Tumgik
#maledetto tempo
deathshallbenomore · 1 year
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okay no mi sa che la potrei fare la pazzia……….del resto non lo sai finché non ci provi no? no?
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bat-the-misfit · 2 years
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meu sonho é viajar pra Itália e ficar olhando os monumentos e estátuas e as coiseiras tudo que nem o Jeremias Berdinazzi e enquanto isso meu cérebro vai ficar tocando aquela música da gioconda kkkkkkkkkkkk
#eu acho que eu tava de férias da escola quando começou a reprisar O Rei do Gado#aí meu pai também tava em casa (não sei se era férias do trampo ou se ele tava sem trampo) e ficava nós dois assistindo#aí nos primeiros capítuloskkkkkkkkkkkkk peraí#ficava os tiozinhos das duas famílias xingando um ao outro#“maledetto Menzenga” “maledetto Berdinazzi” NOSSA MANO ISSO VIROU MEME NA MINHA FAMÍLIA KKKKKKKKKK começou só eu e meu pai mas depois#mies primes tudo ficava se chamando assim MINHA NONNA ODIAVAKKKKKKK ela achava que a gente tava desrespeitando nossa ancestralidade#ainda tenho uma prima que toda vez que eu chegou eu digo “e aí maledetta Menzenga?”#e ela “fala maledetto Berdinazzi”#KKKKKKKKKKKKKK MANO NEM SEI SE EU GOSTAVA DA NOVELA MAS ESSES PRIMEIROS CAPÍTULOS ERAM ICÔNICOS PRA MIM MANO#eu lembro que eu e meu pai também ficava imitando o político que ficava dizendo “Maria Rosa... estou indo para Brasília Maria Rosa...”#e a moça caipira que dizia “eu não quero seu dinheiro não uai”#MANOOKKKKKKKKKKKKK#o jeremias ficou uns 10 capítulos só andando pra lá e pra cá e a gioconda tocando#meu pai zoava muito kkkkkkkkkk a nonna falava que ele tava sentimental por isso passava tanto tempo quieto olhando as coisas#ela ficava muito brava quando meu pai imitava ele#E EU CANTANDO A GIOCONDA PRA AJUDAR A PALHAÇADA KKKKKKKKKK#COITADA DA NONNA NINGUÉM DA FAMÍLIA LEVAVA ESSA NOVELA TÃO A SÉRIO QUANTO ELAKKKKKKKKKK#enfimkkkkkkkkkk parei (eu acho)#que saudade afe#sdds nonna#sdds do meu pai#“Morcego andare via vai seu maledetto do caralho” VIXEKKKKKKK ME NE VADO ENTÃO TCHAU
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francesca-70 · 7 months
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Sono donna anche oggi, anche se non è l'8 marzo e nessuno mi porta una mimosa.
Sono donna anche oggi, che non ho nessuna serata in discoteca con uomini nudi che dovrebbero farmi divertire ballando e invece, poveretti, mi fanno solo pena...loro e chi ci va quel maledetto 8 marzo.
Sono donna ogni giorno, quando mi alzo e ho la forza di dire ''tocca a me'', senza nessuno che mi impone qualcosa o senza obblighi legati ad ormai morte tradizioni ed usanze.
Mi piace essere donna, non sono una femminista sfegatata che difende ad ogni costo e ad oltranza il mio genere, perché le stronzate le facciamo anche noi e non siamo sante, almeno io aureole in testa non ne vedo proprio a nessuno, ma mi piace la mattina pettinarmi i capelli, mettere il mascara e perdere quegli intramontabili venti minuti davanti ad un armadio, sempre pieno di cose che a me in quel preciso istante non piaceranno.
Mi piace essere donna, perché in quel lontano 1907 e poi 1909 e infine in quel 1910 qualcuno finalmente capì che anche io ho un pensiero, e posso renderlo libero come ogni altro maschietto del tempo stava facendo; mi piace essere donna perché mi piace esser come tutti gli altri, in fondo cosa cambia?
Al posto di averle in basso due palle, le ho appiccicate sul petto.
Non voglio dire frasi e luoghi comuni come "grazie a noi avete i vostri figli, uomini", perché a riguardo nessuno ha un merito superiore, perché se qualcuno ci ha creati entrambi siamo complementari e non subordinati.
Se qualcuno ha lottato per una parità di diritti, se esiste questa benedettissima uguaglianza voglio lottare e conquistarla ogni giorno, voglio esser donna anche quando le cose si metton male e c'è da rimboccarsi le maniche, voglio esser donna quando c'è da lavorare anche se non si tratta di gonna sexy ma di una tuta grigia e sporca di nero a fine giornata, voglio essere donna e voglio combattere tenacemente in una società "evoluta" e dinamica, in una società dal libero pensiero e dalla mentalità aperta che ancora boicotta l'espressione di ogni genere e di tutti i generi.
"Dichiarazione universale dei diritti umani" e "Dichiarazione dei diritti umani di Vienna", 1945 prima e 1993 poi... vi dice nulla? A me sì, e dice che se io voglio studiare, laurearmi e lavorare in un'azienda e starne a capo, posso farlo perché ho la stessa brama, grinta e forza che avrebbe il mio collega dalle palle attaccate in basso che il colloquio non lo ha superato. Mi dice anche che la mia mansione non è esclusivamente accudire i figli e sfornare lasagne e torte al cioccolato per il mio amato maritino che, povero, al rientro dal suo faticoso lavoro deve trovare qualcosa in tavola e il figlio che già dorme, pulito e profumato. No. Non sono una serva, una schiava, un'allevatrice e macchina di procreazione. Gli antichi romani si sono estinti e siamo nel ventunesimo secolo.
Io sono donna e ho diritto di vivere, io sono donna e ho diritto, io sono donna, io sono. Io. Quell' "io" promotore di soggettività, indipendenza ed esistenza. Non esiste moralmente, eticamente, metaforicamente (chi più ne ha, più ne metta) UOMO e DONNA, esiste io. E quest'ultimo devo ogni giorno, ora, minuto confermarlo senza che altri io prendano il sopravvento.
