Tumgik
#ragazzini di chissà quanti anni più piccoli
ross-nekochan · 1 year
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Primo giorno di palestra qui nella città più perculata della regione Veneto.
Istruttore che mi fa tipo l'anamnesi: ma quanti anni hai, che sport hai fatto nella vita (io: palestra), da quanto ti alleni (io: 10 anni - e lui: e vabbè allora che ci sto a fare qua?! Non lo so zio, ci hai provato ma unfortunately non sono una newbie).
Vabbè nel frattempo io tutta carina che mi alleno per i fatti miei come al solito bellina bellina facendo cose a caso solo per riprendere un po'...
A un certo punto lui mi si avvicina e mi fa:
ti posso dire che ti muovi da Dio?
Me inside: AAAAAAWWNEJUWSJDBSKANSJJDJSJJAIWWIUEOQOQNSDBJSKANSEHJWNASJJWIQIWBSBADBWJAJSNEJAJSJEAAAHFHDH 💘💘💘💘💘💘💘💘💘💘💘💘💘💘💘💘💘
Outside: Ma grazie! Sai, non tutti se ne accorgono!
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Una volta dissi al mio analista che sentirsi soli è come ritrovarsi rinchiusi in una stanza piena di specchi che riflettono solo la tua immagine: all'inizio uno può non accorgersene, ma col tempo si finisce per impazzire. Non avere nessuno a cui rivolgere i propri pensieri, le proprie angosce, tutte quelle piccole insoddisfazioni quotidiane, tutta la rabbia e la delusione accumulate durante il giorno, le settimane, gli anni. Il monologo interiore è indubbiamente una raffinata tecnica letteraria, tanti memorabili romanzi e personaggi vengono costruiti così, mostrando al lettore che il pensiero produce trama tanto quanto le azioni, ma io non sono un Leopold Bloom, né tantomeno uno Zeno Cosini, e di certo la mia vita non è un romanzo ben congeniato. Non posso tornare indietro, riscrivere e correggere dove ho sbagliato, riformulare frasi non abbastanza convincenti, ridimensionare periodi o lasciarli liberi di fluire sulla pagina. La vita, almeno come la conosciamo, è molto più lineare: raramente ci viene data l'opportunità di rimediare e raramente possiamo sperare di assemblarla così come si fa con i versi di una poesia; molto più spesso è la vita stessa che ci conduce dove vuole, strappa le pagine che avremmo voluto rileggere e ci costringe a sfogliarne altre, che spesso si rivelano mediocri, superficiali, vuote. D'altronde sembra che si viva per andare avanti, a dispetto di tutto l'orrore, della sofferenza, dell'amore. Abbandonare il passato, non guardarsi indietro, procedere a testa alta in quella selva oscura e incerta che è il presente, con qualcuno al nostro fianco talvolta, talvolta completamente soli, piccoli e fragili esseri spaventati da tutto e da tutti, fagogitati dalla società, dal sistema, dal cosiddetto mondo reale, con le sue incoerenze, le sue pretese e le sue promesse. Ad alcuni va anche bene, riescono ad immedesimarsi talmente con l'immagine che pensano gli sia stata assegnata da non notare la differenza; ad altri, i più sfortunati, non accade: non solo rifiutano l'immagine, ma hanno la caparbietà e la volontà di crearsene una loro propria, che calzi loro a pennello e che riescano a guardare senza sentirsi nauseati. Così si creano i soggetti disturbati, credo io. Togliete a qualcuno la fiducia nelle magnifiche sorti e progressive, spogliatelo delle credenze che gli sono state veicolate, lasciatelo scavare sempre più a fondo nella propria autoconsapevolezza e avrete una personalità dissociata. Dategli qualche verso di mirabile bellezza e qualche nota di eterea grandezza e avrete una mente non allineata, inadatta al vivere degli uomini comuni, piena di vanagloria e con qualche delirio di onnipotenza gettato qua e là. Poi spargliapate queste sublimi anime per il mondo, rinchiudetele tra le pareti di una casa fredda, fate sì che si sentano fuoriluogo e fuorisincrono e le vedrete autodistruggersi. Ho cercato per anni di non sentirmi così, o meglio, di trovare qualcun altro che si sentisse così e ogni volta si è trattato di incontri grandiosi, di collisioni così potenti da generare il meglio che si possa trovare in un essere umano, ma come ogni scontro arriva il momento in cui i pezzi si ricompongono e molto spesso finiscono per farlo per conto loro, andando a costituire due nuove e integre entità che smettono di fondersi l'una nell'altra e semplicemente si allontanano, tornano al loro naturale stato di erranza, in cerca della prossima esplosione, del prossimo Big Bang. D'altronde l'universo è in espansione, chissà quante decine di migliaia di stelle muoiono ogni giorno, quanti nuovi buchi neri spuntano a mutare gli equilibri e le sorti di intere galassie, quanta materia si crea e si distrugge solo per trasformarsi. Sembrano eventi tanto distanti e intangibili, quando basterebbe pensare a ciò che accade sulla nostra piccola e insignificante Terra, ai suoi abitanti, a quante esistenze si incrociano anche solo per un secondo, a quanti e diversi destini prendono forma in ogni istante, dal semplice battito di una farfalla o dall'incontro di due ragazzini impacciati e un po' alticci che si vedono per la prima volta.
