Tumgik
#scarrozzare
piccolaaa3 · 5 months
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Mia madre e le dimostrazioni di affetto :
Mi preparo per incontrare per la prima volta un ragazzo e lei sembra preoccupata.
Le spiego che andrò a prenderlo in stazione e poi ci faremo un giro in un vivaio.
Lei corre ad accendere un cero, di quelli da cimitero per capirci.
"Ehh la madonna madre, capisco preoccuparsi ma non serve mica pregare e accendere ceri.." esclamo.
"Non sto mica pregando per te, ma per quel povero disgraziato che si farà scarrozzare da te" mi risponde.
Io boh.. grazie mille madre, tu si che sai come tirare su il morale 👌🏼
#me
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abatelunare · 6 months
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Altro che Glovo...
Anna è una profuga nordcoreana. Lavora in Corea del Sud come corriere. Trasporta persone a pagamento. Ed è un'autista eccezionale. I problemi spuntano fuori quando accetta di scarrozzare una ex star del baseball e suo figlio. Il babbo ha fregato una chiave di sicurezza a un poliziotto corrotto. Che non intende fargliela passare liscia. Ovviamente ci vanno di mezzo Anna e il bambino... Special delivery è un gradevole action movie sudcoreano. Ha ritmo e un'atmosfera ragionevolmente leggera. La storia non è tra le più assurde, e non è poco. Possiede inoltre la giusta dose di violenza (concentrata nell'ultima mezz'ora). Ma il punto di forza sta negli inseguimenti automobilistici. L'hanno trasmesso un paio di sere fa su uno dei canali Rai. Quando ne hanno trasmesso i provini ho pensato: questo devo vederlo. E l'ho visto.
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sunusaix · 3 months
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CHEESECAKE DI RICOTTA E PESCHE AL FORNO
Era il suo compleanno, niente festa per motivi familiari, la famiglia sparsa non più unita per diversi motivi. Le nascite, i problemi che portano, un figlio non lo puoi scarrozzare su e giù, la tavola per due aspettando che prima o poi ritorni ad essere completa. La torta??? Devo dire la verità, non ho più voglia di stare in cucina, brutto segno perché significa che non ho più l’età per la…
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gradazioni · 8 months
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mio fratello ha deciso che era la serata giusta x uscire e farsi scarrozzare da me che domani ho la sveglia alle 6 e devo aspettare che lui decida di tornare a casa x andarlo a prendere perché sia mai che mia madre tocchi il volante dell’auto
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"Vorrei dire che non ce la faccio più, ma purtroppo so di farcela ancora, so che ho ancora molta benzina nel serbatoio, che posso fare ancora chilometri e chilometri, continenti e continenti, quindi no, ce la faccio ancora grazie, però vorrei dire che non ce la faccio più, che anche se la macchina è in perfette condizioni, il pilota alla guida s’è un po’ rotto di scarrozzare i pensieri degli altri in giro, e vorrebbe trovare un buon parcheggio per i suoi, una volta tanto"
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ombrafurtiva · 1 year
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Dalle mie parti sono iniziate le riprese de ‘Il Gattopardo’ e indovinate chi è lo sfigato che hanno chiamato per scarrozzare qualche attorucolo scognito da aeroporto a città?
300 euro benzina esclusa per lavorare domenica notte praticamente 1 maggio e tornare a casa all’alba e con zero voglia di vivere.
Devo trovarmi un lavoro vero.
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giancarlonicoli · 2 years
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15 dic 2022 10:39
IL CAMPIDOGLIO HA PAGATO PER 9 ANNI LA COOP DI LADY SOUMAHORO SENZA MAI CONTROLLARE SE FOSSE IN REGOLA – DAL 2013 A OGGI, OVVERO DALLA GIUNTA MARINO IN POI, LA KARIBU HA INCASSATO 3 MILIONI DI EURO DAL COMUNE DI ROMA. E OGGI LA COMMISSIONE TRASPARENZA CAPITOLINA AMMETTE CHE NESSUNO SI È MAI ACCERTATO SE LA COOPERATIVA PAGASSE I CONTRIBUTI AI DIPENDENTI...
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Estratto dell’articolo di Clemente Pistilli per “la Repubblica - Edizione Roma”
Non avevano neppure il Durc in regola. Come un tassista lasciato libero di scarrozzare clienti da un angolo all'altro della capitale, salvo poi scoprire al primo posto di blocco che non aveva la patente, la cooperativa Karibu ha fatto affari per nove anni con il Campidoglio salvo poi emergere, con i controlli disposti sulla scorta del «clamore mediatico», che non aveva il Documento unico di regolarità contributiva a posto.
Tanto che le ultime fatture sono state bloccate da Roma Capitale, che provvederà a versare le somme necessarie all'Inps al posto delle cooperative della suocera e della moglie del deputato Aboubakar Soumahoro. Il particolare, l'ennesima conferma del mancato versamento dei contributi da parte di quelle coop al centro di un'articolata inchiesta della Procura della Repubblica di Latina, è emerso ieri in Commissione trasparenza. […]
La dirigente Angelina Di Prinzio e l'assessora alle politiche sociali Barbara Funari hanno così specificato che la coop di Maria Therese Mukamitsindo e Liliane Murekatete ha iniziato ad avere rapporti con il Campidoglio nel 2013. E dunque quando Gianni Alemanno ha ceduto la guida della città a Ignazio Marino.
