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#il cielo è la sua cornice
diceriadelluntore · 1 month
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Dantedì 2024
Purgatorio, Canto XVI. Dante e Virgilio avanzano lungo la III Cornice, attraverso il denso fumo che rende quel luogo più buio di una notte priva di qualunque stella e irrita fortemente gli occhi del poeta, che è costretto a chiuderli e ad appoggiarsi al maestro. Dante cammina come un cieco, seguendo la sua guida senza vedere nulla e Virgilio gli raccomanda di non separarsi da lui. Sente delle voci che invocano pace e misericordia, intonando le prime parole dell'Agnus Dei in modo tale che dimostrano un'assoluta concordia. Dante chiede a Virgilio se a parlare sono dei penitenti e il maestro risponde di sì, aggiungendo che si tratta degli iracondi. Incontrano Marco Lombardo, che in vita fu uomo di mondo e conobbe quella virtù cortese che ormai tutti hanno abbandonato. Egli aggiunge che in quella direzione si arriva alla scala e chiede a Dante di pregare per lui, una volta che sarà giunto in Paradiso. Il poeta gli chiede perchè il mondo è privo di quella virtù cavalleresca tanta cara al Nostro. Lombardo, dopo aver fatto un lungo sospiro, dice:
Alto sospir, che duolo strinse in «uhi!», mise fuor prima; e poi cominciò: «Frate, lo mondo è cieco, e tu vien ben da lui.
Voi che vivete ogne cagion recate pur suso al cielo, pur come se tutto movesse seco di necessitate.
Se così fosse, in voi fora distrutto libero arbitrio, e non fora giustizia per ben letizia, e per male aver lutto.
Lo cielo i vostri movimenti inizia; non dico tutti, ma, posto ch’i’ ‘l dica, lume v’è dato a bene e a malizia,
e libero voler; che, se fatica ne le prime battaglie col ciel dura, poi vince tutto, se ben si notrica.
Dapprima emise un profondo sospiro, che poi si tramutò in «uhi!»; poi iniziò: «Fratello, il mondo è cieco e tu dimostri di venire da lì.
Voi che siete in vita riconducete la causa di tutto al Cielo, come se esso determinasse ogni cosa necessariamente.
Se fosse così, in voi non ci sarebbe più il libero arbitrio, e non sarebbe giusto essere premiati per la virtù, ed essere puniti per la colpa.
Il Cielo inizia i vostri movimenti, e neppure tutti; ma anche ammettendo ciò, voi siete in grado di distinguere il bene dal male, e avete il libero arbitrio; il quale, se anche incontra difficoltà nelle prime battaglie con gli influssi astrali, poi vince ogni cosa, purché venga ben nutrito.
Purgatorio, Canto XVI, 64-68.
Buon Dantedì a tutti!
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occhietti · 9 months
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06/08/1945
La prima bomba atomica
fu sganciata su Hiroshima
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Sono le 8,14. L'aereo è giunto su Hiroshima. La bomba denominata Little Boy precipita. Alle 8,15 la bomba esplode a poco meno di seicento metri d'altezza.
Un lampo, un ciclone di fuoco, un fungo gigantesco che saliva al cielo, poi un vento della forza di 1200 chilometri e la città scomparve dalla faccia della Terra, non con una morte nera ma con un abbagliante sole sceso sulla terra.
In 70 mila muoiono all’istante, spazzati via dalla potenza della deflagrazione dell’ordigno, come circa il 90% degli edifici presenti in città. Altri 100 mila moriranno nelle settimane e nei mesi successivi a causa delle ferite riportate e per l’avvelenamento da radiazioni. 
Vite umane liquefatte, ritornate atomi, calcinati i corpi, ustionati, piagati e contaminati dalle radiazioni dal punto zero fino a dodici chilometri di raggio. Fu questione di un attimo, per molti abitanti appena il tempo di percepire l’immenso lampo luminoso.
Nella zona dell’ipocentro la temperatura balzò in meno di un decimo di secondo a 3000-5000-50.000- 800.000 °C. Ogni forma di vita nel raggio di ottocento metri svanì in seguito all’evaporazione dovuta al tremendo calore.
Tutto è finito, arso, smaterializzato, tutto è ritornato in molecole, in atomi. In quel fungo rossiccio che si alza in cielo, ci sono gli atomi di migliaia di esseri umani.
Quando scompare la nuvola, di Hiroshima non resta più nulla. Una città con la cornice della morte.
La sera, il Presidente Truman annuncia la verità al mondo. Truman è felice.
"Con questa bomba noi abbiamo ora raggiunto una gigantesca forza di distruzione, che servirà ad aumentare la crescente potenza delle forze armate. Stiamo ora producendo bombe di questo tipo, e produrremo in seguito bombe anche più potenti."  (Comunic.Ansa, 6 agosto 1945, ore 20,45).
- web
"L'uomo ha inventato la bomba atomica,
ma nessun topo al mondo
costruirebbe una trappola per topi."
- Albert Einstein
Albert Einstein non partecipò mai attivamente alla costruzione della bomba atomica, ma la sua formula E= mc^2 fu indispensabile per sviluppare la bomba atomica perché implicava l’equivalenza tra massa ed energia generando una bomba a fissione nucleare, un’arma di distruzione di massa. 
Einstein si oppose all’uso militare del nucleare, ma aiutò la ricerca fiducioso del fatto che l’America non avrebbe mai usato le bombe per attaccare e distruggere ma solo in caso di difesa, qualora costretta. 
