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#Letteratura del XX secolo
gregor-samsung · 6 months
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“ La Fratesi è bruna, giovane, tutta bella, e una tenerezza sempre vicina al pianto. Ha una voce femminile con una incrinatura di umile, di chi non può essere consolata benché ne abbia tanto bisogno; una volta sola l'ho vista ridere e pareva un miracolo di umana bellezza. Racconta che il marito di notte, mentre ella dormiva, la svegliava e le ordinava, cosí in camicia, di scendere senza far rumore in cucina. Quivi giunti egli la picchiava dopo averla fatta mettere in ginocchio, preferiva batterla nella testa e di piú ancora nelle tempie, qualche volta sveniva. Ho conosciuto il marito, che l'è venuta a trovare l'altra mattina; ha infatti un volto pallido di iroso degenerato. La svegliava la notte mentre essa dormiva serena, probabilmente sarà stato chino su di lei, prima di svegliarla, a guardarla e a pregustare. Tempo prima la picchiava nella stessa camera, ma siccome la madre del marito, la suocera, che dormiva vicino, era risvegliata e veniva a domandare che succedeva e poi rimproverava il figlio, allora, perché la vecchia non udisse, scendevano in cucina, che era al piano sottostante e, le porte chiuse, ogni rumore giungeva attutito. Del resto lei non si doveva lamentare. Poi il marito, dopo le percosse, usava di lei. La Fratesi è ora qui ricoverata per malinconia, ciò non toglie che tutto questo sia vero. Bella e pietosa non si lamenta, né rimprovera o inveisce contro il marito che cosí la usava. Solo gli occhi le si fanno piú grandi, nella bocca una leggerissima amarezza, che subito viene cancellata da un sorriso colmo di perdono, e sembra che sia sul punto di aggiungere che il marito forse aveva le sue ragioni. “
Mario Tobino, Le libere donne di Magliano, introduzione di Geno Pampaloni, A. Mondadori (collana Oscar n° 90), 1969²; pp. 74-75.
[1ª Edizione originale: Vallecchi, Firenze, 1953]
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princessofmistake · 4 months
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Non essere amati è solo sfortuna; la vera disgrazia è non saper amare.
Il y a seulement de la malchance à n’être pas aimé ; il y a du malheur à ne point aimer.
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fashionbooksmilano · 27 days
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Arte del Viaggiare
Il viaggio materiale dal XVI al XX secolo
Attilio Brilli
SilvanaEditoriale, Cinisello Balsamo 1992, 192 pagine, 100 ill. a colori, 100 in b/n, 26x28,5cm, ISBN 88-366-0378-5
euro 45,00
email if you want to buy [email protected]
Un'ormai ricca bibliografia dedicata alla letteratura di viaggio ne ha analizzato e descritto soprattutto l'aspetto "mentale" e culturale, trascurando tuttavia quegli aspetti pratici, oggi forse impensabili, che i viaggiatori di un tempo, anche i più illustri, dovettero affrontare. In quest'opera Attilio Brilli si propone di indagare proprio i "modi" del viaggiare europeo soprattutto a partire dal XVII secolo, quando nacque la tradizione del Grand Tour, sino all'avvento della ferrovia.
02/05/24
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theperfectpints · 3 months
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A Nassau Street, nel lontano 1904, James Joyce incontrò per la prima volta la donna che lo "fece diventare un uomo": la sua futura moglie, Nora Barnacle. Nell'estate del 2023, proprio nella via che corre tra Grafton Street e Merrion Square, il progetto "Dublin Canvas" ha dedicato un'opera al grande poeta irlandese. Il box che lo raffigura meravigliosamente, posto nella centralissima zona Dublin 2, è stato realizzato dall'artista Andrew McCarthy: una dimostrazione street art di assoluto livello che celebra nel migliore dei modi uno dei più grandi esponenti della letteratura del XX secolo. A Nassau Street ancora una delle tante note di colore sparse nella capitale irlandese. 🇮🇪 🎨 📚
© Irish tales from Rome
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personal-reporter · 1 year
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Umberto Saba: 140 anni dalla sua nascita
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Umberto Saba è stato uno dei più grandi poeti italiani del XX secolo.  Nato a Trieste il 9 marzo 1883, Saba ha lasciato un'impronta indelebile nella letteratura italiana e internazionale.  Nel 2023 si celebreranno i 140 anni dalla sua nascita, un'occasione per ricordare la sua vita e la sua opera. La vita di Umberto Saba Umberto Saba, pseudonimo di Umberto Poli, è nato a Trieste il 9 marzo 1883. Figlio di un agente di commercio e di una donna ebrea di famiglia benestante, Saba trascorse la sua infanzia e la sua adolescenza a Trieste, città che avrebbe influenzato profondamente la sua poesia. Dopo aver abbandonato gli studi di medicina, Saba si dedicò alla scrittura e alla poesia. Nel 1910 pubblicò la sua prima raccolta di poesie, "Poesie", che fu seguita da molte altre raccolte, tra cui "Il canzoniere" e "Ultime cose". Durante la sua vita, Saba ebbe molti problemi personali e familiari. Ebbe una relazione difficile con la madre e la moglie, e fu costretto a fuggire dall'Italia durante il regime fascista. Tuttavia, nonostante questi problemi, Saba continuò a scrivere poesie e a pubblicare libri fino alla sua morte.Umberto Saba morì a Gorizia il 25 agosto 