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#quarantatre
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Pablo Echaurren, Tra quarantatre secondi circa, 1975 Via: https://www.dailygreen.it/pablo-echaurren-la-pittura-contropittura/
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designme2011 · 1 year
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•👄 E siamo a 43. Grazie a tutti per gli auguri e i regalini ❤️ • • • • #buoncompleanno #happybirthday #birtday #bday #compleanno #festa #casalinghi #marzo #14marzo #ErnstKnam #knam #tortaalcioccolatobianco #tortaaifruttidibosco🍇🍓 #auguri #auguriame #pesci #natasottoilsegnodeipesci #tantissimiauguri #yummy #foodporn #tortabuonissima #cremachantilly #quarantatre #fortyfuckingthree #senoncivediamopiuauguri #tortatiramisú #bignè #elisenda #cenaromantica #ioete (presso Milan, Italy) https://www.instagram.com/p/Cp0l4U1s0nk/?igshid=NGJjMDIxMWI=
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lelepica · 5 years
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Ore 11.36 -Genova-ponte Morandi-Italia per non dimenticare, per non dimenticarli tutti e 43 !! #pontemorandigenova #pontemorandi #genova #italia #pernondimenticare #quarantatre (presso Ponte Morandi) https://www.instagram.com/p/B1Hzu4ZC6AS/?igshid=qoc8x20yxk15
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libriaco · 3 years
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Ribolla 4/5/54
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Noi, gente di Maremma, quel 4 Maggio del 1954 non riusciamo a dimenticarlo; quando se ne parla, anche a quasi settantanni di distanza, ci viene un groppo alla gola e gli occhi ci si fanno lucidi, come a me adesso. Quel martedì a Ribolla, un paesino della Maremma vicino a Grosseto, nella miniera di lignite della Montecatini, a 256 metri di profondità, una galleria esplodeva a causa di una grande stagnazione di grisù. Fu una tragedia: 43 minatori morti.
Ricordo i fatti, con le parole di Luciano Bianciardi:
   «Si seppe della sciagura la mattina del 4 Maggio: era stata verso le otto e trenta, un’esplosione al Camorra, un’esplosione spaventosa: avevano visto una gran nube di fumo uscire dalla bocca del pozzo, un boato sordo. (...)    «Le notizie che si diffusero subito erano vaghe e contraddittorie, ma la gravità del disastro fu subito chiara a tutti: le esperienze precedenti avevano insegnato che un’esplosione in una miniera di lignite, assume sempre proporzioni tragiche. Non è facile capire quel che è realmente successo. Una piccola folla di donne si accalca dinanzi al cancello dell’infermeria, ne esce un’auto con a bordo un uomo svenuto. Carabinieri, poliziotti, guardie giurate cercano di trattenere la gente che man mano cresce, preme.    «I primi morti uscirono dal Camorra verso le cinque del pomeriggio: l’opera di soccorso, o meglio, di raccolta delle vittime, continuò tutta la notte.    «La gente sta a guardare in silenzio (...). Quando suona il campanello dell’arganista il silenzio si fa ancora più grave, perché vuoi dire che arriva la «gabbia» (...). Una donna si mette a piangere (...). Un vecchio cammina avanti e indietro gridando solo una bestemmia, sempre quella. Fa: "Diolupo, diolupo, diolupo"...    «Rimasi quattro giorni nella piana di Montemassi, dallo scoppio fino ai funerali, e li vidi tirare su quarantatre morti, tanti fagotti dentro una coperta militare».
L. Bianciardi, C. Cassola, I minatori di Maremma [1956],  Stampa alternativa - Strade bianche, 2010
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filtrospazio · 3 years
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CAPITOLO VI
Oh, piccolo principe, ho capito a poco a poco la tua piccola vita malinconica.
Per molto tempo tu non avevi avuto per distrazione che la dolcezza dei tramonti.
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Ho appreso questo nuovo particolare il quarto giorno, al mattino, quando mi hai detto:
“Mi piacciono tanto i tramonti. Andiamo a vedere un tramonto…”
“Ma bisogna aspettare…”
“Aspettare che?”
“Che il sole tramonti…”
Da prima hai avuto un’aria molto sorpresa, e poi hai riso di te stesso e mi hai detto:
“Mi credo sempre a casa mia!…”
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Infatti. Quando agli Stati Uniti è mezzogiorno tutto il mondo sa che il sole tramonta sulla Francia.