Io sono donna anche oggi, che non è l'8 marzo, ma in ogni attimo della mia esistenza pretendo reciproco rispetto e fedeltà, detengo la mia dignità e manipolo senza vincoli i fili di un burattino chiamato Vita.
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Silvana Blasco
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princessofmistake · 10 months
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Caro Ivan, Vorrei dire a tutti che non c’é niente di bello nell’essere Sofia e questo perché ho smesso di poterti accarezzare. Ho lasciato ad un’altra donna la possibilità di svegliarsi accanto a te, di prepararti la colazione, di baciarti in una di quelle giornate grigie che sembrano non finire mai. Mi fa ancora male pensare che tu corra da lei dopo lavoro, che la stringa con forza prima di aprire la porta per non perdere nemmeno mezzo secondo insieme e se ti vedo, se ti incontro nei soliti posti, mi si gela il cuore, penso subito a come devo comportarmi, a quanto devo restare composta e fingere che non mi importi nulla. Non ti amo più, ma tremo ancora quando so dove sei, spero ancora di incrociare il tuo sguardo da qualche parte, magari dopo esser stato con lei, dopo averci fatto l’amore. Spero ancora che guardandomi tu possa pensare che con me era meglio. Vorrei dirti che sono felice, che quando mi parlano della tua nuova storia sorrido, ma non posso, questa é l’avventura che non ci siamo concessi per paura, ed io ho maledetto il nostro mancato coraggio ogni giorno, ho pensato a tutte le lotte che potevamo evitare, a tutti i capricci mai risparmiati, a quella gelosia che toglieva il respiro, e a quella fiamma che non smetteva mai di bruciare dentro di noi. Ricordo ancora le urla e i messaggi con scritto “non cercarmi più” almeno mille volte, sperando di non esser mai presi alla lettera, eravamo così terrorizzati dall’idea di perderci che abbiamo fatto in modo accadesse. In tutto questo tempo non sono riuscita a sostituirti, quando altre braccia mi stringevano pensavo soltanto che non erano le tue e a quanto spesso ho dovuto allontanarti mentre tu adesso hai un’altra persona d’amare, userai anche con lei il sapone all’arancia, un giorno finirà e dimenticherai anche quello, ma ogni volta che ci vedremo, ovunque saremo e chiunque avremo al nostro fianco, sentirò ancora il cuore uscire dal petto e poi fare le corse per rientrare lontano da noi.
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animadiicristallo · 20 days
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sento le tue impronte su di me nonostante il tempo passi ma rimani dentro la mia pelle come un maledetto tatuaggio che non ho scelto.
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kon-igi · 10 months
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UN VIAGGIO NELL'ORRORE
Tranquilli, non è il vostro viaggio ma il mio.
Io sono nato all'inizio degli anni '70, quindi mi sono fatto prima tutta la cinematografia horror di Dario Argento&co e poi tutti gli slasher americani con le icone classiche quali Jason, Freddy, Leatherface etc.
Ma c'è un problema...
Io non ho mai visto nessuno di quei film fino al 1990.
Vedete, io vivevo in una famiglia molto particolare™ dove la televisione era vista come il male assoluto, ragion per cui fino ai 14 anni io sono stato costretto ad andare a letto alle nove di sera e durante il giorno potevo guardare solo un'ora di televisione (stranamente non era conteggiato il tempo davanti al Commodore 64 e indovinate un po' chi era il mio migliore amico).
In quell'ora a disposizione io cercavo, ovviamente, di farci stare i miei cartoni animati preferiti ma non mi era possibile guardare film, tantomeno di sera.
Me li facevo raccontare.
Sì perché, evidentemente, il concetto di film non adatto ai bambini si applicava solo a me mentre tutti i miei amici, invece, rimanevano alzati fino a tardi a guardare film pazzeschi insieme ai loro genitori e il giorno dopo me li raccontavano.
A difesa dei miei genitori posso dire che in effetti ero un bambino particolarmente impressionabile ed è forse a causa dei sogni che facevo alle elementari che scelsero di non espormi a quello che in linguaggio tecnico viene definito nightmare fuel.
Non che ne avessi bisogno, intendiamoci.
Per esempio, in terza o in quarta elementare fui perseguitato da quello che io avevo soprannominato Il Burattinaio Cadavere, che si manifestava nel seguente modo: prima io mi trovavo in un qualsiasi luogo a me conosciuto (casa, scuola, parco giochi etc) poi improvvisamente tutto diventava scuro e dei fili tipo ragnatele scendevano dal cielo per toccare le decine di cadaveri che improvvisamente erano apparsi accasciati a terra, i quali si rianimavano come burattini e mi venivano barcollando incontro. Ovviamente mi svegliavo urlando come un ossesso.
E che dire della Lamante, una donna che ogni notte mi faceva vedere un buco sul braccio e mi sussurrava 'Se mi aspetti poi ti faccio vedere cosa mi hanno fatto'. E dopo tornava con le braccia amputate e due lame lunghissime innestate cercando di trafiggermi.
E poi il Buio, la Porta, il Verme Oculare, lo Sghignazzatore Maledetto...
(Beh, forse ero un qualcosa di diverso da 'impressionabile' ma vabbe'...)
Comunque, il primo film horror che vidi a casa di un amico fu Halloween di John Carpenter e al di là dell'angoscia di vedere REALMENTE un qualcosa horror, mi piacque parecchio e lì cominciò la mia collezione di problemi.
Come qualsiasi manuale di pedagogia insegna fin dai primi capitoli, la lunga privazione di un qualcosa di proibito che ero l'unico a non possedere mi spinse a fare binge watching di ogni film horror, di ogni libro di Stephen King, Clive Barker, Lovecraft e persino a scegliere come gioco di ruolo preferito Call of Cthulhu invece del più innocuo Dungeons&Dragons.
Andai fuori di testa.
Ogni notte un Geteit Chemosit che indossava la faccia strappata di mia madre cercava di entrare in camera mia e di giorno giravo sempre armato perché non si sa mai.