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rosateparole · 10 months
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Dal momento in cui i partigiani attraversarono la città sotto gli archi verdi di alloro, l’euforia slava coprì la cenere su cui avremmo camminato per sempre mangiando umiliazione come alimento. Gli italiani queste cose le intuivano, le coscienze stordite e attraversate da eventi dei quali a molti sfuggiva la portata generale. Probabilmente coglievano certe cose e certe altre forse non riuscivano a coglierle, magari vedevano la fotografia che stava dentro la cornice ma non colui che stava dietro la macchina fotografica. Soprattutto i comunisti. Oh i comunisti: Gesù mio, molti comunisti italiani avevano fatto con loro la lotta partigiana nei boschi e ora marciavano con gli slavi – la testa piena delle loro grandi idee romantiche –, cantavano in coro gli inni della rivoluzione con grandi schitarrate, abbaiavano contro i borghesi italiani con incredibile disprezzo, come se fossero stati degli assassini, come se l’intera popolazione fosse composta da idioti che certe cose se le potevano bere solo così e a tutti i crocicchi, fra quelle rovine che sembravano un errore, un’illusione ottica, in tutti i blocchi stradali non la smettevano un momento di abbaiare contro il marcio mondo capitalista e la borghesia italiana traditrice, che loro chiamavano reakcija. Il nome di Tito, in cui rumoreggiavano le correnti della storia, appariva nelle grondanti scritte catramose, si attaccava alle facciate delle case, vibrava nell’aria simile a una parola magica, urlava al cielo così potente che i fringuelli sugli alberi ai Giardini cadevano storditi a terra. Una gran folla proletaria acclamava immaginando le immagini della mente e non quelle degli occhi, preferiva vedere quello che le facevano credere, anziché credere semplicemente solo a quello che vedeva. La gente dalle nostre parti è sempre stata un po’ fiapa, candida, e anche credulona. E come non credere a quella cosmesi ingannevole, a quello specchietto per allodole che inneggiava insieme alla disgregazione e all’unione italo-slava, all’unità e alla fratellanza, all’uguaglianza, all’uomo e al suo buon cuore, alla sua vocazione morale, allo scopo della società e al suo miglioramento, volto all’interesse delle masse... Oh, tutto sarebbe cambiato, tutto, tutto. Tutto quello che sembrava la fine non era altro che un inizio. Grande era il compito al quale si erano accinti. Bisognava rassegnarsi al sacrificio persuadendosi che le sofferenze consentivano il raggiungimento di un qualche scopo remoto ma nobile, il comunismo, dove tutti sarebbero stati uguali. Un sacco di parole, parole tutte zucchero e miele. Era la speranza, era l’utopia. Le menti brulicavano di interrogativi ai quali non si poteva rispondere. Gli inesperti e i goffi non sapevano cosa fare, né chi ascoltare. E se davvero tutto fosse di tutti? E firmavano i manifesti contro la proprietà privata, mentre la reakcija faceva fagotto.
Anna Maria Mori & Nelida Milani, Bora. Istria, il vento dell’esilio
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lamilanomagazine · 4 months
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Lecco, su Rai 1 “La Stella di Natale” ad "A Sua immagine"
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Lecco, su Rai 1 “La Stella di Natale” ad "A Sua immagine"  Il Planetario inaugura il nuovo anno con una passerella su Rai Uno e un ricco programma. Sabato 6 ad “A Sua immagine” verrà infatti trasmesso il servizio girato da Mariantonietta Fiordalisi lo scorso 29 dicembre sul format del Planetario civico di Lecco “La Stella di Natale”, che riprenderà domenica 7 gennaio alle ore 16. Riprendono con gennaio anche le conferenze del venerdì: il 12 Cecilia Corti accompagnerà il pubblico alla scoperta del cielo invernale attraverso racconti e miti. Imperdibile la proposta di venerdì 19 con il ritorno attesissimo di uno dei più accreditati cacciatori di bufale a livello internazionale, Paolo Attivissimo. Parlerà degli inganni di cui è spesso preda la nostra mente quando ricostruisce ed evoca fatti, con particolare riferimento agli avvistamenti Ufo e alle dichiarazioni sulle pseudoscienze: esperimenti pratici mostrano infatti quanto siano ingannevoli le percezioni umani (vista, udito, tatto, comprensione dei numeri e delle grandezze fisiche) e permettono di conoscere meglio la nostra mente e diventare osservatori più precisi, imparziali e razionali. Venerdì 26 Davide Donato, ricercatore lecchese e in passato direttore scientifico del Planetario, racconterà la sua esperienza personale alla Nasa, mentre i sabati dei bambini avranno due appuntamenti: il 6 gennaio, giorno della Befana, con la proiezione Stelle, incenso e mirra, alle 15 e alle 16.30 dedicata ai Re Magi e alle festività. E il 27, alle stesse ore, con Gruby il maialino spaziale. Domenica 21 lo spettacolo in cupola sarà intitolato “Vibrazioni e respiri dell'universo”: un'occasione unica durante la quale al cielo stellato farà da cornice la suggestione delle campane tibetane, in collaborazione con Sara Ravagnan e Odaka Yoga Lecco. Domenica 14 e domenica 28, alle ore 16, ci sarà la tradizionale proiezione in cupola sul cielo del mese, mentre lunedì 29 inizierà il corso base in sette serate (più una di osservazione) per chi vuole avvicinarsi al mondo dell’astronomia. A condurlo sarà Loris Lazzati. Per tutte queste iniziative è necessario prenotarsi dal sito, dove è possibile trovare anche ulteriori informazioni, nonché i costi.... #notizie #news #breakingnews #cronaca #politica #eventi #sport #moda Read the full article
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londranotizie24 · 5 months
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Un bambino di nome Porro, alla Casa Italia di Londra la prima presentazione pubblica
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Di Annalisa Valente @ItalyinLDN @ICCIUK @ItalyinUk @inigoinLND E' stato presentato sabato 11  novembre alla Casa Italia di Londra “Un bambino di nome (A boy called) Porro”, libro in due lingue (inglese e italiano)  rivolto a bambini dagli 8 ai 12 anni, scritto da Penny Culliford. Un bambino di nome Porro, alla Casa Italia di Londra la prima presentazione pubblica Sabato 11 Novembre “Un bambino di nome (A boy called) Porro”, libro in due lingue (inglese e italiano)  rivolto a bambini dagli 8 ai 12 anni, è stato presentato al pubblico di Londra. La serata è stata organizzata da Tricolore Theatre Company, che nel 2019 ha messo in scena questa storia di riscatto da una situazione di bullismo scolastico attraverso un viaggio fantasioso. Nella Sala Russo della Casa Italiana San Vincenzo Pallotti (club sociale della St Peter’s Italian Church) di Clerkenwell, in una cornice suggestiva, vivace e piena di testimonianze della storia culturale italiana, è nata una serata che è sembrata quasi una festa, una grande riunione di amici, arrivati tutti per celebrare il trionfo morale di un bambino sulla sua vita complicata, un bambino a cui hanno imparato a voler bene. Il piccolo Porro E c’erano proprio tutti coloro che finora hanno popolato l’universo di questo piccolo protagonista. Anzitutto Penny Culliford, scrittrice e drammaturga britannica e “mamma” di Porro (grazie alla sua personale esperienza di insegnante), che l’ha portato prima a teatro e poi ne ha fatto un libro. Quindi Nadia Ostacchini, attrice e direttrice artistica di Tricolore Theatre Company, che ha creduto subito nella storia di questo straordinario bambino e l’ha messa in scena con la sua compagnia teatrale quattro anni fa. Introdotti quindi dalla Ostacchini, Lucia Morciano, che ha tradotto in italiano il testo originale della Culliford (sebbene Penny abbia recentemente dichiarato in un’intervista radiofonica che Lucia ha effettivamente scritto questo libro in italiano, più che tradurlo semplicemente; attestazione di stima cha ha commosso profondamente la Morciano). E Gloria Danili, autrice di libri per ragazzi, che ha coordinato gli interventi della serata. E il giovane Stefano Di Rico, attivista impegnato nelle iniziative di salvaguardia per la salute mentale. Parlando di bullismo scolastico, la testimonianza di Di Rico è stata come un raggio di sole in un cielo plumbeo, diretto sia ai bambini (che partecipavano alla serata con i rispettivi genitori) fatti sedere tutti nelle prime file della piccola platea, sia agli adulti presenti (come ... Continua a leggere su www.
