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#incartando
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5 MAGGIO 2023
Ora sto un po’ tremando. Stanotte non ho sentito il mal di pancia del ciclo ma stamattina stavo già un po’ strana. Non ho manco mangiato tutto il pranzo. Poi mi ero un po’ ripresa ma adesso mi sento proprio debole. Almeno sto bevendo tè freddo quindi un po’ di zuccheri mi arrivano nel corpo.
Sto facendo la prima tavola della filiera corta e per fortuna sto trovando cose da scrivere e mi sto incartando sui grafici perché adesso che ho usato un colore più chiaro stanno meglio ma ancora non mi convincono e per una volta voglio proporre qualcosa di carino che ho pensato io, senza riciclare idee vecchie.
Ho mandato una foto ad ile dei grafici che sto facendo sia a Daniele che a Ile, ma nessuno capirà la battuta. Con lui mi sto sentendo spesso, principalmente per la questione della missione (che adesso sarà fuori dai suoi piani) ma anche per altro. L’ultima volta che ci siamo chiamati ha cercato di fissare una data per vederci e finalmente fare combo sushi+cinema dato che c’è il film anime nuovo che chiunque ha già visto ma di cui mi scordo il nome, ma poi dice che forse non ci sarà e io lo prendo in giro dicendo che già lo so. Oggi per lo meno mi ha avvisato in anticipo e mi ha anche detto perché non ci sarà e anche che possiamo riprovare settimana prossima (ora scrive pure ya). Vabbè sta migliorando leggermente il ragazzo. Da un lato sono contenta che sta impegnato in tante cose anche se non riusciamo a vederci e dall’altro non voglio che lo prendono a Roma dopo questo colloquio che ha fatto perché mi sono rotta di gente che va a Roma e sparisce dalla mia vita. Ma questo è un altro fatto. E poi almeno è Roma rispetto a che ne so, Bologna. 6 ore di treno.
Gli devo dire che ho iniziato a vedere Dante’s inferno con tutti i dejavu che mi stanno venendo del 4 anno di scuola. A quel periodo dovrei proprio smettere di pensare. Almeno forse questo weekend riesco a finire i sottotitoli e glieli posso inviare. Un regalo di compleanno leggermente in ritardo.
Ad ile devo scrivere dopo, quando esco dallo studio, per vedere quando e come ci becchiamo nel weekend, mi deve raccontare i fatti del prof relatore e di come sta andando al suo studio e potremmo organizzarci per l’esame di stato (io ancora non ho ricevuto nessuna chiamata dalla vicepresidentessa dell’ordine, magari nella settimana prossima, intanto ho sempre il Bluetooth acceso e sono pronta a mettermi gli auricolari per parlare di chissà cosa con lei bho). Mio padre ha saputo che entro il 15 si saprà qualcosa, speriamo.
Intanto mi sto divertendo un mondo a pensare alla missione. Non sarà più a Samos ma a Mitilene (il comeback delle frittate ai peperoni la mattina!!). Cate ha già prenotato la casa, io sarò in stanza con lei e ci saranno questa Giorgia in stanza con Francesca e poi Benedetto nella singola. Questi sono quelli del suo gruppo di tesi più un altro ragazzo del 2000 che già odiano perché li ha costretti ad un cambiamento di tesi facendo tutto da solo. Io ho il virus di immischiarmi nei problemi altrui, questa situazione è troppo bella. Farò dei blog e mi divertirò. Certo se viene Daniele davvero alla fine sarei ancora più contenta ma va bene così, probabilmente le date si spostano facendo rientrare il mio compleanno quindi top. Mia sorella sparirà pure lei una settimana in estate per la scuola estiva di non so cosa che deve fare per il dottorato.
Se non mi sentissi male adesso mi divertirei di più qui nello studio, oggi sto proprio stordita.
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avalonishere · 1 year
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Siamo alla dicotomia, ormai si stanno incartando da soli
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cappottoestivo · 3 years
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Che poi i pensieri lenti sono apparentemente più costruttivi di quelli veloci. Non so se sia poi vero, ma la sensazione è questa. Almeno in questo momento. Mentre a piedi nudi e freddi osservo il caffè che ha ormai raggiunto nella tazzina il limite dell’imbevibile. Troppo lungo, mi sono persa e ho dimenticato di bloccare l’erogazione. Il mio caffè ha perso la quantità del credibile. Il mio pensiero colpevole di ciò ha invece preso sostanza assumendo dimensioni pari a quello del mio caffè. Il caffè ha però perso fascino, il pensiero ne ha acquistato. Ora poco importa quale sia il pensiero in questione: lungo complesso e informe. Affascinante, si. Seducente, si. Ma raccontarlo gli farebbe perdere fascino e seduzione. Mi sto incartando, mi serve un caffè delle giuste proporzioni.
“Dimmi del mondo, o leggimi un giornale, così tanto per fare un discorso in generale “. Fammi tornare in me.
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bicheco · 3 years
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Elodie non aveva l'acqua calda.
Meditate gente, meditate.
Il messaggio è profondo.
Comunque si sta incartando.
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giuliocavalli · 3 years
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Italia Viva è il partito dei diritti civili usati come suppellettili
Italia Viva è il partito dei diritti civili usati come suppellettili
Si stanno incartando. Tutti, su tutto. C’è Renzi che dice a Repubblica che l’identità di genere sarebbe un “punto controverso”, dimenticando che è un concetto già presente nel nostro ordinamento. Ci sono quasi tutti quelli di Italia Viva che ci raccontano come le “femministe” siano contrarie, riferendosi a un minuscolo mondo delle femministe che torna comodo per fare leva. C’è Davide Faraone…
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intotheclash · 3 years
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Tonino ed il Maresciallo Ferri erano arrivati alla fine del silenzioso ed angusto vicolo che terminava proprio davanti alla casa del loro amico Pietro. Esitarono un attimo prima di suonare il campanello, le loro mani erano affondate in tasche di ricordi. Da dietro la porta arrivava attutito il suono dello stereo acceso. Neil Young, pensò Tonino e un vago sorriso corse ad increspargli le labbra.  “Mi piace e credo anche di conoscerlo questo cantante, ma proprio non mi riesce di associarlo a nessun cazzo di nome”, pensò invece il maresciallo. Le mani gli erano tornate fradice di sudore. Dietro quell'uscio c'era gran parte dei suoi ricordi migliori. Ma erano ricordi, appunto. Chissà cosa ci avrebbe trovato ora. Anche se, ne era fermamente convinto, lì dentro ci abitava il suo miglior amico di sempre. Niente era cambiato. O, almeno, lo sperava con tutte le sue forze.
