e adesso anche con una visibilità mediatica ben al di sopra delle sue intenzioni. Spero di essere dimenticato, ma non credo, per cui il mio primo dovere è proteggere i collaboratori e non far loro subire le conseguenze delle mie esternazioni.
L’abbiamo interrogata tanto in questi mesi sulle questioni scientifiche, ma c’è qualcosa che l’ha commossa in questi mesi?
Un collega coetaneo che è morto per il Covid. Mi telefonava chiedendomi “e adesso cosa faccio, secondo te?”. È morto nel “suo ospedale”, mi ha colpito tanto. Mi ha colpito la morte di un collaboratore deceduto da noi. Mi ha colpito vedere morti sempre, tutti i giorni, nel nostro reparto, mi ha riportato ai tempi dell’Aids. Non ci sono state le file dei camion, ma anche qui a Milano è stato terribile. E infine un’ultima cosa.
Cioè?
La quantità spaventosa di lettere che ho ricevuto di gente che mi ringrazia. Mail lusinghiere più di quanto potessi sperare. Tanto affetto io non me l’aspettavo.
Me ne racconta una?
Non ne ho mai parlato, ma mi è arrivata una lettera dal carcere di San Vittore. Era una giovane donna implicata in un terribile fatto di cronaca (Martina Lovato ndr), mi dice che lei e le sue compagne di reclusione hanno raccolto 300 euro e li donano al Sacco.
Trovo che sia bello.
Ho deciso di considerarlo bello, sì, senza pensare a dietrologie.
Qualcosa di buffo?
Beh, mi arrivano lettere anche da persone che si qualificano come poeti, ma forse la faccenda più incredibile sono le telefonate che ricevo.
La chiamano in ufficio?
Sì, ogni tanto rispondo convinto che sia una chiamata importante e mi ritrovo ad ascoltare persone che mi suggeriscono come sconfiggere il virus. Uno mi ha detto: “Senta, visto che il virus a 63 gradi muore, se mettessimo tutti nella sauna?”. In pratica dovrei decidere per quanto tempo cuocere i pazienti. Un signore era arrabbiato perché lui utilizza l’essenza di timo sotto il naso e non si è mai ammalato, nessuno l’ha considerata una terapia efficace.
E lei attacchi il telefono.
Mi creda, è difficile chiudere senza essere scortesi. Cosa che per giunta di solito mi riesce abbastanza bene.
Le riesce bene anche in tv quando le fanno una domanda che non le piace.
Mi riesce perché non ho desiderio che mi richiamino, ma tanto poi mi richiamano lo stesso. Anzi, forse mi richiamano proprio per questo.
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There are more things in heaven and earth, Horatio, Than are dreamt of in your philosophy. – Hamlet (1.5.167-8), (William Shakespeare)
Le Cronache Lombarde di oggi “celebreranno” (ci sarebbe poco da celebrare, ad onor del vero, ma siffatto è l’umano spirito, indomitamente ottimista) il consolidamento del trend di riduzione dei nuovi casi.
Dopo qualche giorno di timori di nuovi focolai, la tendenza ha ripreso la sua rassicurante andatura verso il basso, lasciandoci intravedere la prima luce in fondo al tunnel nella seconda metà del mese.
Ugualmente rassicurante è il progredire del saldo negativo (-162 casi) che finalmente piega verso il basso la curva del totale degli ospedalizzati attuali. Meno carico sulle strutture sanitarie, vuol dire migliore assistenza e quindi maggiore probabilità di essere ben assistiti e quindi più alte chances di sopravvivenza.
Mentre il dibattito sulla politica di test si allarga (finalmente), in Lombardia dobbiamo registrare continui stop & go e, per il secondo giorno consecutivo, il numero di test è di nuovo salito oltre “quota ottomila” mentre è scesa la percentuale di positivi anche se, inl numero assoluto è quasi inevitabilmente salito  rispetto al giorno prima (+1089).
Buone notizie anche sul fronte delle terapie intensive, dove il totale continua a ridursi anche se con inevitabile variabilità.
Dal picco di 1.381 ricoverati in ICU del 31/3 si è scesi ai 1.257 attuali, certamente un numero ancora critico, ma che almeno permette di razionalizzare l’esistente e non obbligare alla ricerca di ulteriore capacità.
