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#le buone pratiche di protezione civile
dueminuti · 4 months
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FLORIDIA. OGGI DAL "DE AMICIS", IN PROVINCIA DI SIRACUSA, PARTE "io non rischio scuola"
Parte oggi in provincia di Siracusa, e precisamente nel comune di Floridia presso il I’Istituto Comprensivo “E. De Amicis la Campagna Nazionale sulla diffusione della cultura di protezione civile denominata “io non rischio scuola” rivolta ai bambini della scuola primaria. I volontari Comunicatori, appartenenti alla Misericordia di Floridia hanno incontrato i docenti e la dirigenza della scuola,…
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Bradisismo, un fumetto per le scuole dei Campi Flegrei
È in distribuzione nelle scuole secondarie della zona Rossa dei Campi Flegrei il fumetto "L'Attimo decisivo", dal titolo "La virgola", dedicato alla crisi bradisismica in atto e al rischio vulcanico nell’area. L’iniziativa rientra nel Piano di Comunicazione alla popolazione sviluppato dalla Regione Campania, insieme con il Dipartimento di protezione Civile della Presidenza del Consiglio dei Ministri (e approvato con la Delibera di Giunta Regionale 679/2023) nell'ambito del Decreto Legge 140 del 12 ottobre 2023. Bradisismo, il progetto "Io non rischio" “L’attimo decisivo” è un progetto Io non rischio che mira ad accrescere la consapevolezza dei rischi anche tra i più giovani. In questa nuova storia, i quattro protagonisti Samira, Carlo, Katja e Paolo sono coinvolti in un’avvincente avventura ai Campi Flegrei, che consente loro di scoprire la natura vulcanica dell’area, il fenomeno del bradisismo, le eruzioni del passato, il rischio presente, il piano di protezione civile e le misure di prevenzione da adottare. In queste ore la Protezione Civile della Regione Campania, d'intesa con l'Ufficio Scolastico regionale, sta provvedendo a consegnare i fumetti: la distribuzione avviene in tutte le scuole secondarie che rientrano nella zona Rossa dei Campi Flegrei (per rischio vulcanico) e non solo in quelle incluse nella zona di Intervento della pianificazione per il Bradisismo in linea con il Piano di comunicazione approvato. Nuovi contenuti Con l’uscita del secondo numero, anche il sito web www.attimodecisivo.iononrischio.gov.it/it/ è aggiornato per ospitare i nuovi contenuti dedicati all’episodio: la versione sfogliabile del fumetto e alcuni video di approfondimento raggiungibili anche dai QR code presenti nel fumetto, in cui i ragazzi protagonisti illustrano caratteristiche e peculiarità dell’area vulcanica e del piano nazionale di protezione civile e forniscono informazioni sulle buone pratiche da adottare. Sul canale YouTube di Io non rischio sono inoltre disponibili alcune videolezioni rivolte agli insegnanti per meglio contestualizzare i contenuti del fumetto, tenute da scienziati ed esperti di protezione civile. Foto di copertina: Ufficio stampa Regione Campania Read the full article
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lamilanomagazine · 2 months
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Cagliari: il Comune in prima linea per affrontare la crisi idrica
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Cagliari: il Comune in prima linea per affrontare la crisi idrica In risposta alla crisi idrica che sta attualmente interessando la Sardegna, il Comune di Cagliari si impegna attivamente nel promuovere iniziative volte alla riduzione dei consumi idrici, in linea con le indicazioni fornite dall'Agenzia del Distretto Idrografico per l'emergenza idrica del 2024. Pertanto, in considerazione della carenza di piogge degli ultimi mesi e le conseguenti criticità delle risorse idriche nei bacini di accumulo dell'Isola, il Servizio Protezione civile comunale adotta una serie di accorgimenti e buone pratiche da attuare sia nelle abitazioni, che nei luoghi di lavoro per promuovere un uso razionale e calmierato dell'acqua. Case e luoghi di lavoro - Fornire i rubinetti di dispositivi frangi-getto che consentano di risparmiare l'acqua - Verificare che non ci siano perdite (ad es. nel caso in cui con tutti i rubinetti chiusi il contatore continui a girare la linea idrica dovrà essere controllata/riparata) - Non lasciar scorrere inutilmente l'acqua del rubinetto, ad esempio mentre si lavano i denti o durante la rasatura della barba, aprire i rubinetti solo quando è necessario - Non utilizzare l'acqua corrente per lavare frutta e verdura: è sufficiente lasciarle a bagno con un pizzico di bicarbonato - Quando è possibile, riutilizzare l'acqua usata (ad esempio : l'acqua di cottura della pasta, può essere riutilizzata per sgrassare le stoviglie e quella utilizzata per lavare frutta e verdura per annaffiare piante e fiori) - Utilizzare lavatrici o lavastoviglie, solo a pieno carico, e ricordarsi di inserire il programma economizzatore se la biancheria o le stoviglie da lavare sono poche - Utilizzare il serbatoio di scarico del WC con la portata minore. Tale accorgimento nei servizi igienici, consente di risparmiare circa il 60% dell'acqua attualmente usata. In assenza di tale possibilità utilizzare un secchio, che permetta la pulizia del servizio igienico, con la quantità d'acqua strettamente indispensabile per la stessa - Preferire la doccia al bagno: è più veloce e riduce di un terzo i consumi - Quando si è assenti per lunghi periodi da casa, chiudere il rubinetto centrale dell'acqua - Non utilizzare acqua potabile per lavare automobili o annaffiare cortili/giardini. In ogni caso annaffiare durante le ore più fresche per limitare l'evaporazione e quindi il consumo idrico In caso di sospensione dell'erogazione dell'acqua - Prima di una eventuale sospensione idrica - Fare una scorta minima di acqua per bagno e cucina e rifornirsi di piatti, posate, bicchieri usa e getta (in materiale compostabile), ovatta e alcool denaturato - Spegnere lo scaldabagno elettrico e riaccendere dopo che è tornata la corrente per evitare danni alle resistenze di riscaldamento - Appena ripristinata l'erogazione dell'acqua, evitare di usare lavatrice, lavastoviglie e scaldabagno fino al ritorno della normalità, perché potrebbero verificarsi fenomeni di acqua scura Il Comune di Cagliari invita dunque tutti i cittadini e le aziende a partecipare attivamente a queste iniziative di risparmio idrico, per preservare le risorse d'acqua e affrontare con responsabilità la crisi attuale.... #notizie #news #breakingnews #cronaca #politica #eventi #sport #moda Read the full article
