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scogito · 6 months
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Alle medie ho volutamente svolto un tema andando fuori traccia. Ci fu qualcosa nella tematica proposta che mi fece pensare al pianto e parlai di quello. Visto che stavo in una classe di merda e detestavo anche la prof d'italiano, tutto pensavo tranne che ai voti, e poiché a quell'epoca avrei solo voluto piangere il tema sgorgò in tutti i sensi come d'impulso.
Feci un errore catastrofico perché la stronza della prof lo trovò molto bello e nonostante il mio palese rifiuto di seguire la traccia, lo lesse a tutti.
I giorni che seguirono furono per me un inferno aggiunto a quello in cui già stavo e solo a distanza di anni appresi una grande lezione.
Si ignora il dolore e ci si rifiuta di capire quale senso e quale scopo abbia. Siamo abituati a farlo di default, per gli uomini è un senso di vergogna, per le donne è debolezza. Tutte cavolate.
Se oggi dovessi consigliare a qualcuno che per un motivo o per l'altro sta soffocando una sofferenza per mostrarsi forte, fare finta di niente e credere che il tempo la cancelli, direi solo di piangere. Tanto e senza freni. Libera subito tutto lo schifo che hai accumulato e guardalo bene.
Il pianto purifica i pensieri inutili ed è capace di portarti subito dentro al nucleo del problema. Ti strappa le maschere, ti distrugge le bugie. Non nasconde niente, non ha paura di niente.
Per questo ha un valore fondamentale per l'essere umano e per questo ti insegnano a non prendertene cura. A non ascoltarlo nemmeno.
Eppure al mondo si viene piangendo... Eppure si passa il resto dei giorni a evitare di farlo, come fosse una colpa, un puntino nel corso della vita da non far quadrare mai con tutti gli altri.
Quando invece la verità che ti serve sapere è lá dentro.
È dal tuo primo respiro che nel pianto c'è la tua evoluzione.
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spilladabalia · 9 months
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A partire dal 2004, su suggerimento di un’amica, Lorenzo Castore inizia a frequentare Catania e in particolare il quartiere di San Berillo che è da sempre stata la zona delle prostitute, soprattutto dei travestiti, un territorio a parte nel cuore della città.
“Glitter Blues” è un racconto di vite marginali in un percorso di ricerca del proprio posto nel mondo attraverso una coraggiosa tensione alla libertà dell‘affermazione della propria identità, che spesso rivela una natura più complessa e contraddittoria di quello che è considerato “normale” dalla società borghese e dal suo giudizio retrogrado su cosa è bene o male, giusto o sbagliato.
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Sulla Soglia.
Fotografie di Lorenzo Castore
Testo di Francesco/Franchina Grasso
Ormai ho perduto il conto degli anni passati su questa soglia, tanto che mi è difficile immaginare persino il numero degli uomini che l’hanno attraversata. Sembra ieri che il mio incerto destino e la mia bellezza di giovane donna mi hanno portato in questa casa appartata a cercare il futuro. Strana idea quella di cercare la propria vita tra le pieghe di quella degli altri, eppure è nella coesistenza con gli altri che ha preso forma e si è concretizzata l’unica vita che per me era possibile.
Così, lungo tutto questo tempo, su questo gradino consumato e nella penombra di una squallida stanzetta, ho visto maturare tra un amplesso e l’altro tutta la mia vita e sfumare tutte le mie aspirazioni.
Tra una sigaretta fumata a metà ed un caffè trangugiato in fretta, una gran parte di mondo è sfilato davanti ai miei occhi e tra le mie gambe. 
Ad ogni incontro ho dato tutto il calore che mi è stato richiesto, forse per un senso di fratellanza e di condivisione nascosti nel profondo del mio cuore. Sono stata amante, moglie, sorella e madre. 
Ho vestito i panni squallidi della prostituta dalle calze a rete lacere e gli abiti della gran signora. Ho gridato parole sguaiate e taciuto nei silenzi pieni di vergogna del sesso. 
Ho cercato amore senza mai trovarlo, nella dolorosa disillusione di scoprire di esser fatta solo per dare e non anche per ricevere. 