La dirigente e l'assessora hanno poi precisato che per la coop c'è stato un impegno di spesa di 4 milioni 679mila euro e che sono stati pagati circa 3 milioni di euro. Ma è poi anche stato evidenziato che le ultime fatture, una da 49mila euro e una da 12mila, non sono state pagate essendo stato accertato, una volta fatti i controlli, che la coop non aveva il Durc in regola. […]
Il Campidoglio, dopo che la Prefettura di Latina ha tolto alle coop della famiglia di Soumahoro la gestione dei centri di accoglienza, ha intanto deciso di spostare sette minori che erano ospiti di una struttura di Karibu e sulla cooperativa verranno effettuati ulteriori approfondimenti.
In Commissione trasparenza è stato infine evidenziato che con l'ospitalità dei migranti minorenni c'è anche un ulteriore problema. Essendo troppi i minori da ospitare e in attesa che venga sistemato uno stabile di proprietà comunale, Roma Capitale utilizza ben 102 strutture fuori regione. «In quelle strutture - ha dichiarato la dirigente - i controlli sono difficili».
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esemplare · 5 years
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#scarrozzare ai #4canti . . . #quattrocanti #palermo #mirrorless #fujifilm #fujifilm_id #fujifilm_xseries #fuji #xt20 #fujifeed #fujilove #streetphotography #fujifilmxt20 #fujifilmx #fujixseries #fujix #fujifilmxseries #filmphotography (presso Quattro Canti) https://www.instagram.com/p/BwyeHd8hS5p/?utm_source=ig_tumblr_share&igshid=1i8vfexiak37x
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dia89 · 3 years
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Mantieni il bacio oltre l'errore del tempo, fanne qualcosa di eterno
Altra piccola one shot nata grazie a un prompt che ho trovato qui su Tumblr. Quindi grazie @ladymcres per l’idea e spero di averla resa almeno in parte come l’avevi immaginata. 
Spero vi piaccia!
PS: la trovate anche su EFP.
Il giorno in cui Simone era uscito dall’ospedale, Manuel era lì. A dirla tutta era andato a trovarlo ogni singolo giorno in quella stanza bianca e asettica, dove tutto puzzava di disinfettante e l’incessante bip dei macchinari lo mandava al manicomio. Gli aveva tenuto compagnia, raccontandogli della scuola e delle lezioni di suo padre, che era riuscito a strappare a entrambi un esame per poter evitare di perdere l’anno.  “Dovemo studià insieme poi, eh” gli intimò una volta. La benda alla testa era ormai stata rimossa e tutto ciò che rimaneva era una specie di grosso cerotto al lato destro. Anche la cannula dell’ossigeno non serviva più, mentre il polso era stato immobilizzato con del gesso.  “Io dovrò studiare e tu copierai come al solito, immagino” gli aveva risposto Simone con un’espressione fintamente scocciata. “No no, stavolta studio per davvero, oh” aveva concluso Manuel facendo giurin giurello. “E’ ora di mettere la testa a posto.” Persino quando era stato dimesso, Manuel era entrato in camera sua e aveva preso il piccolo borsone con le cose di Simone e l’aveva messo in spalla, accompagnandolo fino all’uscita insieme a sua madre. Dentro l’auto di Floriana c’era Dante alla guida che li aspettava. Nessuno di loro possedeva una macchina, eccetto lei, sarebbe stato impraticabile girare per Roma, tra le città più trafficate d’Italia. Sua nonna, invece, lo aspettava a casa e aveva già cucinato per un esercito intero.  Manuel si era fermato a pranzo e per un attimo a Simone era sembrato tutto normale, come se quell’incidente e gli ultimi giorni in ospedale non fossero mai accaduti.  Nei giorni seguenti con i genitori avevano concordato di iniziare a vedere uno psicologo. Era evidente che l’assenza di ricordi relativi al fratello scomparso fossero dovuti a un trauma mai superato e di cui Simone aveva un forte bisogno di parlare, dopo aver soppresso quei sentimenti per oltre dieci anni. Il comportamento ignobile che aveva avuto con Pin era un’altra dimostrazione del profondo disagio che avvertiva da tempo. Inoltre c’erano anche le sedute di fisioterapia per il braccio che era stato operato e sul quale presto avrebbe dovuto portare un tutore.  “Ce penso io, professò” aveva detto Manuel un giorno, prendendosi in carico gli spostamenti vari di Simone dopo la partenza di Floriana. Visti i problemi fisici che ancora lo affliggevano, non poteva tornare così in fretta a guidare. Di tanto in tanto Dante prendeva il suo posto, ma un po’ perché era impegnato con la scuola e un po’ perché Simone preferiva certamente la compagnia di Manuel, la maggior parte delle volte era lui a portarlo in giro.  Quando vide il motorino, Simone si fermò all’istante e deglutì a fatica. Il cuore iniziò a pompare fuori misura e la vista gli si annebbiò. Era la prima volta dopo l’incidente che tornava in sella a un motorino. Manuel notò la sua incertezza e gli circondò le spalle con un braccio. “Annamo piano, stai tranquillo” cercò di rassicurarlo, passandogli uno dei caschi.  Simone se lo infilò in testa e quando Manuel mise in moto, si sistemò dietro di lui, stringendolo più di quanto sarebbe stato naturale fare tra due amici. Gli dava ancora fastidio la luce e ogni tanto soffriva di vertigini. “Sono gli effetti del trauma cranico” l’avevano rassicurato i medici. Quei sintomi sarebbero andati via nel giro di qualche settimana e così qualcuno si doveva incaricare dell’onere di scarrozzare Simone in giro tra i vari appuntamenti medici.  