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#la motocicletta rossa
spilladabalia · 5 months
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Vanessa - La Motocicletta Rossa
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diceriadelluntore · 5 months
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Memorie Della Collina
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Su Instagram mi è stato mandato uno di quei template da condividere con le serie tv. E tra la scelte c'è questa: rispetto ad altre dello stesso periodo (inizio anni 2000m la serie è andata in onda dal 2003 al 2012), è probabilmente meno famosa, ma One Tree Hill ha ancora dei fanche la ricordano con affetto. La serie, creata da Mark Schwahn, ambientata nella fittizia città di Tree Hill in Carolina del Nord e segue le vite di due fratellastri, Lucas Scott (Chad Michael Murray) e Nathan Scott (James Lafferty), il cui rapporto evolve, nel corso della serie, da acerrimi nemici a fratelli devoti. Tra gli altri protagonisti, Peyton Sawyer, interpretata da Hilarie Burton, Haley James, interpretata da Bethany Joy Lenz e Brooke Davis, interpretata da Sophia Bush (che sono i personaggi nella foto).
Tra le chicche della serie, due musicali: è stata l'unica serie, insieme a The Sopranos, ad avere il placet direttamente dai Led Zeppelin per l'utilizzo di un loro brano (in questo caso, Babe I'm Gonna Leave You); lo stesso titolo della serie, One Tree Hill, venne a Schwahn mentre ascoltava The Joshua Tree degli U2, che hanno una canzone dello stesso titolo. La quale è un gioiello dalla storia triste: One Tree Hill è infatti il nome di una località non lontana da Auckland da cui proveniva Greg Carroll, uno degli assistenti di Bono, morto in un incidente stradale in Irlanda mentre guidava la motocicletta nel 1986, dopo pochi giorni dall'inizio delle registrazioni del memorabile disco. Il brano è famoso perchè, ricorda Brian Eno, Bono lo riuscì a cantare per intero in una unica, toccante, registrazione, con il famoso finale cantato in falsetto.
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Ci giriamo per esporci al freddo, perdurante gelo Mentre il giorno supplica la notte di avere pietà Il tuo sole così splendente non lascia ombre, solo segni Scolpiti nella roccia sulla faccia della terra La luna è alta e su One Tree Hill Vediamo il sole tramontare nei tuoi occhi
Tu corri come un fiume verso il mare Come un fiume verso il mare
E nel mondo un cuore di tenebra, una zona di fuoco Dove i poeti parlano dei loro cuori Poi versano il loro sangue per averlo fatto Jara* cantava, la sua poesia un'arma, nelle mani dell'amore Lo sai il suo sangue ancora grida dalla terra Esso scorre come un fiume verso il mare Come un fiume verso il mare
Non credo in rose dipinte o cuori che sanguinano Finché le pallottole violentano la notte dei misericordiosi Ti vedrò ancora quando le stelle cadranno dal cielo E la luna diventerà rossa Su One Tree Hill
Oh grande oceano Oh grande mare Corri verso gli oceani Corri verso il mare
*Victor Jara, cantautore, musicista, regista teatrale e poeta cileno, fu barbaramente assassinato cinque giorni dopo il golpe dell'11 settembre 1973 contro il Presidente Salvador Allende, vittima della repressione messa in atto dal dittatore Augusto Pinochet
Chi leggerà questo post ha ricordi di questa serie? O ne ricorda un'altra legata ad una particolare canzone?
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susieporta · 2 years
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"Morirai sola come un cane", le diceva la madre che per molto tempo fu incapace di capire il suo disturbo. Con una lettera aperta al Corriere della Sera, la scrittrice Susanna Tamaro, autrice del best seller "Va' dove ti porta il cuore" e ora di "Il tuo sguardo illumina il mondo", ha parlato per la prima volta del disturbo che la affligge da sempre.
"Soffro della sindrome di Asperger, è questa la mia invisibile sedia a rotelle, la prigione in cui vivo da quando ho memoria di me stessa. La mia testa non è molto diversa da una vecchia motocicletta. In certi momenti la manopola del gas va al massimo, in altri le candele sono sporche e il motore si ingolfa. Dentro di me ogni mattina apparecchio una tavola. C’è molto ordine nel mio disporre le stoviglie, prima il piatto, poi il bicchiere, il pane, le posate ai lati, in mezzo al tavolo la brocca dell’acqua, magari vicino un piccolo vaso con un fiore. Poi qualcuno, all’improvviso, dà un violento strattone alla tovaglia e tutto vola a terra con gran frastuono di metallo, cocci e vetri".
"Le cose che facevano gioire gli altri bambini mi lasciavano indifferente. Avvenimenti di cui gli altri bambini neppure si accorgevano mi provocavano strazi interiori. I miei capricci erano capricci metafisici, privi di oggetto. Mi buttavo a peso morto per la strada e mia madre era costretta a trascinarmi per un braccio. Diventavo rossa, viola, le vene della fronte gonfie, pronte a esplodere. Gridavo con quanto fiato avevo in corpo, mi divincolavo come un’indemoniata in preda a una rabbia fuori controllo. A queste crisi seguivano lunghi periodi di quiete atarassica. Il tempo necessario per apparecchiare nuovamente la tavola. 'Morirai sola come un cane!' gridava ogni tanto mia madre, esasperata dai miei comportamenti. Povera mamma, oltre a un primo marito più che disgraziato e un secondo psicopatico oltre che alcolista, ha avuto anche una figlia che era come una cassaforte di cui nessuno conosceva la combinazione. In un tempo poi in cui ai bambini era posta un’unica opzione — obbedire — come si deve essere vergognata di quella figlia fuori controllo, totalmente indenne dalla logica correttiva del castigo".
"E che cos’è che mi permette di sopravvivere alla fragilità dei miei giorni? Tutto ciò che è limitato, ripetitivo, stabile. Tutti i mondi in cui quello che accade è chiaro, senza possibilità di fraintendimenti. Praticare arti marziali, osservare le api, suonare il pianoforte, raccogliere quasi ossessivamente vecchie biciclette, passare ore a curarle per il senso di estatica meraviglia che provo davanti alla loro meccanica perfetta. Ho avuto anche la fortuna di poter costruire, intorno a me, un mondo a mia misura".
"Prima di morire mi ha regalato una scatoletta di legno con un cuore inciso sopra. Quando l’ho aperta, ho trovato al suo interno un biglietto scritto di suo pugno: «Ti voglio bene anche se non ti ho mai capita».
