Tumgik
#il figlio del diavolo
gregor-samsung · 3 months
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“ Ahmad aveva la febbre. Strofinare preparati a base di erbe sul suo corpo in fiamme non sortiva alcun effetto. A quel punto, Salima era andata a chiedere aiuto a suo zio Shaykh Sa‘id. Era invecchiato, certo, ma non abbastanza da lasciare che il suo cuore si sciogliesse davanti alle suppliche della nipote. Lo aveva implorato, gli aveva ricordato che era la figlia di suo fratello Shaykh Mas‘ud, l’aveva pregato di avere compassione, di dimostrare la sua fede, la sua signorilità, la sua generosità, magnanimità e saggezza. Si era appellata a tutto quello cui si può appellare una madre con il figlio dilaniato dalla febbre. Ma la risposta dello shaykh non era cambiata: “La Range Rover non lascerà mai ‘Awafi senza di me.” Il giorno dopo, la febbre di Ahmad era aumentata, il bambino aveva cominciato a delirare. Salima era tornata dallo zio accompagnata dal marito. ‘Azzan si era trattenuto a lungo con il vecchio, gli aveva spiegato che suo figlio peggiorava e che l’unico ad avere una macchina con cui portarlo all’ospedale al-Sa‘ada di Maskade era lui, Shaykh Sa‘id. Se ci fossero andati a dorso d’asino, ci avrebbero messo quattro o cinque giorni e non sarebbero riusciti a salvare il bambino. Gli disse che avrebbe pagato qualsiasi cifra gli avesse chiesto, compreso il salario dell’autista. “Non ho altro da dire,” aveva replicato Shaykh Sa‘id. “La Range Rover non esce da ‘Awafi. Tuo figlio guarirà anche senza dottori. Che sarà mai, tutti i bambini hanno la febbre e poi guariscono.”
‘Azzan e Salima erano usciti da casa dello shaykh cercando di non guardare il fuoristrada verde parcheggiato vicino al portone. Quando Shaykh Sa‘id l’aveva comprato, due anni prima, e l’autista l’aveva portato in paese, erano tutti usciti in strada per vederlo. Persino l’anziana madre dello shaykh si era avventurata fuori facendosi sostenere dalle sue schiave ma poi, quando aveva sentito il rombo del motore e visto le ruote nere che giravano velocissime, si era spaventata e gli aveva tirato una pietra urlando ai quattro venti che quella era opera del diavolo. La pietra aveva rotto un finestrino e Shaykh Sa‘id aveva ordinato alle schiave di riportare dentro la madre minacciando di frustarle sotto il sole se solo l’avessero fatta uscire di nuovo. Da quel giorno la Range Rover si era mossa solo quando lo shaykh sedeva al posto del passeggero. E se con lui c’era una delle sue mogli, i finestrini venivano oscurati con delle lenzuola. Salima aveva pianto per tutta la strada fino a casa e, da quel momento, ‘Azzan aveva nutrito un unico sogno: possedere una macchina. Aveva giurato che avrebbe chiesto al Sultano il permesso di comprarne una, esattamente come aveva fatto Shaykh Sa‘id, e poco importava se avesse dovuto vendere i campi ereditati dal padre. Ma Ahmad non aveva aspettato che ‘Azzan mantenesse fede al suo giuramento, la febbre era stata più veloce e lo aveva ucciso. Gli avevano tolto vestiti e amuleti e predisposto la rituale pedana di rami di palma in mezzo al cortile. I vicini avevano portato secchi d’acqua dal canale per lavarlo, l’avevano cosparso di incenso e di olio di oud, lo avevano avvolto in un sudario candido e avevano portato il feretro al cimitero a ovest del paese. Il giudice Yusuf aveva detto ad ‘Azzan: “Tuo figlio adesso è in paradiso, e quando verrà la tua ora ti porterà dell’acqua fresca per spegnere la tua sete.” ‘Azzan era stato zitto, non aveva detto che lui aveva sperato che suo figlio l’acqua gliela portasse lì, sulla terra, negli anni della sua vecchiaia. Si era mostrato fermo e paziente come si conviene e aveva stretto la mano di chi gli porgeva le condoglianze. Le aveva strette tutte, persino quella di Shaykh Sa‘id. “
Jokha Alharthi, Corpi celesti, traduzione dall'arabo di Giacomo Longhi, Bompiani (collana Narratori Stranieri), 2022¹; pp. 122-124.
[Edizione originale: سيدات القمر (Sayyidat el-Qamar; Le signore della luna), editore Dār al-Ādāb, Beirut, Libano, 2010]
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libero-de-mente · 11 months
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- Papà io esco, sono arrivati i miei amici a prendermi.
- Va bene Daniele buon div... ma come diavolo sei vestito?
Davanti a me ho la copia bianca e "roscia" di Will Smith nel film Man In Black. Daniele indossa un completo nero con cravatta nera e camicia bianca. Capelli ingellati e pettinati all'indietro e per finire occhiali da sole.
- Andiamo al cinema padreH!
- Ma così vestito, con questo caldo, con l'afa, con... con... confesso che non capisco.
- Andiamo a vedere Barbie il film e abbiamo deciso di andarci vestiti così - mi spiega mentre sorride a sessantaquattro denti.
Vado alla finestra e guardo in strada, sono tre ad aspettarlo e tutti con completo nero e camicia bianca. Capelli impomatati stile anni cinquanta con sorrisi e sghignazzi a profusione.
Così mi ritrovo a guardare sconsolato mio figlio che in auto con i suoi amici parte per la goliardica impresa, guardandoli meglio anziché i Man In Black mi sembrano Le Iene di Quentin Tarantino.
Probabilmente da padre ho sottovalutato la voglia di ridere e scherzare di mio figlio, dei ragazzi d'oggi, dimenticando che anche io da giovane combinavo guai o facevo delle immani cazzate.
Come quella volta che a bordo della FIAT 500 di mia madre, mi riferisco a una FIAT 500 degli anni '60, feci salire sei miei amici. Ci incastrammo l'uno con l'altro utilizzando l'apertura della capote per far uscire qualche testa o gamba, eravamo in sette a bordo di un'auto che poteva ospitare al massimo due passeggeri comodi davanti e due semi comodi e semi sofferenti dietro.
Facemmo circa trecento metri, poi il fondo dell'auto cedette e mi ritrovai con il sedere sull'asfalto.
Mi ricordo ancora oggi il volto di mio padre che scuoteva la testa, tra l'incredulità e la rassegnazione che suo figlio fosse un perfetto idiota, mentre aiutava il carro attrezzi a recuperare l'auto.
Del resto che io avessi aspettative alte dal mio primogenito in fondo dovevo sospettarlo. Come quella volta che ancora neonato e in fase di lallazione, emise dei suoni tipo "Nghe oo bobo ebeo eijo", che io naturalmente interpretai il suo lalluziare come se avesse detto "acido desossiribonucleico". Dio un genio! Forse guardo troppo i programmi di Alberto Angela.
Devo essere più tollerante, comprendere che il diritto alla felicità dovrebbe esistere per tutti, così come il tempo delle sciocchezze.
Di diventare troppo serio in realtà, riflettendoci su ora, non glielo auguro proprio. Del resto io quando sono alla cassa di un fast food esigo il giocattolo in omaggio con il menù, non importa quanti anni ho o se lo voglio per i miei figli. Io lo voglio e basta!
In effetti un mondo di figli premio Nobel sarebbe un mondo triste, servono anche quelli che amano ridere, scherzare e rispettando il prossimo fare anche qualche scemenza. Quelli che si fermano a un chiosco in piena notte per farsi un panino, quelli che hanno il cuore a mille quando provano nuove emozioni, esperienze di vita. Quelli che con una risata ti riempono una casa di calore.
Del resto anche io da ragazzino ero intelligente ma non mi applicavo, magari un giorno comincerò ad applicarmi. Senza fretta, ho più tempo che vita.
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susieporta · 1 year
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«Mi voleva bene e anch'io lo amavo. Perché sposai un uomo pieno di farina come un pesce da mettere in padella, io non lo so. So che stava ore e ore chino sui forni e grondava sudore. Con il pane si guadagnava la vita.
Perché l'ho sposato? Forse perché io amo il pane, la semplicità, la vita fresca, l'operosità e soprattutto perché ero già consapevole, a vent'anni, che tutti gli scrittori sono pazzi. Sono matti si, e checché se ne dica, io li avevo lasciati tutti, ad uno ad uno, esasperata, contrita, impauritissima di quegli uomini di genio che non sapevano darmi un figlio.
Io ero nata per avere figli, li sognavo fin da bambina. Allora per migliorare la razza degli scrittori scelsi un uomo semplice, e avvenne una bellissima combustione. Lui faceva il pane e io lo vendevo. Non sempre però: quando mi seccavo mandavo al diavolo clienti e panetteria. Anche a quel tempo ero irascibile e già un poeta affermato: per questo ho sempre mandato al diavolo tutti quelli che minacciavano la mia pace domestica.