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agrpress-blog · 6 months
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Il Teatro M. Novarina, nella suggestiva cornice della Galerie de l'Etrave a Parigi, dal 10 novembre 2023 al 13 gennaio 2024, diventa il palcoscenico di un'eccezionale mostra dedicata al talento senza tempo di Marcello Geppetti, reporter e fotografo italiano che ha segnato un'epoca. L'ingresso alla mostra è gratuito, offrendo a tutti la possibilità di immergersi nell'affascinante mondo catturato dall'obiettivo di Geppetti. Le gallerie saranno aperte dal martedì al sabato, dalle 13:30 alle 18:30, e nelle serate di spettacolo fino all'inizio della rappresentazione. È importante notare che la mostra sarà chiusa l'11 novembre e rimarrà inattiva durante le giornate di domenica, lunedì e festivi. Marcello Geppetti (1933-1998) è stato un testimone privilegiato dello spettacolo degli anni '50 e '60, un'epoca che ha segnato la storia del cinema italiano con la celebre Dolce Vita. La mostra esplora la straordinaria prolificità di quegli anni, quando Roma divenne un palcoscenico a cielo aperto e le strade si trasformarono in passarelle per star internazionali. Geppetti, membro delle agenzie più prestigiose del suo tempo, diventò uno dei paparazzi più rinomati, contribuendo insieme a Carlo Riccardi e altri fotoreporter del tempo, ad ispirare Federico Fellini per il suo capolavoro La Dolce Vita, in cui il giornalista Marcello Rubini, interpretato da Marcello Mastroianni, scorrazza per la Roma della ricostruzione portando con sè il fidato fotografo chiamato appunto "Paparazzo". Attori, atleti, cantanti e persino politici sono stati immortalati dall'obiettivo affinato di Geppetti, che ha prodotto opere stimate in più di un milione di fotografie. La mostra non solo celebra uno dei periodi più fecondi del cinema italiano contemporaneo, ma esplora anche l'esplosione simultanea del culto delle celebrità. In una citazione che incarna la sua abilità nel catturare l'essenza del momento, si legge: "C'è stato un tempo in cui catturare il momento con una foto era difficile come catturare una mosca con la mano. C'erano alcuni che, aprendo il pugno, vi trovarono dentro una farfalla. Marcello Geppetti era uno di questi." Questa mostra è un'opportunità imperdibile per immergersi nell'arte di un maestro dell'immagine e rivivere i momenti indimenticabili di un'epoca d'oro della cultura e dello spettacolo italiano.
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jacopocioni · 7 months
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L’Isola dell’ingegnosità ideale.
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Sandro Botticelli, ‘Nascita di Venere’ (1482 – 1485), Galleria degli Uffizzi, Firenze. Come il sole del cielo, così questa Nuova Atlantide dell'umanesimo fiorentino si alza serenamente, estendendo fuori per separare le onde della sua stessa genesi; l'isola siede maestosamente in cima all'oceano, come un cavaliere coraggioso in cima del suo destriero, il triumphus del Monumento equestre a Giovanni Acuto di Paolo Uccello, blasonato sulle pareti del Duomo - oppure, nel lessico di Poliziano, Nello estremo, se stesso el divin fabro formò felice di sì dolce palma, ancor dalla fucina irsuto e scabro. Per di più, come le onde della storia continuano a languire laboriosamente sulle rive di questa utopia, l'essenza dell'umanesimo fiorentino comincia a crescere dalla sabbia sottile ma sostanziale del suo passato antico: da una parte, si può facilmente scivolare ed evacuare dalla mano della memoria, in cui, granello dopo granello, il flusso è rivendicato dal silenzio tombale della gravità - ad esempio, le rovine antiche romane di Fiesole, tra cui il grande anfiteatro, tornato a nudità dalla nenia della natura; tuttavia, allo stesso tempo, nella fornace fervente della perfezione artistica, attraverso l'alchimia del genio creativo, si può diventare uno specchio di vetro cristallino attraverso il quale Il popolo della repubblica può riflettere sulla loro identità civica. Qui, vediamo il grande progetto dell'umanesimo fiorentino: questa sabbia dell'antichità sul litorale della Nuova Atlantide diventa la cornice per circondare la tela della creatività culturale del Rinascimento. A cominciare dal Priorato delle Arti, l’enfasi collaborativa sui valori umani e sull'innovazione tecnologica che hanno caratterizzato anche l'antichità precipita un’incoraggiamento dell'eccellenza artistica ed architettonica come virtù civica, l'abbellimento accomodativo del Popolo; l'isola ideale esiste per tutti gli isolani. Così, emerge una figura come Brunelleschi, che, sotto l'aegis della venerabile Arte della Lana, e sotto l'ispirazione del classicismo e l’urbanismo della vita intellettuale fiorentina, si abbraccia il materiale dell'antichità (in questo caso, la cupola del Pantheon a Roma) e si trasforma in un capolavoro architettonico che supera tutto ciò che esiste nella storia, mentre, allo stesso tempo, viene offerto per il bono communi di tutti i cittadini: la magnifica Cupola di Santa Maria del Fiore, il tetto torreggiante per tutto il popolo di Dio.