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ginnyoceane · 3 years
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     ✨💄     —      𝐍𝐄𝐖 𝐑𝐎𝐋𝐄      𝐠𝐢𝐧𝐧𝐲, 𝐳𝐨𝐞, 𝐥𝐢𝐧𝐜𝐨𝐥𝐧 & 𝐦𝐞𝐫𝐢𝐥𝐲𝐧      ❪    ↷↷     mini role ❫      l  i  b  r  e r  i  a      29.12.2020  —  #ravenfirerpg            traccia role #1
Leggere era un qualcosa che accompagnava la veggente fin da piccola, che fossero pagine di un libro per bambini, o un romanzo, o un semplice saggio, Ginny era appassionata di lettura che presto o tardi avrebbe sfondato in quel mondo. Ma non era solamente questo a farle battere il cuore, era il fatto che quella passione sembrava riunire quante più persone. Era di fronte alla libreria in un tardo pomeriggio di fine dicembre quando il suo sguardo cadde su un classico che nessuno avrebbe mai potuto contestare: il primo capitolo di una saga che fondeva generazioni diverse, dai più piccoli ai più adulti, Harry Potter. Era una prima edizione certamente, gli angolo del tomo appena smussati per l'uso che qualcuno ne aveva fatto, ma portava con sé anche la bellezza del principio, di come tutto fosse informe. Maghi e babbani erano una giusta rappresentazione di ciò che avveniva anche nella cittadina di Ravenfire, con alcune differenze, ma non era un po' il bello di tutta quella realtà a volte un po' assurda? Solo in quel momento la veggente si rese conto di non essere sola attorno a quella bancarella, sguardi trasognati osservavano quella copertina, labbra appena arricciate e chissà quali pensieri stavano attraversando le loro menti.
Lincoln Spectra
Lincoln era un vero e proprio appassionato di libri. La sua libreria personale contava più di 300 tomi, tra libri nuovi e antichi, che aveva raccolto nel suo (quasi) secolo di vita. Aveva sempre amato perdersi nella lettura; una passione che aveva sin da quando era in vita e che la morte non era riuscita a portargli via. «Bello, vero?» Stretto nel suo cappotto scuro, con gli occhi cerulei fermi a contemplare la copertina di quella prima edizione, il rappresentante dei fantasmi se ne stava con le mani in tasca a osservare quel piccolo gioiello della letteratura. «Delle 500 copie che furono stampate, solo 200 furono messe in commercio. Le altre 300 le ha ancora la biblioteca inglese.» Col capo leggermente inclinato da un lato, il ragazzo osservò il prezzo che riportava la scritta 50.000$; una cifra che andava ben oltre il prezzo d'acquisto di un libro qualunque. Successivamente volse il capo in direzione di Ginny e delle altre due donne intente ad osservare quell'edizione, mostrando loro un piccolo sorriso. «Immagino che nessuno di noi abbia tanti soldi quanti ne aveva Harry nella sua camera blindata.» In cuor suo sapeva che prima o poi lo avrebbe acquistato. Non nell'immediato, certo, ma prima o poi ci sarebbe riuscito. Non era il tipo di persona che amava far conversazione, ma su certi argomenti sembrava molto più incline a farlo, pertanto continuò a parlare. «Mi sono sempre chiesto in quale casa sarei finito. Voi, ci avete mai pensato?»
Merilyn Brooks
𝕳arry Potter era una saga molto importante per Merilyn, l’aveva accompagnata nella crescita ed era una lettura nella quale tutt’oggi la fata amava immergersi. Ma soprattutto, era il ricordo più vicino che aveva di sua madre. Si, era stata propria la signora Brooks a leggerle per la prima volta Harry Potter e la pietra filosofale, appena pochi anni dopo la sua prima pubblicazione, quando Merilyn aveva solo cinque anni; era oramai divenuto di routine leggere qualche capitolo insieme prima di andare a dormire. Poi sua madre se ne era andata, aveva abbandonato il tetto coniugale per non fare più ritorno, interrompendo la storia a metà del quarto volume. Nel pieno della sofferenza, i libri di Harry Potter erano l’ultimo ricordo che aveva di lei; più volte aveva provato a chiedere a suo padre di fare lo stesso, così che nel proprio minuscolo letto si sentisse meno sola, ma egli era troppo ubriaco anche solo per reggere in mano un libro. Così aveva dovuto imparare in fretta a leggere, per continuare quel percorso da sola. Ma la solitudine non era una cosa che facilmente Merilyn riusciva a sopportare. Sentirsi sola, abbandonata, era la sofferenza più atroce che la fata di primavera potesse provare, tanto da renderla una fobia. E nessuno poteva immaginare quanto piacere e amore trovasse in una buona lettura, specie se questa diveniva un mezzo per unire le persone. Non importava della preziosa collezione che aveva a casa, ogni volta che si imbatteva in una copia di Harry Potter si soffermava ad osservarla, ammaliata. E no, non le erano sfuggiti i commenti delle persone raccolte attorno a lei per fare la medesima cosa. Questo la fece sorridere dolcemente. « Ho sentito dire che le prime edizioni della saga sono ormai fuori produzione; ben presto cominceranno ad assumere valore, dunque chi le possiede ha una piccola fortuna nella propria collezione. Ma no— effettivamente anche in questo modo, Harry resterebbe il più ricco. » Ridacchiò. « Io apparterrei senz’altro a Tassorosso : credo nel lavoro, nell’amicizia, sono paziente e giusta— o almeno, spero di esserlo.  »