Mio marito è stato comunque anche il mio calvario. Nel senso che dopo il lavoro, quando si lavava era talmente fresco e aggraziato che tutte le donne me lo guardavano. Curava molto i suoi mustacchi e quando mi baciava mi pungeva la faccia».
Ci sono amori che stravolgono e amori che pungono. Ogni persona che entra nella nostra vita ci cambia un po', in due ci si mescola il giro del sangue e dei sogni. Come eravamo? Come saremmo stati, altrimenti?
A ognuno di noi, ricomporsi.
Alda Merini
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aki1975 · 4 months
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Napoli - Francesco Laurana - Maschio Angioino - Arco trionfale - 1479
Fondata dai Greci di Cuma, i sovrani che nei secoli si sono susseguiti sul trono di Napoli sono stati:
i Normanni:
- Ruggero I d’Altavilla conquistò la Sicilia nel 1091;
- Ruggero II (1130 - 1154): fu il primo re di una Sicilia multietnica e multireligiosa avendo accorpato in un unico regno tutti i possedimenti normanni nell’Italia Meridionale conquistando Napoli nel 1137;
- Guglielmo I (1154 - 1166)
- Guglielmo II (1166 - 1189): eresse il Duomo di Monreale;
- Tancredi (1189 - 1194)
- Guglielmo III (1194)
- Costanza d’Altavilla (1194 - 1197)
gli Svevi:
- Federico II (1198 - 1250) Stupor Mundi: a Napoli istituì l’università nel 1224;
- Corrado (1250 - 1254): dovette confrontarsi con il potere del fratellastro Manfredi;
- Corradino (1254 - 1258): fu sconfitto nella battaglia di Tagliacozzo e fatto imprigionare a Castel dell’Ovo e decapitare da Carlo d’Angiò nella piazza del mercato a Napoli, poi sepolto nella vicina Chiesa del Carmine. La dinastia degli Svevi scomparve con la morte di Manfredi nel 1266.
gli Angioini:
- Carlo I (1266 - 1285): fratello di Luigi IX il Re Santo, Conte d’Anjou, ricevette in vassallaggio la Sicilia e Napoli dal Papa che difese dagli Hohenstaufen. Edificò il Maschio Angioino, con uno stile che richiama il castello di Avignone, nel 1282;
- Carlo II (1285 - 1309): dovette rinunciare al trono di Sicilia dopo la rivolta dei Vespri Siciliani nel 1302;
- Roberto I (1309 - 1343): figlio di Maria d’Ungheria sepolta nella Chiesa di Donnaregina, fu apprezzato da Petrarca e amante della cultura e delle lettere;
- Giovanna I (1343 - 1382): fu fatta assassinare dal ramo di Durazzo degli angioini e le succedette
- Carlo (1382 - 1386)
- Ladislao (1386 - 1414)
- Giovanna II (1414 - 1435)
- Renato I (1435 - 1442)
gli Aragonesi:
- Alfonso I d’Aragona (1442 - 1458): sconfisse Renato d’Angiò e unì il tono di Napoli a quello di Sicilia e ai possedimenti della Sardegna e della Spagna occidentale. Combattè contro Milano e Genova e dotò il Maschio Angioino dell’attuale arco di trionfo;
- Ferdinando I detto Ferrante (1458 - 1494): all’inizio del suo regno dovette fronteggiare la rivolta angioina e successivamente sedò la rivolta dei baroni e si alleò con gli Sforza contro il re di Francia Carlo VIII d’Angiò. Del suo tempo la Chiesa del Gesù Nuovo;
- Alfonso II: sposò Ippolita Maria Sforza, ma dovette abdicare a causa della calata di Carlo VIII;
- Ferrandino (1494 - 1496)
- Federico I (1496 - 1503) durante il cui regno vi fu la conquista e poi la cacciata di Luigi XII re di Francia;
- Ferdinando III (1504 - 1516) dopo il quale il Regno di Napoli fu incluso in quello di Spagna prima sotto la casata degli Asburgo (con la breve parentesi della Repubblica di Masaniello fra il 1647 e il 1648) poi sotto quella dei Borbone (1700 - 1713) ed ancora sotto quella degli Asburgo d’Austria (1713 - 1734).
i Borboni:
- Carlo I (1734 - 1759): già Duca di Parma, conquistò e riunificò il Regno delle Due Sicilie anche grazie alla madre Elisabetta Farnese, seconda moglie del re di Spagna, che da Madrid influenzò la prima parte del suo regno. Riformò con Bernardo Tanucci l’amministrazione, promosse la musica (fondò il Teatro di San Carlo nella patria di Paisiello e Pergolesi), l’arte (promosse la ceramica di Capodimonte, fece costruire al Vanvitelli la reggia di Caserta del 1751 e quella che oggi è Piazza Dante oltre alla Reggia di Capodimonte dove installò la collezione Farnese) e sostenne gli scavi a Pompei ed Ercolano che iniziarono nel 1738);
- Ferdinando (1759 - 1799 e 1816 - 1825): sposò una figlia di Maria Teresa d’Austria, Maria Carolina che lo allontanò dall’influenza spagnola di Bernardo Tanucci, promosse la Marina Militare (nel 1787 fu fondata la Nunziatella), ma dovette subire una rivoluzione filo-francese (Eleonora Fonseca Pimentel, Mario Pagano, …) nel 1799 contrastata dal Cardinale Ruffo e da Fra Diavolo e la conquista napoleonica che insediò Giuseppe Bonaparte dal 1806 al 1808 e Gioacchino Murat dal 1808 al 1815 prima di diventare, con il Congresso di Vienna, Re delle Due Sicilie ed essere sepolto al Monastero di Santa Chiara;
- Francesco (1825 - 1830)
- Ferdinando II (1830 - 1859): fondò la prima ferrovia d’Italia (1839), ma fu reazionario e soprannominato il Re Bomba per come represse i moti rivoluzionari del 1848 a Messina;
- Francesco II (1859 - 1861): era figlio di Ferdinando II e di Maria Cristina di Savoia e sposò la sorella di Sissi, Maria Sofia di Baviera.
Con l’Unità, Napoli confluì nel Regno d’Italia: ecco perché la statua di Vittorio Emanuele II è presente a Palazzo Reale.
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la1parola3 · 4 months
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1 Giovanni 3:1 Vedete quale amore ci ha manifestato il Padre, dandoci di essere chiamati figli di Dio! E tali siamo. Per questo il mondo non ci conosce: perché non ha conosciuto lui.
2 Carissimi, ora siamo figli di Dio, ma non è stato ancora manifestato ciò che saremo. Sappiamo che quando egli sarà manifestato saremo simili a lui, perché lo vedremo com'egli è.
3 E chiunque ha questa speranza in lui, si purifica com'egli è puro.
4 Chiunque commette il peccato trasgredisce la legge: il peccato è la violazione della legge.
5 Ma voi sapete che egli è stato manifestato per togliere i peccati; e in lui non c'è peccato.
6 Chiunque rimane in lui non persiste nel peccare; chiunque persiste nel peccare non l'ha visto, né conosciuto.
7 Figlioli, nessuno vi seduca. Chi pratica la giustizia è giusto, com'egli è giusto.
8 Colui che persiste nel commettere il peccato proviene dal diavolo, perché il diavolo pecca fin da principio. Per questo è stato manifestato il Figlio di Dio: per distruggere le opere del diavolo.
9 Chiunque è nato da Dio non persiste nel commettere peccato, perché il seme divino rimane in lui, e non può persistere nel peccare perché è nato da Dio.
10 In questo si distinguono i figli di Dio dai figli del diavolo: chiunque non pratica la giustizia non è da Dio; come pure chi non ama suo fratello.
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flatsc · 1 year
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Avanzava, scalciando la neve profonda. Era un uomo disgustato. Si chiamava Svevo Bandini e abitava in quella strada, tre isolati più avanti. Aveva freddo, e le scarpe sfondate. Quella mattina le aveva rattoppate con dei pezzi di cartone di una scatola di pasta. Pasta che non era stata pagata. Ci aveva pensato proprio mentre infilava il cartone nelle scarpe.
Detestava la neve. Faceva il muratore e la neve gelava la calce tra i mattoni che posava. Era diretto a casa, ma che senso aveva tornare a casa? Anche da ragazzo in Italia, in Abruzzo, detestava la neve.
Niente sole, niente lavoro. Adesso viveva in America, nella città di Rocklin, Colorado. Era appena uscito dall’Imperial Poolhall, la bisca locale. Le montagne c’erano anche in Italia, simili ai bianchi monti pochi chilometri di distanza verso occidente. Le montagne erano un gigantesco abito bianco caduto come piombo sulla terra. Vent’anni prima, quand’era ventenne, aveva fatto la fame per un’intera settimana fra le pieghe di quel selvaggio abito bianco. Doveva costruire un camino in una baita. Era pericoloso lassù, d’inverno. Eppure aveva mandato al diavolo il pericolo, perchè allora aveva vent’anni, una ragazza a Rocklin, e bisogno di soldi. Ma il tetto della baita era crollato sotto il peso della neve soffocante.