Il totale delle dimissioni ospedaliere quindi riprende la sua crescita (+642) ed il numero dei decessi (+238), con lentezza e qualche variazione, mantiene il trend di riduzione pur restando su un livello ancora elevato. Solo quando la pressione dei quasi 13.000 ospedalizzati comincerà a ridursi sensibilmente, cominceremo a leggere un deciso cambiamento. Nel frattempo, salutiamo il deciso inizio della fase discendente.
Il quadro internazionale, come ormai da alcuni giorni, conferma il suo trend che vede da un lato la Cina, dove tutto è cominciato, entrare con decisione nella “fase 2” della convivenza  con il virus, avendolo messo sotto controllo (ieri Wuhan è stata riaperta) e gli USA che invece devono identificare ancora la propria strategia, oscillando fra ipotesi di “lockdown” e non.
Nel frattempo, il panel dei paesi europei che analizziamo si è decisamente allineato alla dinamica italiana.
Sia per dinamica dei casi che per dinamica dei decessi, ad eccezione del caso tedesco.
Ed è infatti di Germania che oggi voglio parlarvi. Molto si è scritto “sull’anomalia” tedesca.
Lasciando perdere tutte le teorie cospirazioniste e le “fake news” di cui è pieno il web,  cerchiamo, come al solito di ragionare sui fatti e, soprattutto, sulle possibili lezioni che possiamo trarre dalle “best practise” di chi sta riuscendo, meglio di altri, a contenere il virus.
Queste “lezioni” sono di indubbia utilità, perché dovremmo tutti tenere bene a mente che quella cui stiamo assistendo non è la “sconfitta” del virus, ma solo una tregua “armata” in cui dovremo affinare tutte le possibili strategie di difesa “dinamica” che ci permettano di guadagnare tempo fino al momento in cui avremo sviluppato l’arma finale: il vaccino (con buona pace dei No-Vax!).
Cominciamo con analizzare alcune interessanti differenze. 
Il Robert Koch Institut (RKI -che è un po’ il nostro Istituto Superiore della Sanità – ISS ) fornisce quotidianamente le proprie analisi sull’epidemia ci spiega che l’età mediana dei contagiati è di 49 anni .
Inoltre specifica che l’85% dei decessi è rappresentato da pazienti di età superiore ai 70 anni che però  rappresentano “solo” il 15% del totale dei casi di contagio.
Ed in Italia? Il nostro ISS invece ci dice che l’età media in Italia è 62 anni:
Interessante no? Tra l’altro, vi consiglio l’interessantissimo articolo del Deutsche Welle che fa un po’ di debunking sui diversi aspetti del “caso del paziente tedesco”.
Prima di proseguire nell’analisi, teniamo a mente che l’infezione in Germania è iniziata più o meno in contemporanea all’Italia (ricorderete il caso bavarese di gennaio). Dopo il contenimento del primo caso, l’epidemia è ripresa con vigore, più o meno in contemporanea all’Italia (la Germania supera il 150 caso al 2 di marzo mentre l’Italia lo aveva superato una settimana prima), quindi i dati sono abbastanza cronologicamente  confrontabili.
Altri dati che mostrano una chiara differenziazione fra la Germania e l’Italia, provengono dall’analisi dei dati  del Worldometers , del RKI e del ISS :
Oltre alla già analizzata, notevole differenza nell’età media, saltano agli occhi, altre decise differenze.
In Germania si guarisce prima e di più: La prima differenza è nella percentuale dei guariti (recovered) 33,5% in Germania contro il 18% in Italia (che potrebbe spiegarsi anche la la più giovane età dei contagiati).
La Germania ha un maggior numero di pazienti critici ricoverati in terapia intensiva (4,5%) contro il 2,8% in Italia. (Ricordiamo che la Germania ha circa il 60% in più dei posti letto di ICU rispetto l’Italia). 
In Germania gli anziani muoiono (proporzionalmente) di meno. I deceduti con più di 70 anni sono  “solo” il 15% in Germania contro il 36,1% dell’Italia (si noti che le strutture demografiche dei due paesi sono molto simili).
In Germania si “testa” molto di più. La Germania dal 2 marzo ha eseguito 918.469 test contro i 755.445 dell’Italia.
  Quindi, ricapitolando:
a. In Germania i malati di SAR-COV2 sono mediamente 12 anni più giovani degli italiani.
b. Nonostante la più giovane età, finiscono in terapia intensiva nel 4,5% dei casi anzichè nel 2,8% dei casi italiani .
c. Guariscono più rapidamente (un terzo di loro è già a casa contro 1/6 dei nostri).
d. Vengono testati prima e di più  (918.000 test contro i nostri 750.000) 
e. Muoiono di meno, l’1,9% in Germania contro il 12,6% dell’Italia 
Fin qui i fatti, proviamo adesso a dare delle spiegazioni.