Zoe Farnstorm
Prendersi una pausa, delle ferie alla fine era stata un'ottima idea. Non era stata sua questo era chiaro perchè Zoe viveva per il lavoro, viveva per salvare le vite, ma doveva ammettere che anche starsene in casa a prendersi cura di se stessa non era male, soprattutto non era nemmeno male l'idea di uscire e fare qualcosa per conoscere altre persone e fare amicizia. Quella bancarella, poi l'aveva attirata in particolar modo, in fondo Harry Potter era da sempre stata la sua saga preferita, la saga che quando era più giovane l'aveva trasportata in un altro mondo, dimenticando quello vero, una cosa davver importante per la dooddrear, che odiava suo padre e come aveva trattato sia lei, che sua madre, soprattutto sua madre. Ricorda ancora l'odore di libro nuovo, le prime edizioni, che si era permessa grazie al suo primo lavoro. «Io mi sono sempre vista come una Corvonero, anche se mio padre non sarebbe d'accordo, per lui ero una serpe. » Ridacchia, a distanza di tempo quella frase non le faceva più alcun male, ma ricorda di essere stata parecchio male. «Credo di avere ancora le prime edizioni in soffitta, non vorrei essere melodrammatica, ma Harry Potter in un certo senso mi ha salvato la vita. Mi ha portata in un mondo diverso quando ne avevo bisogno. »
Ginny R. Océane Lagarce
Una presenza che provocava tranquillità in lei fece la sua apparizione, lento come era entrato nel suo cuore, silenzioso come il suono che che faceva ogni volta che si materializzava accanto a sé. Eppure solamente un debole sorriso accennato fu l'espressione che mostrò la veggente alla vista di Lincoln. Si ritrovò così ad ascoltare quel piccolo dibattito, come se tutti in qualche modo facessero parte di un club del libro e in parte così era. Ognuno dei presenti aveva esposto la propria opinione dando spunti su cui discutere, ed in quel momento Ginny cominciò a pensare se mai lei fosse dovuta passare sotto il Cappello Parlante. Che cosa avrebbe deciso per lei? In fondo il Cappello Parlante avrebbe tenuto conto delle proprie scelte, ma era la stessa veggente a ritrovarsi spiazzata. Possedeva coraggio, ma sarebbe bastato per essere una Grifondoro? « Serpeverde. » Commentò lanciando una rapida occhiata al fantasma, prima di passare lo sguardo sulle due giovani donne che apparivano ancor più segnate da quella storia che erroneamente si credeva per bambini. Più rifletteva su quella casata, più si rivedeva nelle caratteristiche e in fondo sapeva che sarebbe stato così. « Mi sono sempre domandata perché non mi fosse arrivata la lettera di Hogwarts, sapete? Ogni volta che rileggevo la saga speravo di essere smistata, di indossare il mantello dell'invisibilità, e di agitare la bacchetta. In fondo chi non ha sperato di farlo? Ma chi è il pazzo che venderebbe questa prima edizione? Potrebbe valere una fortuna. »
Lincoln Spectra
Conversare con altri appassionati di Harry Potter era sempre un piacere. Era grazie a quella saga se la maggior parte dei ragazzini aveva cominciato a leggere; aveva la capacità di radunare un fandom che, negli anni, difficilmente sarebbe sparito. Insomma, J.K.Rowling, per quanto ormai apparisse solo come una mangia soldi, aveva creato un mondo magico in cui il mondo avrebbe continuato a rifugiarsi per l'eternità. Lincoln, nella sua lunga esistenza, aveva letto moltissimi libri ma Harry Potter era stato uno di quelli che aveva riletto più volte. Proprio per la sua veneranda età, era riuscito ad avere le prime edizioni a un prezzo stracciato, ma per alcune edizioni, come quella presente sulla bancarella, avrebbe dovuto attendere ancora un po' per evitare di fare la figura del collezionista incallito. Ascoltando le risposte altrui, l'uomo sorrise e cominciò a riflettere sulla casa di appartenenza. Dove lo avrebbe smistato il cappello? Non aveva dubbi su Ginny; sapeva quanto fosse determinata nel raggiungimento dei suoi obbiettivi, e per questo non poteva aspettarsi nessuna risposta diversa da lei. Mentre lui? Lui aveva le caratteristiche principali di ogni casa: era intelligente, coraggioso, di buon cuore e anche ambizioso. Probabilmente sarebbe stato un testurbante, ma non era certo di dove sarebbe finito, pertanto non si pronunciò. Posò lo sguardo su Zoe quando pronunciò quell'ultima frase. «Hai avuto una brutta infanzia?» Le chiese, prima di rispondere a Ginny e tornare a posare lo sguardo sul libro in vendita. «Credo fosse di proprietà di qualche vecchia libreria. Un bel colpo di fortuna per il venditore... farà un sacco di soldi.» Probabilmente si sarebbe preso i 𝒔𝒖𝒐𝒊 soldi, visto quanto la bramava. Sospirò, prima di rivolgersi ancora a loro. «Beh, non volevo arrivare a questo punto, ma ora mi tocca fare la domanda più importante di tutte: siete pro o contro i malandrini? - O forse dovrei dire.. Pro-James Potter o Pro-Severus Piton?»