Basterebbe poter andare in Francia in un minuto per assistere al tramonto. Sfortunatamente la Francia è troppo lontana.
Ma sul tuo piccolo pianeta ti bastava spostare la tua sedia di qualche passo.
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E guardavi il crepuscolo tutte le volte che volevi…
“Un giorno ho visto il sole tramontare quarantatre’ volte!”
E più tardi hai soggiunto:
“Sai… quando si è molto tristi si amano i tramonti…”
“Il giorno delle quarantatre volte eri tanto triste?”
Ma il piccolo principe non rispose.
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paroleindisuso · 4 years
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Oh, piccolo principe, ho capito a poco a poco la tua piccola vita malinconica.
Per molto tempo tu non avevi avuto per distrazione che la dolcezza dei tramonti.
Ho appreso questo nuovo particolare il quarto giorno, al mattino, quando mi hai detto:
“Mi piacciono tanto i tramonti. Andiamo a vedere un tramonto…”
“Ma bisogna aspettare…”
“Aspettare che?”
“Che il sole tramonti…”
Da prima hai avuto un’aria molto sorpresa, e poi hai riso di te stesso e mi hai detto:
“Mi credo sempre a casa mia!…”
Infatti. Quando agli Stati Uniti e’ mezzogiorno tutto il mondo sa che il sole tramonta sulla Francia.
Basterebbe poter andare in Francia in un minuto per assistere al tramonto. Sfortunatamente la Francia e’ troppo lontana.
Ma sul tuo piccolo pianeta ti bastava spostare la tua sedia di qualche passo.
E guardavi il crepuscolo tutte le volte che volevi…
“Un giorno ho visto il sole tramontare quarantatre’ volte!”
E piu’ tardi hai soggiunto:
“Sai… quando si e’ molto tristi si amano i tramonti…”
“Il giorno delle quarantatre’ volte eri tanto triste?”
Ma il piccolo principe non rispose.
Il piccolo principe, Antoine de Saint-Euxpéry
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movedyourchair505 · 5 years
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Masterpost - Napule Nights
playlist - Alexander Turner x Jade Rivera
aesthetic blog ✨
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uno - due - tre - quattro - cinque - sei - sette - otto - nove
dieci - undici - dodici - tredici - quattordici - quindici - sedici - diciassette - diciotto - diciannove
venti - ventuno - ventidue - ventitre - ventiquattro - venticinque - ventisei - ventisette - ventotto - ventinove
trenta - trentuno - trentadue - trentatre - trentaquattro - trentacinque - trentasei - trentasette - trentotto - trentanove
quaranta - quarantuno - quarantadue - quarantatre  quarantaquattro  quarantacinque - quarantasei - quarantasette - quarantotto - quarantanove
cinquanta - cinquantuno - cinquantadue ✔
Wedding Series - In Eterno
uno - Il Diamante 💍
due - I Dettagli 🌹
tre - L’Union 👑
quattro - La Luna 🌙
Honeymoon drabbles: Mezzanotte l Inchiostro l Imperituro l Chiaro di luna l Perfezione
One shots: 
Scherzare col fuoco l Ubriaca D’Amore l Tutto Tuo l Piegati l Godimento l Sono Tuo l Dolcezza l Fiducia l Devozione
Backstory: 
Vecchia Fiamma (l) (ll) - The night Alexander met Miles.
After Hours - Matt meeting his wife.
Non Mio - Alexander tells Jade about how he stole someone’s girl.
Adorazione - Alexander with his girls at his club, on his birthday.
Holidays:
Halloween l La Festa Degli Innamorati 2014 l Natale
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Pelle candida che grida sibilando, lentamente ti fai spazio dentro me, come un serpente in quarantatre.
Occhi languidi, affamati di noi a più che puoi. Labbra portatrici di peccato, peggio di un Adamo accecato.
Luce accesa che inganni l'attesa, Luce spenta che inizi la tormenta.
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levysoft · 5 years
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Nella casa d'infanzia di Salvador Dalí, appesa ad una parete, vi era una stampa incorniciata della xilografia “Rhinocerus” di Albrecht Dürer (1515). Era il 1515, quando quell’enorme animane veloce, impetuoso ed astuto, chiamato rinoceronte, apparve la prima volta in Europa portato dal re del Portogallo. Con la sua famosa incisione, Dürer volle registrare tale evento.
