Tumgik
#società islamiche
gregor-samsung · 9 months
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“ Un giorno cominciò a circolare la notizia che le forze di occupazione americane avrebbero requisito la scuola per gli armeni. Si spandevano pure delle voci secondo le quali sarebbe venuto anche il nostro turno, ma ciò che sarebbe successo di noi nessuno lo sapeva, e presumibilmente a nessuno importava. All'incirca nello stesso periodo avvertimmo anche il primo pallido incanto del nome di Kemal Atatürk, che stava raccogliendo un esercito nella remota Anatolia, e che aveva già costituito un governo nazionalista ad Ankara. La notizia che riguardava gli americani e gli armeni si dimostrò vera, e un giorno vedemmo dal nostro giardino i ragazzi più anziani di Kuleli portare letti, materassi e banchi nei giardini della scuola. Stava iniziando la loro evacuazione. L'odio tra turchi e armeni è noto, ma quel giorno, nella nostra scuola grigia sulla collina, quell'odio fu ancora più intenso. Gli armeni erano fuori di sé, tanto erano orgogliosi di ricevere un riconoscimento dagli americani. Facevano gli spacconi e si pavoneggiavano, e le offese si facevano più frequenti che mai. Quando un mattino sventolò su Kuleli la bandiera americana, gli armeni impazzirono di gioia, e i curdi si scatenarono violentemente. Ne risultò un discreto numero di teste rotte, e il bastone del capitano dovette fare gli straordinari. Poi venne il nostro turno. Un mattino dovemmo radunarci all'ingresso principale, i prefetti più anziani che cercavano di mantenere legge e ordine, e che si rifiutavano di rispondere a tutte le nostre domande. Dovevamo apparire un gruppo burrascoso, là in piedi nelle nostre uniformi malmesse, con le teste rapate e le facce smunte per la cattiva nutrizione. Dal cancello principale entrarono degli ufficiali americani, e con loro un prete armeno e un'americana alta, dal seno piatto e dai severi occhiali dalla montatura di corno. Mi intimidì molto più lei degli ufficiali. Era una vera virago che sembrava sapere sempre quello che fosse meglio per tutti. La osservammo con apprensione. Dapprima si occuparono dei ragazzi più grandi, facendone uscire alcuni dai ranghi; noi, a disagio, ci chiedemmo a cosa preludesse quella separazione. Arrivarono presto a noi, e un interprete gridò: «Tutti gli armeni da questa parte!».
Molti ragazzi fecero un passo avanti, incluso il nostro sergente. Il prete, che sembrava assai spaventoso con la sua barba nera, cominciò a farci delle domande, e la donna prese in mano la situazione, avendo apparentemente deciso che non ci sarebbe stato niente di male se anche lei avesse fatto un po’ di separazione. Ci guardò tutti freddamente come se fossimo tutti così stupidi da non sapere a quale nazionalità appartenessimo. Osservò scrupolosamente le nostre facce, poi spinse altri ragazzi nella parte degli armeni. Quelli che aveva selezionato erano curdi, e non potei fare a meno di domandarmi con curiosità come potesse vedere in loro la nazionalità armena. Guardò anche me con attenzione, ma mi lasciò nella mia fila. La selezione fu completata in fretta, e gli armeni furono messi in una grande sala al di là dell'ingresso. Noi fummo allontanati. .. perché nessuno aveva più bisogno di noi. Corremmo ansiosi in giardino per guardare dalle finestre della stanza nella quale stavano gli armeni. Felici, ci facevano dei gesti con le braccia beffeggiandoci e gridandoci offese. Noi, per non essere da meno, rispondevamo per le rime. Minacciavamo di romper loro la faccia, e il prefetto anziano ci implorò più e più volte di far meno rumore. All'improvviso, al di sopra di tutto quel vocio, sentii chiamare il mio nome, e riconobbi la voce di mio fratello; ma benché lo cercassi dappertutto con lo sguardo, non riuscii a vederlo. La sua voce lamentosa continuava a chiamarmi; mi saltò addosso la paura, e mi feci strada fino alla prima fila dell'assembramento, dicendogli quasi in lacrime che stavo arrivando. Lo vidi a una delle finestre della stanza dov'erano tutti gli armeni, e corsi verso di lui sporgendomi e afferrandogli le piccole mani. Disse con voce isterica: «Mi hanno messo tra gli armeni!». “
Irfan Orga, Una famiglia turca, postfazione di Ateş Orga, traduzione di Luca Merlini, Passigli Editori (collana Narrativa), Firenze, 2007; pp. 239-241.