Manuel si era abituato a quella nuova routine. Gli piaceva sentire le braccia di Simone che gli avvolgevano la vita quando giravano in motorino. Percepiva la sua testa che si appoggiava alla sua schiena e poteva talvolta vedere dal finestrino i suoi occhi chiusi mentre cercava di placare le nausee e gli effetti fastidiosi che la luce intensa ancora gli provocava. Erano rari i momenti in cui Manuel lo lasciava da solo. Aveva paura di dire la cosa sbagliata, di comportarsi in modo sconsiderato. Aveva insomma paura che qualsiasi cosa facesse potesse riportare Simone sull’orlo del precipizio. Di tanto in tanto si svegliava ancora madido di sudore dopo l’ennesimo incubo in cui rivedeva Simone steso sull’asfalto. Non aveva mai avuto così tanta paura in vita sua, se non quando aveva visto sua madre minacciata da Sbarra. Quelli erano i due incubi che si intervallavano a fasi alterne nella sua testa. Entrambi gli eventi appartenevano alla stessa giornata, che Manuel avrebbe con facilità potuto descrivere come la peggiore della sua vita.  Non era raro che dopo le sedute di Simone dallo psicologo, si ritrovassero seduti al bar a bere un caffè o a mangiare un gelato. L’estate iniziava ad avvicinarsi, così come quell’esame di fine anno che avrebbe potuto decretare la fine del percorso di Manuel in quella scuola. Se fosse stato bocciato un’altra volta, avrebbe dovuto cambiare ateneo e di lasciare i suoi compagni di scuola e Simone, non aveva proprio voglia.  Dopo un paio di settimane anche Simone aveva ripreso le lezioni. Iniziava a stare meglio, ma dato che non si sentiva ancora in grado di guidare, era suo padre che lo accompagnava in motorino, e Manuel quello che lo riportava a casa. Rimaneva tutti i pomeriggi lì con lui con la scusa di dover studiare per l’esame.  Simone non lo aveva mai visto impegnarsi tanto in vita sua. Eppure percepiva qualcosa di diverso nel suo amico. Una delicatezza che nei suoi confronti non aveva mai avuto. Lo vedeva soppesare le parole che pronunciava, cercava di non affrontare mai l’argomento “Jacopo”, e ovviamente nemmeno quella parentesi che li aveva riguardati da vicino. Simone stesso non aveva più fatto alcuna menzione alla loro notte insieme o ai sentimenti che aveva provato per lui. Che provava per lui. Parlarne con uno psicologo, tuttavia, l’aveva aiutato anche sotto quell’aspetto. Aveva smesso di cercare in Manuel ciò che sapeva non avrebbe mai potuto ricevere. Aveva accettato che le cose non sarebbero cambiate e si limitava ad apprezzare la sua compagnia. Ma gli mancava il suo amico, quello cazzone e irriverente che era sempre stato. Gli mancavano le sue provocazioni, le sue prese in giro. Gli mancava persino il periodo in cui non riuscivano a non arrivare alle mani per ogni cazzata. Se non altro al tempo erano vivi. Quello stato di stasi perenne in cui erano finiti iniziava a mandarlo fuori di testa. Ogni tanto Simone ci provava a provocarlo, ma raramente queste andavano a buon fine. Manuel si arrendeva sempre troppo facilmente. L’idea di essere trattato da lui come una statuina di cristallo, troppo fragile e delicata, che rischiava di rompersi in mille pezzettini, lo faceva incazzare profondamente.  Simone viveva momenti di alti e bassi. A volte, dopo le sedute dallo psicologo, l’assenza di progressi lo faceva sentire irrequieto e giù di morale. Altre volte a Manuel sembrava essere tornato, invece, il solito di sempre.  Quella sera di metà maggio, l’umore di Simone apparteneva alla prima categoria. Avevano studiato fino alle quattro del pomeriggio, poi Manuel l’aveva accompagnato dallo psicologo e al ritorno era rimasto a cena da loro. Ormai vedeva sua madre solo quando andava a dormire. La piscina all’esterno non era ancora stata riempita d’acqua, ma sapeva che la nonna di Simone si stava già adoperando affinché venisse sistemata entro la settimana successiva. L’estate era alle porte e Manuel pregustava già le tante feste che avrebbero potuto organizzare lui e Simone dopo la fine della scuola. Non partiva mai per le vacanze, perché chiaramente non poteva permetterselo. Ostia era generalmente il luogo in cui andava al mare con gli amici, quello per lui era il massimo del lusso.  “Oh, che c’hai? E’ tutta la sera che non dici niente” gli domandò Manuel arrotolandosi tra le dita un lungo filo d’erba che aveva strappato durante quei lunghi istanti di silenzio.  Simone si strinse nelle spalle con aria afflitta. Era stanco di quella situazione, era stanco di essere trattato come un malato, era stanco di non riuscire ancora a ricordare nemmeno piccoli frammenti del rapporto con suo fratello, era stanco di tutte quelle visite, era stanco di dover dipendere ancora da qualcuno. Era stanco e basta.  “Non te ricordi ancora niente?” chiese indagando ulteriormente.  “No” rispose Simone imbronciato.  “Vabbè oh, è normale alla fine. C’avevi tre anni” fece Manuel. “Manco io che sto bene me ricordo che facevo a tre anni” provò a rassicurarlo. Si pentì immediatamente delle parole dette quando vide gli occhi di Simone farsi lucidi. Quello era uno dei momenti in cui in genere Manuel si trasformava in giullare di corte e cercava di risollevargli il morale per la paura folle che potesse nuovamente cadere nel baratro. Quella volta invece aveva mandato all’aria settimane di parole non dette, di freni tirati, di lingue mozzicate, dicendo la cosa più sbagliata e indelicata di tutte. “Che poi chi è che sta bene, in fondo. Siamo tutti pieni de problemi, de paranoie, mica solo tu” provò a correggere il tiro, pensando istintivamente alla confusione mentale che lo stava affliggendo nell'ultimo periodo. “Oh” disse dandogli una piccola spallata, dato che non otteneva da lui alcuna reazione. Ma Simone non sembrava dargli retta e continuava a fissare davanti a sé. La piscina vuota da anni, le foglie che avevano probabilmente otturato gli scarichi. La luna piena che quella sera illuminava distintamente le loro figure. "Quindi tu pensi che io non stia bene? Che ho bisogno di aiuto? Per questo sei sempre qui?" Simone chiese d'un tratto con tono ferito, quasi a fil di voce. Temeva la sua risposta. "Ma va, Simò. Era così per di', per quello che hai passato. E sono qui perché ce voglio sta'" sottolineò. "Che poi tanto bene mica ce stai tu, eh" cercò di stemperare la tensione prendendolo in giro, senza però sortire l'effetto sperato. Manuel osservò il profilo triste di Simone, si soffermò sulle labbra arricciate che il suo amico stava mordendo nel tentativo di trattenere quelle lacrime di frustrazione che sembravano voler prendere il sopravvento. Scese lungo le mani strette l’una all’altra sul suo grembo e che Simone torturava per cercare di distrarsi. Avvertì il forte e potente istinto di consolarlo, di abbracciarlo, ma soprattutto di baciarlo, come aveva fatto tante settimane prima. Se si fosse soffermato a pensarci, avrebbe decretato come folle quell’idea, che non aveva alcun senso e soprattutto motivo di esistere. Invece diede retta all’impulso e avvicinò il viso al suo, cercando le sue labbra che sapevano del sale delle sue lacrime. Per un piccolo, brevissimo istante, Simone accettò quello strano e inaspettato bacio, non serrò le labbra e non sgusciò via di scatto come aveva fatto Manuel quando era stato lui che aveva provato a baciarlo quel giorno al museo. Poi però si allontanò e lo guardò ferito e arrabbiato, come quando gli aveva detto che per lui non esisteva nemmeno.  “Non ho bisogno della tua pietà” gli ringhiò furioso. Assurdo, Manuel non capiva nemmeno cosa avesse fatto di sbagliato. “E non sono in vena di divertirmi” continuò acido, ricordando distintamente le parole che Manuel gli aveva rivolto riguardo quella notte. “E’ stato divertente”, peccato che per Simone avesse avuto tutt’altro significato e importanza. Si alzò e se ne andò dritto nella propria stanza, chiudendosi la porta a chiave, lasciando un Manuel confuso e ferito a bordo piscina. Per settimane aveva cercato di mordersi la lingua davanti alle provocazioni di Simone, aveva provato con tutto se stesso a preservare il suo equilibrio emotivo perché sapeva che Simone aveva bisogno di tranquillità e stabilità e lui non voleva rischiare di spezzarlo un’altra volta. Aveva tenuto a bada tutti quegli strani sentimenti che si stavano impossessando di lui, quelle sensazioni a cui si stava pian piano abbandonando senza che nemmeno se ne rendesse conto.  Che cazzo hai fatto? Si disse tra sé e sé ripensando a quel bacio. Si portò le mani alle labbra incredulo, cercando di riportare alla memoria la sensazione che aveva provato nel baciare Simone un’altra volta, ma nella sua testa si era fatto tutto di nebbia. Una profonda confusione e smarrimento, davanti a quelle domande che non riuscivano a trovare risposta. Non poteva parlare con Simone di quello che sentiva, perché non sapeva spiegarsi nemmeno lui quei sentimenti. E poi non voleva rischiare di illuderlo, facendogli credere potessero significare qualcosa che poi magari non era. Tuttavia, si facevano ogni giorno più intensi, e ogni giorno più complicati da gestire e tenere a bada. Era sul punto di scoppiare. “Che è successo?” domandò Dante quando Manuel rientrò in casa per prendere le proprie cose e andare via. “Ho visto Simone correre come un fulmine in camera sua. Avete litigato?”  “No, professò, non è niente. Ci vediamo domani” salutò scappando di lì il prima possibile per evitare ulteriori domande.  Il giorno seguente, Simone non gli rivolse nemmeno una parola. Durante la ricreazione si allontanò con Pin, con cui aveva fatto ammenda una settimana prima.  “Torno a casa con mio padre” quelle furono le uniche parole che pronunciò all’uscita da scuola, allontanandosi senza dargli nemmeno il tempo di rispondere. E per i successivi due giorni, dato che era arrivato il fine settimana, da Simone non ebbe più alcun commento. Stanco di essere ignorato, il pomeriggio di quella domenica di maggio arrivò in motorino a casa sua. Lo trovò seduto sul patio con un libro davanti a sé e un bicchiere di quella che sembrava essere una coca cola con del ghiaccio.  Si avvicinò piano a lui, cauto come quel giorno in ospedale. “Come stai?” gli domandò subito. “Non sono un infermo, sai?” rispose secco Simone. “Anzi, sono stufo marcio di essere trattato come un malato mentale. Sto bene, hai capito? Non devi preoccuparti per me” aggiunse abbassando di nuovo lo sguardo da Manuel al libro aperto sul tavolo.  “Ok, stai bene. Se vede” rispose Manuel aggrottando le sopracciglia davanti a quella sfuriata. “Ma allora perché non me risponni?” chiese scostando la sedia in vimini per sedersi a capotavola.  “Perché non avevo voglia” rispose lapidario. “Ah, è non è più necessario che tu mi accompagni in giro. Ho  deciso di riprendere a guidare il motorino” lo informò con sicurezza, prendendo un sorso di coca cola.  