Salvador Dalí ebbe per tutta la sua vita un forte interesse per la figura del rinoceronte, poiché considerava che nel suo corno fosse racchiusa la spirale logaritmica ideale, la forma più perfetta presente nella natura. A tal proposito, Dalí disse che le corna del rinoceronte erano “le uniche nel regno animale costruite secondo una perfetta spirale logaritmica”. (Dalí citato in H. Finkelstein, The Collected Writings of Salvador Dalí, Cambridge, 1998).
Il genio catalano aveva appena nove anni, quando iniziò il suo delirio attorno alla figura del rinoceronte. Un’ossessione che non è possibile separare dalla sua preoccupazione per Jan Vermeer e Leonardo da Vinci.
Il triangolo Dalí – Vermeer - Vinci è necessario per analizzare l’ossessione che Dalí aveva per il rinoceronte e le sue corna. La connessione tra il rinoceronte e la fanciulla che ricama concentrata sul suo lavoro, nell’opera di Jan Vermeer dal titolo “La Merlettaia” (1669-1670) è unita allo studio della morfologia del girasole, che Leonardo da Vinci aveva approfondito durante la sua epoca.
Trentaquattro anni dopo, nel 1954, Dalí aveva quarantatre anni ed il suo delirio sul rinoceronte sfociò in una decisione, che avrebbe portato alla formazione e chiarimento delle idee rinocerontiche da lui elaborate. Era l’inizio dell’anno, quando Dalì si recò al Louvre per chiedere il permesso di fare una copia del dipinto “La Merlettaia” di Vermeer. Con la freschezza del mattino, Dalí arrivò al Museo pensando alle corna di rinoceronte. Per l’occasione, il dipinto originale venne portato in una stanza dalle piccole dimensioni. Dalí si sedette davanti al cavalletto ed iniziò ad osservare l’opera dal grande realismo con molta attenzione, creando la sua personale interpretazione con il tracciamento di rigorose curve logaritmiche.
Durante la copia, l’artista notò la presenza sulla tela di una serie di coni che identificò come corni di rinoceronte ed a tal proposito disse: “La Merlettaia è morfologicamente un corno di rinoceronte” Aveva finalmente trovato il filo di Arianna che collegava la ragazza di Vermeer al rinoceronte!
E Leonardo da Vinci? Perché l’abbiamo incluso nel legame tra Dalí e Vermeer? Perché il talento universale del Rinascimento ispirò profondamente Dalí nello studio morfologico della figura del rinoceronte.
La storia dell’arte è ricca di esempi in cui gli artisti hanno cercato di ricondurre le figure animali e vegetali in forme geometriche. Leonardo aveva espresso le sue osservazioni e studiato la morfologia del girasole. Tali approfondimenti diventarono oggetto d’interesse per Dalì, che studiò la forma del girasole paragonandola a quella delle curve logaritmiche.
L’estate successiva al 1954, Dalí scoprì che “nell’incrocio delle spirali del girasole c’è evidentemente la sagoma perfetta delle corna del rinoceronte”.
Dalí arrivò quindi a definire che il rinoceronte “non si accontenta di portare sulla punta del naso una delle più belle curve logaritmiche, ma anche nel suo didietro porta una specie di galassia di curve logaritmiche in forma di girasole”.
Il triangolo è chiuso! E con esso il delirio attorno alla figura del rinoceronte osservata attraverso il pensiero Dalí - Vermeer - Vinci e la relativa ossessione daliniana per il triangolo rinoceronte - merlettaia - girasole.
Dalla connessione tra la fanciulla del Vermeer ed il corno del rinoceronte, nel 1954 nacque un lungometraggio dal titolo “La storia prodigiosa della merlettaia e del rinoceronte”, realizzato da Salvador Dalí, con la regia seguita dall’amico Robert Descharnes ed il direttore Jean-Christophe Averty.
“Bisogna che io vada davanti ad un rinoceronte vivo” decise Dalí per tale lavoro. E così fece!
Si recò all’interno del Bosco di Vincennes, il parco zoologico di Parigi, con la copia della Merlettaia e, sullo sfondo dei lenti passi del rinoceronte François, fece un taglio sulla fronte della copia dell’opera di Vermeer con una zanna di narvalo, anticamente ritenuto il simbolo di saggezza, castità e purezza incontaminata.
