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#spiaggia selvaggia
ambrenoir · 1 month
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La spiaggia più pericolosa del mondo: onde dormienti, sabbia nera e acque gelide.
Con paesaggi che evocano altri mondi, l'Islanda si presenta come una meta ineguagliabile in Europa per osservare fenomeni straordinari come le aurore boreali. Questo paese nordico, considerato l'ultima frontiera del continente, offre panorami sorprendenti ed esperienze uniche. Cascate sorprendenti, enormi ghiacciai, incredibili panorami vulcanici e pittoresche città compongono il loro paesaggio.
Inoltre, l'Islanda può vantare di ospitare un centro termale geotermico, come La Laguna Azul, e di avere splendide spiagge. Una di queste è quella di Reynisfjara, sulla costa meridionale, è diventata la migliore spiaggia d'Europa, secondo la classifica annuale di Tripadvisor. Ma questo non è l'unico dei suoi distintivi, è anche la più pericolosa del mondo.
Reynisfjara si trova vicino alla città di Vik e, secondo un detto popolare, riassume l'essenza e la sostanza dell'Islanda in un unico luogo. Questa spiaggia nera, buia e selvaggia è aperta al Nord Atlantico, che porta onde potenti sulla costa. Le più alte registrate, secondo il portale del turismo del paese, hanno raggiunto i 40 metri, "simile a un edificio di 10 piani".
Uno dei loro più grandi pericoli sono le onde sneaker, le onde 'addormentate', che si nascondono accovacciate dietro ad altre più piccole e la cui grande dimensione non si apprezza finché non le hai addosso. A volte non prendono quell'altezza finché non raggiungono la riva, il che le rende ancora più furtive. Le loro correnti marine sono molto potenti, quindi in pochi secondi possono trascinarti via e potresti annegare o morire di ipotermia.
Un altro rischio è la roccia di rocce. Le scogliere sulla parte orientale di Reynisfjara sono ripide e instabili, per cui i crolli di pietre sono frequenti.
Perché c'è tanto rischio di annegare a Reynisfjara
Quando un'onda del mare afferra una persona, questa cade in piedi e le è quasi impossibile rialzarsi e recuperare l'equilibrio. Quell'onda crea un'aspirazione che trascina la vittima, eliminando sabbia e ghiaia dal fondo. Una volta in acqua, le correnti la porteranno via dalla costa e non sarà possibile salvarla. Inoltre, a causa delle basse temperature dell'oceano, sarà in ipotermia entro pochi minuti. Poiché il bagno è completamente vietato, si raccomanda di osservare lo spettacolo del mare da una distanza di sicurezza.
Una spiaggia con le luci del semaforo
La sabbia è divisa in zone a seconda delle condizioni. Se si accende la luce gialla, i visitatori non potranno entrare nell'area di questo colore. Lo stesso vale per il rosso, se il segnale lampeggia, non si potrà accedere a quella striscia.
Come agire a Reynisfjara: cosa si può fare e cosa no
Cose che si possono fare
- Leggere attentamente i segnali di sicurezza e seguire i loro avvertimenti
-Stare lontano dal mare
-Estremare le precauzioni se si va con i bambini
-Fare attenzione all'aumento delle maree, perché c'è il rischio di rimanere intrappolati
-Mantenersi a una distanza prudenziale dalle scogliere
Cose che non si possono fare
- Non avvicinarsi alla riva
- Niente bagno, niente surf
-Mai voltare le spalle all'oceano, il sito del turismo indica che "non vale la pena morire per un selfie"
Non rischiare aiutando gli altri.
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relaxbeach1 · 2 months
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Amo la spiaggia libera e la natura selvaggia, amo piantare l'ombrellone dove più mi piace!
Buongiorno.
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sciatu · 2 years
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Mattino sullo stretto
MILLE PICCOLI NEONATI
OGNI DRAMMA INIZIA CON CALMA  - Bastiano si mise lo zaino sulle spalle, prese l’ombrellone e con una corda se lo mise alla spalla destra. Prese una sedia pieghevole e la sistemò sulla spalla sinistra. Afferrò le due stampelle senza le quali non poteva camminare, controllò nel borsello se aveva preso tutto ed usci nel giardino circondato da alte mura. Percorse, tra gli alberi di limoni, mandarino e nespole, il vialetto che portava fino al portone che dava su uno stradone chiamato pomposamente “lungomare” e che separava la sua casa dalla spiaggia. Uscito dal portone attraversò lo stradone e da li scese lentamente verso il bagnasciuga, sempre mettendo avanti le stampelle poi raggiungendole spingendo per raggiungerle, le gambe magre e deboli, che a stento riuscivano a tenerlo in piedi. A circa cinquanta metri da dove le onde si appiattivano sulla sabbia, si fermò e mise giù lo zaino, aprì la sedia pieghevole e si sedette tra due blocchi di cemento che fungevano da frangiflutti, in modo da essere protetto dal vento. Da seduto piantò l’ombrellone e l’apri in così che coprisse la sedia. Cercò nello zaino e tirò fuori un tablet ma prima di immergersi nella lettura guardò il cielo per vedere come era il tempo. Osservò se si vedevano all’orizzonte lungo lo stretto, le “Calabrie” per capire quanta sarebbe stata afosa la giornata. Se le “Calabrie” fossero state nascoste da un velo grigiastro voleva dire che sarebbe stata una giornata caldissima, appiccicosa e afosa. Infine guardò la spiaggia quasi deserta con alcune barche rovesciate qua e là, dove due pescatori, ognuno con quattro o cinque canne fissate lungo il bagnasciuga,  andavano avanti e indietro seguendo il movimento delle canne ed osservando i galleggianti in mezzo al mare. Era tutto a posto. Sarebbe stata un’altra giornata di sole, rovente e normale, come cento altre e le gambe non gli avrebbero fatto male come quando cambiava il tempo e le ossa rotte in mille pezzi ed aggiustate chirurgicamente, non avrebbero fatto sentire il loro lamento simile a mille lame gelide che scavavano nei suoi arti. Bastiano sorrise soddisfatto, si sentì dell’umore giusto per un buon racconto e sul tablet andò a cercare il libro di Allende che stava leggendo. A quel punto l’imprevisto che è il protagonista inatteso di ogni racconto: una ragazza incominciò a scendere dal lungomare verso la spiaggia. Ora Bastiano, a causa dei suoi problemi fisici, non era uno che cercava l’avventura o pensava solo all’apparato riproduttivo delle donne. In vita sua poi di donne, ne aveva conosciute molte, alcune erano anche professioniste del sesso che avevano fatto di ogni loro gesto e sguardo una reclame ambulante del piacere. Però la ragazza che scendeva, con il suo prendisole nero   capelli di un nero intenso lunghi ed ondulati, gli occhiali scuri di Versace dove brillavano particolari dorati, cosi come d’oro erano le finitura del bikini nero, le scarpe e la borsa che indossava, rendevano quella ragazza Diversa da quelle poche presenti sulla spiaggia. Sapeva di sensualità armonica e selvaggia, di sesso puro, passionale e intenso. Un sesso non descritto dal corpo che non aveva un filo di grasso, dalle abbondanti curve del seno o del di dietro nervoso e ben formato e neanche evidenziato od esaltato da un bikini la cui superfice totale non superava quello del fazzoletto dentro cui la nonna di Bastiano, quando andava a prendere la pensione, metteva i soldi  per nasconderli nel seno. Il sesso, dichiarato e presente, era esplicito nel come si muoveva, in come   la sua gamba si allungava mostrandosi dritta e perfetta per conquistare la spiaggia e di come il suo corpo la seguiva sobbalzando, oscillando, vibrando prima di prendere possesso di un altro metro di universo, mentre i suoi capelli sdraiandosi nel vento che correva, salutava la sabbia alle sue spalle lasciandogli in ricordo un profumo di limoni dolce e costoso. “Chista si si pigghia a coccadunu, su suca comi si saria n’ovu” Pensò ammirato e sebbene lui fisicamente non era messo male con un torace e due braccia da palestrato, riconosceva che quella ragazza lo avrebbe messo in serie difficoltà. Poi, gustando il sapore di sesso e di vita che gli era rimasto nel corpo, tornò a leggere il suo libro assorto dalla scrittura latina dell’autrice. La ragazza nel frattempo si era seduta a una decina di metri da lui invadendo quel pezzo di spiaggia con il profumo della sua sensualità di cui restarono colpiti anche i due pescatori vicini a loro, uno alto e lungo come la fame, l’altro basso grasso e tondo come l’abbondanza. Questi avevano lasciato perdere le loro canne e commentavano con semplice lascivia, quello che quel corpo disteso al sole, suggeriva alla loro libido paesana. Dopo quasi un ora, Bastiano, contento per come la mattinata stava procedendo, allungò le gambe e appoggiando la schiena alla spalliera della sedia, chiuse gli occhi e lasciandosi cullare dal rumore delle onde e dalle grida dei bambini in acqua, cercò di appisolarsi. Ora, poiché nella vita il caos è inevitabile, entrava in scena un secondo imprevisto nella persona di un ragazzo in jeans e camicia bianca che parcheggiata una potente moto sul bordo dello stradone, appese il casco al manubrio e risoluto scese in spiaggia dirigendosi verso la ragazza con un passo veloce e cattivo tanto che a pochi metri da lei, incominciò a inveire “Accà a unni si, buttana chi non si otru? Jo ti spitava a Furci e tu si ca, stinnicchiata o suli” La ragazza al vederlo si alzò di colpo  e presa una pietra di grosse dimensioni in mano gli urlò “Vattinni chi t’ammazzu quant’e veru Diu” Ma lui senza farsi intimidire l’afferrò per i capelli e fermata la mano armata con il sasso incominciò ad urlare “Si na troia, na bucchinara, tu si peggio da medda” “Strunzu, lassimi annari chi mali finisci” Rispondeva la ragazza che malgrado bloccata dalle  forti braccia del ragazzo, non desisteva. I due pescatori si voltarono ad assistere alla scena come tutta quella parte di spiaggia, ma nessuno mosse un passo verso di loro. “Muta disgraziata chi tu si na ruvinafamigghi, a mari t’aiu ittari comi si fa ca munnizza” Per tutta risposta lei gli diede un calcio tra le gambe e dal dolore l’uomo strinse di più i capelli facendola gridare “Lassala stari” Grido Bastiano che al primo battibecco  si era alzato ed aiutato dalle stampelle si eri avvicinato ai due “Fatti i fatti toi, screncu chi  campi cent’anni” “Jo mi fazzu i cazzi toi picchì si non mi scuti, non ci nesci vivu i sta ribba mari” Il giovane stava per rispondergli quando dalla riva del mare si sentì gridare “Bastianu chi c’è cosa?” E quando i tre si girarono per guardare chi aveva urlato videro i due pescatori muoversi. Il lungo levò una canna dal tubo di ferro conficcato nella sabbia che la teneva dritta e lo liberò dal terreno, afferrandolo saldamente in mano ed incominciando a  camminare verso di loro. Il corto lo seguì con una mano in tasca ai pantaloncini da cui estrasse quello che sembrava un bastoncino nero di venti centimetri tenendolo stretto nel pugno. Il giovane capi che era uno “sfilatino” un coltello lungo sui venti centimetri che i pastori usavano per sgozzare in un sol colpo, pecore e capre. Anche Bastiano aveva fatto volare in aria la stampella prendendola al volo pronto a colpire il ragazzo al primo passo che avrebbe fatto verso di lui, e, visto i muscoli del braccio, non sarebbe stato un colpo leggero. Il ragazzo pensò qualche secondo poi spinse via la ragazza “Cu tia fazzu i cunti dopu “ Le disse rabbioso e guardando Bastianu sbottò “Ha ringraziari Diu chi nun mi voggliu luddari i manu cu genti comi a vui” E se ne ando verso la moto ostentando sicurezza e tranquillità Bastianu si avvicinò alla ragazza “Tutto a posto?” Lei fece di si con la testa massaggiandosi il polso che il ragazzo aveva stretto “Vai al mio ombrellone, c’è un po' d’acqua e ti rinfreschi” Nel mentre arrivarono i due pescatori “Oh arriva il settimo cavalleria a salvarmi…. “ “Nui a iddu sabbammu – fece il corto – che se lo prendevi tra le mani, in dui u rumpivi” “U canuscivi  a chiddu Bastià?” “No non l’ho mai visto e ha capito  che non si deve far vedere più” “A lenza a lenza,” gridò il corto sentendo il campanello posto su una canna suonare e corse via, seguito dal lungo che gli gridava “Pigghialu, pigghialu” Bastiano andò dalla ragazza che se ne stava all’ombra raggomitolata ad abbracciare le ginocchia “Tutto bene ?” “Si, si” “Aspetta un po' a muoverti magari quello è la che aspetta” “Vigliacco com’è, è capace che mi aspetta, ma io devo andare” “E non hai la macchina?” “No sono venuta cu l’autobus” “E come per cinque minuti? “Volevo distrarmi un po'” “O non volevi farti trovare?” “Tutte e du cose” Fece seria senza guardarlo “Ma ora devo andare. Conosci qualcuno che mi può portare a piazza Cairoli” Lui la guardò e ora, così da vicino, gli sembrava una bambina con occhiali troppo vistosi e un bikini troppo piccolo.
UN BAMBINO PER STRADA “Vieni, ti accompagno” Disse allora lui quasi seccato di dover lasciare prima del tempo la sua spiaggia “Hai una macchina?” Chiese sorpresa “Si, una piccolina” Si alzò dalla sedia con abilità, spostando il peso prima su una stampella poi sull’altra, raccolse velocemente zaino ed ombrellone e si incamminò. Bastiano e la ragazza salirono sul lungomare dove, una diecina di metri più avanti si fermarono di fronte ad una vecchia golf. A vederla la ragazza si mise a ridere “Sembra una scatola per le scarpe con le ruote” “Se non ti piace te ne puoi andare a piedi “ “No, no, per oggi le avventure bastano” Una volta in macchina, Bastiano partì in direzione della città. La ragazza guardava con curiosità la macchina “Ma non ha i pedali?” “li ha qua sul volante” “E le marce?” “Sempre al volante” “Ma perché? le gambe non le puoi muovere?” “Non completamente” “Ma cosa ti è successo? Pigghiasti a tubercolosi?” “No, ero su un ponteggio che è crollato e le gambe si sono rotte in diversi punti, non sono riusciti a sistemarle per come erano” “O matritta bedda e hai sofferto tanto” “Abbastanza, mi avevano pianto per morto.” Arrivarono ad un semaforo dove una famiglia dell’est stava elemosinando. Un bambino con una chioma bionda spettinata e due occhi enormi di un azzurro chiaro, con una mano sporca batté sul vetro di Bastiano e quando lui si girò a guardarlo allungò la mano con il palmo verso l’alto e la faccia da meschino disperato “Nun haiu nenti” Fece Bastianu agitando l’indice ed il pollice allargati a ribadire la sua povertà. “Nun ci diri accussì” Lo rimproverò la ragazza e preso dalla sacca un enorme portafoglio lo aprì cercandovi qualche moneta, non trovandole, prese l’unico pezzo da cinque euro che abitava sconsolato  in un enorme falda del portafoglio e glielo passò “Daccillu” Disse a Bastianu allungandoglielo “È troppo” replicò lui stupito “Daccillu!!” insistette lei arrabbiata. Controvoglia l’uomo abbassò il finestrino “Teni” Disse al bambino che presa la banconota la guardò sorpreso “Come ti chiami?” Chiese la ragazza ridendo. Il bambino li guardò e disse qualcosa in un'altra lingua. Da dietro incominciarono a suonare perché il semaforo da un millesimo di secondo era diventato verde e Bastianu mise la marcia e partì. “Come ti chiami?” Chiese ancora la ragazza voltandosi sul sedile a vedere la testa bionda che ormai era già sparita dietro il fiume di macchine. “Potevi aspettare un secondo” Disse ancor più arrabbiata a Bastianu “Lui alzò le spalle.” “Non sentivi che stavano suonando e che ci sarebbero saliti addosso” Lei alzo le spalle, cercò nella borsa il suo enorme paio di occhiali neri, li mise agli occhi e a braccia conserte fissò il parabrezza con l’aria seccata, ignorandolo. Bastianu la guardò. “Quello sulla spiaggia … era il tuo fidanzato” Chiese perché lei non pensasse che avesse il cuore di pietra. “Si, uno dei tanti” Rispose lei dura “ah si e quanti ne hai?” Chiese divertito Bastianu “Troppi – fece incazzata - troppi e tutti stronzi” “Perché?” “Perché cosa” “Perché così tanti?” “Perché sono una scema, una cretina e rovino la mia vita dietro agli uomini credendo che mi vogliano bene, invece loro pensano solo a futtiri” Restò qualche secondo in silenzio e poi precisò con cattiveria “La mia vita “di merda” senza un senso o un motivo buttata via con ziti di merda senza senso e motivo, perché non c’è nessuno che può darti quello che ti manca, quello di cui hai bisogno veramente” Bastiano tornò a guardarla Vide che da dietro gli occhiali di tartaruga con filo d’oro stava scendendo una piccola lacrima e si sentì colpevole per la semplice domanda che aveva fatto, per cui pensò di dover di dire qualcosa di serio e consolatorio. “Non devi dire così, la vita è importante, quello che facciamo noi a volte è sbagliato, ma la vita non merita di essere considerata brutta o di merda. Te lo dico io che ci voleva tanto con tanto, che la perdevo”! Lei continuò a guardare davanti a se quasi ignorandolo e allora lui continuò- “Non bisogna confondere la vita con il vivere. Prima di noi ci sono stati milioni di anni in cui non esistevamo e quando moriremo, ci saranno milioni di anni in cui non ci saremo. Pi chistu a vita è un controsenso, uno scandalo in questo universo fatto solo di materia, per questo dobbiamo vivere la nostra vita nel modo migliore, nel modo che riteniamo gli dia più senso. Invece pensiamo che questo insieme di cose e di persone – e con la mano indicò le case e le macchine che li circondavano - sia la nostra vita. In più cerchiamo di vivere negli occhi degli altri, nei desideri che la moda ci obbliga ad avere, nelle relazioni che sono l’ombra di quelle che potremmo avere. Ecco, siamo solo ombre, riflessi, voglie da saziare provvisoriamente, e chiamiamo questo: Vita. Ma non è chista a manera giusta di rispettare il miracolo che è.” Lei lo guardò con aria da compatimento e ironicamente chiese “Ma chi si filosufu?” “No sono uno ca motti a tuccoi ca manu e ha sofferto i peni ill’infennu – rispose seccato – Siamo a piazza Cairoli sei arrivata, scendi” “Graaazie mille” Fece lei con un miagolio da gatta “Pregu pregu” Rispose Bastianu velocemente, pensando che parlare ai sordi non serve a niente. Appena lo sportello si chiuse, corse via, seccato di aver sprecato una giornata dietro a una zalla come quella.
NESSUNO CONOSCE VERAMENTE QUALCUNO - Verso sera, il buio aveva legato insieme il cielo, il mare e la spiaggia accogliendoli nel suo grembo oscuro. La luce delle barche sparpagliate nel buio del mare, sembravano stelle cadenti che si muovevano al rallentatore, mentre sullo stradone   sfrecciavamo macchine, motorini, pulman pieni di persone che tornavano a casa, avvolti nei loro pensieri e storditi di stanchezza. Le falene si agitavano intorno alla luce giallognola dei lampioni e cani randagi abbaiavano lontani tra i casali dei monti nascosti dall’oscurità. Nella sua cucina, Bastianu prese sei bottiglie di birra Messina e le sistemò nello zaino; vi aggiunse un vasetto di olive schiacciate, uno di finocchi selvatici sott’olio, un vasetto di pomodori secchi sott’olio, un bel pezzo di primo sale e un chilo di pane casareccio. Si prese la sedia pieghevole e se ne scese lentamente sul bagnasciuga, raggiungendo i pescatori che al mattino erano corsi in suo aiuto. Il lungo e il corto avevano aggiunto alle punte delle loro canne delle luci giallognole per vedere quando i pesci abboccavano e si muovevano in un tratto di spiaggia che, a causa della luce biancastra delle loro lampade a gas, sembrava un paesaggio lunare. La costa a causa di tutte quelle piccole luci giallastre messe sulle punte delle canne, era diventata  una piccola via lattea. “Bastianuuu – gli grido stupito di vederlo, Nino detto u Cuttu, il pescatore piccolo e tondo che era corso verso di lui con il coltellaccio in mano – voi ncuminciari a piscari puru tu?” “Vi ho portato un aperitivo, almeno se poi mi dovete difendere sarete in forza” “Ma quale difendere e difendere, nui a chiddu sabbammu.” Rispose Filippo, il pescatore alto e si misero tutti e tre a ridere. Aiutarono Bastianu a disporre il contenuto dello zaino su una barca capovolta. Per una mezzora non fecero altro che tagliare pane e parlare delle olive o dei finocchietti, dicendo ognuno la sua: se il migliore primosale era quello di Moltalbano o di Mandanici, giudicando i pomodorini e svuotando le bottiglie con lunghi sorsi come se fossero usciti in quel momento da un deserto rovente. Ad un certo puntu Bastianu chiese “Ma oggi a quei due li conoscevate?” “Bastianu, ti nciuru supra i me figghi chi oggi si du strunzu ti tuccava quantu è veru Diu, a testa ci scippava, comi si era na custaddedda” Rispose pronto u Cuttu, sfogando la rabbia che aveva ancora dentro e che sottolineò con un lungo sorso di birra. “A iddu no canuscia, avia essiri i Missina, idda era Bittina a figghia i me cumpari Gianni, u Prufissuri” Rispose Filippu. U Cuttu sorrise e sottolineò con enfasi. “A buttana” Filippo scosse la testa contrariato “Nun è na buttana” “Ma si fa lassa e pigghia chi masculi … visti chiù minchii idda chi u me urologo” “Non è na buttana” ripetè seccato Filippo, e rivolgendosi a Bastianu come ad una persona che poteva capire e giudicare continuò “A quindici anni un ragazzo della sua età l’ha messa incinta. I parenti di lui lo hanno mandato in America perché non volevano che si la sposasse. Lei il figlio se lo voleva tenere perché era una bambina e pensava che un figlio è un dono di Dio. Invece i suoi parenti le hanno fatto firmare una carta e hanno dato il bambino in adozione. Lei non lo sapeva e quando ha partorito cercava a suo figlio e invece lui chissà dove era. Quando lo ha saputo, sballoi, si strammoi e incominciò a fari cosi strani: mivia, si drugava, annava chi masculi e quannu fici diciottu anni sinni annoi da casa. Dormiva per strada dove capitava. Ora lavora in una tabaccheria dove il padrone se la fotte quando vuole. L’assistente sociali ci dissi a Gianni chi idda fa tutti sti cosi pi sfreggiu e so parenti chi ci rubbaru u figghiu, lo fa per punirli e svergognarli. Ma dentro è rimasta bambina, non ha accettato quello che è successo. Viene al mare sempre qui perché fino a quindici anni veniva qui a divertirsi, ma dai parenti qui intorno, e ne ha tanti, non ci va, non ci interessanu e pensa chi Gianni quannu parra d’idda si metti a cianciri i quantu ci voli beni” U Cuttu non replicò perché forse questa storia la sapeva già. Bastianu mise la mano nello zaino e tirò fuori una bottiglia di spumante “Pinsamu a nui” Disse distribuendo bicchieri di carta e stappandola. “A saluti” Fece riempiendo i bicchieri “A saluti” Risposero i due pescatori e bevvero tutto d’un sorso per non pensare a Bettina e al figlio negato.
