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#il giardino dei supplizi
intotheclash · 1 year
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Il bisogno di uccidere sorge nell'uomo insieme alla necessità di mangiare, e si confonde con essa... Questo bisogno istintivo, che è il motore di tutti gli organismi viventi, l'educazione lo accresce, invece di frenarlo, le religioni lo santificano, invece di maledirlo; tutto concorre a farne il perno su cui ruota la nostra splendida società.
Octave Mirbeau - Il giardino dei supplizi
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sguardimora · 5 months
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Nel dispositivo scenico di Tilia Auser per Tre Voci #GenerazioneScenario
Alcuni giorni fa, ospiti del Teatro Lavatoio di Santarcangelo, abbiamo assistito alla prova aperta di uno dei lavori menzionati dal Premio Scenario di quest’anno: si tratta di Tre Voci di Tilia Auser, studio scenico per un radiodramma in versi di Silvia Plath.
La poetessa scriveva Three Women quando aveva da poco dato alla luce il secondo figlio e si era appena separata dalla relazione con il poeta inglese Ted Hughs. Siamo nel 1962 e solo un anno dopo, a trent’anni si toglierà la vita. Questo testo rappresenta forse l'unico caso di cosciente ingresso nel filone della letteratura al femminile. Sganciandosi da una cultura letteraria di tradizione maschile, Plath sperimenta la letteratura delle madri e riesce così ad affrontare un tema tradizionale come quello della maternità in modo personale, liberandolo dal simbolismo positivo della fecondità femminile che fa emergere la cultura maschile, per sottolineare invece la trama di angosce e dolori che si mescolano con la gioia del dare la vita. È un “dramma per ciechi” quello che immagina la Plath, scrivendo questo radiodramma dentro al quale lei stessa si riconosce nelle sfaccettature di quelle tre voci.
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Tilia Auser sceglie allora una scena che ospita una figura femmine a dar voce e corpo alle tre donne del dramma, accompagnata e sostenuta dai suoni distorti di una chitarra elettrica, suonata da un’ombra maschile che incombe, a volte minuscola più spesso gigantesca, dietro un velatino. Le tre figure senza nome, che Plath immagina come tre maschere che portano ognuna un’idea della maternità, incarnate da Sara Bertolucci, si muovono delineando tre livelli sulla scena e tre differenti grammature di voce: c’è la donna feconda, la moglie che aspetta un bambino, che si muove in piedi a centro scena e parla chiaramente al microfono; la segretaria sterile che non riesce ad avere figli che striscia a terra e la cui voce si distorce negli effetti elettronici; e la donna ribelle, la studentessa universitaria che decide di partorire e non riconoscere la figlia che sta più spesso seduta e la cui voce è emessa da un registratore a mangianastri.
Non c’è il reparto di maternità del radiodramma; c’è piuttosto una sorta di serra, riconoscibile dai materiali utilizzati per la scena, ad ospitare il dramma delle tre donne che Plath descrive attraverso metafore naturali. 
PRIMA VOCE: Sono lenta come il mondo. Sono molto paziente, compio il mio ciclo, soli e stelle mi guardano con attenzione.
Sono muta e bruna. Sono un seme prossimo a spaccarsi.
SECONDA VOCE: Sono accusata. Sogno massacri. Sono un giardino di supplizi neri e rossi. Li bevo, odiandomi, odio e ho paura.
TERZA VOCE: Sono una montagna adesso, in mezzo a donne-montagna.
A dominare nei versi e nelle parole intonate da Sara sono “paradigmi naturali, corredati da immagini di fiori, piante ed uccelli, che costituiscono una delle principali nervature della narrazione. Essi si ramificano nell'abbondanza rigogliosa della gioia feconda nella 1a voce, si riducono numericamente nella seconda voce, rattrappendosi nel gelo di un inverno sterile per sopravvivere solo in minima parte nel rifiuto della 3a voce, diversificandosi, a seconda della prospettiva dei personaggi, in elementi di natura 'solare' o 'lunare'” (Russo, 1998).