1957, all'età di 74 anni. L'opera di Umberto Saba L'opera di Umberto Saba è stata caratterizzata da una grande sensibilità e da un profondo senso di introspezione. Saba ha scritto poesie che esplorano i temi dell'amore, della solitudine, della malinconia e della morte, con una grande attenzione per i dettagli e per le emozioni. La poesia di Saba è stata influenzata da molti autori, tra cui Dante, Petrarca, Leopardi e Pascoli. Tuttavia, Saba ha sviluppato uno stile personale e originale, che lo ha reso uno dei poeti più amati e apprezzati della letteratura italiana. Le opere di Saba sono state tradotte in molte lingue e hanno ricevuto numerosi premi e riconoscimenti. La sua poesia è stata descritta come "intima", "sincera" e "profonda", e ha influenzato molti altri poeti italiani e internazionali. I 140 anni dalla nascita di Umberto Saba Il 9 marzo 2023 si sono celebrati i 140 anni dalla nascita di Umberto Saba. In Italia e in tutto il mondo, si terranno eventi e iniziative per ricordare la vita e l'opera di questo grande poeta. Saranno organizzate mostre, conferenze, letture e spettacoli teatrali, per celebrare la figura di Saba e la sua eredità letteraria. Inoltre, molte case editrici stanno preparando nuove edizioni delle opere di Saba, con introduzioni e commenti di critici e poeti. Saranno anche pubblicati nuovi libri su Saba e la sua poesia, per approfondire la conoscenza di questo autore straordinario. In conclusione, i 140 anni dalla nascita di Umberto Saba saranno un'occasione per ricordare la vita e l'opera di uno dei più grandi poeti italiani del XX secolo. La sua poesia ha influenzato molte generazioni di lettori e poeti, e la sua eredità letteraria è ancora viva e attuale oggi. Read the full article
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carmenvicinanza · 1 year
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Anaïs Nin
https://www.unadonnalgiorno.it/anais-nin/
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Noi non vediamo le cose come sono, le vediamo come siamo.
Anaïs Nin è stata una delle esponenti più importanti e all’avanguardia nel panorama letterario del Novecento.
Autrice controversa, affascinante, cosmopolita e elegante, cresciuta tra l’Europa e New York, ha apportato un notevole contributo alla storia della letteratura erotica. I suoi racconti destarono scandalo in tutto il mondo.
La sua opera più conosciuta è il Diario, raccolta di scritti autobiografici iniziata nel 1931 e interrotta alla sua morte, pubblicata a partire dal 1966.
Nacque a Neuilly-sur-Seine, in Francia, il 21 febbraio del 1903, suo padre era un pianista cubano di origini spagnole e sua madre una cantante cubana di origini francesi e danesi.
Aveva iniziato a scrivere quando aveva undici anni quando, dopo che il padre aveva abbandonato la famiglia che si trasferì prima a Barcellona e poi a New York.
Da quel momento in poi non ha più smesso di raccontarsi. Il dolore provocato dall’assenza del padre è stato uno dei temi centrali della sua opera assieme alle riflessioni sulla condizione della donna, che aveva il dovere morale di affrancarsi dalla società maschilista del tempo per esprimersi liberamente.
A vent’anni, nel 1923 sposò, a L’Avana, Hugh Parker Guiler, ma il matrimonio, sebbene durato per tutta la sua vita, si rivelò un’amara prigione che la portò a rifugiarsi in numerose relazioni adulterine.
Nel 1929 si trasferì a Parigi, dove venne assorbita dal fervido clima intellettuale della città. Il suo primo libro è stato D.H. Lawrence. Uno studio non accademico, saggio pubblicato nel 1931.
Nella capitale francese conobbe Henry Miller, lo scrittore autore di Tropico del Cancro e Tropico del Capricorno, di cui si innamorò perdutamente e poi ebbe una relazione anche con la moglie di lui, June Mansfield.
Affascinata dalla psicoanalisi a cui si approcciò da paziente di Otto Rank, allievo di Freud, con cui ebbe anche una relazione, per un breve periodo svolse ella stessa la professione a Parigi e poi a New York. Condusse alcuni studi su droghe pesanti come LSD e ne descrisse gli effetti che provoca sul sistema nervoso stimolando la creatività e la percezione del proprio subsconscio.
Nel 1953 ha partecipato al film Inauguration of the Plaeaure Dome del regista sperimentale Kenneth Anger.
Centrale e preponderante in Anaïs Nin è stato il tema erotico. Ha scoperto e sperimentato la libertà sessuale in letteratura quando è iniziata la collaborazione con Henry Miller, il suo libro Il delta di Venere è totalmente incentrato sul sesso dal punto di vista femminile, il raccontarsi senza remore l’ha resa unica nel suo genere, in quegli anni.
Nella sua vita ha avuto numerose relazioni, importanti anche per l’attività letteraria. Amori intensi, vissuti oltre ogni limite.
È stata anche bigama, dal 1955 al 1966, mentre era sposata con Hugh Parker Guiler si è unita in nozze anche con Rupert Pole. Chiese poi l’annullamento dal secondo matrimonio per evitare ai due coniugi guai a livello tributario.
Ha ricevuto una laurea ad honorem in lettere dal Philadelphia College of Art.
È morta di cancro a Los Angeles il 14 gennaio 1977, assistita da Rupert Pole che aveva nominato  esecutore testamentario della sua produzione letteraria. È stato lui che ha fatto pubblicare, tra il 1985 e il 2006 una versione integrale dei suoi libri e diari.
Sulla travolgente storia d’amore con Henry Miller si basa il famoso film del 1990 Henry & June.
