Tumgik
#ma molto
buscandoelparaiso · 2 years
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ho appena rivisto questo:
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sofysta · 4 months
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Oggi sono al back office della reception. Quando i colleghi sono stupendi perché sanno che ho l'influenza,ma pur di non perdere i primi giorni di lavoro evitano di farmi stare in front office. Passando dai 18° di Palermo ai -2 di Parigi c'era da aspettarselo.Tachipirina a go go. Keep kalm and the show must go on.
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tettine · 5 months
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Non avrei voluto struccarmi questa sera
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unwinthehart · 4 months
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La Sad e Il Volo - Sanremo Backstage (2024)
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blogitalianissimo · 4 months
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canterai · 6 months
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Il mio outfit casalingo consiste nel non mettere i pantaloni ma mettere la sciarpa e due maglioni di lana: calzini di lana, collant, maglione con le pecorelle, maglione irlandese e sciarpa fatta da me.
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ross-nekochan · 2 months
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La stagione più bella da vivere in questo paese è finalmente iniziata~ 🌸
千鳥ヶ淵公園と靖国神社での花見散歩🌸✨
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la-novellista · 2 months
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Disobbediente bramosia.
Un senso di vertigine.
Godi per me, bambina!
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gelatinatremolante · 2 months
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Assurdo che nostro signore Gesù si sia sacrificato per permetterci di mangiare le uova di cioccolato e le pastiere. Infatti ha creato anche i mal di pancia ma vale la pena averli.
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papesatan · 6 months
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Ormai nessuno osa studiare con me, se non i disperati, i masochisti e i coraggiosi. Mi tremano innanzi, perché pretendo sempre il massimo (nulla più di quanto minacciosamente richiestomi dai genitori), laddove il massimo non sarebbe altro che una sufficiente capacità di rielaborazione del testo a parole proprie e un minimo di coerenza semantica e sintattica nella costruzione di frasi di senso compiuto fondate su soggetto, verbo e complemento (tutto questo a libro chiuso).
Sembrerà una banalità, ma nulla gli è più gravoso dell'organizzare un discorso armonico, per cui spesso tentano di mandare a memoria termini ed espressioni che risorgono mostruose dalla loro bocca, creature deformi e fuori contesto.
Di solito a questo punto m'arrabbio e li costringo a ripetermi TUTTO dall'inizio, finché non sono contento (ma non sono mai contento). Sommersi dall'ansia e dalla frustrazione, molti di loro non reggono e scoppiano allora a piangere. La mia reazione solitamente è aspra di fastidio, sono stanco, vorrei andare a casa e il tempo passato a piangere è solo tempo perso. Per quanto la mia anima sadica goda amaramente di quei pianti, esco un attimo da me ed entro in loro, mi calmo, mi ci siedo a fianco e li abbraccio, li consolo, li sprono. Ricominciamo, ma prima di farlo abbasso il livello di difficoltà da "Ultimo respiro" a "A fuoco lento", soprassiedo con dolcezza a libro aperto e fanculo i miei standard, fino alla prossima. So che non dovrei imporre a quei piccoli esseri la croce delle mie pedanti ossessioni, esigendo da loro una perfezione che non c'è, so anche che spesso e volentieri la vita là fuori gli chiederà di spingersi oltre la comfort zone di limiti autoimposti. Se non li si abitua a dare il massimo sotto pressione, teneramente cullati nella mediocrità, che adulti diventeranno? Evito di rispondermi e lascio che studino con le mie dipendenti, dolci, pazienti, comprensive. Almeno per un po' mi resterà la soddisfazione di non aver fatto piangere nessuno.
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seriemorder · 4 months
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il programma di oggi è: vegetare a letto finché non è ora di preparare il pranzo, fare qualche lavatrice, ascoltare la playlist di sanremo e decidere le due o tre canzoni che diventeranno la mia personalità per i prossimi due mesi, pulire il blog, gayboys night.
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No caro Martino, non vi tiferà (quasi) nessuno, solo noi atalantini e pochi più 🥲
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mynameis-gloria · 1 year
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Quella è davvero la mia faccia appena alzata. Eh già
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kvara si rende conto che forse la rivalità che sente per davide non è esattamente platonica. enjoy!
Lui non era mai stato un tipo molto aperto, anzi, fin da piccolo era stato un ragazzo di poche parole, che faticava a fare amicizia con gli altri. Impacciato, taciturno, goffo.