[ Edizione originale: Portrait of a Turkish Family, Victor Gollancz Ltd., London 1950 ]
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ballata · 8 months
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Dal 630 d.c. in avanti la Storia non ricorda casi in cui l'integrazione di islamici all'interno di società non islamiche sia riuscita.
Ci sarà un motivo...
#iostoconisraele🇮🇱🇮🇹🇮🇱🇮🇹
#noislam
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aldoposts-blog1 · 6 months
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Per una Rivoluzione Culturale Mondiale
Le religioni sono l’ideologia più diffusa al mondo.
Tutte le religioni sono sempre servite a sottomettere l’uomo al potere: sono nemiche dell’uomo, lo dimostra la storia.
1) Oltretutto lo dimostrano benissimo i fatti che
stanno avvenendo adesso nel mondo.
2) Dalla semita a quella cristiana, da quelle della
razza (nazifascismo ed altre) a quella musulmana,
le religioni hanno tutte uno scopo ben preciso:
LEGARE L’INDIVIDUO IN MODO VINCOLANTE AD
UN GRUPPO PERCHÉ SIA STRUMENTO AD USO
DEL POTERE.
3) I campi in cui si può sviluppare e verificare questa
analisi riguardano tutti gli aspetti della vita sociale ed
individuale.
Basta pensare a quelli più personali come sesso,
famiglia, educazione, o a quelli della vita
sociale come lavoro, salute, istruzione, abitazione,
servizi.
4) La società si va scindendo sempre più in due grandi
campi direttamente contrapposti l'uno all'altro:
borghesia e proletariato; chi comanda in generale e
chi deve eseguire i comandi ricevuti.
5) Chiariamo subito: per proletariato intendiamo chi
vive di un lavoro dipendente, dall’ingegnere
all’operaio, dal medico al fattorino, dall’autista al
netturbino a prescindere da titoli di studio o meno.
6) La cultura nazionale non è altro che lo strumento
necessario per tentate di realizzare la sottomissione
spontanea delle classi subalterne al volere di quelle
dominanti.
Non a caso la patria è sacra ed ogni nazione ha
una religione ufficiale o di maggioranza.
7) Il nostro obiettivo consiste nel promuovere e
realizzare una rivoluzione culturale internazionale
atea.
8) Lo sviluppo generale qualitativo e quantitativo
della società ha portato due conseguenze
importatissime:
a) la prima è la generalizzazione dei conflitti e
quindi la mondializzazione delle guerre
b) la seconda è che i lavoratori sanno e
potrebbero ormai dirigere tutto.
9) I conflitti insiti nella società promuovono il
processo evolutivo del proletariato.
La borghesia è sempre in lotta anche contro parti
di sé stessa i cui interessi vengono in contrasto
con altri, e è sempre contro la borghesia di tutti i
paesi stranieri.
10) In tutte queste lotte si vede costretta a fare
appello al proletariato, a valersi del suo aiuto, e a
trascinarlo così entro il movimento politico.
Essa stessa dunque fornisce al proletariato i
propri elementi di educazione, cioè lo arma
contro se stessa.
11) Non c’è più tempo da perdere ed il momento
potrebbe essere favorevole dopo due guerre
mondiali e con una terza all’orizzonte.
12) Le armi le hanno sempre benedette dai tempi
delle crociate fino ad oggi, e non solo la chiesa di
Roma. Qualsiasi gruppo umano ha praticato, ha
riti simili.
Sono i meccanismi di consolidamento del potere
per comandare sul destino degli altri.