In Germania sono stati decisamente più rapidi e disciplinati nel mettere al riparo i “target” più fragili della popolazione (leggi gli anziani). Le strutture sanitarie per la cura degli anziani sono state “blindate” al pubblico da oltre un mese.
A titolo di testimonianza (personale) :
Questo è l’avviso di una “RSA” (Seniorenhaus) che ben conosco che dichiara che non vengono più ammesse visite esterne e che vengono fornite informazioni solo telefonicamente. Di esempi del genere per la Germania potrei citarne a dozzine.
Vedremo invece a cosa porteranno le indagini sulle strutture sanitarie lombarde (ma anche altrove).
La capacità di agire selettivamente e tempestivamente su questi segmenti potrebbe spiegare molto bene la minore presenza di anziani nelle statistiche, ed essendo questo gruppo, purtroppo, caratterizzato da una vulnerabilità al virus da 10 volte più alta che nel resto della popolazione, spiega molto bene una buona parte della minore mortalità.
Ma non basta.
Abbiamo osservato come, nonostante la più giovane età, la percentuale di pazienti che sono stati sottoposti a terapia intensiva in Germania è quasi doppia.
In una delle prime “Cronache Lombarde” sottolineavo la necessità di adeguare tempestivamente le strutture di terapia intensiva.
fonte: “The variability of critical care bed numbers in Europe”
La ragione non è quindi da ricercarsi in una teorica maggiore gravità dei casi in Germania, ma nella semplice constatazione che la Germania dispone di un numero più che doppio di posti letto di ICU. 
Ma ancora, probabilmente non basta a spiegare completamente la differente letalità del COVID-10 fra Italia e Germania.
L’ultimo elemento di differenziazione è la politica dei test. Decisamente più estesa in Germania che in Italia.
Se rapportassimo il numero dei test al numero dei casi positivi identificati, ci rendiamo conto che la Germania ha eseguito quasi il 50% in più di test in minor tempo.
 Country  Total Cases  Total Test  Test per case  GERMANY       107.663             918.460                8,5 % on cases  ITALY       135.586             755.445                5,6 % on cases
Ma esiste una relazione fra test e letalità? 
Utilizzando sempre i dati di Worldometers ho provato a costruire una tavola di analisi fra il numero di test eseguiti per numero di vittime alla data odierna sui 91 paesi del modi che hanno avuto più di 2.000 contagiati.
E sembrerebbe effettivamente mostrare l’esistenza di una correlazione inversa (R²=0,763) tra numero di test e mortalità.
Ma perché una politica di testing estensiva può essere un fattore determinante nella riduzione della mortalità? Lo abbiamo detto nelle Cronache di ieri, ma voglio ribadirlo oggi:
1. Mette in sicurezza la “prima linea” nella lotta contro il virus. In Italia i sanitari sono il 10% dei contagiati (e rappresentano meno dell’1% della popolazione). Un operatore sanitario contagiato è una doppia perdita. Perché è la perdita di una risorsa sul fronte di battaglia e perché diventa, egli stesso, fonte di contagio.
2. Permette di tracciare ed isolare tempestivamente i potenziali nuovi “diffusori” del virus (e bloccare dei nuovi focolai in tempo).
Quindi anche oggi, abbiamo trovato nuove ed ottime ragioni per cominciare a pensare, con ottimismo, alla fase 2. Ci basterà copiare dai soliti “primi della classe”, magari con un pizzico di estro creativo italiano.
Ma oggi, come ieri, la vera buona notizia è sempre che il risultato è già scritto: #vinceremo!
E anche per oggi è tutto.
Nel frattempo, ancora per un po’ #stiamoacasa e #teniamoduro !
E se aveste voglia di aiutarci :  https://dona.perildono.it/tamponailvirus/
La donazione può essere effettuata a mezzo bonifico o con carta di credito, riportando la causale: Donazione liberale #tamponailvirus  ed è regolarmente deducibile essendo offerta attraverso la ONLUS Fondazione Italia il Dono
Ringraziamo tutti coloro che vorranno sostenere la nostra iniziativa!