Zoe Farnstorm
« Io ancora sto aspettando questa lettera da Hogwarts! Anche se ormai non ho più bisogno di evadere, sto bene. » La domanda di quell'uomo, le riporta alla mente tutto quello che suo padre aveva combinato quando lei era solamente una ragazzina. « Proprio così. — Mio padre avrebbe voluto avere un figlio e non una figlia. Da lì sono cominciati i problemi. Avevo solo otto anni, quindi all'inizio non riuscivo a comprendere tutto quello che stava succedendo in famiglia, ma col tempo poi sono riuscita a scoprire tutto. » Aveva sofferto molto Zoe, ma sua madre era una donna forte e quindi era cresciuta seguendo i suoi passi, volendo diventare come lei e non come suo padre, che dopo la sua nascita si era fatto una nuova vita con un'infermiera conosciuta durante i turni di lavoro. « Poi lui si è fatto una vita con un'infermiera nell'ospedale dove lavoro io e ha avuto un figlio maschio. — Ma torniamo ad Harry Potter, che è stato proprio lui a salvarmi in quel periodo. — Io ho sempre amato Severus Piton come personaggio. »
Ginny R. Océane Lagarce
Sembrava che quella discussione avesse tirato fuori qualcosa di più profondo della semplice opinione di quella saga che ormai aveva tenuto incollati migliaia di bambini. Passava in rassegna sia il fantasma che la giovane dai capelli scuri mentre, la veggente si sentì quasi di troppo in quella conversazione. Era un fatto piuttosto intimo quello che stava raccontando la ragazza e non poté non osservarla ripensando a come era stata la sua infanzia. Si limitò così ad aggrottare la fronte per un momento, immersa negli stessi pensieri che l'avevan spinta a fermarsi dinnanzi a quella bancarella. Era stata spinta dalla curiosità, dal bisogno di vedere quelle pagine scritte come se fossero un mantra impresso nelle menti di molti, ma soprattutto era stato l'amore per la lettura a farla giungere fin lì. « La lettura è quel qualcosa che ci permette di poterci salvare, è l'ancora di cui abbiamo bisogno per aggrapparci e ritornare così a respirare... Che sia Harry Potter o qualsiasi altro libro. » Commentò la bionda con una rapida scrollata di spalle. Era dell'idea che i libri fossero il bene più prezioso che vi fosse su quella Terra, e nessuno sarebbe riuscito a farle cambiare idea. « E Severus Piton sarà sempre il vero idolo indiscusso... Si potrebbero affrontare infiniti punti di vista, ma nessuno potrebbe mai farmi dire il contrario. Tutti l'han giudicato dal principio come il cattivo, il personaggio impregnato di risentimento, che può anche essere tale inizialmente, ma che invece nasconde semplicemente il dolore. » Era il suo pensiero, giusto o sbagliato che fosse. Sarebbe potuta continuare all'infinito quella discussione, avrebbero trovato infiniti spunti a cui aggrapparsi, ma ognuno avrebbe avuto la propria opinione.
Lincoln Spectra
Lincoln era sempre stato un ragazzo coi piedi per terra; non aveva mai aspettato la lettera per Hogwarts -vista la sua veneranda età-, ma se gli avessero chiesto di andarci, probabilmente sarebbe salito sul treno senza valigia. Mentre ascoltava il discorso di Zoe, anche lui si ritrovò a pensare al padre e al suo desiderio di avere un perfetto erede. Quando poi era morto, Lincoln aveva trovato piacere nella lettura e, sentendo le parole di Ginny, il fantasma accennò a un debole assenso. Fu lieto quindi di sentire che entrambe erano dalla parte di Severus, al punto che gli angoli delle labbra curvarono verso l'alto e gli occhi grigi di Lin si soffermarono a guardare Ginny qualche istante più del solito, come se per un attimo avesse dimenticato l'imbarazzo di quello strano incontro. «Beh, se la pensate così, mi costringete a offrirvi una cioccolata calda. Mi piacerebbe parlare ancora un po' della saga, che ne dite?. Chissà... forse dovremmo fondare un club del libro.» Sorrise a entrambe, quindi, che loro accettassero o meno il suo invito, avrebbe lasciato la bancarella per spingersi altrove.
Zoe Farnstorm
Non le capitava mai di aprirsi in questo modo, anche perchè quasi nessuno mai le aveva rivolto quel tipo di domande così /intime/ e private. Eppure le era venuto così semplice farlo assieme a loro, forse complice il fatto di aver parlato dopo tanti anni di Harry Potter, colui che l'aveva salvata letteralmente dal caos che stava vivendo la sua famiglia. « Hai ragione, che sia Harry Potter o meno, anche se ammetto di non aver più letto molto da Harry Potter. Nulla è riuscito poi a farmi innamorare come con quella saga. Ho provato e riprovato, ma l'amore per quel mago non l'ho ritrovata in nessun libro. » Ammette la dooddrear, che ascolta poi le parole dell'uomo, concordando con lui. Si poteva fondare si un club del libro, poteva e doveva assolutamente fare qualcosa di diverso dall'andare in ospedale per lavoro. Aveva bisogno di uno svago di un hobby e quello sembrava perfetto. « Per me va benissimo, io ci sto! »
Ginny R. Océane Lagarce
Un sorriso sincero cominciò a sorgere sulle labbra carnose della veggente che in quel momento sentì sciogliere un pezzetto di quella maschera che da sempre aveva fatto ormai sua. Sapeva quanto Lincoln la conoscesse bene, quanto un rapido sguardo tra loro potesse nascondere a quelle parole non dette, ma non era né tempo né luogo per fare confessioni. Socchiuse per un istante gli occhi, per poi replicare con un semplice cenno del capo. Era straordinario come da un ritrovo per caso potessero nascere idee stimolanti come quelle. « Cioccolata calda e club del libro vanno decisamente a braccetto, andiamo! » Commentò con vigore prima riflettere su quanto stavano per fare. Avrebbero parlato della sua passione principale, avrebbe conosciuto idee altrui che l'avrebbero messa in discussione, ma soprattutto sia lei che tutti gli altri partecipanti avrebbero trovato un luogo in cui parlare senza alcuna paura di giudizio.
