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#la Lucidità di una novantenne!
klimt7 · 4 months
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La lucidità non ha età
Grazie Liliana!
Dal Corriere della Sera, di oggi 21/02/2024.
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Gentile Senatrice,
la notizia della morte di Aleksei Navalny mi ha sconvolto. Non solo per la fine terribile ma perché mi pare testimoni l’inerzia con cui la comunità internazionale ha assistito alla sua lenta uccisione da parte del regime di Putin. Resta un senso di impotenza.
Risposta di Liliana Segre :
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Il dissidente russo questo lo ha dimostrato in ogni decisione. Non ultima quella di tornare in Russia, nel 2021, consapevole del fatto che lo aspettava una detenzione lunga, ingiusta e spietata. Nel 2021, Navalny aveva la possibilità di restare in Germania, dove gli era stata salvata la vita dopo l’avvelenamento da Novichok di cui era stato vittima (come altri oppositori di Putin) e che lo aveva costretto a un mese di coma. Non lo ha fatto, non riuscendo a concepire l’idea di poter essere libero solo lontano dal suo Paese e lasciando che i russi continuassero a veder erodere le proprie libertà. Perché la libertà o è per tutti, o non è. Ed è proprio questa idea la più dirompente forma di dissidenza a un autocrate come Putin. Un’idea che pare anacronistica in un tempo e in un mondo dominato da convenienze personali. Navalny avrebbe potuto, come altri dissidenti, continuare la sua battaglia anti Putin da fuori, protetto da distanza e leggi. Invece, come ha scelto di fare l’attivista iraniana Nobel per la Pace 2023 Narges Mohammadi, ha messo in salvo in Occidente la propria famiglia ed è tornato lì dove la sua battaglia avrebbe avuto più senso e valore. E quel che è accaduto alla sua morte gli ha dato ragione: migliaia di russi, da Mosca a San Pietroburgo, sfidando la polizia, hanno reso omaggio a Navalny. A Mosca, in piazza della Lubjanka, davanti alla Pietra Soloveckij, che celebra le vittime della repressione politica. Una prova che la lotta per la libertà è vittoriosa anche quando il suo esito è il più nefasto. Mi hanno colpita infine le ultime immagini che abbiamo di Navalny, in cui si rivolge ironicamente al suo giudice-carnefice il giorno prima di morire. 
Mi hanno ricordato la definizione che dell’ironia diede lo scrittore lituano Romain Gary:
«È una dichiarazione di dignità. È l’affermazione della superiorità dell’essere umano su quello che gli capita».
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