Mandai quasi in ospedale la mia povera mamma che ebbe la pessima idea di entrare in camera mia perché mi lamentavo nel sonno (non avevo capito che la faccia era attaccata alla persona giusta) e a distanza di anni ancora ridiamo con i miei amici di quando in campeggio tenni sollevato per il collo lo sventurato che fece un verso sospetto quando, uscendo per pisciare ancora mezzo addormentato, calpestai per sbaglio il suo sacco a pelo.
Per me valeva il motto 'L'uomo che dorme con un machete sotto al cuscino è un pazzo tutte le notti tranne una' e infatti la routine serale dei miei amici era aspettare che mi addormentassi e poi nascondere tutte le mie armi (grazie Francesca perché quella notte particolare avrei senza dubbio ucciso tutti con la mia Katana).
La notte, insomma, non mi è stata mai amica perché forte in me era la convinzione, per non dire la certezza, che il sonno rendesse possibile la venuta di orrori innominabili che si arrampicavano lungo la parte sbagliata della luce.
Verso i diciannove anni facemmo una festa per la fine della Maturità in un'enorme casa di campagna di non mi ricordo chi e dopo aver bevuto l'impossibile ognuno si appropriò di una stanza a casa, chi per trombare (non io) chi per collassare (io).
Solo che non collassai.
Come in un racconto breve di Stephen King mi misi a sedere su un vecchio letto col materasso di lana e tenendo i piedi nudi su un pavimento di cotto dalle piastrelle tutte storte (assurdo come certi particolari rimangano impressi) cominciai a fissare la porta chiusa.
Faceva caldo ma l'avevo chiusa.
Improvvisamente sento una sensazione strana sulla schiena, come di brividi, e i capelli mi si rizzano sulla nuca.
Un pensiero mi si insinua nelle tempie come un ago nel polistirolo...
'Sta arrivando'.
E poi abbasso lo sguardo e vedo che sto tenendo in mano un lungo coltello da macellaio, che evidentemente non ricordavo di aver preso giù in cucina.
Non ricordavo di averlo preso o forse in quel momento avevo capito qualcosa?
Sta arrivando
Punto i piedi a terra...
STA ARRIVANDO
Mi alzo e stringo più forte il coltello
STA ARRIV...
Ma io mi muovo per primo e scatto verso la porta con un fendente dal basso verso l'alto che avrebbe aperto in due la pancia dell'essere non appena avesse spalancato la porta.
TUNC!
Guardo la lama affondata a metà nel pannello della porta chiusa, assolutamente chiusa ma così chiusa che pareva l'emblema della possibilità che io quella sera trombassi.
Allora scendo in cucina, rimetto il coltello nel cassetto e tra i gorgoglii dei conati di vomito di chi aveva ecceduto e l'assoluto silenzio di chi non stava minimamente trombando, mi sdraio sul letto e mi addormento di un sonno senza sogni.
La parte più nobile e metafisica di me vuole pensare che con quell'ultimo fendente dato al vuoto in realtà uccisi definitivamente l'oscurità in me ma in realtà credo di aver semplicemente realizzato che chiunque fosse entrato in quel particolare momento si sarebbe visto rovesciare gli intestini sul pavimento e questo non rientrava tra le cose che avrei voluto fare da grande.
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libero-de-mente · 3 months
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𝗜𝗟 𝗦𝗔𝗕𝗔𝗧𝗢 𝗗𝗘𝗟 𝗠𝗔𝗧𝗨𝗥𝗔𝗡𝗗𝗢
𝗣𝗿𝗼𝗹𝗼𝗴𝗼
- Papà domani mattina mi accompagneresti in auto a scuola?
- Certo Gabriele, se vuoi. Perché questo cambio di programma?
- Eh, metti che la TEB - (metropolitana leggera a cielo aperto della nostra città) - sia in ritardo o abbia un guasto. Non voglio rischiare il giorno del mio esame finale.
- Giusta osservazione, cercare sempre la via sicura. Ti accompagnerò io.
𝟮𝟵 𝗴𝗶𝘂𝗴𝗻𝗼
La notte è stata insonne per lui, l'ho sentito alzarsi più di una volta.
Quelle notti dove sai che il giorno dopo ti giocherai un altro passo importante nel proseguimento della scuola. La chiusura della settimana degli esami per la maturità.
Un lustro di fatiche, incomprensioni, colpi di genio, inaspettati metodi di studio, che l'esperienza scolastica gli ha fatto trovare. I voti alti, le cadute, i pugni dati sulla scrivania, la voglia di recuperare con rabbia e di esserci riuscito alla grande. I sorrisi, quelli di quando mi annunciava di un voto alto che, forse, neanche lui si aspettava.
Credo che lui non lo sapesse, ma stava guardando gli occhi di un padre che credeva in lui e si aspettava tutto ciò.
Gli amici, le compagnie mai nate per quel maledetto virus che per molto tempo lo ha imprigionato a casa.
Era un 4 marzo, si aspettava la primavera per poter tornare ad assaporare le compagnie nel parco pubblico. Invece arrivò una terribile notizia, come se gli studenti fossero soldati e che dovessero andare in guerra. Chiusi nelle trincee (case) per colpa di un nemico invisibile. Così quell'acronimo DAD divenne di uso quotidiano.
La rinascita. Le amicizie che si consolidano, gli amori adolescenziali. Così puri, scanzonati e forse mai impegnativi.
Questa mattina il viaggio verso la scuola, a un certo punto, è diventata una processione. File di ragazzi vestiti eleganti, per un appuntamento che svolterà la loro vita. Tailleur, completi e tante camicie bianche.
A un semaforo, mentre si attendeva il verde, noto questa ragazza. Tratti sudamericani che richiamano le nobili dinastie delle civiltà precolombiane. Vestita di tutto punto, con un mazzo di fiori tenuto sotto braccio mentre con le mani teneva aperto un grande quaderno con gli appunti. Mentre camminava a testa alta stava ripetendo a voce alta la sua: "dichiarazione volontaria di prendere a tutti i costi quel diploma, con un voto alto".