Susanna Tamaro
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corallorosso · 3 years
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54 anni fa veniva assassinato Che Guevara: moriva il ribelle, nasceva il mito Il 9 ottobre del 1967, il comandante Ernesto Che Guevara, tra gli artefici della Rivoluzione cubana, veniva assassinato a la Higuera, in Bolivia, dopo essere stato catturato da un reparto delle forze speciali assistite da agenti della CIA. Quel giorno moriva il ribelle rivoluzionario e nasceva il mito. Un mito che non accenna a diminuire. La sua icona ha resistito al logorio del tempo, con tutto ciò che si è portato dietro: l’assassinio a 39 anni di età, l’abbandono dell’Avana quando era al culmine della popolarità come leader della rivoluzione, la sua coerenza portata fino alle estreme conseguenze; il volto da eroe giovane e bello ritratto in decine di fotografie (in particolare quella iconica di Alberto Korda, con il basco e lo sguardo rivolto all’orizzonte), un viaggio giovanile in alcuni paesi latinoamericani a bordo di una moto (celebrato dal regista brasiliano Walter Salles nel film I diari della motocicletta, del 2004). E infine quella morte violenta, brutale, che lo ha consegnato ai posteri come un novello Cristo. Guevara è diventato uno dei riferimenti del ’68, del ’77, dei No global e di chiunque rifiuti l’ordine costituito in ogni angolo del mondo, da Cuba al Molise, dal Venezuela al Laos. È dunque l’unico mito rivoluzionario che resiste. Per le generazioni contemporanee, come per quelle precedenti, anche se non hanno mai letto i suoi scritti e conoscono ben poco della sua biografia, il Che è sinonimo di ribellione al potere e di indissolubile rapporto tra etica e politica. (...) La faccia del Che è di per sé un marchio e il simbolo globale della ribellione pura, più ancora delle sue idee. (...) Il volto del Che è considerato il simbolo globale di una sfida allo status quo, della ribellione contro le ingiustizie. È l’eredità del ribelle che ci ricorda che bisogna prendere posizione e, se serve, combattere fino alle estreme conseguenze. Ci sono pochi altri volti in grado di esprimere un messaggio simile. Perché Guevara, per quanto fossero trendy, come diremmo oggi, il suo basco e la sua barba, era un guerrigliero. Non era un marchio o un attore. La vita del Che era sostenuta dalla coerenza tra il suo pensiero e le sue azioni. Questa è la più grande eredità. Come ha scritto Liudmila Pena Herrera sulle pagine della Juventud Rebelde : “Questa è, per me, la definizione più esatta di ciò che dovrebbe essere un leader rivoluzionario: fango fino alle ginocchia se necessario per seminare; con la suola dipinta di terra rossa se la fabbrica ha bisogno di produrre più nichel; pranzare in una sala con gli operai se si vuole davvero sapere di cosa ha bisogno il minatore, cosa pensa la sarta, cosa manca al dottore, l’angoscia e i sogni del contadino. Insomma la vita che quella massa pensante che sono le persone, e chi ha bisogno di sapere che chi le chiede e le promette, è prima capace di sentire e di fare. Perché, come ha detto lui stesso nel suo intervento in occasione della premiazione degli operai eccezionali del Ministero delle Industrie, il 30 aprile 1962, chi fa la storia, chi la fa giorno per giorno attraverso il lavoro e la lotta quotidiana , che la firma e la fa diventare realtà nei grandi momenti, è la classe operaia, sono gli operai, sono i contadini, siete voi, compagni, gli artefici di questa Rivoluzione, i creatori e i sostenitori di tutto ciò che c’è di buono in essa.” Sua figlia Aleida Guevara in un’intervista rilasciata al quotidiano Vanguardia, lo ha ricordato così: Penso che abbia adempiuto a quello che diceva sempre, perché giovanissimo affermava che quando sentiva odore di polvere da sparo e sangue, sarebbe stato accanto agli operai, agli umili, e lo ha fatto. In qualche modo, il Che continuerebbe oggi a fianco dei nostri popoli. Partecipare e attirare la nostra attenzione. Correggere i nostri errori . “Siamo un esercito di sognatori, è per questo che siamo invincibili.” Ernesto Che Guevara Marquez per Kulturjam
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Quarantena giorno 36
Sono 36 giorni che non lavoro (ovviamente lavoro da casa). Certo, inizialmente qualche uscita l’ho fatta. Ma oggettivamente sono 36 giorni che sono in quarantena, in una zona rossa, lontana dalla mia famiglia. 
Ho preso una stanza in affitto esattamente la settimana prima della quarantena e ora mi ritrovo a pagare un affitto per essere più vicina al mio luogo di lavoro senza andare a lavoro e presumibilmente senza andarci più sino a fine contratto. 
Ho visto gente fare finta di nulla finchè la paura non li ha presi, finchè la situazione non è diventata grave. Ho visto gente impanicarsi come non mai. E ho visto meme, quintalate di meme tra bugo, morgan e il coronavirus. 
Ho ricevuto messaggi da amici in Francia, in Marocco, in America, convinti che non gli sarebbe toccata per poi sentirmi dire “Siamo anche noi sulla stessa barca”. 
Ho visto gente impazzire in giro, che ti guarda male se non hai la mascherina, che ti insulta se ritiene che tu non stia facendo come farebbe lui. Ho visto gente insultare i terroni perchè tornati a casa, ho visto gente insultare i ricchi milanesi andati in Francia a sciare, ho visto gente uscire e fotografare la gente uscita lamentandosi come se il loro motivo dell’uscita fosse più valido di quello altrui. 
Ho discusso con addetti dei supermercati perchè sono andata a fare la spesa con la coinquilina poichè abbiamo una sola macchina. Continuava a ripetermi “uno per famiglia” e io continuavo a dirgli “uno per famiglia non vuol dire uno per casa”. E pensare che nelle città di oggi la realtà maggiore è quella di co-housing che non viene nemmeno considerata. “L’importante è avere un bagno privato”. si certo, e tu le hai viste le case degli universitari?
Ho discusso con il commesso della comet che pretendeva che mi mettessi un tovagliolo davanti alla bocca per parlargli mentre il suo collega aveva la mascherina appesa al collo. 
Ho visto gente guardarmi male perchè ridevo e scherzavo con una mia amica in fila davanti ad un negozio, bardato di guanti, mascherina, cazzi e mazzi, per poi togliersi la mascherina per fumare. 
Ho visto persone anziane, tantissime persone anziane andare in giro poichè pensano “Se mi becca me ne andrò”, senza pensare che però a contagiare gli altri potrebbero essere loro. 
Ho visto la scuola ritrovarsi impreparata completamente. Da insegnanti che prima ti guardavano smarrite anche solo per accendere un pc ritrovarsi a fare quintalate di videolezioni, g suite, classroom, videocall, meet, google moduli etc. 
Ho visto una scuola che “costretta a lavorare”, sta riempiendo questi ragazzi di cose da fare, il risveglio muscolare, la videolezione, i compiti i compiti i compiti. 
Genitori che si lamentano che fanno troppo, quelli che fanno troppo poco, e nel frattempo mi commuovo al mio collega compagno napoletano che consiglia ai 12enni “I diari della motocicletta”. Ma poi viene additato perchè non fa le videolezioni in presenza per impegnare le mattine dei ragazzi. 
E poi ci sono io che continuo a cercare di accontentarli tutti e di rendermi utile mentre penso a tante cose.
A quanto fossi convinta che il mondo e l’italia avesse un problema di sovrappopolazione e in natura, le epidemie, nascono proprio per questo. Ma ormai noi siamo lontani dalla natura, dalla biologia, da come e perchè facciamo determinate cose. Noi abbiamo la ragione, la scienza, i libri, i computer, le tecnologie, mentre io ancora mi dissocio mentre sono in macchina e immagino le strade piene di traffico come le linee dei tunnel delle formiche nei formicai. E che prima o poi la natura si riprende il suo spazio e il suo potere.