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personal-reporter · 10 months
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Verso Sud 2023 a Catona
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E il momento di Verso Sud, il Festival del cinema mediterraneo del Reggino, che quest’anno si svolgerà dal 15 luglio al 31 agosto nella bellissima cornice dell’Arena Alberto Neri di Catona, curata dalla Polis Cultura con la direzione artistica di Luciano Pensabene. Come sempre, sotto il cielo stellato della stessa struttura estiva che ospita la storica kermesse da ben 38 anni, Verso Sud continua la sua mission di proporre il meglio della cinematografia a Sud della Stagione in corso, con tante riconferme e qualche  anteprima. Anche questa edizione vede il Sud protagonista con opere presentate e premiate nelle maggiori rassegne internazionali per promuovere il cinema meridionale con una finestra importante sui Sud del mondo, dal Nord Africa all’America Latina, con una rassegna che cresce grazie alla fiducia consolidata di un pubblico alla ricerca di opere di qualità da godersi sotto le stelle delle calde serate estive. Il Sud Italia è ben rappresentato da alcune tra le opere più apprezzate, con le Sicilia in testa con tre film, La Stranezza, uno dei successi della stagione per un film che narra di come Luigi Pirandello maturò l’idea di concepire uno dei testi che avrebbe cambiato il corso del Teatro del ‘900, I sei personaggi in cerca d’autore, e lo fa seguendo per caso le peripezie di una scalcagnata compagnia di provincia, Primadonna di Marta Savina che narra la storia di Franca Viola, la prima donna che negli anni Sessanta in Sicilia si ribellò al matrimonio riparatore, con protagonista Marta Gusmano, Fabrizio Ferracane e il calabrese Francesco Colella e l’apprezzatissimo, da pubblico e critica, esordio di Beppe Fiorello alla regia con una storia di cronaca vera che arriva dagli anni Ottanta, impegnato e romantico, Stranizza d’amuri, titolo che omaggia il maestro Battiato. Ancora da quegli anni arriva Piano Piano di Nicola Prosatore, una storia di riscatto e di crescita nella Napoli del primo scudetto, con Antonia Truppo, Lello Arena e Giovanni Esposito. Il toccante Orlando di Daniele Vicari è una favola moderna con protagonisti il vecchio e la bambina, girato tra Sabina e Bruxelles, con un grande Michele Placido e dalla Puglia arriva Ti mangio il cuore di Pippo Mezzapesa con una sorprendente Elodie, al debutto in un ruolo non facile. Dai Sud del mondo arrivano opere di denuncia sociale come Il frutto della tarda estate di Erige Sehiri e Una voce fuori dal coro (la Traviata, i miei fratelli e io) di Yohan Manca. Il film di chiusura porta negli altipiani boliviani con lo splendido Utama, le terre dimenticate di Alejandro Loayza Grisi. Come sempre non mancherà il ricordo a Nicola Petrolino con il Premio a lui dedicato che quest’anno verrà assegnato, domenica 20 agosto, a Paolo Orlando, direttore della distribuzione di Medusa film, originario di Reggio Calabria. Read the full article
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fattidifavole · 1 year
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L’ultima Cena
Ancora un passo
verso l’ignoto. 
Che spinge la crosta terrestre 
a dividersi in moto
sotto le onde irrompenti 
del mare del tempo. 
Irreale silenzio
che precede l’azione,
lo scroscio improvviso del mio stesso pensiero,
che lacera dentro e mi lascia da solo
all’ombra di un vizio che il raziocino elude. 
Strisciando, pimpante
nell’acido sangue
di un sacrificio di un essere inerme. 
Follia o confusione 
Non trovo la quadra
da qual direzione questa luce s’irradia. 
Son cieco e contento
e respiro a malapena
Rifiuto il compromesso
e ne taglio la corda
che mai torni in me la voglia
di adattarmi alle sue catene. 
Mi scorre nelle vene tutta quella rabbia
che giace infondo al mare. 
Tu credi che sia sabbia, 
invece è cenere del mio coraggio
scomposta in frammenti alle rive del mondo. 
Mi coloro di ogni forza elementale
e tutte le incarno nel bene e nel male. 
Anche quando il fuoco mi ustiona le membra, 
così poi le lacrime mi rendono degna, 
di essere solo una goccia di pioggia
che cade per fede e la terra accarezza,
che penetra dolce senza farsi domande, 
ignara del giorno in cui tornerà in superficie, 
si immola al suo essere quadro e cornice. 
Dalla materia alla forma 
dalla padella alla brace. 
Non trovo la quadra,
ma vi siedo al centro.
Sono il punto nel mezzo di un passaggio nel tempo.
Dal gelido futuro 
al passato bislacco, 
dal luogo più oscuro, al più diafano albergo, 
dal luogo da cui vengo, a quello in cui mi perdo. 
Di tutte le storie che ho mai immaginato, 
di quei mondi attraenti 
dove non più mi reco, 
è rimasto un alone,
viola come il mio nome, 
un impasto sfuocato di un tormento voluto. 
Un livido al braccio, 
un embargo sfacciato, 
un passaggio obbligato 
verso il lato sbagliato. 
E’ questo che prova il vento, 
quando viene calmato?
E’ questo che provò il primo uomo 
quando venne creato?
Il cosmo nell’occhio 
ed il caos nel petto, 
il timor divino di sentirsi prescelto. 
La noia mortale,
che tale è di fatto, 
il prendere atto di un limite imposto. 
Il contro-pacco di chi si credette furbo,
lo schiaffo morale che conduce al risveglio.
Sbadiglio. 
E l’ossigeno mi informa della composizione atmosferica 
che mi circonda. 
La luce mi parla 
ed il suono mi assilla
ed io sono stanca
come un cuore ed una stella.
Pulsante del niente  che tutto alimenta, 
schiavo ed amante 
di una dea senza nome 
La mia mente si ribella
al paradosso del normale, 
sono l’alfa privativo
del destino morale. 
Sono io, l’alga che intossica il mare
la reazione spontanea di una tribù ancestrale. 
Sono la protezione della glia universale, 
l’anello di congiunzione 
tra l’erudito ed il banale. 
La scomodità di non avere un colore,
mentre la strega comanda al mio cuore. 
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Ora giungo per forza,
e non per volere, 
ad una risoluzione 
perché è cosi’ che funziona 
in questo mondo mortale:
la fine è l’inizio della trasformazione. 
Dunque eccomi all’uscio
di una porta di ottone, 
intarsiata ad arte da ogni scelta ed azione,
raffigurante la vita che hai scelto di fare, 
il piano infinito e la sua rampa di scale. 
Ed ogni gradino 
è una stella nel cielo, 
un cancello che porta ad un prescritto sentiero. 
Ad ogni livello, ti ritrovi al cospetto 
di un confine cobalto che ti mostra te stesso. 
Guardati in tasca: 
c’è il tuo passaporto!
Una collezione di tutti i viaggi che hai fatto, 
i visti e i giudizi, 
i vizi e gli indizi, 
i test superati ed i sogni nascosti. 
Alienato da un mondo che tu stesso hai creato, 
ti portano il conto e nemmeno hai mangiato.
Eri sazio e ubriaco e 
e sei stato tradito.