Per Dalí il corno di rinoceronte è “la base essenziale di ogni estetica casta e violenta”.
A partire dagli anni ’50, il rinoceronte divenne per l’artista catalano l’animale ispiratore delle sue opere e Dalí fondò la sua nuova rivista chiamata “Rhinoceros”, con l’obiettivo di trattare temi teologici, estetici, morali e scientifici.
In questo periodo, Dalí dipinse “Assumpta Corpuscularia Lapislazulina” (1952) dove sembra voler mettere in dialogo Dio, il Figlio ed il rinoceronte. Le corna di rinoceronte nascono simbolicamente dal Creatore e dirigono il loro moto verso il volto di Gala ed il Cristo crocifisso. Nel dipinto “Giovane vergine autosodomizzata dalle corna della sua stessa castità” (1954) e nell’opera “Madonna microfisica” (1954) le corna di rinoceronte diventano il mezzo per analizzare e scomporre le figure e le forme.  Sempre nel 1954, Dalí realizzò la pittura “Ritratto di Gala con simboli rinocerontici”, dove l’immagine si frammenta e sembra scomparire, mentre la geometria dei corni di rinoceronte rappresenta le molecole del DNA e conferisce all’intero ritratto un aspetto dinamico. Da quel momento, le molecole del DNA, sotto forma di corna di rinoceronte, iniziarono a riempire le pitture di Dalí ed a diventare le protagoniste delle sue opere.
Se risulta chiaramente visibile, la presenza dei corni di rinoceronte nelle opere che Dalí realizzò a partire dagli anni ’50, è talvolta possibile notare i primi sintomi della presenza dei corni di rinoceronte, in alcune opere realizzate tra gli anni ’20 e ’30. La pittura “Autoritratto con collo di Raffaello” (1921) ed il famoso dipinto “La Persistenza della Memoria”, presentano entrambi curve che conducono alle corna di rinoceronte. Nel suo libro “Diario di un Genio”, Dalí scrisse a tal proposito: “Le stesse corna si trovano già nel mio quadro degli orologi molli [...] sono corna “molli” che segnano l’ora esatta [...] corna di rinoceronte che si staccano e alludono alla smaterializzazione costante di questo elemento, che si trasforma sempre più nella mia opera in un elemento nettamente mistico”. Analogamente, nella pittura “Autoritratto con collo di Raffaello”, Dalí decise di realizzare il suo autoritratto influenzato dalle ossessioni rinocerontiche. Il corno di rinoceronte in quest’opera “è appolineo” scrive Dalí nel “Diario di un Genio”. Secondo l’artista catalano, Raffaello dipingeva attraverso lo studio della composizione in cubi e cilindri, e tali forme risultavano simili alle curvature logaritmiche individuate nelle corna del rinoceronte”.
Nel 1958, Mike Wallace intervistò Salvador Dalí ed in tale occasione Dalí parlò delle sue pitture e della sua personalità, del subconscio e dei sogni, della geometria e curva logaritmica. Dalí disse: “[...] la curva logaritmica del corno di un rinoceronte è il simbolo di castità, uno dei simboli più potenti dei tempi moderni […]”.
Dalí era talmente ossessionato dalla figura del rinoceronte, unito alla sua connessione con la curva logaritmica, che aveva desiderato una statua di se stesso rappresentato come un rinoceronte ed a tal proposito disse: “Voglio che la mia statua sia un rinoceronte cosmico e, la sua parte posteriore, dovrebbe contenere, non le solite granulazioni, ma un cavolfiore diviso in due con un piccolo cavolfiore all’interno”.
Ma l’ossessione che Dalí aveva per il rinoceronte non sfociò solamente nella sua produzione pittorica e nella realizzazione del lungometraggio “La storia prodigiosa della merlettaia e del rinoceronte”. L’animale “cosmico” invase, a poco a poco, tutta l’intera filosofia e produzione artistica di Dalí.
Con le dimensioni di un elefante e la corazza che ricorda quella delle tartarughe per le tonalità maculate; il rinoceronte divenne il protagonista di una serie di importanti fotomontaggi realizzati tra Salvador Dalí e Philippe Halsman (1956); l’oggetto della conferenza che Dalí tenne a Parigi nel 1955 sul tema della Merlettaia di Vermeer ed il Rinoceronte; il soggetto illustrato nelle numerose opere realizzate su carta.