Finalmente Tonino si decise a suonare. Finalmente, perché quell'attesa rischiava di trasformare il maresciallo Ferri in una pozza di sudore, macchiando così in maniera preoccupante la bella pavimentazione in sanpietrini romani. Trascorsero pochi istanti e la porta si aprì. La visione li lasciò a bocca aperta. Come quella volta che, da bambini, videro per la prima volta i fuochi artificiali. "Salve." Disse la creatura dagli occhi incredibili che aveva aperto. Non furono neanche capaci di rispondere. Pugnalati in pieno petto dalla meraviglia. "Stavate cercando qualcuno, o vi siete semplicemente smarriti nel bosco?" Chiese la visione, con una voce di velluto abrasivo.
Tonino fu il più lesto a riaversi: "Scusaci, stavamo cercando il nostro amico Pietro. Io sono Tonino e lui è Bomba." La Fata bionda li squadrò per bene, poi i suoi incredibili occhi verdi screziati d'ambra sorrisero: "Pietro è sotto la doccia, ma, visto che è più di mezz'ora che litiga con l'acqua, dovrebbe uscire da un momento all'altro. Entrate pure, dentro si sta più comodi. Ah, scusate se ancora non mi sono presentata, sono Sandra."
"Chi è questa meraviglia?" Chiese bisbigliando il maresciallo al suo amico. Non voleva essere udito.
"Che cazzo vuoi che ne sappia? E piantala di fare lo sbirro, cazzo!" Anche Tonino tenne il volume al minimo.
"Figurati se faccio lo sbirro! Sono solo curioso, ecco tutto."
"Sedetevi pure dove volete, o, visto il disordine, forse sarebbe più appropriato dire: dove trovate posto. Credevo di essermi già presentata, ma forse mi sbaglio: mi chiamo Sandra. E appena avrò finito di scrivere la mia biografia, ve ne regalerò una copia ciascuno. Autografata, naturalmente." Li interruppe la donna, facendo loro l'occhiolino.
Di nuovo le loro mascelle inferiori caddero pesantemente sul collo. Come poteva averli uditi? Pensò il maresciallo, ammaliato da quella creatura. Che fosse  davvero  una fata. O un diavolo. Un diavolo di fata! Ecco cos'era. Questa definizione lo rese soddisfatto. Appropriata e calzante. Senza rendersene conto e, fortunatamente, anche senza che gli altri se ne accorgessero, si ritrovò a fare segno di si con la testa, in segno di approvazione per la scelta del suo grande amico. Amico che, in quel preciso istante, spalancò la porta del bagno e fece la sua apparizione sulla scena avvolto da uno sgargiante accappatoio. Alla vista dei suoi ospiti, Pietro si bloccò basito. Guardava ora l'uno, ora l'altro, ora l'uno, ora l'altro, con su dipinta un’espressione indecifrabile. Poi un largo sorriso spazzò via ogni apparenza di dubbio. "Questa si che è una sorpresa degna di tale nome!" Disse e si precipitò ad abbracciare i suoi vecchi amici. Li abbracciò a lungo, soprattutto Bomba, che era quello che non vedeva da più tempo. Lo allontanava per guardarlo meglio, poi lo tirava di nuovo a se, come a constatarne la reale presenza. "Ma che razza di improvvisata mi avete fatto?" Poi i suoi occhi accarezzarono la donna e aggiunse: "Scusate, non vi ho ancora presentati. Lei è..."
"Sandra!" risposero in coro i suoi amici.
"Si, direi che su questo, ormai, siamo tutti d'accordo." Sussurrò lei in punta di voce.
"Meravigliosa la mia donna, vero?"
"Già!" Sempre in coro.
"Meravigliosa e mia! Quindi via quelle espressioni concupiscenti dal volto, perdio! Siete miei amici, cazzo! Non potete davvero desiderare la mia donna!"
Tonino abbassò un secondo lo sguardo. Vero, Pietro era suo amico, lo amava, e amava follemente anche sua moglie. Mai, e per nulla al mondo, li avrebbe traditi. Ma lo sguardo di quella donna ti perforava l'anima. E le sue movenze da animale selvatico ne amplificavano l'effetto. Da dove sbucava fuori? Non sapeva nulla della sua esistenza. Non era del solito giro, neanche delle nostre parti. Dall'accento si sarebbe detto che fosse toscana. Sicuramente toscana. con Pietro era sempre andata allo stesso modo: non si sapeva mai un cazzo di dove andasse e cosa facesse, fino a quando non decideva di farti sedere al tavolo dell'evidenza.
"Figurati se vogliamo concupirla!" si affrettò a rispondere Bomba, ma il tono della voce non gli uscì del tutto naturale. E il rosso porpora delle sue gote aggravò la situazione.
"Ciò significa che non ti piaccio?"  Reagì con teatrale tristezza lei. Poi, con uno sguardo da disgelo universale e una voce da serpente del giardino dell'Eden, aggiunse: "Neanche un po'?"
