Tumgik
#non sono manco più la sua insegnante
ross-nekochan · 2 months
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Ieri sono andata di nuovo dalla mia amica giapponese.
Sono arrivata da lei nel pomeriggio di sabato e siamo andate insieme al 銭湯 (sentō), ossia i bagni pubblici giapponesi. Questa volta mi ha fatto meno effetto ma è sempre in qualche modo liberatorio essere letteralmente nuda assieme a tanta altra gente nella tua condizione. Ci si guarda però non c'è troppo giudizio, perché ci sono così tanti corpi diversi che il giudizio sembra perdere di senso.
Dopo essere stata a rilassarmi nella vasca super calda con le turbe idromassaggio (che relax madonna), la mia amica mi ha proposto di immergermi nella vasca fredda:"Vedrai che bella sensazione!". Io inizialmente le dicevo che avrei voluto evitare perché non mi sembrava troppo sensato far fare uno sbalzo di temperatura così forte al corpo; in più conosco la mia polla (ossia me stessa). Alla fine però mi sono lasciata convincere e l'ho fatto: Mix perfetto per un cazzo di capogiro che così forte penso di non averlo mai avuto nella mia vita. Fortuna che è passato dopo qualche minuto e quindi vabbè tutto a posto.
Poi mi chiede del lavoro e del perché ho cambiato: le spiego che ho il doppio delle ferie di prima e mi fa:"Vabbe ma 20 giorni di ferie sono normali no?". È la seconda volta che me lo ha detto e io ogni volta le dico, no, la normalità in Giappone è 10 e mi stupisce sempre che lei, giapponese, anche se anziana, viva così fuori dal mondo e mi rendo conto che chi lavora nella scuola pubblica è privilegiato non solo in Italia, ma pure qui.
A cena abbiamo mangiato 冷やし中華 (hiyashi chūka - foto 1) ovvero noodles freddi cinesi con verdure e carne e una salsa fatta di salsa di soia, aceto, zenzero e sesamo. Poi aveva preso anche dei salamini francesi: buoni, ma peccato fossero letteralmente dolci - poco sale e pochissimo pepe rispetto ai nostri. Da bere una lattina di birra e del vino bianco (scarso).
La notte un inferno: mi sono svegliata forse alle 4/5 con una nausea e un mal di testa fortissimo. Ho temporeggiato girandomi da un lato all'altro per ore e ore, svegliandomi e riaddormentandomi di continuo, finché non ho sentito la mia amica sveglia. Mi sono alzata e le ho detto:"Yuki che guaio, mi viene da vomitare...", mentre lei mi suggeriva di tornare a dormire, ho preso un sorso di acqua... tempo 2 sec e sono corsa al bagno a vomitare. La causa penso sia stata il fatto che sono stata troppo indulgente col vino, che secondo me era pure di scarsa qualità.
Sono tornata a dormire finché non era ora di pranzo, intorno alle 12.
Questa volta però non siamo andate a pranzo dai suoi genitori, ma la mia amica ha organizzato un pranzo a casa sua in cui ha invitato: la sua insegnante di italiano (che è di Salerno e io, quando l'ho saputo, le ho chiesto di presentarmela), suo marito giapponese, un suo compagno di classe (che frequenta la stessa insegnante), la moglie e una sua collega molto giovane che insegna inglese nella stessa scuola media dove insegna anche lei.
L'insegnante di italiano è simpatica, però è la tipica signora italiana con un carattere forte che sta sempre in mezzo a fare le cose al posto degli altri, un po' ignorante e banale (che cazzo mi vieni a dire a fare: che palle D'Annunzio, che palle Manzoni, che palle tutti - dì che non ti piace la letteratura senza fare sceneggiate, no?), insomma, tipica signora italiana. Però ha preparato la parmigiana di melanzane quindi un po' la perdono ahahah.
Il marito invece super tranquillo e straeuridito: prima della pensione era un professore di storia romana e ha vissuto in Italia per svariati anni. Conosce un sacco di aneddoti italiani che manco io sapevo (tipo sul palio di Siena, su Matera etc) ed è il tipo che una volta che parte non lo fermi più. Non ricordo come se n'è uscito con questo argomento, ma dopo aver detto che c'era stato un momento in cui era senza lavoro e senza soldi e che non poteva nemmeno tornare in Giappone, ha detto anche che mentre stava facendo un lavoro prendeva uno stipendio sia in Italia che dal Giappone, nello stesso momento. Io sempre più convinta che chi ha vissuto in quegli anni ha avuto un culo della Madonna perché i soldi si buttavano come non è mai più successo (esempio plateale: mio nonno baby pensionato che ha vissuto metà della sua vita in pensione... METÀ).
Detto questo, fortunatamente sono riuscita a godermi il pranzo nonostante la vomitata.
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« Guarda qua » trilla in un sussurro, dondolando con il busto. « Ho ricopiato tutti gli articoli » ed è proprio lì che lascia i fogli, davanti a sé e al coetaneo. « Il professor Fowler mi sembra » una piccola pausa « abbastanza grande da poter esserci stato ai tempi dell’O’Connor » sussurra. « Prova a chiedere » su, su.
«Non ci viene la corvonerite a stare seduti qui, vero?» sotto tono si, ma sempre sul pezzo per tormentare almeno un po’ la piccola Dalloway. «Santa Tosca» non glielo leva nessuno dalle labbra. Tuttavia sbircia verso il docente e muove le ditina della mano sinistra, quasi come se stesse facendo dei calcoli tutti suoi per capire la differenza di età con Darsel. «Può essere» conferma infine arricciando il nasino. In fondo pozioni può attendere ancora qualche giorno. Alza la mano per attirare l’attenzione del docente e una volta ottenuta la parola domanda «Professore…» si mordicchia la guancia «Non è che…quello che è successo al Ministero può catapultarsi anche ad Hogwarts? Cioè…è successo anche in passato, un sacco di anni fa che una docente insomma…» spavaldo, ma a parlare di certi argomenti manco lui sa bene da dove iniziare. E le letture fatte per i compiti di DCAO non aiutano. «Lei era ad Hogwarts ai tempi dell’uccisione della professoressa O’Connor?» conclude infine provando ad andare dritto al punto.
«Questo è il mio primo anno da insegnante ad Hogwarts. Prima non vi mettevo piede da più di quarant’anni» ci tiene a precisare, mentre s’è ovviamente fermato per rispondere al trio. «Ora, per favore, possiamo scrivere due parole sulla storia del calderone magico, signori?» domanda dunque a loro «perchè certe chiacchiere potete farle anche fuori di qui.»
È un ultimo sguardo ai fogli lì davanti, con gli articoli della Voce degli Studenti ricopiati fedelmente che la porta ad insistere. Boccata ampia d’aria per prendere coraggio, si va in scena. Solleva la mano destra in aria e qualora le venisse data la parola, dopo essersi schiarita la voce, procede « Il professor Darsel ci ha parlato della O’Connor e ci ha chiesto una relazione » tono tremendamente serio con lo sguardo che si rabbuia. « Abbiamo fatto delle ricerche in Biblioteca tra Annuari e vecchie copie della Voce degli Studenti, dovrebbe essere successo la notte tra il 28 e 29 febbraio » un piccolo colpo di tosse coperto della mano sinistra, prima di guardare la tavolata con i coetanei e riabbassare lo sguardo sulle pergamene fitte d’appunti. « del 2064, il professor Darsel doveva essere al suo quarto anno, credo » una pausa, quanto basta per umettarsi le labbra « da quel che c’è scritto dovrebbero esserci stati attacchi da parte di elfi domestici in varie parti del castello: la presidenza e il platano picchiatore » è adesso che solleva lo sguardo mimando un’asteurità che non l’appartiene, totalmente caricaturale sul volto di una dodicenne più bassa della media, i capelli intrecciati e una ciocca blu un po’ sbiadita. Un’austerità macchiata dalla paura di occhioni di cristallo spalancati « Ci ha anche accennato del Sigillo di Fuoco, erano come questi … All Gifted? Che volevano? » la voce si incrina. « Può dirci qualcosa in più? In biblioteca non si trova molto su di loro, e visto quel che succede » tipo che rischiamo il gramo tutti « Ed è per la relazione di Difesa » pigola aprendo lo sguardo in due occhioni supplicanti, la mano sinistra che corre al cravattino, in un modo implicito di fargli notare la fedeltà a Priscilla e alla sua curiosità.
Almeno finchè Charlotte e quel barlume di ribellione non gliela fanno sbirciare di sottecchi, con un sorriso sincero appena accennato sulle labbra. «dovresti rincorrere i topi più spesso!»
«Signorina, non è facile sapere cosa vogliano gruppi terroristici come questo, se non ci si è dentro. Sono semplicemente maghi oscuri, tutti fatti della stessa pasta, per quello che mi riguarda.» si prende una pausa, porta lo sguardo al soffitto «vogliono il controllo. Su cosa, esatta…men…» il parlare rallenta nel bel mezzo della parola; il capo, sollevato verso l’alto a guardare il soffitto, s’abbassa piano;
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9, maggio 2020
Ciao mamma,
Domani è la festa della mamma e dato che il nostro rapporto non è tanto solido, ti scrivo, perché mi viene meglio.
Premetto che della vita non so niente. Ho solamente 18 anni e la famosa "esperienza" bisogna costruirla crescendo.
Siccome in questi anni mi sono costruita una persona che non sono, ora ti parlo della "vera me".
Mi reputo una persona sensibile, nel senso che a volte mi sento più fragile degli altri, sento che nessuno possa comprendere perché sono piiiccola piccola e gli altri invece mi mangiano, anche se questa ovviamente è solo una mia percezione del mondo. È quello che succede con i "grandi". La sensazione è questa, e un po' è quello che succede nelle interrogazioni, quello che succede dentro di me quando devo chiedere qualcosa a qualcuno di adulto.
Lo so che tu quando dici "che ti hanno mangiato?" ogni volta che torno dal tabaccai, lo dici per scherzo, ma io ho vissuto una vita così, con la paura che le persone potessero "distruggermi" o "mangiarmi".
Col tempo ho imparato ad amarmi, perché non lo facevo tanto. Mi sminuivo, reprimevo quello che pensavo e lo facevo perché credevo le persone potessero darmi della stupida in qualsiasi momento.
Essere un "vegetale" però spesso non è la soluzione corretta. Implica un adattamento. Devi per forza accontentarti, non ci sono confronti, non c'è uno scambio di idee. Sei tu e tutti gli altri sono fuori. È come vivere in una bolla. Per anni ho allontanato le persone. Ho dato loro un calcio per allontanarle dalla mia bolla perché è un po' come una "comfort zone", é una sicurezza, almeno la gente non può dirti niente se tu non dici niente.
Ridefinendo me stessa posso affermare che non mi piacciono tante persone. Potrebbe essere un paradosso, ma nel profondo sono una che seleziona. Non ho tanti amici perché c'è sempre qualcosa che non mi piace di qualcuno. In più nessuno è davvero leale. Non sono una persona che "é amica di tutti", non lo sono per niente.
Io sono una che osserva, che guarda i dettagli. Purtroppo tutti prima o poi mi fanno storcere il naso per qualcosa.
Se te lo stai chiedendo, no. Non la considero un'amica "di una vita". Prima o poi la nostra amicizia finirà o la farò finire io perché mi romperò le scatole delle persone vuote.
Ho avuto un rapporto strano con le amicizie da piccola: ero spesso "gelosa" delle mie amichette del cuore perché volevo un'attenzione che non poteva essere colta da tutti.
Poi è successo che sono cresciuta. Ho conosciuto Fra e mi sono rotta della gente che mi vedeva come quella che non ero. E qui arriva la parte dove mi porti dalla psicologa. Inizialmente, non te lo nascondo, pensavo fosse per Fra. Mi distruggeva l'idea che tu non capissi quanto importante fosse per me questa persona. Tuttavia ti ho "accontentato", se così si può dire.
Già dall'inizio mi sono resa conto che non era un complotto contro di me per indurmi a lasciare Fra. Ho conosciuto questa dottoressa che mi ha dato delucidazioni, o meglio, ha trovato il filo conduttore di tutto quello che è successo nella mia vita.
Dopo un lungo studio della mia infanzia io e lei siamo arrivate a conclusione che quelle "gelosie" da piccolina non erano altro che abitudine. Abitudine di essere sempre la piccina malaticcio che deve essere accudita, che deve avere le attenzioni di tutti.
Ho capito tante cose di me. Per la prima volta mi sono confidata realmente con qualcuno.
Si è parlato tanto di me, di te, insomma di tutti voi.
Quello su cui abbiamo lavorato tanto e su cui attualmente stiamo lavorando è l'analisi delle mie emozioni, il perché succede quello che succede. Tutto per far uscire la mia vera identità, quella che forse nessuno conosce.
Parallelamente mi sto vivendo questo amore. Per chiarirti le idee, mi piacciono i ragazzi. Per intenderci, provo attrazione per i maschi. È stato così fino a quando non ho conosciuto Fra, di cui parlerò al maschile perché è la tortura meno dolorosa.
Questa persona...
Il primo approccio che ho avuto con questa persona è stata come una scintilla.
Il momento in cui ci siamo presentati, ho pensato:" ma è una ragazza o un ragazzo?". Era una persona timida e non pensavo ci avrei mai scambiato due parole. Insomma io non gli davo manco un centesimo.
Ero felice perché ero fidanzata con Christian e perciò io a Fra non me lo filavo proprio.
Poi la mia insegnante di teatro ci ha fatto fare un'improvvisazione insieme, che tra l'altro è andata male.