❪ 𝑭𝒊𝒏𝒆 𝑹𝒐𝒍𝒆. ❫
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intotheclash · 7 years
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“Pietro! Pietro! Affacciati!” Urlò la prima voce. “E muoviti! Sei diventato sordo?” Fece eco la seconda. Cazzo, no che non ero sordo! Ci sentivo benissimo, l’inconveniente era che avevo solo dodici anni. E a quell’età non puoi fare come ti pare, specialmente se è domenica e sei a pranzo con la tua famiglia. Tutta la tua famiglia, tuo padre compreso, che, gli altri giorni della settimana è sempre via per lavoro: camionista per una ditta di travi e tavolati in castagno. Lavoro di merda, secondo i miei pochi anni, ma pur sempre un lavoro. Sentivo le spine sotto al culo, ma guai a sollevare le chiappe senza permesso, così continuavo a fissare il minestrone, che tra le altre cose mi faceva pure schifo, e a giocherellare con il cucchiaio fingendo indifferenza. “Pietro! E forza! Sei sempre l’ultimo!” Insistettero dal vicolo. Mio padre sbuffò un paio di volte, mollò le posate, distolse lo sguardo dal telegiornale e mi allungò uno scappellotto. “Ahio! Cosa ho fatto ora?” Protestai. Mi fissò con i suoi occhi chiarissimi e l’aria burbera di sempre, poi ordinò: “Su, affacciati e senti cosa vogliono quei piccoli rompicoglioni dei tuoi amici; che così non mi fanno capire una sega! Già non lo sopporto quello del telegiornale, se non mi fanno neanche capire quello che dice, me lo spieghi tu cosa cazzo lo guardo a fare?” Controllò il suo orologio e aggiunse: “Ma è appena l’una e quaranta! Come li fanno mangiare ‘sti bambini quelle scansafatiche delle loro madri? Li imboccano con la fionda? Su sbrigati Pietro, che sento che stanno iniziando a girarmi.” “Tanto a te girano sempre!” Pensai mentre mi precipitai sul balcone. “Era ora Pietro! Ma che te stai a magnà?” Dissero in coro Tonino e Sergio non appena mi videro. “Veramente ho iniziato adesso! Ma che volete a quest’ora? E’ troppo presto, i miei si incaz… si arrabbiano se rompete all’ora di pranzo.” Risposi. Fortunatamente avevo fatto marcia indietro in tempo. O almeno così speravo. Mia madre diventava una iena quando mi scappava qualche parolaccia. Diceva che, per quel genere di vocabolario, bastava e avanzava mio padre. E non è che avesse tutti i torti. “Ma che ti sei rincoglionito? La proposta l’hai fatta tu ieri sera ed oggi già non te la ricordi più?” Mi ammonì incredulo Tonino. “Allora davvero sei rincoglionito!” Aggiunse Sergio, che, dei due, era quello che andava sempre a rimorchio. Finalmente lo sguardo mi cadde sulle biciclette appoggiate al muro scrostato della casa di fronte e la nebbia nella mia mente si diradò all’istante. “Cazz…volo! Il fiume! Dobbiamo andare al fiume a fare il bagno! Me l’ero proprio scordato! Che testa di legno che sono!” Dissi “Di legno è dir poco! Di cazzo è più esatto!” Disse Tonino ridendo e facendo ridere anche Sergio. “Aspettatemi li, finisco in fretta di mangiare e scendo. Non vi muovete!” Dissi ancora. “Sbrigati però, che gli altri sono già sotto porta che ci aspettano. Avevamo detto alle due precise!” Insistette Tonino. “E allora? Non sono ancora le due stronzi!” Stavolta mi era scappata sul serio e sperare che sarebbe passata inosservata era un’illusione che neanche io potevo concedermi. “Pietro! Vieni subito dentro!” Fu l’ordine militaresco di mia madre. Come volevasi dimostrare. Rientrai immediatamente in cucina e la trovai già in posa per la predica. Si era tolta il tovagliolo da sopra le ginocchia, si era alzata in piedi, aveva divaricato leggermente le gambe, ma, quel che è peggio, aveva appoggiato il dorso delle mani sui fianchi, che era davvero peggissimo. Tutte e due le mani, la posizione della brocca, praticamente tuoni e fulmini in arrivo. Fosse stata una sola mano, la posizione a tazzina, come l’avevamo battezzata noi ragazzini, te la potevi anche cavare a buon mercato, ma con la brocca eri finito. Avrei volentieri pensato: “Erano cazzi!” Ma in quel frangente avevo persino paura a pensarle le parolacce; non tanto per la sgridata, o gli scappellotti che avrei potuto prendere e che avrei sicuramente preso; quanto per la paura che mi avrebbero potuto vietare di uscire. Quella si sarebbe stata una catastrofe planetaria. “Allora signorino? Quante volte ti ho ripetuto che non voglio che tu dica le parolacce?” “Scusa mamma, mi è scappata!” Risposi col tono più innocente che riuscii a trovare. Non vidi partire la mano, ma l’impatto con la mia testa lo sentii; eccome se lo sentii. “Ahio!” Urlai tra il sorpreso, l’arrabbiato e il piagnucoloso. Poi guardai mio padre di traverso. Lui raccolse il tovagliolo con la mano assassina, si pulì i folti baffi castani, mi fissò e disse: “Scusa, mi è scappato. Non volevo. Magari se ci avessi pensato prima, sarei anche riuscito a non dartelo; ma purtroppo è così che va il mondo e io non posso farci un cazzo