Nel 1995 è uscito il film Il delta di Venere, tratto dall’omonima raccolta di romanzi erotici.
Anaïs Nin è stata una donna incredibile, tra le scrittrici più originali e irrequiete del XX secolo. Ha affascinato uomini e donne di genio – Antonin Artaud, André Breton, Lawrence Durrell, Gore Vidal, Salvador Dalì, Pablo Picasso, Djuna Barnes – divenuti poi  indimenticabili personaggi del suo imponente Diario.
Nessuna ha osato e saputo raccontare così bene, con tanta sincerità e dal punto di vista femminile, la sua controversa e affascinante attitudine alle passioni tutte.
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crazy-so-na-sega · 2 years
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----tutta colpa degli "storici" marxisti-----
"e di qualche regista americano se abbiamo di SPARTACO un'immagine completamente falsata". E' questa la tesi di Yann Le Bohec che ha passato in rassegna l'intera letteratura sullo schiavo ribelle e, denuncia, troppe sono le indulgenze nei confronti del mito del "precursore della lotta di classe" e di tutto quel che duemila anni dopo avrebbe teorizzato Karl Marx. Purtroppo mette in chiaro Le Bohec, i testi antichi che fanno riferimento a questa vicenda sono pochi ("per l'essenziale, cinque autori in tutto"), brevi ("una decina di pagine ciascuno"), non sempre si sovrappongono, e così non è facile metterli a confronto. Anzi, "quasi a complicare il nostro lavoro" talvolta si contraddicono. Di conseguenza, "a volte chi li utilizza deve proporre il verosimile in mancanza del vero", che "è il peggior metodo storico possibile"; ma "è anche l'unico, a meno di proporre ipotesi multiple e lasciare che a scegliere sia il lettore". Il bersaglio esplicito di Le Bohec sono gli storici che -sostiene- dovrebbero "costruire le proprie argomentazioni sui testi e non sulle illusioni". Naturalmente, scrive Le Bohec, "è logico che gli autori dell'Europa dell'Est, tutti marxisti prima della caduta del muro di Berlino, si siano interessati in modo particolare a questo ribelle fino a trasformarlo in mito". Per loro contava solo che si trattasse di "un caso esemplare di lotta di classe nell'antichità". Si è scritto, ad esempio, che Spartaco era stato un soldato romano, che aveva disertato, poi era stato preso e condannato alla gladiatura. Ma dove sono le prove di questa ricostruzione storica? E "anche se fosse stato davvero un soldato - cosa che resta ancora da dimostrare - questo tracio certamente non ebbe accesso alle unità combattenti, né alle legioni, né ai gradi superiori". Essendo tracio e non romano, "avrebbe al massimo potuto essere un ufficiale subalterno nei ranghi degli alleati, i socii". "Al massimo!" sottolinea Le Bohec. Per quanto riguarda la tattica e la strategia, quindi, "Spartaco non superava il livello di un odierno sottufficiale che presti servizio in una caserma di provincia". I gladiatori, poi, non avrebbero potuto sconfiggere i legionari per varie ragioni: "erano addestrati unicamente per il combattimento individuale, e le loro armi erano destinate esclusivamente allo spettacolo e non alla guerra", infine "praticavano una scherma diversa da quella in uso sul campo di battaglia".
"Spartaco - per quel che se ne sa - nacque intorno al 93 a.C. in un popolo seminomade della Tracia. Vittima di una razzia, è stato condotto a Roma dove ha tentato di rivendicare la sua condizione di uomo libero ma un tribunale ingiusto non ha accolto la sua domanda, sicché è stato venduto al proprietario di una scuola di gladiatori di Capua. Lì ha provocato una rivolta. E' divenuto quindi un capobanda e ha condotto i suoi compagni sul Vesuvio. Il proprietario Glabro non è riuscito a sconfiggerlo e neanche il pretore Varinio, i consoli Lentulo e Gellio. In pochissimo tempo ha saputo reclutare numerosi combattenti tra gli schiavi contadini (ma non tra quelli domestici) e la banda si è trasformata in un vero esercito. Per garantire la sopravvivenza ai suoi uomini, per trovare rinforzi e perché era la regola delle guerre antiche, ha saccheggiato la Campania e poi la Lucania". [...]
Bisogna mettere da parte le utopie del XIX e del XX secolo. Gli schiavi "non si battevano per stabilire la giustizia sulla terra, né la libertà per tutti, ma semplicemente per sfuggire alla propria condizione". Non erano "colmi di bontà" ma esperti delle "crudeltà che contraddistinguevano tutti i conflitti dell'epoca". Spartaco probabilmente voleva soltanto ritornare in Tracia e "non aspirava al altro che alla sua liberazione: poiché non poteva ottenerla da solo, ha sfruttato questo esercito di schiavi che si era costituito secondo le circostanze". C'è da notare in tutta questa vicenda una incredibile mancanza di disegno strategico. Anche se fosse riuscito ad andarsene dall'Italia, dove avrebbe trovato rifugio quella gran quantità di uomini? E, soprattutto cosa resta della rivolta degli schiavi? Gli schiavi, risponde Le Bohec, "non avevano un progetto così unitario come è stato affermato, tranne che su un punto: nessuno di loro pensò mai all'abolizione della schiavitù". D'altronde - aggiunge - "anche ai giorni nostri i migliori difensori della schiavitù sono proprio coloro che la subiscono". Ciò era a tal punto evidente duemila anni fa che "gli autori antichi non menzionano mai un simile progetto". anzi, si spingono anche oltre, "descrivendo la vita e, a volte, la morte dei "buoni schiavi" sacrificatesi per il padrone". gli scrittori antichi, tutti, "dimostrano chiaramente che l'obiettivo di Spartaco e dei suoi non era quello che gli è stato attribuito". Ma, ironizza Le Bohec, "sarebbe stato necessario leggerli".