Probabilmente non potendola accompagnare a scuola, qualcuno, le ha donato quel mazzo di fiori come un rituale di buona sorte.
Era bellissima, volevo dirle dal finestrino quando mi stava passando vicino: "andrà tutto bene, sarai magnifica".
Ma non sapevo come avrebbe reagito, se per sorridere allentando la tensione o arrabbiandosi perché le avrei fatto perdere la concentrazione. Così glielo detto col cuore.
Arrivati a scuola il saluto, l'abbraccio. Le parole che non gli ho detto per non caricarlo di ansia, ma che ho tutte qui nel mio cuore.
La promessa. Quella di mandarmi un messaggio su WhastApp appena avrà finito il suo esame.
Sto scrivendo questo post proprio mentre lui sta raccontando, spiegando, gesticolando e impegnandosi per chiudere un percorso scolastico che lo vedrà, da subito, in pista per l'Università.
A volte mi fermo a pensare quanto possa essere stato un pessimo padre. Poi penso al fatto che i miei figli sono tutto quello che avrei voluto essere io. Loro ci sono riusciti. Forse noi genitori, alla fine, non siamo stati poi così male.
p.s. stavo per postare questo mio pensiero. Quando su WhastApp appare questo messaggio: "finitoo🥹🥹🥹"
Ho fatto click di invio di questo post con gli occhi lucidi, non riuscendo più a leggere per le lacrime. Adesso scusatemi ma devo levarmi dagli occhi tutte quelle soddisfazioni che non ho mai avuto, ma che sono riuscito a far avere a chi conta più della mia stessa vita.
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mucillo · 3 months
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Charles Bukowski: “Sei incancellabile tu”
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Succede che una mattina ti svegli e vedi che fuori non piove più e allora ti chiedi – beh? Che è successo?
Ecco, quella mattina successe a me che da tanto tempo non amavo, ma non per chissà quale motivo, non amavo e manco io sapevo il motivo preciso, ma forse sì che lo sapevo: che senso poteva avere per me l’amare se non amare che te?
Quella mattina io avevo una gran voglia di dirti – ti amo -, almeno credo.
Quanto mi manchi amore mio. Certo, io lo sapevo già dentro di me di questa cosa che mi manchi ma l’ho capita bene solo quando fuori ha smesso di piovere e a me mi giocava il cuore.
che prima avevo la scusa per non vedere il sole, pioveva, mica era colpa mia, ma le nuvole ora sono andate via portandosi dietro tutte le scuse. Ok, tu non ci sei, ok, ma va bene, va bene anche se va male, va bene perché io ti amo lo stesso.
C’è come un diario che ho chiuso nel petto, sento che devo tirarlo fuori e devo farlo senza schemi se non gli schemi che mi porto nel cuore.
Ah! Mannaggia mannaggia, mannaggia al cuore che non sa far calcoli ma che pure spesso sbaglia i conti.
Ma io non ero riuscito a dirti quel ti amo.
Era una primavera quando andasti via, lo ricordi? Io cercavo di farmi forza, la vita andava avanti sentivo dirmi da tutti.
Quando te ne sei andata io mi sono un po’ rincoglionito.
Mi persi, diciamoci la verità, perdendoti io mi persi. E tu? Ah! No scusa, non volevo chiederti se anche tu ci sei rimasta male, era un e tu come stai? Roba del genere insomma, un e tu cosa fai ora? Che stai facendo adesso, adesso è in questo momento, che stai facendo in questo momento? Non mi interessa cosa stai facendo nella vita, io non ci sono più nella tua vita, cosa vuoi che mi importi?
Sicuramente starai facendo tante cose belle, bellissime, ma a me importa adesso, adesso adesso mi importa, adesso in questo momento. Io adesso ti sto pensando facendomi del male. Io vorrei non pensarti ed averti invece qui, qui vicino a me.
Ma non ci sei. Non voglio pensarti ma non lasciarmi solo, non andare via anche dai miei sogni.
Tu dolce ferita mi tagli il cuore, ma io sorrido sai? Non mi fa male questo maledetto male. Sorrido perché dentro ci sei te e ti vedo, almeno posso vederti. Ti vedo pure che dai un bacio a quello lì e questo un pò a dirti il vero mi fa incazzare.
Ma tu non lasciarmi lo stesso, tienimi con te pure se sono incazzato.
Tienimi con te. Non mi fa male la ferita al cuore, no, non mi fa male, sei tu che non ci sei, non andare via oltre.
A volte mi sento tanto forte da poterti dire che non esisti senza di me.
Ma non è vero sai? È che ci provo ad andare avanti, bisogna comunque provarci o almeno provo a convincermi che bisogna provarci.
Fossi riuscito a dirti ti amo oggi me ne fotterei della pioggia che smette o che non smette, facesse cosa cavolo vuole la pioggia, fossi riuscito a dirti ti amo io ora non sarei qui a pensare a dimenticarti senza cancellarti.
Sei incancellabile tu.
Sei come quelle macchie di inchiostro sul taschino della camicia, solo che sulla camicia ci puoi mettere una giacca, un maglioncino, ma su di te cosa ci posso mettere?
(Charles Bukowski)
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smokingago · 4 months
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Così tanto tempo passato a districare quella complicata e infinita matassa, anni e anni per trovare l'altra estremità di quel gomitolo intrecciato, l'altra metà della tua Anima.
Poi adesso lo vorresti soltanto tagliare quel maledetto filo rosso, poi bruciarlo, lentamente, come una miccia accesa così che i lembi si allontanino per sempre.
Il fuoco gli impedirà di sanguinare, si spegnerà soltanto quando arriverà ai nodi, vicino ai polsi, e brucierà sulla pelle.
Nessuno potrà mai più ricongiungerlo.
Quel poco che rimarrà, lentamente perderà il suo colore, sarà sempre più sbiadito, ci abitueremo a portare sempre con noi quel residuo, quel ricordo.
Ma un pezzo di cuore ci rimarrà attaccato a questo invisibile bracciale, per sempre.