L’ALBA E’ SEMPRE UNA PROMESSA - La prima cosa che Bastianu faceva quando si alzava poco prima dell’alba, era attraversare il giardino, aprire la porta e guardare il mare. Se il mare era quieto e sembrava un tappeto azzurro l’osservava incantato, come un contadino che guarda un campo di grano o un’amante che guarda la sua amata arrivare per la strada e osserva con piacere ogni suo gesto, ogni suo sorriso, pregustando la gioia del prossimo abbraccio, il calore che il corpo amato avrebbe dato al suo. Se invece il tempo era brutto e il maestrale urlava riempiendo il cielo di inquiete nuvole color cenere, mentre il mare  sibilando si arrampica scivolando lungo la spiaggia divorandola quasi a voler alzarsi, uscire dai suoi abissi ad assalire e distruggere il mondo, allora Bastiano si avvicinava e si aggrappava al guard-rail sul lato opposto del lungomare e stava li dritto a sfidare la distesa di acqua grigiastra e spumosa, così come aveva sfidato la morte ed il dolore e respirava felice il vento che lo sferzava pieno di salsedine e di furia. Allora si sentiva vivo e capace di domare la sfortuna che lo aveva reso un invalido, un diverso, un inutile. Quel giorno il mare era invece inquieto, smosso da un vento nervoso, fastidioso ed insistente mentre l’alba, lentamente perdeva i suoi colori accesi per trasformarsi in un normale mattino. Si avvicino al guardrail ed osservò la spiaggia vuota. Casualmente guardò verso destra e vide una figura nera seduta sulla panchina sotto una palma piccola e spaurita. Il suo istinto gli diceva che la conosceva, ma da li non vedeva chi era, così si avvicinò per guardarla meglio. Con sua grande sorpresa riconobbe Bettina che avvolta in uno spolverino nero e nascosta dal solito paio di occhiali neri stava fumando guardando il mare. Notò anche che stava tremando per il vento che la investiva e che non era per nulla fermato dai suoi vestiti di cotone leggero. “Buongiorno – le disse sorridendo – cosa ci fai qui alle sei del mattino” Lei lo guardò qualche secondo prima di salutarlo “Ciao … sono già le sei? – restò in silenzio qualche secondo – mi offri un caffè? ho freddo” “Vieni, da questa parte, andiamo nel mio giardino.” La precedette nel portoncino e la fece sedere sul dondolo in un angolo protetto dal vento. Entrò in casa e prese una coperta di pile molto grande che teneva pronta per quando il freddo mordeva le ossa delle gambe e la coprì per bene. Entrò in casa e preparò un caffè lungo, gli mise del latte e un cucchiaino di miele e lo portò alla ragazza. Lei strinse la tazza tra le mani, bevendolo a piccoli sorsi, ed una volta finito gli passò la tazza e disse solo “Scusa, ho sonno” E piegandosi su di un lato si coprì con la coperta e si addormentò. “Buonanotte” Disse Bastiano scuotendo la testa. L’osservò. I capelli erano in disordine e gli occhi erano circondati da un alone nero, sporchi di rimmel colato forse da lacrime. Sulle labbra aveva ancora del rossetto di un bel colore, ma erano ancora le labbra di una bambina. Pensò che lei era un po’come lui: la vita, l’aveva spezzata dentro così come a lui aveva spezzato le gambe. La guardò di nuovo. Era una bambina come aveva detto Filippo. Ma perché stava li a guardarla? Perché era sempre lì a renderla protagonista dei suoi pensieri? Il fatto era che gli piaceva, ma non per il profumo di sesso che emanava. Non sapeva neanche lui perché. Ecco si, gli piaceva perché era fragile terribilmente fragile e reagiva a questa fragilità con durezza e cattiveria. Come un soldato nel mezzo di una guerra. Anche lui era stato un soldato e la sua guerra alla fine non l’aveva vinta. Era questo quello che in lei gli faceva sangue: lottava. Era viva, infrangibile, una donna vera. Ci pensò. Da sola, pensava che non sarebbe mai andata da nessuna parte, cercava sempre bisogno di qualcuno che le riempisse il vuoto che aveva dentro. Lui aveva il mare, i viaggi, i libri. Lei si attaccava a questo e quello sperando di trovare qualcuno che potesse aiutarla a ricucire la sua vita. Doveva trovarle un paio di stampelle con cui affrontare i suoi silenzi. Incominciò a pensare. In mattinata uscì e quando rientrò Bettina era ancora li che dormiva, immersa nell’enorme coperta, con il dondolo che ondeggiava cullandola nel silenzio del giardino. Bastianu cucinò ed apparecchiò in giardino sul tavolo di lava vicino al dondolo e quando fu pronta la tavola e la pasta chiamò la ragazza Lei si alzò lentamente ed intontita si sedette a tavola. Incominciò a mangiare senza mostrare appetito “Buono, non l’avevo mai mangiato” Disse dopo la prima forchettata “Dal pescivendolo ho visto degli scampi e mi è venuta voglia di farli come le ho mangiate una volta a Livorno.” “Ma tu lavori?” “No, non più. Quando ho avuto l’incidente l’assicurazione mi ha riempito di soldi ed io li ho investiti per non dover lavorare più. Ho comprato anche questa casa e l’ho ristrutturata. Il primo piano lo affitto in estate perché non posso salire le scale, questo piano qui sotto l’ho adattato per me e mi sono impegnato a vivere.” “Ma non sei sposato?” “Avevo una zita ma dopo il primo anno di terapie ed interventi mi ha detto che non se la sentiva di fare l’infermiera a vita” “A vita è accussi – commentò lei – amore, amore ma poi quando il “piano” diventa “salita”, tutti scompaiono” “No, non è la vita, sono i rapporti del momento” “Ed io di questi ne so qualcosa” “Ieri ti sei divertita vedo che hai gli abiti da sera” “Ma quali!! Sono uscita con uno che faceva sempre il romantico, si presentava sempre con una rosa, citava sempre versi di Battiato e Neruda, siamo saliti sul promontorio qui sopra per vedere tutto lo stretto illuminato e la prima cosa che mi ha chiesto tra il cantare dei grilli ed il cielo pieno di stelle, è stato di prenderglielo in bocca” “Però, romanticone” “Io non sono una santa, anzi mia nonna mi chiama la Buttanissima. Ma avevo voglia di coccole e tenerezze, se no sarei uscita con uno dei miei amici per cui rispettarmi vuol dire mettermelo di dietro usando la crema Nivea.” “Si molti hanno questa delicata forma di rispetto” “Allora abbiamo incominciato a discutere. Io dai maschi mi so difendere e gli ho quasi cavato gli occhi. Lui tutto incazzato mi ha buttato fuori dalla macchina e se ne è andato lasciandomi li. Sono dovuta scendere dal promontorio a piedi nudi con le scarpe con i tacchi in mano. Appena vedo dove ha parcheggiato la macchina, gli taglio le ruote” “Ma non passava nessuno?” “Erano le quattro del mattino chi doveva passare? Quando sei arrivato tu ero stanca morta e congelata” “Ma non avevi paura a fare tutta quella strada da sola? “ “Io non sono mai sola. Sono una madre, una madre non è mai sola” Bastiano la guardò incerto se chiedere come mai si definiva una madre se non aveva un figlio. Decise di cambiare discorso “Nel poco tempo che ti conosco hai già litigato con un altro zito. Ma non sei stanca di questa vita di correre dietro agli uomini, stanca di tua nonna che ti chiama la Buttanissima.” “E perché? Non faccio nulla di male? Faccio come fanno gli uomini, lascio e prendo! Se sono una troia io, anche loro sono delle troie che se ne tornano dalle loro mogli come se nulla fosse mentre è successo quello che ha fatto Giuda: hanno tradito chi li ama? Cristo ha sempre avuto pietà delle buttane e le ha sempre perdonate, ma a Giuda no, non lo ha ancora perdonato, è sempre all’inferno dove ci andranno tutti gli uomini con cui sono stata….” Lui la guardò facendo una faccia scettica e lei continuò “…o tu sei uno di quelli che scrive Amore con l’A maiuscola, per cui si dovrebbe solo obbedire, subire e farsi scopare?” “Ma io l’amore non l’ho mai incontrato. Quello che si è presentato per tale, è stato l’unico osso che mi è rimasto rotto veramente. Per me puoi fare quello che vuoi finché non ti faranno del male sul serio, perché il  sangue degli uomini è quello di Caino.” Raccolse i piatti e li mise nel carello con cui dalla cucina portava le vivande. “Visto che sei la prima ospite da tanto tempo, per festeggiare ti ho preso i cannoli di don Roberto” Gli occhi di lei si spalancarono dalla contentezza “Che Buoniii: quando venivo qui ne mangiavo sempre più che potevo” “Qui ti puoi sfogare: ne ho preso una dozzina” Bettina non si fece pregare e mentre ne afferrava uno le chiese “Senti dopo devo andare in città vuoi che ti accompagno?” “Se puoi mi faresti un favore “Figurati – rispose sorridendo – lo fai tu a me il favore. Devo portare un regalo ad una persona in ospedale e da solo non ce la farei”
UN ANGELO PER STRADA -  Partirono dopo il caffè.  Salita in macchina Bettina notò nel piccolo sedile di dietro una cassetta di legno con dei limoni simili ai cedri “Ho trovato quei limoni Perrini. Sono una rarità perché sono dolcissimi. Le porto ad una mia amica a Messina. Mi fermo solo per darglieli e poi ti lascio.” Lei non gli fece neanche caso preoccupata a rispondere ai messaggi sul telefonino. Arrivarono al semaforo e si avvicinò nuovamente il bambino biondo che sorridendo allungò la mano. Questa volta Bastiano abbassò il finestrino e gli allungò un euro “Come ti chiami?” Gli chiese sorridendo “Havryil” Rispose il bambino allargando il suo sorriso “Come si chiama?” Chiese Bettina che aveva pescato nella sua borsa una caramella e si era sporta dalla parte di Bastiano per dargliela. “Havryil, è un nome ucraino, vuol dire Gabriele “Che bel nome. Ciao Gabriele, ciao” Fece la ragazza mentre la macchina ripartiva. “Come sapevi che è un nome ucraino” “Ho lavorato da quelle parti, nella raffineria di Odessa.” “Allora hai girato il mondo e avrai guadagnato un sacco soldi” “E ne ho speso altrettanti per curarmi” “Bhe almeno hai visto il mondo. Io più che le baracche di Messina non ho visto” Concluse sconsolata Vi fu silenzio per qualche minuto. “Hai detto prima che una madre non è mai sola. Ma tu hai qualche figlio?” “Scherzavo” Tagliò corto restando in silenzio “No, non scherzavo – concluse dopo un minuto - è che sono una madre senza figli. Ho avuto un aborto tempo fa” Si mise subito a guardare il cellulare per dire che l’argomento era chiuso. Lui l’osservò sott’occhi. “Io volevo tanti figli, perché a casa mia eravamo in tanti. C’era tanto casino e ci divertivamo un sacco. Ma poi è andata così. Ora non saprei come fare a gestire un figlio” Restò un minuto in silenzio perché si era accorto che stava sbagliando strada “Quest’inverno vado a Parigi. Sai quando ero in ospedale pensavo ai viaggi che avrei voluto fare perché ormai non potevo più cambiare il passato, ma potevo creare un futuro diverso” “Per farlo ci vogliono i soldi” “No, bisogna volerlo. Mi avevano detto che potevo camminare solo con la carrozzella. Invece l’anno scorso sono andato da solo a Madrid, quest’anno vado a Parigi, il prossimo anno voglio andare in Norvegia. Io ho imparato questo: soffrire è la benzina delle tue passioni. Ho sofferto tanto che non ho più paura di farmi male, non ho più paura di sbagliare. È come quando il fabbro martella il ferro caldo e tutte le impurezze, le debolezze del metallo vengono fuori e saltano via e resta solo il metallo duro e temprato. È questa consapevolezza che mi da la forza di fare cose che il mio fisico non giustifica. “ Vide l’ingresso dell’ospedale ed entrò di volata salutando la guardia.
UN VERO DOTTORE CURA ANCHE L’ANIMA - Invece di dirigersi verso il parcheggio, andò verso la parte posteriore dell’edificio parcheggiando dove si mettevano i furgoni che raccoglievano le lenzuola sporche. “Per favore prendi la cassetta e vienimi dietro” la ragazza sbuffando prese i Perrini e lo seguì. Sembrava che Bastianu conoscesse tutti i meandri dell’ospedale e la guidò attraverso corridoi e stanze vuote o colme di scrivanie e letti rotti. Arrivò ad un ascensore, e con un coltellino girò la chiave della pulsantiera chiamando l’ascensore. Salirono ad uno dei piani alti arrivando in un corridoio di servizio su cui si affacciavano diverse porte Bastianu si avventurò con prudenza fino ad una porta che dava sulle stanze del ricovero. Affacciò la testa guardando a destra e a sinistra. Vide una dottoressa che parlava con una donna in attesa. Alzo una mano e chiamò “Franca…” La donna si voltò e vedendolo fece una faccia sorpresa e felice. Gli andò incontro con le braccia allargate mentre si nascondevano nel corridoio dell’ascensore. “Bastiano, questa si che è una bella sorpresa.” Lo abbracciò baciandolo “Come stai gioia mia, è tanto che non ti fai vedere, e questa bella ragazza? Non l’hai portata per farmi ingelosire?” “Mi ha aiutato a portarti un regalo” E mostrò la cassetta con i limoni “I Perrini, che buoni… grazie era tantissimo che non ne vedevo. Mi è già venuta l’acquolina in bocca” “Franca lavora qui in ginecologia e gravidanza, è l’ostetrica più brava di Messina, ha fatto nascere non so quanti bambini.” Spiegò a Bettina e si girò subito verso l’ostetrica “Lei è Bettina, le piacciono molto i bambini. Perché non gliene fai vedere qualcuno?” “Non so se si può, ma aspetta, vieni, mettiti questo camice e seguimi. Bastiano aspettaci qui non passeresti inosservato “ La fece uscire nel grande corridoio e da li, tramite una porticina, entrarono in un piccolo corridoio laterale con una parete in vetro. “Guarda, questi sono gli ultimi nati. Quello laggiù è nato ieri pesa quasi quattro chili: un gigante! Quella li è nata questa mattina con un cesareo: aveva il cordone ombelicale intorno al collo.” Bettina guardava come se fosse di fronte ad una vetrina di gioielli e dovesse sceglierne uno. Non batteva neanche le palpebre tanto i suoi occhi erano impegnati ad osservare ogni dettaglio dei bambini. Le smorfie della bocca, le dita ringrinzite che si agitavano, i colli esili e le teste grosse, gli occhi chiusi e i capelli fini e sparsi, i nasini appena pronunciati e le orecchie piccole. I suoi occhi osservavano tutto e la sua bocca, ferma in un sorriso estatico, sembrava che neanche respirasse. Un bambino incominciò a strillare diventando rosso e allargando la bocca a dismisura. Un’infermiera lo prese in braccio e gli guardò il pannolino. Franca le fece cenno di avvicinarsi e lei lo portò vicino alla vetrata proprio davanti a Bettina pensandola una parente. Il piccolo si rasserenò e tornò a dormire. “Questo poverino è il più sfortunato. Sua mamma ha una situazione particolare e verrà dato in adozione” Bettina la guardò poi si voltò verso il bambino e l’osservò con maggiore attenzione, quasi attaccandosi al vetro. Un altro bambino incominciò a piangere e l’infermiera andò a vedere cosa avesse, ma Bettina restò lì a guardare il bambino messo nella culla. “Dobbiamo andare” Le disse Franca toccandole una spalla Lei si girò a guardarla come se la vedesse per la prima volta, poi lentamente si staccò dal vetro e la seguì da Bastiano. Ma restò come assorta nei suoi pensieri e mentre Bastiano salutava l’amica lei si mise di fronte all’ascensore dando loro le spalle. Quando Bastiano la raggiunse vide che stava piangendo.
OGNI TANTO, E’ INEVITABILE FARE GLI STRONZI - L’ascensore si aprì e lei entrò dando le spalle alla porta. Non si voltò ma disse rabbiosa “Si nu strunzu. Nu ranissimu figghiu i buttana. U sai chi i carusi mi fannu cianciri.” “Si sono stato stronzo, ma a volte dobbiamo esserlo. Sono stato il martello che batte il ferro per fargli uscire quella superficialità e irresponsabilità che ti porta a vivere la tua vita alla cieca, sentendoti come di doverti punire o punire tutto il mondo” Arrivarono nei sotterranei e lei usci velocemente, con la testa bassa, le braccia conserte e il passo veloce. Bastianu continuò “Quando conoscerai meglio Franca lei ti dirà che i ragazzi adottati cercano sempre i genitori biologici per capire perché li hanno lasciati, per capire chi sono. E quando tuo figlio ti verrà a cercare e ti chiederà chi sei, cosa hai fatto, cosa gli risponderai? Che hai sucato le minchie di tutta la costa ionica per punire te stessa e la tua famiglia?” Lei si girò nell’androne dove erano, pieno di scrivanie rotte, poltrone sfondate le mura sbrecciate piene di polvere e ragnatele e spazzatura sparsa ovunque e che sembrava essere la rappresentazione dell’anima sua “E allura ? sunnu cazzi mei! Gli dirò quello che gli dovrò dire! Che nessuno mi ha rispettato che nessuno merita di essere considerato. Ma a tia chi  minchia tinni futti? Cu si tu? Me patri? No e allura picchì mi rumpi puru tu i paddi” “Picchi jo era comi a tia. Come a te, vedevo solo il passato che non esiste più. Esiste solo il dolore che ci ha lasciato e se vuoi continuate a vivere, devi tornare a soffrire per cambiarlo.” Lei si voltò inviperita e tornò a dirigersi verso la macchina a passo veloce mentre lui la seguiva affannato con la sua andatura altalenante. “Echi aviria affari? Mio figlio l’ho perso e se come dici tu mi giudicherà capirà il male che mi banno fatto, non ho potuto avere lui, non potrò averne altri, sugnu n’abbiru siccu, n’acqua motta.” “Non è vero è per questo che ti ho portato qua, fra sei mesi c’è il bando per la scuola di ostetrica, se lo chiediamo a Franca, lei ti aiuterà a superarlo, starai sempre in mezzo ai bambini, non ne avrai uno, ma cento, mille, avrai uno scopo, vivrai quello che ami di più: l’amore, l’innocenza che hai perso. Pensaci. Sarà l’ultimo treno che potrai prendere per arrivare a quella serenità che altrimenti non avrai mai” Si fermò e si voltò a guardarlo come a pesare le sue parole, poi velenosamente gli gridò “Strunzati nun dici autru chi strunzati.” Si girò e se ne andò a passo veloce superando la sua macchina senza fermarsi. Lui gli gridò “Vai vai, tanto tu non sarai mai in pace con nessuno, ne con me, ne con i tuoi ziti della minchia, e mai, e ripeto mai, con te stessa” Poi sottovoce aggiunse “Picchì si na strunza” Scosse la testa e salì in macchina. Era incazzatissimo e durante il ritorno a casa non fece altro che dirsi che doveva farsi i cazzi suoi, perché se a quella piaceva fare a sucaminchia, doveva lasciarla fare! Arrivato a casa quando era già buio prese un bottiglione di limoncello da due litri e se ne andò in spiaggia a berlo con Filippo e u Cuttu.