Mi sono rivista in Fra. O meglio, ho rivisto me il lui. Il panico di quell' improvvisazione mi ha fatto passare alla mente un fermoimmagine di me impanicata, così ho voluto conoscerlo.
Non ho mai pensato potessi innamorarmi, anzi all'inizio non accettavo la cosa. Pensavo:" ci risiamo, ecco la moda che incombe su di me". Ma poi l'ho sentito. Ho sentito quella cosa che ti fa pensare:" ma no, non può essere una semplice amica". Non sopportavo che qualcuno potesse avere tutte le sue attenzioni, perché quelle spettavano a me.
Ho passato quattro mesi a capire se mi piacesse o meno. Ci ho pensato e forse pure troppo. Non sono un'incosciente e soprattutto non mi innamoro di tutti, okay? Anche se potresti pensarla diversamente.
E si, sono una brutta persona perché mentre succedeva tutto questo io stavo con Christian, che comunque non pensavo di usare. Quando ho capito che mi piaceva Fra gli ho detto che c'era qualcosa che non stava andando bene. Non provavo più le stesse cose per lui.
Sono arrivata al punto di innamorarmi di un' altra persona e se l'ho fatto significa che non ero così presa da Christian. Mi ero stancata di lui. Non volevo un amore così, un amore che mi dicesse che musica ascoltare perché "non avevo gusto" o un amore così duro nel momento in cui c'era un problema con i miei familiari. E poi cosa più importante, ho sempre pensato:" io questo mica me lo devo sposare, sono sicura che non ci rimarrò per sempre". Volevo un amore migliore.
Quello che provavo e che provo tuttora per Fra non è mai stata una semplice "moda", sarebbe stato troppo facile.
Stando con Fra ho capito cosa significa AMARE qualcuno.
Lo ammetto, le volte in cui tu non riesci a capirmi mi colpevolizzo e penso:" perché mi sono innamorata proprio di Fra?". C'è un problema, c'è chiaramente un problema tra me, lui e te.
Indipendentemente da Fra o meno, mi sono sempre sentita in soggezione con te. Ricordo le volte in cui facevo fatica a chiederti di poter uscire con qualche mia amica perché chissà tu cosa potevi pensare. Ero amica di Ginevra e avevo l'ansia di chiederti di poter uscire con lei perché sapevo che a te non piaceva.
Con te mi sento continuamente sotto esame. Faccio quello che tu vuoi io faccia. Sono quelli che tu vuoi io sia perché non mi piace sentirti dire che le persone che mi scelgo potrebbero essere poco per me. Così evito di parlarne, evito che esca l'argomento.
Inoltre, non mi piace discutere perché so che poche persone potrebbero DAVVERO capire il mio punto di vista, perciò mollo la presa.
Ti sorgerà spontaneo chiedermi :" ma gli altri come fanno a capirti?" ed è una giusta osservazione a cui non riesco a dare una risposta.
Il sentirmi in soggezione è una cosa che mi porto dentro da sempre. E l'ansietta mi si ripropone tutte le volte che devo uscire con qualcuno, tutte le volte che devo uscire con Fra.
Non ti chiedo mai di poterlo invitare a casa perché mi viene l'ansia di dirtelo. Ansia che si attenua quando mi autoconvinco che non dirtelo è la soluzione migliore, che mi fa stare più tranquilla. Quando si tratta di Fra l'ansia è amplificata perché so che non vedi la nostra relazione di buon occhio, perciò a volte dó buca ai suoi inviti, senza farlo di proposito. Quando sua madre mi ha chiesto se volessi venire al sushi con loro le ho risposto di no. E lo dico perché mi rassegno prima di chiedertelo. Perché in realtà ho paura a chiedertelo perché so che a entrambe non fa star bene. È la ragione per cui non parlo tanto di lui. Cerco sempre di evitare di parlarne perché la cosa mi mette in soggezione, poi in ansia e poi mi fa star male. Pensi ci sia voluto poco a chiederti se potessi uscire con lui domani? No perché decisamente non è stata una cosa da poco.
Dirtelo mi mette ansia e mi fa star male. In più faccio stare male te e quindi il più delle volte evito di chiedertelo, così evito pure di farti stare male.
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dilebe06 · 5 years
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Flower Boy Ramen Shop
Ma qui... esiste qualcuno di normale?
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Drama carino, che mi ha fatto fare un mare di risate - sopratutto all'inizio - e che mi ha dato tanta leggerezza forse persino troppa
C'è da dire che cercavo una serie da cervello OFF e su questo aspetto FBRS non mi ha deluso. 
Soprattutto perché non si prendeva sul serio nemmeno lei - come nell' indimenticabile scena dove il padre della protagonista, dopo la sua morte, lascia il negozio ad un perfetto sconosciuto piuttosto che alla figlia. E siccome c'era l offerta 3x2 gli lascia pure la figlia in omaggio - quindi non l' ho mai presa sul serio manco io.
Scenette comiche, demenziali e volutamente imbarazzanti mi hanno tenuto compagnia per gran parte della serie, facendomi spesso mettere in pausa per farmi passare la ridarella.
Perché andiamo...tutti siamo stati protagonisti di scene imbarazzanti!
In questo caso due sono gli aspetti che mi hanno fatto più ridere: la goffaggine di lei ( o per meglio dire tutte le volte che si è trovata in situazioni imbarazzanti) ed il protagonista Cha Chi Soo, Re dell'espressivitá di questa serie.
Dunque la trama è semplice troppo semplice:
Eun Bi, dopo essersi mollata con il suo ragazzo dopo due anni di servizio militare, sta studiando per diventare insegnante. Mentre disperata viene assunta per fare tirocinio in una scuola liceale, si incontra e si scontra con Mirko con Cha Chi Soo. Bello, affascinante, malizioso, ricco da fare schifo, ben vestito, * inserire aggettivo positivo qui* , appena tornato dagli USA, e venendo a sapere che il bel ragazzo è del segno del Gallo ( calendario cinese sottomano) pensa che sia del 88, ben sei anni più di lei. 
A quel punto la donzella capisce di aver fatto TOMBOLA: MARITO TROVATO! 
Il bel ragazzo filtra e accetta di filtrare con lei, prendendo tutta la questione con simpatia. Fino al giorno in cui Eun Bi gli chiede di uscire.
E magia delle magie.... Cha Chi Soo è effettivamente del segno del Gallo. 
Ma è nato nel 1993... sei anni meno di lei.
Ed è anche un allievo della classe dove Eun Bi insegnerà.
Ed è dunque.... minorenne.
Ah le gioie della vita!
Già questo mi ha fatto morire dalle risate, ma andiamo avanti. 😂
Eun Bi, capito la brutta figura o forse vedendo da vicino le sbarre tenta di tenere il ragazzo il più lontano possibile da lei, ma lui che è viziatissimo, arrogantissimo e pazzissimo ( non esiste questo termine ma per questa volta passatemelo) vuole continuare a giocare con lei. 
Quando Eun Bi realizza che il dicianovenne sta solo giocando con lei per passare il tempo, GLI TIRA UNA PALLONATA IN FACCIA.
E lascia la scuola prima che la licenzino.
Ovviamente questo gesto non verrà preso in maniera matura dal giovane, che sentendosi umiliato perché nessuno ha mai osato toccarlo, vuole farla tornare a lavorare per il puro gusto di fargliela pagare, aiutato da suo padre. Il danno cerebrale emotivo che Eun Bi ha causato al giovane è così forte che il ragazzo non smette di pensare a lei notte e giorno. Va anche dal dottore, da cerustici illustri da Mago Merlino... che gli diagnosticano una terribile malattia: l'amore.
( se qualcuno qui ha pensato ad Hanadan, Meteor Garden o Boys Over Flowers... è normale tranquilli)
Mentre Cha Chi Soo si scontra con tutta questa valanga emotiva, il padre di Eun Bi muore. Ma come detto sopra, il negozio di ramen e lei , viene lasciato ad un ragazzo sbucato fuori da nulla ( ma ovviamente bello come il peccato) che per amore del padre di Eun Bi è tornato dal Giappone per tenere il ristorante aperto.
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Il nuovo "marito" di Eun Bi è un trentenne calmo e posato, buono come il pane e molto sempliciotto, che ci prova immediatamente con la ragazza chiamandola " mia moglie".
E soffre di narcolessia.
L'ho detto che qui non ce ne era uno di normale.
Ovviamente per rimanere aperto il ristorante ha bisogno di gente che ci lavori, come Ba Wool ( mio personaggio preferito), l'amico sensibile di Cha Chi Soo, Eun Bi e ...Cha Chi Soon. 
Un grande acquisto...O_O 
Va detto che lui è lì solo perché è innamorato di Eun Bi e di lavorare non ne ha ne voglia né intenzione.
La trama persegue su questa strada fino a metà serie, dove si capirà che la storia prevede che Eun Bi scelta tra il trentenne calmo, maturo, gentile e posato o il dicianovenne arrogante e viziatissimo..ma con gli ormoni a mille!
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Ovviamente siccome è un drama pieno di cliché, nel momento in cui Eun Bi sceglie Cha Chi Soo, il padre di lui si intromette nella relazione, portandoli a lasciarsi. Separazione che dura un episodio per poi concludere la serie con lo che stanno insieme.
A questa coppia, fanno compagnia altre due relazioni: quella di Ba Wool e la Cagna il Cigno Bianco e quella della migliore amica di Eun Bi con l'allenatore. E mentre la prima mi faceva salire solo il nervoso, la seconda mi ha già più interessato. 
Solitamente non scrivo la trama di una serie perché beh... esiste Wikipedia. Tuttavia ho voluto fare un eccezione in questo caso proprio per via della trama: credo che sia un po' il punto di forza della serie, ma anche la sua debolezza.
Perché se è vero che è molto leggera ( e dopo Designated Survivor 60 days, Vagabond e Argon ho bisogno di leggerezza) è anche vero che mi è parsa "povera": non accadono avvenimenti che mixano la storia per renderla più "movimentata". La serie parla di Eun Bi che deve scegliere tra i due ragazzi e fine con i pro e i contro di ogni eventuale scelta.
Tanto che ad un certo punto - più o meno a metà serie - mi sono annoiata.
Carino quanto vuoi...ma una storia incentrata solamente sulla decisione se è meglio il dicianovenne o il trentenne, dopo un po' mi annoia. Ho sentito il bisogno di altre storyline oltre quella principale. 
Ciò non implica che sia una serie brutta o che non valga la pena vederla, ma se il mio voto mentale era altino fino a metà serie, dalla seconda metà è calato drasticamente. 
Ho invece apprezzato molto il finale ( perchè amo il realismo) dove il padre di Chi Soo accetta la relazione tra il figlio e la ex Professoressa, ma lascia la prole in povertà. Del tipo: hai voluto la bicicletta..mo’ pedala!  
Ma il comportamento del padre se da un lato mi ha fatto piacere, dall’altro mi ha confusa: per tutta la serie, anzichè ringraziare Iddio e tutti i santi che sto viziato del figlio andasse a lavorare e si guadagnasse il pane, tentava di tenerlo in casa. Quando Eun Bi colpisce il ragazzo e si licenzia, il padre le chiede di tornare a lavorare nella scuola solo perchè così il suo pupillo possa vendicarsi dell’umiliazione e torni ad essere felice. 
non sono normali in questa serie 
Punto interessante è l’evoluzione di Chi Soo che ho trovato ben scritta e coerente con tutto il suo percorso, e che riassume uno dei “messaggi della serie”: Puoi migliorare ed evolverti quanto vuoi...ma un pò della vecchia te rimane sempre. Cha Chi Soo per stare con Eun Bi ha perso tutto quello che aveva prima ma ha guadagnato il suo amore, una maturazione e maggior consapevolezza. Ma sotto sotto rimane l’arrogante Cha Chi Soo.
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Questo discorso vale per tutti i componenti della storia, anche per quelli che ho digerito male. Come la Cagna Il Cigno Bianco: alla fine della storia, dopo che avevamo acclarato che lei e Ba Wool stavano insieme e che la tempesta era finita e che lei avesse scelto il ragazzo...ecco che nel finale esce con altri uomini. 
Superficiale era e superficiale è rimasta. Almeno è stata coerente.
Ed allora il mio pensiero va al povero Ba Wool... che non solo ha creduto davvero che il Cigno volesse farsi suora o che smettesse di uscire con altri uomini, ma che ha anche delle corna lunghe da qui fino a Seul...Ti sono nel cuore.
Molte meglio andiamo con la terza coppia, quella formata dall’amica di Eun Bi e l’allenatore: lei in procinto di sposarsi con un ricco avvocato, finge di essere una donna di classe ma in realtà occhieggia il vecchio allenatore per cui ha una cotta da tempi immemori. Cotta ricambiata, che avrà il suo culmine con la dichiarazione d’amore da parte di lui che mi è piaciuta assai. 
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Ultimo appunto sulla faccenda della “famiglia”. Mi è dispiaciuto molto che questa concezione venisse abbandonata alla fine della serie: dopo tanto parlare di famiglia, i ragazzi vanno ognuno per la propria strada. Come se questo concetto non fosse mai esistito.
Concludendo: drama leggero e godibile ( seppur un po' noioso da metà in poi, almeno per me) pieno di cliché ma anche di momenti di passione. 
Sinceramente non lo vedrei un'altra volta ma per passare il tempo non è stato male.
Voto: 6 e mezzo
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Capitolo IX
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Ho sempre guardato thriller, ma ora come ora non riesco a pensare a nulla di funzionale per tirare me e mia madre fuori da questa situazione non proprio idilliaca.