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Pur condividendo questa scena scura e notturna le figure non si incontrano mai e Sara scivola nei panni dell’una e dell’altra senza soluzione di continuità, portando il groviglio emotivo di ognuna e tenendosi addosso l’ombra a tratti un po’ ingombrante della Plath stessa. È un teatro musicale contemporaneo quello che mette in scena Tilia Auser innescando un meccanismo lirico d’effetto che tesse sapientemente le parole dette e cantate, quelle distorte o registrate ed emesse da un vecchio mangianastri con le melodie post rock suonate dal vivo da  Riccardo Ferri Succimarra.
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[ph. Chris Mazzoncini]
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Rif.
Russo, C. (1998). La maschera a tre voci. Studi Urbinati, B-Scienze umane e sociali, 68, 403-435.
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lenevralgiecostanti · 6 years
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Clara, Il giardino dei supplizi.... #arte #artist #illustration #inspiration #drawing #gallery #concept #dark #book #coverart #soon #octavemirbeau #lejardindessupplices #lenevralgiecostanti
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gregor-samsung · 7 years
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quando si dispone di una donna, è finita la solitudine e la malinconia. Verranno forse dei guai, concludevo, perché la vita è un giardino di supplizi, a sentire certa gente. Ma per ora sono come una di quelle navi fluviali che sostano sotto i ponti di Parigi e che vedrò domattina scendere lungo il filo della corrente: ben catramate, col fumaiolo in attività e tutto l’occorrente a bordo per una lunga navigazione. Certo, l’amore, a pensarci bene, era un’altra cosa.
Piero Chiara, Il cappotto di astrakan, Mondadori, 1978; p. 80   
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commediadipinta · 7 years
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Il Vento Immanente
S’alza il vento e le mie orecchie si drizzano, avvertimento di un insolito ed imminente stravolgimento tra l’aria fosca di una mattina fossile, scura, stracca ed inerte, fetida senza odore, in cui il mio spirito s’è disteso sopra tutto, finalmente in armonia. le vele s’agitano, scalpitano, pronte a farsi grosse. Il capitano aspetta una folata passeggera, ansia d’una notte di pioggia, vanagloria d’un momento – ma sorprende una tempesta, tagliente come lame dentate, impetuosa come sogni di infinita gloria, travolgente, oh! La passività più sfrenata… no, non sono preparato alla tempesta; volo via e nessuno più mi troverà.
S’alza il vento e le mie orecchie si drizzano, di nuovo, avverto un consueto stravolgimento tra l’aria tiepidamente afosa d’una quieta mattinata in cui il mio spirito s’è rifiutato di destarsi, ancora. Vesto un giaccone grave, un’armatura di gesso, m’incammino a passo forte per le strade e m’attacco alle persone che vi trovo, àncore, per non essere trascinato via. Il capitano, teso come una corda di violino, sente d’essere al sicuro, protetto da uno scafo granitico, al timone con le mani attaccaticce – quando festosa si presenta una placida brezza che ridicolizza i miei intenti, mentre gli altri, spogli, si rinfrescano e se la ridono, sudando e traspirando ingenuità.
S’alza il vento e me ne resto seduto.
- Fai come ti pare - dico, e mi piglio l’ascetica saccenteria d’esser l’unico a potermi sentire. Così, nel guazzabuglio d’una solitudine viscerale, le mie parole trasmigrano nell’incombenza dell’ospite sgradito, che non imperversa.
Esso si tramuta in una fanciulla e s’insinua accanto a me. Si siede, composta.
- Non t’interesso più? - mi dice.
Parla con voce lucida e polita, non come la Prosopopea mi narrò del vento. Ballava, nei miei sprazzi d’immagine, era muto e con il corpo s’esprimeva, con le forme prosperose ed allettanti che l’abitudine fa scemare ed il tempo avvizzire. Invece ferma e sopita, lingua tagliente, sostanza effimera, posso specchiarmi nel suo corpo. Mi sfogo:
- M’hai ingannato, a starti dietro ho sbagliato ogni previsione, io – uno stratega che a ghiribizzare con il suo intelletto finisce per ritrovarsi sempre col nemico citrullo alle spalle. Ridicolizzami pure ora, io che vado oltre, che aspiro più lontano degli altri, che pure t’ho avvertita subito; son finito preso all’amo a boccheggiare senza che ci fosse neppure l’esca!