Quante offese mi hanno gettato addosso per tenermi a distanza dalla vita degli altri, quella cosiddetta “normale”. E quanta violenza ho subito in questo quartiere squallido e angusto, e tuttavia raro luogo di testimonianza di vera umanità.
In tutti questi anni ho visto vizi, bassi istinti, desideri segreti svelarsi per poi assopirsi, per poi risorgere ed appagarsi ancora, in un ciclo continuo che è nato con l’uomo e che solo con esso morirà.
Ma adesso, adesso che la mia bellezza volge al termine, che ogni speranza d’una vita diversa è sepolta nelle pieghe del passato, non ho che te, sconosciuto uomo, che rallenti il tuo passo davanti alla mia porta socchiusa. Con disperata speranza, mi rivolgo a te, a te uomo che hai bisogno d’un po’ di calore nelle sere piovose, a te che cerchi un abbraccio, una carezza ed una parvenza d’amore, a te che fuggi ogni effimera illusione. E’ di te che ho bisogno adesso, del tuo flebile calore, dei tuoi mezzi abbracci e del tuo amore a tempo, per curare le profonde ferite che solcano il mio cuore. Quando tu lo vorrai, allora, se è di me che avrai bisogno ancora, mi troverai qui anche domani, qui, ancora, ad aspettarti malinconica, sul gradino consumato di questa soglia.     
Glitter Blues © Lorenzo Castore 2004-2021, (p) Blow Up Press 2021. "Sulla soglia" by & © Franchina Grasso.    
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istanbulperitaliani · 2 months
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La casa museo di İsmet İnönü
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Questa casa museo, conosciuta come Palazzo Mavromatis, dalla famiglia greca Mavromàtis, è situata ad Heybeliada e risale al XIX secolo.
Nel 1924, İsmet Paşa affittò la casa e dal 1925 la utilizzò come residenza estiva per la sua famiglia. Nel 1934, İsmet Paşa, che adottò il cognome "İnönü" in conformità con la legge sul cognome promulgata nello stesso anno, considerò l'acquisto della residenza. Il prezzo richiesto, incluso il mobilio, ammontava a 25.000 lire. Su suggerimento di Atatürk, İnönü optò per l'acquisto della casa senza mobilio. Dopo una contrattazione, riuscì nell'acquisto al prezzo di 9.500 lire. Fu poi Atatürk stesso a regalare ad İnönü il mobilio per la casa.
İnönü in base ai suoi impegni politici e agli incarichi che assunse, si recava, quando poteva, ad Heybeliada con la sua famiglia.
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İsmet İnönü morì il 25 dicembre 1973. Successivamente, la famiglia decise di trasformare la casa in una casa museo, che ancora oggi è aperta alle visite. La casa museo conserva non solo la storia della famiglia İnönü, ma anche importanti elementi dell'architettura e della cultura turca del XIX secolo. Ad esempio, la prima cosa che attira l'attenzione quando si entra in cucina è il rubinetto che scorre con l'aiuto di una pompa dell'acqua. L'acqua veniva pompata attraverso la cisterna sotto casa e da qui veniva soddisfatto il fabbisogno idrico.
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La mia Vita a Istanbul: consigli e informazioni turistiche. Disponibile come GUIDA per delle ESCURSIONI in città. Scrivi una e-mail a: istanbulperitaliani@gmail Seguici anche suᅠwww.facebook.com/istanbulperitaliani
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levysoft · 7 months
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Ajay Bhatt, ampiamente considerato l'inventore dell'USB (ha guidato il team di Intel che ha creato il protocollo), ha ammesso a NPR che "il più grande fastidio è la reversibilità". Tuttavia, difende la decisione di progettazione.
Rendere l'USB reversibile per cominciare avrebbe richiesto il doppio dei fili e il doppio dei circuiti, e avrebbe raddoppiato il costo. Bhatt dice che il suo team era consapevole al momento della frustrazione che un design rettangolare poteva avere, rispetto a un connettore rotondo. Ma nel tentativo di mantenerlo il più economico possibile, è stata presa la decisione di andare con un design che, in teoria, darebbe agli utenti una possibilità di 50/50 di collegarlo correttamente (puoi aumentare le probabilità guardando prima l'interno o identificando il logo).