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Sabato 14 e domenica 15 ottobre anche Corciano partecipa alle giornate nazionali della campagna “Io non rischio – Buone pratiche di protezione civile”. Per scoprire come ciascuno di noi può contribuire a ridurre rischi come terremoto, alluvione, maremoto, rischio vulcanico e incendi boschivi, l’appuntamento è presso il Centro Commerciale Quasar Via Aldo Capitini Ellera di Corciano SABATO 14 OTTOBRE dalle 9:00 alle 18:00, e continua nella pagina Facebook https://www.facebook.com/IoNonRischioCorciano/ domenica 15 Ottobre 2023. Il rischio di cui parleremo e quello sismico quindi terremoto e maremoto. La due-giorni, che chiuderà la Settimana Nazionale della Protezione Civile, porterà migliaia di volontarie e […]
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untitled42566 · 2 years
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Una giornata in onore dei migliori oli delle Marche
Una giornata in onore dei migliori oli delle Marche
Una giornata in onore dei migliori oli delle Marche I produttori di olio ed i frantoiani della regione si sono ritrovati a Fano per le premiazioni della 22^ edizione del concorso “L’Oro delle Marche” FANO – Un sabato all’insegna delle buone pratiche alimentari e dei migliori prodotti della Regione Marche quello che si è svolto al Codma di Fano – Aula Magna della Protezione Civile alla presenza di…
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mezzopieno-news · 6 years
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MAI PIÙ PONTI CROLLATI: DALL’UMBRIA LA SOLUZIONE
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Un giovane neo-laureato di Perugia ha inventato un sistema che permette di non farsi trovare impreparati nei confronti dei danni strutturali che ponti e cavalcavia possono subire a causa del tempo, delle intemperie e delle catastrofi naturali.
Si chiama Secure Shelter (riparo sicuro) il brevetto inventato da Tommaso Vicarelli che installato sulle strutture sospese o sottoposte a stress strutturali elevati, può monitorarne lo stato e la sicurezza. Il nuovo sistema è un insieme di sensori di accelerazione che rileva le vibrazioni delle strutture, queste vengono analizzate con degli algoritmi che, se rilevano variazioni considerevoli, registrano e comunicano il pericolo in tempo reale ad una centrale.
Dopo i disastri di Genova, Tommaso ha iniziato a chiedersi come, in una società all’avanguardia, non ci fosse ancora un metodo per prevenire disastri alle infrastrutture pubbliche e private. “Come una corda di chitarra – ha spiegato Vicarelli – quando la struttura non vibra più nello stesso modo, vuol dire che si è scordata, e questo è un segnale per riconoscere se una struttura sta bene o no”. La nuova tecnologia è pensata per dare un aiuto soprattutto alla Protezione Civile che potrà usarla per fornire soluzioni pratiche e tempestive ai problemi di gestione e manutenzione eventualmente presenti su vecchi ponti e cavalcavia in tutto il Paese.
Fonte: Umbria 24 - 8 settembre 2018
✔ Buone notizie cambiano il mondo. Firma la nostra petizione per avere più informazione positiva in giornali e telegiornali https://www.change.org/p/per-avere-un-informazione-positiva-e-veritiera-in-giornali-e-telegiornali
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livornopress · 3 years
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"Io non rischio", Protezione Civile: domenica l'appuntamento in piazza Grande
“Io non rischio”, Protezione Civile: domenica l’appuntamento in piazza Grande
Livorno 23 ottobre 2021 Livorno, 22 ottobre 2021 – Domenica 24 ottobre, in contemporanea con tante altre città italiane, anche Livorno partecipa alla campagna “Io non rischio”, per diffondere le buone pratiche di protezione civile. Per scoprire cosa ciascuno di noi può fare per affrontare le calamità, e in particolare per ridurre il rischio alluvione, l’appuntamento è in piazza Grande dalle ore 9…
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lasola · 3 years
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[4] - Il Blocco del Puerto
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I racconti etnografici nella tradizione antropologica anglofona sui repertori e le pratiche di resistenza dei soggetti coloniali sono svariati. Un articolo dei primi anni novanta di Lila Abu-Lughod (1) è considerato lo spartiacque degli studi sulle resistenze nell’antropologia sociale britannica. Le ribellioni contadine ed operaie degli anni sessanta e settanta contro regimi autoritari furono descritte in lavori etnografici come quelli di James Scott (1, 2, 3) in cui si evidenziavano dettagliate micro strategie quotidiane di opposizione e protesta contro processi di sviluppo e di cosiddetta “civilizzazione” su vasta scala. Approcci come quello della Abu-Lughod (1) invece descrivono la resistenza nella sua relazione di interiorità con il potere, a partire dagli studi sulla sessualità di Michelle Foucault (1). L’antropologa di origini palestinesi racconta come l’umorismo e le prese in giro del macismo, le pratiche di ribellione ai matrimoni combinati o la declamazione di poemi per riscoprire empaticamente libertà apparentemente precluse costruiscano una vasta area di spazi di quotidiana ribellione nei quali soggetti dominati come le donne Beduine creano sfere di socialità in cui proteggono la loro capacità di critica del potere. Parte di quello che ho scritto fin qui rientra in questo tipo di descrizioni etnografiche dove la resistenza assume forme quotidiane che permettono di andare contro dinamiche di controllo, dominazione e violenza strutturali. Dalle riunioni a bere viche “curato”, a quelle delle fumerie, fino alle partite di calcio organizzate in zone pericolose del quartiere (nella foto di sopra) ho cercato di mostrare i “verbali segreti”, come li ha definiti James Scott (1) della storia ufficiale, catturata tra le leggende narcotiche e le trame dello sviluppo logistico di Buenaventura. Ho però anche mostrato come vi fossero tutta un’altra vasta gamma di pratiche, che ho definito di frontiera, e che si riferiscono all’aministrazione della vita ed al “far vivere” quotidiano, come il collegamento illegale alla rete elettrica o gli escamotage per ottenere medicinali sussidiati che portano certi sentimenti e necessità all’interno di uno scontro o per altri versi all’alleanza con le autorità legittime o legittimate. In questi spazi di indefinizione, ho cercato di descrivere il resistere dentro un campo generato dall’incontro tra la locura e la mala vida dove si confondono sistematicamente i piani etici rendendo di fatto inutile stabilire se vi sia un giusto o uno sbagliato. Quello che mi parve riscontrare a Buenaventura fu una soluzione epistemologica radicata nella calle, cioè in una localizzazione del sapere-potere essenzialmente nomade e dipendente dalla necessità di risolvere problemi contingenti.