di niente!” Da una parte mia madre, ovvero la teoria, dall’altra mio padre, senza ombra di dubbio la pratica. Insieme formavano una morsa d’acciaio che mi avrebbe stritolato senza scampo. Potevo dire addio agli amici, al fiume, al bagno e a chissà quanti altri divertimenti. Ma non andò così. Una via di fuga esisteva, ridotta al lumicino, ma esisteva ed io la imboccai di filata, incurante dei tremendi pericoli ai quali sicuramente andavo incontro. Non fu una scelta consapevole, proprio no, fui costretto ad imboccarla dalla rabbia e dal desiderio di vendetta per essere stato colpito, a mio avviso, ingiustamente e a tradimento. “Allora perché lui le dice in continuazione?” Urlai verso mia madre, ma rivolgendomi più che altro a mio padre. Gli occhi mi si affollarono di lacrime, ma le trattenni stoicamente. Ero schifosamente orgoglioso, fin da piccolo. Era un colpo basso, lo ammetto, avventato e alla cieca, l’ultimo colpo, di quelli che come va, va; quello della disperazione, che ti può regalare il KO, ma che, più spesso, fa finire te al tappeto e trionfare l’avversario. “Cosa, cosa?” Ringhiò basso mio padre. “Le parolacce ecco cosa! Perché tu puoi dirne quante ne vuoi, ma se ne scappa una a me sono guai? Penso che se una cosa è sbagliata, è sbagliata per tutti!” Dissi, sempre con le lacrime in bilico e sforzandomi di non abbassare lo sguardo. Un rischio della Madonna! Fu ancora svelto come un gatto, mi afferrò per la maglietta e mi trascinò a pochi centimetri da lui, facendomi rovesciare la sedia dove prima ero seduto. Ma come aveva fatto? Era grosso come un armadio e con la pancia di chi non sa mai dire di no ad una bella bevuta; ma quando si muoveva era Flash Gordon in persona. Certo che da grande avrei voluto essere come lui! Nessuno mai si sarebbe azzardato a prendermi in giro! “Ascolta bene stronzetto,” Mi disse inondandomi col suo alito di vino. Di vino: staccato,”L’unica persona che poteva dirmi ciò che dovevo, o non dovevo fare, era mio padre ed ora sta sotto un paio di metri di terra. Pace all’anima sua…” Devo dire che il sospetto che lo avesse ammazzato lui mi attraversò la mente, ma mica potevo dirlo. “Adesso ho quarantacinque anni,” Proseguì,” e nessuno, dico: nessuno, può permettersi di darmi degli ordini…” “Io non…” Tentai di giustificarmi. E giù un altro scappellotto, stavolta un po’ più sonoro, visto che mi rimbombarono i pensieri. Il vecchio ora era incazzato sul serio. Ora non potevo fare passi falsi. Dovevo stare attento a giocare bene le mie carte. Soprattutto dovevo uscire il più in fretta possibile da quella spiacevole situazione. Fortunatamente ed inaspettatamente mia madre arrivò in mio soccorso. Cuore di mamma non tradisce mai. “Dai Alfredo, lascialo stare. Basta con gli schiaffi!” Disse con tono pacato ma perentorio. “Cosa fai ora Maria? Prendi le sue difese? Io intervengo a darti manforte e tu mi vieni contro? E’ ora che qualcuno insegni davvero l’educazione a questo moccioso sfrontato e se non vuole capire con le buone, peggio per lui! Io sono cresciuto a pane e scapaccioni tuttavia non mi sono mai sognato di rispondere a mio padre; anche perché mi avrebbe scorticato vivo!” “Ma io non ti ho risposto male! Ho solo dett…” Fu il terzo scappellotto della giornata a troncare il discorso e a sbaragliare la mia timida difesa. “E basta Alfredo! Piantala di alzare sempre quelle tue manacce! Poi non picchiarlo sulla testa che è pericoloso!” Lo ammonì di nuovo mia madre. “Così impara a parlare soltanto quando è interrogato! In quanto agli schiaffoni invece: di cosa hai paura? Per il tuo marmocchio la testa non è un organo vitale, visto che è vuota. O forse temi che il rimbombo possa causargli danno all’udito?” Concluse ridendo di gusto. Cosa volete farci, mio padre era fatto in questa maniera: se la suonava e se la cantava. Faceva le battute e rideva da solo. Era capace di passare dall’incazzatura più nera all’ilarità più sfrenata, e viceversa, in un battibaleno. Difatti mi strizzò l’occhio, mi scompigliò i capelli neri e arruffati e disse:”Dai, finisci la minestra, mangia la carne e fila via. I tuoi amici saranno già in pensiero.” “E no cari miei!” Intervenne mia madre sempre mantenendo la posizione; ma ebbi l’impressione che la “brocca” in questa circostanza, fosse tutta per mio padre: “Con te facciamo i conti dopo,” Disse rivolta al vecchio, “In quanto a te signorino: ora finisci di pranzare, poi te la fili dritto, dritto in camera tua. Uscirai domani. Sempre che tu sia capace di non dire ancora parolacce.” E questo era per me. “Ma dai Maria! Tre sberle, per oggi, vanno più che bene come punizione. Domani, se si azzarderà ancora ad essere maleducato, ce lo portiamo noi al fiume… e ce lo affoghiamo! Così ci togliamo il pensiero!” Detto ciò si batté forte sulle gambe e rise a crepapelle. Mia madre, al contrario, non si stava divertendo affatto. Non