Era davvero un diavolo. Ecco cosa. Altro che fata! Il più bel diavolo che avesse mai avuto occasione di incontrare, d'accordo, ma pur sempre un diavolo; quindi tentatore e pericoloso. L'anima era in serio pericolo. "Lei mi piace molto signorina, ma non nel senso che si potrebbe comunemente intendere..." Si stava incartando con le parole, se ne rese conto, non sapeva come uscirne e decise di continuare senza pensarci su: "O, meglio, mi piace in tutti i sensi, ma ciò non vuol dire che... che... Insomma, lei è la donna del mio miglior amico ed io non potrei pensare a lei come... nel senso che lei intende... Io sono felicemente sposato!" Concluse nell'ilarità generale. Bene, un'altra bella figura di merda da incorniciare. La sua collezione iniziava ad essere sterminata.
"Discorso davvero impressionante! Posso ritenermi soddisfatta. E anche il mio fascino può ritenersi soddisfatto. Ti bacerei volentieri, ma, visto che sei felicemente sposato, non voglio causarti turbamenti." Disse la donna, mascherando a fatica il divertimento.
"Un discorso con i controcoglioni, Bomba!" Disse invece Pietro, abbracciandolo forte. "Uno dotato di tale cristallina oratoria è sprecato a fare il carabiniere."
"E' sprecato qualunque cosa faccia!!" Aggiunse Tonino. E via la seconda raffica di risate. Sembravano ritornati bambini. Quando l'intero universo era racchiuso nei loro sinceri sorrisi.
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corallorosso · 3 years
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- Ehi, buon Natale! - Davvero? Ti pare il caso? - In che senso? Ho solo detto… - Buon Natale. Ti sembra un buon Natale? - Io… non lo so… - Ah non lo sai? Siamo chiusi in casa, isolati, nella mestizia più assoluta senza la possibilità di goderci questo giorno come si deve con le persone a noi care, né di riaffermare la nostra fragile mascolinità scegliendo di mangiare un dolce disgustoso solo perché la società gli ha attribuito valori proletari e testicoli umani. E con queste premesse, tu hai il coraggio di augurarmi buon Natale? - Va bene, allora buone feste. - E ti pare ci sia qualcosa da festeggiare? No, dico, metà di noi sta senza lavoro, l’altra metà si aspetta di perderlo nel prossimo futuro. L’economia occidentale è alla canna del gas, il pianeta va a rotoli, la democrazia si sta incartando su se stessa e intanto librerie, ristoranti, cinema, teatri e tutti i posti che ci hanno cresciuto o dovrebbero farlo, chiudono davanti ai nostri occhi ricordandoci, come se ce ne fosse bisogno, che potrà solo peggiorare. Davvero riesci a trovare un motivo per festeggiare? - Io… uhm… vediamo… auguri allora. - Auguri? Sul serio? Me la stai tirando? Ti ricordo che c’è una pandemia in corso. Che le terapie intensive sono ancora intasate, che la gente continua a morire. Ma auguri di che? Auguri di cosa? Di vivere in prima persona i primi venti minuti dell’Esercito delle Dodici Scimmie? Perché, non so se ti è chiaro, ma è lì che stiamo andando spediti. - Sai cosa? Lasciamo perdere il presente. Buon anno nuovo. - Ah perché ti sembra buono il 2021? È l’anno delle conseguenze, lo sai? L’anno del dopobomba. L’anno in cui ci renderemo davvero conto che la casa non è in fiamme, la casa è bruciata. - Tante care cose. - Quali cose? Che non c’abbiamo manco più gli occhi per piangere. - Facciamo così. Ti auguro la felicità. - La felicità è un’illusione. - A presto. - Il tempo un costrutto. - Buona vita? - E tutti moriamo. - Oh! Si può sapere cosa cazzo vuoi che dica? - Voglio che tu dica qualcosa di sincero, di vero. Non queste stupide frasi fatte con sopra due mani di ipocrisia. Visto che è Natale voglio che tu dica qualcosa che viene dal cuore e che per una volta sia lo specchio sincero di quello che provi in questo periodo! - AAAAAAAAAA! - Oh, finalmente. AAAAAAAAAA anche a te e famiglia. (Non è successo niente)
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karenlojelo · 4 years
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Avrò nuovi occhi li sto riaprendo e parole nuove che sto costruendo imparerò la tua lingua parlerai la mia avrò nuove mani per toccare il mondo sarà la prima volta con un nuovo sguardo tesserò pensieri per muovere passi nuovi verso nuovi occhi non ancora visti e nuove orecchie per ascoltarti meglio nuova pazienza per imparare dal tuo silenzio sto facendo posto sto facendo spazio intrecciando sospiri a nuovi desideri attaccando sorrisi dove non è mai passato ieri incartando carezze per le possibili incertezze che terrò da conto fino a che sarà il momento metto via domande conservando impossibili risposte che non si può mai dire e sorridendo sembrerà che non ci sia mai stato altro.#karenlojelo #poetry #leggere #scrivere #quotes #love #words #ioscrivo #scrittrice #writer #poemas #poetrycommunity #poesia #quotesoftheday #lovequotes #binario8 #libro #bookstagram #leggeresempre #scrittura #amour # https://www.instagram.com/p/B_1pr_9HCKW/?igshid=rm3o1hb8fbpa
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solosepensi · 6 years
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Il tempo che ci viene donato è quanto di più grande si possa ricevere, quel tempo che gli altri rubano a sé per donare a noi, incartando minuti, pensieri, attimi di cuore, non parole di un momento, non pensieri distratti, ma "attenzioni" preziose come diamanti.
Quel tempo a noi donato non lo troveremo come un regalo sotto l’albero di Natale, ci arriverà dritto al cuore .