- Io t’amavo… - non riesce a trattenersi e ride mentre parla. Sempre aveva goduto a cogliere di sorpresa i tipi come me. Annoiata se tutti a prevederlo si fossero rintanati alle sue furie, o fossero usciti ai suoi placamenti. Ero rimasto io a dilettarla, tragicomico giullare a testa in giù, sferzato dai supplizi del mio essere un passo avanti a tutti, il passo che porta al precipizio.
I giorni seguenti il vento non s’alzò, drizzai le orecchie ma fu proprio che le drizzai a vuoto. Nondimeno drizzai le orecchie ancora, e mi fermai, e ripresi di nuovo; la calma piatta era l’unica cosa. Mi tormentai vanamente per rendere meno tediose quelle giornate senz’ombra di vento, giravo su me stesso in attesa di un labile sentore di stravolgimento che non arrivava mai. Telefonai al mio amico più caro:
- C’è vento da te?
C’era vento da lui. Mi prese la collera.
Ero certo! Certo che andando lì il vento sarebbe lesto tornato da me, soffiando che pareva canticchiasse per mascherare la sua burla. Eppure avevo già fallito con le mie previsioni… e se per una volta fossi andato contro il mio stesso volere? Pensai. Ma se quella deviazione fosse stata a sua volta il mio stesso volere? In una perenne e convulsa indecisione rimasi fermo, infine mi sedetti, sconfortato. Soffiai più forte che potevo e guardai i fragili petali dei fiori del mio giardino svolazzare via.
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pangeanews · 4 years
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“Perché non si compie una volta qualcosa di insolito, fosse pure soltanto tagliare il filo al venditore di palloni?”. Ricopriamo Georg Heym, lo scrittore ribelle che morì nel ghiaccio
Ci sono questi nobili avventurieri della Giometti & Antonello di Macerata che si firmano solo come Gli editori, essenzialmente antibarocchi, che però hanno dato vita a un sortilegio del genere: ripubblicare i saggi di Ferruccio Masini sull’espressionismo (da vent’anni Adelphi lo lascia in salamoia); affondare la lama nel costato tedesco prima dell’effusione del Terzo Reich (ristampando le lettere editoriali di Kurt Wolff); ridare dignità a Wilcock mentre tasta da rabdomante il terreno di Finnegans Wake. Tutti libri in formato da quadernone e anche economicamente accessibili. Per dire, un romanzetto Einaudi lo pagate di più di Giometti & Antonello che stampa Arsenij Tarkovskij, la Pizarnik che avete imparato a conoscere e tanto Mandel’stam.
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Questo per andare sul liscio. Poi a catalogo c’è qualche frisson snob (Debord, Prevel) che tiene sveglia l’attenzione dei dormienti. Nel complesso, un’operazione prodigiosa che titilla il mio amor proprio di germanista mancato.
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Mi fanno rimbalzare nelle mani la patata bollente Il ladro. Novelle di Georg Heym. Per la storia, lui fu uno dei talentuosi nati negli anni Ottanta in Germania e appartiene a una generazione foltissima: Spengler è del 1880, Heym e Benn dell’86, Trakl dell’87 e Heidegger dell’89. Hanno tutti quanti gli stessi problemi, e ci consentono di usare la generazione come nucleo problematico. Rilke che è del ’75 già aveva un altro percorso…
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In particolare Heym, leggo nella nota editoriale, è il più attiguo ad una idea di letteratura come insorgenza del vitale contro il tedio del giogo storico. I suoi personaggi sono sempre al limite tra tenerezza e crudeltà, anelito e volontà di distruzione, nevrosi e tentazione di esistenza.
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Mi domando come sia morto nel 1912, sui 25 anni, questo baldo giovane. Mezzo suicida come Trakl in ospedale? Assolutamente no. Morì annegato nell’acqua ghiacciata tentando di aiutare un amico caduto mentre pattinavano. Fu una morte ottocentesca per un uomo che come Otto Dix cercava di prefigurarsi il caos novecentesco scrivendo novelle dai titoli poco misteriosi: Dissezione, Gionata, La nave. Titoli generali e quasi astratti ma emblematici di un sentire comune.
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Goethe, tanto per onorare ancora la letteratura tedesca, disse una volta che un uomo ritratto a 30 anni avrà per sempre 30 anni. Goethe aveva in mente le litografie e soprattutto l’entelechia – l’unità che rende com’è l’individuo: un unico, ineffabile.