Ma all’ ultima cena, chi è che ha pagato?
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zacariafred · 2 years
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Il diavolo esiste sì o no? No!
In questo episodio: - il diavolo è una favola medievale proposta dai gerarchi spirituali di turno per controllare le masse dei plebei e tenerli a freno. -e ancor prima, è una storiella mitologica dell'antico Egitto (Seth/Satan/Shaitan) all'epoca di iside osiride oro. -anche gli assiro babilonesi e medo persiani hanno il loro diavolo: Ahriman/Angra Mainyu/Angryman=uomo furioso. -sono i gerarchi delle varie epoche, per spaventare la gente e metterli in riga. -le chiese cristiane tutte hanno rincarato la dose: scomuniche, inquisizioni,gogne, accuse di eresia, apostasia, ecc. -Dio è onnipotente e certamente non ha bisogno di un "guardiaspalle"! La favola di Lucifero nasce proprio in questo contesto. -il libero arbitrio dato da Dio a Lucifero, produce nel tempo l'uso della prerogativa di scelta all'interno della stessa cornice (scegliere le varie opzioni), e quindi produce una "caduta" : 'come mai sei caduto dal cielo, astro mattutino, figlio dell'aurora?' (Isaia 14:12). è naturale, dai il libero arbitrio, e "daie daie" col passar dei secoli prima o poi cadi. [ma la verità è : non è vero niente, Dio non ha mai avuto un 'guardiano']. Già dalla metà anni 90 rimuginavo su questo punto! -l'amore INFINITO di Dio copre tutti i nostri peccati, focalizzare l'attenzione sul significato effettivo e profondo di "infinito". Buon Ascolto.
fz2022
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*Fred Zacaria riceve domande di ogni tipo dal 2001 incontrando persone nelle 4 sale di preghiera (2001/2017), e dal 2017/2022 incontrando persone per strada, social media, incontri di preghiera nelle case. Le domande in questo segmento audio sono effettuate dalla sua stessa voce utilizzando un'app e un cambia voce che intona e trasforma la voce al maschile o femminile, il tutto funge come drammatizzazione di "parodia cripto-commedia" ... per semplice intrattenimento!
---> App per gentile concessione di: Professional Voice Change, di Galaxy Store.
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- "La Verità E' Più Strana Della Fantasia!" (Mark Twain)
- "L'immaginazione E' Più Importante Della Conoscenza!" (Albert Einstein)
- "La narrativa di fantasia è un ottimo alibi per celare cripto verità" (Fred Zacaria)
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Liberatoria:
*Le narrazioni e considerazioni in questo sito sono metafore allegoriche di fantasie distopiche di carattere scientifico, politico, religioso.
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scienza-magia · 2 years
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Calcolavano il moto dei pianeti già nel primo secolo a.c.
Il Meccanismo di Antikythera, recuperato dai resti di un naufragio avvenuto nel primo secolo avanti Cristo. Sono ottantadue frammenti in bronzo conservati al Museo archeologico di Atene. Ricoperti di iscrizioni in greco antico, all’interno contengono ruote dentate e ingranaggi. Insieme formano il Meccanismo di Antikythera, un antico strumento astronomico che permetteva di calcolare la posizione del Sole, della Luna e dei cinque pianeti conosciuti all’epoca. A più di un secolo dalla sua scoperta, molti aspetti dell’antico calcolatore sono ancora irrisolti
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Il frammento principale del Meccanismo di Antikythera. Crediti: Wikimedia Commons Dal 23 maggio al 15 giugno 2022 è stata completata la seconda spedizione di archeologia subacquea nei pressi di Antikythera, una piccola isola fra Creta e il Peloponneso, dove più di duemila anni fa affondò una nave commerciale. La spedizione fa parte di un programma quinquennale, che si concluderà nel 2025. La ricerca è condotta dalla Scuola svizzera di archeologia in Grecia e l’obiettivo principale è comprendere in modo più chiaro quali fossero le caratteristiche della nave affondata, il suo carico e la sua rotta. Il relitto di Antikythera è stato scoperto per caso da un gruppo di pescatori di spugne nel 1900. Dalle acque, sono stati recuperati oggetti in vetro, statue in marmo e bronzo, anfore e un misterioso oggetto in bronzo, che prende il nome di Meccanismo di Antikythera. Il Meccanismo di Antikythera era uno strumento astronomico che permetteva di predire il moto della Luna, le eclissi e la posizione del Sole e dei cinque pianeti conosciuti all’epoca, cioè Mercurio, Venere, Marte, Giove e Saturno. Attualmente, si pensa che sia stato costruito fra il terzo e il primo secolo avanti Cristo. Lo strumento era dotato di un sofisticato sistema di ingranaggi e ruote dentate e veniva azionato a mano.  Il Meccanismo, probabilmente, era contenuto in una cornice in legno e complessivamente era lungo trenta centimetri, largo venti centimetri e spesso dieci centimetri. Oggi, rimangono solo ottantadue frammenti di dimensioni diverse, che corrispondono a circa un terzo dello strumento. Quelli più grandi sono indicati con le lettere da A e G, mentre i più piccoli con i numeri da 1 a 75. I frammenti sono conservati al Museo archeologico nazionale di Atene e da più di un secolo sono oggetti di studi.
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Gli ottantadue frammenti che compongono il Meccanismo di Antikythera. Crediti: Antikythera Mechanism Research Project Si sono dedicati allo studio del Meccanismo di Antikythera studiosi e studiose provenienti da ambiti diversi, dall’archeologia all’orologeria, dalla storia dell’astronomia alla fisica dei raggi X. Grazie ai risultati raggiunti nel corso degli anni si è capito che il Meccanismo combinava i cicli astronomici babilonesi, con la matematica dell’Accademia di Platone e con le teorie astronomiche dell’antica Grecia. Tuttavia, molti aspetti rimangono ancora irrisolti. Negli anni Settanta è stata effettuata la prima radiografia del Meccanismo: per la prima volta si riesce a guardare dentro i frammenti. Furono così individuati i resti di ingranaggi e ruote dentate. Successivamente, analisi più approfondite hanno permesso individuare le iscrizioni sulla superficie e maggiori dettagli all’interno dei frammenti. Il Meccanismo di Antikythera, infatti, è coperto di iscrizioni: complessivamente si stima che ci siano circa 15mila caratteri. Le prime iscrizioni che si riuscirono a leggere a inizio Novecento fecero capire che quei misteriosi frammenti in bronzo erano legati al moto dei corpi celesti. Nel 2005, grazie alla tomografia computerizzata a raggi X sono stati individuati più di duemila caratteri. Successivamente, nel 2016, fra le iscrizioni nella parte anteriore del Meccanismo, sono stati individuati due numeri legati ai cicli sinodici di Venere e Saturno, cioè legati al tempo necessario affinché un pianeta occupi la stessa posizione nel cielo rispetto al Sole per un osservatore sulla Terra. I cicli sinodici erano alla base delle previsioni sulla posizione dei pianeti nell’astronomia babilonese. Nello specifico, sono stati studiati i frammenti G, 26, 29 e altri più piccoli con la tomografia computerizzata a raggi X. Le iscrizioni frontali descrivono i cicli sinodici dei pianeti e ogni pianeta ha una parte dedicata. Il Meccanismo ha alcune caratteristiche tecniche abbastanza avanzate. Ad esempio, conteneva un sistema di ingranaggi tale da generare un moto rotatorio, dati due moti rotatori iniziali, con velocità pari alla differenza di due moti. Inoltre, è dotato di un sistema di due ruote sovrapposte che ruotano attorno a due assi diversi, che prende il nome di “pin-and-slot”. In questo complicato sistema di ingranaggi, il numero di denti delle ruote dentate non poteva essere casuale, ma dettato dalla meccanizzazione dei moti dei pianeti.