Sono in piedi, lei è dietro di me. A dieci metri, l'auto di papà, con cui ho preso in pieno un albero.
Osservo la macchina fumante, sento i singhiozzi irregolari di Morena e annuso l'odore sinistro della persona che, inerme, è spiattellata sulla strada come una mosca su un parabrezza.
Penso che se mi avvicinassi alla pozza di sangue avrei l'istinto di spostare il corpo e quindi contaminarlo, ma so anche che, nella maggioranza degli scenari possibili, quel cadavere deve essere distrutto.
Il che non è soltanto traumatico, ma una condanna a morte per mia madre. L'ansia di venire beccata, il non permettere che finisca nei casini solo io, il coprirmi ed essere la martire della famiglia Lampo... in fondo, però, che vogliamo fare? Chiamare la polizia è da escludere.
Omicidio colposo, stasera prima di tornare a casa ho bevuto pure due birre con Sami, e sono ancora neopatentato. La scenetta diverrebbe ancora più incasinata, dove mia madre reciterebbe il ruolo della vittima di violenze domestiche e mio padre quello del mostro alcolizzato. Io, l'eroico giovane disposto a tutto per cambiare le cose, ma che purtroppo si mette alla guida sotto shock e investe in toto un passante.
Ci sarebbero i vicini che hanno sentito le urla, che hanno visto papà uscire di casa dopo di me e mia mamma ricoperto di sangue.
Ma cosa succederebbe? Mio padre in prigione, palese; io pure, molto probabilmente. Mia madre si ammazzerebbe senza né me né lui. Non posso chiamare la polizia, quindi.
Che poi, cosa ci faceva questa persona in mezzo alla strada alle quattro di mattina?
Le dinamiche desertiche delle strade di Cordello sono un mio punto a favore, per una volta. Non passeranno macchine ancora per un po'.
Sento un tonfo, che mi risveglia dai miei pensieri.
Mia madre è svenuta.
Non mi giro neanche a controllare; è palese che, più dell'incidente, è la caduta del suo castello di carte ad aver causato la sua caduta letterale.
Come un robot arrugginito, faccio veramente fatica a sbloccarmi per cominciare ad agire.
Sto soffrendo di questa improvvisa sindrome della pagina bianca, dove ciò che faranno le mie mani nei prossimi minuti avrà un impatto profondo sul mio futuro, e su quello della mia famiglia. I poveri coniugi Lampo, in crisi profonda, e il povero, poverissimo figlio unico, destinato a vivere con del sangue indelebile sulle mani. Sangue non suo, tra l'altro, sangue che avrebbe potuto non essere versato, ma che una serie di sfortunati eventi ha reso sacrificabile senza troppo temporeggiamento.
Mi avvicino alla macchina a passo rapido, pensando di poter nascondere tutte le tracce possibili che possano ricondurre me o Morena all'incidente. Non sarà per niente facile, ma forse è necessario.
Non possiamo neanche scappare, e i colleghi di mio padre si accorgeranno che lui si presenterà a lavoro senza macchina. E la polizia la ritroverà qui, distrutta, con una pozza di sangue di fianco con tanto di cadavere in decomposizione allegato.
Apro le portiere davanti, controllo in diversi posti se ci sono oggetti che potrebbero tornarmi utili. La puzza di benzina mi inonda le narici come un mare in piena, ma ho così tanto dolore da gestire che a malapena me ne preoccupo.
Come potevo immaginare, l'auto non riserva niente di utile per il sottoscritto. La dea bendata non è soltanto non vedente al momento, è proprio girata di spalle.
Nel panico, mi avvicino al corpo, facendo attenzione a non sporcarmi le scarpe di sangue.
Nel momento in cui il mio sguardo analizza il corpo, mi rendo conto che nei miei incubi apparirà per sempre quel viso; il viso di un uomo spento, con sei peli lunghi e bianchi in testa. Con un barbone selvaggio, un abbigliamento trasandato e due occhiaie che sembrano indicare una depravazione di sonno profondissima.
A Cordello, così come in ogni paesino di provincia fine a se stesso, c'è anche la fortuna di conoscere qualsiasi cittadino... almeno dopo un po' di tempo che ci si abita.
In questo caso, non ho un nome per il mio nuovo incubo vivente, ma solo ricordi.
È il senzatetto che si appostava fuori dalla macelleria per fare elemosina. Ci sono varie leggende metropolitane al riguardo: c'è chi dice che se la faceva con la prima moglie del papà di Sami ed è stato vittima del giro Cucchi, che gli ha fatto perdere famiglia, casa e lavoro.
Altre storie raccontano di come lui ha sempre girovagato per la città dopo aver lasciato il liceo per spacciare. Per le dicerie di qualcuno, invece, è anche finito dentro per un paio di anni e non è più riuscito a trovare un impiego una volta fuori.
Certamente non parliamo di un chirurgo, una donna incinta o un insegnante di sostegno: forse sfodero questo improvviso cinismo per perdonare il mio delitto inconsapevole, ma le immagini di lui ubriaco alle cinque di mattina per le vie del mio quartiere rimane fissa in testa.
Una ragazza, a una festa, mi disse che i senzatetto sono incredibilmente forti perché non hanno più nulla da perdere. D'ora in poi mi chiederò se è davvero così.
Gli avevo offerto un drum, qualche anno fa. Non era neanche rimasto lì a parlare, manco mi ringraziò per la mia gentilezza, se devo essere brutalmente sincero. Di sicuro non lo rende in automatico una persona cattiva o non degna di esistere, ma permette un mio quasi totale distacco dalla sua presenza.
Cerco, almeno nella mia mente, di trasformarlo in un manichino sporco di tempera rossa. Mi sono arreso all'idea che dovrò spostarlo dalla strada.
O lui, o la macchina.
O la persona, o la cosa.
Io e mia madre non abbiamo la forza di spostare la seconda, quindi è necessario, ahimè, rischiare di camuffare l'esistenza del primo.
Vorrei davvero chiamare qualcuno. Ma so che, nel caso in cui finissi comunque nei casini, la chiamata alle quattro di mattina sul confine di Cordello potrebbe veramente confermare che sono io il colpevole.
Prendo fiato.
Non posso solamente dire la verità alla polizia? Andrei nei casini, ma c'è anche un sacco di nebbia. Il mio errore di guida è comprensibile.
Magari il senzatetto ha un fratello ricco avvocato. Uno di quelli bravi. O magari no, è davvero senza nessuno al mondo.
E, in quel caso, nessuno però si accorgerebbe che è scomparso.
Mi riavvicino all'auto e apro il baule. Ci sono tantissime bottiglie vuote.
E, mentre distolgo lo sguardo, mi accorgo di una fiaschetta in vetro di vodka sottomarca. Si nasconde tra gli altri alcolici, come per non voler essere usata.
La afferro, percependo fin da subito quanto cazzo sia appiccicosa.
Penso a come mettere il cadavere nella giusta posizione senza contaminarlo. Alla fine, potrebbe veramente essere un senzatetto che ha rubato la vettura a me e mia madre ed è capitato addosso a un albero. Che, anatomicamente mezzo rotto, si è messo a strisciare fino alla strada, dove ha tirato l'ultimo respiro.
Spostarlo significa inquinarlo del mio DNA, ma nel mio scenario potrebbe benissimo avermi menato per rubarmi l'auto, quindi...
Ho un mazzo di carte da poker in testa, e ogni mano che mi esce sembra fare pena.
Mi accorgo che manca un quarto alle cinque.
Devo definire la mia casa delle bambole, dove tutto è messo nell'ordine che voglio io, o distruggere ogni prova, compresi macchina e cadavere, ed essere per la prima volta una trasposizione difettosa di Carrie, lo sguardo di Satana.
C'è un margine di rischio enorme in entrambe le opzioni, ma devo scegliere cosa fare.
Ho fretta, devo sbrigarmi prima che arrivi qualcuno che scelga per me.
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Sondaggio: 1 Ottobre, 12:52 AM
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giancarlonicoli · 4 years
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6 mar 2021 14:52
IL RE DELLE “CAMMELLATE” - VITA E AMORI DI ORLANDO PORTENTO, MENTORE DI BEPPE GRILLO ED EX MARITO DI ANGELA CAVAGNA - “HO UNA PENSIONE DI 646 EURO E HO FINITO I RISPARMI. PER SBARCARE IL LUNARIO, A 75 ANNI, LAVORO IN UN RISTORANTE COME INTRATTENITORE. QUANDO CONDUCEVO SU RAI3 LIGURIA IL MIO PROGRAMMA, UNA SERA MI SONO TROVATO UN CARTELLO CON SU SCRITTO “LA RAI PAGA UN FASCISTA!” - GRILLO AVEVA ALLE SPALLE UNA BUONA FAMIGLIA, MA ERA AFFETTO DA UNA TIRCHIERIA INNATA! ANDAVA IN GIRO CON LA TUTA SENZA TASCHE. UNA VOLTA MI CHIAMO’ SUO FRATELLO E…”  
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Mattia Pagliarulo per Dagospia
Orlando Portento è un fiume in piena. Settantacinque anni di vita vissuta tra alti e bassi, tra successi e sconfitte, tra ricchezza e difficoltà economiche e tra vecchi e nuovi amori.
Molti lo ricorderanno per essere stato il marito della soubrette non che infermiera di Striscia la Notizia Angela Cavagna, altri per essere stato mentore di un’ esordiente Beppe Grillo, ma la maggior parte delle persone lo ricorderanno sicuramente per la sua sfuriata durante una puntata del reality La Fattoria nel 2006, in cui a suon di cammellate e triccheballacche ha raggiunto il centro dello studio accanto alla padrona di casa Barbara d’Urso ed ha iniziato ad inveire contro quest’ultima e contro gli autori del programma perché, a suo dire, la consorte Angela Cavagna era stata eliminata in maniera irregolare.
Questi suoi originali e stravaganti cavalli di battaglia verbali entrano con prepotenza nel linguaggio comune rivelandosi dei veri e propri tormentoni ancor oggi attuali. L’ultima sua apparizione televisiva risale all’autunno 2019 ospite a Pomeriggio 5 nel quale accusava l’ex moglie e in cui lamentava serie difficoltà economiche. Oggi a distanza di tempo incontriamo e conosciamo meglio un Portento chiamato Orlando.
D. Orlando, nel 2019 ha dichiarato di essere in serie difficoltà economiche, percependo una pensione bassa, pagando un affitto alto e avendo quasi finito i risparmi, la situazione è migliorata?
R. Niente affatto! La pensione è di 646€ mentre l’affitto è di 580€, i risparmi di una vita sono ufficialmente finiti! Sono sempre più rovinato...
D. È vero che per sbarcare il lunario fa il jolly presso un ristorante delle colline genovesi ?
R. Eh già, sono pensionato e ho settantacinque anni ma ugualmente lavoro presso il ristorante Forchettone da Leandro sulla collina genovese di Fontanegli dove faccio l’entrenouse, l’intrattenitore, il direttore, il primo cameriere, primo sanificatore, primo sommelier, ma ho rifiutato il titolo di primo lavapiatti. Errata Cocige! Non sono un jolly sono un mazzo di carte, ma manco quelle mi posso giocare più con il Gomit!
D. Forse intende dire Covid Portento?
R. Eh no, gomit! Tutti si salutano con il gomito quindi è gomit, e con il gomit sono più rovinato del solito dato che nemmeno al ristorante si lavora con continuità con ste zone gialle, verdi, blu, rosse ecc ecc
D. Qualche tempo fa abbiamo assistito ad una guerra mediatica verso l’ex moglie Angela Cavagna, che pare sia  finita nelle aule di tribunale. Come stanno realmente le cose?
R. Penso che Angela abbia preso la querelite, una rara e difficilmente curabile forma di querelite; la scienza si sta adoperando per cercare una soluzione medica per farla guarire da questa patologia. Ahimè di rimbalzo però ha infettato anche me quindi attenzione perché querelo tutti anch’io come ha fatto la signora!
D. Non pensa sia giunto il momento di seppellire l’ascia di guerra nei confronti della sua ex moglie?
R. Dobbiamo sottolineare che i pellerossa si sono estinti da un po’ e quindi non vedo asce di guerra da sotterrare. Mi è rimasto un totem somigliante ad Angela Cavagna come ricordo...
D. Il settimanale Oggi qualche tempo fa la dava come papabile naufrago dell’Isola dei Famosi ma alla fine non è figurato nel cast ufficiale, come mai?
R. Perché sono sull’ammuffimento totale. Ho rifiutato L’Isola dei Famosi anche se avevo bisogno di quattrini. Ad una certa età inizi a prendere qualche chiletto ma se fossi andato in Honduras senza mangiare la mia pasta e senza bere il mio buon bicchiere di vino dimagrivo troppo, mi si scavava il viso come quello di Edoardo De Filippo “‘adda passá ‘a nuttata! ”: non era il caso di naufragare e rischiare la vita alla mia veneranda età!
Tra una sciatica e l’altra mi piacerebbe semmai partecipare ad una specie di “Grande Casa di Riposo Vip” ambientato in un bell’ospizio risanato. Mi immagino già lì con Sandra Milo, Tony Dallara, Gina Lollobrigida, Luca Giurato ecc ecc, mentre a condurre metterei i quasi centenari Pippo Baudo dai piani della casa di cura e Maurizio Costanzo dalla portineria in accettazione!