I baci li danno tutti, gli abbracci anche, ma il tempo no, quello ci viene donato solo da un cuore grande ed è il più grande gesto d'amore o d'amicizia che ci sia.... Silvana Stremiz
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livornopress · 2 years
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Uliveta e nuovo mercato ortofrutticolo, M5S incontra i cittadini
Uliveta e nuovo mercato, M5S incontra i cittadini Sorgente: Il sindaco si sta incartando e rischia di perdere 5 milioni di finanziamenti"
Livorno 13 febbraio 2022 M5S: l’incontro con i cittadini all’Uliveta Nel pomeriggio di ieri, L’M5S ha visitato  l’area dell’Uliveta assieme ad alcuni cittadini che risiedono nella zona. Il sindaco si sta sempre più incartando sulla vicenda dello spostamento del Mercato ortofrutticolo, arrivando ad arrampicarsi sugli specchi in modo clamoroso. -Dichiara Stella Sorgente che prosegue- La cosa più…
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Stavo incartando i regali e sono scoppiata a piangere senza motivo
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cappottoestivo · 4 years
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Non sei addomesticabile, mi ha detto mia sorella.
Parlare, chiedere, fare, lettera testamento. Non era proprio così, lo so. Ma so anche che certe cose non si devono chiedere. La fatica a verbalizzare. Perché di domande vivo. Di ricerca, di risposte, anche. Ma verbalizzarle, altra storia. Ma soprattutto certe risposte non sono necessarie perché evidentemente ovvie. Mi sto incartando, mi capita spesso. Ma non chiedi ad un assetato se ha sete. Gli si dà l’acqua. Semplicemente. Eppure c’è chi l’ovvio vuole proprio che si esprima. Sono omertosa. Lo so. Sono spigolosa. So anche questo. E so anche che il mio aspetto morbido inganna. Ma so anche che di spigoli ne ho smussati tanti. E che forse dovrei congratularmi con me stessa per gli obiettivi raggiunti e non concentrarmi sugli angoli ancora taglienti e che forse mi servono. Quegli angoli. Mi servono da rifugio, mi servono come scudo e, chissà potrebbero servirmi pure come arma. Perché capita che il silenzio in cui mi rifugio è salvifico. Non so se mia sorella dice il vero. E non so se sia più o meno importante. Come non so dove volevo andare a parare iniziando a scrivere. Ma credo che una spremuta d’arance mi aiuterà. Papà le spremeva a mano. Lentamente. In silenzio. Poi mi passava il bicchiere colmo e un po’ appiccicoso al tatto. Mi aiuterà una spremuta. Si, una spremuta. A mano. Lentamente. In silenzio.
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bicheco · 6 years
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Cartucce
"Cartucce", il mio libro. Premessa: nessuno lo pubblicherà mai - sbagliando! - perché lavorandoci venderebbe parecchio, detto ciò ho cercato un po' di indirizzi di case editrici su Google ed ho mandato il materiale. Procedura standard per chi è solo, senza appoggi e conoscenze, contro tutti. Una decina di indirizzi, convinto che nessuno mi avrebbe mai risposto o, al massimo, le classiche quattro parole in croce tra una decina d'anni: "Ci spiace ma il suo libro non rientra eccetera...". Invece un editore ha risposto subito. Ovviamente era un no, ma un no "formulato male". Scombinato e anche vagamente sgrammaticato. Allora gliel'ho "corretto" (i rifiuti bisogna farli decentemente). Per farla breve ci siamo già scritti sette, otto volte. Un po' alla volta me lo sto incartando. Non pubblicherà lo stesso però stiamo diventando amici. Peccato che non sia una donna, altrimenti ci sarebbe scappata una liaison amoureuse.
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bergamorisvegliata · 3 years
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MAI PIU' / 4-fine
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Con il quarto pezzo a firma di Alessandro Baricco, "MAI PIU'" termina le sue pubblicazioni all'interno de "Il Post": abbiamo avuto una summa della filosofia del pensiero dello scrittore, accolto nel nostro blog, che sicuramente non mancherà di suscitare dibattiti e riflessioni.
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Alessandro Baricco martedì 30 Marzo 2021
Storie/Idee
Mai più, quarta e ultima puntata
«Insomma, non stiamo parlando di qualcosa di folle o utopico, stiamo parlando di qualcosa che c’è. E allora dove sta il problema? Il problema è che se guardate tutta quella gente la vedrete costantemente in lotta con una qualche organizzazione più grande di lei, che non lascia passare quel tipo di intelligenza» Alessandro Baricco martedì 30 Marzo 2021
Storie/Idee
Mai più, quarta e ultima puntata
«Insomma, non stiamo parlando di qualcosa di folle o utopico, stiamo parlando di qualcosa che c’è. E allora dove sta il problema? Il problema è che se guardate tutta quella gente la vedrete costantemente in lotta con una qualche organizzazione più grande di lei, che non lascia passare quel tipo di intelligenza»
📷(Denise Cathey/The Brownsville Herald via AP) Così, chiusi in casa ad assistere all’ultima stanca recita dell’intelligenza novecentesca, si aspetta l’avvento di una nuova intelligenza, capace di portarci via di qui. Da che parte arriverà, ci si chiede. E se è già tra noi. Sempre questo istinto messianico ad aspettare il salvatore. A cercare una stella cometa nel cielo per capire dove sta nascendo. Principio speranza.