A quanto mi sorprenda la gente che si meraviglia che queste cose possano accadere anche a noi. C’è un mondo molto più vasto di quello occidentale che ha a che fare con sistemi sanitari di gran lunga differenti, e situazioni igieniche decisamente peggiori, che con le epidemie ci hanno a che fare sempre. Con malattie che noi curiamo con un antibiotico qualcun altro, da un’altra parte, ci muore. E quindi? dobbiamo fare i conti con la fine dei nostri privilegi. 
Vorrei ricordarvi che non sappiamo più stare senza un cazzo di telefono, senza aprire instagram,  senza fare una videochiamata, senza sparare il cazzo fuori dalle mutande nelle chat. Non sappiamo più fare niente senza mostrarci agli altri, senza fingere di essere connessi. 
Non sappiamo più concentrarci, non sappiamo più annoiarci. 
Forse per noi è tardi, ma sti bambini fateli annoiare, fategli scoprire come ci si può ingegnare. 
Basta non so più cosa dire
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holmes-nii-chan · 5 years
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[DCFS] Zero no Tea Time - Capitolo 15 - Traduzione ITA!
Dopo un sacco di tempo, finalmente il capitolo 15.
Buona lettura!
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TIME. 15 - Scortese nei confronti del curry
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[Punto di unione Nord - 35° 41' 39'' Est - 139° 45' 29''] *bip*
*dling* *bla bla bla...* [Locale specializzato in Curry]
< Le mie scuse, ma per ora tutti i tavoli sono occupati... < Le dispiacerebbe sedersi con qualcun altro? K: Va bene!
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< Prego, per di qua!
K: Furuya-san, che le è successo...? K: Quella ferita?
A: Ah, si tratta ieri...
K: A proposito di ieri, quei criminali in fuga... K: Sono stati catturati con una motocicletta bianca nei pressi del molo del porto di Tokyo! K: Per quanto riguarda la persona che lo ha rintracciato, K: Stiamo svolgendo delle indagini attraverso i filmati della videocamera di sorveglianza, ma...
K: Abbiamo dei problemi nell'identificarla... A: Kazami, A: Più che altro...
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K: Ah, K: Mi scusi! < Avete deciso cosa ordinare?
A: Del pollo al curry mediamente piccante, per favore.
K: E io del curry di manzo molto piccante! < Va bene anche se il nostro curry di tipo molto piccante è molto forte?
K: Nessun problema! K: Ne porti un bel po'! > Certamente!
> Prego, fate con calma!
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K: Ooh, ha l'aria piccante! *flup*
K: Sono un fanatico del cibo piccante, K: La sensazione di sfidare me stesso mi esalta molto! K: Più piccante è, K: Più ne desidero, pare!
K: Bene, allora...
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A: Per un tipo di curry così ricco, più che queste verdurine marinate in salsa di soia rossa, A: Va meglio il porro bianco nostrano, dalla buona acidità!
A: Contiene molti nutrienti e sarà anche un valido aiuto per la digestione... A: Però, beh, sono gusti! K: Anche io stavo giusto pensando di prendere i porri! *flup*
< Buon appetito!
*fzz*
A: Anche se farlo separatamente va bene, A: in realtà vorrei proprio mangiare le patate assieme al curry!
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*gnam*
A: Già!
K: Che buono!
K: D'accordo, anche io! K: Eccolo qua! *gulp*
K: Curry molto piccante! *gnam*
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*gulp* K: Co-
*fsss* K: Com'è piccante!
A: Sai, io... A: Cerco di non bere mai acqua mentre mangio del curry... *gnam gnam* *fsss fss*
K: Eh?!
A: Non credi che sia scortese nei confronti del curry? *flip* K: Sco- K: Scortese?
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A: Diluire il miglior roux con dell'acqua...
K: Ha- K: Ha rajone, fì! A: Bere dell'acqua per provare a diminuire il gusto piccante... A: Alla fine darà il risultato opposto...
A: La liposolubilità della capsaicina, la componente responsabile del gusto piccante, A: Si spargerebbe infatti per tutta la lingua a causa dell'acqua, rendendo la piccantezza ancora più materica...
*blurb* *fwoosh* A: Solo dopo aver mangiato tutto il curry... A: Bisognerebbe, allora, bere acqua!
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A: Aah... A: Proprio buono!
A: Allora, Kazami, com'era... A: ...il curry molto piccante?
K: Kazami? *rumble*
*sup*
*glugluglu*
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K: Mo- K: Molto buono...
K: L'acqua...
A: Vero? A: Comunque sia, il curry di questo posto è... K: A-Accidenti... K: Non di nuovo...
A: Ehi...
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paoloxl · 5 years
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Lunedì sera, a Jenin, un giovane palestinese è stato ucciso e un altro ferito dalle forze israeliane.
Fonti media israeliane hanno affermato che due palestinesi armati hanno aperto il fuoco contro i soldati israeliani al check-point di al-Jalama, e questi hanno risposto uccidendo uno di loro e ferendo l’altro.
La Mezzaluna Rossa palestinese ha dichiarato che un giovane gravemente ferito è stato portato in ospedale, ma l’equipe medica non ha potuto raggiungere l’altro.
Secondo testimoni, i soldati israeliani di stanza al check-point di al-Jalama hanno aperto il fuoco contro due giovani palestinesi su una motocicletta uccidendo uno di loro.
Fonti locali hanno successivamente riferito che la salma di Abdullah Taleb, 20 anni, è stata consegnata alla Mezzaluna Rossa al check-point di al-Jalama.
Le stesse fonti hanno affermato che Abu Taleb è stato lasciato morire dissanguato.
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beltratto · 3 years
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In giro in bici, le ho trovate lì, una parcheggiata fuori dal supermercato, l’altra fuori dalla farmacia. La Indian con una gran bella borsa di cuoio. La Yamaha rossa. È stata scelta la giornata di oggi, perché coincide con la nascita del dagherrotipo, primo procedimento fotografico per lo sviluppo delle immagini, che risale al 19 agosto 1837. #motocicletta #indian #yamaha #ingiroinbici #giornatamondialedellafotografia #dagherrotipo #worldphotographyday #ipadphotography (presso Treviso) https://www.instagram.com/p/CSwM-rnjZfb/?utm_medium=tumblr
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ngirardi · 4 years
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Day 40
Porcorosso.
Quando un anno fa ho comprato per pochi soldi una vecchia Guzzi non avevo lontanamente idea che ci avrei fatto dei bei chilometri. È nato tutto con una battuta di Stefano, lui era in Basilicata in vacanza ed io in ferie a casa al nord, un po' annoiato e un po' in crisi per varie vicissitudini personali.
A tempo perso restauravo quella che diventerà la mitica V35 "Guzzini", una vecchia moto 350cc dei carabinieri che tentavo di aggiustare senza peraltro avere la minima nozione di meccanica. Al telefono Stefano mi disse "potresti venire giù fino a qui per provarla", e io "figurati, già fa fatica a partire, 1000 km non li reggerebbe mai! E poi dovrei pure tornare..."