"Con il senno di poi, sulla base di tutte le esperienze che tutti abbiamo avuto, ovviamente non è stato così facile come dovrebbe essere", ha aggiunto Bhatt.
Quindi la risposta breve è il costo, anche se c'è un po' di più. Mentre diamo per scontato che l'USB sia ovunque in questi giorni, convincere i principali produttori di PC ad adottare le specifiche non era un dato di fatto, o addirittura un compito facile.
"Ci è voluto del tempo per dimostrare che questa tecnologia è indispensabile", ha detto Bhatt.
Per inciso, il defunto Steve Jobs merita un suggerimento per aiutare l'USB a diventare uno standard duraturo. Fu nel 1998 che l'USB fece dei veri progressi, per gentile concessione dell'iMac G3, il primo computer a spedire con solo porte USB per dispositivi esterni (non c'erano porte seriali o parallele). È arrivato tre anni dopo il debutto di USB 1.0, con una velocità dati di 12 Mbps.
Le unità flash USB sono arrivate nel 2000, lo stesso anno in cui è arrivata USB 2.0 con velocità di trasferimento dati di 480Mbps. Ora, circa due decenni dopo, siamo sulla cuspide di USB4, che opererà solo sul connettore Type-C.
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cgcsolutionstore · 9 months
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Gioco Pes Pro Evolution Soccer 6 Play Station 2
Vendo Pes 6 per Play Station 2.
TITOLO: Pes 6 (Pro Evolution Soccer 6);
ANNO: 2009/2010;
STATO: usato ma in ottime condizioni, confezione e libretto originale;
PIATTAFORMA: console Play Station 2;
Alcune Impostazioni di gioco di Pes 6
Soluzione squadra/Soluzione divisa
Selezione squadra: scegli una squadra con la quale disputare la prossima partita. Se vuoi una sfida diversa, premi il tasto quadrato per scegliere delle squadre a caso. Seleziona “Carica dati Campionato Master” nella schermata di selezione della squadra per giocare con la stessa squadra che utilizzi nel Campionato Master.
Suggerimento: se selezione il file di salvataggio del tuo Campionato Master, la struttura della squadra rimarrà inalterate, la le abilità dei giocatori verranno ripristinate con i valori predefiniti. Per giocare con gli sviluppi inalterati del tuo Campionato Master, entra nella modalità di gioco Campionato Master e seleziona l’opzione “Salva”. Ora seleziona “Salva dati squadra personale” per poter utilizzare la tua squadra in partite amichevoli.
Seleziona divisa: seleziona la divisa che verrà indossata durante la partita.
Impostazioni formazioni di Pes 6
Questa schermata ti permette di scegliere la squadra, selezionare (e modificare) la formazione e regolare decine di impostazioni strategiche. La flessibilità tattica offerta dal gioco è enorme, ma non spaventarti: puoi tranquillamente disinteressanti di tante caratteristiche per molto tempo. Questo capitolo ti introduce alla caratteristiche principali dei menù di impostazioni della formazione. Per maggiori informazioni, utilizza la funziona di aiuto in gioco – premi semplicemente il tasto SELECT (selezione) quando appare l’icona di aiuto.
Hardware richiesto di Pes 6
Un o 2 giocatori, memory card (scheda memoria da 8 MB per Play Station 2 2108 KB, compatibile con il multiap sempre per Play Station 2 , 1-5 giocatori (6-8 giocatori = 2 multitap richiesti), compatibilità con controllo analogico: solo leve analogiche.
A 6,50 euro prezzo non trattabile.
Altre informazioni
La vendita viene effettuata con la clausola visto e piaciuto.
Per altre informazioni o domande sono disponibile al seguente numero di cellulare 329/4899733, via e-mail [email protected]
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wdonnait · 1 year
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Passaporto : come richiederlo online o presso la polizia di stato
Nuovo post pubblicato su https://wdonna.it/passaporto-come-richiederlo-online-o-presso-la-polizia-di-stato/114538?utm_source=TR&utm_medium=Tumblr&utm_campaign=114538
Passaporto : come richiederlo online o presso la polizia di stato
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Il passaporto è un documento di viaggio che attesta l’identità e la cittadinanza di una persona. Se hai bisogno di ottenere il passaporto per la prima volta o di rinnovarne uno scaduto, ecco una guida dettagliata su come richiederlo.