Quello che vorrei provare a fare ora è seguire un altro approccio e raccontare azioni collettive su più vasta scala. A questo proposito, il lavoro di David Graeber (1) propone un cammino inverso a quello della Abu-Lughod ed un ritorno a certe descrizioni delle proteste organizzate e della resistenza come impresa collettiva. Le sue descrizioni dei movimenti sociali riposizionano l’etnografo dentro l’organizzazione e la partecipazione di contro-eventi che nascono in risposta ad un’agenda internazionale degli organi mondiali di governo in cui vengono proposte politiche economiche centrate sulle logiche della “liberazione del Capitale” che ho definito nel post [1]. Osserva quindi “azioni dirette” che hanno precise finalità di sovvertire pensieri e pratiche dominanti dell’economia e del governo dei popoli. Un filo conduttore degli anni che ho trascorso in Colombia è stato la mia partecipazione, da osservatore ed invitato e, in alcune occasioni di minor importanza, da organizzatore, a fori politici, marce ed azioni più improvvise come appunto i blocchi delle strade.  Vorrei rivedere questo materiale di esperienze cui mi fu data la possibilità di assistere per fornire un contesto delle politiche della ribellione di un paese come la Colombia con lo scopo di raccontare “il blocco del Puerto” dall’interno di certe forme di intendere la protesta. Lo faccio anche perchè parte del mio lavoro etnografico per come fu concertato localmente riguardò un tentativo di racconto di queste dinamiche. Preciso però che questo non mi pone in una posizione privilegiata e non mi dà alcuna autorevolezza particolare per dire “la mia” su processi molto più complessi e spesso estremamente delicati che riguardano difficoltose azioni collettive per la rimemorazione e\o la richiesta di giustizia. Cercherò allora di posizionare le mie partecipazioni ed il mo impegno per dare un’idea della sua natura comunque parziale. Per farlo non posso che partire da uno degli eventi che più hanno segnato il mio cammino in Colombia.
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Nel luglio 2009 partecipai ad una carovana organizzata dal MOVICE (il Movimento Nazionale delle Vittime di Crimini di Stato) che da Bogotà arrivò a San Josè del Guaviare e di lì, dopo una marcia cittadina e una notte a dormire in un palazzetto dello sport, con tre chiatte, risalimmo il fiume Guaviare fino a Mapiripan per denunciare e ricordare una delle maggiori ed all’epoca ancora impuni stragi paramilitari (per maggiori dettagli si veda il libro di Guido Piccoli, in particolare il capitolo “La Legge della motosega”). L’importanza dell’evento nella mia personale relazione con la Colombia riguardò molti piani di comprensione del paese ma ebbe immediatamente un forte impatto emotivo che mi spinse a ragionare a lungo sulla natura delle azioni di rimemorazione. L’evento era centrato sulla capacità di un gruppo abbastanza esteso di persone (circa 500) di creare legami empatici tra loro attraverso un comune viaggio solidale per ricordare eventi drammatici. Grazie alle atmosfere che si produssero negli accampamenti, sui bus o sulle chiatte, si aprirono degli spazi di comprensione che permisero alle vittime della strage di ritornare per la prima volta sui luoghi delle violenze e testimoniarle una volta di più, questa volta però camminando e rimemorandole sul posto e non in aule di tribunale o in uffici di Bogotà. Le operazioni che permisero la creazione di questo spazio protetto non riguardarono solo le relazioni interne del gruppo ma anche le autorità nazionali che non vedevano di buon occhio queste produzioni civili. Inoltre occorse impostare dei percorsi di accettazione che riguardarono gli abitanti di Mapiripan, tra persone che rimasero lì dopo i fatti e chi vi si insediò successivamente alla strage. Per alcuni giorni tutta la cittadinanza, inclusi i militari di stanza nella locale base, si trovarono ad essere “invasi”, volenti o nolenti, da una carovana pacifica di clown ed artisti di strada, leader popolari e di tante altre persone comuni che avevano anche l’obiettivo di metterli di fronte ad un passato conteso che molti di loro preferivano rimuovere, anche nel senso descritto nel post precedente, cioè di un un divenire-altro cui la vita li obbligava. Nel caso di Mapiripan, dopo la nostra azione diretta, l’unica famiglia che si offrì volontaria per cucinare cibo e prestare alcuni servizi di logistica fu poi espulsa dal villaggio e dovette rifugiarsi a sua volta a Bogotà. Inoltre tutti gli organizzatori dell’evento ricevettero minacce di morte credibili che li obbligarono in alcuni casi a lasciare il paese per qualche tempo. Rimemorare in Colombia era quindi un’azione che presentava svariate complessità.