Nel 1955, durante la conferenza alla Sorbona, il rinoceronte venne presentato da Dalí, come un animale estremamente irrazionale, mistico e ricco di virtù surreali; quasi a voler rappresentare simbolicamente la Spagna ed il suo popolo: “[…] io, Salvador Dalí, vengo dalla Spagna che è il paese più irrazionale e più mistico del mondo […]”.
Il rinoceronte appartiene dunque al mondo surreale ed è forse proprio per questo che Dalí lo scelse per farlo diventare arte attraverso il suo Genio. L’animale divenne il filo conduttore del suo delirio nato all’età di nove anni e conservato, analizzato, idealizzato, fino a portare Dalí a dichiarare una vera e propria dipendenza verso questa creatura selvatica: “tutta la mia vita non ho dipinto qualcosa di diverso da un corno di rinoceronte”.
Anche nella scultura, Dalí rese omaggio al rinoceronte, considerato un animale “cosmico”, con la creazione delle opere “Rhinoceros Habille en Dentelles”(Rhinoceros Dressed in Lace) nel 1956 e “Rhinoceros Cosmique” (Cosmic Rhinoceros) nel 1956, prodotti in varie dimensioni.
In entrambe le opere, Dalí illustrò nella tridimensionalità il rinoceronte come il simbolo della forza e virilità che si manifesta attraverso l’elemento fallico del corno. La presenza dei ricci di mare, posti in equilibrio sul dorso dell’animale, ricordano l’ossessione di Dalí per il contrasto tra “il duro ed il molle”. Dalí vestì il rinoceronte con l’armatura e, con tale trasformazione surrealista, portò questa magnifica creatura in un mondo parallelo ed ultraterreno.
Le due sculture “Rhinoceros Habille en Dentelles” e “Rhinoceros Cosmique” fanno parte della Collezione Dalí Universe e sono edite dalla Airaindor.
La scultura monumentale “Rhinoceros Cosmique” raggiunge l’altezza complessiva di quattro metri.
“Il rinoceronte è la forte scatola di saggezza a livello animale, […] più scolpita e lavorata di una placca di bronzo.” (Les Passions Selon Dali, L. Pauwels).
Il 22 settembre si festeggiava la Giornata Mondiale del Rinoceronte; per maggiori informazioni vi invitiamo a visitare il sito www.worldrhinoday.org
Citazioni tratte dai seguenti testi:
Salvador Dalí “La mia vita segreta” (1942)
Salvador Dalí “Diario di un Genio” (1963)
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lascrittoressa · 5 years
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Buon Anniversario a loro che
Buon Anniversario a loro che
Quarantatre anni più sette più tutti quanti noi, i giorni buoni, quelli difficili, i temporali, i ricordi belli. Per mano, per tutti, sempre, senza dire mai no, perché non so, ma anche noi siamo lo stesso. Io che non scrivo altro che silenzio, io che riempio pagine di quel che non ha ordine quando in realtà c’è da sapere molto per essere all’altezza di ignorare ciò che ferisce, però non m’importa…
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UNA MANO
Vergato (BO), 18 giugno 2019
Il problema è che non ricordo mai il nome. Troppo preso dall'ansia da prestazione delle presentazioni, non faccio mai caso a come uno si chiami.
Il custode del centro sportivo di Vergato ha i baffi folti e grigi che gli coprono il labbro e gli danno l'espressione sorniona di un castoro. Ottant'anni splendidamente portati, visto che ne dimostra sessanta con la schiena e venti con lo sguardo. Il lavoro onesto, la vita sana e quarantatre maratone in vita sua, dice. Con i miei venti km al giorno devo sembrargli un poveretto, ma non per questo mi nega la sua storia. Il nonno nelle miniere in Sardegna, il babbo in quelle di Bressanone, morto di silicosi come in un romanzo di Dickens a nemmeno cinquant'anni. Del suo di lavoro non parla, ma ricorda la guerra e i bombardamenti ai quali poi preferisce il correre e il giocare a tennis.
Mi trovo in imbarazzo a chiedergli di utilizzare la doccia, fosse mai possibile.