-Paolo Mieli - Le verità nascoste
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lamilanomagazine · 21 days
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La Sicilia presente al Salone del libro di Torino con lo stand della Regione
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La Sicilia presente al Salone del libro di Torino con lo stand della Regione Anche quest'anno la Sicilia, con l'assessorato regionale dei Beni culturali e dell'identità siciliana, partecipa al Salone Internazionale del Libro, in programma a Torino dal 9 al 13 maggio e giunto alla XXXVI edizione. L'allestimento dello stand, a opera della Biblioteca centrale della Regione Siciliana "Alberto Bombace", che si trova nel padiglione Oval - W137, ha come tema "Donna Sicilia. Goliarda e le altre. Antologia di scrittrici siciliane del XX e XXI secolo nelle collezioni della Biblioteca centrale della Regione siciliana". Numerosi saranno i momenti celebrativi in cui saranno ricordate le scrittrici siciliane, di nascita o di adozione, e il contributo che, negli ultimi due secoli, hanno dato alla letteratura e alla cultura in generale. L'area espositiva è dedicata alle pubblicazioni edite dalla Regione Siciliana e alla presentazione di numerosi testi pubblicati dagli editori dell'Isola. Accanto a questi, è prevista la presentazione di diversi progetti dell'assessorato dei Beni culturali nell'ambito della promozione del libro e della lettura. La Sicilia, grazie alla collaborazione tra Regione e numerosi enti pubblici e privati, lo scorso anno ha ospitato gli "Stati generali dei Patti per la lettura" a cura del Centro per il libro e la lettura (Cepell) e ha visto la città di Trapani posizionarsi all'interno della cinquina finale per il titolo di "Capitale italiana del libro 2024". Il Salone del libro, che attira migliaia di visitatori da tutto il mondo, offre alla Sicilia un'occasione per promuovere la propria ricchezza letteraria e le sue tradizioni editoriali. Un'opportunità per valorizzare la diversità culturale e linguistica della regione e per favorire lo scambio culturale e la collaborazione nel settore editoriale. In questa edizione della manifestazione torinese sarà dato particolare risalto alla promozione dei "luoghi della lettura" dell'Isola, proponendo immagini emblematiche dei siti della cultura siciliana, oltre a promuovere una mappatura delle numerose aree che hanno adottato e sottoscritto un "Patto per la lettura" e dei Comuni che hanno ricevuto dal Cepell la qualifica di "Città che legge".    ... #notizie #news #breakingnews #cronaca #politica #eventi #sport #moda Read the full article
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enkeynetwork · 1 month
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cerentari · 2 months
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Ricordo di Nurengiz Gun
Nurengiz Gun (Baku, 1938-2014) è stata una delle voci poetiche più potenti e originali della seconda metà del XX secolo della letteratura azerbaigiana, nonché scrittrice e pubblicista. Ha lavorato a lungo come annunciatrice TV nel Comitato televisivo e radiotelevisivo dell’Azerbaigian e in seguito ha insegnato recitazione e scrittura creativa presso l’Università Statale della Cultura e delle Arti…
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cinquecolonnemagazine · 3 months
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Roland Barthes: il saggista rivoluzionario simbolo del Novecento
Roland Barthes, celebre intellettuale francese del XX secolo, è stato un saggista tra i più influenti e innovativi del suo tempo. Nato a Cherbourg nel 1915, Barthes ha trascorso gran parte della sua vita a Parigi, dove ha sviluppato una straordinaria carriera accademica e letteraria che ha lasciato un'impronta indelebile nel panorama culturale mondiale. Le letture giovanili del saggista Barthes A 19 anni, un forte attacco di emottisi lo costringe a letto per lungo tempo durante il quale legge autori quali Balzac, Mauriac, Giraudoux e numerosi Arsène Lupin. Durante il liceo aveva già avuto modo di apprezzare Mallarmé, Valéry, Jaurès, e soprattutto Proust che diventerà il suo autore di riferimento. Le sue numerose permanenze nel sanatorio saranno sempre occasione di studio fondamentali per la sua carriera. Dopo aver conseguito una laurea in letteratura e filosofia all'Università di Parigi, Barthes ha intrapreso una carriera accademica che lo ha portato a insegnare in diverse istituzioni prestigiose, tra cui l'École des hautes études en sciences sociales e il Collège de France. Durante la sua vita, ha anche lavorato come critico letterario, saggista e semiologo, contribuendo in modo significativo alla teoria letteraria e alla critica culturale. Barthes saggista: il "grado zero" Barthes è stato autore di importanti saggi critici sulla narrativa contemporanea. Ha indagato il rapporto esistente tra la lingua nella sua doppia manifestazione: patrimonio collettivo e veicolo del linguaggio individuale. Ha sviluppato un'importante teoria semiologica che supera le tesi accademiche per interrogare i testi. Celebre la sua teoria del "grado zero": il mondo del parlato che è la più importante specificità della narrativa del suo tempo. La semiologia, o lo studio dei segni e dei simboli e del loro significato nella comunicazione umana, occupa un posto importante nella sua produzione saggistica. Attraverso la sua analisi dei testi letterari, dei media di massa e della cultura visiva, Barthes ha indagato sulle strutture di significato sottostanti che influenzano la nostra comprensione del mondo. I saggi più famosi di Roland Barthes Il saggio più famoso di Barthes è senza dubbio "Il grado zero della scrittura" nel quale distingue la lingua in quanto strumento neutro dell'espressione e per questo involontario e la lingua formale attraverso la quale l'uomo compie delle scelte etiche. Un altro saggio iconico di Barthes è "La camera chiara. Nota sulla fotografia", pubblicato nel 1980. In questo lavoro, che è una riflessione sulla fotografia, Barthes esplora il potere evocativo e simbolico delle immagini fotografiche, analizzando il modo in cui esse catturano e trasmettono il senso di realtà e memoria. Barthes