L’aveva sempre tormentato, quella bella neve. Non capiva per quale ragione non se ne andava in California. Rimaneva in Colorado invece, nella neve alta, perchè ormai era troppo tardi. La neve bianca e bella era uguale alla moglie bianca e bella di Svevo Bandini, così bianca, così fertile, adagiata su un letto bianco nella casa in fondo alla strada. Al numero 456 di Walnut Street, Rocklin, Colorado.
L’aria gelata faceva lacrimare gli occhi di Svevo Bandini. Occhi scuri, occhi languidi, occhi di donna. Nascendo li aveva rubati alla madre, perchè dopo la nascita di Svevo Bandini sua madre non era stata più la stessa, sempre inferma, sempre con gli occhi malati, finchè era morta. Ed era toccato a Svevo avere languidi occhi scuri.
Svevo Bandini pesava settantadue chili, e aveva un figlio, Arturo, che amava accarezzargli le spalle vigorose per sentirle guizzare. Era un bell’uomo, Svevo Bandini, tutto muscoli, e aveva una moglie, Maria, alla quale bastava correre col pensiero ai lombi muscolosi del marito per sciogliersi anima e corpo, come neve a primavera. Era così bianca, quella Maria, e a guardarla sembrava di vederla attraverso un velo d’olio d’oliva.
“Dio cane, Dio cane”. Così diceva Svevo Bandini rivolto alla neve. Perchè quella sera Svevo aveva perso dieci dollari a poker all’Imperial Poolhall? Era così povero, con tre figli a carico, e non aveva neppure pagato la pasta, per non parlare della casa che ospitava figli e pasta. Dio è un cane
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valentina-lauricella · 11 months
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Tumblr è ufficialmente il mio blocco di appunti; questi sono i commenti che ho trovato sotto un video di frasi leopardiane, presumibilmente ad opera di un utente che ritiene di studiare e di pensare: una mente che mi diverte; una delle tante, sia lode a Dio.
"Il piacere (essendo decrescente nel corso dell'esistenza a seguito del progredire colpevole del sonno nella veglia) è sempre o passato (un ricordo) o futuro (una speranza), e non è mai presente."
"L'uomo è infelice perché incontentabile (non rinuncia a priori a partire dall'adolescenza alla cultura degli affetti carnali)."
INCONTENTABILE - spiegazione. L'uomo nasce felice (Genesi 2.8) e vive la felicità come normale non avendo la comparazione col mal di vita, ovvero la nevrosi di massa se non peggio, ragione per cui incautamente scivola nella cultura degli affetti carnali, anche perché in fase iniziale l'affettività stiracchia la felicità e l'individuo cade nell'errore che l'affettività sia il massimo del bene (benessere), ma ben presto la stessa risucchia la sonnolenza nella veglia e l'individuo:
1) Passa dalla Felicità
2) All'Infelicità successiva.
L'AFFETTIVITA' COSI' COME L'INNAMORAMENTO (Genesi 2.17) sono ingannevoli. L'innamoramento nello specifico è il dono del Diavolo (del Sentimento dell'Amicizia).
"Se sei felice non gridarlo troppo, la tristezza ha il sonno leggero". (Giacomo Leopardi)
Esiste la vera felicità in automatico promossa dalla veglia emersa nel lobo frontale del fanciullo in assenza di sonno (Genesi 2.8). Esiste poi la serenità di chi persegue l'amore indistinto, che la persona inconsapevole scambia per felicità (Giacomo Leopardi). Infine esiste la tristezza di chi insegue la felicità, che una volta persa perseguendo la cultura affettiva, è irrecuperabile.
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"Provò funestamente precoce la sensibilità della natura. Anticipò di quattro o cinque anni l'età dello sviluppo! Indi, com'egli mi confessò poi, tutti i mali fisici della sua vita. Vero fenomeno! La stessa natura, concedendo troppo o precorrendo il tempo, uccide o fa miseri". (Carlo Leopardi)
"...difficile stabilire di chi sia la responsabilità della rovina psicofisica del ragazzo prodigioso, perché questi non fa che prendere alla lettera e condurre alle estreme conseguenze ciò che il padre sostanzialmente vuole, la costruzione di sé come "testa", come spirito incorporeo e sostanza angelica: lo studio sarà la penitenza, gioiosamente accettata, con la quale il senso di colpa verrà rintuzzato, gli istinti precocemente attivi cacciati in profondo..." (Dal mirabile, a tratti pruriginoso ma esatto studio di Elio Gioanola, di cui trovate uno stralcio qui ⬇)
L'amicissimo Antonio Ranieri descrive Leopardi come "di testa grande" e nomina spesso, con una sorta di invidiosa libido, il suo "cervello". Riferisce egli che il Leopardi - dovendosi spogliare per un bagno - vedendo l'espressione esterrefatta di lui davanti al suo torace contorto, dicesse con soave ironia: "Che vuoi, la natura...mi ha succhiato tutto il cervello". Questa frase è ripresa successivamente dal Ranieri in senso biologico-naturalistico, nell'affermazione che "la spugna del cervello" aveva succhiato in lui la quasi totalità di fluidi e risorse vitali, lasciandone troppo pochi per la sussistenza del corpo.
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Frequentemente il Ranieri sente il bisogno di rappresentarsi l'amico come "un angelo", iper-razionale, asessuato. Insiste e giura sulla sua "verginità". Non gli concede la deviazione di un amore passionale, definendo come deliri "indegni di cotanto uomo" i soliloqui che a Giacomo strappava di bocca l'amore per Fanny Targioni-Tozzetti. Nella descrizione della sua morte, lo chiama "quella Grande Anima", senza implicazioni religiose, ma come iterato omaggio alla sua "incorporeità". Infatti, per lettera riferisce al padre di Giacomo che suo figlio se n'è dipartito con tutti i conforti religiosi, ma pubblicamente dichiara, a favore dei pochi, ma valenti intellettuali che stimavano Giacomo come ateo, che tale era rimasto fino all'ultimo passo.
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Probabilmente le donne che amò lo considerarono, come dichiarò secondo la propria personale esperienza la contessa Teresa Carniani-Malvezzi, unicamente nella sua essenza di poeta, di spirito, e non come uomo; non contemplavano la possibilità che lui amasse come tutti gli altri. "Signor conte, voi fate per celia"; "Signor conte, forse non vi sentite bene," disse ella vedendo che lui le s'inginocchiava innanzi, dichiarandole il proprio amore. Pensando a quel momento dico, parafrasando il Cardarelli:
"Inconsumata passò
tanta gioia".
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spokenitalics · 2 years
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per caso hai un account goodreads o storygraphs? sono alla ricerca di romanzi da leggere
non ho né uno né l'altro (trovo più semplice segnarmi tutto su un foglio di calcolo), ma posso darti qualche titolo tra i miei preferiti di quest'anno:
earthlings di sayaka murata: la storia di tre bambini (e poi adulti) che sentendosi estranei dal resto dell'umanità e dagli orrori della vita moderna, si convincono di essere alieni per sfuggirgli. la storia non è leggerissima (se pensi a cw questo libro ce l'ha), ma lo stile libera la narrazione dalla pesantezza dei fatti;
the faggots & their friends between revolutions di larry mitchell con illustrazioni di ned asta, che non è un romanzo nel senso stretto del termine ma che amo profondamente: una specie di fiaba che è anche un manifesto politico (che poi non mi trovi completamente d'accordo con la conclusione a cui arriva l'autore è un'altra storia);
il maestro e margherita, di mikhail bulgakov, per cui ogni complimento sarebbe ridondante (posso solo dirti che c'è una parte che mi ha spezzato il cuore in mille pezzi): negli anni '30 il diavolo arriva a mosca, capitale atea del periodo; il caos lo segue. quasi duemila anni prima, ponzo pilato dà la sentenza di morte al mite predicatore jeshua;
l'insostenibile leggerezza dell'essere, di milan kundera, altro classico di cui davvero non mi aspettavo di innamorarmi così tanto: il ritratto di quattro giovani cecoslovacchi nel periodo fra la primavera di praga e l'invasione sovietica, tra amori, lavoro, morte e vita;
letteralmente qualunque cosa di octavia e. butler, ma più specificatamente:
kindred se vuoi uno stand-alone che ti dia un'idea sul suo stile e i temi prediletti da butler: una donna nera americana viaggia nel tempo dal 1976 fino al periodo antebellico. lì si ritrova faccia a faccia con suo nonno (bianco, figlio del proprietario di una piantagione e di numerosi schiavi), sua nonna (nera, ma libera), e un enorme dilemma morale da cui dipende la sua stessa esistenza;
la trilogia lilith's brood se vuoi una cosa più sci-fi: la terra è resa inabitabile da una guerra atomica, ma un gruppo di persone viene salvata da un'avanzatissima specie aliena dall'aspetto ripugnante. il prezzo da pagare per la sopravvivenza dell'umanità è altissimo, e non tutti sono disposti a pagarlo;
la duologia parable of the sower/talents, che probabilmente sono i miei libri suoi preferiti: nel lontano 2020, il pianeta è dilaniato dal cambiamento climatico, un fondamentalista cristiano diventa presidente degli stati uniti con lo slogan 'make america great again', e una giovane donna inventa una religione sognando di far rinascere l'umanità tra le stelle.