Dopo pochi giorni, senza pensarci troppo, partivo e percorrevo non senza difficoltà quasi 2000 km in un viaggio memorabile.
Non avevo esperienza (non ne ho nemmeno adesso), due zaini malamente legati con gli elastici al serbatoio e alla sella, partenza alle 5.00 di mattina e via, senza pensare, senza immaginare le conseguenze. Che non ci sono state, perchè meno ti fai pipponi mentali e meglio è: tutto andrà per il meglio.
Porcorosso è un film di animazione giapponese che racconta le gesta di un fantomatico aviatore con la faccia da maiale che all'epoca del fascismo pilotava un idrovolante rosso, dando la caccia a predoni e delinquenti dei cieli tra le coste italiana e dalmata. Una ambientazionefantastica e tantissima poesia, un film che va assolutamente visto.
Ad un certo punto (ma guardatelo perchè e tutto davvero stupendissimo, avvincente e molto divertente), Porcorosso, il protagonista con la faccia di maiale che di nome fa Marco, dice al suo ex compagno, il tenente Ferrarin la mitica frase: "...un maiale che non vola è solo un maiale".
Questa frase riassume per me un po' il modo di vedere il viaggio, in particolare in motocicletta. Puoi essere chiunque, bello o brutto, bravo o completamente imbranato ma se ti butti imparerai a volare. O forse non imparerai, ma per una volta avrai volato, e ne vale davvero la pena. Magari rimarrai un maiale (per tornare al film) ma un maiale che vola!
Così, finita l'estate, ho cominciato ad immedesimarmi in un maiale volante. Dapprima mi sono cresciuti i peli sulla schiena, poi mi si è ingigantita la panza ed infine ho comperato una moto che mi desse quella sensazione di pilotare l'aereo di Porcorosso: grossa, pesante, potente, un po'difficile e macchinosa, imperfetta ma assolutamente perfetta per ciò che volevo fare (ed essere) io. Moto Guzzi V11, un monolito di acciaio e alluminio, rossa fiammante, un po' scorbutica, con un carattere davvero italiano...
O la ami o la odi, e io la amo, l'ho amata fin da subito.
Ho dovuto imparare a domarla ma alla fine è lei che ha dato molto a me, generosa, bisognosa di attenzioni ma pronta a ripagarti (magari con una corda del tachimetro rotta..).
In realtà, a parte queste suggestioni da svalvolato cosplayer, la moto è solamente un mezzo, un tramite per provare sensazioni. E le sensazioni del viaggio, con una moto sono amplificate. C'è chi non lo farebbe mai: non ti puoi portare il super phon a raggi quantici, la sopressa con aglio per gli spuntini pomeridiani, rischi di prendere pioggia, di cadere, di essere maciullato tra due camion. Certo, ma se hai dentro di te un minimo impulso, una vocina che ti chiama alla libertà, all'avventura, al vento in faccia, apprezzerai questo modo di viaggiare e lo troverai ancora più interessante proprio per quelle piccole scomodità o incognite che offre. Provare per credere.
Foto: da qualche parte, Aspromonte.
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curiositasmundi · 7 years
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Il diario della motocicletta
Il traffico sulla Romea mi passa davanti con un borbottìo costante intervallato da brevi momenti di silenzio nel quale s'inseriscono cinguettii e frinire di cicale dalla pineta oltre la strada. Il vento del mare soffia fresco e il sole scotta sulla pelle, è ancora primavera per poco. Sotto di me il motore ronfa e il calore che sale scalda meno dell'asfalto del piazzale dove mi sono fermato a controllare i messaggi, il mio Sei a casa? risulta inviato e consegnato ma non letto, rimetto in tasca il cellulare, innesto la prima e mi immetto fluido nel traffico. Viaggio sopra il limite e sui due terzi della carreggiata tra la quarta e la quinta marcia, supero in scioltezza spesso entrando nella corsia opposta quando libera, incrocio altre moto e ci si saluta mostrando le due dita a V, dietro di me tutto ok, ciao. Rallento alla vista dell'autovelox, lo passo e torno alla velocità precedente, dopo un po' prendo la biforcazione a destra e mi metto a seguire stradine in mezzo al grano giallo punteggiato di papaveri. Man mano che m'inoltro in quel paesaggio le auto si diradano e compaiono figure ai bordi delle strade: una donna che spazza fuori casa, un vecchio rastrella lungo il fosso, bambini che giocano sul marciapiede di un borgo che attraverso pigramente con la visiera alzata. Gli odori cambiano in una manciata di secondi, erba tagliata, fiori di tiglio, letame, sentori asciutti dei campi assolati, acqua stagnante, gelsomino in fiore arrampicato su una lunga recinzione lungo la strada che mi innonda e ubriaca, da un gruppo di case profumo di pesce alla griglia, con la coda dell'occhio vedo un filo di fumo e un gruppo di persone attorno ad una tavola sull'aia . Mi perdo così, assecondando pigramente la moto nelle curve che la strada mi disegna davanti, passo accanto a secolari case coloniche in rovina invase da vegetazione rigogliosa e annegate nel mare giallo del grano, rallento per osservarle meglio nel frinire delle cicale, inseguo filari di pioppi e mi faccio avvolgere da vuote strade alberate da possenti platani freschi che fanno ballare la luce del sole sulla strumentazione, e poi di nuovo campi e odori finché sulla mia sinistra compare l'argine del Po. Inforco la prima deviazione ed è come quando l'aereo stacca dal suolo, d'improvviso sono in alto e domino: alla mia sinistra il Grande Fiume di un blu violaceo increspato dalla brezza contraria alla corrente, davanti a me la striscia grigia e deserta che lo segue e alla mia destra il piano assolato suddiviso in campi di vari colori, la sagoma dei Colli euganei in fondo segna distinta il punto cospicuo delle mia posizione. Abbasso la visiera e spingo un po' il motore, l'aria mi frulla addosso facendomi ridere la pelle, di tanto in tanto qualche insetto mi arriva addosso o si stampa sul casco con un toc secco, stringo con le ginocchia le guanciole del serbatoio, afferro bene le manopole protendendomi col busto leggermente in avanti e penso: Adesso vai! Affondo l'acceleratore che trasforma il verso costante del motore prima in un miagolio prolungato di un gatto in calore e poi in un grido liberatorio segnato dal contagiri su cui butto la quinta, il grido diventa urlo e l'aria si trasforma in denso plasma che mi avviluppa, nella mia prospettiva la strada davanti alla strumentazione con le lancette che sfiorano la zona rossa è una corsia dritta dove ai lati tutto sfreccia velocissimo, uno shrapnel di moscerini mi si stampa sulla visiera scoppiandomi su mani e collo e la strada ora disegna una lunga curva lungo l'ansa del fiume, decelero e scalo gustandomi lo scoppiettio dei ritorni di fiamma dai tubi di scarico e appena entro in curva accelero di nuovo piegandomi nel binario dentro il quale mi tengo fino a quando il mondo ritorna orizzontale davanti a me e la strada ridiventa rettifilo, Ancora penso, e apro di nuovo ritrovandomi a volare sopra il fiume e la terra alla testa di un furibondo assalto di cavalleria lungo la striscia che sembra terminare su una sagoma verde, che man mano mi avvicino diventano alberi e poi boschetto nel quale entro seguito dallo scoppiettio dell'acceleratore in rilascio, scalo le marce fino a fermarmi all'ombra, metto i piedi a terra, spengo il motore e vengo avvolto dall'aria fresca e profumata di verde, uccelli e cicale si contendono il primato dei suoni. Inclino la moto sul cavalletto e m'inoltro nel bosco che dall'area golenare che occupa degrada verso le sponde del fiume, poco prima della riva un prato in penombra sembra suggerirmi di fermarmi e così faccio, butto casco e giacca a terra e mi ci sdraio sopra con gli occhi al cielo, guardo le poche nuvole passare sotto il cielo indaco e mi faccio avvolgere dal torpore, refoli di vento mi accarezzano il viso, non si sentono suoni umani, frinire e cinguettii spensierati, l'aria che si muove, un pigro sciabordio dalle sponde, nient'altro, socchiudo gli occhi respirando quieto. Mi riporta alla veglia un suono breve che non appartiene a quel mondo, allungo la mano e prendo il cellulare Sì, sono a casa, passi? Mi siedo, mi guardo attorno, prendo le mie due cose e torno alla moto che mi osserva inclinata col suo fanalone, scrivo: Tra una mezz'ora sono da te, mi rimetto in sella, accendo la moto e parto pigramente in direzione del mare.