aggiunse nulla, ma capii che non vedeva l’ora di restare da sola con suo marito per l’inevitabile resa dei conti. Sfruttai la situazione e mi sbrigai ancora di più. Trangugiai la minestra a palate, con quattro rabbiosi morsi distrussi anche la fettina alla pizzaiola e sprofondai giù per le scale salutando mentre richiudevo la porta alle mie spalle. Scesi gli scalini due alla volta, andai in garage, montai in groppa al mio fido destriero, una femmina per la verità, un’Atala 24 giallo oro, con cambio a tre marce e raggiunsi i miei compagni. “Alla buon’ora Pietro! Stavamo per rassegnarci ad andare da soli!” Disse Sergetto non appena mi vide. “Che casino hai combinato su in casa? Oltre alle urla, mi sembra di aver udito il rumore della tua zucca vuota che sbatteva contro qualcosa di duro!” Fece eco Tonino con tono di scherno. “Andate a fare in culo tutti e due!” Li insultai. Però a voce bassissima, mica ero scemo del tutto! “Pietruccio! Non devi dire le parolacce, altrimenti Gesù bambino piange!” Mi canzonò Tonino. “Potresti ritrovarti all’inferno con tutte le scarpe, o potrebbe sentirti tuo padre, che è ancora peggio! Almeno all’inferno non ti mena nessuno!” Aggiunse Sergetto ridendo. Mostrai loro il mio piccolo dito medio alzato e schizzai via a rotta di collo, pigiando forte sui pedali. Tagliammo a fette le strette vie del paese, rigorosamente contromano, tanto a quell’ora, di domenica e d’estate, il Deserto dei Tartari era sicuramente più affollato. Percorremmo a tutta birra sia le discese che le salite; ma non i tratti in piano, per il semplice motivo che non c’erano. Un cazzo di paese abbarbicato su uno sperone di tufo senza un metro di strada piana; c’era da farsi il culo sulle biciclette, mica scherzi!
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poetsfastlife · 7 years
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Tumblr media
Bello e bravo - Brutto e cattivo. Attraente e bugiardo - Debole e sincero. È molto che il mio malessere interiore non mi portava ad aprire questo social network. Un po lo odio, sarò sincero. Il mio account Tumblr non vanta di chissà quanti capolavori rebblogati da mezzo mondo, ma è qui che nei momenti di crisi lascio un pezzo di me. Un po mi piace perchè in questi casi diventa il mio capo espiatorio. Può sembrar strano ma se proprio devo dir la verità, questo Tumblr mi ha spesso aiutato nonostante come tutti gli altri social ha le solite funzionalità come "post,immagini,link,gif ecc", la differenza qui la fanno le persone, i lettori, e penso che ormai sia palese che i miei piccoli pezzi di vita lasciati a sprazzi qua e la qui sopra, sono tutti degli "Aiutami perfavore" rivolti all unico lettore che ho. Bello e bravo - Brutto e cattivo. Sono due aspetti che un po hanno fatto parte di me nella vita e penso che forse pur sbagliando son stato più brutto e cattivo che bello e bravo. Son stato in strada io, come tutti i ragazzi che vivono in un paese di provincia qui giù e che nel periodo più fragile e condizionabile della propria vita vivono il famoso mito dell "io sono indistruttibile, nessuno al di fuori di me stesso mi fa paura". Ebbene si, può sembrar strano credere a tali parole conoscendomi oggi, ma sono stato uno di quei ragazzini che ha sbagliato molto in quegli anni e che ha pagato le sue dovute conseguenze e che ANCORA OGGI PAGA. (man mano capirete). Le leggi e le regole erano semplici per prevalere sugli altri e per sentirsi dei leader. 1- Un leader non è debole 2- Un leader non è sincero 3- Un leader mette in discussione se stesso per raggiungere un obbiettivo. 4- Un leader non mostrerà mai di avere sentimenti. Si lo so, state ridendo e sembra una barzelletta, ma non è così. Lo facevamo per davvero. Ogni giorno inconsciamente si seguivano queste regole per prevalere sugli altri distinguendosi per forza e carisma ma non è tutto oro ciò che luccica. Spesso per sentirci superiori inventavamo bugie, accentuavamo gli accaduti, corrompevamo persone per avere delle testimonianze di cose mai accadute. Bhe...di tutto e di più. In poche parole arrivo al dunque. In questi anni alle persone nuove che entravano a far parte della mia vita ho presentato un me inesistente. Ho fatto una sorta di x20 sulle cose fatte nella realtà aggiungendo molte cose inventate al solo scopo di nascondere il vero me. Quello che sono oggi. All epoca una personalità del genere mi avrebbe causato molti guai. Sarei stato sicuramente vittima di bullismo o cose del genere e dopo le esperienze passate, degli sfottò gratuiti finiti male, di certo non avrei preferito scoprirmi cosi tanto con il resto del mondo. Andando avanti negli anni vedevo che bene o male la mia corazza mi dava modo di non essere sottomesso a nessuno, di essere poco vulnerabile e così ho deciso di mantere questo mantello per un bel po. (a mio discapito purtroppo, ma tranquilli