distingue tre elementi nella fotografia: l'autore della fotografia, il fruitore e il soggetto immortalato. In questo schema, il fruitore ha due modi di recepire le fotografie: il primo è razionale e si fonda sulle informazioni che la foto stessa può fornire; il secondo è emotivo e scaturisce da un dettaglio della foto che colpisce lo spettatore. Eredità di Roland Barthes Anche dopo la sua morte nel 1980, l'influenza di Roland Barthes ha continuato a essere rilevante nel campo della teoria letteraria, della critica culturale e della filosofia. Le sue idee radicali e la sua scrittura brillante hanno ispirato generazioni di studiosi e intellettuali, contribuendo a ridefinire il modo in cui pensiamo alla cultura, alla comunicazione e alla creatività. Attraverso i suoi saggi rivoluzionari, Barthes ha dimostrato il potere della parola scritta nel provocare la riflessione, la discussione e la trasformazione sociale. In copertina foto di Michal Jarmoluk da Pixabay Read the full article
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gregor-samsung · 5 months
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“ Oggi ancor piú ho precisato il mio collega Brizzi: il suo sacrario è la famiglia, in lei ritorna candido; fa tutto per i figli, perché non soffrano, perché si istruiscano, perché il plebeo non li ferisca. L'uomo è come un buco dentro la terra, ogni volta che si scava piú profondo vien fuori altra sostanza e terra piú nera o piú scialba o ghiaia o roccia o squama e ogni volta è un mistero che genera meraviglia. Avevo sempre frequentato Brizzi qui al manicomio ed anzi mi era sembrato che piú volte avesse voluto praticamente indicare, a me piú giovane, le sue definitive conclusioni, cioè che gli uomini sono disposti al peccato, che è necessario adattarsi alla ferocia dei tempi, e chi si abbandona alla generosità è debole o sciocco; ridicola ogni speranza. Oggi è Natale, ero solo, non sapevo dove andare e non mi riusciva scacciare, mentre si avvicinava mezzogiorno, una sconsolazione che sempre piú mi pungeva come volesse farmi arrivare al pianto. Proprio lui, Brizzi, oggi, Natale, è venuto apposta al manicomio, mi ha cercato, mi ha invitato a casa sua, nella quale non invita nessuno. Gli sono grato. Tre ore sono passate fuggendo, cosa per me fino ad ora rarissima durante i pranzi dei giorni celebrativi. Il merito è anche dei suoi due figli, educati ammirevolmente e di anima limpida, Vincenzo e l'altro minore che ora, dopo essersi laureato in medicina, si specializza in pediatria. Il padre era cosí felice in mezzo ai suoi figli da divenire timido e rincantucciava le membra in un gongolamento che gli toglieva ogni pensiero. Il giorno di Natale, oggi, io solo come un cane da pagliaio, come la Lella che oggi ha mangiato col gatto e quando ha saputo che anch'io sono stato invitato si è messa a piangere, Brizzi mi ha detto di andare a casa sua e io ho sentito che era sincero e ci sono stato con quella felicità che si intende dopo che è passata. Ma dunque è sera, sono le sei e mezzo, fuori è il plumbeo cielo del Natale ormai scuritosi in notte, io ho fra ventidue giorni quarantatré anni e il Brizzi mi ha fatto testimone della sua battaglia: crede invece segretissimamente al futuro, segretissimamente violenta si risolleva la sua religione, la piú nascosta; forse ripete, tentacolando cieco, e nello stesso tempo chiarissimo, che dobbiamo iniziare dalla famiglia. “
Mario Tobino, Le libere donne di Magliano, introduzione di Geno Pampaloni, A. Mondadori (collana Oscar n° 90), 1969²; pp. 190-192.
[1ª Edizione originale: Vallecchi, Firenze, 1953]
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popolodipekino · 3 months
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vai piano! (cit)
Tanti motivi portano ad apprezzare la velocità senza che la si debba trasformare in frenesia perché si subisce l'imposizione sociale di questo valore nel secolo della velocità; il xx secolo è iniziato con la motorizzazione, e con i quadri futuristi che volevano rappresentare la velocità della motocicletta, ed è finito con il computer. La scrittura è lenta; la parola è lenta; le dimostrazioni, i disegni fatti a mano sono lenti rispetto ai software matematici; la scrittura alla lavagna è lenta rispetto alle presentazioni con slide. Proprio per questo la scrittura è un valore. "In un'epoca in cui altri media velocissimi e di estesissimo raggio trionfano, e rischiano d'appiattire ogni comunicazione in una crosta uniforme e omogenea, la funzione della letteratura è la comunicazione tra ciò che è diverso in quanto è diverso, non ottundendone bensì esaltandone la differenza, secondo la vocazione propria del linguaggio scritto." La vocazione della matematica è quella di sviluppare un pensiero agile, libero, vincolato sì dalla coerenza ma da nessun'altra restrizione o modello; la sua funzione non è quella di percorrere strade veloci, ma di scegliere tra di esse "esaltandone la differenza", e di scoprirne di nuove. da Rapidità, in G. Lolli, Discorso sulla matematica. Una rilettura delle Lezioni americane di Calvino
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pikasus-artenews · 6 months
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GERTRUDE STEIN and PABLO PICASSO The Invention of Language
Pablo Picasso e Geltrude Stein arrivarono a Parigi uno dalla Spagna, l’altra dall’America e gettarono le basi delle avanguardie del XX secolo, in pittura e in letteratura
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scienza-magia · 7 months
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L'AI in aiuto per trovare forme di vita extraterrestri
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Alla ricerca di tecnofirme extraterrestri, intervista a Stefano Cavuoti dell'Inaf di Napoli. Recentemente è stato pubblicato un report che fa il punto sulla ricerca della vita intelligente nell’universo. In un’epoca di grandi progressi negli studi sugli esopianeti, comprese le ricerche di biomarcatori e la crescita esponenziale dei dati, è il momento giusto per rivisitare questa sfida utilizzando un nuovo approccio basato sui dati, in grado di minimizzare i pregiudizi antropocentrici e culturali esistenti.