Se esiste una nuova intelligenza, una cosa è lecito aspettarsela: sarà immune dai blocchi che stanno incartando quella novecentesca. Quindi uno si immagina gente capace di allestire sistemi flessibili, dotata di un sapere multiforme, sufficientemente audace da riaggiornare spesso i propri principi, e felicemente estranea all’idea di dovere sempre domare in modo razionale la realtà. Adesso la domanda è semplice: guardandosi intorno, accade di vederla all’opera, gente del genere? Be’, certo, sì. Per dire, molti di quelli sotto i 35 anni sono così. Se sono intelligenti, tendono a esserlo in quel modo. Ma non è solo un tratto generazionale. Se ci pensate bene, ci sono un sacco di ambienti, aziende, istituzioni, realtà, in cui potrete trovare, anche ai vertici, gente che la pensa così. Che agisce in quel modo. È perfino probabile che gran parte di quelli che stanno leggendo questo articolo siano persone cui viene abbastanza naturale stare al mondo in quella maniera lì. Insomma, non stiamo parlando di qualcosa di folle o utopico, stiamo parlando di qualcosa che c’è. E allora dove sta il problema?Il problema è che se guardate tutta quella gente la vedrete costantemente in lotta con una qualche organizzazione più grande di lei, che non lascia passare quel tipo di intelligenza. Che la rallenta. Una specie di palude che la circonda e dove la nuova intelligenza spesso si impantana. Sarebbe bello dire che è il Potere, a fregarla. Un Potere ancora novecentesco. Ma la cosa è più complessa. A fregarla è la logistica delle nostre comunità, il design strutturale del mondo. A fregare l’insegnante che ha in mente un modo più adatto di insegnare, non è l’autorità razionale di un preside ottuso o la cieca rigidità dei programmi ministeriali: spesso è lo scetticismo dei colleghi, l’ignoranza dei genitori e la pigrizia degli allievi. Il ventenne che avesse in mente una start up destinata a smantellare l’assurda complessità del pagamento delle multe (per dire) sarebbe fregato non da un competitor più potente, che non esiste, ma dal semplice fatto che il numero di persone che vivono grazie a quella complessità è sufficientemente alto da creargli intorno una specie di cordone sanitario. Voglio dire che è la logica strutturale del mondo a rallentare la nuova intelligenza. Il modo in cui è costruito. D’altronde chi lavora alla casa degli umani con una nuova intelligenza di solito non sta ridando la tinta alle pareti, ma sta abbattendo l’edificio per ricostruirlo con un sistema costruttivo diverso. L’intelligenza non fa il decoratore, è un ingegnere strutturale. Per questo il mondo le fa resistenza. Non vuole crollare. Sta su, come il Ponte Morandi, fino all’ultimo istante possibile. Con l’aiuto di mille cecità, complicità, furbizie che ne rimandano il crollo fino all’estremo.Ma, vedete, ci sarà sempre quel pomeriggio di pioggia, e gli stralli cederanno.Nel modo più spettacolare, gli stralli hanno ceduto quando nel panorama del mondo ha fatto irruzione la rivoluzione digitale. Quello è un caso emblematico di nuova intelligenza che disfa la vecchia. Per quanto fosse resistente la densità conservativa che circondava i pionieri di quella rivoluzione, non c’è stato poi niente da fare: dove volevano passare, sono passati. Potevi anche essere Walmart, ma Amazon ti stava fregando. Potevi anche essere il New York Times, ma Twitter ti stava mettendo in ginocchio. Quel che potevi fare, una volta crollato, era scegliere se rimanere sepolto sotto le macerie o ricostruirti più velocemente possibile con il nuovo sistema costruttivo. È la storia di questi giorni.
Così adesso possiamo chiederci se per caso non erano proprio loro, i pionieri del digitale, la nuova intelligenza, e le loro tecniche costruttive il nuovo design strutturale del mondo. Credo di poter dire che sì, in effetti i rivoluzionari digitali hanno cominciato a ricostruire la casa degli uomini secondo una nuova tecnica costruttiva, e hanno iniziato a farlo dal basso. Hanno iniziato dal telefono, pensa te. Dalla macchina per scrivere. Ora sappiamo che ce l’avevano davvero con l’intelligenza novecentesca, possiamo dire tranquillamente che la disprezzavano: alcuni di loro nemmeno si sono laureati. Se andiamo a vedere i quattro blocchi che incartavano i loro padri, loro ne hanno sbloccati alla grande almeno due, con grande chiarezza: hanno cercato e trovato un tavolo da gioco in cui tutto è in perenne movimento, e in cui vince solo chi è flessibile e veloce a trasformarsi; e poi si sono messi a distruggere totem uno dopo l’altro, passando sopra principi e valori che sembravano inamovibili: non erano cattivi, erano solo rivoluzionari, feroci e affamati.
Eppure non è bastato, a quanto pare. Qualcosa non deve aver funzionato, se ancora stiamo qui ad aspettare una nuova intelligenza che ci venga a salvare. Sulla faccenda girano le idee più strane. Per quanto ne ho capito io, non hanno funzionato fondamentalmente tre cose. La prima è che partendo dal basso la rivoluzione digitale ha lasciato in piedi tutte le grandi istituzioni novecentesche del vivere comunitario: per dire, la scuola, la politica, le leggi, le Chiese. Franava il New York Times, ma non la professoressa di greco. Chiudevano le librerie, ma non i partiti. Così è iniziata questa curiosa schizofrenia per cui gli umani si sono trovati a vivere due dimensioni parallele: una, privata e individuale, in cui erano nel futuro, l’altra, pubblica e collettiva, in cui erano rimasti inchiodati al Novecento, quando non all’Ottocento.
Scomodo.
Un’altra cosa che non ha funzionato è che erano tutti maschi, ingegneri, americani, bianchi. Quasi tutti, a voler essere precisi. Ma insomma, la sostanza era quella: i rivoluzionari digitali appartenevano a un’élite non solo molto specialistica, ma anche antropologicamente e sociologicamente profilata in modo quasi claustrofobico: un quadro molto novecentesco. Cosa può nascere da un’élite del genere? È chiaro che era già tutto imperfetto in partenza: non c’è niente al mondo che, se lo fate pensare da maschi, ingegneri, americani, bianchi, può davvero funzionare. Una religione, un’orchestra, un autolavaggio: niente.
Seccante.