D. L’8 marzo uscirà il suo primo libro dal titolo “Due Quori e una Cavagna”, di cosa parla?
R. Il libro è edito da Pathos Edizioni di Torino e la prefazione me la sono fatta io perché nessun critico letterario, storico, idraulico, dentista, elettricista, netturbino ha voluto scrivermela, ho dovuto cantare e portare la croce, nemmeno il mio prete confessore di colore ha accettato il mio invito!
Il libretto parla di vent’anni e più di cronaca italiana, di curiosità, di incazzicchiamenti, di amarezze, di successi e sconfitte, ambedue impostori, frammenti di vita vissuta, illusioni perdute, sogni sempre attuali. Realtà tramontate, svanite e confuse tra le nebbie dei ricordi, dolci e amari, e degli anni che volano come aquile che con il tempo perdono la proverbiale s...vista. Gli intermezzi, i fatti e i riferimenti descritti, sono realmente accaduti. Unica qualità positiva? Genova...È una lettura simpatica e di facile comprensione, cerco in un goffo tentativo di emulare il Giovannino Guareschi, vedi lo Zibaldino ecc ecc
D. Non ha mai nascosto di essere un uomo di destra, le ha causato problemi questo nella sua carriera?
R. Sempre e dico sempre! Purtroppo di rimbalzo anche la Cavagna ci è andata di mezzo.
Racconto un aneddoto: conducevo ogni lunedì su Rai3 regione Liguria il mio programma “Sport...ento” e all’ingresso della sede Rai di Genova di Corso Europa una sera mi sono trovato un cartello con su scritto “La Rai paga un fascista!” riferito a me medesimo; morale della favola? La portineria non aveva visto nessuno e il cartello sparì.
Solo per farle capire l’accanimento che i sinistroidi avevano con me!  A me e ad Angela ci hanno cacciato due volte dalla Rai senza rinnovarci il contratto solo perché di destra.
Una volta però dopo il non rinnovo mi rivolsi direttamente a Gianfranco Fini, ci recammo presso la sede di Alleanza Nazionale a Roma, io attesi fuori mentre Angela entrò nel suo ufficio chiedendogli aiuto, lui da gran signore senza dire troppe cose alzò il telefono e chiamò Confalonieri, pochi giorni dopo la nostra visita arrivò un contratto per Angela da parte di Mediaset per un programma.
D. Perché ama definirsi un ex di tutto?
R. Perché è così belin! Sono stato autista, preparatore atletico, autore, conduttore, ristoratore, manager, cabarettista, allenatore di calcio, calciatore, insegnante di tecnica calcistica, ho gestito negozi di abbigliamento...se non sono un ex di tutto io chi può esserlo?!
D. Sembra che abbia dimenticato la Cavagna con un nuovo amore, Nicoletta...
R. Bah non è un nuovo amore, è un amorino.
Nicoletta fa la guardia cinofila e mi ha accalappiato, d’altronde ero solo come un cane! Ognuno vive a casa sua, dopo Angela nessuna donna ha più dormito nel mio letto!
D. Lei è stato co-autore non che amico di un esordiente Beppe Grillo, che ricordi ha di lui e di quel periodo?
R. Siamo stati amici nel nostro periodo di adolescenza quindi un centinaio di anni fa circa, abitavamo nello stesso quartiere, San Fruttuoso a Genova dove io vivo tutt’oggi.
Grillo era molto simpatico, era questa la sua carta vincente per conquistare le donne, i denti storti la bellezza non di certo!  Giuse, noi amici lo chiamavamo così aveva alle spalle una buona famiglia, ma nonostante tutto era affetto da una tirchieria innata, non aveva il braccino corto, era totalmente mutilato!
L’Avaro di Moliere è un filantropo al confronto di Grillo! Andava in giro con la tuta senza tasche apposta per non offrire mai neanche un caffè, a lui il pacchetto di sigarette durava tantissimo perché andava sempre a scrocco per non consumare le sue!
Sono stato un mezzo profeta nel 2013 quando fui ospitato da Paolo Del Debbio a Quinta Colonna, in quell’occasione ho definito i cinquestellini dei sonnambuli, che appena si sarebbero svegliati sarebbero caduti dal balcone prendendo una facciata per terra che li avrebbe frantumati, e guarda un po’ che è accaduto tra gennaio e febbraio al governo...
D. Come mai la vostra amicizia poi è finita?
R. Io presentavo nella nostra città degli eventi presso i giardini dell’ Acquasola chiamati “Le Serate di Genova” ed una sera era ospite Pippo Baudo. Il mio impresario Morelli dietro le quinte si avvicina a Pippo dicendogli: “è più grande Portento di Grillo, aiutalo!” e lui risposte: “e come faccio ad aiutarlo?! Grillo non vuole!”. Ascoltai questa conversazione a distanza, e nessuno si accorse di me. Da quel giorno io con Grillo ho chiuso, lo pensavo un amico invece non si comportò da amico.
Lo vidi circa quindici anni fa ad un funerale ma non ci siamo salutati, poi cinque anni fa incrociati a piazza Martinez ma sono andato via dritto a passi lunghi e ben distesi.
Bella riconoscenza e gratitudine quella sua, e pensare che all’inizio della sua carriera sono stato il primo ad accorgersi del suo talento e a motivarlo, in merito a ciò racconto un episodio inedito di cui non ho mai parlato.
Era agli inizi Grillo, ricevo una telefonata accorata e di supplica da suo fratello Andrea che tutti chiamavano Andreino in cui mi veniva chiesto di convincere Giuse (Beppe) a ritirarsi dalle scene e a tornare a lavorare nell’azienda di famiglia perché avevano bisogno di lui; io risposi al fratello di non avere fretta, di aspettare e dargli tempo un anno, nel caso la carriera di comico non avesse preso il volo mi sarei adoperato io a convincerlo di smettere e tornare a Genova a lavorare nell’azienda di famiglia. Giuse ascoltava molto i miei consigli, era   condizionato, in maniera buona intendo, da me. Quindi se avessi ascoltato il fratello ora Giuse non sarebbe quello che è! Con il senno di poi forse era meglio...
D. Nel 2006 ha raggiunto il suo momento di maggior popolarità irrompendo in studio a La Fattoria e polemizzando con la conduttrice Barbara d’Urso a suon di cammellate e triccheballacche; era una scena studiata a tavolino?
R. Ero incazzaticchio veramente, altro che scena studiata a tavolino. Ero nero perché a mio avviso avevano eliminato la Cavagna in maniera irregolare e così sono andato al centro dello studio accanto a Barbara d’Urso e ho iniziato a sfogarmi a suon di cammellate e triccheballacche. Finito tutto sono andato nel residence e mi sono fatto due spaghetti con l’olio senza nemmeno il grana grattugiato perché manco c’era.
Il giorno dopo tutti parlavano di me e sono iniziati gli inviti in tutte le principali trasmissioni di Mediaset: un grande successo travolgente ma inaspettato. Ancora oggi la gente mi ferma per strada per un selfie e vuole che faccia il gesto del triccheballacche! Incredibile, dopo quindici anni ancora mi ricordano per quei cinque minuti di incazzicchiamento vero però!
D. Ha compiuto da poco 75 anni, come si immagina Portento tra 10/15 anni?
R. Non mi vedrò perché toglierò tutti gli specchi di casa! Andando al bar vicino a casa mi consolo, lì incontro coetanei messi molto peggio di me, ammuffiti che prendono la pillola blu perché non gli tira più, o di duecento chili, o con sette motorini nel cuore, o con problemi alla prostata, io a parte la pastiglia che prendo per la pressione alta e la sciatica non ho altre patologie! Quasi quasi rimetto gli specchi a casa a questo punto...
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travisjerichomurphy · 4 years
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So I drink till the night becomes another day and the day is just another little thing in our way. No one ever chooses to be a flawed design but this life is a joke and death is the punchline. _____
Il 28 Maggio del -purtroppo - lontano 1995, Harold e Doris Murphy annunciano al mondo e alla loro parrocchia di fiducia la nascita del loro angelico pargoletto. Pargoletto a cui verrà dato l'improbabile nome di Travis Jericho. Sembra il preambolo perfetto per una pubblicità della Mulino Bianco e per un certo numero di anni sembrerebbe essere rimasto tale: una casetta bellina in periferia, una vita tranquilla senza troppi fronzoli, le festicciole a pane e Gesù in chiesa and so on. A sette anni gli viene anche recapitata una sorellina. L'unico trauma infantile precoce che potrebbe aver avuto è stato quello di dover fare il chierichetto, che poi con i boccoletti biondi ci stava proprio bene. Visto che sappiamo benissimo che le cose belle durano poco, vi annunciamo la seguente prevedibilissima sventura: nel 2003 la nostra Doris rimane vedova con due figlioletti a carico e senza aver mai ovviamente lavorato per un solo giorno nella sua vita. E tranquilli tutti, continuerà a non lavorare pure in seguito. Campare di carità e sussidi funziona meglio, soprattutto quando devi ignorare la disperazione in liquori da signora perbene. I problemi di 'sto povero figliolo dovrebbero iniziare più o meno nel momento in cui nessuno s'è premurato di spiegargli almeno due paroline sulla morte e per dargli un qualche genere di senso ha cominciato a seppellire le bamboline di sua sorella mentre mammina dormiva stordita sul divano. Giocava ai funerali, faceva domandine creepy in giro, si ritrovava coi vestiti smessi da qualcun altro e nel frattempo ha iniziato a rendersi conto che pure Ems aveva qualcosina che non girava proprio nel verso giusto. Per cui, riassumendo: la (fu) famigliola del Mulino Bianco è ora composta da un'alcolizzata ossessionata da Cristo, un regazzino con la fissa per l'aldilà e una bimba che fa e dice cose totalmente inadeguate al contesto sociale. Peggio degli Addams. Con il passare degli anni, a furia di non trovare risposte sulla natura di tutte queste strane sciagure abbattutesi sulla famiglia Murphy - che diciamocelo, eh, già chiamarsi così è tutto un programma - ha iniziato a convincersi che alla fine della fiera è proprio la vita a fare schifo. Quindi con l'adolescenza è passato direttamente dalla fase dei dubbi a quella del risentimento cieco e becero, perchè se la tua esistenza lascia a desiderare l'unica cosa che puoi fare è renderla un inferno pure agli altri. O almeno era una buona scusa per cominciare a sgraffignare le preziosissime bottiglie di mamma Murphy, a distruggere qualsiasi cosa gli capitasse a tiro soltanto per il piacere di romperlo, a prendersi a botte con tizi più grandi perchè che gusto c'è quando sei tu a menarle e ragazzate varie ed eventuali. Arriva nella vita di noi tutti quel particolarissimo momento di cui non ci dimenticheremo mai più: la prima sbandata. Già già, l'avvenimento molto speciale che trasforma chiunque in una persona migliore, che tinge il mondo di rosa e che fa sembrare la vita più sopportab... ah, no. Diciamo che almeno ha smesso di bere da solo, il che è un bel passo avanti. La very special person si chiama Nirvana - ma per lui è sempre Van - e dire che ne sia ossessionato è un eufemismo. Ma invece della classica love story commovente da teen drama, trova una persona con cui coglioneggiare giro. Insomma, finalmente ha un'amichetta. Gli ci son voluti diciassette anni, ma ce l'ha fatta! Che ci importa se poi con tutta probabilità ha passato infiniti pomeriggi ad ascoltare I Know It's Over - and it never really began , lo dice pure la canzone oh - degli Smiths over and over and over and over pensando a lei, finchè persino Doris si sarà chiesta che strani problemi avesse il figlio. Un'amichetta, tutto qua. Vuoi mai che 'sti due abbiano rovinato le cose facendo una qualche sciocchezzuola da ubriachi? Macchè. Ebbene, la regia definirebbe la suddetta sciocchezzuola come punto di non ritorno, visto che da qui in poi non s'è capito più niente. Gli ultimi anni di liceo li passa un po' nello stesso modo: fare dispetti alla gente, sorridere come uno scemo davanti ad una certa tipetta che gli piace tanto, cercare di convincere mamma Murphy che per capire perchè la figlia a 11 anni invece di ascoltare i Jonas Brothers crei riproduzioni in legno di coleotteri grandi come palline da golf non serva proprio farla parlare coi preti. E su quel piano è tutto un incavolarsi con chiunque avesse finito per avere a che fare con Ems, non importa se sei un compagnetto che la prende in giro, un insegnante che non la capisce o il nuovo neuropsichiatra di turno: alla fine, in un modo o nell'altro, te lo ritrovi a minacciarti di farti morire lentamente tra atroci sofferenze. Perchè lui è una persona protettiva, eh. Magari nemmeno questo è stato tanto d'aiuto, ma lasciamo perdere. Alla fine delle superiori, decide di indebitarsi a vita per iscriversi all'università nonostante le sfighe varie e il non avere mezzo spiccio da parte. Per cui, si trasferisce a New York dove – guarda che caso – si è trasferita la sua Vannie giusto tre mesi prima. Mica perchè da quelle parti ha gli zii che non se lo filano di striscio. Tanto lo sappiamo come sono le famiglie, tutti bravi a dire che ci saranno sempre finchè davvero non c'hai bisogno. Ma non parliamo di inaffidabilità, considerando che ci ha messo meno di tre mesi di relazione a distanza per infilarsi nelle mutande della sua ex psicomatica – che avrà avuto un radar per presentarsi giusto in tempo, boh. COMUNQUE, sì, New York. Van, l'università, il suo primo monolocale da solo, Van, i primi lavoretti del cazzo, Van, essere stonato per la maggior parte del tempo, abbiamo già menzionato Van? Tutto bellissimo. Nonostante non si sia ancora liberato del pessimismo cosmico, pare che le cose inizino a girare finalmente per il verso giusto. Però che cosa vi avevamo già detto prima? Le cose belle durano poco. Se hai diciotto anni, un innegabile talento per i licenziamenti e stai accumulando debiti universitari per una somma pari al PIL pro capite della Bielorussia può capitarti una sola cosa che sia peggiore del ritrovarsi in loschi affari con la mafia russa: ovvero, mettere l'ammmmore della propria vita in una condizione delicata che chiameremo per brevità gravidanza indesiderata. Come è ovvio che sia, il nostro eroe non soltanto l'ha presa nel peggiore dei modi possibili ma anche reagito nel peggiore dei possibili modi dimostrando per una volta una certa coerenza tra quello che dice e quello che fa. Si è quindi dimostrato all'altezza della sua mancanza di spina dorsale ed ha cercato di lasciare il paese per il confine più vicino, ma poi non è riuscito a fare manco quello ed ha cambiato idea. Già da questo si capiscono molte cose che quindi lasceremo sottintese. Potremmo dilungarci su quanto il suo pessimo comportamento sia stato dettato dai problemi in famiglia, dalla preoccupazione che ti sale quanto nè tu nè tua sorella siete proprio a posto, dalla legge di Murphy che regola la sua esistenza e dal debito pubblico del Cile che grava sulle sue spalle. Ma no, invece confermiamo che è solo un coglioncello codardo che non vuole responsabilità. E nemmeno un figlio, se è per questo. Però tutto è bene quel che finisce bene, e il nostro eroe se ne torna con la coda tra le gambe dalla sua Vannie ripiena. A questo punto, dopo tante peripezie sarebbe bello venire a sapere che l'idea di diventare padre renderà il nostro Travis una persona più matura e socialmente responsabile. Forse per qualche mese ci avrà quasi forse più o meno creduto anche lui. Ma in nove mesi di gravidanza non faceva in tempo a fare un passo indietro che s'esibiva in un triplo carpiato all'indietro e se non ricordiamo male s'è pure infilato nelle mutande della sua ex psicopatica DI NUOVO. Ogni cazzata è soltanto l'ennesima occasione per dichiarare che cambierà, ma poi non cambia manco per niente. Ricordiamo anche che si è quasi perso la nascita di suo figlio perchè è rimasto chiuso nel cesso dell'ospedale. Anche dopo aver dato il benvenuto in questa valle di lacrime a Ian Kevin Murphy – che è e resterà il Murphy più figo di tutti – non è che sia capitato così per caso un qualche miracolo che l'ha portato a trasformarsi in una persona nettamente migliore. Non si può nemmeno dire che ci abbia messo impegno zero, ma è proprio incapace a campà e in queste condizioni l'amore – che poi non riesce nemmeno ad ammettere a meno che non sia proprio ubriaco o disperatissimo – non risolve niente. Si merita almeno una medaglietta di bronzo per non aver abbandonato il nanerottolo e per aver imparato addirittura a volergli bene, ma il premio “Padre dell'Anno” è ancora lontano e ci sono ancora seri dubbi che potrà mai guadagnarselo un giorno. Per il resto, la storia non è mica finita qua. E le scommesse sono ancora aperte.