13) Una delle previsioni sviluppata in questi tempi è
quando e dove ci sarà il sorpasso delle religioni
islamiche su quelle cristiane. Che sarebbe come
dire: quale sarà tra 50 anni la burocrazia che
comanderà qui, là, ovunque?
14) Noi diciamo solo che questo non non ci riguarda
per niente.
Non vogliamo essere comandati né da
religioni, né da burocrazie.
15) Vogliamo essere noi ad autodeterminarci,
comandarci secondo i nostri interessi e desideri.
16) Gli dei sono tutti morti da un pezzo e non
vogliamo sentire puzza di cadaveri.
PER L’INTERNAZIONALE ATEA
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personal-reporter · 7 months
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Tradizioni d’Eurasia a Torino
La mostra Tradizioni d’Eurasia, allestita fino al 1 settembre 2024 al  Museo d’Arte Orientale di Torino, illustra gli scambi culturali avvenuti tra Asia ed Europa nel corso di duemila anni di storia con una selezione di manufatti sul ruolo cruciale svolto dall’Asia centrale nella creazione e nella trasmissione di idee e del mar Mediterraneo come il territorio catalizzatore di esplorazioni e contatti, dove i continenti convergono e le espressioni artistiche si confrontano. La mostra è suddivisa in aree tematiche con una particolare attenzione al colore,  blu, rosso e oro,  e alla materia, come ceramica, tessuti, metalli, carta e pigmenti coloranti.  Lungo il percorso i visitatori possono  ammirare tra l’altro splendide sete provenienti dall’antica regione della Sogdiana, in Asia Centrale, snodo di vie carovaniere, ceramiche bianche e blu prodotte tra il Golfo Persico e la Cina, una raffinata selezione di panni tartaric , preziose stoffe d’oro e di seta del XIII secolo prodotte tra Iran e Cina durante la dominazione mongola, ammirate dall’aristocrazia medievale e dall’alto clero d’Europa, rari esemplari di tiraz (Egitto, X secolo), tessuti con iscrizioni ricamate che evidenziano l’importanza della calligrafia in ambito islamico, e una serie di bruciaprofumi zoomorfi in metallo (Iran, IX-XIII secolo), sulla centralità delle essenze nelle società islamiche medievali. Il progetto si avvale di prestiti provenienti da importanti collezioni e istituzioni italiane, che sottolineano e valorizzano la presenza sul territorio nazionale di una storia multiculturale condivisa: accanto a oggetti dell’Asia Centrale della collezione del Mao ci sono tessuti, ceramiche e miniature raramente esposti della Fondazione Bruschettini per l’Arte Islamica e Asiatica, metallistica khorasanica della Aron Collection e importanti prestiti dal Museo Internazionale delle Ceramiche di Faenza, dalla Chiesa di San Domenico di Perugia, dal Museo delle Civiltà di Roma, dalla Galleria Sabauda – Musei Reali e da Palazzo Madama di Torino. La mostra si trasformerà gradualmente nel corso dell’anno attraverso l’arrivo di diverse opere e l’introduzione di nuove tematiche e stimoli, oltre a una serie di conferenze e da un public program musicale e performativo. Come già accaduto per i progetti espositivi del Mao, anche questa mostra  propone un dialogo tra opere antiche e contemporanee, attraverso l’installazione dell’artista internazionale Yto Barrada, in collaborazione con la Fondazione Merz, dove l’artista realizzerà una mostra personale nell’autunno 2024. Grazie alla convenzione con L’Istituto dei Sordi di Torino, i contenuti della mostra saranno disponibili nella Lingua dei Segni italiana e in versione audio. Read the full article
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gregor-samsung · 2 years