Le fonti di oggi:
https://www.nytimes.com/2020/04/04/world/europe/germany-coronavirus-death-rate.html
https://www.worldometers.info/coronavirus/#countries
https://www.watson.de/leben/coronavirus/982185788-corona-darum-sind-patienten-in-deutschland-juenger-als-in-anderen-laendern
https://www.rki.de/DE/Content/InfAZ/N/Neuartiges_Coronavirus/Steckbrief.html#doc13776792bodyText2
https://www.rki.de/DE/Content/InfAZ/N/Neuartiges_Coronavirus/Situationsberichte/Gesamt.html
https://www.rki.de/DE/Content/InfAZ/N/Neuartiges_Coronavirus/Situationsberichte/2020-04-07-en.pdf?__blob=publicationFile
https://www.thelancet.com/action/showPdf?pii=S1473-3099%2820%2930243-7
https://www.epicentro.iss.it/coronavirus/bollettino/Infografica_7aprile%20ITA.pdf
https://www.dw.com/en/germanys-coronavirus-response-separating-fact-from-fiction/a-53053822
https://www.dw.com/en/germany-confirms-three-further-cases-of-coronavirus/a-52181064
http://www.protezionecivile.gov.it/attivita-rischi/rischio-sanitario/emergenze/coronavirus
https://www.researchgate.net/publication/229013572_The_variability_of_critical_care_bed_numbers_in_Europe
        Cronache Lombarde – 30° Giorno (ex-isolamento) There are more things in heaven and earth, Horatio, Than are dreamt of in your philosophy.
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alfredoromeo · 6 years
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Nota per la stampa - "Romeo Gestioni sempre contro la camorra e sempre lasciata sola. I dipendenti erano della Florida"
Pubblichiamo la nota inviata alla stampa il giorno 8 maggio 2018:
Napoli, 8 maggio 2018
Dal 2014, anno in cui Romeo Gestioni ha vinto l’appalto-Cardarelli, l’azienda ha fatto infinite operazioni di monitoraggio e di controllo del proprio personale. E – ad oggi – non le è pervenuta alcuna informativa da parte dell’Autorità Giudiziaria che la mettesse in allerta o al corrente di pericoli di genere criminale sul suo personale. A maggior ragione, se ci fossero stati casi di comportamenti di stampo camorristico. E in ogni caso – a valle delle certificazioni autorizzative previste dalla norma – Romeo Gestioni ha avviato procedure di controllo e bonifica del personale, senza mai – ripetiamo, mai – avere riscontro di qualche genere dalle Autorità interpellate. Pertanto è sorprendente, sospetto e gravissimo il tempismo con cui viene lanciata su siti e giornali del 7-8 maggio una notizia per chiamare in causa e nei titoli la Romeo Gestioni – ancora una volta senza ragione né fondamento – su fatti di cronaca che non la riguardano. Questa enfasi su Romeo Gestioni (che evidentemente fa sempre titolo a prescindere dalle sue oggettive responsabilità) ha il sapore di una intimidazione a 360 gradi, se si tiene conto delle importantissime decisioni di Corte di Cassazione e Consiglio di Stato di cui è in attesa la stessa Romeo Gestioni, che si trova così al centro di un ennesimo attacco mediatico gratuito e gravissimo che rischia di danneggiare la vita delle ventimila famiglie che gravitano intorno alla società. Ventimila famiglie. E’ evidente che Romeo Gestioni adotterà ogni provvedimento necessario a propria tutela nel caso avesse specifiche comunicazioni da parte dell’Autorità competente. Anche per questo, e a memoria generale, sottolinea che per propria prassi di corretta gestione, nello specifico caso dell’appalto-Cardarelli ha effettuato:
– Nove esposti all’Autorità Giudiziaria – tra ottobre 2014 e aprile 2016 – sui possibili rischi di infiltrazioni criminali, che sono stati tutti, senza distinzioni, archiviati dalle stesse Autorità, tra cui ANAC, Prefettura, Questura, Regione oltre al Cardarelli stesso ( Si veda allegato).
– Oltre 400 provvedimenti di contestazione disciplinare interessanti circa 200 diversi dipendenti, che hanno dato luogo, a seguito del complessivo, conseguente iter giuslavoristico anche di tipo giudiziale, a:
– 6 provvedimenti di ammonizione; – 134 applicazioni di multe; – 60 provvedimenti di sospensione dal lavoro; – 10 provvedimenti di licenziamento; – 6 trasferimenti in altri cantieri.