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Hi everyone i'm from the devilman fandom and while listening to music i noticed that the song Diavolo by Night Skinny, an italian song, aligned with some of the devilman crybaby themes, this is just my opinion though. Just to clarify i didn't like crybaby but the existence of a song that reminds me of devilman, moreover written in my first language makes me really happy :)
I put in bold the parts that to me fall under the themes of devilman
Also i interpret it from akira's point of view
Here is the lyrics and the traduction in english (I made it myself so it might not be perfect) :
Caro amico, ti chiamo, ma non mi rispondi Guardati, guardati, guardati, sembri il diavolo Forse non richiamerò, forse non richiamerò Amico, ti chiamo, ma non mi rispondi Guardati, guardati, guardati, sembri il diavolo Forse non richiamerò, forse non richiamerò, oh (ehi) Il diavolo è un infame, fa l'amico Ti sta vicino, non mi fido Ho sempre un Corano nel taschino, parole di Dio Lui mi parla sottovoce Proteggo un fratellino che fa il segno della croce L'energia in periferia non va sprecata nelle droghe Noi abbiamo le forze, sì, per sconvolgere le cose Quando piove Giove, quando è sole cuoce Il tempo qui non passa mai, se passa, è troppo veloce Milano è come una scuola divisa in gruppi E se sappiamo io e te una cosa, la san già tutti (tutti) Skinny sa con chi sto e con chi bazzico Vuole da me del rap perché sa come lo mastico E c'è un tramonto eccezionale, ma io sono al cellulare A controllare le entrate, mia madre vede le uscite Cifre, continuo a sgranare, gli occhi si deve abituare Ho triplicato mio padre, Goddamn Caro amico, ti chiamo, ma non mi rispondi Guardati, guardati, guardati, sembri il diavolo Forse non richiamerò, forse non richiamerò Amico, ti chiamo, ma non mi rispondi Guardati, guardati, guardati, sembri il diavolo Forse non richiamerò, forse non richiamerò, oh La mia casa di scatole rotte, Milano Senza balcone, senza un soldo bucato C'era la polvere prima di quei trofei Qualche turista finito nel mio quartiere Mi sentivo in un microonde, non nella mia testa Non conosco un volo senza turbolenze Un punto senza un foglio, fai un buco in un ostacolo Figlio di puttana, penso dovresti strisciare Il diavolo, l'orgoglio, andiamo, lo conosci Vuoto e paranoico, allora il diavolo riprovo Due amici per andare avanti Cantan note differenti anche se nella stessa stanza Ho sempre fatto da me per farti un dispetto Niente da perdere, ti aspetto all'inferno Ma non posso più stare da solo Dove sei? Caro amico, ti chiamo, ma non mi rispondi Guardati, guardati, guardati, sembri il diavolo Forse non richiamerò, forse non richiamerò Amico, ti chiamo, ma non mi rispondi Guardati, guardati, guardati, sembri il diavolo Forse non richiamerò, forse non richiamerò, oh Milano conduce a bollette scadute Mollette cadute sulle magliette sotto la luce Il sole non passa, i palazzi filtrano i raggi Neppure un cuore può scaldarsi fra le impalcature (pah-pah-pah) È il giusto gusto della city, fra', tori impazziti Fiori appassiti, edifici grigi con i graffiti Lei mette pantaloni griffati, ma è un retroscena Gli anni Novanta con tribali sulla schiena, baby Come ti pare, fai quel che vuoi, ma non farmi domande Skinny è con noi che controlla il volante Michael J. Fox, questo diavolo vuole la mia anima in fiamme Caro amico, ti chiamo, ma non mi rispondi Guardati, guardati, guardati, sembri il diavolo Forse non richiamerò, forse non richiamerò Amico, ti chiamo, ma non mi rispondi Guardati, guardati, guardati, sembri il diavolo Forse non richiamerò, forse non richiamerò
Dear friend, I call you, but you don’t answer me Look at you, look at you, you look like the devil Maybe I won’t call back, maybe I won’t call back Man, I call you, but you don’t answer Look at you, look at you, you look like the devil Maybe I won’t call back, maybe I won’t call back, oh (hey)
The devil is an infamous, he pretends to be your friend He's close to you, I don’t trust him I always have a Koran in my pocket, words of God He speaks to me quietly I protect a little brother who makes the sign of the cross Energy in the suburbs should not be wasted on drugs We have the strength, yes, to upset things When it rains Jupiter, when it’s sunny it's sultry Time here never passes, if it passes, it’s too fast Milan is like a school divided into groups And if you and I know one thing, everyone already knows it too (everyone) Skinny knows who I’m with He wants me to rap 'cause he knows how I chew it And there’s a great sunset, but I’m on my cell phone Checking the income, my mother sees the outflow Numbers, I keep staring, eyes must get used I tripled my father, goddamn
Dear friend, I call you, but you don’t answer me Look at you, look at you, you look like the devil Maybe I won’t call back, maybe I won’t call back Man, I call you, but you don’t answer Look at you, look at you, you look like the devil Maybe I won’t call back, maybe I won’t call back, oh
My house of broken boxes, Milan No balcony, no money There was dust before those trophies Some tourist ended up in my neighborhood I felt in a microwave, not in my head I don’t know a flight without turbulence A point without a sheet, make a hole in an obstacle Motherfucker, I think you should crawl The devil, pride, come on, you know Empty and paranoid, then hell I'll try again Two friends to carry on Sing different notes even in the same room
I’ve always done it myself to spite you Nothing to lose, I’ll wait for you in hell But I can’t be alone anymore Where are you?
Dear friend, I call you, but you don’t answer me Look at you, look at you, Dear friend, I call you, but you don’t answer me Look at you, look at you, you look like the devil Maybe I won’t call back, maybe I won’t call back Man, I call you, but you don’t answer Look at you, look at you, you look like the devil Maybe I won’t call back, maybe I won’t call back, oh
Milan leads to overdue bills Clothespins fall on t-shirts, under the light The sun does not pass, the buildings filter the rays Not even a heart can warm between scaffolds (Pah-Pah-Pah) It’s the right taste of the city, bro, mad bulls Faded flowers, grey buildings with graffiti She wears designer pants, but it’s a backstory The nineties with tribals on the back, baby
Whatever, do what you want, but don’t ask me questions Skinny is with us controlling the steering wheel Michael J. Fox, this devil wants my soul on fire
Dear friend, I call you, but you don’t answer me Look at you, look at you, you look like the devil Maybe I won’t call back, maybe I won’t call back Man, I call you, but you don’t answer Look at you, look at you, you look like the devil Maybe I won’t call back, maybe I won’t call back
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danilacobain · 1 year
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Ossigeno - 13
13. Shh, stanno dormendo!
Zlatan aveva trascorso l'intera nottata a pensare a quel bacio che aveva visto tra Sveva e Mark. Come mai lo turbava tanto? Si era quasi sentito geloso. Gelosissimo. Avrebbe voluto essere lui a baciarla, a stringerla tra le braccia, a respirare il suo odore e godere delle sue labbra. Certo, Sveva era bellissima e non poteva negare un certo interesse nei suoi confronti ma di sicuro lei non provava nessun tipo di attrazione per lui. Eppure, proprio quel giorno, avrebbe giurato che Sveva lo guardasse più del solito. A Zlatan piacevano le sfide e non si era mai tirato indietro al primo ostacolo, solo che questa volta non era sicuro che il gioco valesse la candela. Ma quando aveva visto le labbra di Mark poggiarsi su quelle di lei aveva dovuto far appello a tutto il suo autocontrollo per evitare di spaccare la faccia a quel figlio di puttana. Che diamine, era uno stronzo di prima categoria. Era sposato, cazzo. E lei... beh, anche lei non avrebbe dovuto baciare un uomo sposato. Ma almeno aveva avuto la decenza di scappare via subito dopo. Oh, al diavolo! pensò Zlatan, innervosendosi per quella notte passata in bianco ad arrovellarsi il cervello per una stronza. Sveva sapeva benissimo che Mark era un uomo sposato, quindi se aveva deciso di avere una relazione con lui erano solo ed esclusivamente fatti suoi. E a lui non doveva importargliene.