LE MURA DI UNA STANZA DURANTE UN TEMPORALE -Per quattro giorni Bastianu non fece altro che andare in palestra, non tanto per bisogno di esercitarsi  ma solo per sfogare la sua rabbia sollevando pesi e sforzando i muscoli ricuciti delle gambe. Il quinto giorno quando tornò da aver fatto la spesa, mentre sistemava la frutta comprata, notò dalla finestra della cucina, che nel giardino c’era qualcuno sul dondolo. Lasciava sempre la porta del giardino aperta, così che i suoi vicini potevano prendersi qualche limone o le erbe aromatiche che teneva nel giardino, però nessuno si sedeva sul dondolo, così incuriosito uscì a vedere. Trovò Bettina sdraiata sul dondolo con il telefono in mano e con accanto due trolley e un sacco della spazzatura pieno di vestiti. La guardò sorpreso e rassegnato. “E ora, chi succidiu?” Lei lo vide e sorrise “Mi hanno buttato fuori di casa” Bastianu fece una faccia sconsolata e rassegnata “Manciasti?” Le chiese “Non ho fatto neanche colazione” “Vieni che cucino i broccoli” “Non mi piacciono i broccoli” “Ti arrangi: questo c’è” Rispose Bastiano seccato Entrarono in cucina e lui si mise a cucinare. Lei si sedette e vedendo un pane fresco ne staccò un pezzo incominciando a mangiare. “Allora, raccontami daccapo: cosa è successo.” “E’ che ci ho pensato. Ho pensato che forse quello che avevi detto poteva avere anche un senso e il giorno dopo sono andata di nuovo a parlare con Franca. Le ho chiesto se quello che avevi detto tu fosse possibile, se veramente potevo diventare ostetrica e far crescere tanti batuffoli rosei. Lei ha detto che se glielo avessi chiesto tu, ti avrebbe risposto di si che era possibile, perché tu hai una forza di volontà e determinazione incredibile. Se ho anch’io la stessa forza, potrebbe essere possibile, ha risposto. Mi ha fatto andare il giorno dopo come assistente volontaria per vedere se il lavoro mi sarebbe piaciuto.” “E ti è piaciuto?” “C’erano bambini bellissimi, guarda ho fatto le foto. Guarda questo che occhioni che ha” Fece mostrandogli il telefonino e guardando estasiata le foto “Poi è arrivata una famiglia di quelle particolari che hanno più parenti in galera che al camposanto e volevano vedere a tutti i costi un bambino. Hanno aggredito la caposala e sarebbe finita male. Allora mi sono messa di mezzo io e li ho spediti tutti fuori. Franca mi ha detto subito che mi avrebbe aiutato perché aveva bisogno di qualcuno che sapesse gestire le famiglie particolari. Mi ha fatto iscrivere a un’associazione di volontari, così che posso stare li in ospedale, aiutarli e imparare le cose più pratiche. Poi mi ha dato dei libri dicendomi di farmi aiutare da Simone, uno che ha appena superato il concorso.” “Ho capito, già immagino come ti aiuterà questo Simone! E’ anche lui romantico e rispettoso” “Che dici, Simone è ghei, non sai come lo prendono per il culo i dottori! Sono degli stronzi. Lui è un bravo ragazzo e gli piacciono i bambini come a me. Al mattino sono in corsia, al pomeriggio studio con lui. “Allora tutto a posto” “No, perché dove lavoravo prima, in tabaccheria, non potevo più andare e mi hanno licenziato. Siccome il padrone era anche il proprietario della casa dove stavo, mi ha mandato via. Allora mi sono ricordata che tu hai l’appartamento di sopra vuoto e magari io posso starci per un po' di tempo” “Studiando e senza fare cazzate?” “Senza fare cazzate!: giuro su mio figlio. Bastiano, io quel lavoro lo voglio! Quando sono in mezzo ai bambini non penso a tutto quello che è successo e mi sento non dico felice, ma almeno serena. Ti prego. “ Lui si voltò a guardarla, e lei continuò “Non puoi farmi la predica e poi tirarti indietro nel momento che voglio fare quello che mi dici” A quel punto lui si arrese “Va bhe, facciamo la prova: se fai una stronzata o se Franca si lamenta di te, ti butto fuori.” La vita di Bastianu cambiò improvvisamente. Al mattino lei passava da casa sua per un caffè e quindi correva a prendere la corriera per andare in ospedale. Il pomeriggio Bastianu leggeva libri di biologia o di medicina perché la sera lei tornava e mentre pranzavano Bettina, con il libro davanti gli faceva domande a cui lui all’inizio non sapeva rispondere. Sul tardi lei se ne andava a dormire al primo piano e lui la sentiva buttarsi sul letto e li restare immobile stanca e senza forze. Il giorno dopo era la stessa cosa e così il giorno dopo ancora. Quando arrivavano sabato e domenica, Bastianu non voleva sentire ragione e se ne andava in spiaggia. Bettina lo raggiungeva più tardi si metteva all’ombra e leggeva gli appunti chiedendogli spesso il significato di una parola o di una frase. Quando passò un suo cugino e sorpreso di vederla la salutò, lei non alzò neanche gli occhi dal libro e disse tutto di un fiato “Ciao, sto studiando per fare l’ostetrica, Bastiano mi ha dato in affitto la casa al primo piano, nun futtemu e nun semu ziti, di alla nonna che la saluto e che gli voglio bene e a tutti gli altri di non rompermi chiddi chi nun aiu.” Il risultato fu che il giorno dopo, e regolarmente tutti gli altri giorni successivi, al mattino qualcuno bussava alla porta di Bastianu e quando lui apriva si trovava di fronte uno dei tanti cugini più piccoli di Bettina che ripeteva cantilenando la solita frase “Me nonna Bettina ci manna stu paccu a me cugina a dottoressa e ci manna a diri chi ci voli beni, mi studia e mi fa cosi boni” Il pacco conteneva ora zucchine fresche, ora patate, uova, un pollo o un capretto a pezzi. Bettina quando lui glielo raccontò commento solo “Lo vedi, ora da Buttanissima sono diventata Dottoressa. La nonna mi ha perdonato” Bastiano capì che lei vedeva questa salita nella scala dei valori della nonna come una mezza vittoria. Purtroppo però, la vita non è mai in discesa. Una sera, una di quelle sere quando il vento gonfiava il mare e piegava gli alberi, mentre una pioggia intensa e fredda schiaffeggiava i tetti delle case e le strade nere e viscide, Bettina tornò con una faccia scura e cupa. Bastianu le mise davanti un piatto di linguine con le cozze che avrebbe resuscitato un morto. Ma lei con la forchetta allargò la pasta nel piatto e non ne assaggiò un filo “Chi succidiu?” Chiese Bastianu stupito dall’assenza di appetito “Oggi Simone mi ha fatto fare una prova con le domande del bando” “Eh allora? “ “le ho sbagliate tutte. Simone si è incazzato. Dice che studio tutto a memoria senza voler capire. Si è proprio incazzato” “Va bhè era la prima volta….” “Si ma le ho sbagliate tutte. Sono andata nel panico e non ho capito più niente “ “Ecco vedi, c’è un motivo, la prossima volta…” “Non ci sarà una prossima volta, sono un incapace, chi voglio illudere? Scecca ero a scuola scecca sugnu, nun si cava acqua i na petra” Si alzò e se ne salì in silenzio a casa sua. Lui lasciò cadere la forchetta nel piatto e la guardò. Poi si alzo, prese una bottiglia di fuoco dell’Etna, quello che aveva novanta gradi, e se ne versò un buon bicchiere, uscendo nel giardino e sedendosi sul dondolo. Lo bevve a piccoli sorsi osservando la finestra illuminata della camera da letto di lei. Dopo un ora che era seduto sul dondolo, la finestra diventò buia e lui, finendo il liquore d’un fiato se ne andò a dormire, senza neanche sparecchiare la tavola. Era in un dormi veglia oscuro ed inquieto, dove si sentiva sveglio ma vedeva strane persone con la testa da scarafaggio mentre camminava su un’impalcatura fitta di tubi da dove, dai livelli più alti, gocciolava sangue. Qualcuno bussò alla porta. Cercò sull’impalcatura la porta poi alla fine capì che era quella di casa, così si svegliò, si alzò ed andò ad aprire. Era Bettina, avvolta in una coperta che senza dire una parola entrò ed andò dritta in camera da letto dove lui la trovò nel letto, in posizione fetale nascosta sotto lenzuola e coperte. “Allura?” Chiese Bastianu “Non riesco a dormire … il vento … il vento è lo stesso di quando ho partorito … porta disgrazie … ho paura. Stringimi per favore … stringimi.” Lui tirò un sospiro e lentamente con le stampelle, passò dall’altro lato del letto e si sedette. Con le mani alzò le gambe mettendole sotto le lenzuola. Spense la luce e lentamente si avvicinò a lei, stringendola a se. Incominciò a carezzarle i capelli “Quando ero in ospedale ad un certo punto volevo lasciar perdere. Dissi al fisioterapista che non ce la facevo più, di lasciarmi stare. Mi sarei rassegnato a camminare sulla carrozzella. “hai ragione” mi disse. “È più facile cosi. Ma renditi conto che se vuoi prendere la vita solo in discesa, resterai un handicappato. Un menomato. Ma non perché andrai sulla sedia a rotelle. No, chi va sulle sedie a rotelle ha una sua dignità. No. Sarai un handicappato perché avrai rinunciato ai tuoi sogni, a tutto quello che su questo letto hai sperato, desiderato, immaginato. Perché il vero handicappato è chi ha rinunciato, chi ha posto davanti ai suoi sogni, a quello che ha sempre desiderato, la comodità, la sua paura di soffrire, il suo rassegnarsi per piegarsi come tutti al vento che soffia. A volte ha più senso spezzarsi nel tentativo, che piegarsi e allinearsi a quello che tutti gli altri immaginano debba essere il senso della vita di ognuno. Se non hai il coraggio di ribellarti al tuo destino allora sei giustificato, sei uno dei tanti, qualcuno che non ha dato a se stesso il posto che meritava.” Io allora pensai al mio dolore. Lo immaginai brillante e tagliente come bicchiere di cristallo, immaginai di prenderlo in mano e di buttarlo per terra rompendolo in mille pezzi. Da allora non ho più sentito dolore, o meglio lo sento, ma non lo ascolto, non lo considero, non gli do modo di decidere per me.   Tu non sei diversa. Per anni hai avuto solo rabbia, ora hai modo di usare la tua rabbia per costruire qualcosa. Non sarai più la madre di un figlio perduto ma la madre di mille piccoli neonati, ognuno dei quali avrà un pezzo d’amore che a lui non hai potuto dare. E se ci pensi, non è una consolazione, non è un modo per cancellare quanto è successo. Havryil ti ha chiesto di dargli qualcosa e tu gliela hai data, ma loro non possono chiedere, dovranno fare affidamento solo sul tuo amore, sul tuo bisogno di amarli. Oggi è stato solo un incidente di percorso, un segnale che devi dare di più, che devi soffrire di più per raggiungere quello che desideri, perché la sofferenza è il metro con cui si misura la felicità. Noi due siamo uguali: non ci importa di soffrire pur di raggiungere quello che riteniamo sia un diritto della nostra vita.” Lei non rispose e lui pensò che dormisse. Cercò di levare la mano con cui le circondava i fianchi e la pancia, ma lei mugolò qualcosa e con le sue braccia strinse il suo braccio, perché lui non la lasciasse. Nel buio che li avvolgeva come una fredda coperta, pensò che non sarebbe riuscito a dormire in quella posizione scomoda, con tutti quei capelli che lo solleticavano. Sentì la pioggia battere contro i vetri delle finestra e il vento che le aveva portato via il figlio premere contro le mura ella stanza, ma lui le disse in cuor suo, che quel vento maligno non sarebbe passato, non l’avrebbe raggiunta. Lui l’avrebbe protetta. Pensando questo, dopo pochi secondi, si addormentò.
DOMANI…- Aveva sentito la sua sveglia suonare ma si ricordò che era sabato e lei non doveva andate all’ospedale, così si lascio sprofondare nel sonno, rifiutandosi di aprire gli occhi. Passò del tempo di cui non ebbe coscienza, finché sentì che qualcosa lo stava accarezzando. Senti un sussurro, una voce sottile, come lo sciacquio delle onde sul bagnasciuga. “Bastià – faceva – Bastià, rusbigghiti” Aprì gli occhi, ma era buio e vedeva poco e niente. “Bastià, rusbigghiti” Si ricordo che si era addormentato con lei e che forse lo chiamava perché aveva portato il caffè. Aprì di più gli occhi e vide i suoi, due stelle nere luminose, e la sua bocca, rossa, piccola, desiderabile come una ciliegia di maggio, velenosa, come il fiore rosa dell’oleandro. “Chi c’è ?” Chiese la sua bocca a quella di lei “Bastià, ho voglia” Le  rispose quella bocca che era l’unica luce che vedeva “Voglia di chi?” “Ho voglia” E la mano di lei gli disse di che cosa, toccandolo dove ancora dormiva Lui la guardò stupito “Ma …” Cercò di obiettare la sua bocca perché gli sembrava strano quella voglia di che poteva essere suo padre, un padre malmesso e debole. Forse doveva discuterne, ma la bocca di lei gli bloccò il ragionamento, glielo divorò, e la sua lingua, glielo porto via ogni obiezione, come il vento caldo d’agosto ruba i fiori ai gelsomini. E le restituì il bacio, con la stessa intensità perché ora aveva sete di lei, voleva conoscerla in ogni sua parte e la sdraiò sulla schiena e la baciò sul collo e nell’incavo delle spalle stringendole il seno, spremendolo per fargli uscire il succo profumato del piacere. Lei si muoveva cercandolo con il grembo e quando si trovarono e lui incominciava ad amarla lei gli prese una mano e la portò a stringerle il collo “Picchiami, chiamami troia – disse e dentro se pensò – chiamami troia, fammi sentire il nulla che sono, godi della mia umiliazione, fammi sentire un animale, una cosa giustificata solo dal tuo piacere” lui la guardò stupito “Finiscila i giucare” le disse levando la sua mano dal collo e baciandola dove le sue dita avevano lasciato un segno rosso” “Finiscila i giucari – ripeté l’anima di lui – non sono uno dei tanti, non sei per me una qualunque, sei l’innocenza che ho perso, la sofferenza che ho vissuto, il dolore che fino ad oggi mi ha nutrito, il piacere che mi dai, il desiderio che sazi, il domani che rappresenti” “Finiscila di giocare, - ripeté lei dentro di se – vuol dire che quello che dava piacere a quei porci dei miei ziti, non ha più senso, è un gioco per bambini, una ridicola farsa, che non ha motivo o senso e  che con me vuole fare qualcosa di vero, di importante perché e questo quello che io sono per lui, perché lui, contrariamente a tutte quelle inutili ombre, a quei pupi senza anima e cuore che ho conosciuto, lui mi ama, mi vuole per come sono, mi chiede di essere quello che sono.” Allora lo strinse con le braccia e le sue gambe si attorcigliarono alle sue malate e piene di cicatrici, alla sua debolezza, così che la loro pelle fosse una unica cosa, come la loro saliva, il battito dei loro cuori e la loro carne, ed infine salì su di lui perché voleva dargli in dono tutto quello che i suoi amanti le avevano insegnato e si mise a danzare, a ondeggiare a oscillare su di lui come la fiamma di un falò che nella notte brucia le cui fiamme si innalzano al cielo muovendosi come lei faceva sul suo corpo con cui era una unica carne.  Lei lo sentiva come il vento che quel fuoco accarezzava, alimentava, ingrandiva e la seguiva nel suo bruciare, finche le loro anime esplosero, annullandosi nella cenere che erano diventate, morendo l’uno nell’altra, sfinendosi esausti e sazi, dissolvendosi nei loro corpi come fa una candida nuvola nell’azzurro intenso del cielo. Vi fu un lungo silenzio, per farli rinascere e rivivere “Ti è piaciuto? Sono stata brava?” “Si” Rispose brevemente “Perché noi mi hai chiamato troia quando te lo chiedevo” “Perché non lo sei” “Per gli altri lo sono. Non ti piaceva?” “A te piaceva?” “A me … una volta si … mi intrigava dentro  … mi faceva godere di più. Ora non so, ora è tutto diverso” Si fermò disorientata come se stesse dicendo troppo “Ma io non sono così” aggiunse velocemente impaurita dall’aver mostrato qualcosa di brutto, di aver detto per sbaglio qualcosa di intimamente suo e vergognandosi di pensare questo perché sentiva che lui, a differenza di tutti gli altri, quel suo mostrarsi per com’era, in fondo lo meritava. Continuò quasi dicendolo a se stessa – Non sono una troia; è  solo un gioco come hai detto tu non penserai  …” “Non penso nulla. – le diede un bacio sulla fronte – Per me non hai un passato. Sei solo Bettina. Quello che dicono o vedono in te gli altri non mi interessa, perché io so di te quello che gli altri non vedono e che non sapranno mai.” L’osservò stupita, poi girò lentamente lo sguardo nella penombra della stanza quasi spaventata dalla verità che le aveva detto, infine tornò a guardarlo “Tu sei … forte. Riesci a portare su di te tuti i miei sbagli” “Dici? Quando qualcuno ci piace accettiamo tutto quello che è, anche quello che non avrebbe senso” E sorrise Lei ci pensò per quasi un minuto, poi decise di uscire allo scoperto “Questo lo chiamano amore” “Non lo so come lo chiamano. So che adesso è cosi. Deve essere così. Domani magari, invece di accettare tutto, odierò tutto” Lei lo guardò negli occhi e lui continuò “E questo dipenderà da te, da me, da noi” Lei sorrise e il suo sorriso illuminò la penombra “Hai detto … Noi. Vuol dire … che siamo una sola cosa, vuol dire che mi vuoi bene” “Può essere, ma stare insieme una notte non è amore. È solo un inizio” “Io di inizi ne ho avuti tanti, troppi.” Commentò amara, appoggiando la testa sul suo petto. Lui mise le mani tra i suoi capelli accarezzandole la testa “Non ha importanza quanti sono stati gli inizi. Dai senso ad una frase a seconda di dove metti il punto. Se lo metti troppo presto o troppo tardi la frase non ha senso.” “E se non lo metto?” “Vuol dire che quella frase diventa la tua vita” Sorrise ancora e si strinse a lui. Vi fu un silenzio che per i loro pensieri fu come la primavera per i fiori “Ti piace la pasta con la mollica?” “Ti vuoi mettere a cucinare?  Da quando ti conosco non hai toccato una padella neanche per sbaglio” “Voglio fare per te qualcosa che non ho mai fatto per gli altri. La pasta con la mollica mi riesce bene. È l’unica cosa che so fare” “E per ostetricia?” “È stata la prima prova, non vuol dire niente. Non ho più paura, ci riuscirò. Con te accanto ci riuscirò, avrò mille piccoli neonati da far nascere, ognuno avrà il sorriso di mio figlio e quando lui mi cercherà gli dirò che ha mille, diecimila fratelli, tutti figli miei” Si strinse ancora a lui, con la testa sul suo petto chiuse gli occhi e continuò “Sai qual è la parola più bella dopo amore” “Scopare?” Fece lui ridendo “No, scemo, è “domani”! Domani tu sarai ancora qui, domani faremo all’amore, domani farò un nuovo test, domani vincerò il bando, domani sarò ostetrica, farò nascere tanti batufoli rosa, domani vedrò mio figlio …. Domani È una parola bellissima, che adesso per me ha un senso. Una parola dove ci siamo tutti e due.”
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eleonoramartis · 1 year
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📍Si trova tra Alghero e Bosa, nel territorio di 𝙑𝙞𝙡𝙡𝙖𝙣𝙤𝙫𝙖 𝙈𝙤𝙣𝙩𝙚𝙡𝙚𝙤𝙣𝙚.
📌 Sono tre i nomi con cui è conosciuta questa spiaggia e tutti descrivono molto bene questa distesa selvaggia:
- 𝙎𝙥𝙞𝙖𝙜𝙜𝙞𝙖 𝙙𝙞 𝙋𝙤𝙜𝙡𝙞𝙣𝙖: deriva da “farina” come la sua soffice sabbia;
- 𝐒𝐩𝐢𝐚𝐠𝐠𝐢𝐚 𝐝𝐞𝐥 𝐂𝐨𝐫𝐚𝐥𝐥𝐨: per la lucentezza che emana la sabbia:
- 𝐒𝐩𝐢𝐚𝐠𝐠𝐢𝐚 𝐝𝐞𝐥𝐥𝐚 𝐒𝐩𝐞𝐫𝐚𝐧𝐳𝐚: in onore della chiesetta limitrofa di Nostra Signora della Speranza.
🏖️ Tu in quale modo la chiami? Io l’ho conosciuta come “spiaggia di Poglina”.
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Storia al futuro
( Prima parte )
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Tuttto nasce dagli occhi. Due occhi che si fermano un giorno e indugiano su un'immagine piena di verde.
Da lì nasce una Storia al futuro che potrebbe iniziare da un semplicissimo :
"Ci sarà una volta..."
L'immagine trabocca di verde.
È una casa ma è anche un giardino. Probabilmente è una Casa-Giardino dai colori tenui, quasi trattenuti, rispetto alla allegra baldanza del verde acceso che splende nel prato.
Poi le piante. Le rampicanti a decorare le pareti esterne fino all'inizio del tetto ed i fiori e i cespugli sparsi un pò ovunque ad abbellire la vista del cortile.
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Poco lontano c'è uno specchio d'acqua vibrante e più oltre, in distanza, altre case del borgo immerso nel verde di alberi e piante.
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Dall'altro lato della casa, s'aprono sentieri che s'inoltrano nella campagna più selvaggia e meno coltivata ma fitta ugualmente di chiazze di fiori che splendono di una calma allegria fra il giallo ed il viola
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E' il luogo, è l'insieme dei colori, è il sentirsi a casa in queste immagini, che inducono a sentimenti di tenerezza. Ad desiderio di ritorno alle nostre radici più antiche e più solide.
Il mio essere cresciuto in campagna dai nonni, il mio essermi sempre sentito una persona libera soprattutto a contatto con la natura.
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È il ritorno alle origini. Al bambino che correva scalzo sulla terra tiepida. Quella soffice perchè appena lavorata dalla motozappa che inspiegabilmente mi creava una spiaggia di morbida terra friabile, al posto della sabbia che conoscevo la domenica in riva al mare.
Questo era un altro mare. Un mare verde sotto la carezza del vento di certe giornate d'aprile col cielo scabro, di azzurro vivo e il paesaggio d'erba alta e tenere foglioline sui rami.
Ecco in queste immagini stava racchiuso un oceano di ricordi e sensazioni a pelle e più vividi ancora, i profumi, gli odori, la sensazione tattile dell'erba sotto la mano di un bambino che corre sul pendio che porta alla collina e alla vigna.
Tutto questo all'improvviso si sprigiona nella mia testa che fissa quelle immagini.
E all'improvviso lo so. Lo so perfettamente cosa voglio. Cosa desidero.
E il mio desiderio è simile al pensiero dell'aria libera del cielo e del sole, che si fa strada nella mente del Sub che risale dal fondo del mare, verso la superficie.
Io so con chiarezza cosa desidero. E lo desidero con la stessa forza con cui si desidera tornare ad inalare l'ossigeno dell'aria libera.
Il mio desiderio - all'improvviso lo so - è tornare a respirare come facevo da bambino
E' là che voglio proclamare la mia Patria. Laggiù è la mia casa.
Improvvisamente lo so con una precisione da far male. Con l'esatta consapevolezza di una lama conficcata nel petto.
Nel futuro voglio dare seguito e realizzazione a questo istinto di cui ora trabocco.
Vivere in campagna. Abitare una casa con tante finestre e vetrate rivolte al giardino.
Desiderare una casa-giardino e un giardino che sia ugualmente la "mia casa".
Là non vi è contrasto, non esiste contrapposizione, come esiste invece nella abitazioni di città la discontinuità fra interno ed esterno.
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In futuro voglio quest'alto privilegio di abitare in una casa come quella sognata e poi realizzata da Monet a Giverny.
Il bambino che sono stato, si era fin troppo appassionatp alla poetica pittorica di Monet. Fin troppo mi ero identificato con la sua idea di casa-giardino ravvivato tutto l'anno dagli ospiti colori.
Il giallo delle rose gialle, l'azzurro delle ortensie, i rossi ed i rosa delle peonie.
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Le mie memorie.
 