Dopo Mapiripan partecipai ad una lunga serie di incontri, marce concerti e fori politici a Bogotà, Medellin, Cali, Quibdò, Armenia, Barrancabermeja e Buenaventura ai quali erano presenti molte organizzazioni internazionali, nazionali, regionali e/o cittadine. Cercai di intendere ognuno di questi incontri a partire da quella comprensione cui mi aveva introdotto la carovana di Mapiripan. Vi scorsi così ogni volta una funzione primaria che era proprio quella di ricucire emotivamente una lunga serie di traumi che non avevano altri spazi di condivisione oltre quelli che venivano creati in quei contesti. Compresi in questo modo che resistenza significava innanzi tutto prendere coscienza di non essere colpevoli delle violenze che si erano subite o a cui si era assistito e che questo percorso non poteva che essere condiviso. A partire da questa consapevolezza si mettevano in moto dinamiche con cui si recuperavano quasi letteralmente le forze incontrando persone che raccontavano storie di oppressione e di privazione simili a quelle che si vivevano quotidianamente e mostrando logiche belliche più complessive che andavano oltre le storie di quartiere. Si generava così una protezione ed una comprensione di gruppo che permetteva poi di organizzare pensieri condivisi sulle ragioni della povertà e edlla diseguaglianza da cui si alimentavano azioni come quella di Mapiripan. I fori, gli incontri eccetera erano sempre forme di organizzazione partecipata di azioni dirette che aspiravano a puntare il dito sul “marciume” che bisognava riportare a galla. Nei difficoltosi percorsi di normalizzazione della violenza di un paese come la Colombia, come visto, la morte appariva troppo spesso un fatto ripetitivo che nasceva soprattuto per via di un “destino” e di “scelte sbagliate” personali. Questo modo di intendere la guerra civile riduceva ogni cammino di resistenza contro le diseguaglianza strutturali a pure e semplici velleità “comuniste” o “guerrigliere”. Quando non venivano criminalizzate di solito erano tacciate come la ragione dei problemi di sviluppo e di progresso del Paese. Ognuno di quegli incontri rovesciava queste visioni del mondo.
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Durante gli ultimi due mesi del mio lavoro di campo nel 2011, l’instabilità del Barrio nell’epoca del “passaggio”, costrinse anche me ad allontanarmi da Buenaventura. La decisione fu dovuta ad un generale aumento della tensione percepita che iniziò a diventare personalmente insostenibile. Gli incontri della vita mi portarono però a partecipare all’organizzazione di una marcia di commemorazione per i 20 anni di un’altra strage paramilitare nella hacienda El Nilo, nel distretto del Cauca, insieme ad un gruppo di indigeni Nasa e Paece, Los Nietos de Manuel Quintin Lame. In questo caso le azioni di rimemorazione si ripetevano ogni anno e non vi era nulla di particolarmente delicato in quell’evento fatta eccezione per le dinamiche interne alle autorità indigene dei territori in questione. All’epoca, Los Nietos, tra i quali c’erano alcuni fondatori dissidenti del CRIC, erano in opposizione “cordiale” con i vertici delle autorità indigene del territorio, il CRIC appunto. La natura dei contrasti riguardava quasi unicamente le forme della protesta, non le ragioni che le motivavano. Los Nietos occupavano terre illegalmente poichè il Governo non le restituiva. Il CRIC era invece impegnato in più complesse tattiche politiche che spesso risultavano di difficile comprensione per la base. Giocando su questa contesa, all’interno degli eventi commemorativi organizzammo un’azione che chiamammo “Ocupa la Memoria” (occupa la memoria) sui social network che generò alcune ansie, soprattutto localmente. Le terre della Hacienda El Nilo erano ancora di propietà di una società di prestanomi che se ne era appropriata dopo la “vendita forzosa” avvenuta dopo l’uccisione dei 20 indigeni capi famiglia che vivevano lì. Il gioco di parole “ocupa la memoria” aveva generato preoccupazioni poichè si temeva che l’occupazione potesse essere una “via de hecho”, cioè reale, vista la storia de Los Nietos. Un’azione giudiziaria aveva infatti dato ragione agli indigeni ed intimato il governo a restituire le terre ma non era accaduto ancora nulla in quel senso. Ed era passato già molto tempo. La nostra intenzione, evidentemente provocatoria, giocava linguisticamente sulla necessità di ricordare, occupando memorie impegnate in tutt’altro. Tra le micro azioni che registrammo vi furono comizi improvvisi di qualche minuto sugli affollatissimi bus “Transmilenio” di Bogotà, fatti da due o più persone che raccontavano una fantomatica storia sull’occupazione della Hacienda el Nilo ad alta voce; un’occupazione che chiaramente non avvenne e non era in programma. Sta di fatto, che questo evento ci causò non pochi problemi e stigmatizzazioni di vario tipo, tra cui una diretta accusa di essere integranti delle FARC per cui dovemmo rispondere alle autorità locali indigene del municipio in cui vivevamo all’epoca, la cittadina di Caldono, sempre nel Cauca. Alcuni giorni prima della marcia, prevista il 16 dicembre del 2011, fui poi convocato personalmente dalla “Comandancia” del CRIC che mi ribadì la loro disapprovazione per il nostro evento “parallelo”, pur riconoscendo il fascino dell’azione mediatica che aveva sortito effetti a Bogotà che però dai villaggi noi non riuscivamo a cogliere pienamente. Terminarono dandoci il permesso di seguire la nostra rimemorazione insieme ad alcuni sopravvissuti alla strage nonchè alla pro-pro-pro nipote di Manuel Quintin Lame che da Cali aveva deciso di unirsi alla nostra camminata da Santander de Quilichao fino alla Hacienda el Nilo; un modo diverso per ricordare il trisavolo, così famoso tra le montagne del Cauca.