Mi guarda come un alieno. La struttura è comunale e quindi sempre aperta. Se voglio buttare il sacco a pelo nello spogliatoio per la notte non ci sono problemi, basta che non faccia casini. C'è corrente e acqua calda. Adesso lo guardo io come un alieno. Mi piglia per il culo, sicuro.
"Se si può dare una mano..." dice alzando le braccia e facendole ricadere. Ecco. Se si può dare una mano.
Sarà pure un caso eh, ma sono a quattro passi da Bologna, in quei comuni e frazioni dove il Pci dei tempi d'oro faceva percentuali che manco a Vladivostok. Dove un modo di vivere solidale si professava e praticava senza grossi fronzoli, per motivi sociali e umani e non religiosi o dottrinali. Dove le istanze morali di una comunità incontravano quelle di un credere politico e non viceversa. E dove l'Enrico si stimava - e si stima ancora - per l'uomo che era e per le idee che difendeva, non per le promesse che faceva. È vero, sono un maschio di razza caucasica e parlo italiano con una certa disinvoltura, ma non ci vuole molto per capire che al custode interessa davvero poco.
Anche con il caldo che strozza il paese, il capitano capitone non molla l'osso e ringhia astio a vanvera forte di qualsiasi mezzuccio razzista. Solletica il ventre molle di un popolo storicamente credulone, con argomenti facili. E in molti gli vanno dietro, si sa, l'abbiamo già vista sta roba. Incalza con la menata del chiudere porti (da sempre simbolo di riparo) manco fossero la saracinesca del suo garage, addossandosi però un dovere morale: l'interesse dei suoi sessanta milioni di figli, che di conseguenza la penseranno per forza come lui. Paraculo.
È inutile dire che preferirei essere orfano piuttosto che figlio di un prepotente e arrogante.
Vorrei invece il custode del campo sportivo comunale di Vergato se non come babbo, almeno come nonno, visto che senza grande clamore offre a gratis il vero stato dell'arte, difendendo un certo modo di voler stare al mondo che per fortuna non è ancora di pochi. Piccole comunità fatte di persone ragionevoli, in grado di aiutare e fare il proprio se necessario, mosse dall'umana comprensione. Che alla forza muscolare preferiscono il ragionamento e se serve la compassione.
Una mano non si nega a chi è in difficoltà, senza pretendere nulla in cambio. Forti dell'ingenua saggezza popolare dell'oggi tocca a te, domani a me, ma non stupidi da non poterla adattare a quella scala globale che accorcia inarrestabile tempi e distanze del pianeta.
Darsi la mano vuole anche dire suggellare patti fra uomini onesti.
Ci salutiamo così, con una stretta di mano e ci siamo capiti. A buon rendere. Se non a lui, a qualunque altro rappresentante della specie ne dimostri bisogno.
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guidagenitori · 5 years
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Sempre più italiani soffrono di disturbi visivi, da miopie lievi a inizi di cecità, purtroppo anche tra le persone più giovani. I centri diagnostici sul territorio sono insufficienti
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designme2011 · 1 year
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•👄 Keep calm and eat squared... in stile uglycakes • • • • #buoncompleanno #happybirthday #birtday #bday #compleanno #festa #casalinghi #dicembre #15dicembre #keepcalmandeatsquared #uglycakes #similuglycakes #auguri #auguriame #sagittario #tantissimiauguri #yummy #foodporn #tortamimosa #cremachantilly #quarantatre #fortyfuckingthree #senoncivediamopiuauguri #tortatiramisú #elisenda #ristorantedavittorio #cerea #ioete #grappina #barrique (presso Milan, Italy) https://www.instagram.com/p/Cm0Hdx6KlIR/?igshid=NGJjMDIxMWI=
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paoloxl · 5 years