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“ Fu stabilito che andassi alla scuola pubblica; diversi giorni furono occupati con la preparazione di nuovi vestiti e fu acquistata una cartella di lucida pelle. Hacer faceva vassoi e vassoi di lokma, un dolce pesante e sciropposo, perché trentacinque anni fa era usanza che i nuovi alunni della scuola portassero dolci per gli altri scolari. Fui accompagnato a scuola, tronfio di importanza e di orgoglio, da mio padre. Fummo accolti all'ingresso dallo hoca, un maestro che si mostrava molto severo, o almeno così mi sembrò. In ogni caso mi dette una pacca sulla testa con sufficiente gentilezza, e le mie prime impressioni furono in qualche modo mitigate. Portava una grande barba nera accompagnata da un vestito nero e un sarik posato sulla testa. Lo seguimmo all'interno della scuola, che consisteva in un'unica aula. Non c'erano né cattedra, né sedie, né libri, insomma niente che facesse pensare a normali attività scolastiche. Trenta o quaranta ragazzi erano seduti a gambe incrociate su dei cuscini posati sul pavimento. Anche lo hoca si sedette sul pavimento, ma su un cuscino più grande e separato dai ragazzi. Murat, che lanciò uno sguardo acre allo hoca, portò dentro i vassoi di lokma e lo hoca sbirciò il contenuto dei vassoi, poi prese qualche lokma tra le dita e se lo sparò in bocca. Masticò estasiato, gli occhi sollevati al cielo, quindi ordinò a Murat di posare i vassoi sul pavimento mentre vi disponeva attorno i ragazzi. Mi fu detto di salutare mio padre e di baciargli la mano, cosa che feci sentendomi un po’ a disagio perché non mi piaceva lo hoca e non lo pensavo disposto a spingere più innanzi la sua familiarità. Mi fu assegnato un posto sul pavimento con gli altri e assistetti sconsolato alla partenza di mio padre e di Murat. Fui comunque richiamato presto all'attenzione da un rapido colpetto sulla testa del lungo bastone dello hoca. Quel bastone era lungo circa tre metri, il che permetteva al maestro di castigare qualsiasi ragazzo senza muoversi dal suo cuscino. Di quel giorno non riesco a ricordare neppure una lezione, e sono incline a pensare che non ve ne siano state, salvo occasionali letture dal Corano. Ricordo meglio il mio maligno piacere di quando il bastone dello hoca scendeva sulla testa di un qualche alunno sfortunato. Scendeva di frequente anche sulla mia e, per quanto velocemente cercassi di scansarlo, lo hoca era sempre più svelto di me. Altri ragazzi disobbedienti venivano posti nei vari angoli della stanza e fatti stare in piedi su una gamba sola e con le mani sollevate in aria. Sembravano estremamente buffi, ma cercavo di non dare sfogo alla mia voglia di ridere per paura che lo hoca mi ordinasse di rimanere in piedi nella stessa posizione. Era solito premettere ad ogni suo rimprovero l'invocazione Padişahım Çok Yaşa (lunga vita al mio sultano) e noi dovevamo ripeterla dopo di lui. Quella sera mio padre mi interrogò minuziosamente sulla scuola, dimostrando così di aver sofferto tutto il giorno del dubbio più atroce. Gliela descrissi, e notai l'occhiata che scambiò con la mamma. La nonna era enormemente indignata che quell’hoca ignorante avesse osato picchiare suo nipote. «Ahmet aveva ragione — dichiarò mio padre con fermezza —. Dev'essere mandato alla scuola francese a Gedik Paşa». Così terminò il mio primo e ultimo giorno di scuola pubblica, mentre Inci si lamentava per i vassoi di lokma, che evidentemente considerava fin troppo buoni per essere mangiati dallo hoca e dai suoi alunni. Si presero accordi con il preside della scuola francese, si ordinò per me una elegante uniforme grigia e si inserirono abbecedari e quaderni nella cartella di pelle. Nel settembre del 1914, un mese prima del mio sesto compleanno, cominciai di nuovo la scuola. La scuola francese era totalmente diversa da quella pubblica. Prima di tutto sembrava avere abbondanza di insegnanti e molte aule. Imparai a dire Bonjour, m’sieu’ o Bonjour, mam’selle a seconda del caso e a contare fino a dieci in francese. A scuola feci molti nuovi amici. La maggioranza degli scolari era turca, proveniente dallo stesso strato sociale dal quale provenivo io, ma c'era anche qualche francese e qualche armeno. Presto imparai ad andare a scuola da solo e per strada mi trovavo con gli amici. Ci inchinavamo l'uno all'altro e dicevamo in modo affettato Bonjour, mon ami. Comment allez-vous?, perché questo era il modo di scimmiottare i più grandi e di parlare francese in pubblico, cosa per noi elegantissima e da adulti. “
Irfan Orga, Una famiglia turca, postfazione di Ateş Orga, traduzione di Luca Merlini, Passigli Editori (collana Passigli Narrativa), Firenze, 2007; pp. 58-60.