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Heym che se ne va a 25 anni avrà per sempre 25 anni. Per questo è stato accostato all’aureola mistica di gioventù bruciante di Büchner morto a 24 anni.
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Strappo questa citazione di Heym da Pomeriggio. Contributo alla storia di un ragazzo. “Giunse alla panchina dove a avrebbe incontrato la sua piccola amica; non c’era ancora. Ma era troppo presto. Mancavano ancora dieci minuti. Probabilmente doveva ancora finire il suo caffelatte, sicuramente la mamma non l’aveva ancora lasciata uscire. (…) La sua passione lo trascinò verso quella poltrona di vimini dove a mezzogiorno aveva ricevuto il bacio, come una piccola barca che la tempesta getta spietata su uno scoglio. Forse era seduta là. Era la sua ultima speranza. Passò strisciando fra le sdraie, sempre più vicino. Dalla cima dell’ombrellone una bandierina rossa sembrava chiamarlo. (…) Era lei, seduta in grembo a un ragazzo. Il giovane voltò a sé la testa di lei e le diede un bacio, poi la lasciò di nuovo. (…) Cominciò a correre passando fra le sdraie e la gente. E mentre correva gli venne in mente che aveva già corso una volta così, a mezzogiorno, quando era stato tanto felice. Allora l’angoscia lo sopraffece. Fuggì arrampicandosi sulle dune. Lassù si gettò a terra, col viso fra gli steli. L’avena marina si piegava sopra la sua testa come un bosco, ronzando vennero un paio di libellule. E quella fu la prima volta nella vita del ragazzo che in un solo giorno aveva bevuto dal calice della felicità e da quello del dolore, lui, che era condannato a lasciarsi scuotere ancora molte volte dagli estremi di tormenti senza fondo e di felicità selvaggia, come un vaso prezioso che deve passare attraverso molte fiamme roventi senza incrinarsi”.
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Comunque sia, accanto a questo tepore del cuore, a questa Schwaermerei che in Germania è sempre e ancora moneta corrente, ci sono racconti più affilati ed esaltati come Dissezione che sta all’incrocio tra la Carogna di Baudelaire e Morgue di Benn che è appunto del 1912.
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Già. Benn che spreme cadaveri, studia le sifilidi e si fa i trip sentimentali insieme a Else Lasker. Cazzarola che anni.
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Dalle note di Heym a 23 anni. “La mia infelicità si fonda sulla totale mancanza di avvenimenti nella mia vita. Perché non si compie una volta qualcosa di insolito, fosse pure soltanto tagliare il filo al venditore di palloni! Mi piacerebbe vederlo imprecare! Perché non si assassinano il Kaiser o lo Zar?”.
*
Aveva davanti agli occhi un mondo che a conti fatti anche in poesia era senza fiato:
“Una vecchia barca che, ormeggiata, Nel porto silenzioso, si culla nel pomeriggio. Gli innamorati, che dormono dopo i baci. Una pietra, in fondo a una verde fonte. (…) Una vela che splende all’orizzonte. Il profumo della landa che attira le api. L’oro autunnale che incorona rami e foglie. Il poeta che sente la cattiveria degli imbecilli”.
*
Insomma un lavorio di forma lirica senza nemmeno quel grammo di carne che Rilke ci metteva. Pura forma. Forma e ancora forma. Come mettere lo smalto sul nulla.
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Attenzione però, perché dal nulla dei giovani può sempre spuntare una bestia carnale, una materia inappropriata. Quando Rowohlt che era il braccio destro di Wolff non voleva stampargli le novelle, Heym si mise di buzzo buono e compose Il ladro che ha una tenuta erotica tra Wilde e gli esorcismi degli edonisti. E tanto alla fine vince la donna.
*
Egregio Signor Rowohlt, 
qui allegata un’altra novella che si discosta sensibilmente dalla materia che ho trattato nelle altre. Basterebbe solo questa a rendere il libro assai vendibile. Le cose che trattano della psicologia o tecnica dell’amore – in quanto servono ad usi propri delle lettrici – trovano un pubblico assai ampio. È una breve guida per la donna che voglia farsi tiranna. E cosa esige d’altro alla fine una donna del 1911? Penso che una ragazza che avrà letto questo breve mio manuale lo mostrerà subito all’amica dicendo Ecco, è questo che vogliono gli uomini. (…) Se lei pensa di non trovare pubblico così facendo, devo dirle di Octave Mirabeau e del suo Il giardino dei supplizi che tratta solo di supplizi corporali e che è già più o meno alla ventesima ristampa. (…) Suo devotissimo, Georg Heym 
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In quell’inciso che il libro “tratta solo di supplizi corporali” c’era tutto Heym. Ci avrebbe dato un erotismo somatizzato per via psichica. Peccato si sia fermato per sempre a 25 anni.