Non toccai più cime adrenaliche ed organizzative come quelle di quei giorni e di quell’anno. Nel 2013 e 2014, attraverso l’ICANH, mi trovai soprattutto a lavorare insieme alla Secreteria de Asuntos Etnicos del Municipio di Bogotà che allora era governata da Gustavo Petro, primo sindaco ex guerrigliero (M19) della capitale del Paese. Mi impelagai quindi in questioni burocratiche che per una ragione o per l’altra si conclusero sempre con il “fallimento” di ogni progetto che avevamo iniziato, nonostante l’approvazione dei beneficiari, una “progettualità convincente” e la disponibilità di fondi pubblici. In quei giorni mi resi conto di aver iniziato un personale cammino nella “mala suerte”, cioè in una configurazione cosmologica del male che toccava più o meno tutti quelli che si indaffaravano nelle politiche progressiste in Colombia e che di lì a poco avrebbe fatto decadere il sindaco della città a causa delle sue politiche sulla gestione dei rifiuti urbani. Senza dilungarmi troppo con ulteriori esempi, è da questa prospettiva che vorrei provare a mettere assieme un pensiero sull’azione collettiva in Colombia per proporre un’interpretazione del blocco del Puerto.
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Per farlo, occorre ritornare prima di tutto ai temi del primo post del blog ed al post [1]. In sintesi, ho cercato di definire sistemi politici oltre la nozione di sovranità e di percorsi identitari. Per farlo ho mostrato una realtà quotidiana in divenire tra opposti mai propriamente tali come amico-nemico, esterno-interno o adentro-afuera che descrivono relazioni di inimicismo che si adattano alle condizioni del conflitto. Simmetricamente, ho raccontato anche l’esistenza di molti spazi per così dire di “liberazione”, definiti “interrregni”, capaci di sovvertire quelle forze che decentrano le soggettività del Barrio rispetto ad un altrove altrimenti più potente dei percorsi locali di soggettivazione. Rimane aperta la questione di come, partendo da qui, possano articolarsi azioni collettive su più ampia scala contro una violenza strutturale e non confinabile “alle scelte di vita dell’individuo”. In particolare, per raccontare il blocco del Puerto, ho bisogno di snodare alcune dinamiche, prime tra tutte quelle reazioni che producono le solidificazioni degli interregni dentro ordini non completi ma facilmente identificabili attraverso istituzioni ambigue come il “Capo” o la “banda”. Come visto queste nozioni riempiono l’immaginario chiudendo o direzionando le opzioni di resistenza disponibili. Tuttavia, accanto a queste solidificazioni, esistono anche un insieme di forze opposte che apparentemente ne limitano la crescita sostituendo, con una certa costanza, la leadership o modicandone i vincoli di appartenenza. Nel post precedente ho mostrato però anche come il cambiare da un epoca all’altra di fatto lasci gli abitanti dentro una non identità, un divenire-"un certo gruppo” che lascia immutate le condizioni che generano la violenza strutturale. Nella lunga storia delle ribellioni della Colombia è certamente possibile ritrovare una vasta gamma di pratiche e di repertori di azioni collettive che rispondono alla necessità di andare oltre la sostituzione di una banda con un’altra o di un capo con un altro.
Al proposito esiste una vasta letteratura sui movimenti sociali afrocolombiani che analizza e descrive le forme assunte da queste azioni collettive nella regione pacifica della Colombia. Una rassegna che dia spazio a tutto il materiale disponibile non rientra nello scopo di questo post (1, 2, 3, 4, 5, 6). Per ora mi basta inquadrare le questioni più generali citando un sociologo italiano, Alberto Melucci (1), che considera i movimenti sociali una critica fondamentale che muove dall’interno di sistemi complessi quali sono le società moderne. La densità informativa insieme alle scale raggiunte da alcune dinamiche di dominazione richiedono infatti l’organizzazione di proteste non più confinabili ai singoli territori e che coinvolgono una molteplicità di attori. Esistono tuttavia alcune importanti criticità che riguardano come queste macrovisioni del mondo e quindi della protesta riescano ad essere rappresentative di quella microfisica del potere che ho cercato di descrivere in queste pagine. Il blocco del Puerto infatti si determinò per ragioni locali, legate all’accesso all’acqua, e dipese da una congiuntura di eventi specifici che generò la rivolta. Tuttavia l’azione che ne derivò, il blocco delle strade, ebbe un impatto nazionale per via della vitale funzione logistica della città rispetto all’economia del Paese. La ricomposizione della protesta ed i dispositivi di controllo che si misero in moto presentano quindi delle specificità proprie non necessariamente riconducibili alle più generali lotte del movimento afro-colombiano come quelle legate al riconoscimento della proprietà collettiva delle terre dentro la Ley 70 o i diversi percorsi identitari e culturali che aspirano a riaffermare la “cultura afro” in una società razzializzata come quella colombiana. Vi sono poi dinamiche interne al movimento stesso che a Buenaventura appaiono collidere tra spinte autonomiste radicali che moltiplicano le identità immaginate, i nuovi nazionalismi e le spinte regionali, e forze universalizzanti che aspirano invece a risolvere le diseguaglianze materiali attraverso il riconoscimento di diritti universali e della “rule of law” ipotizzando che la lettera della legge di per sè sia sufficiente per generare cambiamenti anche nei quartieri. In quella che ho definito la guerra civile del Puerto sono evidenti tutti questi piani di analisi e processi tanto nelle politiche del controllo quanto in quelle della protesta. Quelllo che ora più mi interessa non è tentare una sintesi delle diverse questioni aperte ma cercare di comprendere come l’organizzarsi locale si leghi a queste questioni rimanendo comunque un processo distinguibile e peculiare.