[ Edizione originale: Portrait of a Turkish Family, Victor Gollancz Ltd., London 1950 ]
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aldoposts-blog1 · 6 months
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Per una Rivoluzione Culturale Mondiale Le religioni sono l’ideologia più diffusa al mondo. Tutte le religioni sono sempre servite a sottomettere l’uomo al potere: sono nemiche dell’uomo, lo dimostra la storia. 1) Oltretutto lo dimostrano benissimo i fatti che stanno avvenendo adesso nel mondo. 2) Dalla semita a quella cristiana, da quelle della razza (nazifascismo ed altre) a quella musulmana, le religioni hanno tutte uno scopo ben preciso: LEGARE L’INDIVIDUO IN MODO VINCOLANTE AD UN GRUPPO PERCHÉ SIA STRUMENTO AD USO DEL POTERE. 3) I campi in cui si può sviluppare e verificare questa analisi riguardano tutti gli aspetti della vita sociale ed individuale. Basta pensare a quelli più personali come sesso, famiglia, educazione, o a quelli della vita sociale come lavoro, salute, istruzione, abitazione, servizi. 4) La società si va scindendo sempre più in due grandi campi direttamente contrapposti l'uno all'altro: borghesia e proletariato; chi comanda in generale e chi deve eseguire i comandi ricevuti. 5) Chiariamo subito: per proletariato intendiamo chi vive di un lavoro dipendente, dall’ingegnere all’operaio, dal medico al fattorino, dall’autista al netturbino a prescindere da titoli di studio o meno. 6) La cultura nazionale non è altro che lo strumento necessario per tentate di realizzare la sottomissione spontanea delle classi subalterne al volere di quelle dominanti. Non a caso la patria è sacra ed ogni nazione ha una religione ufficiale o di maggioranza. 7) Il nostro obiettivo consiste nel promuovere e realizzare una rivoluzione culturale internazionale atea. 8) Lo sviluppo generale qualitativo e quantitativo della società ha portato due conseguenze importatissime: a) la prima è la generalizzazione dei conflitti e quindi la mondializzazione delle guerre b) la seconda è che i lavoratori sanno e potrebbero ormai dirigere tutto. 9) I conflitti insiti nella società promuovono il processo evolutivo del proletariato. La borghesia è sempre in lotta anche contro parti di sé stessa i cui interessi vengono in contrasto con altri, e è sempre contro la borghesia di tutti i paesi stranieri. 10) In tutte queste lotte si vede costretta a fare appello al proletariato, a valersi del suo aiuto, e a trascinarlo così entro il movimento politico. Essa stessa dunque fornisce al proletariato i propri elementi di educazione, cioè lo arma contro se stessa. 11) Non c’è più tempo da perdere ed il momento potrebbe essere favorevole dopo due guerre mondiali e con una terza all’orizzonte. 12) Le armi le hanno sempre benedette dai tempi delle crociate fino ad oggi, e non solo la chiesa di Roma. Qualsiasi gruppo umano ha praticato, ha riti simili. Sono i meccanismi di consolidamento del potere per comandare sul destino degli altri. 13) Una delle previsioni sviluppata in questi tempi è quando e dove ci sarà il sorpasso delle religioni islamiche su quelle cristiane. Che sarebbe come dire: quale sarà tra 50 anni la burocrazia che comanderà qui, là, ovunque? 14) Noi diciamo solo che questo non non ci riguarda per niente. Non vogliamo essere comandati né da religioni, né da burocrazie. 15) Vogliamo essere noi ad autodeterminarci, comandarci secondo i nostri interessi e desideri. 16) Gli dei sono tutti morti da un pezzo e non vogliamo sentire puzza di cadaveri. PER L’INTERNAZIONALE ATEA
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aldoposts-blog1 · 6 months
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PER UNA RIVOLUZIONE CULTURALE MONDIALE
Per una Rivoluzione Culturale Mondiale
Le religioni sono l’ideologia più diffusa al mondo.