Cit. #smokingago
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nontimuovere1930 · 4 months
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TU (la scrivo qui, non la leggerà mai)
Ciao, oggi, dopo quasi cinque anni, mi manchi come quando dopo il primo mese che ci eravamo lasciati, passavo le ore ad aspettare un tuo messaggio. Parlo di ore perché all'epoca mi ricercasti subito, scrivendomi quanto mi amassi e quanto fossi importante per te. Ecco, il mio errore più grande forse lo commisi proprio allora, nel credere a quelle parole, a quelle bellissime parole. Provai un senso di felicità infinita, non potevo credere che fosse successo a me e che finalmente il mio turno fosse arrivato. Il principe azzurro tanto agognato, bellissimo, intelligente, colto, bravo a letto ( all'epoca bravo, dovevamo ancora conoscerci bene , adesso superlativo ma questo te lo diranno tutte, tutte ti diranno tutto), aveva bussato alla mia porta, si era accorto di me, strampalata, sognatrice, problematica, psicotica e ,UDITE UDITE, mi amava. Sì, le ho tutte ma tu lo hai sempre saputo e dicevi di amarmi , hai detto sempre di amarmi, di provare sentimenti (ultimamente solo a letto ma ..so' dettagli) . Invece io non ti ho mai detto nulla, se non in rarissime occasioni ma i miei occhi, i miei occhi, cazzo hanno sempre parlato chiaro. Anche quando montavi gli ultimi mobili, mi sono soffermata ad “osservarmi” mentre ti guardavo estasiata ,non dalla tua bellezza che sì sei bello ma non basta, ti guardavo estasiata dall'amore che provo per te. Tu non mi hai mai guardato cosi e ti spiego anche il perché. Ti guardo così perché spero di ritrovare quell'amore che provo per te anche nei tuoi, di occhi. A te, di scorgerlo nei miei non ti è mai importato. Anzi se non ti avessi amato, per te sarebbe stato sicuramente meglio. Invece ti amo, mi manchi da soffocare, come quando fa caldissimo e l'acqua non ti basta mai. Scommetto che in questi cinque anni tu, tornando da me, non ti sia mai posto il problema di tornare libero, di pensare “ ma che cazzo ci faccio qui, io voglio lei, adesso lo dico al mondo intero perché l'amore viene prima di tutto e rende felici. Già, l'amore …. la parolina chiave, quella che spiega tutto. Spiega perché io sia ancora qui a piangere per te e spiega perché tu riesca a fare tutto ciò che hai sempre fatto, con le stesse persone o quella di turno, senza minimamente considerarmi se non quando ti gira. Riceverai queste mie parole solo nel caso in cui dovessi scrivermi tu, cosa che farai? Non lo so più. Gli auguri per la festa della mamma avresti dovuto risparmiarteli, perché sono pugnali che sicuramente a tua insaputa(o forse no), ogni volta mi infliggi. Quando qualcuno è interessato a me e non ricambio, io evito qualsiasi contatto, soprattutto se persona per bene , non mando auguri, messaggi, saluti perché temo possa fare più male che bene. Tu questa accortezza, non l' hai mai avuta. Soffre? Ma chi se ne frega, io ho voglia di vederla o di di scoparla , è innamorata … due moine, qualche regalino, le passerà!!! Purtroppo non mi passa ma non importa, mi hai fatto provare cose bellissime, mi hai fatto vivere emozioni dimenticate da tempo e ti ringrazierò a vita, per questo. Mi piace sentirmi viva e tu mi hai fatto rinascere , anche se con l' inganno ma non sono perfetta e sì, le corna non me le meritavo, le bugie nemmeno ma tutto ha un prezzo, a quanto pare. Ho pagato tutto ciò per qualche attimo di felicità e ...va bene cosi. Sono certa che ti ritroverai in tutto ciò che ti ho scritto ma le palle di ammetterlo non le hai mai avute e mai le avrai ma questo ti rende più umano, più maschio. Non ti mancherò di certo ma il mio amore, ne sono certa....il mio amarti a letto, in solitudine, fra le risate e le urla, quello sì, ho la presunzione di pensare che essere amato così come ti ho amato io, ti mancherà e pure tanto. Vaffanculo e maledetto quel giorno in cui t'ho creduto!!! Ti chiedo solo, se possibile, di sparire e di evitare posti in cui tu possa incontrarmi. Insomma con la tua prossima amante o donna della tua vita, evita le mie zone....Chiedo troppo? Pazienza, me lo devi!
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mccek · 2 years
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Come ogni anno, mi ritrovo qui a scrivere una riflessione, per il giorno del mio compleanno.
Non penso che il problema sia l’età, ma bensì ciò che mi circonda.
Più passano gli anni e più mi rendo conto che la gente si dimentica di te come nulla fosse.
E allora mi chiedo: a che serve continuare a fare del bene dalla mia piccola età se non è mai stato ricambiato nemmeno con semplice grazie?
Lo so, in molti avrebbero già mandato tutto a quel paese e, magari si sarebbe fatto contagiare dalla più grande malattia di cui soffre la nostra generazione, l’odio, che prova indifferenza verso chiunque, anche chi ti starebbe accanto nonostante tutto.
Certe volte mi vorrei lasciare andare, per diventare ciò che forse sarei sempre dovuto essere, uno dei tanti.
Vorrei usare la stessa cattiveria che in tanti hanno usufruito per frustrazione sfogandosi nei miei confronti senza una ragione, perché a casa mia il male non è mai esistito, ah…purtroppo quello c’è in effetti, ma è qualcosa che non scegli, che ti tocca subire contro la tua volontà.
Andrea, Eleonora, tutti voi lassù che vi ho conosciuti in quel reparto, Mamma, che sei ancora qui con me, e non desidero altro, ogni giorno che passa, di poterti continuare a sentire, a vedere, la tua presenza è vitale, come era la loro.