Per tentare di fare un passo in più verso la comprensione di queste dinamiche trovo utile ancora una volta ritornare agli studi di Foucault, in particolare alla lezione conclusiva dei suoi seminari “Bisogna difendere la società” (2010:206-228). Vorrei cioè verificare come alcune pratiche di governo che organizzano la “funzione del razzismo” e come il dispositivo “guerra alla droghe” si intersechino a Buenaventura e come la protesta debba trovare sempre un modo per snodare dinamiche caotiche imposte da quelle intersezioni rischiando di perdere poi il focus e l’obiettivo delle lotte stesse. A partire da queste considerazioni, nel prossimo post cercherò di intendere il blocco del Puerto come un interregno che permise un superamento in senso comunitario di ognuna delle cesure del corpo sociale. Ciò fu possibile attraverso la creazione di un campo aperto fondato epistemologicamente sulla calle e sulla presa di coscienza di una comune condizione di privazione da cui si misero in moto forme di solidarietà altrimenti impensabili. Al di là della sua successiva sintesi politica dentro precise richieste ed offerte di compensazione, avvenne qualcosa di più importante che riguardò una riconquista nell'immaginario di convivialit. Da qui derivò la consapevolezza di un potenziale non reprimibile.
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ultimenotiziepuglia · 5 years
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sciscianonotizie · 5 years
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San Giorgio a Cremano. “Protezione Civile Camp” il 27 ottobre terzo appuntamento con bambini e famiglie
#ILMONITO
San Giorgio a Cremano, 16 ottobre 2019 – “Protezione Civile Camp”.  Domenica 27 Ottobre 2019 dalle ore 09:00 alle ore 13:00 il parco pubblico,  Antonia Custra, in via Brodolini  apre i cancelli ai bambini e  alle loro famiglie per il terzo appuntamento con le buone pratiche di Protezione Civile. Esercitazioni all’aperto e attività legate al mondo del volontariato per insegnare ai più piccoli e agli adulti a riconoscere gli eventi pericolosi ed intervenire con le giuste competenze. Il campo, che si svolgerà per l’intera mattinata con ingresso gratuito, è organizzato dall’Associazione Vigili del Fuoco in Congedo e dall’associazione Ramatour.
Per parteciparvi non è necessaria la prenotazione. Alle ore 9.00 i bambini saranno accolti da volontari nel parco e potranno iniziare i percorsi dedicati, nell’ottica della condivisione, della conoscenza e dello svago. Vi saranno infatti momenti ludici e informativi per i più piccoli, mentre per i genitori saranno allestite postazioni per apprendere le tecniche di primo soccorso, con particolare attenzione alla disostruzione delle vie aeree in età pediatrica, alla presenza di medici e volontari del 118.
Non è il primo “camp” che si realizza in un parco pubblico. Nella stessa villetta, altri due appuntamenti sono stati già realizzati lo scorso 5 e 16 settembre e l’intenzione è quella di ripeterli periodicamente, in maniera itinerante anche in altri parchi.  Mentre sempre a settembre si svolse nel plesso Gramsci un’analoga esercitazione nell’ambito del progetto promosso dal Dipartimento Nazionale di Protezione Civile.
“Abbiamo già avuto modo di constatare quanto le famiglie sangiorgesi siano interessate a questo tipo di attività – spiega il sindaco��Giorgio Zinno –  in particolare rispetto alla  partecipazione attiva dei bambini e degli adolescenti al mondo del volontariato. Per questo abbiamo intenzione di estendere i campi di Protezione Civile anche ad altri parchi pubblici. In questo modo – aggiunge – renderemo sempre più vivi i luoghi della città e nello stesso tempo offriremo ai nostri ragazzi, l’opportunità di apprendere, sperimentare e condividere valori di solidarietà e cooperazione. Grazie ai Vigili del Fuoco in congedo e all’associazione Ramatour che mette a disposizione il proprio tempo per la nostra comunità”.  
“Quando diciamo, ‘facciamo vivere i nostri parchi’ , intendiamo proprio questo – conclude l’assessore Pietro De Martino. Offrire alla comunità sangiorgese occasioni di condivisione, rafforzando il senso di appartenenza al patrimonio comune. Ben vengano eventi come questo e tutti gli altri che le associazioni realizzeranno sul nostro territorio”.  
L'articolo San Giorgio a Cremano. “Protezione Civile Camp” il 27 ottobre terzo appuntamento con bambini e famiglie di Redazione
source http://www.ilmonito.it/san-giorgio-a-cremano-protezione-civile-camp-il-27-ottobre-terzo-appuntamento-con-bambini-e-famiglie/
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servizistampa · 5 years
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Comunicato #775: L’Ordine Ingegneri della provincia di Matera partecipa a “Diamoci una scossa”
La seconda Giornata Nazionale della Prevenzione Sismica sarà celebrata il 20 ottobre prossimo. Visite a domicilio per la verifica del rischio sismico in tutto il mese di novembre. 