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Copertina del report “Data-Driven Approaches to Searches for the Technosignatures of Advanced Civilizations Final” – Keck Institute for Space Studies Workshop, May 20–24, 2019. Crediti: Keck/Caltech Da millenni l’umanità si chiede se siamo soli nell’universo. La scoperta della vita extraterrestre, in particolare della vita intelligente, avrebbe effetti profondi, paragonabili a quelli raggiunti con la consapevolezza che la Terra non è il centro dell’universo e che gli esseri umani si sono evoluti da specie precedenti. La crescita nel campo della ricerca degli esopianeti è stata rapidissima. Da quel lontano 6 ottobre 1995, quando venne scoperto il primo esopianeta, oggi sono 5534 i pianeti extrasolari confermati, in 4125 sistemi planetari diversi. All’incirca nello stesso intervallo di tempo, l’astronomia è arrivata a dover gestire una quantità di dati impressionante, dell’ordine del petabyte. Recentemente è stato pubblicato uno studio guidato dal WM Keck Institute for Space Studies che ha lo scopo di rivisitare le ricerche di tecnologie aliene alla luce di questi sviluppi. Media Inaf ne ha parlato direttamente con uno degli autori, Stefano Cavuoti dell’Osservatorio astronomico di Capodimonte, ricercatore ed esperto di intelligenza artificiale. A che punto siamo con la ricerca di technosignature extraterrestri? «L’umanità ha iniziato da metà del XX secolo a cercare forme di vita extraterrestri. Ci siamo concentrati sulla ricerca di segnali radio, principalmente nella gamma di frequenze solitamente nota come water hole e che corrisponde alle lunghezze d’onda tra 21 e 18 centimetri. Di fatto questo tipo di ricerca è continuato fino ai giorni nostri e un esempio è il progetto Breakthrough Listen. A questo si sono aggiunti alcuni progetti di Optical Seti (OSeti). Sostanzialmente quasi tutti i principali approcci utilizzati sinora hanno in comune una serie di ipotesi molto specifiche. Stiamo di fatto cercando una civiltà che stia deliberatamente tentando di comunicare, in maniera molto semplice, e che peraltro abbia un livello tecnologico simile a quello che avevamo noi all’epoca dell’inizio di questi studi». In che direzione le stiamo cercando e come? «Principalmente stiamo cercando segnali di comunicazione diretti a civiltà sconosciute. Oltre questo ci sono altri lavori ma rappresentano una percentuale piuttosto bassa del settore. Ci sono ad esempio alcuni lavori in letteratura sulla ricerca di sfere di Dyson, che sono delle strutture ipotetiche applicate attorno a qualcosa che emetta molta energia (ad esempio una stella) per sfruttarne quanto più possibile l’energia. Strutture di questo tipo se esistono devono lasciare una traccia infrarossa, dovuta al calore risultante dalla conversione energetica, che potrebbe essere identificata. L’astronomo russo Nikolaj Kardašëv negli anni 60 propose una scala per classificare le civiltà: una civiltà di Tipo 1 è in grado di utilizzare tutta l’energia di un pianeta, una di tipo 2 è in grado di utilizzare tutta o quasi l’energia della stella del proprio sistema mentre una di tipo 3 è in grado di utilizzare tutta quella di una galassia. Una civiltà in grado di costruire una sfera di Dyson attorno a una stella sarebbe classificata quindi nella scala di Kardašëv come di tipo 2 ma niente vieterebbe a una civiltà di tipo 3 di costruirne una attorno a una galassia». Un risultato del workshop è stato che le ricerche sulle tecnofirme dovrebbero essere condotte in modo coerente con la “First Law of Seti Investigations”. Di cosa si tratta? «La First Law of Seti Investigations è una frase di Freeman Dyson, che dice: “ogni ricerca di civiltà aliene dovrebbe essere pianificata in modo da dare risultati interessanti anche quando non si scoprono alieni”. Anche Frank Drake, famoso per l’equazione che porta il suo nome, relativa al numero di potenziali civiltà nella nostra galassia, aveva detto qualcosa del genere negli anni 60. Drake partiva da un assunto: questo genere di ricerca spesso non porta ad alcun risultato. Questo fatto non solo vanifica mesi di lavoro ma demoralizza anche il team di ricerca che ci ha lavorato. Questo significa insomma che le ricerche di technosignature dovrebbero essere condotte in modo da produrre risultati scientifici indipendentemente dal trovare o meno vita extraterrestre. Questo rende un eventuale progetto di ricerca più interessante sia per gli enti che devono investirci sia per i ricercatori che devono spenderci il loro tempo». Le assunzioni che si fanno adesso nella ricerca di vita extraterrestre differiscono da quelle di un tempo? «Non molto ma le cose stanno cambiando. Parte dello scopo del workshop è anche questo: cercare di capire quanto forti siano i bias umani in questo settore e come cercare di ridurli per quanto possibile. In che modo ci può aiutare l’intelligenza artificiale e in che modo differisce dai metodi di filtraggio dati usati negli anni passati? L’intelligenza artificiale può analizzare grandi quantità di dati in modo rapido ed efficiente, e permetterci di trovare schemi o tendenze che potrebbero sfuggire all’occhio umano, lavorare su molte dimensioni o direttamente sulle immagini. Molti dei metodi di filtraggio si basano su delle assunzioni e tendono ad applicare lo stesso criterio a tutti i dati mentre molti metodi di AI riescono a approcciare diverse porzioni dello spazio dei parametri in maniera specifica risultando così più flessibili». Quali sono le principali difficoltà? «Le principali difficoltà sono legate alla mancanza di risorse finanziarie e umane dedicate a questo tipo di ricerca. Questo è un lascito anche di alcuni progetti che magari non hanno rispettato la First Law of Seti Investigation. Questo ha condotto alla mancanza di una comunità scientifica consolidata e riconosciuta». C’è qualcosa di diverso che si potrebbe fare, oltre a quello che si sta già facendo, per raggiungere lo scopo?