Manuel si sentì mancare il fiato, come se qualcuno gli avesse dato un pugno dritto nello stomaco. “Ma te la senti? Sei sicuro?” domandò con voce malferma.  “Certo che me la sento. Ho bisogno di tornare a essere indipendente, di tornare alle mie abitudini” gli rispose e il suo tono sembrò placarsi. Vederlo così preoccupato per lui un po’ lo infastidiva, ma d’altro canto non poteva che farlo sentire apprezzato, amato. La verità era che non era più arrabbiato con Manuel, non riusciva a esserlo per più di qualche giorno. “Ma scusa, non sei contento di non dovermi più scarrozzare in giro? Non cambia nulla. Anzi, finalmente potrai tornare alla tua vita, anziché farmi da badante” accennò un sorriso.  Manuel avrebbe voluto ricambiarlo, ma il suo volto rimase teso. Già, avrebbe dovuto essere felice, perché non lo era? Perché la sola idea di non poter più vedere Simone tutto il giorno, tutti i giorni, lo mandava fuori di testa? Avrebbe avuto più tempo per fare ciò che gli piaceva, occuparsi delle sue moto, uscire con altri suoi amici, iniziare a frequentare le spiagge di Ostia che lo aspettavano come ogni anno. E invece avrebbe preferito rimanere lì sul patio a studiare matematica con Simone, o in sella a un motorino per portarlo in giro, o semplicemente seduti a bordo piscina a parlare come facevano spesso la sera.  “C’hai ragione” rispose, ma la sua  voce tradiva il suo reale umore di fronte a quella notizia. “Anzi, penso che inizierò proprio oggi” disse Simone scattando in piedi, pieno di buoni propositi. Usciti dall’ospedale non era riuscito ad andare al cimitero a trovare Jacopo come invece aveva chiesto a Manuel. Non se l’era sentita, non era pronto. Adesso però lo era. Aveva deciso di prendere di petto la vita, come gli aveva detto Stefano, il suo psicologo. Non poteva continuare a nascondersi dietro un dito e non voleva più avere paura.  “Per annà dove di domenica?” chiese Manuel sollevando la testa per guardare il suo amico.  “Al cimitero.” “Avevo detto che te ce portavo io, no?” domandò inarcando un sopracciglio. Non voleva essere tagliato fuori dalla sua vita. Aveva commesso un errore, l’ennesimo, ma non gli andava di essere punito per questo. “Non serve” disse lui. “Ma voglio venire, Simò.” Aveva promesso di esserci per lui, non poteva tirarsi indietro proprio all’ultimo. “Te posso scarrozzà almeno per l’ultima volta?”  Simone sembrò valutare quella proposta per qualche istante, poi arricciò le labbra e annuì. Tornò in casa per prendere il proprio casco e salì sul motorino. Manuel chiuse gli occhi per qualche secondo, prima di mettere in moto. Voleva imprimere nella propria mente la sensazione delle braccia di Simone che gli circondavano la vita, sebbene ora con meno forza di qualche settimana prima, quando sembrava che avesse bisogno di aggrapparsi a lui per non crollare. La sua presa adesso era meno salda, ma Manuel si beò del calore del corpo di Simone contro il suo mentre sfrecciavano per le vie di Roma in quella calda domenica di maggio.  Simone aveva ragione, in fondo non cambiava nulla. Avrebbe continuato a vederlo ogni giorno. Avrebbero continuato a studiare insieme, si sarebbero visti a scuola. Non cambiava nulla, ma per Manuel iniziava già a cambiare tutto.
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Mademoiselle Se raconte
“Il doc mi ha anche chiesto: stai
attraversando un periodo
stressante? Bah, non lo definirei
esattamente 'periodo', mi pare più
un'era geologica intera, sto vivendo
nello stressozoico.”
(Citazione)
Decidere di non essere più per chiunque, non è rafforzare la connotazione peggiorativa del termine, bensì prendere consapevolezza che solo le persone alle quali non devi più dare giustificazioni posso realmente essere fonte di pace.
La complessità delle nostre vite va oltre la mera apparenza e per quanto mi riguarda, e se prima dovevo “solo” scarrozzare la mia cronicità, oggi, devo fronteggiare la criticità di un figlio, con tutto quello che comporta, data la mia condizione di salute.
Così, dal “non semplice” prendermi cura di me stessa, sono passata al livello superiore, e l’abisso che mi separa dal resto di mondo è una vertigine che affronto con la determinazione della maturità acquisita, non dall’età, ma dalle prove della vita.
La gara del chi sta peggio mi ha semplicemente rotto le ultime vertebre sane.
La prima volta che decidi di ricorrere all’isolamento in stile “Divina”, le proiezioni di quello che potrebbero pensare gli altri, ti provocano torsioni dello stomaco.
Poi ti accorgi che il mondo va avanti anche se tu non superi la notte, e la sensazione di leggerezza è impagabile.
I miei dolori, le mie angosce, le mie paure, tutta la mia sofferenza accumulata, oggi vengono impacchettate per fronteggiare una situazione più grande, e la necessità di condividere lo spazio e l’aria con persone “facili” è il nuovo farmaco salvavita.
La chicchera con la cassiera, che probabilmente ha un pacchetto simile al mio che la aspetta a casa, diventa un Aulin omeopatico, e il pranzo con gli amici che ti stringono forte per aiutarti a tagliare il salame sono il Brufen 1000 che i big pharma non hanno ancora sfornato.
Non essere più per chiunque diventa più facile, quando il cambio di strategia paga, e ridisegni i contorni delle tue priorità e dei tuoi valori, e accetti che i tuo “non per chiunque” è in realtà “per pochissimi”.