E poi ci si metteva anche Serena, che proprio quella sera lo aveva baciato. Che doveva fare adesso con lei? E con Stephan? Doveva dirglielo? Si alzò di scatto, indossò un paio di pantaloncini da allenamento con una maglietta azzurrina, le scarpe da ginnastica e uscì dalla camera da letto per andare a correre. Mentre scendeva le scale senza fare rumore legò i capelli e guardò l'orologio. Le sei. Bene, un paio di ore di fatica e poi sarebbe tornato come nuovo. Si fermò vicino alla porta, digitò alcuni numeri sul tastierino lì accanto per disattivare l'allarme per quando sarebbe rientrato e lentamente aprì la porta, facendo attenzione a fare il minimo rumore quando se la richiuse alle spalle. Inspirò a pieni polmoni l'aria fresca della mattina e fece un passo per uscire dal portico ma con la coda dell'occhio scorse una presenza alla sua destra e si girò. Sveva. Era rannicchiata su uno dei divanetti, avvolta in una leggera coperta color tortora. Lo guardò, gli sorrise e si raddrizzò. «Ciao.» «Buongiorno» rispose lei. «Che ci fai qui fuori?» «Non riuscivo a dormire.» Zlatan ridacchiò dentro di sé. Sensi di colpa, eh? «Come mai? Era scomodo il letto o... la stanza non era di tuo gradimento?» «Oh no, no. Hai una casa meravigliosa, Zlatan» «Grazie» sorrise, cercando ti toglierla dall'imbarazzo nel quale l'aveva volutamente messa. Certo, la casa l'aveva scelta lui soprattutto per il posto isolato e l'ampio bosco adiacente, ma per l'arredamento degli interni si era lasciato consigliare dalla sua migliore amica Helena. «E tu come mai sei già in piedi?» chiese Sveva fissandolo con quei suoi grandi occhi azzurri, così pieni di tristezza. «Sto andando a fare una corsetta. Comunque se vuoi adesso puoi rientrare, ho disattivato l'allarme.» «Grazie, ma preferisco rimanere un altro po' qui.» «C'è qualcosa che non va? Cos'è che ti fa stare così in pensiero?» «Potrei farti la stessa domanda. Non hai l'aria di uno che ha dormito profondamente stanotte.» «Per questo vado a correre, per cancellare i cattivi pensieri. Vuoi venire anche tu?» Lei sorrise e scosse la testa. «Non credo sia una buona idea.» «Perché no? Correre ti libera la mente. Ti aiuterà a riflettere meglio sulle cose che ti angosciano.» Lei si morse l'interno del labbro. Stava veramente pensando di accettare il suo invito? «Dovrei cambiarmi.» Era un sì? «Ti aspetto.» Sveva si alzò, ripiegò la coperta e la poggiò sul divanetto; gli passò davanti ed aprì la porta. « accio subito» disse prima di scomparire all'interno.
Sveva indossò un fuseaux nero a tre quarti e una canotta rosso scuro e scese di corsa. Aveva trascorso l'intera nottata fuori, senza chiudere occhio e tremendamente in colpa per quello che aveva fatto la sera. Inevitabilmente, poi aveva pensato ai suoi fallimenti amorosi, in particolare a Logan. Di sicuro doveva subito chiarire con Mark e dirgli che era stato un gesto avventato e senza senso e che non doveva ripetersi più. Probabilmente anche lui la pensava come lei, aveva dei figli e una moglie che sicuramente amava molto. Zlatan la stava aspettando seduto sui gradini di legno del portico. Scrutava il cielo terso. «Eccomi.» Zlatan si girò verso di lei e sorrise; si alzò e scese l'ultimo gradino. «Andiamo.» Si incamminarono per un vialetto che si addentrava nel bosco di sua proprietà. «Ti svegli sempre così presto la mattina?» «No, quasi mai.» Zlatan iniziò a corricchiare e Sveva lo seguì ma dopo poco lei non riusciva più a tenere il suo passo. Tentò di continuare a correre ma fu costretta a fermarsi per riprendere fiato. La testa le girava leggermente. Zlatan si girò a guardarla. «Tutto bene?» «Sì, non ti preoccupare per me» rispose lei ansimante. «Ma sei già stanca?» Zlatan scoppiò a ridere. «Sei una schiappa!» Sveva rise di rimando. «Sì, già non ce la faccio più!» «Io proseguo, tu vienimi dietro.» «Ok.» Zlatan scomparve subito tra la vegetazione ma dopo un po' lo vide tornare indietro. «Hai già finito la tua corsa?» gli chiese. Zlatan sorrise. «No. Non volevo lasciarti sola.» «Ma non ti preoccupare, non voglio disturbare il tuo allenamento.» «Non era un allenamento, avevo solo bisogno di sfogarmi un po'.» «Cos'è che ti angoscia?» Zlatan la fissò negli occhi. Aveva uno sguardo così bello e dolce. Perché stava facendo quella cazzata con Mark? Per un secondo pensò di dirle che sapeva del loro bacio. «Il lavoro. Sto per trasferirmi a Parigi.» «Ho sentito. Mi dispiace, ma suppongo che voi calciatori siate abituati a queste cose.» Zlatan sorrise. «Chi meglio di me. Non è mai stato un problema per me cambiare squadra, città, nazione. Ma ora a Milano mi trovo molto bene e anche al Milan. Non vorrei proprio andarmene.» Sveva gli sorrise teneramente. «Ti capisco. Ma vedrai che Parigi ti piacerà.» «E invece New York ti piace?» «Io l'adoro. Milano è la mia casa ma New York è senza dubbio la città in cui voglio trascorrere gran parte della mia vita. Non avrei mai pensato di trovarmi così bene quando sono partita.» Intanto avevano fatto un bel po' di strada e decisero di tornare a indietro. Zlatan si era rilassato abbastanza e i due cominciarono a scherzare. Anche Sveva si sentiva meglio, la passeggiata le aveva fatto tornare il buonumore. Arrivati di nuovo a casa, passarono vicino alla piscina. Casualmente, proprio in quel momento Sveva stava dicendo di aver bisogno di una lunga doccia. «Vuoi fare un bagno in piscina?» le chiese Zlatan ridendo. «Oh no, sarà sicuramente freddissima.» «Non mi dire che hai paura di bagnarti un po'...» «Se ti butti ti seguo» disse lei seria. «Buttiamoci insieme.» Sveva lo guardò di sottecchi e lo seguì a bordo piscina. Lui aveva un'espressione divertita sulla faccia. Era veramente intenzionato a buttarsi? Con tutti i vestiti? Zlatan si girò verso di lei e le fece un sorriso. «Sei pronta?» Sveva si lasciò distrarre da quel sorriso ammaliante e non si accorse che Zlatan l'aveva spinta. O meglio, se ne rese conto quando era già troppo tardi. Lanciò un urlo che l'impatto con l'acqua spezzò. Zlatan non aveva intenzione di farla cadere realmente in acqua, solo di giocare un po' con lei ma gli era scappata di mano. Forse l'aveva spinta troppo forte. Non poté fare a meno di ridere. Lei, una volta in superficie lo guardò furente. «Questa me la paghi!» «Shhhh, non urlare! Stanno dormendo!» «Non ridere!» Sveva uscì in fretta dall'acqua fredda e iniziò a correre dietro a Zlatan che stava scappando verso casa e continuava a ridere. «Giuro che non l'ho fatto apposta!» «Vieni qui!» Zlatan raggiunse la porta e rallentò. L'aprì piano per non svegliare gli altri che dormivano ancora anche se sospettava che le loro urla li avessero già svegliati, ma Sveva stava ancora correndo verso di lui. Le fece segno di tacere, lei gli si avventò addosso a tutta velocità. «Preso!» Zlatan stava per cadere all'indietro, Sveva era su di lui. Scoppiò a ridere e la strinse. «Sei fradicia.» «Wow, non me ne ero accorta.» Solo dopo qualche secondo Sveva si rese conto di avere le braccia intorno alle spalle di Zlatan. Sciolse l'abbraccio ma lui continuò a tenerla stretta e a guardarla negli occhi. «I tuoi occhi sono meravigliosi» le disse. «Grazie.» Il cuore le batteva forte e lei si disse che era per la corsa ma aveva uno strano turbamento, il profumo di Zlatan la inebriava e il contatto con la sua pelle la infuocava. Zlatan si stava avvicinando impercettibilmente alle sue labbra. Sorrise. «Dovrei andare ad asciugarmi.» «Sì» rispose lui, continuando ad avanzare. «Che succede, ragazzi? Ho sentito delle urla...» chiese qualcuno dietro di loro. Sveva e Zlatan si allontanarono immediatamente e si girarono verso Mark. «Ehi Sveva, sei tutta bagnata» continuò lui guardandola da capo a piedi. «Sono caduta in piscina.» «E che ci facevi fuori a quest'ora?» «Siamo andati a correre» disse Zlatan. «Bene, io vado a fare una doccia.» Sveva guardò un secondo Zlatan e Mark e si avviò per le scale, lasciandoli all'ingresso. Aveva ancora il cuore che batteva forte e tutti i sensi in subbuglio ma non ebbe il coraggio di pensare a quello che era appena successo. Lo relegò in un angolo della mente e si tenne occupata per tutto il resto della giornata.