Andrea Bianchi
*In copertina: Otto Dix, “Ritratto dell’avvocato Hugo Simons”, 1925
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    Triora paese del territorio ligure
divenuto famoso per le streghe
    Triora il paese e le streghe
    Come fa un paese, con un territorio comunale vasto ma abitato da una bassissima popolazione, essere diventato famoso e meta di turismo, al punto da essere insignito della “Bandiera Arancione” e essere inserito nel circuito dei Borghi più belli d’Italia?
Molto è dovuto da le Streghe, si perché in paese, intorno al 1587-1589, alcune donne vennero accusate di essere le streghe, che causarono pestilenza e carestia nel paese.
    Triora comune della provincia di Imperia famoso per le streghe
    Paese di 360 abitanti, circa, situato nella Valle Argentina, Alpi Liguri, paese montano, intorno alla fine del 1600, divenne nuovo feudo della Repubblica Genovese, cominciando così la creazione di nuove cinte murarie e l’erezione di cinque fortezze difensive, creando un nucleo fortificato, quasi inespugnabile.
Sottoposto a continui tentativi di conquista, il Borgo resistette per secoli, poi agli inizi del 1900, alcuni scontri con amministratori locali, riguardo il territorio, cominciarono a indebolirlo, durante la Seconda Guerra Mondiale, i nazisti si accanirono furiosamente, dando alle fiamme il Borgo e distruggendone interi quartieri, da qui l’inizio del repentino spopolamento.
  Le Streghe e Triora
    Come nacque il “mito” e le streghe a Triora
    Intorno al 1587, in quell’epoca il Borgo Triora era al centro di intensi commerci tra Piemonte, la Francia e la costa ma da qualche anno, incombeva una terribile carestia, causato probabilmente da manovre economiche dei proprietari terrieri, che però, come capo espiatorio, accusarono alcune donne del borgo di stregoneria e infanticidio.
Fu quindi inneggiata la “Santa inquisizione”, contro le presunte streghe, durante la celebrazione della messa, il vicario dell’inquisizione, mandato da Genova, chiese ai parrocchiani di denunciare i nome de le streghe.
Vennero arrestate e torturate trenta donne, di cui tredici furono rei confessi e incarcerati in abitazioni private trasformate in carceri, una delle più importanti è oggi “Ca’ de baggiure”, la Casa de le Streghe, cominciarono anche le morti, tra cui una de le streghe, Isotta Stella era parte della nobiltà e godeva di influenza nella comunità.
Si susseguirono diversi inquisitori, tra cui un commissario di nome Giulio De Scribani, che inasprì il clima di terrore e trasferì le streghe incarcerate a Genova e cominciando nuove ricerche per trovare altre nuove streghe.
Questa persecuzione si estese anche ai paesi vicini, ove ebbero inizio altre caccia a le streghe, le accuse rivolte alle sospettate furono, reato contro Dio, commercio con il demonio, omicidio di donne e bambini.
Finalmente, il 23 aprile del 1589, il tragico processo alle streghe venne terminato, anche se non si sa esattamente che fine hanno fatto le donne incarcerate a Genova ma è probabile che furono lasciate libere.  
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  I luoghi de le streghe
    I luoghi di maggior frequentazione, come si pensava, delle “Bagiue”, antico termine del dialetto ligure ad indicare le streghe, un piccolo sito di ritrovo, è Lagodégnu, fuori dalle mura del Borgo, dove si trova un piccolo lago, altro luogo interessante è il pubblico lavatoio della Noce e la fontana di Campomavùe, il noce è importante perché pareva d’essere l’albero prediletto per le streghe e poi vi è località Cabotina, fuori dalle mura e zona più povera di Triora, pareva che qui vivessero prostitute, donne sole e le prime donne che vennero coinvolte nel processo per le streghe, ora è uno dei luoghi più famosi e visitati.