I miei figli stanno imparando l’arte dello scambio anche con gli sconosciuti, quelli che affrontano il sorriso nel tuo stesso modo, e ti ringraziano per averglielo regalato.
Perché è lì, senza aspettativa, che ti alleni alla riconoscenza.
Io adesso sono in un posto molto oscuro, ma ho acceso i lumini dove sapevo che non ci sarebbero stati spifferi.
Non ci vedo benissimo, ma il bagliore basta ad indicare la mia presenza a chi sa scorgere oltre.
Non per chiunque.
Non più.
#leboudoirdemademoiselletoutlemonde
#dolorecronico
#spondilite
Le boudoir de mademoiselle tout le monde
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I maneskin che si fanno scarrozzare da Amadeus sapendo benissimo che si sforbiceranno in live sull'ariston. Si.
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Comunque la differenza tra chi non è mai uscito dal paesino (per scelta, che coraggio🙄) e chi è scappato praticamente da quella mentalità del cazzo è abissale.
Cioè, mi spiego.
Ultimamente sto avendo a che fare con alcune mie amiche che vivono in “funzione del paesino” senza mai essersi spostate.
Purtroppo solo ora mi sto accorgendo di quanto siano diversi i nostri punti di vista ed i modi di affrontare molte cose, pur conoscendoci da forse 20 anni. Non capisco, mi sembra di non avere più punti in comune perché non ci si può ragionare. 😩
Uscire? No
Viaggiare (anche in posti vicini)? No
Concerti? Non sia mai, farti scarrozzare dalla sottoscritta per 100km ti pesa il culo eh🥸
MA COME VIVE CERTA GENTE AAAA
Uffa.
È tanto chiedere di avere a che fare con persone che abbiano entusiasmo per vivere sta vita demmmerda un po’ più rilassati?
Ma poi la stessa gente fa la predica a me dicendomi che io mi sposto troppo (ti ho chiesto i soldi per il viaggio o?) e critica il mio voler sempre conoscere nuovi posti, nuove cose, nuove persone. Non è forse questo ciò che rende più bella la vita?
Dopo due anni a romperci il cazzo mi pare anche il minimo…
Scusate lo sfogo, mi so rotta il cazzo💕
Ciau.
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merrowloghain · 4 years
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BAULE:
- Un muso serpentesco, triangolare e lievemente schiacciato, piccoli occhi di un azzurro glaciale che spiccano sulle lucide scaglie nere. E su quelle si concentra, su come quel disegno di scaglie sul legno che si scurisce, vada a nascondere come quel corpo sia composto da nient’altro che piccoli cilindri in legno, che s’incastrano fra loro, permettendo così un minimo di mobilità. (...)  muso del serpente, immaginando che la testa troppo schiacciata si gonfi e s’arrotondi un po’, senza perdere quella forma triangolare che è propria dei rettili, cosparsa di scaglie nere lucide come il resto del corpo. Con questo, gli occhi dovrebbero spostarsi, posizionandosi sì di lato al muso, ma in maniera adeguata al rettile che, infine nella sua mente subisce un ultima trasfigurazione. Gli occhi, che cambiano colore, assumendone uno bluastro, che recupera facilmente dalla sua memoria e che dovrebbe essere famigliare alla grifondoro. TRISTAN D. (Post lezione di Antiche Rune ‘77)
- Bottiglia d’Acquavite. ELEANOR (Natale ‘76)
-  Dentro la piccola scatolina si trova un orologio da polso dal cinturino sottile bordeaux scuro, quasi nero. Il quadrante è tondo e piccolino. Una piccola M incisa fa da centro al quadrante mentre sulla lancetta dei minuti vi è incisa una T. TASHA (Natale ‘76)
   -  Un paio di guanti in cuoio, a mezze dita e con le nocche e l`interno del palmo rinforzati. «Quando imparerai a tenere le briglie, ti torneranno utili», solleva la mano e si indica le nocche, per poi capovolgerla e indicare il palmo. «Sono i due punti dove tirano le briglie. Ma credo li troverai adatti anche al duello, non impacciano la bacchetta.» ROBERT (Natale ‘76)
- Contiene una scatola di legno semplicissima riempita con alcune conchiglie di diverse forme e dimensioni. A ben guardare, tra di esse si cela anche una Maginchiglia incantata che, se portata all'orecchio, farà risuonare una cover rock di Beat Back Those Bludgers, Boys, and Chuck That Quaffle Here, vecchio successo di Celestina Warbeck. Tuttavia, ogni volta che la canzone nomina i Puddlemere United, la voce del cantante viene sovrastata da quella di Tristran che grida "GRYFFINDOOOR" con sentimento. TRISTRAN G. (Natale ‘76)
-  All'interno del pacchetto, troverà un fermaglio per capelli, di quelli che possono essere usati anche per raccogliere piccoli ciuffi o tutti i capelli indietro. Il fermaglio è di legno scuro con sopra un paio di foglie di stoffa a coprire il meccanismo di chiusura. Non è estremamente elegante o particolare, ma una di quelle cose che puoi mettere sia con un vestito elegante che con il pigiama a casa senza sembrare fuori luogo. BRANDON (Natale ‘76)
-  Un Magic Fix, che riporta la scritta "trucco indelebile per 12 ore", similare alla vista ad uno spray, la finitura della bottiglietta è deliziosa e in linea con la femminilità della Grifondoro. ALLISTER  (Natale ‘76)
- All’interno del pacchetto una custodia portaocchiali di velluto rosso scuro, contenenti un paio d’occhiali da sole neri, dalla montatura squadrata ma leggermente allungata sulla punta, vagamente cat-eye.   Oltre a questo,  una copia della foto scattata al ballo con tutti i loro amici, dietro di essa una didascalia “Ballo dell’Agrifoglio, 2076” CORNELIA (Natale ‘76)