Non voglio piangermi addosso, ognuno ha perso qualcosa nella propria vita, e a volte quel qualcosa è tutto che che avevi, e i miei amici erano l’unica cosa che mi rimaneva, ma vivete dentro me, siete quella parte buona che tiene a bada il marcio che ogni giorno mastico a causa di chi non sa più fermarsi, ragionare, pensare che oltre all’idea che ci si fa sparando a zero, senza almeno provare una volta a conoscerla per quello che è davvero quella persona, c’è un abisso di tristezza, uguale alla vostra, che ci accomuna tutti, e propria essa c’ha sempre lasciato tanti messaggi mai ascoltati, un po’ come quelli in segreteria, e non sarò mai convinto che sia uno psicologo a salvarci veramente, e nemmeno noi stessi, soli, con le proprie forze, ma unendo il nostro male, cosa che da testardi cronici che siamo, mai compiremo, piuttosto godiamo nel vederci soffrire, quasi sapendo che c’è sempre qualcuno che sta peggio di noi, e questo ci rincuora no?
In questo momento mi vengono in mente solo le parole di mia nonna: “non abbandonare mai quella semplicità mista a amore verso il prossimo che hai dentro di te.”
Perché io ho un sogno, che va oltre la scrittura che accompagna le mie lacrime e ogni sera, va oltre la voglia di riscoprirmi ogni giorno, di mettere da parte i miei brevi istanti di felicità per dedicarli a chi ne ha più bisogno di me (e sono tanti), oltre il mio ballare con il mostro che mi porto dentro da fin troppo tempo.
Io sogno che un giorno o l’altro, io, te, noi tutti, ci dimenticassimo di questo maledetto telefono, che ormai c’ha resi automi, frustrati, insopportabili e più trasparenti agli occhi della gente di quanto già lo fossimo.
Chissà, sarebbe una grande conquista tornare a vivere con quel poco di spensieratezza che ci basterebbe, che sicuramente non sarebbe mai quella che avevamo da piccoli, ci sarebbero sempre gli insormontabili problemi legati al lavoro, al costo della vita, ma volete mettere in confronto a come stiamo vivendo ora?
E mi rivolgo sempre alla mia generazione e purtroppo, a quelle che verranno.
Chiedete e scrivete sempre tutti, che vi manca qualcuno che vi ascolti, che si prenda cura di voi, senza se o senza ma…e mi domando cosa stiamo aspettando ancora e quanto aspetteremo!?
Siamo il male che vediamo fare ma che tolleriamo.
Nel frattempo mando lo stesso abbraccio che mi faccio ogni sera a tutti voi, forse il più sincero di quelli che ho ricevuto finora, a te papà, che nonostante le difficoltà e i gravi problemi di lavoro non mi hai mai fatto mancare il cibo a tavola, e pur essendo totalmente diversi, ogni giorno cerchi di spronarmi, senza mai farmi sentire “arrivato”.
A te mamma, che mi hai cresciuto, lasciandomi libertà di agire e pensare, sbagliando e imparando, anche se sono ancora un puntino in questa vita,
A te che trascuri la tua malattia pur di non farmi mai mancare un sorriso, una parola di conforto, quando sprofondo nel deserto della mia depressione.
E a quelle stelle dei miei amici che da lassù illuminano ogni momento buio della mia vita,
ricordandomi che non sono solo, che c’è sempre qualcuno che ha occhi puntati su di me, e non mi lascerà solo per nessuna ragione al mondo.
Resterò sempre ciò che sono.
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osmosidelladecenza · 9 months
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Caro Ivan,
Vorrei dire a tutti che non c’é niente di bello nell’essere Sofia e questo perché ho smesso di poterti accarezzare.
Ho lasciato ad un’altra donna la possibilità di svegliarsi accanto a te, di prepararti la colazione, di baciarti in una di quelle giornate grigie che sembrano non finire mai. Mi fa ancora male pensare che tu corra da lei dopo lavoro, che la stringa con forza prima di aprire la porta per non perdere nemmeno mezzo secondo insieme e se ti vedo, se ti incontro nei soliti posti, mi si gela il cuore, penso subito a come devo comportarmi, a quanto devo restare composta e fingere che non mi importi nulla. Non ti amo più, ma tremo ancora quando so dove sei, spero ancora di incrociare il tuo sguardo da qualche parte, magari dopo esser stato con lei, dopo averci fatto l’amore. Spero ancora che guardandomi tu possa pensare che con me era meglio.
Vorrei dirti che sono felice, che quando mi parlano della tua nuova storia sorrido, ma non posso, questa é l’avventura che non ci siamo concessi per paura, ed io ho maledetto il nostro mancato coraggio ogni giorno, ho pensato a tutte le lotte che potevamo evitare, a tutti i capricci mai risparmiati, a quella gelosia che toglieva il respiro, e a quella fiamma che non smetteva mai di bruciare dentro di noi. Ricordo ancora le urla e i messaggi con scritto “non cercarmi più” almeno mille volte, sperando di non esser mai presi alla lettera, eravamo così terrorizzati dall’idea di perderci che abbiamo fatto in modo accadesse. In tutto questo tempo non sono riuscita a sostituirti, quando altre braccia mi stringevano pensavo soltanto che non erano le tue e a quanto spesso ho dovuto allontanarti mentre tu adesso hai un’altra persona d’amare, userai anche con lei il sapone all’arancia, un giorno finirà e dimenticherai anche quello, ma ogni volta che ci vedremo, ovunque saremo e chiunque avremo al nostro fianco, sentirò ancora il cuore uscire dal petto e poi fare le corse per rientrare
Lontano da noi.”
Sofia
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canesenzafissadimora · 8 months
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Succede che una mattina ti svegli e vedi che fuori non piove più e allora ti chiedi – beh? Che è successo?
Ecco, quella mattina successe a me che da tanto tempo non amavo, ma non per chissà quale motivo, non amavo e manco io sapevo il motivo preciso, ma forse sì che lo sapevo: che senso poteva avere per me l’amare se non amare che te?
Quella mattina io avevo una gran voglia di dirti – ti amo -, almeno credo.
Quanto mi manchi amore mio. Certo, io lo sapevo già dentro di me di questa cosa che mi manchi ma l’ho capita bene solo quando fuori ha smesso di piovere e a me mi giocava il cuore.