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Ricostruzione del Meccanismo di Antikythera proposta dal gruppo di ricerca sul Meccanismo di Antikythera della University College London. Crediti: Ucl Il primo modello funzionante del Meccanismo di Antikythera è stato proposto dal fisico e storico della scienza Derek De Solla Price ed è stato poi costruito da Robert Deroski intorno agli anni Settanta. Questo modello non era corretto, ma è stato una base fondamentale per gli studi successivi. Nel 2021, il gruppo di ricerca sul Meccanismo di Antikythera dello University College London (Ucl) ha proposto un nuovo modello che soddisfa tutte le evidenze che si hanno a disposizione sul Meccanismo. Il prossimo obiettivo del gruppo è ricostruire con tecniche antiche lo strumento seguendo il nuovo modello per dimostrarne la validità. Il gruppo dello Ucl ha usato un processo matematico sviluppato da Parmenide per spiegare i cicli di Venere e Saturno e per derivare anche i cicli degli altri pianeti su cui non si hanno informazioni a disposizione dai frammenti. Il processo di Parmenide, infatti, è un processo iterativo che permette di approssimare un numero reale con un intervallo compreso fra due numeri razionali. Ad esempio, per Venere, nell’astronomia babilonese la stima più rozza prevedeva 5 cicli sinodici in 8 anni e quella più accurata prevedeva 720 cicli in 1151 anni. Quest’ultima stima non era meccanizzabile, poiché 1151 è un numero primo e realizzare una ruota con 1151 denti non era certo un’impresa facile. L’ipotesi del gruppo è che sia stato usato proprio il processo di Parmenide per trovare un compromesso fra la stima più rozza e quella meccanizzabile più accurata. Se per capire come funzionava il Meccanismo serve sapere quali erano le conoscenze scientifiche su cui si basava, è anche vero che capirne il funzionamento aiuta a scoprire quale fosse l’idea di cosmo diffusa all’epoca in cui è stato costruito. Nonostante i risultati raggiunti nel corso degli anni, molti aspetti del Meccanismo di Antikythera rimangono un mistero. Ad esempio, non sappiamo con precisione quando sia stato costruito e da chi sia stato realizzato. Guarda il video su MediaInaf Tv: Read the full article
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girulicchio · 2 years
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Storia di un suicidio annunciato
Entrando dalla porta, si vede una finestra aperta sulla destra, con una vista sul campanile di una chiesa a pochi metri e delle tende leggere che si muovono al minimo soffio di vento. Una donna è seduta alla scrivania sotto la finestra, pensierosa, con la testa poggiata al palmo di una mano e il gomito che scava il piano con tutto il peso che sorregge. Davanti a lei ci sono pochi oggetti: una sua foto, in una cornice celeste, lucida. È sorridente, truccata appena, non sembra davvero in posa, come se fosse uno scatto perfetto in un momento di gioia sincera ed improvvisa. Un tagliacarte col manico in olmo, un laccio rosa attorno all’impugnatura e una lama piuttosto affilata. Un accendino, di quelli che si usano in cucina per i fornelli. Una busta da lettera, con un foglio piegato al suo interno, dove si intravedono i segni di una scrittura molto calcata, grondante di rabbia. E una pistola a tamburo, dall’aspetto antico, quasi da antiquariato. È posta in una piccola teca di vetro, su un fondo verde smeraldo e con un incasso in legno di ciliegio. Il lato superiore è aperto, ma non c’è polvere all’interno.  Un attimo dopo, la donna non è più tesa: è composta, seduta a circa mezzo metro dalla stessa scrivania. Non c’è più la lettera. Ha uno sguardo perso nel vuoto, è fredda, quasi in catalessi. Vista da fuori, sembra quasi una statua di cera. Le tende sono ferme, non tira più vento. Un raggio di sole batte sul tagliacarte e il riflesso attira l’attenzione della donna. Lo solleva dalla scrivania, passa l’indice della mano sinistra sul filo della lama e ne schiaccia la punta finché una goccia di sangue non scorre lungo il dito. Si volta e alle sue spalle scorge un quadro: delle margherite bianche in un vaso di porcellana con venature azzurre e ricami dorati su sfondo glicine. I dettagli dei fiori non sono granché marcati, mentre i ghirigori sembrano il vero soggetto del dipinto.  Suonano le campane e la donna volge lo sguardo alla finestra: due uccelli cinguettano in perfetta alternanza con il din don. Le sue mani sono vuote e pulite, mentre è sporco di sangue il suo vestito. È blu di Prussia, a balze sul collo e sul fondo, con i bordi color panna. La macchia si estende dal ventre alle cosce. Sulla scrivania restano l’accendino, la foto e la pistola. Prende la cornice e guarda di nuovo la foto: non ha più la stessa età, è molto più piccola. Tre anni o giù di lì. Il sorriso c’è ancora, ma forzato, come quando ai bambini si chiede di sorridere per le foto dei compleanni. La cornice è più opaca, la foto più sbiadita. Il vetro ha una piccola crepa, nell’angolo in basso a sinistra. Quasi impercettibile, ma evidente in controluce.  La donna prende un respiro profondo, chiude gli occhi per qualche secondo e quando butta fuori l’aria raccolta, li riapre. La prima cosa su cui posa lo sguardo è la pistola nella teca. Il cane è arrugginito, il calcio lievemente ammaccato. L’esterno della teca è come bruciato, con un alone fuligginoso sul vetro e il legno arso. Il fondo verde ha una patina come fosse ammuffito.  Un improvviso colpo di vento alza i capelli della donna, togliendole la vista per un attimo. Tornati al loro posto, l’accendino è scomparso e la pistola è sulle sue gambe. La impugna, la accarezza. Scorrono lacrime a fiumi, il cielo si scurisce di colpo e inizia a tuonare. Il vento sferza sulle campane, violento e aritmico. Si sente il pianto di un bambino il lontananza, che si fa sempre più eco.  La donna si alza dalla sedia, pronta a puntare la canna alle tempie. Sbarra gli occhi, arma il cane e conta rapidamente fino a tre: uno, due, tre. Al premere del grilletto, chiude gli occhi. Quando li riapre, è di nuovo una bellissima giornata. Si ritrova sul cornicione della finestra. Il cielo è di un azzurro limpido, le nuvole sembrano disegnate e il sole è di un pallido che si può fissare. Non si sente più il bambino piangere.  La donna spiega le braccia come ali e prova a volare. Chiude gli occhi. Li riapre. È notte fonda, è nel suo letto. Non vede nulla, è tutto completamente buio. Un attimo di terrore: non si sente alcun rumore, le budella si contorcono. Trema, va in apnea. Rivive il sogno tutto d’un fiato. Si mette una mano sulla pancia: sente scalciare. Si calma e torna a dormire. Non avrebbe retto a tale perdita. Non avrebbe avuto alcun motivo per vivere ancora. 