- nel pacchetto potrà trovare una cera per manici di scopa di alta qualità ed una piccola spilla dorata a forma di testa di leone. KAEL (Natale’76)
- All'interno del pacchettino c'è: un altro pacchetto... e una bustina; entrambi color cartone e legati insieme con uno spago. Nella bustina una targhetta metallica, incisa con stelline ai quattro angoli e il nome "Ophelia" scritto con calligrafia chiara e ampia. Nel pacchetto una lanterna portacandele di metallo particolarmente scuro, decorata sulle quattro facce con la forma stilizzata di un cavallo alato. Mettendo una candela all'interno, a luci, spente proietterà sul muro della stanza la luce della fiamma con la forma del Pegaso. DOMINIC  (Natale’76)
- Nel pacco c'è una ventina di muffin salati, con pancetta, zucchine e carote nell'impasto. Sotto la scatola di muffin, una splendida tracolla in cuoio, dall'aria terribilmente comoda, sicuramente adatta a scarrozzare i libri in giro per la scuola. JONATHAN  (Natale’76)
- Si tratta di una… mano. Una grossa manona con le dita che si muovono e possono essere strette attorno alle cose. Attaccata alla mano una molla ed all’estremita’ opposta una manopola che, se girata, arrotola tenendo in tensione una molla ed aziona quello che sembra essere un timer visto che inizia subito a ticchettare. Allo scadere del timer la molla prima tenuta in tensione viene liberata di colpo con la mano che parte in direzione della manopola. LANCE  (Natale’76)
- Tolto il biglettino, la Loghain potrà vedere due gioiellini in oro bianco posati sul cuscinetto della scatolina. Sono due orecchini, raffiguranti un fiore di loto. LUKE  (Natale’76)
- Nel pacchetto più sottile e quadrato l'ultimo vinile degli Hobgoblins. Nel pacchettino morbido una maglietta degli Hobgoblins. Nel pacchetto impacchettato peggio si trovano due palline e una confezione deluxe di biscottini per Ophelia. Ma l'ultimo pacchettino è il più prezioso. Sottile e rettangolare, al suo interno contiene un blocchetto fatto a mano da Rebecca. All'interno diversi foglietti strappabili, ognuno recante una diversa scritta. Eccone alcune: Buono valido per un abbraccio gratis. Non posso chiedere perché. Buono silenzio. Starò con te senza aprire bocca. Buono allenamento di Quidditch. Buono per una sessione di studio comunitario in biblioteca. Buono per un'acconciatura. Buono per uno sfogo qualsiasi. Buono per una fuga illegale a un concerto a cui non potrei prendere parte. Buono per una fuga da amici considerati dai nostri genitori poco appropriati. Buono per una vacanza a Schreiber Schloss. Buono per una vacanza a Knight Manor.
E così via.  REBECCA  (Natale’76)
- Una scatolina imbottita in velluto scuro e sullo stesso adagiata una collana che sembra risplendere quasi di luce propria. Viene chiamata “Lacrime di Sirena”. TRISTAN D.  (Natale’76) Distrutta da Xavier (02.02.77)
- All'interno, diversi oggetti: un giocattolino in plastica morbida a forma di dodo, che fischietta ogni volta che viene strizzato. Palesemente per Ophelia. Un minuscolo diario dalle pagine bianche ed una micromatita, per Mr. Waistcoat. Ed infine, per Merrow, un grosso, morbidissimo pigiamone di ciniglia rossa, la cui casacca è corredata di cappuccio con due orecchiette da gatto nere che spuntano.  WILLIAM D.T.  (Natale’76)
-  All'interno della scatola un braccialetto d'oro bianco con un ciondolo (simil-Pandora) con inciso un grifone con le ali d'aquila. All'interno del braccialetto sono incise in ordine sparso delle iniziali: R.K., M.L., W.D.T., L.C. e una frase in corsivo: Famiglia vuol dire che nessuno viene abbandonato o dimenticato. REBECCA (Compleanno Merrow 15 anni)
-  Il pacchetto contiene una scatola rettangolare con il logo di una marca famosa e al suo interno si trova un 'chiodo' piegato. La pelle del giubbotto è di drago nero, trattata in modo da risultare morbida ma resistente. Una zip attraversa il giubbotto per la sua lunghezza, chiudendosi a doppiopetto ;delle fibbie argentate passano sopra là zip, per aumentarne la chiusura e dare un tocco di eleganza rock; e delle borchie decorano i polsini del chiodo. Il modello è abbastanza aderente e mette quindi in risalto la zona del seno per poi assecondare i fianchi. Nel fogliettino che ne garantisce la qualità vi è spiegato l'utilizzo d’incantesimi che rendono il giubbotto termico-caldo o fresco a seconda del tempo- ed impermeabile e (perché no?) resistente a graffi e piccoli urti. TASHA  (Compleanno Merrow 15 anni)
- Una volta aperto Merrow troverebbe al suo interno una maglietta rosso fuoco, con disegnata una radura con tanti animali tutti felici che si rotolano nell’erba emettendo fumi colorati: chi rosso, chi rosa shocking, chi rosa normale, e chi verde. Il motivo della loro felicità non sarebbe da ricercare molto lontano nella parte sinistra sul bordo del disegno vi è un calderone rovesciato. Assieme alla maglietta una bottiglietta di metallo argentato abbastanza larga ma sottile, con due tappi fatti a testa di crup. Un crup sta’ ringhiando mentre l’altro ha un espressione pucciosa con gli occhietti “luccicosi”. A racchiudere entrambe le teste un collare minaccioso con le borchie inciso nella bottiglietta che fa’ tutto il giro attorno. La bottiglietta è piuttosto leggera ma sembra abbastanza robusta ed è divisa effettivamente in due permettendo cosi' di riempirla con due contenuti diversi. Risulterebbe positiva ad un incanto di Detècto. LANCE  (Compleanno Merrow 15 anni)