È che prima avevo la scusa per non vedere il sole, pioveva, mica era colpa mia, ma le nuvole ora sono andate via portandosi dietro tutte le scuse. Ok, tu non ci sei, ok, ma va bene, va bene anche se va male, va bene perché io ti amo lo stesso.
C’è come un diario che ho chiuso nel petto, sento che devo tirarlo fuori e devo farlo senza schemi se non gli schemi che mi porto nel cuore.
Ah! Mannaggia mannaggia, mannaggia al cuore che non sa far calcoli ma che pure spesso sbaglia i conti.
Ma io non ero riuscito a dirti quel ti amo.
Era una primavera quando andasti via, lo ricordi? Io cercavo di farmi forza, la vita andava avanti sentivo dirmi da tutti.
Quando te ne sei andata io mi sono un po’ rincoglionito.
Mi persi, diciamoci la verità, perdendoti io mi persi. E tu? Ah! No scusa, non volevo chiederti se anche tu ci sei rimasta male, era un e tu come stai? Roba del genere insomma, un e tu cosa fai ora? Che stai facendo adesso, adesso è in questo momento, che stai facendo in questo momento? Non mi interessa cosa stai facendo nella vita, io non ci sono più nella tua vita, cosa vuoi che mi importi?
Sicuramente starai facendo tante cose belle, bellissime, ma a me importa adesso, adesso adesso mi importa, adesso in questo momento. Io adesso ti sto pensando facendomi del male. Io vorrei non pensarti ed averti invece qui, qui vicino a me.
Ma non ci sei. Non voglio pensarti ma non lasciarmi solo, non andare via anche dai miei sogni.
Tu dolce ferita mi tagli il cuore, ma io sorrido sai? Non mi fa male questo maledetto male. Sorrido perché dentro ci sei te e ti vedo, almeno posso vederti. Ti vedo pure che dai un bacio a quello lì e questo un pò a dirti il vero mi fa incazzare.
Ma tu non lasciarmi lo stesso, tienimi con te pure se sono incazzato.
Tienimi con te. Non mi fa male la ferita al cuore, no, non mi fa male, sei tu che non ci sei, non andare via oltre.
A volte mi sento tanto forte da poterti dire che non esisti senza di me.
Ma non è vero sai? È che ci provo ad andare avanti, bisogna comunque provarci o almeno provo a convincermi che bisogna provarci.
Fossi riuscito a dirti ti amo oggi me ne fotterei della pioggia che smette o che non smette, facesse cosa cavolo vuole la pioggia, fossi riuscito a dirti ti amo io ora non sarei qui a pensare a dimenticarti senza cancellarti.
Sei incancellabile tu.
Sei come quelle macchie di inchiostro sul taschino della camicia, solo che sulla camicia ci puoi mettere una giacca, un maglioncino, ma su di te cosa ci posso mettere?
Tumblr media
Charles Bukowski
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denny1416 · 23 hours
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Cose che non voglio mai dimenticare:
- il primo viaggio dopo il covid, a Roma con mia cugina. speravo di incrociare certi occhi, riconoscerli. ero felice, mi veniva voglia di piangere. la città era come nei ricordi di bambina. e quando me ne stavo per andare, mentre sedevo al parco del colle oppio, una tristezza incontenibile.
- la prima volta che mi hai detto al telefono, dopo essere venuti, che ti era sembrata più intima delle altre.
- mio fratello neonato che mi tende la mano dalla culla, per dormire accanto a me.
- quando N. mi ha detto che mi trovava interessante, per me lui era tipo chris hemsworth. (maledetto, sei il mio più grande what if)
- quando ho costretto mio padre a portarmi al cinema per vedere le winx, mentre mamma era a letto con la febbre. non potevo aspettare, dovevo sapere il segreto di bloom e di domino.
- quando mia mamma mi ha portata in libreria per la prima volta. eravamo alla casa al mare in Calabria, la libreria si chiamava Victoria ed odorava di nuovo e infinito.
- il tuo sguardo davanti alla metropolitana quando il primo incontro si era esaurito, noi due silenziosi. volevamo dire tante cose, tu hai parlato per primo come sempre e mi hai chiesto di non dimenticarmi mai di te. promesso.
- i miei cugini piccoli che mi regalano disegni.
- le risate genuine la notte di halloween a casa mia con G. e F., avevamo sedici anni e tutto ci sembrava facile, eccetto la matematica.
- le serate con il medico bono di cui M. era innamorata. una parte di me, quella più buia, si compiace se pensa che ha sorpreso il medico a fissarmi e scattare foto di nascosto.
- quando il prof di arte si è "sottomesso" (rega' non come pensate voi, non fate i porci), dopo essersela presa con me inutilmente. che soddisfazione è stata per la me di diciassette anni, lasciargli intendere che lo avevo mandato a fanculo. che io ero quella forte. ammetto che in questo c'è del sadismo, dovrei chiedere a Freud?
(ci sono tante altre cose, ma sono più intime e le scriverò sul mio diario)
Cose che voglio dimenticare, ma probabilmente non lasceranno la mia mente:
- il vuoto negli occhi di mio cugino A., soprattutto quando ride voglio scordarlo. è anche più triste. un tempo era un bambino turbolento, che mi faceva tanto ridere, adesso nemmeno parliamo.
- mio fratello che tira i pugni nel muro durante la quarantena.
- le incessanti liti dei miei prima della mia laurea.
- le urla a casa dei nonni il 12 dicembre.
- tu che ti arrabbi con me.
- l'università.
- le attenzioni che ho dato a quel coglione di G. che vive di fronte a me. che tempo sprecato, per una persona così piccola.
- quando le merde dei parenti mi regalavano vestiti di taglie più grandi perché "tanto tu sei come tua cugina A., avete la stessa taglia" e non era vero. non ero grassa, ma ci ho sempre creduto guardandomi allo specchio.
- quando le persone a cui voglio un bene dell'anima mi hanno detto che non faccio un cazzo, mettendo in dubbio il mio disagio.