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I capi tifosi del Varese: Daniele arrestato dalla Dda di Catanzaro, Vito Jordan, invece, latitante in Spagna 30 gennaio 2019 Da Varese a Tangeri. Dalla curva neonazista agli affari coi narcos calabresi in Marocco e Spagna. Nel segno della tradizione: del suo gruppo ultrà Blood&Honour. Lo stesso di Daniele Belardinelli. Svastiche e spaccio, saluti romani e tonnellate di stupefacenti. Un fiume di hashish e cocaina trafficati in giro per l'Europa e distribuiti sulla piazza lombarda: epicentro Varese. La Varese nera dove i capi ultrà sono anche capibastone inseriti nel circuito della criminalità organizzata: quelli che gestiscono lo spaccio nei quartieri, che dettano legge e poi fuggono oppure muoiono o finiscono in carcere. Di questo ambiente fatto di tifo estremo e affari sporchi dove tutto si mischia - pestaggi, razzismo, carcere, latitanza - Vito Jordan Bosco e suo fratello Daniele sono sempre stati tra i padroni. Adesso, otto anni dopo la prima latitanza, Vito Jordan è inseguito dalla Dda di Catanzaro che ha smontato gli ingranaggi di un giro internazionale di droga (operazione "Ossessione"). Un giro gestito dalla potente cosca ndranghetista dei Mancuso. Venticinque mandati di custodia, e tra loro c'è anche Daniele Bosco, due anni più giovane, amico storico di Belardinelli con cui condivideva la passione per le arti marziali. Anche lui B&H. Ma andiamo con ordine: iniziamo dal primo dei fratelli Bosco, il latitante. Quarantatre anni, inserito fin da giovane negli ambienti dell'estrema destra varesotta, fondatore e leader del gruppo storico - il più estremista e violento - della curva del Varese; spiccate capacità imprenditoriali. Secondo i magistrati Vito Jordan, nella sua nuova, seconda vita spagnolo-marocchina scala le gerarchie criminali fino a diventare un pezzo grosso: il tramite tra i Mancuso e il cartello marocchino che governa sui traffici di hashish. Un punto di riferimento di "assoluta affidabilità". Uno snodo. Stando alla ricostruzione dei finanzieri coordinati dal procuratore Nicola Gratteri, è a Bosco senior che si affidano i narcos calabresi che provano a "importare in Italia, passando attraverso la Spagna, tre tonnellate di hashish" stoccate dai cartelli magrebini. Il sistema era collaudato: si parte con un primo carico. Una specie di prova. Poi si passa all'importazione in grande stile. Destinazione: il porto di Genova. Qui, attraverso i contatti di un gruppo criminale di Busto Arsizio, e (si ipotizza) grazie alla corruzione di alcuni militari delle Fiamme gialle in servizio al porto, la droga veniva recuperata. Di questa filiera Vito Jordan Bosco è un perno: è con lui e con i narcos marocchini che i trafficanti del clan Mancuso "discutono e valutano le condizioni economiche dell'acquisto". In pratica: l'ultrà fa da cerniera tra 'ndrine e grossisti locali (Marocco e Spagna). E fa il prezzo. Bosco ha un peso e molto denaro. In un'intercettazione è descritto così: "È buono quello, molto buono. Lui comanda in Marocco, ha più cose lui che il re. Ha un ristorante che gli è costato, solo quello, oltre 4 milioni di euro per farlo. me l'ha detto lui...". Altri dettagli snocciolati al telefono da uno dei 25 arrestati. "Quando siamo entrati nei locali a Tangeri lo conoscevano tutti, gli aprivano le porte tutti". Lui, Bosco, apre le porte ai calabresi. Il mercato dell'hashish. Una sua specialità. Dal 2011. Quell'anno la storia del narcos ultrà neofascista deflagra: il "fumo" allora lo importava dall'Olanda. Chili. Quando decidono di arrestarlo è già in Spagna, a Guadario, dove apre una piccola attività commerciale. Si costituisce a Varese a marzo 2011. Ma il processo lo vede assolto: e Vito Jordan, tornato in libertà, riprende i suoi traffici. Sempre in Spagna. Qui a marzo scorso si trasferisce pure suo fratello Daniele, titolare della palestra Fight Academy a Morazzone. È il paese di Daniele Belardinelli di cui era amico fraterno, quello dove venerdì sono stati celebrati i funerali dell'ultrà morto nella guerriglia del 26 dicembre. "Dado" e "Dede". Uniti dal tifo, dall'ideologia nazifascista e dalle arti marziali. La famiglia è la solita comunità nera dei Blood&Honour. Non è un caso che i tre fondatori del gruppo siano finiti tutti nei guai per la droga: Saverio Tibaldi, Filadelfio Vasi e loro, i fratelli Bosco. Come è finita? Tibaldi muore dopo una rissa a Torremolinos nel 2003 (anche lui latitante in Spagna); Vasi è ancora in carcere. I Bosco brother trafficano con la 'ndrangheta. La "specificità varesina", dissero i