Tutte le religioni sono sempre servite a sottomettere l’uomo al potere: sono nemiche dell’uomo, lo dimostra la storia.
1) Oltretutto lo dimostrano benissimo i fatti che
stanno avvenendo adesso nel mondo.
2) Dalla semita a quella cristiana, da quelle della
razza (nazifascismo ed altre) a quella musulmana,
le religioni hanno tutte uno scopo ben preciso:
LEGARE L’INDIVIDUO IN MODO VINCOLANTE AD
UN GRUPPO PERCHÉ SIA STRUMENTO AD USO
DEL POTERE.
3) I campi in cui si può sviluppare e verificare questa
analisi riguardano tutti gli aspetti della vita sociale ed
individuale.
Basta pensare a quelli più personali come sesso,
famiglia, educazione, o a quelli della vita
sociale come lavoro, salute, istruzione, abitazione,
servizi.
4) La società si va scindendo sempre più in due grandi
campi direttamente contrapposti l'uno all'altro:
borghesia e proletariato; chi comanda in generale e
chi deve eseguire i comandi ricevuti.
5) Chiariamo subito: per proletariato intendiamo chi
vive di un lavoro dipendente, dall’ingegnere
all’operaio, dal medico al fattorino, dall’autista al
netturbino a prescindere da titoli di studio o meno.
6) La cultura nazionale non è altro che lo strumento
necessario per tentate di realizzare la sottomissione
spontanea delle classi subalterne al volere di quelle
dominanti.
Non a caso la patria è sacra ed ogni nazione ha
una religione ufficiale o di maggioranza.
7) Il nostro obiettivo consiste nel promuovere e
realizzare una rivoluzione culturale internazionale
atea.
8) Lo sviluppo generale qualitativo e quantitativo
della società ha portato due conseguenze
importatissime:
a) la prima è la generalizzazione dei conflitti e
quindi la mondializzazione delle guerre
b) la seconda è che i lavoratori sanno e
potrebbero ormai dirigere tutto.
9) I conflitti insiti nella società promuovono il
processo evolutivo del proletariato.
La borghesia è sempre in lotta anche contro parti
di sé stessa i cui interessi vengono in contrasto
con altri, e è sempre contro la borghesia di tutti i
paesi stranieri.
10) In tutte queste lotte si vede costretta a fare
appello al proletariato, a valersi del suo aiuto, e a
trascinarlo così entro il movimento politico.
Essa stessa dunque fornisce al proletariato i
propri elementi di educazione, cioè lo arma
contro se stessa.
11) Non c’è più tempo da perdere ed il momento
potrebbe essere favorevole dopo due guerre
mondiali e con una terza all’orizzonte.
12) Le armi le hanno sempre benedette dai tempi
delle crociate fino ad oggi, e non solo la chiesa di
Roma. Qualsiasi gruppo umano ha praticato, ha
riti simili.
Sono i meccanismi di consolidamento del potere
per comandare sul destino degli altri.
13) Una delle previsioni sviluppata in questi tempi è
quando e dove ci sarà il sorpasso delle religioni
islamiche su quelle cristiane. Che sarebbe come
dire: quale sarà tra 50 anni la burocrazia che
comanderà qui, là, ovunque?
14) Noi diciamo solo che questo non non ci riguarda
per niente.
Non vogliamo essere comandati né da
religioni, né da burocrazie.
15) Vogliamo essere noi ad autodeterminarci,
comandarci secondo i nostri interessi e desideri.
16) Gli dei sono tutti morti da un pezzo e non
vogliamo sentire puzza di cadaveri.
PER L’INTERNAZIONALE ATEA
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