Come se non bastasse, i responsabili dell’azienda hanno avuto ripetuti incontri con il prefetto dell’epoca – dottoressa Gerarda Maria Pantalone – per verificare la presenza o insistenza di attività a rischio. Di più, Romeo Gestioni su questi temi ha coinvolto anche il Tribunale di Napoli con citazione del 3 dicembre 2016, come si potrà notare anche dalle cronache di quei giorni (vedi allegati) che nessuno sembra ricordare. A fronte di questo immane lavoro (e anche di risultati gestionali eccellenti sul Cardarelli, come testimoniato da oltre 140 encomi delle varie strutture ospedaliere) – ripetiamo – mai nessun riscontro è stato dato dalle varie Autorità interpellate a Romeo Gestioni. Per questo Romeo Gestioni è costretta per l’ennesima volta a fare chiarezza e a chiedere che altrettanta attenzione (meno morbosa ma più veritiera) elimini ogni sospetto sul suo operare. La verità storica e documentata, in sintesi è la seguente: – Romeo Gestioni ha vinto la gara per le Pulizie nell’Ospedale Cardarelli nel 2014 – Per legge, le società che subentrano ad altre in quel tipo di appalti devono assumere in toto il personale già operante, e quindi era obbligata ad assumere il personale della precedente ditta, la Florida. – Per legge, e per prassi propria, Romeo Gestioni – prima di iniziare le attività – ha fatto una analisi puntuale di tutte le identità prese in carico, chiedendo tutte le certificazioni necessarie e previste alle Autorità preposte, Prefettura in primis, e non ha mai avuto indicazioni a regolarsi diversamente. Romeo Gestioni si riserva ogni azione a tutela della propria immagine e onorabilità.
Romeo Gestioni SpA
Nota per la stampa – “Romeo Gestioni sempre contro la camorra e sempre lasciata sola. I dipendenti erano della Florida” was originally published on Alfredo Romeo
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pedrop61 · 7 years
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Tutti prodotti destinati alle fasce più deboli della popolazione, come bambini e degenti di strutture ospedaliere. Le irregolarità sono state riscontrate in 30 ENTI CIVILI, tra scuole e ospedali, di Lombardia, Piemonte, Veneto, Emilia-Romagna e Toscana e in 13 strutture militari, dell’esercito italiano e dell’areonautica.
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theshadowofmeraven · 10 years
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Padre entra in casa con la grazia di un bufalo africano gridando "SARA È ARRIVATO IL PACCO, MUOVITI A SCENDERE" Morale della storia, ora io e chantal abbiamo un orologio nuovo. Un ringraziamento speciale al wifi inesistente dell'istituto e ad amazon grazie al quale oggi abbiamo ricevuto questi fantastici tumblr orologi. Che poi, non vedo l'ora di darle il suo fjjf esalto
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spettriedemoni · 3 years
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Appena 5 anni fa
A gennaio 2017 ero reduce da un intervento chirurgico di linfoadenectomia.
Mi avevano operato a dicembre del 2016 poco meno di un mese prima.
Ieri stavo pensando che se avessi dovuto operarmi nel 2020 probabilmente il mio intervento sarebbe stato rimandato causa Covid.
A volte ci dimentichiamo di quanto siamo fortunati.
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spettriedemoni · 3 years
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Il tempo non esiste. Tranne quando sta per scadere
Quando il medico che mi visitò in pronto soccorso disse freddamente quella parola "neoplasia" non ricordo bene come mi sentii. Ricordo che mi risuonava nella mente come un'eco. Forse è stato il momento in cui ho davvero avuto paura.
Non credo di aver mai avuto più paura nella mia vita come allora.
Ho pensato a tutte le cose che non avrei potuto fare, a quelle che avrei lasciato per sempre incompiute, io che sono un procrastinatore seriale. Ho pensato a coloro che non rivedevo da tempo e che mai più avrei rivisto.
Certe volte ho pensato di chiudermi in bagno o da qualunque altra parte e mettermi a piangere, ma non l'ho fatto. Mi sono accorto che le lacrime non mi uscivano, erano come bloccate, forse volevo mostrarmi forte e non volevo pesare su nessuno. Ci ho riflettuto tanto senza mai giungere a una conclusione definitiva.
La malattia non è un "dono" come dice qualcuno. La malattia è una merda con la quale devi fare i conti. Una stronza che ti dice: "Non sei immortale. Pensavi di esserlo a vent'anni, a trenta eri convinto ci fosse solo qualche piccolo acciacco in più, a quaranta inizia la vera vita, ti hanno detto, ma in realtà non è così. Ti sto presentando il conto e ti sto ricordando che il tuo tempo è limitato e forse è più tardi di quel che credi".