Khvicha non aveva molti posti nel mondo da chiamare casa. Certo, c'era la sua terra natale, ma ormai la Georgia si trovava a migliaia di kilometri si distanza da lui. E quella grande e strana città nella quale ora viveva, dove tutti lo trattavano come un dio, dove inneggiavano il suo nome e dove avevano esposto foto, bandiere e murales con la sua faccia e quelle dei suoi compagni, non poteva certo essere considerata davvero casa, o perlomeno non ancora. Si sentiva più come un re nel suo palazzo dorato pieno delle sue chincaglierie: bello, anche divertente viverci, ma gli mancava quel calore, quella familiarità che solo un posto che veramente si considera casa potrebbe dare.
Ma il campo. Il campo da calcio era tutta un'altra storia.
Forse era lì, solo lì, che si sentiva veramente nel luogo dove poteva essere completamente libero. Senza paranoie, senza pensieri. Gli bastava avere un pallone tra i piedi e nient'altro per tornare a respirare con leggerezza. Per tornare a sentirsi di nuovo vivo.
E non c'era momento in cui si sentiva più vivo che durante i big match, quelli contro le altre grandi squadre, quelli che contavano davvero, quelli dove giocano i fuoriclasse che ti spingono a dare il meglio di te per non esserne da meno, che ti fanno sudare ogni centimetro conquistato, ogni pallone, l'adrenalina alle stelle.
Era da poco più di un anno al Napoli, eppure già si era scontrato con alcune delle più grandi squadre europee, contro diversi calciatori che gli avevano dato filo da torcere e che gli avevano regalato la soddisfazione di un vero duello.
Eppure.
Eppure c'era qualcosa di diverso con quel Calabria.
Dal primo momento in cui si erano ritrovati faccia a faccia, con lo sguardo intenso dell'altro completamente concentrato su di lui, Khvicha era stato investito da una scarica di adrenalina diversa dalle altre. Era come se Calabria fosse il suo doppio, anticipava quasi ogni sua mossa, gli era costantemente col fiato sul collo. Khvicha era suo, e non se lo sarebbe fatto scappare per nulla al mondo.
Anche questo primo scontro di stagione non era stato diverso. Khvicha avrebbe mentito se non avesse ammesso di aver aspettato con ansia proprio il momento in cui lui e Calabria si sarebbero di nuovo ritrovati sullo stesso campo.
Alla fine però, questa volta, nessuno dei due aveva davvero vinto. Un pareggio, forse evitabile, forse no, ma comunque un pareggio. La frustrazione gli bruciava dentro. Aveva deluso i loro tifosi, per giunta in casa, e se solo quella palla fosse entrata in porta all'ultimo momento, allora –
«Hey, great match!»
Khvicha si girò verso Calabria. Gli si stava avvicinando ancora col fiatone, ma con un sorriso compiaciuto sulle labbra. Inspiegabilmente, il suo primo, irrazionale pensiero fu che gli mancava vederlo coi suoi vecchi capelli ricci.
Scosse la testa. «Yeah, you've been very good, man» gli rispose, ricambiando il sorriso.
Questa volta Calabria rise di gusto. «You're pretty good yourself!» disse, per poi avvicinarglisi ancora di più, a braccia aperte. E per quanto solitamente lui non fosse il tipo da contatto fisico ravvicinato con persone che conosceva poco, aprì a sua volta le braccia e ricambiò l'abbraccio senza un attimo di esitazione. Poteva giurare di sentire Calabria sorridere mentre gli stringeva un braccio intorno alle spalle, la mano che si alzava ad accarezzargli la testa.
Una calda sensazione che proveniva da qualche parte nella sua pancia gli risalì fino al petto. Cercò di ignorarla, focalizzandosi solo sul calore dell'abbraccio dell'altro. Respirò a fondo l'odore di sudore dell'altro per calmarsi. Sudore, erba falciata, terreno umido: quelli erano gli odori del campo, odori di casa, che non mancavano mai di farlo stare meglio. Calabria sapeva di tutti questi messi insieme, e di un altro odore che non riusciva a classificare ma che doveva essere semplicemente lui. Era un buon odore, pensò.
Quando si separarono – e oddio, quanto tempo era passato? Gli era sembrata passata un'eternità, ma dovevano essere stati solo pochi secondi – Calabria gli stava ancora sorridendo, tutto denti. Khvicha notò che quando sorrideva gli si formavano delle rughe di espressione intorno agli occhi. Perché le trovava adorabili?
Dopo un attimo di quella che per un momento gli era sembrata esitazione – doveva essere un abbaglio, esitazione per cosa? – Calabria si allontanò, salutandolo con una mano. «To the next match!» urlò, prima di raggiungere i suoi compagni.