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abatelunare · 3 years
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Rossa con la cappottina gialla
Riflettevo. Cosa potrei mai dirvi di ... altrimenti ci arrabbiamo! Be', per cominciare è uno dei film che più ho amato da ragazzo. La storia non ha molta importanza. È solo il pretesto per le mirabolanti imprese della coppia Bud Spencer-Terence Hill. Non so se sia la loro più importante pellicola o la più bella. Ma è sicuramente ricca di momenti imperdibili. La scazzottata in palestra. Il duello in motocicletta. Il coro dei pompieri. Il killer dagli occhi azzurri. E la scazzottata finale. Grandi battute da mandare a memoria non ce ne sono. Ma direi che non servono. Fra gli interpreti ne segnalerei uno soltanto. È Donald Pleasence. Che ha lavorato parecchio nel nostro paese. Dato il suo livello, sorprende vederlo in una storia di puro intrattenimento. Però è proprio bravo. Ecco fatto. Non vi dirò altro. Perché film come questi vanno visti. E basta.
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tmnotizie · 5 years
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MACERATA – Dalla Sibilla al mare è il tema della 12ª edizione di Sibillini e dintorni, il raduno di auto d’epoca promosso dalla Scuderia Marche-Club Motori Storici con la collaborazione di ASI e CRI-comitato locale di Macerata e il sostegno dei Comuni di Macerata, Appignano, Corridonia, Petriolo, Porto Recanati, San Severino Marche, Pollenza. Ogni comune è una tappa del percorso di circa 250 chilometri che, dal 21 al 24 agosto, porterà i circa cinquanta equipaggi provenienti da tutta Italia ad apprezzare le meraviglie del maceratese.
“Sono soddisfatto di aver sostenuto questa iniziativa – ha affermato l’assessore allo Sport Alferio Canesin nel corso della conferenza stampa di presentazione dell’iniziativa inserita nel calendario Macerata d’Estate. La città va in scena promosso dall’assessorato alla Cultura del Comune di Macerata in collaborazione con le associazioni cittadine -, quando si è scelto di tagliare, ho voluto tenere Sibillini e dintorni e, a distanza di dodici anni, posso dire di aver operato correttamente per il lustro che la manifestazione ha portato alla città, la qualità dell’organizzazione che sta facendo bene al nostro territorio e il sostegno alla Croce Rossa Italiana”.
Fra le ultracentenarie, che si avventureranno per valli e colline, ci saranno una Peugeot Tipo 69 Bebè, raro esemplare del 1905, una splendida De Dion Bouton AV del 1907 e una elegantissima Wolseley Siddeley Limousine del 1911. Ciascuna col suo fascino, tutte straordinarie, le auto d’epoca raccontano di un passato fatto di ricerca tecnologica ed estrema cura del dettaglio estetico, come nella Jaguar SS 100 del 1936 o nella Gilco Mantovani del 1949. Per vedere un modello simile alla Cisitalia Berlinetta 303, che prende parte al raduno quest’anno, bisogna arrivare al MOMA di New York.
Altra chicca, particolarmente attesa dal pubblico, sono gli equipaggi in motocicletta. Modelli che hanno fatto la storia, come la Triumph Tipo H del 1917, scelta perché ritenuta la più affidabile dal governo inglese per sostituire i cavalli nelle comunicazioni al fronte durante la prima guerra mondiale, mentre dal Piemonte arriva la Indian Big Chief, modello del 1924 prodotto dall’azienda motociclistica più antica degli USA.
“La Scuderia Marche  – è intervenuto Pino Nardi presidente Scuderia Marche – Club Motori Storici  – è presente al fianco delle Istituzioni per una collaborazione a vantaggio della comunità. Tanti sono i ricordi e gli aneddoti legati alla manifestazione e al club, tanti gli amici che negli anni hanno preso parte al raduno che ha conquistato numerosi premi in ambito nazionale. Abbiamo lavorato perché anche questa edizione sia una gioia per tutto il pubblico”.
La Scuderia Marche sceglie di imprimere al raduno un ritmo intenso perché tantissime sono le cose da fare, da vedere, da vivere come ha ricordato Massimo Serra  delegato di Scuderia Marche – Club Motori Storici: “Quest’anno Sibillini e dintorni parte prima, il mercoledì pomeriggio, portando così da 3 a 4 le giornate di raduno, per complessivi 250 chilometri in 7 diversi Comuni, Dalla Sibilla al mare. Per la Scuderia Marche si tratta di uno sforzo organizzativo, ma anche un motivo di orgoglio perché in tanti abbiano voluto le auto d’epoca del nostro raduno nelle loro piazze, fra la loro gente”.
E così si parte mercoledì 21 agosto in direzione di Appignano, partner storico di Sibillini e dintorni, dove le vetture saranno in esposizione nel cuore del centro della ceramica e della terracotta. Sarà l’occasione per gli equipaggi di assistere ad una nuova, preziosa produzione a cura dell’associazione Gli Stronati dal titolo Varietà della Sibilla al Teatro Comunale Gasparrini (per info e prenotazioni al 392-0777456).
Giovedì 22 agosto le vetture arriveranno nella piazza principale di Corridonia alle 9.30, mentre la seconda parte della mattinata protagonista sarà la vicina Petriolo. Due gioielli incastonati sulla fascia collinare che è straordinario belvedere sia verso l’entroterra maceratese sia verso il Mare Adriatico. Gli oltre cento partecipanti al raduno avranno a disposizione, concentrati in pochi chilometri, oltre mille anni di storia, epoche diverse e affascinanti come il tardo Medioevo e il primo Novecento.