Fa male, vero?
Per questo non voglio più perdere tempo dietro alle cose e alle persone che non lo meritano ma voglio dare il giusto peso a quelle che lo meritano.
Ristabilisci il valore delle cose, questo puoi fare, perché il tempo va sfruttato per ciò o per chi lo merita davvero. Per chi ti ritiene importante. Per ciò che davvero lo è.
Per questo ho cercato persone che non sentivo da tanto, non per suscitare pietà, non volevo sentirmi commiserato, ma per riannodare vecchi legami scioltisi non si sa per quale motivo.
Non è andata bene sempre, per qualcuno di questi legami non c'è stato nulla da fare, a volte trovi chiusura, può succedere.
Altre volte va meglio, ma l'importante è non avere rimpianti. Non ho lasciato nulla d'intentato e va bene così.
Potevo capire prima certe cose, sicuramente, ma ora l'importante è stato capirle.
Dispiace non aver potuto riallacciare tutti i rapporti che avrei voluto ma come mi disse qualcuno, devi accettare che dall'altra parte non vogliano. Sta tutto in quanto ci tieni tu e in quanto ci tiene l'altra persona. Devi prepararti anche a questa eventualità: che l'altro non ci tenga abbastanza.
Cos'hai da perdere infondo?
Il tempo. Ecco quello adesso non voglio più perderlo, potete scommetterci.
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spettriedemoni · 3 years
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4 ottobre 2016
Oggi sono uscito dall'ospedale. Il primo intervento chirurgico mi ha lasciato dolorante a un fianco. Faccio fatica a rimettermi in piedi a stare eretto. Continuo a camminare piegato ma piano piano mi rialzo.
Faccio le mie "vasche" in corridoio, mia madre mi ha fatto delle foto mentre ero così.
La mattina mi hanno fatto un prelievo. L'infermiera ha trovato la vena sul polso, sul dorso del polso, per la precisione. È stata bravissima: non succede spesso che mi trovino la vena al primo colpo. Non succede quasi mai, a dire il vero. La notte precedente l'ho chiamata più volte per farmi svuotare il "pappagallo" quel coso dove puoi pisciare senza doverti alzare dal letto. Ho detto che mi sentivo bene e che potevo andare in bagno da solo, ma l'infermiere mi ha detto che non posso farlo, che c'è l'anestesia ancora in circolo, che un paziente tempo fa ci ha provato ma è caduto tre volte prima di arrendersi e tornare a letto.
Mi guardo nelle foto che mi ha scattato mia madre con quel pigiama blu scuro nella parte di sopra e i pantaloni grigi. Vedo un me stesso provato che fa fatica a muoversi e si appoggia a quella specie di corrimano lungo la parete.
Quanto finalmente mi vesto ho timore a chiudermi i pantaloni. C'è il cerotto sulla cicatrice lì dove mi hanno tagliato per raggiungere la massa che poi hanno asportato.
Ho assistito a tutto l'intervento da sveglio, mi hanno fatto l'epidurale, quanta paura fa l'epidurale a mia madre! Capisco solo ora che sto in piedi che l'infermiere aveva ragione: si fa fatica a stare in piedi dopo l'anestesia. Ma le forze mi stanno tornando.
Ascoltiamo il medico che ci spiega quello che dovrò fare, la dieta da seguire e cos'è il "ricovero in articolo 1". In pratica ora torno a casa, sono convalescente ma è come se fossi ancora in ospedale. Tra 15 giorni devo tornare per togliere la medicazione e i punti di sutura, tra 10 però ho già una TAC con e senza MDC.
Ho una cazzo di fottuta paura della TAC e del mezzo di contrasto che non avete idea. Poi esami del sangue ogni 4/5 giorni.
Il medico che mi ha operato già ci dice di andare a Milano ma non ha fatto altro che dirmi «Tu questa battaglia la vinci».
Mi aggrappo a quelle parole, come fossero uno scoglio nella tempesta per evitare che le onde mi portino via.
4 ottobre fa caldo, c'è il sole ed è San Francesco. Che curiosa coincidenza: Francesco è uno dei nomi che vorremmo dare a nostro figlio. Se fosse stata una femmina era già deciso che sarebbe stata Giulia, ma con il maschio era un problema: nessuno dei nomi proposti era piaciuto alla Mia Regina.