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janiedean · 8 years
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Ciao! Il prof di filo mi ha dato un tema la cui traccia praticamente è "Sei Hegel e un giorno ti accorgi che tutta la tua filosofia è errata" Ora io avendolo fatto da poco in Schopenhauer pensavo di parlare del sogno ma non so come proseguire! (1)
Aiutami Lavinia, sei la mia unica speranza (Cit.) (No ma davvero se hai sbatti o non hai voglia cestinami pure) (2)
anon e chi si tira indietro quando mi si paragona al sommo ;)
detto ciò LOL IL TUO INSEGNANTE DA’ TRACCE OTTIME. QUANTO MI SAREBBE PIACIUTO.
detto ciò: se vuoi collegare hegel e schopenhauer fai prima a citare direttamente quest’ultimo che hegel non lo poteva vedere manco da lontano (cioè scusa ‘un ciarlatano di mente ottusa, insipido, nauseabondo, illetterato, che raggiunse il colmo dell'audacia scarabocchiando e scodellando i più pazzi e mistificanti non-sensi, prontamente accettati come sapienza immortale da tutti gli stolti’?? XDDD sempre detto che arthur sapeva insultare laggente quel senso, hegel si sveglia la mattina e si rende conto che non è fisicamente possibile che tutto il reale sia spiegabile razionalmente e che tutto si possa conoscere con la forza dei ragionamenti e dello spirito e della coscienza e così via. qui però stiamo a parlare di schopenhauer e come prendendo per buono quello che dice lui quello che dice hegel ovviamente non esiste, però c’hai altri approcci.
per dire, io sinceramente la farei kantianamente perché so kantiana e mi diverto di più XD riassuntino breve: l’intero presupposto della filosofia critica/di kant è che tu prima di cercare di conoscere le cose devi capire COME le conosci e da lì deduci che hai conoscenze insite e conoscenze acquisite e che il tuo cervello/il tuo umano intelletto divide tutto in spazio, tempo e categorie. a quel punto ci stanno il tuo intelletto e la sensibilità che è quella attraverso cui conosci le cose (nel senso non puoi cominciare a conoscere un cazzo se non ne fai esperienza - KANT E IL SUO EPICUREISMO NASCOSTO come funziona il cervello umano/l’intelletto umano e blah blah blah tldr dopo che ti sei letto tutta la critica della ragion pura arrivi alla conclusione che le uniche cose che puoi conoscere davvero (forse) sono quelle di cui fai esperienza e robe tipo il funzionamento del mondo, l’esistenza di Dio e varie ed eventuali NON le puoi conoscere da solo perché sono al di là della capacità di elaborazione dell’intelletto umano. Dio & co puoi postularli razionalmente (CRITICA DELLA RAGION PRATICAAA) ma non puoi provarne l’esistenza. 
problema: gli idealisti in generali hanno preso sto concetto dell’io penso e invece che trattarlo come la SOGGETTIVITA’ UMANA quale è hanno deciso che era l’anima e un sacco di altre cazzate (c’è un motivo per cui kant non poteva vedere fichte manco da lontano) e hegel è assolutamente il contrario - cioè come dicevamo sopra secondo lui razionale = reale, quindi se qualcosa è razionale tu puoi e devi capirla mentre kant diceva che razionalmente ad un certo punto ti blocchi perché certe cose sono troppo grandi per noi. poi kant diceva che se ci stanno contraddizioni a quel livello non le puoi superare, hegel si è inventato tesi, antitesi e sintesi e quindi di contraddizioni ci viveva, e tutto quel sistema tira avanti a contraddizioni fino ad arrivare all’idea che Dio non solo esiste ma è tipo TUTTO QUANTO (mentre per Kant Dio devi postularlo, non puoi provarne l’esistenza razionalmente perché non ci arriviamo - vedi come distruggeva tutte le prove ontologiche medievali bless). quindi Dio = razionale = reale = qualsiasi cazzo di cosa dalla storia all’arte all’essere umano all’anima a quello che ti pare.
fatta sta premessa: io fossi hegel e mi svegliassi la mattina capendo di avere sbagliato tutto, penserei ‘porca miseria ma che mi ero lanciato nel volo pindarico più assurdo del mondo ma come ho potuto avere la presunzione di pensare di aver capito tutto specialmente quando è tutto un costrutto molto bello ma assolutamente non provabile mentre quello che diceva kant almeno inizialmente puoi effettivamente riscontrarlo’. (nel senso, che se tu fai esperienza sensoriale di qualcosa capisci che cazzo è o vedendola la categorizzi e capisci cosa è non è una cosa che puoi disputare XDD) però ovviamente dipende da dove vuoi andare a parare perché se la prendi da kant puoi far capire ad hegel che ha esagerato nel senso che pretende di capire cose che noi umani non possiamo manco cominciare a decifrare, se la prendi da schopenhauer hegel pensa che tutto sia spiegabile e reale mentre invece viviamo in un’illusione e quindi ha sbagliato tutto pensando che si possa spiegare l’illusione in questione. conta che schopenhauer preferiva nettamente kant rispetto ad hegel (almeno kant non andava a cozzare con la sua visione dei fatti XDD) quindi puoi pure unire le due cose ma lì devi vedere come vuoi impostarla :D fai sapere se tutto sto delirio ti è utile o se ti servono altri angoli. ;)
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clairepiece · 7 years
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Salve a tutti!
Se vi siete persi la pubblicazione dell’articolo di questo inizio settimana, rimediamo subito! Ed ho deciso di ricondividere e ripubblicare la parte riguardante lo studio Ye Olde parlour di Mos Qito. La storia è lunga, ma proverò a render l’idea in questo modesto spazio blog.
Era il settembre del 2014, avevo alle spalle un’estate passata ad un corso estivo con bambini pestiferi – non tutti grazie a Dio! – ed ero intenta a cimentarmi con il contest “Reinterpreta lo Studio Ghibli” dell’associazione Dimensione Fumetto (www.dimensionefumetto.it) e mia sorella aveva intenzione di fare il suo ennesimo tatuaggio con un mio disegno – una scimmietta per la precisione, essendo lei la personificazione dispettosa e simpatica di una bertuccia –. Così ci presentiamo il giorno dell’appuntamento per la sua seduta e ci troviamo davanti un ragazzone con fare vichingo, tattoo sulle braccia e mani, occhiali con lente tonda un po’ retrò sul naso e con una irta barba bionda; ma nonostante il suo aspetto metta un po’ soggezione, si scopre poi essere un orso buono, professionalissimo, calmo e metodico in quel che fa. Da Mos Qito si parla, si parla tanto e così proprio mentre tatua mia sorella, conversando del più e del meno, mi fa la proposta di andar a disegnare da lui in studio. E da quel momento ogni singolo particolare della mia vita, non solo professionale, ma affettiva e sociale si è trasformata, evoluta, movimentata e mitigata al tempo stesso. Sono stata guidata ed ho cominciato un resettaggio della mia tecnica di disegno. Mos Qito è stato (e lo è ancora) un insegnante preciso, attento e soprattutto mi ha fatto star sopra quei primissimi disegni da “sviziamento” dalla tecnica manga fino allo sfinimento – o vomito, a seconda dei punti di vita –! Mos Qito possiede una preparazione accademica pratica e teorica pienissima, mi ha dato quel qualcosa che mi è sempre mancato negli studi del disegno, dato che, per quanto bella sia la tecnica manga, – come avevo accennato in un mio precedente articolo – mi “limitava” ed ho capito che non potevo aprirmi al resto del mondo, canalizzandomi solo e soltanto in quel modo di disegnare. Lavorando all’interno dell’ambiente del tatuaggio, pur non avendo l’aspirazione di un tatuatore ed avendo instaurato questa collaborazione artistico-lavorativa in questo ambito, dovevo esser all’altezza del contesto e di quello che mi veniva richiesto di fare. Ed ho iniziato ad innamorami dello stile versatile, grafico-illustrativo del tatuaggio, ho iniziato a volerlo inserire almeno un po’ come parte di un mio stile di vita singolare e personale.
Ho adorato fin da subito l’ambiente e l’atmosfera che si respirava nello studio Ye Olde Parlour – tradotto dall’attempato inglese: il vecchio salotto –. Cominciando a disegnare le prime pin up, finisci così a conoscere clienti che diventano nuovi amici, amici bikers che ti portano a strade che biforcano in altre nuove amicizie e personalità diverse ed affini, scopri una cultura o sottocultura quasi misteriosa che vive di un’indipendenza e menefreghismo per regole puramente concepite per non uscire fuori dalle righe o dalla linea prestabilita dalla società odierna che vuole tutti uguali ed omologati… ma voi ci avreste creduto che in un piccolo locale si nascondesse un microcosmo che ti libera e ti emancipa ad uno stile di vita coraggioso vero e proprio?
Da subito ho capito che la specialità e peculiarità di questo studio di tatuaggi è la cordialità, la confidenzialità gioviale presa con l’estrema spontaneità e con il modo di fare di chi non giudica mai e che vuol mettere a proprio agio. Per un cliente dello studio Ye olde Parlour non c’è dolore mentre viene tatuato, o meglio quello lo si sente è inevitabile, ma c’è la distrazione, il divertirsi tra i discorsi filosofici, multiargomentati che rassicurano e che fanno volare i minuti e le ore mentre si è sotto i ferri. Mos Qito tiene banco, è professionale e al contempo esilarante; io mi son trovata con altri colleghi-amici a far da spalla, si regge e si mantiene vivo tutti insieme il microcosmo che solo questo studio possiede. Perché bisogna ricordare, che sì, tutto deve esser pulito, sterile per il lavoro pratico, un po’ ambulatoriale, come è giusto che debba essere; ma il disegno, l’arte, le persone, le loro paure, passioni ed i loro entusiasmi sono cibo per chi glieli imprime sopra la pelle e di conseguenza, a mio parere come cliente, come allieva, assistente, segretaria-aiuto, illustratrice e persona, credo che sia questo bagaglio umano che rende ancora più affidabile chi realizza la meraviglia che desideri sulla tua pelle. Io credo che questo insieme di caratteristiche debbano rimanere custodite e che – ancora a mio giudizio –  nessun altro potrebbe mai offrire una combinazione così perfetta di contesto, humus empatico-artistico umanamente fervido e impeccabile, pari a quello che si può trovare quando vai a farti un tatuaggio da Mos Qito.