 
Asilo ed elementari.
 
Quando ero piccolo ero un genio. Almeno questo è quello che dicono i miei, come se qualcosa fosse cambiato nel corso degli anni. E forse è così. Boh?
 
Leggevo bene e avevo uno spiccato senso dell’umorismo. Sapevo risolvere i piccoli indovinelli e quesiti della vita; iniziai a parlare e a leggere in età normale, né precoce, né in ritardo, e forse tra i miei coetanei, a metà strada tra i 24 e i 25, sono uno dei pochi che ancora sa mettere in fila un discorso di senso compiuto. Forma e sostanza, come si suol dire. E ancor più certo sono del fatto che sia uno dei pochi che ancora si dedica alla lettura. Son cambiati solo i nomi: da piccolo Geronimo Stilton, da adolescente Ulysses Moore e John Grisham, e da “grande” Marcello Simoni. Un avido lettore insomma. Ma per i miei, rimanevo più intelligente da piccolino.
 
Ero timido, questo sì. Molto timido. A tratti chiuso, e anche un po’ goffo. Quando all’asilo c’era la recita di fine anno, venivo sempre strattonato perché ero troppo lento nei movimenti. I genitori erano tutti lì ad applaudire, anche se non ho mai capito cosa cazzo avessero da applaudirsi. Però applaudivano. Bene, bravi, bis.
 
Mia madre mi racconta sempre di un episodio che mi vide coinvolto all’asilo quando rimasi impassibile dinanzi alla caduta (e alla fuoriuscita) di colla da un contenitore. Quando mia mamma apprese di ciò dalla maestra Susanna, credette anche solo per un attimo che il tri-test avesse ragione: anomalia cromosomica, magari una forma di autismo. Crescendo, ho anche pensato di fare qualche test per la sindrome di Asperger.
 
Se all’asilo mia mamma era costretta a venire tutti i giorni a scuola, con mio fratello piccolo costretto a stare a casa con la nonna per via della cacca che mi facevo addosso, alle elementari, almeno i primi tempi, furono non proprio rosa e fiori.
 
 
 
Elementari.
 
Quando entrai alle elementari, ero un po’ spaventato, intimorito da quel mondo. Non era raro che capitasse che, durante l’ora di italiano, mi mettessi a piangere. A farmi paura era proprio la maestra, nonostante fosse così amorevole e simpatica. Fu una paura che mi passò solo col tempo. Ma di storie ne avrei da raccontare, come quando durante una forte tempesta mi misi a piangere in classe credendo fosse calata la notte e dovessimo rimanere in classe più del dovuto. Fervida immaginazione, non c’è dubbio. A farmi calmare fu la maestra Titina che mi prese per mano e mi comprò una graffa. Ci avevo guadagnato, ma se ripenso a quella figura di merda, mi vorrei scavare una fossa, buttarmici dentro per poi ricoprirla, e non uscire più di lì per altri cento anni.
 