Nel pomeriggio è la volta di Porto Recanati che offrirà alle vetture di Sibillini e dintorni la sua passerella migliore ‘con vista Conero’. Attorno alle 18, infatti, residenti e turisti, appassionati e curiosi potranno ammirare la sfilata delle auto sul lungomare fino a piazza Brancondi. In serata per gli equipaggi si apriranno le porte del Castello Svevo, antico custode di inestimabile valore e palcoscenico di nuove avventure.
Venerdì 23 agosto alle 10 Sibillini e dintorni arriva a San Severino Marche per visitare il castello e il museo archeologico ‘Giuseppe Moretti’. Le auto daranno bella mostra di sé in Piazza del Popolo mentre gli equipaggi saranno guidati alla pinacoteca civica ‘Tacchi-Venturi’, dove sono conservate opere del Salimbeni, del Pinturicchio, di Paolo Veneziano, e polittici di Niccolò Alunno e Vittore Crivelli.
Macerata è la splendida protagonista della serata di venerdì 23 agosto: alle 21.30, infatti, torna la Rievocazione storica del Circuito della Vittoria. I nastri di partenza sono fissati, come da tradizione, in Corso Cavour da cui le auto partiranno una via l’altra per arrivare a riempire piazza della Libertà con tutto il loro fascino. Lì resteranno fino a tardi, mentre l’Amministrazione riceverà gli equipaggi e la giuria della Croce Rossa Italiana assegnerà per l’ottavo anno consecutivo il titolo La più bella sei tu all’equipaggio con il migliore abbinamento auto/abito d’epoca.
Sabato 24 agosto alle 9 tutti a Pollenza, al museo della Vespa allestito in un palazzo nobiliare del caratteristico centro storico cittadino: una esposizione raccolta negli anni con amore e dedizione verso il simbolo di un’epoca in cui tutto sembrava possibile. Al termine della visita, gli equipaggi ripartono per arrivare alle 11 al Corridomnia Park dove potranno godere di alcuni momenti di shopping e relax prima di immergersi nella serata che, negli anni, ha reso Sibillini e dintorni un unicum nel panorama dei raduni di auto d’epoca.
Sabato 24 agosto dalle 17.30, mentre alcune auto saranno in esposizione in piazza Mazzini a Macerata, gli equipaggi visiteranno i musei del centro cittadino per poi essere accolti a Palazzo Bourbon Del Monte nella storica sede della Società Filarmonico-Drammatica.
Alle ore 21 si accendono Le luci della ribalta dell’Arena maceratese e sono tutte per la beneficenza a favore della Croce Rossa Italiana. La serata, organizzata grazie alla collaborazione con il Comune di Macerata e il comitato locale della CRI, porta sul palco più prestigioso delle Marche la Fisorchestra Marchigiana insieme al coro ‘Andrea Grilli’ di Sirolo diretti da Samuele Barchiesi, il Collettivo Danza Osimo e l’Accademia del tango di Macerata. La regia è di Franco Bury, i testi sono di Massimo De Nardo, Piero Piccioni è la voce narrante. Con la partecipazione straordinaria di Sally Moriconi.
Come di consueto, l’ingresso è gratuito con donazione libera pro CRI; la prenotazione è obbligatoria chiamando i numeri 331-8382717 e 331-8439790 o scrivendo a [email protected].
“Il segreto della manifestazione – ha detto Rosaria Del Balzo Ruiti, presidente Croce Rossa Italiana comitato di Macerata – è essere una manifestazione a tutto tondo con un coinvolgimento importante del territorio, di cui spesso si parla. Sibillini e dintorni lo sostiene veramente, portando l’attenzione della popolazione e di coloro che vengono da lontano sia completamente rivolta al territorio. La collaborazione fattiva con le amministrazioni si fonda su una progettualità cui abbiamo lavorato fin dall’inizio e che ha determinato la longevità di Sibillini e dintorni. In questo sta una valenza tanto ampia e la forza del raduno della Scuderia Marche. Come CRI l’abbiamo sposata fin dall’inizio, ormai c’è un rapporto di amicizia.
Anche quest’anno scegliamo di destinare i fondi che saranno raccolti ad aiutare i ragazzi in difficoltà ad andare avanti negli studi: si tratta di un sostegno concreto verso le nuove generazioni, abbiamo bisogno di energie nuove, forti, combattive. Con le donazioni dello scorso anno da parte della Scuderia Marche stiamo portando tre ragazzi alla laurea. Evitiamo così che, quando uno dei componenti della famiglia perde il lavoro, i figli rischino di vedere interrotto il proprio percorso di studi, futuro della professione”.
Per Appignano erano presenti il sindaco Mariano Calamita e l’assessore al Turismo, artigianato e commercio Stefano Montecchiarini: “Siamo contenti di poter partecipare in maniera attiva a questa iniziativa”, ha affermato il primo cittadino, “non solo per la valorizzazione del territorio ma anche quello della solidarietà. Mette a sistema le migliori risorse del territorio, ci siamo grazie all’assessore col nostro splendido teatro nuovo”.
Di San Severino Marche, Gabriela Lampa ha definito l’automobilismo d’epoca una vera e propria espressione artistica del nostro tempo, che dal Futurismo in poi è entrata di diritto nell’arte sposandosi con l’architettura e il paesaggio.
Partner della manifestazione sono l’Università degli studi di Macerata, ALAM, APM, e Società Filarmonico-Drammatica. Sostenitori di Sibillini e dintorni sono Banca Mediolanum ufficio di Macerata, Tecnostampa, Tecnosteel, Comet-Rema Tarlazzi, MC Consulting Unipol Sai, BCC Recanati e Colmurano, Polo Diagnostico Salus Villalba, Corridomnia, La Filarmonica Ristorante, Netcubo Informatica, Silvestri verniciatura, Printcom.
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italianaradio · 5 years
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Vedova Nera: nuove foto da Budapest e il logo ufficiale del film
Nuovo post su italianaradio https://www.italianaradio.it/index.php/vedova-nera-nuove-foto-da-budapest-e-il-logo-ufficiale-del-film/
Vedova Nera: nuove foto da Budapest e il logo ufficiale del film
Vedova Nera: nuove foto da Budapest e il logo ufficiale del film
Vedova Nera: nuove foto da Budapest e il logo ufficiale del film
Le riprese di Vedova Nera si spostano dalla Norvegia in Ungheria, precisamente a Budapest (la città spesso nominata da Natasha Romanoff e Occhio di Falco nel MCU), e sul set sono state avvistate Scarlett Johansson e Florence Pugh insieme alle loro controfigure impegnate a girare una scena d’azione in motocicletta.
Inoltre, grazie alle immagini trapelate su Twitter siamo finalmente in grado di confermare l’identità del misterioso personaggio della Pugh, che a quanto pare sarà proprio Yelena Belova. Chi conosce i fumetti originali saprà che Yelena è la seconda donna nell’universo Marvel ad assumere l’identità di Vedova Nera, addestrata nella stessa scuola di Natasha (la Stanza Rossa che abbiamo intravisto in Age of Ultron) e che le due non hanno mai avuto un buon rapporto nel corso degli anni.