Terza cosa: il digitale è una tecnologia che nasce dai numeri, rifugio prediletto della razionalità. Prendete un’espressione come “il respiro del mondo”, e cercatela nell’indice mentale di quella rivoluzione: non è nei primi cento posti. Forse albergava in alcuni dei suoi pionieri: ma non è facilmente reperibile nei device che hanno creato. In questo modo si è finito per fiaccare quella che potremmo chiamare la parte non numerabile del mondo, la vibrazione invisibile del creato. La rivoluzione digitale ha moltiplicato le esperienze, ha devastato tutta una rete di privilegi, ha riportato il senso sulla superficie del mondo liberandolo dalla galera di tanti sacerdoti: ma poi, a forza di numerare il mondo, l’ha per così dire irrigidito, spogliandolo di una complessità che è difficile definire senza ricorrere alla rischiosa parola spirituale.
Inquietante.
Così, in definitiva, la rivoluzione digitale pare essere stata una geniale evasione, una grandiosa distruzione di muri, e la spettacolare apertura di un varco: solo che poi non ci siamo infilati, in quel varco, ci siamo persi a discutere di fake news, di capitalismo della sorveglianza, di cose così. E in qualche modo ci siamo fermati a metà strada. La Pandemia ci ha colto su una specie di confine. Lì vacilliamo, attualmente, aspettando di sapere da che parte cascheremo, quando sarà passata ‘a nuttata. Ci aiuterebbe molto disporre di una nuova intelligenza, e per questo abbiamo il dovere di scovarla, pretenderla e proteggerla. Di dirla, in qualche modo.
E allora provo a dirla, e poi la finiamo e torniamo a raccontare storie. Non potrei spiegare, ma so che l’intelligenza di cui abbiamo bisogno non è un’intelligenza. Sicuramente userà catene logiche, per tenere insieme le proprie mosse, e utilizzerà il sapere per decidere quali fare. Ma non sarà un metodo, non si appoggerà su una rete di principi, non sarà in nessun modo una forma di razionalità. Sarà un fare. Sarà una prassi. Sarà una collezione di mosse. L’intelligenza sarà un fare.Non saprei spiegare bene, ma credo che sarà un fare animale, e quindi per lei pensare sarà un movimento del corpo. Ne sarà consapevole, e in lei finirà questa illusione igienista di pensare pulito. Pensare sporco, ma bene, è ciò che farà.Sarà animale, e quindi collegata al desiderio, non a un principio morale, a un dover essere. Il pensiero c’entrerà con la fame e sarà probabilmente semplice. Comprendere sarà qualcosa di affine all’abitare, non all’andare a caccia. Conoscere smetterà di essere uno strumento di aggressione e dominio, e avrà a che vedere con il bisogno di ascoltare e di integrarsi.Non saprei dire il perché, ma sarà nomade, un’intelligenza nomade. Non avrà una casa, ma molte case. Tutte sarà capace di abbandonarle.
Credo che sarà diffusa, e non concentrata in alcuni luoghi deputati all’intelligenza. Sarà collettiva e non individuale.Mi aspetto che sarà un’intelligenza capace di grande memoria e grande visione: nei momenti più belli, le due cose coincideranno.
So che sarà un’intelligenza emotiva, non nel senso che scoppierà a piangere ogni tre minuti, ma nel senso che lavorerà a partire dalle emozioni. Si muoverà cercando di processare le vibrazioni che, attraverso le emozioni, riceverà dal mondo. Così, essere intelligenti coinciderà con la capacità di registrare il mondo, di sentirlo. Qualsiasi astrazione concettuale elaborata per sintetizzare a freddo la realtà sarà considerata una mappa semplicistica e dunque rischiosa. Nulla di cerebrale sarà considerato utile. Ogni prassi capace di educare alle emozioni sarà guardata con rispetto.
Ragionare sarà considerato un necessario mestiere di servizio, e intuire diventerà il cuore di qualsiasi faccenda.
Tutte le decisioni, credo, discenderanno da un’unica abilità: riconoscere ciò che è morto da ciò che è vivo. Qualsiasi mossa faremo, la faremo per portarci a ridosso di un’energia. Non sarà un’intelligenza che sprecherà risorse a mantenere in vita, per debolezza, ciò che non vibra più. Non le sarà propria l’ambizione ad alterare il corso delle cose, ma se mai quella di saperlo riconoscere.
Non saprei articolare bene la cosa, ma credo che sarà un’intelligenza superficiale, cioè leggera, precaria, sottile. Si muoverà a vista, allo scoperto. Parrà, a tutte le intelligenze che l’hanno preceduta, sottilmente ingenua. Sarà femminile, nel senso che i maschi danno a questo termine. Sarà maschile, nel senso che le femmine danno a questo termine. Sarà imprendibile.
Userà i numeri per controllare il mondo e i nomi per perderne il controllo. Saprà certamente calcolare ma spesso non lo riterrà opportuno. Saprà nominare, ma mai per de-finire il mondo, se mai per ri-cominciarlo.
Mi sembra ovvio pensare che sarà un’intelligenza audace. Nel senso che non avrà paura di perdere e di trovare. Chiunque fabbricherà paura sarà di intralcio, tutti quelli che la moltiplicheranno saranno accompagnati gentilmente fuori. Gli esploratori avranno un posto speciale, li si riterrà necessari. Commiati, addii e distacchi saranno insegnati, come gesti artigianali da compiere bene: li si riterrà obbligatori.
E infine. Sarà un’intelligenza che non ci sorprenderà, perché abbiamo con lei un appuntamento da un sacco di tempo. Moltissime persone ne fanno già lo statuto del proprio stare al mondo. Mentre accettano disciplinatamente la razionalità dominante, la praticano con l’istinto di chi non ha bisogno di capire. L’hanno imparata nei proprio gesti. I più giovani l’hanno spesso ricevuta in dono e basta. Ce l’hanno talvolta senza sapere di averla. Tutti la riconoscono, e contribuiscono a crearla. Non c’è nulla di poetico né utopistico in lei: è un fare condiviso da moltissima gente, che macina decisioni ogni giorno – è semplicemente una delle intelligenze che fanno girare il mondo. È un artigianato del vivere. Siamo destinati, mi sembra, ad affidargli quanto abbiamo di più caro. Un giorno, che faccio fatica a vedere così lontano, guarderemo il nostro andare, penseremo che mai più, mai più così, mai più, e alla precarietà ferrea di quel gesto artigianale affideremo quanto abbiamo di più caro. Sarà un giovedì qualunque, mi sa. Ma è anche possibile che sia stato ieri. Non so, potrei essermelo anche perso. Ero lì, chiuso a scrivere un articolo un po’ difficile.