Fervida immaginazione, come quella che all’asilo (e ai primi anni di elementari) mi induceva a colorare il mondo in maniera alquanto singolare: cielo nero e omini viola, come usciti da quella pubblicità-progresso contro l’aids, ombrelloni da spiaggia marroni e il mare verde scuro. E certo, che pessimismo e negativismo che c’era nella mia visione, per quanto originale potesse essere.
 
E’ alle elementari che inizia a venire fuori un certo “genio”; spinto alla competizione selvaggia dai miei con chi mi “teneva testa”. Poco importava quanto avessi appreso e in che modo: la sfida non era con me stesso, ma col mondo esterno.
 
E questo “periodo di gloria” è durato solo alle elementari: facile andare a gonfie vele quando si tratta di giochini innocenti per bambini deficienti.
 
 
 
Medie.
 
Uscii dalle elementari quasi con lode, con l’affetto della maestra che distribuivano quel documentino in palestra. Quel giorno consegnai un cd a testa. Da patito di musica qual ero, non potevo non regalare qualcosa che rispecchiasse il mio stato d’animo.
 
Quella sorta di impero (seh, vabbè…) Che mi ero costruito alle elementari, alle medie svanì in un lampo. Di quel periodo non ricordo foto, né di gruppo, né personali. Tre anni quasi da buttare al cesso, oserei dire. Non c’era interrogazione o compito in classe a cui non prendessi un’insufficienza. E neanche in tema amicizia la cosa andava tanto meglio. In classe, similmente a un altro paio, ero quello babbizzato, e anche il mio migliore amico delle elementari l’ho visto lentamente e inesorabilmente cambiare.
 
Ai colloqui scuola-famiglia i docenti si ostinavano a descrivermi (e a chiamarmi) come un Albert Einstein dormiente, mentre i genitori degli altri se ne andavano sempre felici e festanti. E i miei non perdevano certo l’occasione e festanti. E i miei non perdevano certo l’occasione a riportarmi le felicitazioni altrui per porre ben benino l’accento sulla loro, di infelicità. Causata dal sottoscritto, ovvio.
 
La soluzione? Spingermi a fare di più, con la convinzione che aggiungere carne al fuoco potesse in qualche modo servire a farmi alzare i voti in pagella. Se gli altri prendevano 8 e 9 era dovuto al fatto che fossero stimolati, anche al di fuori del contesto scolastico. Quindi si decise che avrei dovuto seguire corsi di musica o avrei dovuto praticare uno sport (qualcuno riusciva benissimo a conciliare tutte e due le cose).
 
Alla fine della fiera, mi convinsi (si fa per dire) a lezioni di batteria, che mi prese per un certo periodo, finché vidi che il docente iniziò a dare buca (a volte senza neanche un preavviso) sul finire del ciclo delle lezioni.
 
Certo, e ciò va detto, non si può dire che non abbiano provato a spronarmi. A pensare alla prof di italiano, per esempio, non c’era giorno che non mi tenesse in considerazione, per interrogazioni, per spronarmi a parlare e tirare fuori il meglio di me, spesso e volentieri invano.
 
Persino all’esame di terza media (fui forse l’unico a cui lo fece) decise di non attenersi alla mappa concettuale che presentai, ma di pormi una domanda extra, di un argomento che (aiutato anche da una piccola dose di fortuna) riuscii ad esporre al meglio. Quello di terza media fu un esame decisamente diverso da tutti i compiti e tutte le interrogazioni che avevo sostenuto in tutti e tre gli anni delle medie.
 
 
 
I concerti.
 
Quegli anni, però, li ricordo anche per un altro tipo di eventi: prima o poi, nella vita di quasi tutti, arriva il momento del “primo concerto”. E nonostante la mia situazione scolastica, i miei non mi hanno mai negato ove possibile, neanche questo.
 
E ovviamente, il primo non lo potrò certamente dimenticare, soprattutto per l’epicità dell’organizzazione.
 
Estate 2012, avevamo appena concluso un pranzo familiare, quando navigando su Facebook trovai la notizia che meno mi sarei aspettato di leggere: J-Ax in concerto ad Afragola proprio quella sera. Ax lo seguivo già da un po’, e fu forse il primo artista rap a cui mi appassionai, almeno in Italia. E il concerto ad Afragola, per qualche oscuro motivo era passato completamente inosservato. Controllai anche sulla pagina di Ax per assicurarmi che non si trattasse di una truffa bella e buona, ed in effetti era proprio così: Ax quella sera suonava dal vivo nella vicina Afragola. Era primo pomeriggio quando glielo riferii a mio padre, che capì dove volevo andare a parare, e si mise a disposizione e volenteroso di accompagnarmi e venire a vedersi un concerto. Invitammo in men che non si dica anche i miei cugini, e ci ritrovammo ad Afragola in nemmeno un’ora da quando avevo visto la comunicazione del concerto.
 
Fuori al luogo ci precipitammo al botteghino, dove riuscimmo miracolosamente a trovare dei biglietti disponibili. Per quattro. I miei cugini ed io eravamo andati lì muniti di cuoricini in cartoncino home-made col nome di J-Ax, che ci scrivemmo anche addosso. Per me che ad un concerto non ci ero mai andato, quello fu una piacevole sorpresa. Papà passò l’intera serata a riprendere e fare foto. Per la prima volta in vita mia, e avvenne a quel concerto, mi ritrovai avvolto dall’odore di marijuana, di cui ignoravo completamente l’esistenza.
 
L’anno successivo, per festeggiare la mia promozione in primo superiore, io e mio padre andammo persino a Giffoni, per due sere consecutive, in occasione del doppio concerto Ntò-Il Guercio-Fedez e Ensi-Salmo-Clementino (più ospiti extra). Papà, anche in questa occasione, per tutti e due i concerti tenne la videocamera in mano per fare foto e video. Quei due furono gli ultimi due concerti che vidi insieme a lui: dagli anni successivi iniziò il momento della cosiddetta “emancipazione”.
 
 
 
I primi anni delle scuole superiori.
 
Lasciatomi alle spalle il periodo delle scuole medie, quello delle superiori era iniziato dopo un’estate ad inseguire i miei idoli. Concerti, instore tour a non finire. La mattina che varcai i cancelli del de’ Liguori per la prima volta non avevo aspettative. Comme vene, accussì m’a piglio. Al mio ingresso era presente solo mio padre, in quanto mia madre era allettata dal mal di schiena. Entrato in aula, notai da subito che a parte un paio, non ne conoscevo nessuno. E la cosa ironica è che, come alle scuole medie, niente avevo fatto per instaurare un chissà che tipo di rapporto. E certamente, non era stato fatto granché neanche da parte dei miei compagni di classe.
 
Non c’erano solo insufficienze nel mio percorso liceale: c’erano certo più i bassi che gli alti, e se dovessi descrivere la mia carriera, la definirei come una carriera abbastanza insipida.
 
Non ho mai subito atti di bullismo, nonostante mi fosse capitato di ricevere prese per il culo poco edificanti, finite anche con imprecazioni e sputi in faccia. Quei pochi amici che avevo erano tutti amici di mio fratello. A dire il vero con qualcuno c’era anche un tipo di amicizia più lunga e profonda, ma metà del nostro gruppetto di amici erano “amici acquisiti” (perlomeno per me) in quanto compagni di classe di mio fratello. Nonostante questo dettaglio, tutto sommato trascurabile, si venne a creare comunque un bel rapporto.
 
Al terzo anno avvenne il prevedibile: venni rimandato in fisica e italiano. Quella estate per me, comunque, per me fu un vero spasso, e se la materia di italiano me la ripetetti in lungo e in largo appena appreso del debito, non si può dire la stessa cosa per la materia scientifica, che iniziai a ripassare, in maniera intensiva, ma comunque efficiente, solo nel mese di agosto, a una quarantina di giorni dagli esami di riparazione. Esito? 7 in fisica (con tanto di complimenti della professoressa) e 6 in italiano (con tanto di commenti infamanti di gente che, per un motivo o per un altro, non ce l’aveva fatta a superare gli esami e mi diedero del raccomandato. Grazie e tanti saluti).
 
Quando iniziammo il quarto ero anno, eravamo in dieci, da oltre venti che ne eravamo. Frutto di un sistema scolastico e di una società fallimentari. Il clima all’interno della classe certo non era favorevole a nessuno, meno che a noi. Anzitutto per i rapporti che c’erano tra professori e professori e in certi casi anche tra alunni e professori. Essere in dieci (e per di più con quasi metà classe impegnata, talvolta, con quell’inutile alternanza scuola-lavoro) comportava il fatto di essere sottoposti, ciascuno di noi, ad almeno una/due interrogazioni al giorno… Se ci andava bene.
 
 
 
La gita in Sicilia.
 
Se in terza media e in terzo superiore non mi concedetti la gita scolastica, fu al quarto anno, nel 2017, che accettai di buon grado di partecipare alla gita di cinque giorni in Sicilia. Titubante, soprattutto per via dei miei rapporti con la maggior parte dei miei coetanei. Ma decisi di provare comunque. Non si può mai sapere nella vita…
 
Se ripenso a quella gita, comunque, non ho cattivi ricordi, o comunque decisamente meglio delle mie basse aspettative (basse per discorsi che esulano completamente dalla questione “luogo”). Per me, che fu la prima e ultima volta in Sicilia, è stata una bella esperienza, specie se ripenso alla mattina in cui salimmo sull’Etna innevato dove per scendere, a causa dell’assenza delle attrezzature adatte, dovettimo farci aiutare da alcuni ragazzi un po’ più esperti, risoluti e lucidi che erano con noi. L’immagine che ho impressa nella memoria è quella di un’intera scolaresca che, davanti a me, scivolava col culo sulla terra per non dare il via ad una specie di valanga umana.
 
La sola nota negativa la potrei ricondurre al fatto che la zona in cui abbiamo alloggiato c’era poco e niente, tant’è vero che una sera uscimmo per farci una passeggiata e fummo estremamente fortunati a trovare un bar, dove consumammo qualcosa. All’epoca io non bevevo alcolici, e fui uno dei pochi a limitarmi a prendere solo una lattina di Coca-Cola.
 
 
 
Il quinto anno di liceo e l’accademia.
 
Il quarto anno finì solo con un approfondimento. O forse due. Amen. E riuscii anche a godermi il mio diciottesimo in santa pace. Si può dire che festeggiai tre volte: una volta la sera prima che andammo a comprare dei cornetti con alcuni ragazzi del parco, il 30 giugno esatto, quando mia madre preparò dei dolcini che portai al campo estivo al duomo dove stavo facendo volontariato, e il 5 luglio a casa mia, invitando decisamente poche persone. “Pochi, ma buoni”. Poco prima di avere un forte strappo anche con la mia compagnia dell’epoca, che si sfasciò poco dopo l’inizio dell’estate.
 
Durante l’estate, iniziò anche il periodo in cui, causa problematiche più grandi di noi, venne a vivere, a periodi alterni, mio zio, col quale ho instaurato un legame che non pensavo di poter instaurare, e questo per circa due anni e mezzo…
 
Il quinto anno si aprì alla grande con la notizia della fusione della nostra classe con un’altra classe dello stesso corso. Una notizia che ci fece rallegrare e ci fece riprendere dall’anno scolastico precedente. La cosa paradossale era che riuscii a instaurare un rapporto più pacifico e costruttivo, più disteso e nel più breve periodo con i ragazzi dell’altra classe che coi ragazzi della mia, di classe, in cinque anni. Un rapporto, quello durato cinque anni, caratterizzato da tanti momenti di semi-tensione, o, comunque, in cui non riuscivo a stare del tutto sereno e rilassato, con momenti in cui mi sono persino illuso che “denunciando” alcune cose che accadevano al professore rappresentante di classe o al preside dell’istituto potesse anche cambiare qualcosa. Tutto ciò che è accaduto è stata solo una breve gita fuori-presidenza da parte di quest’ultimo nella nostra classe, un discorsetto del cazzo, banale, dozzinale e poi più niente: tutto come prima.
 
Il quinto anno, per me, fu tutto sommato un anno in cui riuscii a prender fiato. Solo una settimana lontano dalla scuola per rigenerarmi, e si ritorna in pista più carichi di prima.
 
Un nuovo capitolo, segnato anche da una serie di amicizie nuove. Una serie di “prime volte” da elencare tutte: la prima volta a Napoli di sera con loro, il primo concerto da solo (a dire il vero il secondo, ma il primo che non fosse ad Acerra, bensì a Napoli, per di più in prima fila), la prima volta a Caserta, a Paestum, ad Aversa, la prima volta al sushi. Esperienze su esperienze a me decisamente inedite, e che mi rendevano il momento ancora più magico, in quanto rappresentavano per me una finestra sul mondo.
 
Così come è stata una finestra sul mondo la gita di cinque giorni in Portogallo a Lisbona, durante la quale tenevo un costante contatto con i miei amici e le mie amiche in Italia. Per me, quella gita fu anche un meraviglioso ricordo da ricominciare nella mia mente, da ripercorrere ogni volta che voglio stare bene.
 
Nei mesi a seguire alla gita ci fu un non-stop scolastico: a ogni ticchettio dell’orologio, sapevamo che ci stavamo inesorabilmente avvicinando agli esami di maturità. Questo ci dava un senso di unione quantomeno emotiva, ma compreso, sebbene non abbia mai avuto chissà che rapporti con tutti. Al famoso pranzo di fine anno “coi professori” i professori furono gli unici assenti. “Pranzo coi prof… Senza prof!”. Così recava decorata col cioccolato la torta di quella giornata. Si contavano i giorni.
 
Sebbene mancasse poco, non mi son comunque precluso anche quel po’ di divertimento necessario: il diciottesimo in spiaggia a Paestum di Alex fu il più devastante e clamoroso, siccome mi lasciò un segno indelebile che mi portai con me all’esame, ovvero una scottatura solare in testa ai lati della cresta, con la pelle che bruciava e iniziava a squamare (avvenne anche sull’esame scritto).
 
L’11 luglio 2018, giorno del mio esame orale mi sentii di una leggerezza ineguagliabile. Fui forse l’ultimo dei maturandi dell’istituto (o forse uno degli ultimi, sicuramente l’ultimo della mia classe) a lasciarlo. Erano le 14 circa, salii in sella alla mia bici e volai verso casa. Ero libero. Alle mie spalle si era chiusa una porta, tra le più particolari della mia vita. Capii finalmente lì e nei mesi ed anni a venire quale magia ti lascia addosso il quinto anno di liceo, e capisci quanto possa essere universale Notte prima degli esami di Antonello Venditti, che ritorna ogni anno come Mariah Carey e Michael Bublè a Natale.
 
Quella sera chiamai i miei amici per stappare giù al parco, e poco importa che me ne sarei uscito con un 60 sicuro (o il cosiddetto 59 e un calcio in culo): ero libero e pronto ad abbracciare il futuro. O almeno, così credevo.
 
Quella estate passò in maniera alquanto frenetica: una frenesia di gruppo, collettiva, che similmente a quanto successo l’anno precedente, portò alla disgregazione della compagnia: tra inciuci, coppiette in formazione e cornificazioni, incomprensioni e incompatibilità umana. Da quel gruppetto promiscuo di persone, ne venne fuori uno più piccolo, quasi come una specie di araba fenice che risorge dalle sue ceneri.
 
Con @carmenl98-blog p, a fine agosto di quell’anno, andammo a informarci in segreteria all’accademia di belle arti. In me, che gestivo autonomamente una pagina Instagram da qualche mese a quella parte, iniziò a serpeggiare l’idea che seguendo il corso di graphic design all’accademia potesse servirmi e tornarmi utile. A settembre effettivamente provai a entrare a graphic design ma, andato male quello, riuscii comunque ad accedere a grafica d’arte, esattamente come Carmen.
 
Mi ricordo di quel periodo come fosse ieri: mio padre mi accompagnò fuori l’accademia per svolgere il test d’ingresso e in mezzo a quella folla di sconosciuti mi sentivo al contempo spaesato e piccolo, quasi anonimo, ma mi metteva addosso molta voglia di scoprire il futuro cosa mi avrebbe riservato. Mai lo avrei detto di incontrare tra quelle mura un amico come Pietro Zara, ma anche altre persone con cui ho avuto modo di passarci dei gran bei momenti. Ma più passava il tempo, più mi rendevo conto che forse quello non fosse davvero il mio percorso.
 
 
 
La rinuncia agli studi e l’iscrizione al davimus.
 
Durante quel periodo, ebbi anche modo di provare l’emozione di avere un amico a quattro zampe: una sera, tornando da lavoro, un amico della comitiva, oltre alle solite sfizioserie da consumare che portava dalla pizzeria in cui lavorava, venne con un cacciottiello al suo seguito. Mario ci chiese a chi andasse di prendersi cura con lui del cagnolino e fui l’unico a farsi avanti. Per un po’ di tempo la cosa andò bene, fin quando per varie motivazioni decisi di tirarmene fuori.
 