Tutte le notizie su le Streghe di Triora, sono tratte da “Cronaca del processo alle streghe del 1587“, di Ippolito Edmondo Ferraio, e da “I luoghi delle streghe a Triora“, di Ippolito Edmondo Ferraio.
    A Triora il museo de le streghe e non solo
    Aperto tutto l’anno, a Triora, le Streghe la fanno da padrone anche in epoca moderna.
Voluto dallo storico locale padre Francesco Ferraironi e da alcuni cittadini appassionati, il Museo Regionale Etnografico e della Stregoneria, raccoglie nei sotterranei, che già erano celle, quattro sale dedicate a questo tragico capitolo della storia locale.
In due di queste sono ricostruite scene degli interrogatori e della prigionia delle donne accusate, mentre nelle altre celle, oltre ai documenti del processo, sono riprodotte le streghe artigianali, nelle loro azioni quotidiane.
Qui sono custodite le copie, gli originali si trovano negli Archivi di Stato di Genova, dei documenti che descrivono i supplizi tremendi e gli interrogatori spietati, avvenuti nel corso del Processo del 1587. Il Museo si sviluppa in quindici sale, poste su tre piani, a livello stradale si trovano quattro sale rivolte al territorio di Triora e la storia, con una sala archeologica, una dedicata all’arte a all’artigianato, una alla fauna e un’ultima
dove sono raccolti i documenti e pezzi di vita di Margherita Brassetti, la cagliaritana che giunta a Triora, svolge un’intensa attività di apostolato religioso e sociale per la gioventù femminile locale fondando diverse congregazioni femminili tra cui la Compagnia delle Figlie di Maria e fonda la Pia Associazione dei Santi Tabernacoli, detta anche delle Sacramentine, che accoglieva le donne rimaste nubili.
Il piano interrato è interamente dedicato alla vita nei campi, al ciclo del castagno, quello del latte, la cucina e la cantina.
Infine i sotterranei dedicati alla stregoneria e al giardino dove, tra edera e altri rampicanti, immersi nel profumo dell’erba luisa, sono ricostruite miniature e scorci di Triora.
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Una delle sale del Museo Etnografico e della Stregoneria
Le Sale de le Streghe
  La domenica successiva a ferragosto, si tiene Strigòra, la manifestazione folcloristica nata per rivalutare e smitizzare la figura delle povere streghe, ingiustamente condannate, ci sono bancarelle, giochi per bambini, animazioni, rappresentazioni teatrali, musica.
Ma anche halloween, a Triora, è una festa che attira molti turisti e appassionati del mistero, vi saranno intrattenimenti, animazioni e il grande spettacolo Nutri i tuoi demoni, il tour stregato Il cammino delle anime dannate, nel quale verrà proposto un particolare percorso all’interno del paese, raccontando le vicende che hanno interessato il Borgo di Triora con i processi di stregoneria.
Sarà possibile ammirare e fare acquisti nel mercatino stregato ricco di piatti tipici e curiosità provenienti da tutta Italia e la premiazione del costume più spaventoso di Halloween con ricchi premi ai primi tre classificati.
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  Le streghe di Triora Liguria Triora paese del territorio ligure divenuto famoso per le streghe Come fa un paese, con un territorio comunale vasto ma abitato da una bassissima popolazione, essere diventato famoso e meta di turismo, al punto da essere insignito della “Bandiera Arancione” e essere inserito nel circuito dei Borghi più belli d’Italia?
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intotheclash · 4 years
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Il bisogno di uccidere sorge nell'uomo insieme alla necessità di mangiare, e si confonde con essa... Questo bisogno istintivo, che è il motore di tutti gli organismi viventi, l'educazione lo accresce, invece di frenarlo, le religioni lo santificano, invece di maledirlo; tutto concorre a farne il perno su cui ruota la nostra splendida società.
Octave Mirbeau - Il giardino dei supplizi
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intotheclash · 6 years
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Il bisogno di uccidere sorge nell'uomo insieme alla necessità di mangiare, e si confonde con essa... Questo bisogno istintivo, che è il motore di tutti gli organismi viventi, l'educazione lo accresce, invece di frenarlo, le religioni lo santificano, invece di maledirlo; tutto concorre a farne il perno su cui ruota la nostra splendida società.
Octave Mirbeau - Il giardino dei supplizi
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