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sciatu · 7 years
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Saline di Marsala-Trapani ; la maggior parte delle foto sono di Erica
La storia di Stella
Lavoravo in uno di quei piccoli giornali locali on line, uno di quelli dove tra la pubblicità ed offerte di tutti i tipi, riuscite a trovare anche qualche notizia locale. Il Capo mi aveva telefonato in serata dicendomi di fiondarmi alle saline tra Trapani e Marsala dove, secondo la radio della polizia, avevano trovato un cadavere. Io mi sono ”fiondato” con tutta la velocità consentita dal mio vespino 50, ma arrivato sul luogo del fattaccio, non trovai nessuno, non la polizia, ne i colleghi della carta stampata. La cosa mi fa sospettare un po’ di presa per il di dietro, ma a scanso di equivoci vado avanti e indietro a cercare qualche informazione o testimone. Alla fine, rassegnato, stavo per tornare verso Trapani, vedendo però degli operai che raccoglievano il sale nell’ultima salina vicino alla strada mi fermai a chiedere nuovamente. Gli operai raccoglievano il sale da dei mucchi sparsi nella grande vasca dove l’acqua era evaporata. Lo caricavano quindi sulle carriole e lo portavano vicino a un grande cono di sale posto vicino alla strada, dove un vecchietto lo sistemava per bene con una pala. Avvicinandomi a quest’ultimo, dopo essermi presentato pomposamente come giornalista, gli chiesi se avesse saputo di qualche omicidio, di un morto, insomma di qualcosa accaduto nelle saline. Senza guardarmi mi rispose di no continuando a spalare il sale. Chiesi ancora se avesse visto delle macchine della polizia, qualche ambulanza, ma la risposta fu la solita: no! Mi rassegnai. Doveva essere stato il solito scherzo della redazione al neo assunto.
Tanto per non rinunciare alla trasferta e ripagarmi la benzina, chiesi se per caso fosse a conoscenza di qualcosa di particolare la in zona, qualcosa su cui poter scrivere un articolo. Lui con la pala buttò l’ultimo mucchio di sale in cima al grande cono che aveva fatto e asciugandosi la fronte appoggiato alla pala, mi rispose “Qui l’unica cosa particolare è Stella” “…E particolare per che cosa?” chiesi con una certa ansia, lui fece una smorfia con la bocca come per cercare le parole mentre la sua mano destra girava a mezzaria a cercare un concetto che non veniva ed alla fine concluse “Lo deve vedere lei ! Io nun ciu sacciu spiegari” chiesi dove poter incontrare questa Stella e lui indicandomi la strada su cui ero mi disse di continuare “Avi annari avanti quasi nu chilometru. Poi trova nu montaruzzo i terra cu du panchini mi si setta. L’aspittassi da: Stella va sempre a sedersi la al tramonto”. Lo ringraziai caldamente e mi avviai incuriosito. Dopo un centinaio di metri la strada incominciò a salire e dopo un chilometro, mi trovai di fronte una collinetta con due panchine vuote messe sulla cima a guardare il tramonto. Lasciai il motorino e mi avvicinai alle panchine. Davanti c’era tutta la distesa delle saline con le acque che sembravano tanti specchi in cui il cielo azzurro si spezzettava in un bellissimo mosaico. Vedevo anche i mulini per macinare il sale o spostare l’acqua da una vasca all’altra. Le pale erano immobili perché c’era solo una leggera brezza che in quella serata di tardo agosto era molto piacevole. Mi sedetti ad aspettare Stella. Dopo qualche minuto sentii un ticchettio. Mi guardai intorno curioso pensando a qualche animale, ma non trovai niente. Il ticchettio si fece più forte, finché vidi uscire da un sentiero coperto dalle canne una ragazza. Non era molto alta, aveva degli occhiali da sole scuri ed i capelli biondi raccolti in una coda di cavallo. Vestiva un soprabito leggero a scacchi bianchi e neri. L’osservai stupito perché camminava con passo regolare senza guardarsi intorno. Solo quando le canne scomparvero e lei arrivò sulla strada principale mi accorsi che accanto a lei c’era un labrador nero ed il ticchettio che sentivo era quello di un sottile bastone bianco che la ragazza agitava davanti a se, da destra a sinistra. La ragazza era cieca e la cosa più che stupirmi, aumentò la mia curiosità. Arrivata sul bordo della strada si fermò e quando il cane proseguì, lo segui. Salì senza esitazione sulla collinetta arrivando fino all’estremo opposto della panchina su cui ero, si sedette e schioccando le dita, fece sedere il cane che dal momento del suo arrivo mi fissava con un ciglio non amichevole. Chiuse il bastone estensibile ed allungo la mano destra verso di me “Buonasera – disse guardando in avanti – io mi chiamo Mariastella, ma mi chiamano tutti Stella”.