-  Una coppia di diari Whatsowl ancora non assegnati. Un biglietto a nome di Merrow Loghain ed un +1 per l'avventura "Massacro di Mostri" presso il M.A.E.S.T.A., da usare durante una gita ad Hogsmeade. L'orario e giorno esatto va concordato e confermato via gufo entro il giovedì precedente. Un manuale sull'addestramento dei Crup. Un sacchetto di biscottini per crup di qualità eccelsa. Un completo elegante in tweed per topi enfatici maschi. Una foto magica animata che ritrae Merrow, Lance e Rebecca sotto un albero nel giardino della scuola, con Ophelia che fa le feste e Cagliostro che si arrampica a caccia di Lempo tra i rami. Una piccola maginchiglia da infilare nell'orecchio.  WILLIAM D.T.  (Compleanno Merrow 15 anni) 
-  Il disegno di un Abraxas con le varie parti del corpo indicate da frecce, più un riquadro che mostra la giusta posizione su una sella. ROBERT (Compleanno Merrow 15 anni)
-  Una volta revertato, il libro si rivela essere un piccolo e morbido peluche di Stitch, alto una trentina di centimetri e particolarmente coccoloso. Tra le zampe tiene un sacchettino di maglina rossa, palesemente aggiunto a posteriori e facilmente staccabile. Contiene alcuni elastici per capelli ed un paio di fascette adatte allo sport. JONATHAN  (Compleanno Merrow 15 anni)
-  Buono omaggio per un soggiorno nei Grampians all'allevamento di cavalli alati della famiglia McReady comprensivo di un corso privato di equitazione. (Premio per lo studente Grifondoro con più punti - Ottobre ‘76) OLIVER MARSHALL
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corallorosso · 4 years
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Calabria, tamponi e vaccini Covid ad amici e parenti: “Portate pure i gatti”. I tamponi e i vaccini per il Covid, secondo l’accusa, venivano somministrati non nel rispetto della reale necessità, ma in base a rapporti di amicizia e parentela. Si tratta solo dell’ultima accusa nei confronti del dottor Vincenzo Cesareo, interdetto per 12 mesi dalla professione e indagato per truffa, falso in atti pubblici e turbata libertà nella scelta del contraente, il quale da tempo avrebbe usato mezzi e bilanci degli ospedali di Cetraro e Paola di cui era direttore sanitario per scopi a dir poco personali. Nell’ordinanza di oltre 600 pagine dei magistrati della Procura di Paola guidata da Pierpaolo Bruni, Cesareo avrebbe portato avanti la sua attività professionale mosso non dai regolamenti pubblici, ma da interessi privati. I carabinieri dei Nas di Cosenza per circa dieci mesi lo hanno seguito e intercettato, scoprendo comportamenti tutt’altro che irreprensibili. (...) In una Rsa c’è un focolaio? Lui pensa bene di dedicarsi allo shopping. “Trovate i letti. Trovate, se è il caso, i ventilatori. Preparate tutto perché potrebbero arrivare pazienti, se non arrivano da Cosenza, arrivano dal territorio”, lo incalza al telefono la commissaria straordinaria dell’Azienda sanitaria provinciale di Cosenza, Cinzia Bettellini. Ma a lui quell’allarme non sembra fare né caldo né freddo. “Che me ne fotte di via Alimena (sede dell’Asp) – dice ridendo ad un altro interlocutore – vado per corso Mazzini, in quel negozio nostro che ci sono belle svendite”. In altre intercettazioni, Cesareo viene contattato per dei problemi o delle riunioni, ma lui è al mare o al ristorante, e per non essere disturbato finge di avere altri incontri in corso. Il dottore sfruttava poi più e più volte il suo ruolo per far fare tamponi e vaccini per il Covid ad amici e parenti, in barba alle priorità previste dal piano vaccinale.(...) Lo hanno fatto gli operai in arrivo da fuori regione impiegati nel cantiere di un amico, un ragazzo che doveva fare l’esame da bagnino e un altro che doveva presentare il test per lavorare fuori regione, le badanti reclutate da conoscenti per assistere anziane, gli amici degli amici. Cesareo dice di sì a tutti, che il tampone si fa a “tutti, tutti anche i gatti”. (...) Bastava una chiamata del potente direttore sanitario e in pochi giorni tutto era fatto. (...) Anche l’auto dell’ospedale era di fatto sua proprietà. La usava per scarrozzare parenti e amici, per andare a fare la spesa spostandosi in tutta la zona per raggiungere caseifici, macellerie e negozi, per lo shopping nei centri commerciali, gite fuori regione o visite a località turistiche alla ricerca di ristoranti e agriturismi. (...) Di Antonio Scali
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Mi manca parlare con qualcuno, mi manca dare sfogo ai miei pensieri, anche i più semplici. Mi manca sentirmi parte di qualcosa, sentirmi vivo. Vorrei dire che non ce la faccio più, che anche se la macchina è in perfette condizioni, il pilota alla guida s’è un po’ rotto di scarrozzare i pensieri degli altri in giro, e vorrebbe trovare un buon parcheggio per i suoi, una volta tanto.
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Avete presente quei poveri cavalli lasciati al sole ad aspettare qualcuno da scarrozzare in giro per fare il tour delle città?
Vanno abolite ste attività. Ne sento di cavalli che muoiono per questo
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