Anche quest’anno l’Ordine degli Ingegneri della provincia di Matera prenderà attivamente parte a “Diamoci una scossa”, la Giornata Nazionale della Prevenzione Sismica. Sarà celebrata domenica prossima, 20 ottobre 2019, in tutte le piazze italiane, la seconda edizione dell’iniziativa, promossa da Fondazione InarCassa, dai Consigli Nazionali degli Architetti PPC e degli Ingegneri, con il supporto scientifico del Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici, del Dipartimento Protezione Civile, della Conferenza dei Rettori delle Università Italiane, della Rete dei Laboratori Universitari di Ingegneria Sismica e di Enea. A Matera, in particolare, sarà installato un punto informativo - in Via Roma, nel piazzale antistante l’Hotel San Domenico – che sarà animato dalle rappresentanze degli ordini di ingegneri, architetti, e anche dei geologi della provincia di Matera. Il presidente dell’Ordine degli Ingegneri, Ing. Giuseppe Sicolo, sottolinea l’importanza dell’appuntamento: “Certo, i terremoti non sono ancora prevedibili, ma i possibili danni possono essere mitigati dall’adozione di lavori di messa in sicurezza, che godono di agevolazioni finanziarie fino all’85% della spesa sostenuta. L’Italia è, notoriamente, uno dei paesi a maggiore rischio sismico del Mediterraneo; si rende pertanto necessario conoscere e impiegare una serie di buone pratiche per ridurre il più possibile, al verificarsi di eventi calamitosi, gli effetti dannosi ai fabbricati e, di conseguenza, alle persone che li occupano”. Il dettaglio delle iniziative in programma per la Giornata Nazionale della Prevenzione Sismica è accessibile online sul sito internet www.giornataprevenzionesismica.it. Ma le iniziative dei professionisti e tecnici più sensibili sull’argomento non si concluderanno il 20 ottobre; lo conferma il presidente Sicolo: “In tutto il mese di novembre i nostri colleghi saranno disponibili per svolgere delle visite tecnico-informative a casa dei cittadini che ne faranno richiesta, rilasciando una certificazione attestante la valutazione professionale del rischio sismico dell’immobile visitato. A partire dal 20 ottobre, invitiamo i cittadini interessati a visitare il sito internet nazionale e a prenotare un sopralluogo – completamente gratuito - con i professionisti del settore”. Va ricordato che, lo scorso anno, la Giornata Nazionale della Prevenzione Sismica ha ricevuto la Medaglia di Rappresentanza del Presidente della Repubblica, in quanto riconosciuta come strumento di promozione della cultura della sicurezza sismica.
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L’Ordine Ingegneri della provincia di Matera partecipa a “Diamoci una scossa”
La seconda Giornata Nazionale della Prevenzione Sismica sarà celebrata il 20 ottobre prossimo. Visite a domicilio per la verifica del rischio sismico in tutto il mese di novembre.
Anche quest’anno l’Ordine degli Ingegneri della provincia di Matera prenderà attivamente parte a “Diamoci una scossa”, la Giornata Nazionale della Prevenzione Sismica. Sarà celebrata domenica prossima, 20 ottobre 2019, in tutte le piazze italiane, la seconda edizione dell’iniziativa, promossa da Fondazione InarCassa, dai Consigli Nazionali degli Architetti PPC e degli Ingegneri, con il supporto scientifico del Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici, del Dipartimento Protezione Civile, della Conferenza dei Rettori delle Università Italiane, della Rete dei Laboratori Universitari di Ingegneria Sismica e di Enea. A Matera, in particolare, sarà installato un punto informativo - in Via Roma, nel piazzale antistante l’Hotel San Domenico – che sarà animato dalle rappresentanze degli ordini di ingegneri, architetti, e anche dei geologi della provincia di Matera. Il presidente dell’Ordine degli Ingegneri, Ing. Giuseppe Sicolo, sottolinea l’importanza dell’appuntamento: “Certo, i terremoti non sono ancora prevedibili, ma i possibili danni possono essere mitigati dall’adozione di lavori di messa in sicurezza, che godono di agevolazioni finanziarie fino all’85% della spesa sostenuta. L’Italia è, notoriamente, uno dei paesi a maggiore rischio sismico del Mediterraneo; si rende pertanto necessario conoscere e impiegare una serie di buone pratiche per ridurre il più possibile, al verificarsi di eventi calamitosi, gli effetti dannosi ai fabbricati e, di conseguenza, alle persone che li occupano”.  Il dettaglio delle iniziative in programma per la Giornata Nazionale della Prevenzione Sismica è accessibile online sul sito internet www.giornataprevenzionesismica.it. Ma le iniziative dei professionisti e tecnici più sensibili sull’argomento non si concluderanno il 20 ottobre; lo conferma il presidente Sicolo: “In tutto il mese di novembre i nostri colleghi saranno disponibili per svolgere delle visite tecnico-informative a casa dei cittadini che ne faranno richiesta, rilasciando una certificazione attestante la valutazione professionale del rischio sismico dell’immobile visitato. A partire dal 20 ottobre, invitiamo i cittadini interessati a visitare il sito internet nazionale e a prenotare un sopralluogo – completamente gratuito - con i professionisti del settore”. Va ricordato che, lo scorso anno, la Giornata Nazionale della Prevenzione Sismica ha ricevuto la Medaglia di Rappresentanza del Presidente della Repubblica, in quanto riconosciuta come strumento di promozione della cultura della sicurezza sismica.