Il nome Yelena è infatti spuntato su un’etichetta attaccata ad una scatola di legno fotografata sul set che potete vedere qui sotto insieme ad un video e al logo (forse) ufficiale del cinecomic.
A new video from the set of the BLACK WIDOW movie shows Natasha Romanoff (Scarlett Johansson’s stunt double) and another character riding a motorcycle through the streets of Budapest, Hungary!
(via IG user rosymch) pic.twitter.com/rwFhis9JnN
— MCU Direct (@MCU_Direct) June 23, 2019
if this is actually yelena, i’m in love with her 🥺💗 #blackwidow pic.twitter.com/obq5znDceU
— rach 💌 (@nctaliaromanova) June 22, 2019
black widow (2020) set photos pic.twitter.com/ckgiPk1tkc
— best of widows (@bestofwidows) June 22, 2019
Leggi anche – Vedova Nera: rivelati possibili dettagli sulla trama del film
Il film attualmente vedrà Scarlett Johansson di nuovo protagonista nei panni di Natasha Romanoff, il personaggio introdotto nel MCU da Iron Man 2. Vi ricordiamo che il titolo di lavorazione è “Blue Bayou” e che in regia c’è Cate Shortland, seconda donna (dopo Anna Boden di Captain Marvel) a dirigere un titolo dell’universo cinematografico Marvel.
La sceneggiatura è stata riscritta nei mesi scorsi da Ned Benson (The Disappearance of Eleanor Rigby). Insieme alla Johansson ci saranno anche David Harbour, Florence Pugh, e Rachel Weisz, ma i loro ruoli non sono stati ancora rivelati.
Al momento non ci sono ulteriori aggiornamenti sul film, né sui personaggi o le direzioni della trama. Lo studio è invece determinato a mantenere la massima segretezza intorno al progetto che, come saprete, rivedrà la Johansson nei panni della spia sovietica Natasha Romanoff presumibilmente prima degli eventi che l’hanno portata a diventare un membro del team dei Vendicatori.
Fonte: Cinemablend
  Cinefilos.it – Da chi il cinema lo ama.
Vedova Nera: nuove foto da Budapest e il logo ufficiale del film
Le riprese di Vedova Nera si spostano dalla Norvegia in Ungheria, precisamente a Budapest (la città spesso nominata da Natasha Romanoff e Occhio di Falco nel MCU), e sul set sono state avvistate Scarlett Johansson e Florence Pugh insieme alle loro controfigure impegnate a girare una scena d’azione in motocicletta. Inoltre, grazie alle immagini trapelate […]
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Cecilia Strazza
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colospaola · 6 years
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Con la Mille Miglia che partirà fra pochi giorni e passerà per Lodi nella quarta frazione, non si può non rendere omaggio a un grande lodigiano come Eugenio Castellotti.
Castellotti ebbe denaro, successo, amore, era ben voluto dalla stampa italiana e da un personaggio non facile come Enzo Ferrari; anche se la scomparsa del suo carissimo amico Alberto Ascari lo segnò profondamente.
Aveva la faccia e il fisico da attore, da cantante crooner, sarebbe entrato di diritto nel “Club 27”. Definizione coniata dai media inglesi, per accomunare tutte le rock star o icone pop, scomparse a 27 anni di età, come Robert Johnson, Jimi Hendrix, Janis Joplin, Brian Jones, Kurt Cobain, Jeremy Michael Ward, Amy Winehouse e Jean-Michel Basquiat.
E quella di Eugenio Castellotti, è una storia tragica, che sembra uscire proprio da un romanzo o da un film hollywoodiano. Rapida e veloce come un riff di chitarra, che poi si spegne improvvisamente, ma che lascia il segno.
Nato a Lodi il 10 ottobre 1930, Eugenio Castellotti era il primogenito di una ricca famiglia terriera. Figlio di una madre giovanissima, poco più che sedicenne che lavorava nella casa dei Castellotti e con cui ebbe un rapporto tormentato. Il padre, avvocato lo riconobbe solo quando aveva nove anni. Imparò presto a guidare la macchina, grazie all’autista della famiglia.
Ambiente famigliare severo con il padre appassionato di auto da corsa, ma che non vedeva di buon occhio l’interesse spasmodico del figlio per i motori e la velocità.
Cercò di proibirgli quasi tutto per tenerlo lontano dai motori, anche se Eugenio fece di tutto per assecondare la passione per la velocità, spesso e volentieri scappando con una motocicletta per le strade della lodigiana e del piacentino.
Arrivò a falsificare l’età, per avere prima la patente, la ebbe a 18 anni, tre giorni dopo il suo compleanno. Alla fine del 1949, morì suo padre, lasciandolo erede di un patrimonio importante. Con l’eredità si comprò subito una Ferrari 166MM e iniziò a correre come privato, prendendo parte a diverse gare eventi nei due anni successivi, giungendo anche sesto alla Mille Miglia del 1951.
La sua carriera da pilota iniziò ufficialmente il 1 aprile 1951 con la scuderia Marzotto all’undicesimo Giro di Sicilia, poi alla fine dello stesso mese partecipò alla Mille Miglia con il copilota Rota, e si trovò a competere contro piloti già ben noti come Cortese e Marzotto, mettendosi in evidenza come pilota veloce e a tratti irruento. Corse sia con le sport che con le monoposto di Formula Due.
Nel 1952 conquistò le prime vittorie, il 9 marzo ottenne il primo posto della sua categoria nel Giro di Sicilia, e 10 giorni dopo primeggiò alla Coppa d’oro di Siracusa in un faccia a faccia, anzi motore-motore, con Sighinolfi, poi passò dalla Scuderia Marzotto alla Scuderia Guastalla.
Alla sua seconda partecipazione alla Mille Miglia finalmente sfidò i più grandi nella stessa categoria: Taruffi, Biondetti, Bracco, Faglioli e in più tre Mercedes 300 SL e per un certo periodo, durante la gara, fu secondo dietro il vincitore Kling su una delle frecce d’argento.
Grazie a tutto questo Eugenio fu chiamato dalla Lancia, da Alberto Ascari, per gareggiare con la neonata squadra corse e approdare al campionato di F1, nato nel 1950. Ascari era appena diventato bi-campione del mondo, imponendosi nel 51 e 52 su Ferrari, dopo un lungo ed estenuante duello con Fangio. Legò subito e profondamente con Castellotti, non solo per la passione per i motori, ma anche per la stessa provenienza di famiglia agiata e possidente terriera. In Eugenio vedeva il suo erede naturale nelle corse.
Castellotti per la Lancia corse la Carrera Panamericana del 1953; una gara infernale, in condizioni stradali e non solo, veramente al limite, dove fu terzo dietro Juan Manuel Fangio e Piero Taruffi, inoltre vinse la 10 ore di Messina.
Nel 1954, con Ascari, fu costretto a rimandare la partecipazione al campionato di Formula 1 per una decisione della stessa Lancia, nella difficoltà di affrontare il progetto. Castellotti tuttavia nel 54 corse con le vetture Sport e debuttò in Formula Uno soltanto nel 1955 con la Lancia D50, in una squadra che comprendeva anche Villoresi.