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storiarte · 2 years
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Il rinascimento Italiano
Venezia (seconda parte)
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San Sebastiano è un dipinto olio su tavola trasportato su tela (171x85,5 cm) di Antonello da Messina, databile al 1478 circa e conservato nella Gemäldegalerie di Dresda.
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La Madonna col Bambino, detta anche Madonna di Alzano, Madonna della Pera o Madonna Morelli, è un dipinto olio su tavola (83x66 cm) di Giovanni Bellini, databile al 1485 circa e conservato nell'Accademia Carrara di Bergamo.
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La Madonna del Prato è un dipinto a olio su tavola trasportata su tela (67,3x86,4 cm) di Giovanni Bellini, databile al 1505 circa e conservato nella National Gallery di Londra.
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Il Ritratto del doge Leonardo Loredan è un dipinto a olio su tavola (62x45 cm) di Giovanni Bellini, databile al 1501-1502 circa e conservato nella National Gallery di Londra. L'opera è firmata IOANNES BELLINVS sul cartiglio fissato al parapetto, ed è considerata in genere come il risultato più alto della ritrattistica di Bellini.
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Madonna con il Bambino tra le sante Caterina e Maria Maddalena, olio su tavola, 58 x 107 cm; Venezia, Gallerie dell’Accademia
Protagonista di questa “Sacra Conversazione Renier” di Giovanni Bellini, datata attorno al 1483, è l’inquietudine. I quattro personaggi sono avvolti da un’oscurità opprimente. Una luce posta fuori campo, sulla sinistra della tela, illumina i quattro. Ma è una luce che serve solo ad evidenziare le loro diverse espressioni.
La Madonna ha il capo appena reclinato che rivela diffidenza, tensione. Sorregge un Gesù che però non ha l’espressione serena di un bimbo tra le braccia della madre. Sembra molto di più un Gesù che, dalle braccia della Croce, sembra chiedere al Padre “perché mi hai abbandonato?”. Ed è verso l’alto che guarda, il fanciullo. La santa sulla sinistra osserva con dolce preoccupazione il fanciullo. La santa sulla destra, bella e pudica, ha uno sguardo tra lontano ed assente, ma non felice.
Lo spettatore si trova di fronte a questi personaggi in uno scenario che non consente di sottrarsi a quegli sguardi. E’ come entrare in una stanza dove è appena accaduto qualcosa. Di grave, di irrimediabile. E la tecnica prodigiosa del pittore veneziano è tutta orientata a disegnare un ritratto psicologico dei protagonisti.
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La Pala di San Giobbe è un dipinto olio su tavola (471x258 cm) di Giovanni Bellini, databile al 1487 circa e conservato nelle Gallerie dell'Accademia di Venezia.
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 Giovanni Bellini, 1488, Polittico di Nostra signora della Basilica dei Frari (Sacrestia – Cappella Pesaro), dipinto su tavola.
Nella sacrestia lo sguardo del visitatore è subito attratto dallo splendido polittico (m 2,75 x 2,50) commissionato dai tre figli di Pietro Pesaro, e cioè Benedetto, Nicolò e Marco, al pittore Giovanni Bellini. L’artista raffigura l’abside di una chiesa a volta di botte dorata, ma racchiusa da una pala in legno dorato per cui la cornice diventa il termine dell’architettura ed il punto dove i due mondi, quello sacro e quello profano, si incontrano e coincidono. Colori e volti affascinano: dal blu del manto della Madonna, alle chiazze di rosso, giallo e marrone; dai gialli e marroni degli abiti, delle ali, dei capelli degli angeli, alle venature dei gradini marmorei. Nello scomparto centrale del trittico, La Vergine seduta tiene tra le mani il Bambino che solleva il braccio in atto benedicente. La prospettiva è perfetta, tanto che la Vergine sembra staccata dal fondo. Le due lesene sorreggono il soffitto dell’ambiente aperto di lato dove sono posti i Santi e, nonostante i limiti imposti dalla forma del trittico, la spazialità è suggerita da una sottile striscia di paesaggio nei due lati estremi. Lo sguardo della Madonna è dolcissimo. Belli ed incisivi i due angeli musicanti ai piedi della Vergine: uno tiene tra le mani il flauto e l’altro il liuto. Nel catino d’oro, anche l’artista rivolge la sua preghiera alla Madonna con la scritta “Ianua certa poli, duc mentem, dirige vitam, quae peragam commissa tuae sint omnia curae”. (Sicura porta del cielo, illumina la mente, dirigi la vita, a te affido ogni mia azione). Bellissima anche la cornice che racchiude il dipinto. Disegnata, con ogni probabilità dal Bellini, fu poi intagliata da Jacopo da Faenza (sec. XV) ed è in perfetta sintonia con il dipinto.
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lunamagicablu · 2 years
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Forse è sacro respirare più lentamente, cammina più dolcemente, nelle notti invernali e lascia che penetri nell'accorciato giorni di grigio antico.
Forse è ipnotico studia la fiamma del fuoco e guarda le luci delle candele brillare lungo la cornice di una notte senza bordi.