(e altro)
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mucillo · 8 months
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GINEVRA DI MARCO: "La Leggera"
youtube
Lei Ginevra Di Marco era voce dei C.S.I.
Questo pezzo ha una storia dei nostri nonni e bisnonni...qualche minuto per leggerla non fa poi così male...anzi
Siamo, probabilmente, agli albori delle lotte proletarie, quando ancora la classe lavoratrice non si era data un'organizzazione (o stava appena cominciando a darsela); un'epoca in cui il lavoro stagionale era la normalità. Seguendo flussi antichissimi, dall'Italia settentrionale i lavoratori si recavano in Maremma, terra oramai soggetta alla bonifica Medicea ma ancora intesa come malsana, pericolosa, "strana". Chi andava a fare la stagione nei campi di Maremma, contadini poverissimi, doveva prendere un treno che arrivava passando dall'Appenino tra la Toscana e l'Emilia;era il famoso "Trenino della Leggera", o "Leggera" tout court.
Si chiamava così, quel treno, perché i suoi viaggiatori non avevano niente o quasi. Nella valigia o nella sporta che si portavano dietro, c'erano un tozzo di pane, una mela e un paio di scarpe sfondate. Racconta Caterina Bueno, che raccolse questo canto a Stia, in provincia di Arezzo, nei primi anni '60: “Il treno che agli inizi del secolo portava i lavoratori stagionali attraverso tutto la regione fino in Maremma, veniva chiamato il “Trenino della leggera”, dove “leggera” era un termine dispregiativo e canzonatorio con cui si indicavano i disoccupati, gli stagionali o comunque gli emigranti che, poverissimi, viaggiavano “leggeri” con una sola sporta…”. Il treno, dunque, era la "Leggera" perché il bagaglio di chi vi viaggiava era fatto di niente; ma in quel treno, come in tutti i treni dei lavoratori, si cantava.
Cantare non aveva soltanto una funzione di svago e di passatempo (e, probabilmente, era anche un sistema per cercare di farsi passare la fame); era, per molti, un mezzo per pagarsi il soldo che costava il biglietto. Nelle stazioni, delle specie di bande di stagionali s'improvvisavano canterini e si esibivano chiedendo qualcosa; e cantavano, spesso, canzoni inventate da loro stessi. E quando cantano i lavoratori, o si parla d'amore in forme assai poco convenzionali, o si parla di lavoro. Erano canzoni particolari, sovente rognose, e ancor più spesso piene di sogni d'una vita migliore. La vita migliore, in questa canzone, consiste giustappunto nel non dover lavorare come schiavi, e nel mandare in culo il sor padrone; quando i lavoratori cantano di lavoro, liberi di farlo nelle forme che preferiscono, il lavoro non fa una bella fine. Non è "santificato", come spesso accade anche nelle canzoni di lotta scritte da qualcuno che vuole organizzare in base a qualcosa; in canzoni come questa, il lavoro è ancora nella sua forma bruta. Servaggio, schiavitù. E il sogno è una settimana dove non si fa niente e si viene pagati; che, va detto francamente, è proprio un bel sogno. Canzoni come questa sono piene di sarcasmo, perché chi le inventava e le cantava sapeva bene che cosa, invece, andava a fare. Settimane, mesi a spaccarsi la schiena per una miseria.
Gli stagionali erano i precari di un tempo. Erano migranti per mezzo soldo bucato e una zuppa quando c'era. Avevano un piccolo e leggero bagaglio, se ce lo avevano. Bisognerebbe allora capire cosa cantano gli immigrati, nelle loro lingue, quando vengono mandati nei campi di pomodori dell'Agro Domiziano o a Rosarno. Bisognerebbe sentirli cantare sui treni e sui furgoni, sulle "Leggere" di questo tempo maledetto.
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abr · 1 year
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L'ambiente è sacro, non santo.
Gli antichi, in particolare i latini, distinguevano sacro (sacer) e santo (sanctus).
Sanctus è tutto ciò che la comunità stabilisca debba essere protetto, tutelato. Sanctus non appartiene a sfere super umane, è tutto ciò che è elevato e proibito, sanzionato dagli uomini: lex sancta, murus sanctus. Sanctus è riferito anche alle persone: i re, i magistrati, i senatori (pater sancti) e da queste, attenzione, le stesse divinità.
Sacer invece era ciò che era sottratto al controllo, giudizio, intervento umano. Era ciò che esiste ed é stabilito 'fuori' e 'prima' dell'uomo, ciò che appartiene ad 'altro': dies sacra, mons sacer, gli animali del sacrificium (che vuol dire rendere sacer), gli altari e le loro fiamme, l'acqua purificatrice, gli incensi.
Sacer non vuol dire divino, vuol dire intangibile, esterno, che non riguarda: tutelato, perseguibile da 'altro', non dalla comunità. Non 'superiore' o 'buono', ma estraneo: "sacer esto" significava sii maledetto. Tipo ad esempio i rei di colpe infamanti (sacrilegio: prendere per se - legere - qualcosa di sacrum), che venivano espulsi e il loro eventuale omicidio non era perseguibile.
Il Sacer-dos era la figura che manteneva la distinzione e si occupava del sacrum, mentre Imperator sanciva ciò che è sanctus (da cui la volgarizzazione della loro presunta asserita "divinità").
Col tempo fatalmente la distinzione sfuma, sacer e sanctus si confondono.
Oggi invece la confusione è stata abolita: semplicemente il sacrum non esiste più. In questi tempi degenerati ignoranti quindi greggificati socialisti, le Autorità insegnano che TUTTO è o' nuost', oggetto di tutela, 'protezione' e quindi sanzione umana. E' il BENECOMUNISMO.
Persino la Natura è sancta, non sacra: ecco l'ENORME differenza tra ambientalismo originario (di destra, timorato, oggettivo ma compassionato, spinto fino al deismo) e quello benecomunista odierno (paternalista, velleitario, burocratico-gerarchico quindi procedente per ordini e terrorismi, 'razionale' nel senso di tattico conformista e ipocrita tipo "ce lo dice lascenza", arrogante e fallace quanto edificare la Torre di Babele).
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