È vero, siamo in uno studio tattoo, ma l’anticamera prima di arrivare a tatuarsi è un salotto fatto di artisti che si cimentano nel disegno, pittura e pronti al confrontarsi, a condividere. Prima dello stencil, della poltrona e Mos Qito all’opera, ci sono le stimolanti chiacchiere, i pettegolezzi, le battute tra un caffè  e l’altro e la cosa più accattivante è proprio la naturalezza di come si crea tutto questo meccanismo unico ed imbattibile. Quando mi son allontanata dallo studio per via dei miei progetti ed esigenze professionali da “solista”, ne ho sentito la mancanza; mi mancava la componente dinamica che dava e da spunto a quello che faccio, mi mancavano le facce amiche, mi mancavano le scene che si ricreavano manco fossimo in una sceneggiatura da telefilm! Mi mancavano i “pranzi aziendali” del sabato – il giorno di fuoco per lo studio, per me anche il più bello; e molto probabilmente proprio in quei sabati con “pranzi aziendali” ho messo su dei chiletti –. Mi mancava l’odore dei pennarelli, delle matite, dello sterilizzante spray neo sterixidina e mi mancava il rumore della macchinetta da tatuaggio mescolato alla musica funk, blues, rock e jazz, mentre sono intenta a disegnare e intrattenere le persone manco fossi una “anchor-womansoubrettehostessassistentesupportopsicologico” della situazione.
Ora che sono ritornata a respirare un po’ di quell’aria, anche solo una volta a settimana, ripercepisco la sferzata d’entusiasmo e mi sento bene, anche se sono semplicemente un’illustratrice, mi sento sempre nel posto giusto; perché una volta che entri nella tana di Mos Qito che tu sia un cliente, amico o collega la qualità della tua vita diventa davvero alta – e secondo questa sua filosofia, Mos Qito ne andrebbe fiero –.
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Sembrerà sciocco affermarlo, ma scoprire questo mondo e lo studio di Mos Qito, è stato un colpo di fortuna, uno dei più graditi che la vita potesse offrirmi. Ha completato molti aspetti di me e di quello che ho attorno. La mia riconoscenza è persistente, perché Mos Qito è una di quelle persone che – non so per quale irragionevole motivo – ha visto in me qualcosa di buono. Che sia perché sono una sottospecie di comica o perché in me abbia visto buone potenzialità artistiche, lo ringrazio e lo ringrazierò sempre per avermi instradato in una nuova, ed anche attuale, vita-dimensione.
Credo di aver parlato, raccontato e narrato esaustivamente la mia esperienza e l’influenza stilistico-artistica che è nota a tutti voi che seguite il mio attuale lavoro. Effettivamente solo negli ultimi tempi, recandomi di nuovo allo studio Ye Olde Parlour, mi sono accorta che in tutto questo tempo, non avevo mai parlato approfonditamente della mia reale trasformazione e cosa l’avesse innescata. Ed ecco qui la spiegazione e spero che la possiate apprezzare. Inoltre se vi verrà in mente di far un tatuaggio e siete stati stuzzicati dall’idea di provare personalmente il brivido di venire allo studio di Mos Qito, ecco  qui che vi lascio tutti i contatti e link da seguire di Ye Olde Parlour Studio Tattoo.
Potete contattare Mos Qito sui suoi social Facebook  – https://www.facebook.com/yeoldeparlour/ Instagram – https://www.instagram.com/yoptattoo/ oppure trovarlo in studio in via salaria 230 – Castel di Lama (AP), tel.0736811582 e in via monte San Michele 7 – Ancona (AN).
Al momento è tutto per quanto riguarda questo inizio di settimana e nei prossimi giorni con tutta probabilità avremo anche una delle mie recensioni make up, per cui rimanete in contatto con http://www.teabiscuitblog.wordpress.com.
Un abbraccio e al prossimo articolo
Claire
Benvenuti allo studio tattoo Ye Olde Parlour di Mos Qito: dove la qualità della vita è altissima. Salve a tutti! Se vi siete persi la pubblicazione dell'articolo di questo inizio settimana, rimediamo subito! Ed ho deciso di ricondividere e ripubblicare la parte riguardante lo studio…
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sangha-scaramuccia · 7 years
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Quanta e quale concentrazione?
Ho letto con piacere le esortazioni di Tullio Shiryo e, naturalmente, con una certa irritazione.
  Premetto che si tratta di temi da lungo tempo dibattuti nell'ambito di Scaramuccia, chi ha memoria storica dei forum di circa 15 anni fa se li ricorderà senz'altro, il loro riaffiorare indicano come si tratti di temi di una certa importanza.
  Tornando all'irritazione, quando la sento sopraggiungere vuol sempre dire che si tratta di argomento che mi tocca, per dirla alla Marianella Sclavi, l'emozione non mi sta dicendo qualcosa sul mondo esterno, quanto invece sul modo in cui io lo sto guardando, oppure per dirla alla Peter Ralston, le emozioni sono un modo in cui la struttura del sé manipola le percezioni in modo da autoconservarsi, per allontanare da sé quello che mette in discussione la sua stessa sopravvivenza.
  Le cose che scrive Tullio, se ben guardiamo, hanno a che fare con quanto scriveva Taino (un po’ Ungaretti, via):
  “Non sono stato capace di tirare su degli allievi capaci di vivere il monastero.
Invece ognuno pensa a sé. E non capisce il valore della pratica così.
Si sta qui, come si starebbe a casa: i propri libri, la propria musica, un po’ di  meditazione, un po’ di ginnastica, vita all'aria aperta, un poco di giardinaggio, ma non tanto …
Questo però mica è zen, manco la puzza.”
  E già questo dice tutto. A livello di Comunità.
  Poi c'è il livello del singolo che è cosa anche diversa, forse opposta, e questo ce lo ricorda Hakuin, nell'Oradegama, su suggerimento di Reyo: 1 2 3
  Un bell'esempio di verità opposte coesistenti. Ma torniamo sulla ragione per cui sto scrivendo. Un muro che ancora non ho superato, che ha a che fare con quanto si scrive, con le due verità opposte coesistenti. Ed i maestri che dicono, quando incontri un muro stacci più dappresso possibile. Ecco il mio (frustate e grida dei maestri di Scaramuccia mi sono ben gradite, per questo lo riporto, se qualcuno volesse dire qualcosa ha la mia gratitudine).
  Aggiornamento: scrivendo e traducendo, il muro si è ora dissolto. Si parlava proprio di questo. I maestri di Scaramuccia rispondono prima ancora di sentire la domanda!
  Ma veniamo a noi.
  Bankei era noto per lasciare grande libertà ai suoi allievi nella pratica, perché il punto centrale del suo insegnamento è quello di non-nascere: se sei non-nato a chi possono applicarsi mai i precetti?
(per non-nato Bankei indica lo stato in cui si percepisce ogni cosa, la capacità di percepire prima dell'interpretazione e del giudizio).
  Ad esempio nella traduzione di Waddel dei discorsi di Bankei abbiamo questa conversazione con esponenti della setta ‘dei precetti’, ovvero monaci strettamente osservanti il Vinaya:
  “Il Non-nato è la mente dei Budda.
Se vivete in accordo con esso, allora fin dall'inizio non c'è distinzione tra l'osservare e non osservare [i precetti, NdT]. Queste sono distinzioni che sorgono dopo l'azione. Esse sono uno o più passi lontane dal luogo del Non-nato.”
  “The Unborn is the mind of the Buddhas.
If you live according to  it,  then  from  the  first  there's  no  distinction  between  observing and not observing. Those are designations that arise after the fact. They’re one or more removes from the place of the Unborn.”
  Ma adesso veniamo al muro, oramai d'aria limpida, come riportato nella traduzione di Haskel dei discorsi di Bankei (l'originale inglese non lo riporto per non appesantire, poi lo inserirò come commento):
    Il laico Chozen
  Chozen, padre del monaco Jiton del Kanzanji di Osaka, [formalmente] a capo del villaggio di Taima nel Washu, viveva in ritiro ed era conosciuto come un praticante anziano dello Zen.
Per molti anni era stato seguace del maestro Ryukei dell'Obaku Zen ed era noto come buddista laico. Veniva anche spesso a visitare il maestro [Bankei] al Kanzanji, ma si conoscevano così bene l'un l'altro che [il Maestro] non aveva mai testato la sua comprensione, coinvolgendolo in una discussione.
Una volta, quando il Maestro era al Jizoji a Kyoto, Chozen venne a vederlo e, nel corso della sua visita, il Maestro disse: “Bene, Chozen, come è la tua pratica?”.
Chozen rispose: “Sto perfezionando la mia pratica in un modo alquanto straordinario: mangio regolarmente pesce e carne, bevo vino, scommetto sul gioco del go; vado a dormire, mi alzo - il mio mondo è libero e facile, senza costrizioni.”
Il maestro disse: “Probabilmente non mi ascolterai, ma lascia che io ti esponga il mio stile [nello Zen].” E, così dicendo, istruì [Chozen]. Chozen si ritirò silenziosamente e restò per la notte, condividendo l'alloggio del monaco Soboku, che riportò di come Chozen sembrasse agitato per l'intera sera e di come non avesse dormito per nulla.
A quel tempo, era il turno del Maestro Zen Bokuo di assumere il ruolo di abate nella sede centrale del tempio, ed il Maestro partì prima dell'alba per porgergli i suoi rispetti. Un inserviente tornò riferendo che il Maestro sarebbe tornato al tramonto.
[Al ritorno], non appena Soboku e Chozen si presentarono all'ingresso per incontrarlo, il Maestro li oltrepasso, [andando] direttamente agli alloggi dell'abate e continuando fino alla stanza interna, dove si sedette. Chozen immediatamente si presentò davanti al Maestro, prostrandosi tre volte. Il Maestro congiunse i suoi palmi e disse: “Accetto l'inchino [che riconosce] la costante osservanza dell'astensione religiosa. Questo è il modo in cui dovrebbe essere, per uno che abbia preso rifugio nel buddadharma.”
Una volta ancora Chozen si prostrò per tre volte. Il maestro disse: “Ricevo l'inchino [che riconosce] l'astensione dal vino. Anche questo è il modo in cui dovrebbe essere, poiché è una regola stabilita dal Buddha.”
Chozen disse: “Il Maestro Reigan vi ha sempre apprezzato come un insegnante dalla chiara visione [si fa riferimento alla capacità di 'leggere’ nelle intenzioni di chi si ha di fronte, nota di V.T.], ma io non ci potevo credere. Gli uomini dell'antichità erano proprio così, ma mai avrei sognato che tra gli insegnanti di oggi ci potesse essere alcuno i cui occhi fossero chiari. 'Disgustoso!’ pensavo scetticamente. Ora ho visto in quale errore io fossi, essendomi imbattuto in questa inimmaginabile occasione.” Così, lasciando cadere lacrime, diventò allievo del Maestro.
Qualche tempo dopo, una volta che il Maestro stava nuovamente facendo tappa al Kanzanji, Jiton e Chozen vennero ad incontrarlo e Jiton espresse umilmente la sua gratitudine, dicendo “Grazie alle premurose istruzioni di vostra Reverenza, Chozen è divenuto un uomo di perfetta libertà in tutte le sue attività quotidiane”. Il Maestro disse: “Tutte le persone danno valore all'illuminazione, ma Chozen è stato fortunato abbastanza da distruggere l'illuminazione e divenire un uomo di perfetta libertà”.
  Appunto. _/!\_ _/!\_ _/!\_
Valentino Traversa
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dasynka · 7 years
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One year ago we were leaving with our parents to Warsaw. It was our last trip. Who would have thought that a year later my sister and I would have had to go alone to solve problems of wills, houses and money at mom’s country, including distant relatives, other language, opposite life. It was exciting to get back in the house where my grandparents and my mother have lived, where I spent so much time too. I didn’t think to remember so much of my childhood. We lack here for 8 years.
How much history mom kept at her home here. Hundreds of vinyls, endless books on subjects ranging from history to art to literature in different languages ​​all readed (she knew Russian, Ukrainian, Italian, Polish, English, French), thousands of letters and photographs, tea’s services, clothing, university theses (she working as a translator, in cybernetics and as a university teacher of Russian literature). We don’t know quite what to do with all this history that has collected and put together. We’d like to keep it all with us but would serve a lifetime to see everything. Unimaginable the amount of things. How many memories in this house. It seems a distant life away.
Looking at all these pictures I’m getting to know mom when was young, talking to her friends and relatives I’m getting to know a girl to whom we resemble very much and we are so proud of her. Mom was a woman full of culture. She spoke many languages, made several jobs at once, she went to any art and cultural exhibition, never missed a concert, was always at the Opera watching ballets, has read hundreds of books of all kinds, she had an insatiable curiosity for everything that was new. She was good, kind, always willing to help others, never presumptuous, she avoided quarrels, handed the other cheek, went to church even when communism forbade it, she loved the Beatles, translating texts and gave them to friends, always in the company but nothing would stop her doing alone what she wanted. She traveled a lot. She was determined, sure of her choices but unsure of herself at times. Always smiling. She studied so much, her tipical afternoons with friends were around a table with tea and food cooked at home listening vinyls of classical music and the Beatles, or picnic somewhere. She loved to draw live with pencil, played the piano and dancing. She was greedy of sweets and ice-cream. She sewed knitted garments by herself. Open to the cultures, religions, had an aura very high and was always upbeat, positive energy continuously. When she came in Italy and decided to get married in a few months, she abandoned her whole life, friends, family, work she loved, social position, for us. For me that I was in the womb. And she has dedicated all of the remaining 22 years of her life to us, to raise us home with a love and a culture that I barely acknowledge elsewhere. She would have given us all the life that would yet come. She gave her whole world for love, and despite the difficulties, she has never regretted. For us. One can not explain in words the infinite pride we feel for her, and that we have always felt. I have always known and recognized to have an exceptional mother. Being the result of an incomparable love. If I am how I am, it’s only thanks to her.