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ichi-go-ichi-e · 1 year
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Buon compleanno, mio diavolo.
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« auguri. mi sporco le mani d'inchiostro e ti dipingo sulla pelle dita e gomiti e braccia e carezze e segni del mio passaggio su di te. dicono sia fatto di egoismo, quello eviscerale che si muove all'interno del costato strisciando tra le membra e colpevolizzo me stesso alla mancanza di contegno in tua presenza. è come essere metallo e tu calamita. per ogni passo lontano da te mi attiri ancora e ancora con forza e desiderio. le tue braccia sono divenute la mia condanna e non c'è luogo in cui vorrei annegare per sprofondare e morire soffocato senza via di fuga che nel calore di un tuo abbraccio. quello che temevo a mani basse era ricadere nello scontato, usare parole che senti ogni giorno in mancanza di quelle reali, privo di qualsiasi dizionario che attesti io sia in grado di comporre frasi che descrivano la tua persona nella sua forma più pura. sarebbe impossibile scendere nei dettagli e nel mio animo da eterno cocciuto sono cosciente che di te non conosco ancora nulla, confido però nel tempo e nella nostra sintonia, questo feeling dannato che conferma le nostre nature. sei diavolo ed io angelo, siamo pietre grezze allo stato puro che hanno bisogno di raffinarsi e farlo insieme. se smusso i miei angoli posso smussare i tuoi e se tu smossi i tuoi puoi dare una mano a smussare i miei. blatero. pronuncio accostamenti di parole quando sono inquieto e spaventato e terrorizzato da quello che una singola persona all'interno di un mondo così vasto sia in grado di provocarmi. per contraddire i tuoi pensieri giornalieri sono al corrente di quante anime esistano e di quante hanno una buona probabilità di essere affini con noi anche per il 50% ma dalla tua parte hai la percentuale più alta, un 100% pieno.
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mi concedo anche di prendermi lo spazio necessario per riordinare il caos nella mia testa. dieci minuti e non ti ho ancora descritto. l'arte del ritratto è complicata ma se hai talento la preferenza la ottiene a mani basse. la scrittura invece è particolare, devi sapere cosa dire per osare ed esporre quello che a voce non esce, s'incastra tra le corde vocali e soffochi. sarebbe bizzarro e alquanto un disagio morire per mancanza di un mezzo per estrapolare parole. quando non riesci a respirare un medico ti buca la gola con una penna e riprendi a farlo ma con quelle incastrate lì in mezzo? ho visto troppe puntate di grey's anatomy e dottor house. a voce non sarei mai in grado di dirti che amo la forza che hai, il coraggio incredibile di aver tenuto le spalle ampie nonostante tutto crollasse e sprofondassi. magari l'hai fatto, non me l'hai detto, non ci parlavamo così tanto e non so delle notti indisposte a rimuginare quelle azioni di cui hai dovuto prendere atto ma sei qui, sei in piedi e respiri e proclami una morte apparente che non vedo. se fossi cieco e tu il mio bastone, direi che l'inferno si è addolcito e non è così male se sventoli la mano di fronte alla faccia.
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ㅤㅤ taglio corto per non dilungarmi ancora, parlavo di quel 50% che non sono te e non hanno i tuoi lati caratteriali che coinvolgono e stravolgono e mi fanno impazzire e l'esaurimento nervoso dicono sia la via prima di un decesso. non sono convinto sia così ma lascia che muoia per mano di ciò che sei, che a me piace indipendentemente dal riflesso che vedi di te allo specchio. ti guardi con attenzione? sei caotico ma sbagliato è solo colui che non si ferma a guardarti. forse avevano ragione, egoista lo sono. un figlio di puttana che vuole la gente ti ami per quello che hai dentro ma desidera essere l'unico che ci scruta fino in fondo. quello che vedo di te mi porta il desiderio di penetrarti il petto con una mano e stringerti il cuore, una presa salda che funga da interlocutore e ti sussurri all'orecchio ci sono, ci sei, me ne prendo cura, non temere, fidati di me, non ti ferirò. è una promessa e la mia natura, mantengo fede alle persone, alle promesse, a te. »
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weirdesplinder · 2 years
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I miei romanzi preferiti di Georgette Heyer
Vi cito spesso i suoi libri nelle mie liste e tra i mi miei suggerimenti, ma mi sono accorta di non avervi mai rivelato i miei libri preferiti di Georgette Heyer, una delle madri del genere romance, inglese e attiva dal 1923 al 1975. Con questo post intendo rimediare a questa mancanza. Ma prima una breve premessa: Ho letto i libri della Heyer quando ero molto giovane, e molti erano di mia zia, quindi quelli non li posseggo personalmente e poi non li ho più riletti, perciò quando mi sono messa a scrivere questo post mi sono accorta che molti non li ricordavo! Orrore! Ma con diverse ricerche e frugando nella memoria e nella libreria sono riuscita a ricostruire le mie letture della Heyer. Non ho letto tutta la sua produzione che è molto cospicua: più di cinquanta romanzi ( io di suo ho letto solo alcuni romanzi ambientati nel periodo della reggenza, ma ha scritto anche romanzi medievali, gialli e contemporanei), ma tra quelli che ho letto i miei preferiti sono:
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1. La pedina scambiata  
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Trama: Nell'aristocrazia inglese del secondo Settecento un solo uomo può fregiarsi del soprannome di Satana: Sua Grazia il Duca di Avon, bello, acuto, elegante e assolutamente privo di scrupoli… soprattutto nei confronti del sesso femminile. Ma il ruolo che impersona con tanta convinzione comincia a stargli stretto quando, per una serie di incredibili circostanze, prende al proprio servizio un giovane paggio… che presto si rivelerà essere un'affascinante e imprevedibile fanciulla, minacciata da un crudele personaggio. Satana si trasforma così nell'Angelo vendicatore, compiendo con grande astuzia le sue mosse su un'infida scacchiera.
La mia opinione: Il mio libro preferito della Heyer. Il Duca di Avon  è il prototipo a cui tutte le autrici di romance dopo la Hayer si sono in parte ispirate per i loro duchi. Lui così maturo, cinico, debosciato, che ha provato ogni vizio sulla faccia della terra, alla fine si scopre affezionato a una ragazza giovane e vibrante che lo ama così innocentemente e totalmente, e senza timore, nonostante tutti lo temano. E così Pigmalione si innamorò della sua creazione……
2. L’inarrestabile Sophy
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Trama: Quando accoglie in casa la giovane e deliziosa nipote Sophy, Lady Ombersley è ben lontana dall'immaginarsi quello che la ragazza è capace di scatenare. E neppure il figlio Charles, assai meno dolce e arrendevole di lei, ne ha una vaga idea. Sophy è infatti a dir poco inarrestabile nel voler risolvere i problemi altrui e dipanare i grovigli sentimentali di chi le sta attorno; inoltre non dimentica i suoi affari. Anche di cuore. Insomma, pare che nessuno sia in grado di fermarla, tranne, forse, proprio Charles. Ammesso che lo voglia...
La mia opinione: adoro questa protagonista impicciona ma con buone intenzioni. E adoro questo tipo di trame.
3. Il figlio del diavolo
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Trama: Per salvare l'onore della sorella Sophia, l'onesta e intelligente Mary Challoner, dall'aspetto non certo appariscente, si vede costretta a fuggire in Francia con il più bello, il più ricco e il più sfacciato libertino della Londra di fine Settecento: il nobile Dominic Alastair, croce e delizia di ogni ragazza da marito. Una scelta rischiosa, che potrebbe mettere a repentaglio la sua virtù, ma Mary è, forse inconsapevolmente, un'abile giocatrice e la partita che ingaggia con l'irresistibile gentiluomo assomiglia molto al gioco del gatto con il topo, dove però c'è il dubbio che ad avere gli artigli sia questa fanciulla dal viso soave...
La mia opinione: Questo non è il tipo di trama che amo, ma il protagonista è il figlio del Duca di Avon, del libro La pedina scambiata. Occorre aggiungere altro? Non credo. Lui non raggiunge le vette del padre come personaggio ma si difende.