Forse, accento di bacche invernali i campi come promemoria cremisi di violette centrate allo zafferano selvatico mentre dormono sotto il freddo pungente.
E forse l'ho preso campo e forma di letargo nella mia caverna, un nido di tonalità cerulee e opache di coperte e trapunte e cuscini morbidissimi; una raccolta di tè, il nettare dello splendore della mano, nostalgia di silenziosi sussurri di neve fresca.
Forse l'inverno è il mio compagno e il mio conforto del tanto necessario silenzio; come abbraccio la sua più nera delle perle preziose il grazioso turno di mezzanotte di velluto e giù di calore di sapere i conigli dormono al sicuro e dolcemente sotto.
Forse, sono in grado di scavare accanto a le pene più profonde della mia anima; il mio cuore soffre per ricostituire e il prisma della mia mente è finalmente in grado di dipingere su tela di cielo infinito e meraviglia speculativa.
E forse, è sacro a riposa sotto il freddo artico finché la leggerezza delle sorgenti non mi tira avanti, e il mio vecchio germoglio si rinnova ancora una volta. Carolyn Riker **************************** Maybe it's sacred to breathe slower, walk more gently on winter nights and let it penetrate the shortened days of ancient gray.
Maybe it's hypnotic study the flame of the fire and watch the candlelight shine along the frame of a borderless night.
Perhaps, winter berry accent the fields as crimson reminders of violets centered with wild saffron as they sleep in the bitter cold.
And maybe I got it field and form of hibernation in my cave, a nest of cerulean and opaque shades of soft blankets and quilts and pillows; a collection of tea, the nectar of the splendor of the hand, nostalgia for silent whispers of fresh snow.
Maybe winter is my companion and my comfort of much needed silence; as I embrace her blackest of precious pearls the graceful midnight shift of velvet and down of heat to know rabbits sleep safely and softly underneath.
Perhaps, they are able to dig next to the deepest pains of my soul; my heart aches to replenish and the prism of my mind is finally able to paint on canvas of infinite sky and speculative wonder.
And perhaps, it is sacred to rest in the arctic cold until the lightness of the springs keeps me going, and my old shoot renews itself once again. Carolyn Riker
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azzurracomeme · 3 years
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Lezione del 16/12/2020
AUTORE: Andrea Mantegna
NOME: Pala di San Zeno
DATA: 1456-1459
MATERIALE E TECNICA: tempera (e alcune aggiunte a olio) su tavola
LUOGO DI CONSERVAZIONE: Basilica di San Zeno, Verona
CONTESTO ORIGINALE: La pala, rinascimentale, segna un primo distacco dalla dimensione del polittico, ormai anacronistico. Mantegna dimostra infatti il proprio fastidio dovuto alla spartizione dell'opera in più tavole che interrompono l'unità compositiva e sceglie di far materiallizare le colonne del portico raffigurato nella cornice, potendo quindi impostare perfettamente luce e prospettiva della tavola.
SCELTE TECNICHE E STILISTICHE: La pala rappresenta la madonna col bambino, in trono, circondata da santi (sono qui distinguibili per la loro iconografia San Zeno, San Lorenzo, San Pietro, San Paolo, San Giovanni Battista, San Benedetto, San Gregorio) e angeli. Questi ultimi rappresentati come alcuni bambini biricchini richiamano Donatello e presentano una faccia tipica di Mantegna, che è indifferente al grazioso e ricerca invece un'accentuazione espressionistica. Tipico del pittore anche il panneggio duro dei vestiti e la definizione dei personaggi ottenuta attraverso la linea. L'opera, oltre a presentare alcuni accenni fiamminghi nel cielo, nel tappeto che ricopre parzialmente il trono, e nei giochi di trasparenza (ottenute con aggiunte di olio a velature), richiama anche lo stile del maestro di Mantegna, Francesco Squarcione, nell'attenzione alla architettura classica e nella ripresa delle frasche squarcionesche. Nella predella troviamo raffigurate "l'orto dei Getsemani", "la crocifissione" e "la resurrezione", ora separate dalla pala e spostate in diversi musei. La crocifissione, ora al louvre, trasmette grande immediatezza, grazie alla scelta del pittore di tagliare alcuni personaggi. Diversi sono gli elementi che rendono questa scena carica di pathos: i volti di Maria e Giovanni sono deformati dal pianto, il sangue che scorre lungo la croce, il nudo sofferto e violento di Cristo. La tavola presenta perfetta impostazione prospettica e luministica; la luce è inoltre utilizzata anche come simbolo ed infatti è presente solo sulla figura del ladrone redento. Una città nella nebbia in lontananza invita l'occhio ad andare in profondità, il paesaggio, fiammingo, trova la sua particolarità in una interpretazione quasi metafisica e nelle classiche nuvole arricciate di Mantegna.
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heyitsararts · 3 years
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PALA DI SANTA LUCIA DEI MAGNOLI
Nome🍃: Pala di Santa Lucia dei Magnoli
Autore🍃: Domenico Veneziano
Data🍃: 1445
Materiale e tecnica🍃: tempera su tavola
Stile e descrizione🍃: L'opera è uno degli esempi più antichi di tabula quadrata et sine civoriis cioè di pala moderna senza gli scomparti e senza il fondo oro tipico dei polittici medievali. Nonostante ciò l'ambientazione, anche se possiamo parlare solo di una suggestione. L'edificio in cui è composta la scena è infatti trattato secondo le più avanzate conoscenze della prospettiva geometrica, con tre punti di fuga dove convergono tutte le linee orizzontali, comprese quelle del complesso pavimento intarsiato di marmi. Il dipinto si configura così come un perfetto equilibrio tra modernità e tradizione, suggerito anche dall'uso di arcate diverse: a sesto acuto in alto ed a tutto sesto nelle nicchie classicheggianti, tra le quali quella centrale inquadra perfettamente la Madonna in trono col Bambino, sebbene essi si trovino in realtà davanti al loggiato. La luce è un elemento fondamentale dell'opera, che si stende tenue sulle architetture e sui personaggi, entrando dall'alto, dal cortile scoperchiato dietro il quale si stende un giardino, come fanno intendere i rami di tre aranci sullo sfondo del cielo azzurro. In particolare si tratta di una luce chiara e diffusa ma inclinata , che ricorda fedelmente quella del mattino. La cornice originale, andata perduta, doveva sottolineare questo effetto "finestra". I santi presenti sono San Giovanni Battista e San Zanobi, protettori della città di Firenze e della sua diocesi, Santa Lucia, titolare della chiesa, e San Francesco.
Collocazione attuale🍃: uffizi, firenze
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