La stessa sorte toccò anche al mio percorso accademico. Era il primo trimestre del 2019 quando entrai tra le mura del palazzo di belle arti con una consapevolezza diversa: sebbene avessi fatto nuove amicizie e l’ambiente fosse un bell’ambiente, il mondo dell’accademia non era il mio mondo. Tutt’oggi conservo un bel ricordo di quei momenti, delle passeggiate per raggiungere la stazione, degli arancini di metà mattinata il cui odore si propagava per tutta l’aula dove seguivamo disegno dal vero con la professoressa Tempesta, e ben mi ricordo anche della professoressa Tempesta che, senza mai far sentire a disagio nessuno, cercava sempre di dispensare ottimi consigli con fare materno. Come pochi altri insegnanti che ho avuto il piacere di incontrare sul mio percorso scolastico.
 
Non era passato neanche un anno dal mio esame di maturità, e dare quella notizia ai miei per me non fu facile. Loro mi han sempre detto che avrebbero voluto vedermi iscritto a medicina, farmacia o a giurisprudenza, o in ogni caso non a belle arti, siccome nel disegno non avevo mai brillato. Alla fine, la notizia gliela diedi scrivendola su un foglio che lasciai sul tavolo vitreo della cucina: il foglio con la rinuncia agli studi. Avevo già versato lacrime a sufficienza per i corridoi dell’accademia, non avevo proprio voglia di altro pressing psicologico/emotivo.
 
I miei amici non mi hanno mai fatto pesare questa scelta, e anzi quando seppero di questa decisione compresero. Qualcuno ci era anche passato. E c’è stato anche chi ha provato a suggerirmi e a darmi una mano a cercare ciò che avrebbe potuto fare al caso mio. Bastava fare 2+2: mi piace la musica, lo spettacolo, l’arte, allora la scelta era il davimus. Peccato per la distanza, ma forse era proprio il percorso più adatto che avrebbe fatto al caso mio.
 
Il resto di quella estate la passai a fumarmi i soldi che avevo in posta. Senza un lavoro è assai difficile far crescere i soldi sugli alberi o farli cadere dal cielo come pioggia. Mi concessi anche il lusso della mia prima vacanza solo con i miei amici, con meta ad Alba Adriatica. E feci anche la mia prima breve esperienza come fattorino delle pizze nella vicina Pomigliano. Durai sei giorni, mi liquidarono con dei soldini extra dopo aver visto che: 1. Non ero molto pratico della zona (e neanche Google Maps prendeva bene per aiutarmi in quel lavoro già complicato e stressante già di suo), e 2. Fui “costretto” a dire la verità (ovvero per chi lavorassi) a un posto di blocco dei carabinieri. Non avrei mai potuto mentire alle forze dell’ordine, sia mai che in qualche modo avrebbero potuto anche sgamarmi, e magari ci sarei finito io per sotto.
 
Mi diedero 100 euro, pur se con molti intoppi riscontrati, e la paga mensile sarebbe stata di 400 euro.
 
Sul finire dell’estate, ebbi un altro disguido con il mio gruppo di amici, non voluto da me, ma da me sicuramente alimentato, in quanto all’epoca molto irrequieto e meno maturo in relazione alla gestione di momenti criticità e di litigio. Un copione già visto: gente che grida cattiveria da una parte e stessa cosa dall’altra, e per la prima volta sono anche quasi arrivato alle mani. C’ero io contro sei, tra chi voleva parlare e chi, con fare più animalesco, voleva darmi una qualche lezione alzando le mani. Con me c’era Marco Cusano, che chiamai mentre era a scuola guida, ma accorse ugualmente appena finì di seguir la lezione. Dopo quell’episodio, io e Krebsino ci eravamo promessi di andare a mangiare un panino a Pomigliano (cosa che poi non è più avvenuta), mentre col mio (ormai ex) gruppo di amici non ho più parlato per qualche mese. Avevo ben altri pensieri per la testa, come, giusto per dirne uno, l’università, che mi attrasse parecchio. Quel maledetto campus era sì tanto enorme che mi persi per sei giorni di fila, ovvero i primi sei giorni di corsi. Letteralmente non ci capivo una sega di come funzionasse il campus, e farla da solo mi faceva vivere la cosa in maniera ben differente da come affrontai l’accademia: né Carmen, né Pietro, né altri con me. Ero io, e basta. Non ero lì per altre amicizie, ma per studiare e basta, e così fu per i primi periodi.
 
L’unica ragazza che conobbi era un punto di riferimento per chi frequentava il davimus: sembrava (ed in fondo era) una persona simpatica, con cui si interruppero tutti i rapporti quando, una sera passata insieme ad un amico, decidemmo di farle uno scherzo telefonico assai innocuo, di quelli che se ne fanno a migliaia e che divagano anche in rete. Uno scherzo mai sfociato nella rabbia, nell’insulto o nell’incazzatura, tanto che al termine della chiamata, seppur titubante, decisi di farmi avanti e confessare essere solo uno scherzo. Purtroppo, dall’altra parte lo scherzo non fu preso benissimo, e dopo un’iniziale sfuriata dall’altro capo, mi ritrovai dapprima solo un blocco su WhatsApp, e subito dopo un messaggio nel gruppo generale del corso di studi: “c’è qualcuno qui dentro che alle dieci di sera, mentre noi studiamo si diverte a fare degli scherzi telefonici infantili”.
 
Quella fu la lapide su qualsiasi forma di amicizia e/o conoscenza che sarebbe potuta nascere lì tra le mura del davimus.
 
 
 
2020: la pandemia e la caduta.
 
Il 2020 si era aperto con un momento di forte crisi personale, che non si è mai acquietata per almeno un anno e mezzo. Questo nonostante il riavvicinamento con il gruppo di amici con cui avevo litigato pochi mesi prima. Qualcuno mi aveva dato anche dell’ipocrita, come se non si possa cambiare idea nella vita, o come se non fossimo esseri umani in divenire. Quei problemi crescevano man mano sempre di più.
 
E mai lo avrei detto che avrei mai potuto vivere un periodo come quello della pandemia, che ci ha inghiottiti indistintamente tutti. Ma proprio tutti…
 
Se da un lato la pandemia e il lockdown di marzo, aprile e maggio aveva fatto acuire alcune paranoie di cui mi sfogavo con i miei amici (quei pochi con cui mi confidavo su certi temi), dall’altro, tolti i primi tre o quattro giorni di realizzazione e accettazione della situazione in cui versavamo, ho cercato di mettermi con la testa e col pensiero e ho iniziato ad impegnarmi come mai fatto prima. Non tutto il lockdown fu da buttare: mi servì per tirare un freno alla vita che stavo conducendo fatta di bar, McDonald’S e cibo spazzatura in continuazione, con conseguente spesa di soldi. E ancora, nel lockdown mi decisi a portare avanti una dieta estremamente rigida fatta di totale eliminazione di grassi superflui: né latte al mattino, né altre forme di lattici (dissi addio anche alla mozzarella), né pizzette e sfizioserie fatte da mia madre, né dolci e dolciumi (dissi di no anche all’uovo di Pasqua della Kinder). In più iniziai seriamente ad allenarmi tutti i giorni: pesetti, flessioni, squat, posturale, esercidi per dimagrire, addominali. Alla fine della quarantena me ne uscii con 15 chili in meno, e lo stesso avvenne anche a Nello e a pochissimi altri con cui mi allenai in quei due mesi, sebbene la maggior parte delle persone fosse non dico ingrassata, ma anche solo rimasta dello stesso peso.
 
In quei due mesi studiai da non frequentante per tutti gli esami che, in quel primo anno, riuscii a dare senza particolari intoppi entro ottobre. Niente male, per uno che prendeva solo insufficienze alle scuole medie, pensai. Ma certo non avevo una sfera magica in grado di prevedere il futuro.
 
Intanto era arrivato Giugno. Nello fu la prima persona che vidi dopo la riapertura. A dire il vero non fu proprio la prima prima, ma almeno la settima, all’incirca. Pian piano sembrava che ci stessimo avviando di nuovo alla normalità. Ma ancora una volta, non avevo certo una sfera magica in grado di predirmi il futuro.
 
Se da un lato io e Nello ne abbiam combinate di cotte e di crude, intensificando il nostro rapporto, al punto da sembrare quasi fidanzati, si potevano già facilmente intravedere le prime crepe nel nostro rapporto. Che poi, più che crepe sarebbe bene parlare di un aspetto più tossico del nostro rapporto. Nonostante ci vedessimo tutti i giorni, e ci sentissimo e messaggiassimo altrettanto, nonostante ci chiamassimo fratello a vicenda. Nello fece anche da mediatore con un ragazzo con cui ebbi alcuni disguidi due anni prima. La verità è che, al di là del suo carattere a tratti un po’ schivo, le mie paranoie non si placavano. La paura di perdere una persona importante come lui mi aveva spinto ad agire in maniera sconsiderata, talvolta asfissiante, e lui fu il primo dei due a rompersi le scatole.
 
Una sera, in un periodo in cui tentavo di sporgere denuncia nei confronti di terzi per motivi che consideravo importanti, sbottai alla semplice risposta negativa di Nello e Carmen. Un modo come un altro per cercare di far prevalere me stesso sugli altri, come altri han fatto con me in passato. Questo è ciò che oggi mi dico. E chissà quanto ci sia di vero in questa frase.
 
Per quell’estate 2020 tentammo di rimettere in qualche modo nuovamente in piedi quel gruppetto che c’era due anni prima. Ma c’era ben poco da fare: la distanza e gli strappi tra noi erano troppi e sarebbe stato sia stupido che ipocrita continuare a rivangare su un passato ormai andato.
 
Il 28 novembre iniziò la fine di quel gruppo.
 
 
 
L’inizio e la fine.
 
Fare pace con Salvatore nel 2020, per mezzo di Nello, per me fu una delle cose più belle. Ci avevo sperato a lungo. E a giugno 2020 avvenne tutto in maniera piuttosto rapida. Mai a dirlo, ma mi ritrovai a fare una vacanza di quattro giorni a Firenze (e l’ultimo giorno a Pisa) solo io e lui. E Nello che mi tranquillizzava dicendo che se non avesse voluto avermi tra i piedi non avrebbe accettato di farsi quella vacanza con me. Beh, non aveva tutti i torti.
 
Fu quando poi litigai con Carmen e Nello che iniziò il declino. Già… Dopo un’inutile discussione, imbastita da me, quel gruppetto di cinque/sei persone iniziò a disgregarsi. Qualcuno era già stato perso per strada, ma lì… Lì no. Lì fu diverso.
 
Anche dopo il litigio, provammo a vederci, ma nulla. Rapporti freddi. Se prima potevamo uscire e stare in silenzio senza sentire il peso dell’imbarazzo, ora anche l’imbarazzo era gelato dal silenzio della rabbia. E dopo qualche tempo, fu Nello, il primo a comunicarci la sua volontà di volersi allontanare. E così fece. E la stessa sorte toccò a Carmen.
 
A mie spese, capii quanto fosse infimo far leva sul senso di colpa per soddisfare un proprio desiderio, per quanto nobile possa essere. Capii a mie spese che ciascuno di noi ha e deve avere piena libertà di prender decisioni, anche quando non sono accettate da tutti in società. Il limite è sempre e solo uno: la libertà personale di tutti e di ciascuno. Papà mi ha sempre detto: la tua libertà finisce dove comincia quella degli altri. Cosa scontata, forse, ma forse neanche tanto. O, forse, è scontata la frase, come il concetto, ma non è sempre né semplice, né scontato sapere dove finisce la nostra e dove comincia quella altrui, di libertà.
 
Quella cosa mi scattò. E passai un periodo assai complicato, umanamente parlando. Di lì in poi ci fu ache il declino della mia carriera universitaria. La mia seconda carriera iniziata “a razzo”, sembrava sul punto di “finire a cazzo”, per citare J-Ax. I motivi erano vari e disparati. Innanzitutto la discussione con Carmen e Nello, sulla quale riflettevo pur con la testardaggine di chi vuole avere a tutti i costi ragione. E anche il mio atteggiamento lo percepivo differente, a tratti più acido, più scontroso, e di cui neanche mi rendevo pienamente conto. O forse sì. Forse sì o forse no. E se me ne rendevo conto, non ero ancora umanamente, personalmente ed emotivamente pronto, né motivato a migliorarmi e a cambiare. In meglio, si intende…
 
A quasi un anno di distanza dall’inizio della situazione pandemica, decisi che mi avrebbe fatto bene fare delle sedute dallo psicologo. Iniziai ad informarmi, da solo, e vidi che i prezzi, purtroppo, non erano niente di minimamente accessibile. Non per la mia famiglia. De gli psicologi privati prendevano 40/50 euro a seduta (se andava bene) trovai un ciclo di quattro sedute più visita conoscitiva 40 euro all’asl di Afragola. Lì parlai con lo psicologo per le quattro sedute delle vicende successe pochi mesi prima, e il destino volle che si aggiungesse altra carne al fuoco. Infatti, in un periodo di non eccessiva lucidità mentale, mi ritrovai in una situazione familiare tesa: una cosa in cui gli spazi personali di tutti e di ciascuno iniziavano a venire meno. Una questione reale, che mi iniziò a pesare parecchio, ma che venne affrontata, da me quanto dai miei, nel peggior modo possibile: brutale per certi versi, con alzate di voce, grida, porte sbattute e tentativi maldestri (e malriusciti) di volontario allontanamento. A distanza di pochi mesi dalla rottura e dal litigio con Nello e con Carmen, lo strappo e l’incazzatura, il periodo di fuoco tra i miei e me venne giù come pioggia acida che, pur non volendolo minimamente, ebbe un impatto su molte persone che avevo attorno.
 
Gli unici che erano con me erano Salvatore e Alex, pochi altri. Per il primo anno dal 2017, non festeggiai il compleanno: dover chiedere un aiuto economico ai miei era una cosa che mi ero promesso di non fare, non in quella situazione delicata. Tuttavia, decisero comunque di farmi un regalo, un giradischi per vinili di cui necessitavo, avendo comprato all’epoca la versione deluxe della riedizione de Il ragazzo d’oro di Gué, al cui interno conteneva ben tre dischi vinile. E lo stesso è avvenuto anche l’anno successivo: niente festa (ma non per le stesse motivazioni), e comunque han deciso di farmi un pensierino.
 
In quella estate 2021 ebbi modo di buttarmi a capofitto sul mondo del calisthenics, invogliato e spronato dai miei amici con cui mi allenavo; e per la prima volta sempre con loro affrontai le avventure dei sentieri in montagna fino a 1000 metri di quota: prima il monte Falerio (con tanto di infartino tattico e sudore fredda) e poi il monte di Maria Santissima Avvocata, cui seguirono nei mesi e nell’anno successivo atri sentieri anche più semplici, come quello di Cancello, o quello del sentiero degli dei.
 
Quando poi Alex partì per il militare iniziai a respirare un’aria pesante. Un’aria che non sapevo ben descrivere o identificare. Una bolla che poi era scoppiata il 6 dicembre, dopo alcune settimane di agonia umana e personale, che certo non sarebbe finita lì, ma sarebbe durata ancora alcuni mesi.
 
Per la seconda volta, ebbi un litigio con Salvatore. E pensai subito al karma. Io, che non fui in grado di comprendere una libera scelta fatta da altri in passato, incazzandomi senza un motivo, che me lo subivo sulla pelle a distanza di poco più di un anno. Il karma, certo… E la cosa che ancor più mi destabilizzò in quel periodo fu ricevere un ghosting da paura.
 
Il ghosting. Una delle piaghe più grandi dei rapporti umani. Un ghosting durato quasi un mese. Solo perché avevo osato risponder di no in maniera pacifica e consapevole, a una richiesta che non mi stava bene. Lì toccai con mano tutto ciò che non sarei voluto diventare ma che in qualche modo mi aveva plasmato e in cui mi ero alle volte trasformato.
 
Quando ai primi giorni di gennaio mi arrivò il messaggio di questa persona, capii che il nostro rapporto agonizzante sarebbe arrivato presto al capolinea, o forse era lì. “Se lo riterrò opportuno, sarò io a farmi vivo” fu il suo ultimo messaggio.
 
Solo ad Aprile quel ghosting si trasformò in zombing: un rapporto umano morto, sepolto e che torna nel regno dei vivi per sfinire, per dare il colpo di grazia, per poter catturare dalla preda ancora un po’ di essenza vitale. Ma ciò non avrebbe avuto vita lunga. Ed è giusto che ogni zombie torni nella cripta da dove è fuoriuscita.
 
 
 
2022: il fuoco, la cenere e l’araba fenice.
 
Quando a Gennaio ricevetti il messaggio di Salvatore, fin quando non mi ricontattò lui, ebbi poco a che fare con tutti. Mi invitarono a feste e diciottesimi e diedi buca anche senza particolari motivi, e non dico di aver fatto bene; e sebbene fossi tornato in unisa dopo la riapertura e la ripresa post-pandemia, si accumulava sempre più studio, carico per gli esami e libri. Il secondo anno frequentante (eccetto eccezioni) e senza riuscire a dare esami. Ne diedi davvero pochi. E si presupponeva che il triennio si sarebbe dovuto concludere entro il 2022. Ma le cose erano già ampiamente uscite fuori dal tempo previso. E ciò che proprio non ho avuto la forza né la voglia di fare è stato correre, fare la corsa degli asini. Al contrario, ho tirato ancora più il freno, cercando di riprendere le energie. In poco più di un anno il litigio con Nello e Carmen, poi quello coi miei e infine quello con Salvatore. Forse ciò di cui avevo bisogno era solo di cambiare aria e punto di vista, e approccio alla vita. Un momento di transizione, come penso di averne vissuti giù diversi in passato/negli anni precedenti.
 