4. Il dandy della reggenza
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Trama: Judith e Peregrine Taverner, una ricchissima coppia di fratelli da poco rimasta orfana, si mettono in viaggio per Londra per andare a conoscere il loro tutore e, sperano, per avere il suo consenso a mettere su casa in città. Al loro arrivo scoprono sconcertati che il loro tutore, il quinto conte di Worth, non è l'anziano amico del padre che avevano immaginato, ma il di lui figlio, noto per essere il dandy più affascinante e insopportabile di tutta Londra. Amico di Beau Brummell - il dandy per eccellenza, ispiratore del principe reggente, il futuro Giorgio IV - Julian Worth acconsente a introdurre in Società i suoi due protetti: affitta loro una casa, affida Judith alle cure di una chaperon, apre loro il bel mondo, ma... Ma tra i fratelli Taverner e il conte di Worth non riesce a svilupparsi simpatia, anzi da lì a poco a Peregrine cominciano a succedere cose strane e i due fratelli si chiedono se per caso non ci sia lo zampino di Worth.
La mia opinione: Una punta di giallo e lievi rimandi a Orgoglio e pregiudizio rendono questo libro un piccolo gioiello. Se non fosse che il protagonista del terzo mio libro preferito è il figlio del Duca di Avon e per questo ha un posto speciale nel mio cuore, socuramente questo lo avrebbe superato nella mia classifica personale.
5. Una donna di classe
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Trama:   Annis Wychwood, ventinove anni, è bella, indipendente e pericolosamente nubile. Ricca di suo, può permettersi di vivere da sola a Bath, rifiutando uno dopo l'altro pretendenti che le sembrano noiosissimi e ai quali preferisce una vita autonoma. Un giorno s'imbatte in una giovanissima ereditiera in fuga da un matrimonio che non gradisce. L'aspetto inconsueto e assurdo della vicenda non può sfuggire all'incantevole senso dell'umorismo di Annis, né può sfuggirle l'opprimente monotonia nella quale è vissuta sino ad allora Lucilla, la giovane fuggiasca. Decide pertanto di prenderla sotto la sua protezione e di iniziarla alla vita di società grazie ai moderati piaceri che Bath può offrire. Quel che Annis non ha previsto nell'accogliere Lucilla è l'incontro con Oliver Carleton, zio e tutore della ragazza, scortese, brusco, sincero, intollerabile e irresistibile. Gli scambi e i battibecchi tra i due costituiscono uno degli aspetti più divertenti del romanzo: l'indipendenza dell'una si scontra con l'assenza di galateo dell'altro, ed entrambi saranno costretti a riflettere sul fatto che forse l'amore è tenersi testa.
La mia opinione: La premessa di questo libro mi ricorda molto la premessa del primo libro della serie di Amelia Paebody (chissà se Elizabeth Peters si era ispirata a questo libro per iniziare la sua serie...)....ed è una premessa che di solito mi piace molto. Una protagonista assertiva convinta di sapere sempre quello che è meglio per tutti, che un giorno si ritrova davanti un uomo che non intende cederle il passo, ma è altrettanto convinto di avere ragione....è sempre qulacosa di olto divertente per me, se i loro dialoghi sono scritti bene, e qui lo sono.
6. Il gioco degli equivoci
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Trama: Figlia di un modesto ecclesiastico di campagna, Arabella Tallant è la prima di numerosi figli ed in virtù del suo indiscutibile fascino è implicito che la fanciulla debba fare un buon matrimonio, in modo che il marito possa sollevare da qualche pensiero economico la sua famiglia. La giovinetta si appresta dunque a lasciare le desolate lande dello Yorkshire per vivere una spumeggiante Stagione a Londra, quando la sua carrozza si rompe poco oltre i cancelli della casa di caccia del ricco ed aristocratico Robert Beaumaris. Dopo aver cercato con spontanea impetuosità riparo nella dimora dello sconosciuto gentiluomo, Arabella si sente infastidita da una frase pronunciata dall’involontario ospite e non sa resistere alla tentazione di fingersi un’ereditiera. La bugia potrebbe essere senza conseguenze se Beaumaris non fosse ciò che è – l’arbitro della moda e dell’eleganza, una delle figure più in vista del Bel Mondo. Questo farà si che la sventata menzogna venga portata avanti dalla vivace Arabella per settimane, permettendole di diventare una delle beniamine dell’alta società ma frapponendosi come un grave ostacolo al compito che le era stato affidato, trovare un marito adatto.
La mia opinione: libro spumeggiante, pieno di giochi di ruolo, scambi di persona, bugie…pure troppo, perchè a volte non amo le trame che partono da una bugia che poi si ingigantisce...ma in questo caso tutto funziona soprattutto il personaggio maschile.
7. Un dono dal cielo
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Trama: Sir Richard Wyndham, affascinante gentiluomo inglese di inarrivabile eleganza (e indolenza) parrebbe destinato a un matrimonio con la glaciale Melissa Brandon. Ma il destino ha deciso di farlo imbattere (letteralmente) nella giovane e deliziosa Penelope, in fuga (acrobatica) da una finestra della magione di un'insopportabile zia. Un incontro inaspettato che sconvolge la vita dello svagato e imperturbabile Richard, risucchiandolo in una rocambolesca girandola di eventi che includono misteri e inganni, ma alla fine anche una meravigliosa, dolcissima scoperta...
Trama: le carrozze che si rompono sono qualcosa che si ripete spesso nei libri della Heyer, così come gli incontri fortuiti, a volte la ripetitività di questo spunto mi infastidisce a volte no, dipende da come dopo si sviluppa la tram. CErto è che questo libro e il successivo della lista hanno molti punti in comune e nella mia memoria credo di averli parecchio confusi, perciò li metto entrambi perchè non ricordo qulae mi era piaciuto di più sinceramente.
8. L’incantevole Amanda
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Trama: Il matrimonio non è mai stato in cima ai pensieri di Sir Gareth Ludlow: dotato di una cospicua ricchezza e di notevole fascino, continua a essere tra gli scapoli più ambiti di Londra. Ma ora urge dare un erede alla casata e perciò la soluzione più ragionevole gli sembra quella di prendere in moglie un'amica di vecchia data, con cui condividere le responsabilità del ruolo e i vantaggi di un'unione fondata sul rispetto e la solidarietà. Il destino ha però in serbo per lui un'autentica sorpresa: Amanda Smith, una giovane donna in cui s'imbatte lungo la strada che lo conduce alla tenuta della sposa prescelta. Incantevole, sola e assai vivace, Amanda coinvolge o, meglio, travolge Sir Gareth in una serie di turbolente avventure destinate a fargli cambiare opinione su un certo argomento...
Onorevole menzione per i gialli di Georgette Heyer che sono stati pubblicati nella collana Gialli Mondadori: Passi nel Buio, L'Omicidio di Norton Manor, L'Indizio Incompleto, Il Villaggio del Silenzio, Veleni di Famiglia, Notti e delitti, Corpo contundente, Oltre la menzogna, Delitto imperiale, I serpenti della Cornovaglia, Delitto con replica, Doppio misto con la morte.
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wwweirdworld · 2 years
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l’ennesima mia polemica
Vivo in un paesino di non troppe non poche persone. La city più vicina non è nemmeno una city ed è a mezz’ora di bus. Morale? In sto paesino ci vivono solo bigotti, e i giovani scandalizzano tutti perché la metà sono maranza e l’altra metà sono parte della comunità lgbt. In entrambi i casi sembrano il diavolo agli occhi delle vecchiette locali. 
La cosa che non sopporto in assoluto è che io sia figlia di mia madre e di mio padre, nipote dei miei nonni, eccetera. Mia mamma non è mia mamma, ma è figlia di sua madre, e così via. Non sopporto questo pensiero, perché ogni volta che entro in un qualsiasi negozio, automaticamente so che mia madre verrà a saperlo (nemmeno fosse la CIA), perchè qualche vecchietta glielo riferirà. Non potrei nemmeno comprarmi i preservativi in pace, per dire! Un giorno ho comprato un test di gravidanza a una mia amica, ma sono convinta che in paese aspettino la nascita del mio futuro inesistente figlio.
Non sopporto quando dal panettiere chiunque si sente in dovere di chiedermi cosa voglio fare nella vita e si permetta di giudicarlo. Non sopporto non poter usare il sarcasmo, altrimenti verrei considerata maleducata. Mio padre, alla veneranda età di settanta giri attorno al sole, ha deciso di fottersene di qualsiasi cosa. Mio padre, pensionato, non ha mai un minuto libero nella giornata. È impressionante come abbia la fobia dell’otium, e quindi non si tiene mai in relax. D’altro canto dà del fallito a qualsiasi altro settantenne che non fa come lui. Non appena sente qualche suo coetaneo lamentarsi degli acciacchi, subito lo rimprovera e gli dà del vecchio (da che pulpito)
Un giorno sarò come mio padre, ne sono certa. Mia madre è l’opposto del consorte: lei conosce tutti, parla con tutti, in paese non può percorrere due metri senza fermarsi minimo cinque volte a salutare qualcuno. Tutti la reputano un tesoro di persona, nonostante il marito discutibilmente bisbetico. Mio padre ha pure un buon carattere se lo prendi bene, ma la maggior parte delle volte ti chiedi solo come fa a essere sposato con mia madre. Io sono un mix: mi sento claustrofobica nel mio paese, non ci tengo a viverci ma devo ancora farlo per qualche mese. Vorrei rispondere male a tutti quelli che si fanno i cazzi miei, e non posso urlare ai quattro venti che sono pansessuale. Nemmeno i miei sanno che sono stata con una ragazza: per tutti sono ancora pura e casta.