La guardai stupito, non mi ero mosso, né avevo proferito una parola, eppure lei sapeva, senza vedermi che ero li. “Buona sera – risposi schiarendomi la voce e stringendo la mano – ma come….” “Il suo profumo – fece sorridendo – l’ho sentito dalla strada…” Istintivamente mi alzai il braccio per sentire il “profumo”, e capii che aveva usato un eufemismo. “Si in effetti è tutto il giorno che corro e ora….. – mi stavo incartando, dovevo uscirne – mi scusi, io sono un giornalista ed ho chiesto cosa vi fosse di particolare qui intorno; mi hanno parlato di lei, ma non mi hanno saputo dire cosa ha di particolare” Sorrise ancora o forse non aveva mai smesso di sorridere, un sorriso leggero, fatte da labbra sottili e rosee come petali. “Si tutti mi considerano strana, vede io racconto i tramonti” “I tramonti…?” e scossi la testa non capendo “Si, i tramonti – si toccò l’orologio da ciechi che aveva sul braccio sinistro – ora sono le 18:27 incomincia il tramonto: guardi -  disse indicando la salina che avevamo davanti - come intorno al sole tutto diventa dorato, le nuvole diventano grigie con sfumature viola su i bordi, i raggi dorati le attraversano e l’acqua increspata delle saline si accende di arancio, di rosa e di rosso. Tutto intorno diventa buio, perde colore, mentre basso sull’orizzonte il sole brilla di un giallo più forte che si sfuma dorato, trapassa le nuvole e irrompe nell’azzurro del cielo che pian piano s’indebolisce e si oscura.” Io guardavo stupito perché tutto quello che lei diceva si avverava con precisione: il cielo passò da ambrato a color oro, le acque incominciarono ad accendersi, l’azzurro del cielo si stava spegnendo. Era come se Stella fosse la regista del tramonto e che le nuvole e il sole obbedissero alle sue parole. “Ha contano quanti gialli vi sono? il giallo oro il giallo limone, quello ocra, quello aranciato. Guardi come il bordo delle nuvole ora è di un rosa intenso e sta scurendo pian piano diventando viola mentre le nuvole da glauche diventano grigie con sfumature d’azzurro. Ha visto che il mare è scomparso? si è confuso con il giallo delle saline e della foschia in cui l’arancio diventa pian piano rosso e poi lentamente un azzurro denso ed opaco che scurisce a grigio e poi a nero? Ancora qualche minuto e l’azzurro cupo del cielo diventerà notte. Non è uno spettacolo bellissimo?”
Ora la guardavo. Doveva essere giovanissima, non più di vent’anni e sicuramente era cieca anche se quello che diceva era la descrizione di quello che nella salina accadeva. “Ma lei da quando è cieca” chiesi “Dalla nascita, nell’incubatrice mi hanno dato troppo ossigeno e mi hanno bruciato il nervo ottico” “E come fa a sapere quello che accade? che cosa è un giallo o un rosso e la differenza tra il bianco e il nero?” Sorrise dondolando un po’ la testa alla Steve Wonder. “Me lo chiedono tutti. Mio padre i primi tempi mi raccontava cosa accadeva, ma ora lo sento da come cambia il calore del sole. Poi non è vero che non conosco i colori. Rosso è come uno schiaffo, come un bacio sulla bocca o un bicchiere di vino, giallo è il miele, è intenso come lo zolfo, è il sole quando tramonta se lo senti sulle dita, il verde è buono come l’erba, è tenero e dolce come la lattuga, marrone è come la corteccia degli alberi, le castagne, il nero è il silenzio della notte è il mantello caldo e soffice del mio cane, viola è come la vinaccia, delicato come i fiori di rododendro, grigio è il fumo, la cenere soffice ed impalpabile. Chi vede a volte non percepisce, non ascolta o cerca; accetta soltanto senza accarezzare e toccare il colore, senza contarne le sfumature, senza sapere che anche i colori vivono e nell’arco di un minuto cambiano e muoiono. Io passo il mio tempo a colorare il mio buio, a dargli forme, odori, sensazioni che per me sono colori. Faccio lo stesso con le foglie, gli animali, le persone” “Lei vede in modo diverso da tutti gli altri” osservai meravigliato  stupito che la sua percezione, il suo andare dentro le cose fosse più forte della mia visione superficiale in cui il tramonto voleva dire soltanto che avrebbe fatto buio “Diverso è una parola che non mi piace, io vedo come scrive un poeta, ho bisogno di immaginare, associare e scoprire, lei vede come scrive un giornalista, lei vede i fatti, la semplice materia e gli avvenimenti che la coinvolgono, vediamo tutti e due le stesse cose, ma ognuno per come può e sa”.
Mi fermai a pensare. “Dice che fa lo stesso con le persone: a me come mi vede?”. Sorrise, forse anche questa domanda gliele avevano già fatta “Lei è puro e forte come il canto del pettirosso, è amabile come una coccinella su un sasso, è semplice come il fiore del cappero, le nuvole di settembre, il sapore del gambero rosso – arrossì -Mi scusi, ma … è difficile da spiegare…., volevo dire che lei ha una personalità forte, è semplice, ed è curioso delle persone, cerca di vedere cosa hanno dentro. Lei ascolta, forse giudica, ma di sicuro vuole capire.” Restammo in silenzio qualche secondo “Ha reso l’idea -risposi - Certo che un giornalista pettirosso, non ha futuro, specie se ha il sapore del gambero.” notai un po’ scoraggiato mentre lei sorrise ancora. “Devo andare – fece infine -  fra un po’ il mio cane deve mangiare e devo fare un lungo tratto a piedi” Mi salutò e scese lentamente dalla collinetta preceduta dal cane. Attraversata la strada si girò e fece un cenno di saluto. Tornai lentamente verso casa pensando che il direttore non avrebbe mai pubblicato un articolo su una cieca che raccontava i tramonti, a meno che non fosse stata violentata da un extracomunitario, o uccisa da un tossico o tutte e due le cose nello stesso momento. Era questo che faceva vendere e attirava la curiosità delle persone: la gente trasformata in materia e i fatti raccontati per come poteva fare più effetto, come se le persone fossero pupi, o attori di una storia trash. Cosa c’era dentro le persone e cosa provavano e li faceva vivere o morire, era una cosa inutile, da poeta, non da giornalista. Il giorno dopo mi licenziai. Non volevo più vedere il mondo come lo vede un giornalista, in fondo ero il canto di un pettirosso!
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