Quando Salvatore mi ricontattò a metà Aprile, mi era quasi parso di esser rinato. Ma mi era bastato qualche settimana, forse uno o due mesi per rendermi conto dell’inganno. Tutto ciò che desideravo dentro di me era solo avere una persona di cui fidarmi ciecamente. Ma ciò è raro che ci sia nella vita, se non addirittura impossibile. E forse quello era stato l’esempio che, provato sulla mia pelle, mi aveva fatto capire più di quanto avessi anche lontanamente creduto che avrebbe potuto insegnarmi. Per quei due mesi estivi, fino a metà agosto, provai a cercare un dialogo, cercando di trovare un punto in comune da cui ripartire. Le risposte erano quasi sempre fredde, distaccate, quasi con fare passivo-aggressivo: non era possibile recuperare. Andava bene, per lui, quel rapporto di semplice conoscenza, comunque di amicizia con punte di sufficienza. Andava bene a lui, ma non certo più a me, e per un attimo avevo pensato a tutti quei compagni di classe che, se non altro, han sempre mantenuto lo stesso atteggiamento nei miei confronti nel corso degli anni, senza fingere di essere per me ciò che non erano, ovvero degli amici. Quegli amici “bastone-e-carota”, in cui il ciuccio si ritrova a inseguire una carota che è legata da un’asta issata sul suo dorso. Un inseguimento inutile, e soprattutto senza una fine, senza uno scopo. Per lo meno, non per il sottoscritto.
 
Di questo presi coscienza nel 2022 durante quella magica Estate. E più me ne rendevo conto, più mi sembrava di tornare a vivere. Ma non quella vitalità scaturita da un messaggio freddo e insensibile: una vitalità che nasceva da una nuova consapevolezza. A inizio di quell’anno postai una frase: “come faccio ad aprirmi al futuro se non riesco a fare pace col mio passato?”. Forse stavo facendo “solo” pace col mio passato prima di buttarmelo alle spalle per vederlo come tale: ovvero qualcosa di passato, che per quanto influenzi tanto il presente quanto il futuro, non ha più impatto diretto, forte e violento sulla vita di tutti i giorni.
 
E allora tirai fuori dal cassetto l’Amedeus viaggi che nel 2021 arrivò in fase puramente embrionale nato proprio da Salvatore, che aprì la prima pagina senza peraltro mai aver ceduto al sottoscritto le credenziali. Se nel 2021 le uniche due mete furono Campomarino lido e il castello di Arechi a Salerno, la prima meta di una lunga serie del 2022 è stata Paestum quando il 29 luglio in loco c’era il concerto del Coca-Cola Summer festival. Quel giorno per me fu un modo per prendere metaforicamente aria. E da quel 29 luglio ce ne furono tante altre esperienze simili, qua e là per la Campania, alla ricerca di nuov posti, di nuove esperienze e nuove emozioni. E anche i miei orizzonti in termini di conoscenze e amicizie si allargavano sempre di più.
 
Il 14 agosto 2022 a Licola andammo (per me fu la prima volta) all’holi festival, e tutto quello nacque proprio sulla scia iniziale dell’Amedeus viaggi, e in quell’occasione fu l’ultima volta che vidi sia Alex che Salvatore, almeno di persona in un’organizzazione comune. “Ora o mai più”, pensai. Dovevo darmi una scossa. E così fu.
 
 
 
2023-presente.
 
Dopo il 29 luglio e il 14 agosto c’è stato un cambio di rotta. Un filosofo molto famoso, tal Arthur Schopenhauer, diceva: “la vita umana è come un pendolo che oscilla incessantemente tra il dolore e la noia, passando per quell’intervallo fugace, e per di più illusorio, del piacere e della gioia”. Non so se e fino a che punto credere che sia vera questa affermazione senza né obbiettare, né batter ciglio, ma se fino ad aprile 2022 aveva vissuto un periodo di lungo e progressivo isolamento cominciato nel novembre 2020, da quella estate è stato un crescendo di energia che neanche io riuscirei a spiegarmi. Dal “non avere proprio voglia di vedere gente intorno” al cercare di confrontarmi con tanti e in tanti ambiti, sempre e comunque consapevole che nessuno può mai bastarsi nella vita.
 
Son ripartito da me, con i miei pregi e i miei difetti, coi miei talloni d’Achille e i miei punti di forza, come tutti, con la frase-guida “come puoi amare gli altri se non sai amare te stesso?” Che ho sentito più che mai vera, avendo vissuto, da una parte e dall’altra del racconto, storie di gente che, nel loro non volersi bene e non valorizzarsi, han trattato come stracci da cesso le persone che stavano loro intorno, gli voleva bene e che non sono state in grado di valore. Il classico risultato di quando si vuol dare perle ai porci. Mai più, promessa che ho fatto a me stesso ancor prima che minaccia a terzi.
 
 
 
Futuro.
 
Uno degli ultimi bei ricordi che ho con Nello prima del nostro litigio e prima che le nostre strade si separassero irreversibilmente e bruscamente fu l’incontro più impensabile che potessi fare in Italia e per di più in Campania a Piedimonte Matese ovvero quello con @rafcamora-blog . Da allora c’è stato un lento e inesorabile declino. In quell’occasione entrai in contatto con un artista, una persona fantastica, che nonostante il successo non si è atteggiato a divo, parlando con noi per di più in italiano, dopo un mezzo stalking. Parlammo di musica, di come mi fossi appassionato alla sua musica, e lui, dal canto suo, mi ha rivelato un segreto che non mi aspettavo: la lavorazione di Palmen aus plastik 3 (che poi è effettivamente uscito due an- anni dopo, nel settembre 2022) nel suo periodo di silenzio social in cui si vociferava di un suo ritiro dalle scene dopo Zenit. E quell’occasione non me la lasciai sfuggire per farmi autografare la riedizione di quel disco che comprai a Gennaio di quell’anno. Non mi pareva quasi vero!
 
Quando a Luglio 2021 Raf Camora pubblicò a sorpresa Zukunft, fu per me qualcosa di stupendo e che, nel periodo dell’alba della mia “rinascita” di metà 2022 mi è sembrato quasi profetico. Zukunft infatti significa “futuro” in italiano. Quel futuro a cui a fine 2021 (o, per la precisione, a inizio 2022) non avrei saputo come aprirmi.
 
Il futuro. Come me lo immagino il futuro? Sicuramente a partire dal mio presente, ed essere il cambiamento che voglio vedere nel mondo, anche nel piccolo angolo di mondo che mi circonda, oltre che nella mia vita. Un cambiamento che deve implicare una crescita, una evoluzione, un miglioramento, arricchendo tanto me stesso, quando gli altri che ho intorno.
 
Ciò che ho imparato nella mia breve vita, è che per quanto il passato possa influenzare le scelte e le azioni che si compiono nel presente, bisogna saper fare tesoro di ciò che si vive, analizzarlo e plasmarlo a proprio piacimento.
 