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Stefano Cavuoti è un ricercatore dell’Osservatorio astronomico di Capodimonte, esperto di intelligenza artificiale. Nel 2016 ha ricevuto il premio “Outstanding Publication in Astrostatistics PostDoc Award” dell’International Astrostatistics Association. È uno dei builder della missione Euclid. Crediti: S. Cavuoti «Secondo me una delle cose principali da fare è aumentare la percezione di scientificità, se mi passate il termine, di questo tipo di lavoro. Visto che al momento questo tipo di ricerca ha un’aura a volte negativa, in sostanza non viene percepita, spesso anche all’interno della stessa comunità scientifica, come un lavoro serio. Sicuramente queste attività andrebbero divulgate meglio sia al pubblico che alla comunità scientifica. In tal senso penso che sia stato importante che a questo workshop siano state invitate persone che non fossero strettamente dell’ambito del Seti in modo da avere una visione esterna. Io per primo non ho mai partecipato ad attività del Seti ma sono stato invitato in quanto esperto di AI». Quali sono le vostre raccomandazioni in merito? «Prima di tutto abbiamo nuovamente sottolineato che questo genere di ricerche va eseguito in modo coerente con la First Law of Seti Investigations. Bisogna poi sfruttare la potenzialità dell’Ai per identificare le anomalie presenti già adesso nei dataset delle grandi survey. Identificare prima e capire poi le anomalie nei dati è un task importantissimo a prescindere dalla vita extraterrestre perché rappresentano o problemi nei dati o oggetti rari o eventualmente una technosignature. Identificare gli errori ed etichettarli, sia per impedire ad altri di utilizzare dati non corretti sia per capire da dove nasce il problema e se possibile risolverlo, è di estrema importanza. Se non è un problema nei dati è un oggetto quantomeno raro, se non peculiare, che è degno di uno studio a sé stante e se non è neppure questo potrebbe essere una technosignature. Ad esempio nei dati che già abbiamo si potrebbe andare a cercare le sfere di Dyson o segnali di cui non riusciamo a spiegare il meccanismo fisico, infine si potrebbe provare a cercare una forma di comunicazione compressa nella variabilità di un Agn (che presumerebbe una civiltà di tipo 3 della scala di Kardašëv). Ad esempio, potrebbero modulare l’emissione ultravioletta dell’Agn alterando la temperatura della parte più interna del disco di accrescimento. L’obiettivo sarebbe sfruttare la luminosità naturale dell’Agn per farla percepire nell’universo, simile a come si modula un segnale con un transistor. Ci sono poi progetti che avrebbero una forte motivazione scientifica e che potrebbero portare a benefici anche in questo settore. Un esempio che abbiamo proposto sarebbe la realizzazione di una survey nel lontano infrarosso all-sky. Infine la ricerca di segnali, intenzionali o meno, nel sistema solare sarebbe un’altra possibile strada da esplorare». Questo tipo di ricerca da chi è finanziata? «La Nasa ha sempre portato avanti questo tipo di ricerca anche se chiaramente non sempre con la stessa intensità; non troppo tempo fa ha anche organizzato un workshop dedicato solo a questo. Il workshop di cui stiamo parlando è stato organizzato a spese del Keck Institute for Space Studies che è un istituto gestito congiuntamente da Caltech e Nasa Jpl su fondi della Keck Foundation, le Breakthrough Initiatives sono finanziate da una fondazione privata». Per saperne di più: Leggi su arXiv il report “Data-Driven Approaches to Searches for the Technosignatures of Advanced Civilizations” di Joseph W. Lazio, S. G. Djorgovski, Andrew Howard, Curt Cutler, Sofia Z. Sheikh, Stefano Cavuoti, Denise Herzing, Kiri Wagstaff, Jason T. Wright, Vishal Gajjar, Kevin Hand, Umaa Rebbapragada, Bruce Allen, Erica Cartmill, Jacob Foster, Dawn Gelino, Matthew J. Graham, Giuseppe Longo, Ashish A. Mahabal, Lior Pachter, Vikram Ravi e Gerald Sussman Read the full article
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carmenvicinanza · 3 months
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Monique Wittig
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Monique Wittig, scrittrice e teorica francese, tra le più autorevoli e influenti esponenti del femminismo radicale e del lesbismo materialista,  ha rivoluzionato il pensiero politico del XX secolo, contribuendo in modo sostanziale all’emergere degli studi sull’oppressione delle donne e delle persone LGBTQI+.