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cinquecolonnemagazine · 8 months
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Dl Campi Flegrei: cosa prevede il piano sicurezza
Approvato dal Consiglio dei Ministri il dl Campi Flegrei. Il piano di sicurezza prende in considerazione due aspetti fondamentali: la prevenzione del rischio sismico e la capacità di affrontare l'emergenza vera e propria. Prevede, infatti, alcune azioni di monitoraggio del rischio sismico nella zona interessata e un piano di evacuazione per la popolazione locale. Per la gestione di questa emergenza non sarà nominato alcun commissario. Per l'attuazione del decreto, il Cdm ha stanziato 52,2 milioni di euro. Dl Campi Flegrei: come si articola il piano Il decreto con le misure da adottare per fronteggiare l'emergenza sismica nella zona flegrea si articola in quattro punti che ruotano intorno all'analisi del rischio sismico nelle zone interessate dal bradisismo che sono state edificate. Nello specifico il piano prevede: - uno studio di microzonazione sismica - l'analisi della vulnerabilità sismica dell'edilizia pubblica - l'analisi della vulnerabilità sismica dell'edilizia privata - l'intensificazione del monitoraggio sismico e delle strutture I fondi stanziati dal governo per il decreto potranno essere utilizzati anche per assumere personale tecnico. Le amministrazioni locali potranno stringere accordi operativi con soggetti esterni. Il piano di evacuazione Oltre a misure preventive, la bozza del decreto, all'art. 3, prevede anche l'elaborazione di un piano di evacuazione. Tale piano dovrà essere pronto entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore del decreto. Sarà elaborato di concerto con Regione Campania, Prefettura di Napoli e tutti gli enti territoriali di competenza. A sostegno del piano di evacuazione saranno messe in campo altre azioni tra le quali: - sarà apposta adeguata segnaletica approntata dalla Protezione civile - sarà organizzata una grossa operazione di comunicazione che coinvolgerà soprattutto le scuole e giornalisti grazie anche alla distribuzione di un milione di opuscoli - saranno effettuati appositi test attraverso esercitazioni, ovvero prove di evacuazione, coordinate dalla Protezione civile. Il piano di comunicazione rivolto alla popolazione dovrà essere approvato entro quarantacinque giorni dalla data di entrata in vigore del decreto. La comunicazione dovrà concentrarsi su diversi punti: informerà la popolazione locale sul potenziamento e sullo sviluppo di iniziative già avviate nella zona sull'avvio di nuove. Potrà prevedere la creazione di ulteriori iniziative per portare a conoscenza i rischi legati al fenomeno del bradisismo e alle buone pratiche da seguire. A questo scopo si potranno organizzare iniziative nelle scuole, incontri periodici con la popolazione, sessioni di formazione per i giornalisti che operano nell'area. Dal canto suo la Regione Campania, entro 90 giorni dall'entrata in vigore del decreto, coordinerà le attività volte a individuare le criticità da superare per assicurare la funzionalità delle infrastrutture di trasporto e degli altri servizi essenziali. Tale attività sarà condotta in raccordo con i comuni interessati. Sarà inoltre potenziato il sistema di Protezione civile e saranno allestite strutture per l'eventuale accoglienza della popolazione. Prime prove di evacuazione Intanto in queste ore si stanno svolgendo le prime prove di evacuazione in alcuni ospedali della zona. In tutte le strutture sanitarie della zona si sta valutando lo spostamento di pazienti in altre strutture nel caso i cui l'intera zona debba essere evacuata. Alcuni comuni stanno stilando un elenco dei pazienti fragili. In tutta la zona flegrea, dunque, le amministrazioni locali stanno già portando avanti le iniziative contemplate dal decreto. In copertina foto di Valerio Giannattasio su Unsplash Read the full article
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lamilanomagazine · 6 months
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Pesaro, “Io non rischio”: domani la Protezione civile presenta le buone pratiche di sicurezza
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Pesaro, “Io non rischio”: domani la Protezione civile presenta le buone pratiche di sicurezza È in programma domani sabato 16 dicembre, dalle 10 alle 18, in piazza del Popolo, l’appuntamento “Io non rischio – Buone pratiche di protezione civile” che porterà le volontarie e i volontari del gruppo di Pesaro in piazza del Popolo, per indicare ai cittadini «le azioni con cui ciascuno di noi può contribuire a ridurre rischi come terremoto, alluvione, maremoto e per diffondere la cultura della prevenzione attraverso cui si può fare la differenza nella sicurezza propria e di chi ci sta intorno» spiegano l’assessore all’Operatività Enzo Belloni e il coordinatore del Gruppo comunale della Protezione civile Ugo Scharatura. L’iniziativa rientra nella campagna nazionale di informazione promossa dal Dipartimento nazionale di Protezione civile e basata sulla sinergia fra scienza, volontariato e istituzioni. Si rivolge all’intera cittadinanza per divulgare le buone pratiche in caso di scosse sismiche o alluvioni. I volontari accoglieranno i presenti per illustrare loro anche le informazioni in merito al Piano comunale di emergenza di protezione civile di Pesaro e per sensibilizzarli sui rischi naturali che interessano il Paese e il territorio in particolare e, soprattutto, come agire in caso di emergenza. Informazioni sul sito al seguente link ... #notizie #news #breakingnews #cronaca #politica #eventi #sport #moda Read the full article
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“Io non rischio”, domenica la campagna per le buone pratiche di Protezione Civile https://www.corcianonline.it/?p=41398 In contemporanea con le altre città italiane, domenica 24 ottobre anche Corciano partecipa alla campagna nazionale“Io non rischio”. L’appuntamento, g... #Protezionecivile, #Iononrischio, #Prociv #corciano #corcianonline #umbria #GLOCAL
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ilportico · 5 years
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“Io non rischio”: campagna nazionale per le buone pratiche di protezione civile Il 12 ottobre i volontari in piazza a Novellara Il volontariato di protezione civile, le Istituzioni e il mondo della ricerca scientifica si impegnano insieme per comunicare sui rischi naturali che interessano il nostro Paese.
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