As you may have already noticed, Ester has yellow eyes. His light blue eyes are inherited from his mother as he is a half-snake nekomata, sometimes he can change his true yellow color to light blue.
thinking about aredhel hunting in white. either the eldar had anti-stain clothes or some maid's life (or aredhel's, if she was doing her laundry by herself) was an absolute nightmare
okay, fine. then let me go with you. I can figure things out. I can protect you. this time, let me us protect you.
(mason hewitt appreciation week 2023: day 1 ↣ favorite dynamic)
Lo scrivevo a un'amica, l'altro ieri (o era il giorno prima?), che mi aveva inviato una schermata di un messaggio appena ricevuto dove, in una sola frase, si raccoglieva un bel bouquet di errori grammaticali, tra cui un vistoso "o" senza la "h"; le dicevo dunque che ho cercato per alcuni anni, e poi sono riuscito ad acquistarla, una copia del Vocabolario etimologico italiano di Angelico Prati, proprio dopo aver visto in un file PDF, rintracciato su Archive, che nella prefazione l'autore usava volutamente la forma verbale senza la lettera "h" (ma con l'accento: ò al posto di ho, à al posto di ha).
Questo modo di scrivere mi era parso originale, gettava una luce particolare sulla pubblicazione e già solo per questo me la rendeva interessante.
È un retaggio del latino, la lettera "h", quella 'muta' perennemente presente ad esempio nelle forme verbali del verbo 'habere', finché, nel '500, Aldo Manuzio, editore a Venezia, passò a stampare "ò" al posto di "ho" etc.
Pare che questa innovazione aldina non piacesse a tutti ma fu poi la toscana Accademia della Crusca a normare la regola dell'uso della lettera "h" davanti alle forme del verbo avere, per evitare ambiguità tra le parole omofone e da allora si dà modo a maestri e professori di mettere un segnaccio sotto l'uso 'scorretto' del verbo.
A. Prati, Vocabolario etimologico italiano [1951], Milano, Garzanti, 1970