Tra i suoi libri più famosi ci sono Il corpo lesbico, Il pensiero eterosessuale, Femminismo materialista e Cavallo di Troia.
Il suo progetto intellettuale, letterario e politico, che ha provocato non pochi dibattiti e scissioni, si basa sul fatto che l’origine dell’oppressione delle donne sia da ricercare nell’organizzazione sociale ed economica e non nella biologia.
Nata a Dannemarie, nell’Alto Reno, il 13 luglio 1935, si era trasferita a Parigi per studiare alla Sorbonne.
Nel 1964 ha pubblicato il suo primo romanzo sperimentale, L’Opoponax, che le era valso il prestigioso Prix Médicis e la cui trasposizione in inglese le aveva portato il plauso della critica internazionale.
È stata fra le fondatrici del Mouvement de Libération des Femmes con cui, il 26 agosto 1970, si è resa compartecipe di un’azione simbolica che è considerata un evento centrale del femminismo francese, la deposizione di una corona di fiori sotto l’Arco di Trionfo, in onore di colei che è ancora più ignota del milite ignoto, sua moglie.
Ha preso parte alla nascita dei gruppi Petites Marguerites e Féministes Révolutionnaires e co-fondato il primo gruppo lesbico di Parigi, Gouines Rouges.
Ha collaborato con la rivista Questions féministes, fondata nel 1977 da Simone de Beauvoir, dalla quale ha preso le distanze nel 1981, a causa di dissidi interni alla redazione relativi al rapporto fra femminismo e lesbismo. Successivamente ha scritto per la rivista statunitense Feminist Issues.
Nella sua tesi di dottorato del 1986, dal titolo Le Chantier littéraire, pubblicata postuma nel 2010, riflette sul processo della scrittura, concludendosi con una riflessione sul rapporto che intercorre fra il genere grammaticale e quello inteso come costrutto culturale.
Ha insegnato Letteratura francese e Women’s Studies in diverse università statunitensi, tra cui Berkeley, l’Università del Maine, di New York, della California del Sud e dell’Arizona, a Tucson, dove è morta, il 3 gennaio 2003.
Nel suo orizzonte teorico si possono enucleare due temi principali tra loro legati che permettono di comprendere il lavoro di scrittura presente nelle opere letterarie: il primo riguarda le forme materiali e simboliche attraverso cui la differenza sessuale viene costruita e poi illusoriamente naturalizzata, il secondo concerne l’eterosessualità, il pensiero straight, come sistema di potere e di senso.
Ha teorizzato l’idea che per distruggere l’eterosessualità – regime politico da cui si originano tutte le relazioni gerarchiche e di oppressione – occorre in primo luogo abbandonare definitivamente l’idea che il sesso costituisca una categoria naturale, anziché politica. È la diseguaglianza politica tra i sessi a rendere intelligibile la loro differenza che genera diseguaglianza.
La “dottrina della differenza”, “l’ideologia della differenza sessuale” o “il pensiero eterosessuale”, servono solo a giustificare e a legittimare la perpetuazione del dominio, dell’oppressione e dello sfruttamento – di donne, persone omosessuali e razzializzate – e a inibire una lotta di classe che miri a sovvertirne i presupposti.
Si è spinta a esortare a diventare lesbiche come forma di identificazione politica, intesa come momento necessario alla liberazione, come diserzione dal rapporto di appropriazione del tempo, degli spazi e della forza di produzione e riproduzione mediante il quale le donne vengono costruite in quanto tali.
I suoi (anti)-romanzi sovvertono il canone letterario occidentale partendo dalle sacre scritture per continuare con l’uso dei pronomi che vanno al di là di ogni categoria sessuale.
Il suo femminismo non lotta per valorizzare la differenza ma per le donne come classe oppressa e per la sparizione di tale classe perché nessuno è riducibile alla sua oppressione.
Ritiene necessario riconoscere le dinamiche sociali che costruiscono la donna per diventare soggetti politici senza smettere di immaginare un mondo e un orizzonte di senso diversi. Se le differenze biologiche tra i sessi assumono significato e pertinenza sociale solo nell’ambito dell’ordine che le crea, va osservato che tale ordine è eterosessuale. Infatti, il sesso è una categoria che opera riducendo le persone a una concezione etero e riproduttiva della loro anatomia. Utilizza il concetto di “pensiero straight” per riferirsi all’orizzonte di senso secondo cui l’eterosessualità è il presupposto (il «contratto sociale») di qualunque relazione sociale. In questa prospettiva l’esistenza delle lesbiche è sovversiva perché portatrice di un desiderio che non è funzionale all’uomo né alla riproduzione della specie. Le lesbiche, ha affermato, sfuggendo all’eterosessualità sono come i fuggiaschi neri che si sottraevano alla schiavitù, sono transfughe di classe, sono dissidenti rispetto a quell’alterità dominata che il sistema di potere chiama donna.
Le sue idee, che ciclicamente tornano nella narrazione femminista, hanno generato tanta letteratura queer successiva.
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