capirete presto). Sono nato il 14 giugno e sono Gemelli. I Gemelli sono delle persone particolari lo ammetto. Una statistica dice che il 38% di essi sono affetti da malattie mentali, e spesso penso di essere in quella percentuale per come agisco, ma vabbe ora parliamo di altro. Un paio di caratteristiche dei Gemelli sono : orgoglio, egocentrismo, egoismo, brillantezza e perspicacia. Si. È proprio così. Spesso si dice che i Gemelli sono brillanti e perspicaci a talpunto di sapere gia da prima cosa sta pensando la persona con cui sta parlando o addirittura a cosa penserà dopo una vostra domanda.Bhe roba da matti starete pensando...ma purtroppo è così. Sono una persona che questa "dote" l'ha sempre sfruttata al massimo ma non e tutto oro ciò che luccica. Non è mica bello essere egocentrici, egoisti e orgogliosi. Eh No!.. È qui che forse capirete qualcosa. Sono nato Gemelli e purtroppo spesso e volentieri il mio difetto di essere così orgoglioso da causarmi del male mi ha rovinato le giornate. Mi spiego. Spesso ho pagato conseguenze che non avrei dovuto pagare solo per un motivo molto semplice : questo dannato ORGOGLIO. La scaletta e semplice : Dico una bugia - ne pago le conseguenze. Passa del tempo - ne ripago le conseguenze. Passa ancora altro tempo - ne ripago le conseguenze. Ed ogni volta che quella bugia ritornerà in mente IO NE PAGHERO LE CONSEGUENZE. Lo so, lo so. Vi starete chiedendo "Eh scusa bello mio, a sto punto smentisci la bugia e non soffri più per cose mai accadute no ?" Ecco. La risposta è semplice. Una persona EGOCENTRICA fatica a dimostrare di aver fatto un passo falso, ed è dura poi avere la reputazione del bugiardo perchè poi il suo ORGOGLIO lo sbrana, perchè lui in testa sua è un qualcosa di superiore a tutti e allora mette in atto la sua BRILLANTEZZA e PERSPICACIA per far si di deviare il discorso attaccando la persona che ha difronte diventando EGOISTA sia con se stesso che con la persona che ha difronte. Ma poi ? Fino a quando un Gemelli potrà pagare per cose mai fatte solo per paura di essere ritenuto un bugiardo e perdere di credibilità ? Solo per paura di essere sbranato del suo orgoglio ?... Ve lo dico io. Lo farà fino a quando non capirà che si sta annientando con le sue stesse mani considerando che ciò implica sofferenza anche alle persone che ama. Ma vedi..anche quando se ne rende conto l'orgoglio vince e le palle vengono meno. Se avessi le palle certe cose riuscirei a dirgliele in faccia alla persona che amo e non le scriverei su Tumblr o su Whatsapp. In poche parole sto dicendo che ciò che più odi al mondo non mi è mai accaduto e che puoi chiedere conferma ad un mio caro amico militare che quegli anni li viveva al mio fianco. Oggi che sono distrutto ho deciso di dire basta a tutto ciò. Basta pagare per una stronzata detta quando ti conobbi e mai smentita solo perchè te ne ho dette davvero tante di palle pur di fare il gradasso quando ti ho conosciuta, oggi dico stop a tutto questo e per la prima volta nella vita me ne frego di ciò che comporterà tutto questo, mr ne frego se penserai che sono stato ridicolo nell inventarmi certe cose, non mi interessa ora che riconosco da solo che di dignità me ne è rimasta ben poca per quanto mi sono infangato da solo. Mi sento più libero. Viva la verità cazzo. Purtroppo ti ho conosciuta che ero ancora un bambino bugiardo, che viveva ancora attaccato a quel mantello che nella sua testa lo rendeva più uomo. Si uomo di merda. Non ero maturo come oggi grazie ai tuoi insegnamenti e ciò è andato a mio discapito coinvolgendo anche te inutilmente. Ricordo su quella panchina mesi fa quando dopo una sfilza di bugie dette e poi smentite da me mi tirasti fuori questa, la piu grave, ed io che non ho avuto le palle di smentirla perchè in quel momento penso che mi avresti picchiato a sangue dopo tutte le cose smentite. In questo momento sono a letto e tremo perchè non so questo monologo come cambierà la mia vita. Penso che molto probabilmente mi odierai e penserai di lasciarmi ma ora come ora penso che togliermi questo peso dallo stomaco sia stata la cosa più giusta da fare. Ho pagato tanto per cose che non ho mai fatto, e ci tenevo a dirti che per la prima volta ho mandato all inferno il mio dannato orgoglio perchè a questo punto...mi sento un verme schifoso nonostante non dovrei. Certe bugie me le sono portate cosi tanto dietro che sono incubi. Spero tu capisca io come mi sento ora. Spero tu accetta le mie scuse anche se è molto difficile. E spero solo che prima di volermi abbandonare tu mi conceda almeno un altro bacio e un altro abbraccio di quelli nostri perchè ora ne ho davvero bisogno. Ti amo...e sarò consapevole dei miei sbagli se deciderai di lasciarmi. Scusa. Koishiteru. Se me lo sono tatuato è perchè ti vorrei per sempre qui. Il tuo piccolo amo.
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