Non mi piace avere un segreto così, fingermi chi non sono. Ma devo farlo, perché la vita in fondo è un gigantesco palco scenico, e va sopportato questo show, anche se a volte amaro.
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susieporta · 2 years
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Possa tu godere di calde parole
In una fredda serata di luna piena,
in una buia notte su una strada discesa
verso la porta di casa
Che le tue tasche siano pesanti e il cuore leggero.
Che la buona sorte ti segua dal mattino alla sera.
Che ogni lieta notizia ti venga incontro
E ogni cattiva notizia ti volti la schiena.
Che tu abbia tempo per la pazienza,
tempo per comprendere,
tempo per ricordare le cose buone fatte e da fare.
Tempo per credere nei tuoi compagni di viaggio,
tempo per capire quanto valga un amico.
Che le braccia del Signore ti cingano quando esci e quando torni.
Nel nome di Dio che ha fatto un sentiero sulle onde,
possa egli condurti sano e salvo a casa al termine di ogni giornata.
A te la dolce pace dello scorrere dell’onda.
A te la lieve pace del flusso dell’aria.
A te la profonda pace della terra silenziosa.
A te la chiara pace delle stelle lucenti.
A te la vera pace del Figlio della pace.
Possa l’eterno padre tenerti con sé nel suo generoso abbraccio.
Possa tu avere sempre cibo e vestito e un soffice cuscino per la testa.
E possa trovarti in cielo quarant’anni prima che il diavolo sappia che sei morto.
Possa la strada venirti incontro,
possa il sole riscaldare il tuo volto
e la pioggia bagnare soffice i tuoi campi
fino al giorno in cui ci ritroveremo.
Possa Iddio tenerti nel palmo della mano
fino al nostro prossimo incontro.
Possa tu non invecchiare mai:
che il tuo sguardo brilli e la primavera ti colori il cuore.
E mai vecchio diverrai se condividi il sorriso e la pena della gente,
se conservi la capacità di sognare e ridere della vita.
Possa la strada sollevarsi per venirti incontro.
Possa il vento soffiare sempre alle tue spalle.
Possa tu avere la forza dell’orso
La velocità dell’aquila
La laboriosità della formica.
Possa il sole brillare sul tuo viso.
Possa la pioggia bagnare dolcemente il tuo raccolto.
La pace dell’erba sia con te,
la pace della terra sia con te.
Tratto da "Note celtiche", Edizione Paoline
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valeria-manzella · 9 days
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\Non s’è mai visto in Israele un rabbino che cammina sempre, sempre in giro, con la strada come casa e aula scolastica, seguito da una carovana colorata di uomini e donne\I dottori della legge arrivano a Cafarnao da Sud e da Ovest, per metterlo in riga, lui che ha fatto di dodici ragazzi il suo esercito, di una parola che guarisce, la sua arma\E sentenziano che Gesù è figlio del diavolo, marchiato di scomunica\Ermes Ronchi\
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cinquecolonnemagazine · 2 months
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La maschera del diavolo di Antonella Fiaschi
Il passato: un velo ingombrante La maschera del diavolo di Antonella Fiaschi edito da Gaspari è il sequel del primo romanzo dell’autrice, la Metamorfosi dell’angelo, che ha ottenuto un grande successo di pubblico.  Anche in questo caso la protagonista, l’avvocata Caterina Novelli dovrà sbrogliare un caso difficile, fare luce su una scomparsa dolorosa che le renderà il compito ancora più complicato. Le storie narrate da Antonella Fiaschi sono ricche di pathos e ci restituiscono personaggi sempre molto densi, ricchi di contraddizioni e per questo veri, molto ancorati alla realtà. In questo caso Caterina Novelli dovrà misurarsi anche con il suo passato, una questione irrisolta con se stessa, un velo ingombrante, che la metterà a dura prova. Sinossi  L’improvvisa scomparsa del collega di studio Giovanni costringe Caterina Novelli, avvocato di mezza età della provincia del Nord-Est, ad improvvisarsi detective per scoprire cosa celi la misteriosa sparizione dell’amico e cosa lo tenga prigioniero. Con l’aiuto del figlio, passo dopo passo, fra nuove conoscenze, svolte dell’indagine e al drammatico incontro con il proprio passato, svelerà quale terribile segreto lo abbia indotto a nascondersi al mondo e a se stesso. Ringraziamo Antonella Fiaschi per questa bella intervista attraverso la quale abbiamo avuto la possibilità di approfondire la sua passione per il noir e conoscere il messaggio che voluto lanciare ai lettori. La maschera del diavolo di Antonella Fiaschi Salve Antonella e bentornata a Cinquecolonne Magazine! I nostri lettori già hanno apprezzato il suo primo romanzo e ora sono molto curiosi di sapere di che tratta il nuovo libro. Ci può dire innanzitutto se c’è un legame con il precedente? Buongiorno. “La Maschera del Diavolo”, pur essendo un romanzo autonomo e quindi leggibile indipendentemente dal precedente, è l’ideale sequel de “La Metamorfosi dell’Angelo”, perché rappresenta una nuova avventura dei personaggi principali, che il lettore ha già avuto occasione di conoscere con il primo libro: Caterina Novelli, avvocata di Udine, suo figlio Emanuele e Giovanni Nobile, collega di studio, amico e mentore della protagonista. La maschera del diavolo è quindi un sequel che ha come protagonista sempre Caterina Novelli. Secondo lei, in generale, chi punta sul sequel ha molte più chance di lettura? Non saprei se, in generale, via sia maggior interesse verso i sequel, anche se molti lettori, dopo aver finito “La Metamorfosi dell’Angelo”, hanno chiesto a gran voce ulteriori sviluppi della vicenda. Personalmente posso dire che avevo lasciato in sospeso alcuni aspetti della vita, legati soprattutto al passato dei personaggi, per cui è stato naturale per me chiudere il cerchio con questa nuova avventura. Anche in questo caso la protagonista, suo malgrado, si trova ad indagare su un possibile delitto, che ha inizio con l’improvvisa scomparsa di Giovanni. Possiamo dire che lei ha trovato nel genere del noir la sua vocazione? Ha mai pensato di cambiare? Amo molto il genere noir, che a differenza del thriller usa il delitto come pretesto per affrontare temi sociali o psicologici. È un genere sicuramente a me congeniale, per la sua vocazione a celare la realtà, ponendo in luce ciò che appare, che non sempre coincide con la verità di quanto davvero accaduto. Anche ne “La Maschera del Diavolo”, l’indagine che Caterina segue per scoprire nel passato di Giovanni le cause della sua scomparsa, farà emergere anche il dramma che si cela nelle pieghe del suo vissuto. La ricerca reale è anche cammino interiore alla scoperta di se stessi. Nonostante la mia inclinazione verso il noir, penso che chi scrive debba anche sperimentare, affrontare nuove sfide, per cui sicuramente in futuro mi cimenterò in altri generi. Possiamo anticipare qualcosa ai nostri lettori sullo stato d’animo di Caterina Novelli dopo la scomparsa del collega di studio, visto che si tratta dell’amico Giovanni che le è stato di grande supporto nel libro precedente? La scomparsa di Giovanni induce Caterina, che si trova in un periodo cupo della sua vita, a reagire all’inerzia. L’affetto che prova verso l’amico la obbliga ad essere attiva per poterlo ritrovare. Nel romanzo, però, c’è altro: un’inquietante scoperta che fa riemergere il passato della protagonista e la scelta fra vivere nel dubbio o affrontare la verità. Lo stato d’animo di Caterina è, quindi, altalenante e oscilla fra la preoccupazione ed il senso di impotenza da un lato, alla spinta a farsi parte attiva per salvare Giovanni e per comprendere, dall’altro. Anche lei non può esimersi da una domanda di rito che facciamo ai nostri scrittori: attraverso La maschera del diavolo c’è qualche messaggio che vuole veicolare ai lettori? La Maschera del Diavolo tratta il tema del rapporto che abbiamo con il nostro passato, in quei casi in cui lo stesso sia incombente e rappresenti delle catene che non ci fanno liberamente vivere ed assaporare il presente. Il messaggio è, quindi, l’indicazione della via da seguire, metabolizzando ciò che ci è accaduto, considerando i ricordi nella loro giusta dimensione e imparando a lasciar andare ciò che ci àncora al nostro ieri, trattenendo solo quanto ci aiuti a procedere nel nostro cammino. Read the full article
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