Questa è la storia della mia vita finora. Un continuo saliscendi di emozioni, di contesti, di esperienze, di contesti che caratterizzano la mia persona, nel bene e nel male. Questo sono io, e sono anche tanto altro. E, questo posso giurarlo, sarò anche tanto altro.
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lamilanomagazine · 4 months
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Mare e safari: le destinazioni più belle in Africa
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Mare e safari: le destinazioni più belle in Africa. Siamo immersi all’interno di un contesto socioculturale estremamente complesso, all’interno del quale le nostre giornate scorrono a ritmi, spesso difficili da gestire e a cui risulta difficile tenere il passo. È in questo frangente che trova spazio il desiderio di ognuno di noi di uscire dalla propria zona di comfort per poter ritrovare sé stessi grazie a dei momenti di emozione pura ed intensa. Certo, molte persone potrebbero preferire concedersi al relax per poter trovare ristoro al termine di una lunga settimana, ma in generale la stragrande maggioranza degli individui trova nel cosiddetto viaggio della vita un vero e proprio momento catartico per poter ampliare i propri orizzonti e cambiare la propria percezione delle cose per sempre. In questo frangente, i safari spiccano come soluzione per vivere una simile esperienza, talvolta, senza rinunciare alla bellezza del mare grazie a degli itinerari particolarmente versatili come quelli che scopriremo nelle prossime righe. Namibia L'Africa è un continente ricco di meraviglie naturali, in grado di offrire esperienze uniche che possono combinare l'avventura del safari con la bellezza mozzafiato delle sue coste. Tra le destinazioni più affascinanti in tal senso spicca la Namibia, un paese che non solo vanta numerosi parchi naturali dove è possibile vivere l'emozione di avvistare la fauna selvatica nel suo habitat naturale – in questo viaggio di gruppo in Namibia organizzato da Stograntour sono inclusi i più famosi – ma è anche bagnato dalle acque cristalline dell'Oceano Atlantico. Con le sue dune rosse che si tuffano nel mare e l'incantevole Skeleton Coast, la Namibia rappresenta dunque una meta imperdibile per chi desidera immergersi nella bellezza selvaggia e incontaminata dell'Africa e, al contempo, trascorrere del tempo in spiaggia. Kenya Un’altra destinazione molto apprezzabile ed affascinante per poter vivere un simile itinerario è il Kenya. In particolare, consigliamo di visitare il Parco Nazionale di Tsavo, tra I più grandi del Paese. Diviso in due parti, permette di ammirare allo stato brado animali come il leone, l’elefante, il bufalo, il leopardo ed il sempre più raro rinoceronte. Inoltre, il Parco Nazionale dello Tsavo gode di paesaggi straordinari, tra cascate ed un vulcano spento. Collimare l’esperienza safari con il mare, qui, è possibile grazie a Diani Beach, una splendida spiaggia sita sulla costa sud del Kenya, caratterizzata per la sua sabbia bianca e per le acque turchesi. Diani è una meta ambita per il kitesurf e le immersioni e offre anche diverse proposte turistiche notturne. Tanzania La Tanzania è una delle destinazioni più gettonate per poter vivere un’esperienza meravigliosa in safari. Il Parco Nazionale del Serengeti, del resto, è ben noto al pubblico di viaggiatori per la Grande Migrazione, il fenomeno naturale durante il quale si assiste al movimento di mandrie di gnu, ebre e gazzelle verso pascoli freschi. Inoltre, il Serengeti offre la possibilità di ammirare ghepardi, leoni e iene dare il loro contributo nel corso naturale della catena alimentare. Chi è in cerca di relax, poi, può godere della bellezza dell’arcipelago di Zanzibar, noto per le sue spiagge straordinarie e per le barriere coralline. Sudafrica Il Sudafrica è la terra dove sorge uno dei parchi nazionali più famosi al mondo: il Kruger. Ben noto per la sua incredibile biodiversità, questo parco permette di attingere ad una serie di servizi aggiuntivi, tra cui anche numerose opzioni di alloggio, tra campeggi o lodge lussuose. Chi è in cerca di un itinerario all’insegna del mare, inoltre, potrebbe trovare in Cape Town un’ottima soluzione per visitare una città vibrante. Il Sudafrica, insomma, si presenta come la soluzione ideale per una moltitudine di esigenze, dalla passione per l’escursionismo alla scoperta della natura, fino ad arrivare agli amanti delle città più caratteristiche.... #notizie #news #breakingnews #cronaca #politica #eventi #sport #moda Read the full article
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agrpress-blog · 5 months
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Marevivo: con la campagna “Adotta una spiaggia” si tutelano le bellezze della Riviera del Conero Le spiagge della Riviera del Conero ent... #adottaunaspiaggia #arnaldoippoliti #europeanmaritimday #filippoinvernizzi #luigiconte #marevivo #previaspa #raffaellagiugni #regionemarche #rivieraconero https://agrpress.it/marevivo-con-la-campagna-adotta-una-spiaggia-si-tutelano-le-bellezze-della-riviera-del-conero/?feed_id=5078&_unique_id=663cb231c0102
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gioacchinomartorana · 7 months
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Sotto il Cielo Stellato: Un'Avventura al Semaforo
Mentre guidava verso casa dopo una lunga giornata di lavoro, Cetty si ritrovò bloccata al semaforo rosso. Guardò distrattamente verso l'auto accanto e incontrò lo sguardo di un uomo seduto al volante. Era alto, con una mascella definita e occhi intensi che sembravano scrutare dritto nel suo animo. Il semaforo cambiò, ma invece di ripartire, Cetty decise di seguire quell'auto. Sorrideva pensando che fosse solo una piccola avventura per spezzare la monotonia della sua giornata. L'uomo, che si chiamava Gioacchino, notò l'auto che lo seguiva e rallentò leggermente il passo, incuriosito dalla bellezza di quella sconosciuta. Le loro strade si incrociarono fino a raggiungere la costa. Cetty fermò la sua auto sulla spiaggia deserta, con il sole che stava calando all'orizzonte. Gioacchino fece altrettanto, e senza dire una parola, scesero entrambi dalle loro auto. I loro sguardi si incrociarono ancora una volta, ma questa volta c'era qualcosa di diverso nell'aria. Un'attrazione palpabile, un desiderio che bruciava tra di loro come il sole caldo sulla pelle. Senza un'altra esitazione, Cetty si avvicinò a Gioacchino e lo baciò appassionatamente. I loro corpi si avvinghiarono mentre le onde del mare infrangevano dolcemente sulla riva. Le mani di Gioacchino esploravano il corpo di Cetty con desiderio, mentre lei ardeva di passione per lui. Si spogliarono l'uno davanti all'altro, lasciando che la brezza marina carezzasse le loro pelli nude. Cetty sentiva il cuore battere forte nel petto mentre Gioacchino la toccava con una delicatezza bruciante, facendo scorrere sensazioni e piaceri attraverso ogni fibra del suo essere. Si abbandonarono al desiderio, consumati dalla passione che li univa in quel momento. Le onde sussurravano segreti mentre i loro corpi si univano in un crescendo di piacere, fino a quando raggiunsero insieme l'apice dell'estasi, perdendosi nel turbine delle emozioni.Dopo, sdraiati sulla sabbia calda, guardavano il cielo stellato sopra di loro, ancora avvolti dal profumo dell'amore e della passione. Era stato un incontro casuale al semaforo, ma quello che avevano condiviso sulla spiaggia rimarrà per sempre nei loro cuori come un ricordo indimenticabile di una notte di passione selvaggia e autentica
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sounds-right · 11 months
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27/10 Papeete Tour, 28/10 Samuele Brignoccolo + Wild, 31/10 Horror Party @ #Costez Telgate (Bergamo)
Tre party tutti da vivere tra venerdì 27 ottobre ed Halloween, martedì 31 ottobre '23, al #Costez Telgate (Bergamo), punto di riferimento di chi ha voglia di ballare con stile tra Bergamo, valli e bassa bergamasca (e non solo).
Il lungo weekend inizia venerdì 27/10 con uno scatenato Papeete Tour, ovvero un party che fa vivere l'atmosfera dei beach party più famosi e musicali d'Italia. Papeete mette insieme, a Milano Marittima (RA), la celeberrima spiaggia Papeete Beach e La Pluma, beach restaurant d'eccellenza. Da oltre vent'anni Papeete è un punto di riferimento per chi cerca il massimo in stile pop: sole, relax in spiaggia, beach party, sunset ritual... Oltre che un vero e proprio fenomeno di costume, celebrato dai media e amato dai fan, Papeete è una realtà fatta di attenzione al servizio e ogni dettaglio della sua proposta.... ed il suo tour non dà respiro!
Eccoci poi al party di sabato 28 ottobre al  #Costez Telgate (Bergamo). L'atmosfera è quella decisamente selvaggia del party Wild, mentre in console arriva Samuele Brignoccolo. Content creator, dj e produttore, su TikTok conta circa un milione di follower. Grazie ai suoi mix e mashup ha raggiunto numerosi traguardi, creando vari trend diventati poi virali nella piattaforma anche a livello internazionale. I suoi mash up sono spesso usati dai più famosi Creator a livello mondiale. Samuele Brignoccolo è stato inserito nella classifica degli artisti più popolari su TikTok, raggiungendo la quinta posizione. La sua formazione musicale inizia molto presto, infatti all'eta di 6 anni comincia a muovere i primi passi sulla batteria, decidendo successivamente di iscriversi alla scuola di musica del suo paese che frequenterà fino ai 15 anni. All'età di 16 anni si appassiona della musica elettronica e della scena Clubbing in Italia, intraprendendo un nuovo percorso di formazione... ed è oggi si esibisce in mezzo mondo, a ritmo di House, Tribal House e Moombahton.
Chiudiamo con l'evento di Halloween al  #Costez Telgate (Bergamo). Il 31/10 va in scena un Horror party che mette decisamente paura, con scenografie e coreografie a tema. Tutto quello che che partecipa ad un party di Halloween si aspetta, probabilmente, non succederà... e succederà qualcos'altro, molto più spaventoso!
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Costez è un brand simbolo di divertimento, ritmo, party e notti passate a ridere con gli amici. Creato da Paolo e Francesco Battaglia nel 2007, nel tempo è cresciuto facendo scatenare club, discobar, festival in diverse regioni italiane. Oggi prende vita al #Costez di Telgate (BG), ovvero nella grande disco Nikita e all'Hotel Costez di Cazzago (BS), uno scatenato dj bar. Chi balla con Costez lo fa al massimo con ottimi dj, show di qualità, scenografie, servizio sempre curati e soprattutto con uno staff di ragazzi che mentre lavorano si divertono… o viceversa. 
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#Costez  Future Club - Telgate (BG) c/o Nikita
Via dei Morenghi 2 - Telgate (BG) A4: Grumello
Dalle 24 alle 4, ogni venerdì, sabato e prefestivi
info: 3480978529 (Bobe)
Ingresso a pagamento  con consumazione
Web App: https://costez.club/
Instagram.com/costez_official
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djs-party-edm-italia · 11 months
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#Costez Telgate (Bergamo), un weekend da vivere: 27/10 Papeete Tour, 28/10 Samuele Brignoccolo + Wild, 31/10 Horror Party 
Tre party tutti da vivere tra venerdì 27 ottobre ed Halloween, martedì 31 ottobre '23, al #Costez Telgate (Bergamo), punto di riferimento di chi ha voglia di ballare con stile tra Bergamo, valli e bassa bergamasca (e non solo).
Il lungo weekend inizia venerdì 27/10 con uno scatenato Papeete Tour, ovvero un party che fa vivere l'atmosfera dei beach party più famosi e musicali d'Italia. Papeete mette insieme, a Milano Marittima (RA), la celeberrima spiaggia Papeete Beach e La Pluma, beach restaurant d'eccellenza. Da oltre vent'anni Papeete è un punto di riferimento per chi cerca il massimo in stile pop: sole, relax in spiaggia, beach party, sunset ritual... Oltre che un vero e proprio fenomeno di costume, celebrato dai media e amato dai fan, Papeete è una realtà fatta di attenzione al servizio e ogni dettaglio della sua proposta.... ed il suo tour non dà respiro!
Eccoci poi al party di sabato 28 ottobre al  #Costez Telgate (Bergamo). L'atmosfera è quella decisamente selvaggia del party Wild, mentre in console arriva Samuele Brignoccolo. Content creator, dj e produttore, su TikTok conta circa un milione di follower. Grazie ai suoi mix e mashup ha raggiunto numerosi traguardi, creando vari trend diventati poi virali nella piattaforma anche a livello internazionale. I suoi mash up sono spesso usati dai più famosi Creator a livello mondiale. Samuele Brignoccolo è stato inserito nella classifica degli artisti più popolari su TikTok, raggiungendo la quinta posizione. La sua formazione musicale inizia molto presto, infatti all'eta di 6 anni comincia a muovere i primi passi sulla batteria, decidendo successivamente di iscriversi alla scuola di musica del suo paese che frequenterà fino ai 15 anni. All'età di 16 anni si appassiona della musica elettronica e della scena Clubbing in Italia, intraprendendo un nuovo percorso di formazione... ed è oggi si esibisce in mezzo mondo, a ritmo di House, Tribal House e Moombahton.
Chiudiamo con l'evento di Halloween al  #Costez Telgate (Bergamo). Il 31/10 va in scena un Horror party che mette decisamente paura, con scenografie e coreografie a tema. Tutto quello che che partecipa ad un party di Halloween si aspetta, probabilmente, non succederà... e succederà qualcos'altro, molto più spaventoso!
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Costez è un brand simbolo di divertimento, ritmo, party e notti passate a ridere con gli amici. Creato da Paolo e Francesco Battaglia nel 2007, nel tempo è cresciuto facendo scatenare club, discobar, festival in diverse regioni italiane. Oggi prende vita al #Costez di Telgate (BG), ovvero nella grande disco Nikita e all'Hotel Costez di Cazzago (BS), uno scatenato dj bar. Chi balla con Costez lo fa al massimo con ottimi dj, show di qualità, scenografie, servizio sempre curati e soprattutto con uno staff di ragazzi che mentre lavorano si divertono… o viceversa. 
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#Costez  Future Club - Telgate (BG) c/o Nikita
Via dei Morenghi 2 - Telgate (BG) A4: Grumello
Dalle 24 alle 4, ogni venerdì, sabato e prefestivi
info: 3480978529 (Bobe)
Ingresso a pagamento  con consumazione
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tarditardi · 11 months
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#Costez Telgate (Bergamo), un weekend da vivere: 27/10 Papeete Tour, 28/10 Samuele Brignoccolo + Wild, 31/10 Horror Party 
Tre party tutti da vivere tra venerdì 27 ottobre ed Halloween, martedì 31 ottobre '23, al #Costez Telgate (Bergamo), punto di riferimento di chi ha voglia di ballare con stile tra Bergamo, valli e bassa bergamasca (e non solo).
Il lungo weekend inizia venerdì 27/10 con uno scatenato Papeete Tour, ovvero un party che fa vivere l'atmosfera dei beach party più famosi e musicali d'Italia. Papeete mette insieme, a Milano Marittima (RA), la celeberrima spiaggia Papeete Beach e La Pluma, beach restaurant d'eccellenza. Da oltre vent'anni Papeete è un punto di riferimento per chi cerca il massimo in stile pop: sole, relax in spiaggia, beach party, sunset ritual... Oltre che un vero e proprio fenomeno di costume, celebrato dai media e amato dai fan, Papeete è una realtà fatta di attenzione al servizio e ogni dettaglio della sua proposta.... ed il suo tour non dà respiro!
Eccoci poi al party di sabato 28 ottobre al  #Costez Telgate (Bergamo). L'atmosfera è quella decisamente selvaggia del party Wild, mentre in console arriva Samuele Brignoccolo. Content creator, dj e produttore, su TikTok conta circa un milione di follower. Grazie ai suoi mix e mashup ha raggiunto numerosi traguardi, creando vari trend diventati poi virali nella piattaforma anche a livello internazionale. I suoi mash up sono spesso usati dai più famosi Creator a livello mondiale. Samuele Brignoccolo è stato inserito nella classifica degli artisti più popolari su TikTok, raggiungendo la quinta posizione. La sua formazione musicale inizia molto presto, infatti all'eta di 6 anni comincia a muovere i primi passi sulla batteria, decidendo successivamente di iscriversi alla scuola di musica del suo paese che frequenterà fino ai 15 anni. All'età di 16 anni si appassiona della musica elettronica e della scena Clubbing in Italia, intraprendendo un nuovo percorso di formazione... ed è oggi si esibisce in mezzo mondo, a ritmo di House, Tribal House e Moombahton.
Chiudiamo con l'evento di Halloween al  #Costez Telgate (Bergamo). Il 31/10 va in scena un Horror party che mette decisamente paura, con scenografie e coreografie a tema. Tutto quello che che partecipa ad un party di Halloween si aspetta, probabilmente, non succederà... e succederà qualcos'altro, molto più spaventoso!
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Costez è un brand simbolo di divertimento, ritmo, party e notti passate a ridere con gli amici. Creato da Paolo e Francesco Battaglia nel 2007, nel tempo è cresciuto facendo scatenare club, discobar, festival in diverse regioni italiane. Oggi prende vita al #Costez di Telgate (BG), ovvero nella grande disco Nikita e all'Hotel Costez di Cazzago (BS), uno scatenato dj bar. Chi balla con Costez lo fa al massimo con ottimi dj, show di qualità, scenografie, servizio sempre curati e soprattutto con uno staff di ragazzi che mentre lavorano si divertono… o viceversa. 
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#Costez  Future Club - Telgate (BG) c/o Nikita
Via dei Morenghi 2 - Telgate (BG) A4: Grumello
Dalle 24 alle 4, ogni venerdì, sabato e prefestivi
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solisjetflights · 1 year
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Esperienze Su Misura:Personalizzare La Vacanza Con Un Noleggio Di Jet Privato
Quando si parla di viaggi di lusso, le vacanze in jet privato offrono un livello di personalizzazione senza pari. Sono finiti i tempi degli itinerari unici. Oggi i viaggiatori hanno l’opportunità di personalizzare ogni aspetto del loro viaggio, assicurando che ogni momento sia realizzato con precisione per soddisfare i loro desideri. Dalla selezione delle destinazioni alla cura di esperienze uniche, esploriamo il mondo delle vacanze su misura con jet privati a noleggio per la fuga definitiva.
#1 Progettare l’itinerario dei vostri sogni
Le vacanze con jet privati a noleggio offrono la libertà di progettare un itinerario da sogno che si adatti alle vostre preferenze e aspirazioni di viaggio. Sia che abbiate in mente una destinazione specifica o che desideriate esplorare più località, la flessibilità dei viaggi in jet privato vi permette di creare un itinerario che si allinei con la vostra visione. Dalle fughe sulle spiagge tropicali alle esplorazioni culturali delle città o alle avventure nella natura selvaggia, le possibilità sono infinite.
#2 Accesso esclusivo a destinazioni remote
Con una vacanza in jet privato a noleggio, potete andare oltre le tipiche mete turistiche e avventurarvi in destinazioni remote ed esclusive. Che si tratti di un’isola privata appartata nei Caraibi, di una gemma nascosta nelle Alpi svizzere o di una meraviglia naturale incontaminata in Africa, i jet charter privati possono portarvi in luoghi spesso inaccessibili ai voli commerciali. Vivete il privilegio di scoprire paradisi nascosti e paesaggi incontaminati che pochi hanno l’opportunità di esplorare.
#3 sistemazioni di lusso su misura per i vostri gusti
Le vacanze in jet privato a noleggio estendono le opzioni di personalizzazione alla scelta delle sistemazioni. Che preferiate ville lussuose sulla spiaggia, attici opulenti in città o hotel boutique intimi, i jet charter privati possono organizzare sistemazioni che riflettono il vostro stile e le vostre preferenze. Potrete godere di comfort di prima classe, di un servizio personalizzato e di viste mozzafiato, assicurandovi che il vostro soggiorno sia memorabile come il viaggio stesso.
#4 Esperienze esclusive
La bellezza di una vacanza su misura con un jet privato a noleggio risiede nella possibilità di creare esperienze esclusive e indimenticabili. Dall’accesso VIP a luoghi di interesse culturale e tour privati di musei ad attività di avventura e incontri dietro le quinte, queste vacanze possono essere arricchite da momenti straordinari che vanno oltre l’ordinario. Create ricordi che dureranno per tutta la vita personalizzando il vostro viaggio con esperienze uniche che rispondono ai vostri interessi.
#5 Delizie culinarie e avventure gastronomiche
Gli appassionati di cibo possono abbandonarsi a un mondo di delizie culinarie personalizzando la loro vacanza su jet privato a noleggio con avventure gastronomiche. Dalle cene in ristoranti stellati Michelin all’esplorazione di mercati alimentari locali e all’assaggio di sapori autentici, queste vacanze soddisfano le vostre passioni culinarie. I jet charter privati possono organizzare prenotazioni in strutture rinomate, organizzare cene private guidate da chef e persino curare esperienze enogastronomiche coinvolgenti in collaborazione con i migliori esperti culinari.
#6 Ritiri benessere e relax
Per chi è alla ricerca di ringiovanimento e relax, le vacanze con jet privati a noleggio possono essere personalizzate per includere ritiri benessere ed esperienze termali. Dai resort benessere appartati ai ritiri olistici, potete fuggire in luoghi idilliaci che danno priorità al benessere. Concedetevi trattamenti termali rigeneranti, praticate la mindfulness in ambienti sereni e ricaricate mente, corpo e anima circondati da tranquillità e bellezza naturale.
#7 Attività sportive e di avventura
Le vacanze in jet privato sono ideali per gli appassionati di sport e avventura che cercano esperienze adrenaliniche. Che si tratti di eliski sulle Alpi svizzere, pesca d’altura nei Caraibi o safari in Africa, queste vacanze possono essere personalizzate per includere attività emozionanti che soddisfino il vostro spirito avventuroso. I jet charter privati possono organizzare attrezzature, guide e accessi esclusivi per garantire che le vostre attività sportive siano a dir poco straordinarie.
1. Immersione culturale e interazioni locali
Le vacanze in jet privato su misura offrono l’opportunità di immergersi nella cultura locale e di interagire in modo significativo con le comunità visitate. I jet charter privati possono organizzare esperienze autentiche come l’incontro con gli artigiani locali, la partecipazione a cerimonie tradizionali o l’esplorazione di luoghi storici con guide esperte. Queste interazioni consentono una comprensione più profonda della destinazione e creano legami duraturi con la cultura locale.
2. Occasioni speciali e festeggiamenti
Le vacanze in jet privato sono perfette per celebrare occasioni speciali in grande stile. Che si tratti di un compleanno importante, di un anniversario o di una fuga romantica, queste vacanze possono essere personalizzate per creare momenti indimenticabili. I jet charter privati possono organizzare sorprese, celebrazioni intime o persino proposte di matrimonio uniche in luoghi mozzafiato, assicurando che la vostra occasione speciale sia caratterizzata da eleganza ed esclusività.
3. Avventure per famiglie
Le vacanze in jet privato su misura soddisfano le esigenze e le preferenze delle famiglie che viaggiano insieme. Dall’organizzazione di attività e alloggi adatti ai bambini all’organizzazione di tour privati ed esperienze adatte a tutte le età, queste vacanze assicurano che ogni membro della famiglia possa godersi il viaggio. I jet charter privati possono anche soddisfare esigenze dietetiche specifiche, fornire servizi di babysitting e creare un ambiente sicuro e confortevole per il legame familiare e l’avventura.
4. Networking professionale e ritiri di lavoro
Le vacanze in jet privato possono essere personalizzate per combinare affari e tempo libero, rendendole ideali per il networking professionale e i ritiri di lavoro. Che si tratti di ospitare riunioni in ambienti lussuosi o di organizzare attività di team building in luoghi esclusivi, queste vacanze offrono un ambiente unico per favorire le connessioni, il brainstorming di idee e la creazione di esperienze memorabili che rafforzano le relazioni professionali.
5. Servizi di concierge personalizzati
Le vacanze in jet privato sono accompagnate da servizi di concierge personalizzati per garantire che ogni aspetto del viaggio sia gestito senza problemi. Dalla pianificazione dell’itinerario all’organizzazione dei trasporti, dalle prenotazioni dei ristoranti all’accesso VIP agli eventi, il vostro concierge dedicato si occupa di tutti i dettagli, permettendovi di rilassarvi e di godervi appieno la vostra vacanza personalizzata.
6. Pratiche ambientali e sostenibili
Le compagnie di noleggio di jet privati sono sempre più impegnate a promuovere la sostenibilità ambientale. Cercano attivamente pratiche e iniziative eco-compatibili per ridurre al minimo l’impronta di carbonio. Collaborando con strutture ricettive sostenibili, sostenendo gli sforzi di conservazione locali e offrendo programmi di compensazione delle emissioni di anidride carbonica, le vacanze in jet privato possono essere personalizzate per allinearsi ai vostri valori e contribuire a un futuro più verde.
Le vacanze su misura in jet privato ridefiniscono i viaggi di lusso offrendo una personalizzazione e una personalizzazione senza pari. Dall’immersione culturale alle celebrazioni speciali, dalle avventure in famiglia al networking professionale, queste vacanze soddisfano interessi e preferenze diverse. Con il supporto di servizi di concierge dedicati, potete creare un viaggio davvero unico e indimenticabile che supera le vostre aspettative.
Conclusione
Una vacanza su misura con un jet privato a noleggio è l’epitome del lusso e dell’esclusività. Personalizzando ogni aspetto del viaggio, dalle destinazioni alle sistemazioni, alle esperienze e alle attività, è possibile creare la fuga definitiva in linea con i propri desideri e aspirazioni. I jet privati a noleggio eccellono nel fornire una flessibilità e una personalizzazione senza pari, assicurando che la vostra vacanza sia un vero riflesso dei vostri gusti e preferenze unici.
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s-memorando · 1 year
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5 settembre 2009
Franz Marc – Scuderie La cavalla storna Nella Torre il silenzio era già alto.Sussurravano i pioppi del Rio Salto.I cavalli normanni alle lor postefrangean la biada con rumor di croste.Là in fondo la cavalla era, selvaggia,nata tra i pini su la salsa spiaggia;che nelle froge avea del mar gli spruzziancora, e gli urli negli orecchi aguzzi.Con su la greppia un gomito, da essaera mia madre; e le…
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greenbor · 2 years
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La cavalla storna
Nella Torre il silenzio era già alto. Sussurravano i pioppi del Rio Salto. I cavalli normanni alle lor poste frangean la biada con rumor di croste. Là in fondo la cavalla era, selvaggia, nata tra i pini su la salsa spiaggia; che nelle froge avea del mar gli spruzzi ancora, e gli urli negli orecchi aguzzi. Con su la greppia un gomito, da essa era mia madre; e le dicea sommessa: “O cavallina, cavallina storna, che portavi colui che non ritorna; tu capivi il suo cenno ed il suo detto! Egli ha lasciato un figlio giovinetto; il primo d’otto tra miei figli e figlie; e la sua mano non toccò mai briglie. Tu che ti senti ai fianchi l’uragano, tu dai retta alla sua piccola mano. Tu c’hai nel cuore la marina brulla, tu dai retta alla sua voce fanciulla”. La cavalla volgea la scarna testa verso mia madre, che dicea più mesta: “O cavallina, cavallina storna, che portavi colui che non ritorna; lo so, lo so, che tu l’amavi forte! Con lui c’eri tu sola e la sua morte O nata in selve tra l’ondate e il vento, tu tenesti nel cuore il tuo spavento; sentendo lasso nella bocca il morso, nel cuor veloce tu premesti il corso: adagio seguitasti la tua via, perché facesse in pace l’agonia…”. La scarna lunga testa era daccanto al dolce viso di mia madre in pianto. “O cavallina, cavallina storna, che portavi colui che non ritorna; oh! due parole egli dové pur dire! E tu capisci, ma non sai ridire.  (Pascoli)
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eleonoramartis · 2 years
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Eccola la spiaggia dei Piscinnì 🏖
🌱 La macchia mediterranea circonda la spiaggia e la rende ancora più selvaggia e suggestiva.
📍Domus de Maria
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