Solo dopo è venuto Francesco. Solo dopo è arrivata la mia malattia.
Francesco è un bel nome.
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spettriedemoni · 3 years
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Di prelievi e altre amenità
Oggi mi è toccato fare il prelievo venoso. Al solito dobbiamo tenere d'occhio alcuni valori ematici perché "non si sa mai".
Sono andato al poliambulatorio e ho preso il solito numeretto alla categoria "SP" che sta per "Sportello Prioritario". Tra l'altro: prioritario un par de palle perché mi passano avanti tutti gl "AN" ma la macchina dice così è quindi non resta che abbozzare e aspettare pazientemente perché tutto sommato sei un paziente "e un paziente che non pazienta, che paziente è?" (cit. Totò)
Arriva il mio turno e la signorina mi dice che devo prendere AN. Vabbè dai ora sono qui, facciamo senza, no? No. Va bene, prendiamo AN. Mi comunica che devo andare davanti la "stanza 8".
In sala d'attesa c'è una coppia di ragazze. Una di loro è incinta. Sono sedute a parlare. Prendo il telefonino e apro Tumblr. Un po' di chiappe, qualche sculacciata e decisamente pochi gattini, anzi nessuno. Rialzo lo sguardo e una delle due ragazze è a terra. L'altra la sta sventolando un foglio di carta. La ragazza a terra è quella incinta, ha i piedi sulla sedia. Faccio per avvicinarmi ma un altro lì vicino, più vicino di me, ha già chiesto se deve chiamare qualcuno. Entrambe dicono che è già successo, che non serve nulla, che ci è abituata (ma in che senso?)
Dopo un po' arriva un infermiere o un medico chiede se serve una mano, cosa si sente e ottiene le stesse risposte. Questo medico o infermiere chiama infermieri dalla stanza 8. Escono tre infermieri due donne e un ragazzo che mi pare abbia l'accento siciliano. Chiedono alla ragazza se vuole mettersi su un lettino lì presente, non pare convinta ma poi la convincono e la ragazza si mette sul lettino. Continua a ripetere che "Ci è abituata" (a cosa? A sdraiarsi per terra in sala d'attesa? Non è ben chiaro). L'infermiera risponde che lei ci è un po' meno abituata. La portano dentro. Fa il prelievo, quando entro pure io lei e su una poltroncina. Ho scambiato due parole con la sorella che è rimasta fuori.
Quando entro ripeto la solita litania: ho le vene antipatiche piccole e profonde. L'infermiera taglia corto: «Sei antipatico, insomma»
«Pure un po' stronzo»
«Come?»
«Nulla, lasci perdere»
Al tavolo di fianco c'è un tizio che sta parlando con un'altra infermiera di un po' di noie che ha avuto in condominio. Una sequela di parole che faccio fatica a comprendere tranne nel punto in cui dice che ha pensato al suicidio. L'infermiera gli fa: «Magari prima parli con un avvocato o un notaio». Il tipo ha già fatto il prelievo ma ci tiene a raccontare tutta la sua vita. Non si sa come si convince ad uscire poco prima di arrivare a raccontare della sua infanzia.
Io, la mia infermiera e la ragazza incinta prossima allo svenimento ci guardiamo perplessi. L'infermiera che ha parlato col tipo dice solo: «Giuro: gli ho chiesto solo come stava. Solo quello gli ho chiesto!»
Intanto l'infermiera che deve farmi il prelievo ha già sondato entrambe le mie braccia senza trovare la vena. Se le ha trovate le ha perse subito. Tocca di nuovo prelievo sulla mano. Il sangue esce. Lentamente ma esce.
Saluto la ragazza incinta. Quando esco saluto la sorella e la tranquillizzo sulle condizioni della sua congiunta.
Perdo altri 15 minuti per compilare la liberatoria per farmi mandare gli esami via mail. Non è nulla rispetto alla mezz'ora abbondante che perdo per prenotare gli esami a mio figlio (ecografia e oculistica). Tra l'altro per la visita oculistica la ragazza del Cup mi propone Scafa, direi che no. Allora c'è Pescara ma nel settembre 2022. Ok allora Montesilvano a dicembre ma di quest'anno.
Fortunatamente non ho un cazzo da fare stamattina.
Fortunatamente, già.
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spettriedemoni · 3 years
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La "G" sta per "gatti".