Ottenne il secondo posto nel GP di Monaco, quello in cui l’amico Alberto Ascari ebbe un grave incidente, da cui si salvò miracolosamente dopo un volo in mare. Quattro giorni dopo, questo incidente, il 26 maggio 1955, Castellotti, mentre provava una Ferrari 750 a Monza, chiama l’amico per invitarlo sul circuito brianzolo. A sessione prove ormai al termine, Ascari chiede di provare la vettura e al terzo giro si va a schiantare morendo sul colpo sulla curva del Vialone che da quel giorno, prenderà il suo nome. Una tragedia che segnerà per sempre nel profondo Castellotti e la Lancia che prenderà la decisione di ritirarsi dalle corse.
Gianni Lancia trovò un accordo con Enzo Ferrari cui cedette le D50 e nello stesso momento, ci fu il passaggio alla rossa anche dei piloti. Oltre al materiale Lancia, il Drake puntava proprio su Castellotti che riteneva a tutti gli effetti, l’erede di Ascari. A Eugenio venne concesso da Gianni Lancia di correre il Gran Premio del Belgio con una delle D50 e il lodigiano ottenne la sua unica pole position in carriera su un circuito a lui sconosciuto. In gara fu costretto al ritiro mentre occupava la terza posizione dietro le due Mercedes di Fangio e Moss. Dopo la gara di Spa passò a tutti gli effetti alla Ferrari, con cui fu quinto sul difficile circuito olandese di Zandvoort, sesto al GP di Gran Bretagna corso sulla pista di Aintree e sul gradino più basso del podio a Monza, ottenendo al termine della stagione il terzo posto assoluto.
Nel frattempo era diventato un personaggio da copertina a tutti gli effetti, ricco, affascinante, pilota già sulla cresta dell’onda, non gli mancavano certo le amicizie femminili che facevano aumentare anche la sua fama di play-boy. Entra stabilmente nelle pagine rosa, non solo quella della Gazzetta dello Sport, per i flirt con Anna Maria Ferrero, Edy Campagnoli e Sandra Milo, poi per quella che sarà l’amore della sua vita, la soubrette Delia Scala, conosciuta proprio nell’estate del 1956 in un ristorante. Un rapporto a dir poco fortemente osteggiato dalla madre di Castellotti.
Per quello che riguarda la stagione sportiva, nel 1956 parte in prima fila al Gp di Argentina su Ferrari, ma si ritira al 43° giro per un problema alla trasmissione. Al Gp di Monaco parte in prima fila con il terzo tempo ma chiude al quarto posto. A Spa si ritira per il solito problema alla trasmissione. Sul circuito di Reims in Francia secondo tempo e secondo posto dietro l’altro ferrarista Collins che, con Hawthorn fu uno dei suoi acerrimi rivali. In Inghilterra a Silverstone chiude al 10 posto. Al Nurburgring arriva il ritiro al 13 giro per un incidente con l’altro ferrarista Musso. Chiude la stagione a Monza con il secondo tempo in prova dietro Fangio e l’ottavo posto in gara.
Castellotti terminò il campionato di F1 al sesto posto, ma il vero trionfo dell’anno lo ottiene alla Mille Miglia, sbaragliando gli avversari, concludendo la gara in meno di 12 ore, sotto una pioggia battente, precedendo di oltre 12 minuti il compagno rivale Peter Collins e di oltre 34′ Luigi Musso, che andavano così a completare un podio tutto di piloti Ferrari.
Nello stesso anno vince sempre con la Ferrari anche la 12 Ore di Sebring, in coppia con Manuel Fangio e conquistando anche il titolo di Campione d’Italia.
Nel dicembre del 1956 Ferrari presentò la sua nuova squadra corse e soprattutto i piloti. Tutti giovani, alcuni addirittura giovanissimi, un giornalista della Gazzetta dello Sport li battezzò, “Ferrari Primavera”, prendendo a prestito un termine calcistico. Erano Eugenio Castellotti, Luigi Musso, Alfonso de Portago, Peter Collins e Mike Hawthorn. Due italiani, uno spagnolo e due inglesi, tutti velocissimi. Noti anche per essere tutti di famiglia benestante se non di più, anzi nobili, play-boy, di avere storie tormentate, di essere orgogliosi, di aver voglia di vincere e poco di cedere il passo. Erano noti anche come “indisciplinati”. Una situazione a dir poco esplosiva sin da subito a Maranello, che scatenò rivalità interne e non solo.
L’ultimo Gp di F1 cui partecipò Castellotti fu quello di Argentina per l’apertura della stagione 1957, dove era stato il più veloce nelle qualifiche tra i ferraristi, ma la sfida fu davvero dura e, dopo che Moss, Fangio e Behra tutti su Maserati 250F ottennero i primi tre posti in griglia, Castellotti resistette fino a quando una ruota e la frizione della sua Lancia Ferrari D50 lo abbandonarono. Il Gran Premio seguente sarebbe stato a Montecarlo, ma nel mese di maggio.
Mentre era a Firenze con la sua amata Delia Scala, Eugenio venne contattato da Enzo Ferrari, che lo avvertì di aver ottenuto i tempi, che Behra aveva fatto con la Maserati 250F, storica rivale della rossa in tutti i sensi, e gli ordinò quindi di recarsi immediatamente a Modena, per testare sul circuito locale, la nuova Ferrari 801.
All’alba del 14 marzo 1957, appena arrivato al circuito, senza praticamente aver chiuso occhio, Castellotti salì in macchina e iniziò i test, per continuarli poi nel pomeriggio. Alle 17.19 usci di pista alla Curva delle Tribunette, andando a schiantarsi a oltre 200 l’ora morendo sul colpo. Le cause dell’incidente non furono mai veramente chiarite. Sotto accusa finirono la pista scivolosa, il cedimento dell’albero di trasmissione della Ferrari ma anche le condizioni di Castellotti che era rientrato a tarda notte da Firenze, dove era con la sua fidanzata Delia Scala e la sua voglia di dimostrare a Enzo Ferrari che era il migliore, volendo dare a tutti i costi il record della pista, strappandolo alla Maserati.
L’impatto mediatico fu imponente, Castellotti era uno dei piloti italiani più in vista, era stato alla Lancia e alla Ferrari, era l’erede designato di Alberto Ascari, deceduto proprio mentre stava provando a Monza la vettura del Lodigiano.
Al suo funerale la Scala non si presentò per evitare la madre di Castellotti, Delia si porterà dietro a lungo la storia travagliata con il pilota lodigiano, che considererà il vero grande amore della sua vita.
Gli “indisciplinati” della “Ferrari Primavera”, morirono tutti e cinque, tutti al volante di una rossa tranne l’ultimo, Hawthorn, l’unico tra l’altro coronare il sogno di diventare Campione del Mondo di F1. Castellotti il 10 ottobre sarebbe entrato anagraficamente nel “club27”.
  Eugenio Castellotti Il lodigiano della Ferrari Con la Mille Miglia che partirà fra pochi giorni e passerà per Lodi nella quarta frazione, non si può non rendere omaggio a un grande lodigiano come…
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