We walked along the same shore where my parents have walked the last time they were here, in September. We took the photographs in the same points where they have take them. And we were to dinner at the most dear mom’s friend, 40 years of friendship. We retraced their history, reminded a lot of things. It’s all very emotional, here. I miss from Kiev 8 years and I have surprised me to remember so many things, houses, people, anecdotes, traditions from my childhood. Another life, another culture where mom immersed us and shaped. You miss to everyone, mom, and no one can believe that only a few months ago you were instead of us here with them.
We went to the National Opera Theater of Kiev where mom would take us every time we came here. As tradition. Together with her friends, as a commemoration. We have seen “Nights in the Gardens of Spain” by De Falla.
Today is Easter, and this year it falls on the same day both for Christians and for Orthodox (mom was Orthodox). And today are exactly five months that she is no longer with us. A revival in every way of life. For her. For us. xx Dasynka
Un anno fa eravamo in viaggio con in miei genitori a Varsavia. È stato il nostro ultimo viaggio. Non avrei mai immaginato che un anno dopo saremmo dovute andare io e mia sorella sole a risolvere problemi di testamenti, case e soldi nel paese di mamma, tra parenti lontani, lingua diversa, vita opposta. È stato emozionante tornare nella casa in cui hanno vissuto i miei nonni e mia madre, in cui ho trascorso tanto tempo anche io. Non pensavo di ricordare così tanto della mia infanzia. Manchiamo qui da 8 anni.
Quanta storia mamma conservava a casa sua qui. Centinaia di vinili, infiniti libri su svariati temi dalla letteratura alla storia all’arte in diverse lingue tutti letti (conosceva il russo, l’ucraino, l’italiano, il polacco, l’inglese, il francese), migliaia di lettere e fotografie, servizi da tea, vestiti, le tesi universitarie (lavorava come traduttrice, in cibernetica e come insegnante universitaria di letteratura russa). Non sappiamo bene cosa fare con tutta questa storia che ha raccolto e messo insieme. Ci piacerebbe tenerla tutta con noi ma servirebbe una vita intera a rivederla. Inimmaginabile la quantità di cose. Quanti ricordi in questa casa. Sembra una vita lontana lontana.
A guardare tutte queste foto sto conoscendo mamma da giovane, a parlare con i suoi amici e parenti sto conoscendo una ragazza a cui assomigliamo molto e di cui siamo tanto orgogliose. Mamma era una donna piena di cultura. Parlava molte lingue, faceva molti lavori contemporaneamente, andava a qualsiasi mostra artistica, culturale, non perdeva un concerto, era sempre all’Opera a guardare balletti, leggeva centinaia di libri di ogni genere, possedeva una curiosità insaziabile per tutto ciò che era nuovo. Era buona, gentile, sempre disposta ad aiutare il prossimo, mai presuntuosa, evitava litigi, porgeva l’altra guancia, andava in chiesa anche quando il comunismo lo vietava, amava i Beatles, traduceva i testi e li regalava agli amici, sempre in compagnia ma nulla la fermava di fare da sola ciò che voleva. Viaggiava molto. Era determinata, sicura delle sue scelte ma insicura di sé, a volte. Sempre sorridente. Studiava tanto, i tipici pomeriggi con gli amici erano attorno ad un tavolo con tea e cibo cucinato in casa ascoltando i vinili di musica classica e Beatles, oppure picnick da qualche parte. Amava disegnare dal vivo con la matita, suonava il pianoforte e danzava. Molto golosa si dolci e gelato. Si cuciva abiti a maglia e a mano. Aperta alle culture, alle religioni, aveva un’aurea molto alta ed era sempre ottimista, energie positive continue. Quando è venuta in Italia e ha deciso di sposarsi nel giro di pochi mesi, ha abbandonato tutta la sua vita, gli amici, la famiglia, i lavori che amava, la posizione sociale, per noi. Per me che ero in grembo. E ha dedicato tutti i restanti 22 anni della sua vita a noi, a crescerci a casa con un amore e una cultura che stento a riconoscere altrove. E ci avrebbe regalato tutta la vita che ancora sarebbe venuta. Ha dato tutto il suo mondo per amore, ha giocato tutto, e nonostante le difficoltà, non si è mai pentita. Per noi. Non si può spiegare a parole l’orgoglio infinito che proviamo per lei, e che sempre abbiamo provato. Ho sempre saputo e riconosciuto di avere una madre eccezionale. Di essere frutto di un amore incomparabile. Se sono come sono, è solo grazie a lei.
Abbiamo passeggiato lungo la stessa riva dove i miei genitori hanno passeggiato l’ultima volta che sono stati qui, a Settembre. Abbiamo scattato le fotografie negli stessi punti in cui le hanno scattate loro. E siamo stati a cena dall’amica più cara di mamma, 40 anni di amicizia. Abbiamo ripercorso la loro storia, ricordato tante cose. È tutto molto emozionante, qui. Manco da 8 anni e mi sono sorpresa a ricordare così tante cose, le case, le persone, aneddoti, tradizioni della mia infanzia. Un’altra vita, un’altra cultura in cui mamma ci ha immerse e plasmate. Manchi a tutti quanti, mamma, e nessuno riesce a credere che solo pochi mesi fa eri tu al posto nostro qui con loro.
Siamo andati al teatro Nazionale dell’Opera di Kiev dove mamma ci portava ogni volta che venivamo qui. Come tradizione. Assieme alle sue amiche, come commemorazione. Abbiamo visto “Notti nei Giardini di Spagna” di De Falla.
Oggi è Pasqua, e quest’anno cade lo stesso giorno sia per i cristiani che per gli ortodossi (mamma era ortodossa). Ed oggi sono anche esattamente 5 mesi che non è più con noi. Una rinascita sotto ogni punto di vita. Per lei. Per noi. xx Dasynka
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St. Sophia. When my mom took me there the first time, I found that the Orthodox don’t represent the saints in three dimensions but only two. So there are no statues in their churches but only icons.
Typical orthodox hand-painted eggs.
Dnepr, the river that runs through Kiev. Exactly where my parents walked seven months ago.
Ortodox church.
There, you drink tea at all hours.
Mom’s vinyls.
I remember when I celebrated my fifteenth birthday here with a delicious cake bought by mom.
Mom.
National Opera of Ukraine.
Nights in the Gardens of Spain.
Photography by me.
KIEV One year ago we were leaving with our parents to Warsaw. It was our last trip. Who would have thought that a year later my sister and I would have had to go alone to solve problems of wills, houses and money at mom's country, including distant relatives, other language, opposite life.
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clairepiece · 7 years
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Ciao a tutti!
Torniamo sul blog Tea Biscuit con l’ultima fatica lavorativa realizzata da Claire Piece  nella stimolante e amichevole atmosfera dello studio tattoo di Mos Qito – Ye Olde Parlour. Oggi approfitterò di questo articolo per parlare un po’ della mia esperienza vissuta nel suo studio per quasi un anno e che mi è rimasta nel cuore sia artisticamente, sia professionalmente, sia affettivamente; tanto che ormai mi piace andare a fare “un’ospitata” in uno spazio settimanale per disegnare, ispirarmi e imparare sempre qualcosa. Non si smette mai di imparare… ma ve ne parlerò qui sotto, prima presento la tavola e il suo correlato posticino nel mio store Live Heroes.
Come potete notare negli ultimi tempi ho aggiunto dei watermarks sui miei lavori illustrativi; tutelare la propria attività e quella altrui è importante, soprattutto nel caso ci sia in ballo un altro brand come ad esempio la Handover F&C ed anche perché per la mia tutela artistica e del mio marchio-firma devo per forza proteggere il mio lavoro e il costo che ci ho messo per realizzarlo. Internet è un luogo bellissimo e pieno di possibilità, ma possiede anche un lato oscuro di cui fa parte lo sciacallaggio artistico purtroppo, per cui qualcosa per preservare l’arte di deve pur fare.
Ed ecco qua la versione sia black che in white del mio Crystal Skull. Trovo che su sfondo nero risalti e sia più accattivante rispetto al bianco, ma è una questione di gusti, per cui scegliete il tipo di modello che più vi intriga e indossatelo o fatelo indossare al vostro cellulare.
La colorazione della tavola è completamente realizzata con Copic Maker (www.copic.it) offerti gentilmente da Mos Qito – chi conosce il mondo dei manga saprà già di che tipo di colori io stia parlando. Si presentano come pennarelli a due punte, un po’ come i pantoni, ma nel caso dei copic la punta a pennello, adatta a far particolari e utile per far anche sfumature, è migliore rispetto a quella che troviamo sui pantoni, che rimane rigida e poco flessibile. La seconda punta è molto più quadrata, adatta a far sfondi o ampi spazi da colorare. Questi colori mimano perfettamente l’effetto acquerellato, sono l’apoteosi della colorazione; versatili, potete portarli sempre con voi ed utilizzarli dove volete a seconda delle vostre esigenze artistico-lavorative – .
Benvenuti allo studio tattoo Ye Olde Parlour di Mos Qito: dove la qualità della vita è altissima.
Ed ora veniamo a Mos Qito. La storia è lunga, ma proverò a render l’idea anche in questo modesto spazio blog.
Era il settembre del 2014, avevo alle spalle un’estate passata ad un corso estivo con bambini pestiferi – non tutti grazie a Dio! – ed ero intenta a cimentarmi con il contest “Reinterpreta lo Studio Ghibli” dell’associazione Dimensione Fumetto (www.dimensionefumetto.it) e mia sorella aveva intenzione di fare il suo ennesimo tatuaggio con un mio disegno – una scimmietta per la precisione, essendo lei la personificazione dispettosa e simpatica di una bertuccia –. Così ci presentiamo il giorno dell’appuntamento per la sua seduta e ci troviamo davanti un ragazzone con fare vichingo, tattoo sulle braccia e mani, occhiali con lente tonda un po’ retrò sul naso e con una irta barba bionda; ma nonostante il suo aspetto metta un po’ soggezione, si scopre poi essere un orso buono, professionalissimo, calmo e metodico in quel che fa. Da Mos Qito si parla, si parla tanto e così proprio mentre tatua mia sorella, conversando del più e del meno, mi fa la proposta di andar a disegnare da lui in studio. E da quel momento ogni singolo particolare della mia vita, non solo professionale, ma affettiva e sociale si è trasformata, evoluta, movimentata e mitigata al tempo stesso. Sono stata guidata ed ho cominciato un resettaggio della mia tecnica di disegno. Mos Qito è stato (e lo è ancora) un insegnante preciso, attento e soprattutto mi ha fatto star sopra quei primissimi disegni da “sviziamento” dalla tecnica manga fino allo sfinimento – o vomito, a seconda dei punti di vita –! Mos Qito possiede una preparazione accademica pratica e teorica pienissima, mi ha dato quel qualcosa che mi è sempre mancato negli studi del disegno, dato che, per quanto bella sia la tecnica manga, – come avevo accennato in un mio precedente articolo – mi “limitava” ed ho capito che non potevo aprirmi al resto del mondo, canalizzandomi solo e soltanto in quel modo di disegnare. Lavorando all’interno dell’ambiente del tatuaggio, pur non avendo l’aspirazione di un tatuatore ed avendo instaurato questa collaborazione artistico-lavorativa in questo ambito, dovevo esser all’altezza del contesto e di quello che mi veniva richiesto di fare. Ed ho iniziato ad innamorami dello stile versatile, grafico-illustrativo del tatuaggio, ho iniziato a volerlo inserire almeno un po’ come parte di un mio stile di vita singolare e personale.
Ho adorato fin da subito l’ambiente e l’atmosfera che si respirava nello studio Ye Olde Parlour – tradotto dall’attempato inglese: il vecchio salotto –. Cominciando a disegnare le prime pin up, finisci così a conoscere clienti che diventano nuovi amici, amici bikers che ti portano a strade che biforcano in altre nuove amicizie e personalità diverse ed affini, scopri una cultura o sottocultura quasi misteriosa che vive di un’indipendenza e menefreghismo per regole puramente concepite per non uscire fuori dalle righe o dalla linea prestabilita dalla società odierna che vuole tutti uguali ed omologati… ma voi ci avreste creduto che in un piccolo locale si nascondesse un microcosmo che ti libera e ti emancipa ad uno stile di vita coraggioso vero e proprio?
Da subito ho capito che la specialità e peculiarità di questo studio di tatuaggi è la cordialità, la confidenzialità gioviale presa con l’estrema spontaneità e con il modo di fare di chi non giudica mai e che vuol mettere a proprio agio. Per un cliente dello studio Ye olde Parlour non c’è dolore mentre viene tatuato, o meglio quello lo si sente è inevitabile, ma c’è la distrazione, il divertirsi tra i discorsi filosofici, multiargomentati che rassicurano e che fanno volare i minuti e le ore mentre si è sotto i ferri. Mos Qito tiene banco, è professionale e al contempo esilarante; io mi son trovata con altri colleghi-amici a far da spalla, si regge e si mantiene vivo tutti insieme il microcosmo che solo questo studio possiede. Perché bisogna ricordare, che sì, tutto deve esser pulito, sterile per il lavoro pratico, un po’ ambulatoriale, come è giusto che debba essere; ma il disegno, l’arte, le persone, le loro paure, passioni ed i loro entusiasmi sono cibo per chi glieli imprime sopra la pelle e di conseguenza, a mio parere come cliente, come allieva, assistente, segretaria-aiuto, illustratrice e persona, credo che sia questo bagaglio umano che rende ancora più affidabile chi realizza la meraviglia che desideri sulla tua pelle. Io credo che questo insieme di caratteristiche debbano rimanere custodite e che – ancora a mio giudizio –  nessun altro potrebbe mai offrire una combinazione così perfetta di contesto, humus empatico-artistico umanamente fervido e impeccabile, pari a quello che si può trovare quando vai a farti un tatuaggio da Mos Qito.