magistrati che arrestarono Vito Jordan nel 2011. Saldatura tra tifo razzista e crimine organizzato. Sul vecchio asse Italia-Spagna. https://www.repubblica.it/cronaca/2019/01/30/news/ultra_spaccio_neonazi_varese-217797843/ Vito Jordan Bosco: il fondatore di Blood & Honour ricercato per droga Vito Jordan Bosco, 43 anni di Varese ma nato in Libia, è il fondatore di Blood & Honour  e qualche giorno fa era a Morazzone per dare l’ultimo saluto a Daniele Dede Belardinelli, l’ultras dell’Inter morto investito da un van in un blitz che lui stesso aveva organizzato. Due giorni fa la Guardia di Finanza è andata ad arrestarlo in seguito a un’accusa di traffico internazionale di stupefacenti aggravato dal favoreggiamento della ‘ndrangheta (il clan Mancuso): Bosco organizzava il narcotraffico di hashish proveniente dal Marocco e mediava tra le due organizzazioni criminali. Vito Jordan Bosco: il fondatore di Blood & Honour arrestato per droga Per un’accusa simile, che riguardava ancora una volta il traffico di hashish, Vito Jordan Bosco nel 2011 si era costituito al personale di frontiera in servizio presso il valico di Gaggiolo (Varese): all’epoca ufficialmente si trovava in Spagna, dove aveva avviato un’attività commerciale a Guadiaro. Nel successivo processo venne assolto. Tra gli arrestati di ieri c’è anche Daniele Bosco, due anni più giovane, amico storico di Belardinelli con cui condivideva la passione per le arti marziali. Gli  ultras Blood and Honour di Varese sono un gruppo legato a una corrente transnazionale di chiaro stampo neonazista e da sempre gemellato con le frange più estreme della Curva Nord dell’Inter. Blood & Honour, Sangue e Onore, era uno dei motti delle SS: Dedé era il capo del gruppo che rappresentava una sigla transnazionale “che –si legge in un appunto dei nostri Servizi segreti – fu utilizzata nel 1979, agli albori del movimento naziskin in Inghilterra, anche come vero e proprio bollettino del movime nto”. Nel primo numero di Blood and Honour l’editoriale di presentazione fu dedicato a Rudolf Hess, uno dei gerarchi più vicini ad Adolf Hitler. Attraverso Blood and Honour si è costituita a livello europeo una vera e propria Internazionale nera. La violenza fuori dalle curve Tra le “imprese” dei Blood & Honour c’è anche la contestazione a sfondo razziale del 2012 contro Osarimen Ebagua, attaccante nigeriano, allora al Varese. I capi storici erano fino a poco tempo fa Saverio Tibaldi e Filadelfio Vasi. Il primo, cranio rasato e svastica tatuata, è stato ucciso a coltellate in una rissa, nel 2003, a Torremolinos, località turistica nel sud della Spagna, dove si trovava per evitare l’esecuzione di una condanna a 11 anni per episodi di violenza da stadio. Lo striscione “Saverio presente” è in bella vista a ogni partita all’Ossola. Vasi è invece in carcere per reati comuni: nelle carte di un’inchiesta, una testimone racconta i riti violenti di fedeltà ai sottoposti del gruppo. Oggi il capo è Matteo Bertoncello, che è anche vicepresidente di Do.ra, la Comunità militante dei dodici raggi. Paolo Berizzi su Repubblica spiega che da tempo nel mondo ultrà l’onda dell’odio è tornata a salire. In attesa che la tessera del tifoso introdotta dal “cattivissimo” Maroni vada in soffitta e che le regole si allentino in nome dei “colori” e della “passione”, gli hooligan italiani — un esercito di 45mila persone divise in 420 gruppi, la maggior parte connotati politicamente a destra — hanno deciso di portare lo scontro fuori dalle curve e dagli stadi. E così ecco gli agguati negli autogrill e le risse tra tifosi in autostrada, fino all’assedio in via Novara.
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~“Un giorno ho visto il sole tramontare quarantatre’ volte!”
E piu’ tardi hai soggiunto:
“Sai… quando si e’ molto tristi si amano i tramonti…”~
Il piccolo principe
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ragazzoarcano · 6 years
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“Un giorno ho visto il sole tramontare quarantatre’ volte! […] Sai… quando si e’ molto tristi si amano i tramonti…”
– il piccolo principe
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