Khvicha restituì il saluto, anche se ormai non gli stava più prestando attenzione. Al prossimo match, di nuovo. Sarebbero passati mesi prima di riscontrarsi. Non era una novità.
E allora perché il cuore gli si era stretto in petto a sentire quelle parole?
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Khvicha non aveva idea del perché, ma quell'abbraccio era stato ripreso da praticamente tutti gli account sportivi italiani.
Cioè, era solo un abbraccio. Un sacco di avversari si salutano alla fine di una partita, no? Però tutti sembravano voler elevare quel momento a picco massimo della sportività tra due avversari, per qualche strana ragione. Forse era proprio perché la rivalità tra lui e Calabria era ormai nota, e quell'abbraccio a qualcuno poteva essere sembrato strano per quello. Sbuffò. Per certe persone era davvero difficile distinguere la rivalità sul campo dalla vita vera. Lui era esattamente l'opposto, e una rivalità così sentita non poteva portargli altro che avere maggior ammirazione del suo avversario, e quell'abbraccio non ne era stato che la naturale conseguenza. Semplice rispetto reciproco. Nulla di più.
Il fatto che si fosse andato a cercare e salvare tutte le angolazioni possibili in cui i giornalisti avevano scattato quel momento era un altro discorso. Era un bel ricordo da mantenere, ecco tutto.
Fu proprio mentra scollava il feed di Instagram che si accorse che Calabria aveva messo una nuova storia. Toccò l'icona rotonda colorata senza neanche pensarci su e si ritrovò davanti la foto di loro due che si abbracciavano, con la caption Respect.
Di nuovo quella sensazione di calore in fondo allo stomaco. E stava pure sorridendo come un deficiente.
Mise un cuore alla storia e gli mandò un messaggio.
Respect to you too, brother
It was a fun match
Chiuse Instagram e bloccò lo schermo del telefono. Aspettò la bellezza di dieci secondi netti prima di sbloccarlo di nuovo per controllare se ci fosse un messaggio di risposta. Ma che cazzo gli stava prendendo.
Stava per ribloccare il telefonino e andarlo a chiudere a chiave in un cassetto per non toccarlo mai più, quando il suono di una notifica echeggiò per la stanza. Erano due messaggi di Calabria.
Li aprì subito.
It's always fun to play against you! 😉
I wish we could do it more often... ☹
Oh. Quindi anche a Calabria mancava scontrarsi con lui. Sentì il cuore iniziare a battere più forte.
Me too
Si fermò un secondo, poi aggiunse un altro messaggio:
I really like how we fit together on the field
Ecco, l'aveva inviato. Oddio, sperava di non essere andato troppo oltre con quel commento. E se avesse frainteso? Se gli avesse dato fastidio? Se –
Oh you bet we fit well together 😉
Khvicha dovette ripetersi più volte che stavano parlando solo ed esclusivamente dei loro scontri sul campo di calcio. Nient'altro.
Uno scontro sul campo particolarmente allusivo.
Cazzo cazzo cazzo.
Il suono di una nuova notifica gli evitò un crollo mentale imminente riportandolo alla realtà.
How about we see each other for a rematch next time we both have a free day? I could come to Napoli or you could come to Milano
What do you think? 😁
Khvicha rilesse quelle parole.
Cosa ne pensava? Pensava che forse, forse, quello che provava per Calabria non era solo ammirazione da avversario e che forse aveva un principio di infatuamento...
(Ripensò ai suoi occhi azzurri, ai suoi capelli ricci, al suo sorriso che gli arrivava fino agli occhi: forse il forse era un eufemismo)
...e forse questo suo infatuamento era ricambiato.
I would like that very much, Cala
La risposta arrivò dopo qualche istante.
And please, call me Davide 😉
Khvicha sorrise. Forse poteva anche trovarsi a migliaia di kilometri da casa sua, ma chi lo diceva che non se ne poteva costruire una nuova dalle fondamenta?
Thank you, Davide
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la-novellista · 2 months
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...sappia che mi gocciola dall'inchiostro e si incastra tra le parole.
Caparbio danno senza tregua.
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gelatinatremolante · 9 months
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Stavo riflettendo su cosa mi avesse maggiormente rovinato la vita tra opzione numero uno: la mia timidezza/insicurezza; opzione numero due: il cambiamento climatico; opzione numero tre: l'università; ma è una sfida così combattuta che mi sembra impossibile riuscire a scegliere.
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