È vero, siamo in uno studio tattoo, ma l’anticamera prima di arrivare a tatuarsi è un salotto fatto di artisti che si cimentano nel disegno, pittura e pronti al confrontarsi, a condividere. Prima dello stencil, della poltrona e Mos Qito all’opera, ci sono le stimolanti chiacchiere, i pettegolezzi, le battute tra un caffè  e l’altro e la cosa più accattivante è proprio la naturalezza di come si crea tutto questo meccanismo unico ed imbattibile. Quando mi son allontanata dallo studio per via dei miei progetti ed esigenze professionali da “solista”, ne ho sentito la mancanza; mi mancava la componente dinamica che dava e da spunto a quello che faccio, mi mancavano le facce amiche, mi mancavano le scene che si ricreavano manco fossimo in una sceneggiatura da telefilm! Mi mancavano i “pranzi aziendali” del sabato – il giorno di fuoco per lo studio, per me anche il più bello; e molto probabilmente proprio in quei sabati con “pranzi aziendali” ho messo su dei chiletti –. Mi mancava l’odore dei pennarelli, delle matite, dello sterilizzante spray neo sterixidina e mi mancava il rumore della macchinetta da tatuaggio mescolato alla musica funk, blues, rock e jazz, mentre sono intenta a disegnare e intrattenere le persone manco fossi una “anchor-womansoubrettehostessassistentesupportopsicologico” della situazione.
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Ora che sono ritornata a respirare un po’ di quell’aria, anche solo una volta a settimana, ripercepisco la sferzata d’entusiasmo e mi sento bene, anche se sono semplicemente un’illustratrice, mi sento sempre nel posto giusto; perché una volta che entri nella tana di Mos Qito che tu sia un cliente, amico o collega la qualità della tua vita diventa davvero alta – e secondo questa sua filosofia, Mos Qito ne andrebbe fiero –.
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Sembrerà sciocco affermarlo, ma scoprire questo mondo e lo studio di Mos Qito, è stato un colpo di fortuna, uno dei più graditi che la vita potesse offrirmi. Ha completato molti aspetti di me e di quello che ho attorno. La mia riconoscenza è persistente, perché Mos Qito è una di quelle persone che – non so per quale irragionevole motivo – ha visto in me qualcosa di buono. Che sia perché sono una sottospecie di comica o perché in me abbia visto buone potenzialità artistiche, lo ringrazio e lo ringrazierò sempre per avermi instradato in una nuova, ed anche attuale, vita-dimensione.
Credo di aver parlato, raccontato e narrato esaustivamente la mia esperienza e l’influenza stilistico-artistica che è nota a tutti voi che seguite il mio attuale lavoro. Effettivamente solo negli ultimi tempi, recandomi di nuovo allo studio Ye Olde Parlour, mi sono accorta che in tutto questo tempo, non avevo mai parlato approfonditamente della mia reale trasformazione e cosa l’avesse innescata. Ed ecco qui la spiegazione e spero che la possiate apprezzare. Inoltre se vi verrà in mente di far un tatuaggio e siete stati stuzzicati dall’idea di provare personalmente il brivido di venire allo studio di Mos Qito, ecco  qui che vi lascio tutti i contatti e link da seguire di Ye Olde Parlour Studio Tattoo.
Potete contattare Mos Qito sui suoi social Facebook  – https://www.facebook.com/yeoldeparlour/ Instagram – https://www.instagram.com/yoptattoo/ oppure trovarlo in studio in via salaria 230 – Castel di Lama (AP), tel.0736811582 e in via monte San Michele 7 – Ancona (AN).
Al momento è tutto per quanto riguarda questo inizio di settimana e nei prossimi giorni con tutta probabilità avremo anche una delle mie recensioni make up, per cui rimanete in contatto con http://www.teabiscuitblog.wordpress.com.
Un abbraccio e al prossimo articolo
Claire
Crystal Skull in Ye Olde Parlour Ciao a tutti! Torniamo sul blog Tea Biscuit con l'ultima fatica lavorativa realizzata da Claire Piece  nella stimolante e amichevole atmosfera dello studio tattoo di…
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dasynka · 7 years
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One year ago we were leaving with our parents to Warsaw. It was our last trip. Who would have thought that a year later my sister and I would have had to go alone to solve problems of wills, houses and money at mom’s country, including distant relatives, other language, opposite life. It was exciting to get back in the house where my grandparents and my mother have lived, where I spent so much time too. I didn’t think to remember so much of my childhood. We lack here for 8 years.
How much history mom kept at her home here. Hundreds of vinyls, endless books on subjects ranging from history to art to literature in different languages ​​all readed (she knew Russian, Ukrainian, Italian, Polish, English, French), thousands of letters and photographs, tea’s services, clothing, university theses (she working as a translator, in cybernetics and as a university teacher of Russian literature). We don’t know quite what to do with all this history that has collected and put together. We’d like to keep it all with us but would serve a lifetime to see everything. Unimaginable the amount of things. How many memories in this house. It seems a distant life away.
Looking at all these pictures I’m getting to know mom when was young, talking to her friends and relatives I’m getting to know a girl to whom we resemble very much and we are so proud of her. Mom was a woman full of culture. She spoke many languages, made several jobs at once, she went to any art and cultural exhibition, never missed a concert, was always at the Opera watching ballets, has read hundreds of books of all kinds, she had an insatiable curiosity for everything that was new. She was good, kind, always willing to help others, never presumptuous, she avoided quarrels, handed the other cheek, went to church even when communism forbade it, she loved the Beatles, translating texts and gave them to friends, always in the company but nothing would stop her doing alone what she wanted. She traveled a lot. She was determined, sure of her choices but unsure of herself at times. Always smiling. She studied so much, her tipical afternoons with friends were around a table with tea and food cooked at home listening vinyls of classical music and the Beatles, or picnic somewhere. She loved to draw live with pencil, played the piano and dancing. She was greedy of sweets and ice-cream. She sewed knitted garments by herself. Open to the cultures, religions, had an aura very high and was always upbeat, positive energy continuously. When she came in Italy and decided to get married in a few months, she abandoned her whole life, friends, family, work she loved, social position, for us. For me that I was in the womb. And she has dedicated all of the remaining 22 years of her life to us, to raise us home with a love and a culture that I barely acknowledge elsewhere. She would have given us all the life that would yet come. She gave her whole world for love, and despite the difficulties, she has never regretted. For us. One can not explain in words the infinite pride we feel for her, and that we have always felt. I have always known and recognized to have an exceptional mother. Being the result of an incomparable love. If I am how I am, it’s only thanks to her.
We walked along the same shore where my parents have walked the last time they were here, in September. We took the photographs in the same points where they have take them. And we were to dinner at the most dear mom’s friend, 40 years of friendship. We retraced their history, reminded a lot of things. It’s all very emotional, here. I miss from Kiev 8 years and I have surprised me to remember so many things, houses, people, anecdotes, traditions from my childhood. Another life, another culture where mom immersed us and shaped. You miss to everyone, mom, and no one can believe that only a few months ago you were instead of us here with them.
We went to the National Opera Theater of Kiev where mom would take us every time we came here. As tradition. Together with her friends, as a commemoration. We have seen “Nights in the Gardens of Spain” by De Falla.
Today is Easter, and this year it falls on the same day both for Christians and for Orthodox (mom was Orthodox). And today are exactly five months that she is no longer with us. A revival in every way of life. For her. For us. xx Dasynka
Un anno fa eravamo in viaggio con in miei genitori a Varsavia. È stato il nostro ultimo viaggio. Non avrei mai immaginato che un anno dopo saremmo dovute andare io e mia sorella sole a risolvere problemi di testamenti, case e soldi nel paese di mamma, tra parenti lontani, lingua diversa, vita opposta. È stato emozionante tornare nella casa in cui hanno vissuto i miei nonni e mia madre, in cui ho trascorso tanto tempo anche io. Non pensavo di ricordare così tanto della mia infanzia. Manchiamo qui da 8 anni.
Quanta storia mamma conservava a casa sua qui. Centinaia di vinili, infiniti libri su svariati temi dalla letteratura alla storia all’arte in diverse lingue tutti letti (conosceva il russo, l’ucraino, l’italiano, il polacco, l’inglese, il francese), migliaia di lettere e fotografie, servizi da tea, vestiti, le tesi universitarie (lavorava come traduttrice, in cibernetica e come insegnante universitaria di letteratura russa). Non sappiamo bene cosa fare con tutta questa storia che ha raccolto e messo insieme. Ci piacerebbe tenerla tutta con noi ma servirebbe una vita intera a rivederla. Inimmaginabile la quantità di cose. Quanti ricordi in questa casa. Sembra una vita lontana lontana.
A guardare tutte queste foto sto conoscendo mamma da giovane, a parlare con i suoi amici e parenti sto conoscendo una ragazza a cui assomigliamo molto e di cui siamo tanto orgogliose. Mamma era una donna piena di cultura. Parlava molte lingue, faceva molti lavori contemporaneamente, andava a qualsiasi mostra artistica, culturale, non perdeva un concerto, era sempre all’Opera a guardare balletti, leggeva centinaia di libri di ogni genere, possedeva una curiosità insaziabile per tutto ciò che era nuovo. Era buona, gentile, sempre disposta ad aiutare il prossimo, mai presuntuosa, evitava litigi, porgeva l’altra guancia, andava in chiesa anche quando il comunismo lo vietava, amava i Beatles, traduceva i testi e li regalava agli amici, sempre in compagnia ma nulla la fermava di fare da sola ciò che voleva. Viaggiava molto. Era determinata, sicura delle sue scelte ma insicura di sé, a volte. Sempre sorridente. Studiava tanto, i tipici pomeriggi con gli amici erano attorno ad un tavolo con tea e cibo cucinato in casa ascoltando i vinili di musica classica e Beatles, oppure picnick da qualche parte. Amava disegnare dal vivo con la matita, suonava il pianoforte e danzava. Molto golosa si dolci e gelato. Si cuciva abiti a maglia e a mano. Aperta alle culture, alle religioni, aveva un’aurea molto alta ed era sempre ottimista, energie positive continue. Quando è venuta in Italia e ha deciso di sposarsi nel giro di pochi mesi, ha abbandonato tutta la sua vita, gli amici, la famiglia, i lavori che amava, la posizione sociale, per noi. Per me che ero in grembo. E ha dedicato tutti i restanti 22 anni della sua vita a noi, a crescerci a casa con un amore e una cultura che stento a riconoscere altrove. E ci avrebbe regalato tutta la vita che ancora sarebbe venuta. Ha dato tutto il suo mondo per amore, ha giocato tutto, e nonostante le difficoltà, non si è mai pentita. Per noi. Non si può spiegare a parole l’orgoglio infinito che proviamo per lei, e che sempre abbiamo provato. Ho sempre saputo e riconosciuto di avere una madre eccezionale. Di essere frutto di un amore incomparabile. Se sono come sono, è solo grazie a lei.
Abbiamo passeggiato lungo la stessa riva dove i miei genitori hanno passeggiato l’ultima volta che sono stati qui, a Settembre. Abbiamo scattato le fotografie negli stessi punti in cui le hanno scattate loro. E siamo stati a cena dall’amica più cara di mamma, 40 anni di amicizia. Abbiamo ripercorso la loro storia, ricordato tante cose. È tutto molto emozionante, qui. Manco da 8 anni e mi sono sorpresa a ricordare così tante cose, le case, le persone, aneddoti, tradizioni della mia infanzia. Un’altra vita, un’altra cultura in cui mamma ci ha immerse e plasmate. Manchi a tutti quanti, mamma, e nessuno riesce a credere che solo pochi mesi fa eri tu al posto nostro qui con loro.
Siamo andati al teatro Nazionale dell’Opera di Kiev dove mamma ci portava ogni volta che venivamo qui. Come tradizione. Assieme alle sue amiche, come commemorazione. Abbiamo visto “Notti nei Giardini di Spagna” di De Falla.
Oggi è Pasqua, e quest’anno cade lo stesso giorno sia per i cristiani che per gli ortodossi (mamma era ortodossa). Ed oggi sono anche esattamente 5 mesi che non è più con noi. Una rinascita sotto ogni punto di vita. Per lei. Per noi. xx Dasynka
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St. Sophia. When my mom took me there the first time, I found that the Orthodox don’t represent the saints in three dimensions but only two. So there are no statues in their churches but only icons.
Typical orthodox hand-painted eggs.
Dnepr, the river that runs through Kiev. Exactly where my parents walked seven months ago.
Ortodox church.
There, you drink tea at all hours.
Mom’s vinyls.
I remember when I celebrated my fifteenth birthday here with a delicious cake bought by mom.
Mom.
National Opera of Ukraine.
Nights in the Gardens of Spain.
Photography by me.
KIEV One year ago we were leaving with our parents to Warsaw. It was our last trip. Who would have thought that a year later my sister and I would have had to go alone to solve problems of wills, houses and money at mom's country, including distant relatives, other language, opposite life.
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