In fila per l'ecografia addome
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spettriedemoni · 4 years
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Una foto rarissima!
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Ecco a voi un'immagine rarissima di un ago infilato per la prima volta dopo anni nel mio braccio. Solitamente mi trovano la vena sulla mano, una volta ci hanno provato sul polso ma hanno beccato un nervo che ha indolenzito il pollice per diverso tempo.
Oggi invece hanno chiamato un anestesista che ha lavorato con mia madre (sì, sono raccomandato, lo so) che mi ha fatto la cortesia di venire apposta a trovare la vena per iniettare il mezzo di contrasto.
Purtroppo esistono tre grandi assiomi incontrovertibili in questo universo. Uno di questi è che ho le vene impossibili da trovare. Beh, quasi impossibili, da oggi.
Mi hanno sempre detto per fare la TAC a digiuno e di bere prima e dopo. Ecco, stamattina sono arrivato con la vescica gonfia. Per poco non gliel'ho fatta sul lettino. L'avessi fatto sai che divertimento dopo a igienizzare tutto.
Di sicuro si vedeva nella TAC e infatti pure il tecnico, quando gli ho detto che mi scappava, mi ha detto: «Sì, infatti lo abbiamo visto durante l'esame» a quanto pare la vescica si notava bella piena.
Per il resto mi hanno detto che sono venuto bene. C'è poco da fare: sono fotogenico. Meglio: sono... Tachigenico, termine coniato da poco durante un dialogo con @noncecrisinelmercatodellebugie a cui è piaciuto molto. Ha detto proprio: "Cretino". La ragazza mi conosce bene, ormai.
Ho aspettato i canonici 20 minuti per verificare non avessi reazioni allergiche al liquido di contrasto e ne ho approfittato per mangiare un cornetto (per i milanesi/lumbard, brioche. Per i fighetti: croissant) ripieno alla marmellata con glassa mandorlata sopra. Oh, ero a digiuno con sola acqua, vi ricordo.
Ora non resta che aspettare sperando sia tutto apposto.
Praticamente la parte più facile. O no?
Devo ricordarmi pure di bere di più per i prossimi 3 giorni così da eliminare le scorie del mezzo di contrasto.
Non ho chiesto se va bene la Ferrarelle. Magari piscio più "effervescente naturale" e elimino prima le scorie.
Per la prima volta non è venuta mia madre. Meglio così: il Covid l'ha convinta ad essere più prudente e a non stancarsi troppo.
Resta sempre la mia Wonder Mamma, però (copyright by @surfer-osa).
That's all, folks!
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spettriedemoni · 4 years
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Facebook mi ricorda che esattamente oggi, 4 anni fa, ero a Milano, ricoverato e convalescente per un intervento chirurgico di linfoadenectomia.
La vigilia di natale venne questo gruppo di volontari a fare regali a noi pazienti.
Ricordo che il mio vicino di letto, originario di Biella, non volle farsi fotografare ma ringraziò i volontari per il regalo.
È un misto di sentimenti ricordare quei giorni, ma per fortuna posso raccontarli.
Sono un sopravvissuto, vale la pena ricordarmelo.
Buon Natale.
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spettriedemoni · 4 years
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Giovedì 17
Ho ricevuto la "bella" notizia che mia madre è ricoverata in ospedale. Da ieri notte alle 2.
Hanno pensato bene, lei e mia sorella di dirmelo stamattina alle 7:30, dopo più di 24 ore.
Non è Covid ma solo pressione alta con forti vertigini. Si è preoccupata ed ha chiamato il 118. In ospedale le hanno fatto tutti gli esami, tra cui il tampone a cui è risultata negativa.
Il problema purtroppo sono i tempi lunghi per fare suddetti esami. Data la problematica vorrebbero farle fare anche una prova da sforzo ma non si sa quando riuscirà a farla ragion per cui le hanno consigliato di rimanere ricoverata perché non ha molto senso tornare a casa per poche ore se poi deve ritornare in ospedale.
A ogni modo ha fatto colazione e aspettiamo di vedere cosa dice la prova da sforzo.
Almeno gli esami sono tutti buoni, almeno quello.
Intanto Tigrotto ha deciso di stordirmi stamattina con il suono di due carillon natalizi.
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Sta così da un quindici minuti e mi chiedo se riuscirò a spostarlo per prepararlo per la scuola.
Suppongo debba fare i conti col fatto che mia madre non sia esattamente di acciaio nel fisico.
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