Verifica se hai bisogno di un passaporto
Prima di iniziare il processo di richiesta, assicurati di avere bisogno effettivamente di un passaporto.
Se viaggi solo all’interno dell’Unione Europea o in Paesi che fanno parte dello Spazio Schengen, potresti avere bisogno solo di una carta d’identità valida per l’espatrio. Se invece devi viaggiare in Paesi al di fuori dell’UE o dello Schengen, avrai bisogno di un passaporto.
Verifica che il tuo passaporto sia ancora valido
Se hai già un passaporto ma è scaduto o sta per scadere, dovrai richiedere un rinnovo. In caso contrario, potrai saltare questo passaggio.
Scegli il tipo di passaporto
Esistono due tipi di passaporto: il passaporto ordinario, che è valido per 10 anni per gli adulti e per 5 anni per i minori di 18 anni, e il passaporto temporaneo, che ha una validità di 2 o 3 anni. Scegli quello che più si adatta alle tue esigenze.
Trova il luogo dove presentare la richiesta
Cosa fare
La richiesta del passaporto può essere presentata:
presso il Comune di residenza, se hai la cittadinanza italiana;
presso l’Ambasciata o il Consolato italiano nel Paese di residenza, se hai la cittadinanza italiana ma risiedi all’estero;
presso il Comune di nascita, se hai la cittadinanza italiana ma non hai mai richiesto il passaporto;
presso l’Ufficio Immigrazione del Questore competente per territorio, se non hai la cittadinanza italiana ma hai ottenuto la carta di soggiorno o il permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo.
Prepara i documenti necessari
Cosa fare per presentare la richiesta di passaporto
Per presentare la richiesta di passaporto, dovrai seguire questi passaggi:
Trova il luogo dove presentare la richiesta, come il Comune di residenza o l’Ambasciata o il Consolato italiano nel Paese di residenza (vedi sopra per maggiori dettagli).
Prepara i documenti necessari, come il modulo di richiesta compilato, un documento di identità valido, 2 fototessere recenti e il passaporto scaduto (se hai già un passaporto).
Prenota un appuntamento per presentare la richiesta. In alcuni luoghi, come i Comuni, è possibile presentare la richiesta senza prenotare un appuntamento, ma in altri casi potrebbe essere necessario prenotare online o telefonicamente.
Recati al luogo di richiesta all’ora prestabilita con i documenti necessari e una marca da bollo da 16 euro, che dovrai apporre sul modulo di richiesta.
Costo
Paghi la tassa di emissione del passaporto. Il costo del passaporto ordinario per gli adulti è di €42,50 e quello per i minori di €22,50. Il costo del passaporto temporaneo è di €42,50 per gli adulti e di €22,50 per i minori.
Consegna i documenti e attendi l’emissione del passaporto. Solitamente il passaporto viene emesso entro circa 20 giorni dalla presentazione della richiesta, ma il tempo può variare a seconda della zona di residenza e della stagionalità.
Ancora
Suggerimento: assicurati di presentare la richiesta con sufficiente anticipo rispetto alla data prevista per il viaggio, in modo da avere il tempo di ottenere il passaporto e organizzare il viaggio.
Cosa fare se si perde il passaporto
Se hai perso il tuo passaporto, è importante agire il prima possibile per evitare problemi durante i viaggi futuri. Ecco cosa fare:
Se sei all’estero, recati all’Ambasciata o al Consolato italiano più vicino a presentare denuncia di smarrimento. Sarà necessario compilare un modulo di denuncia di smarrimento e fornire un documento di identità valido.
Se sei in Italia, recati al Comune di residenza o al Questore competente per territorio a presentare denuncia di smarrimento. Anche in questo caso, sarà necessario compilare un modulo di denuncia di smarrimento e fornire un documento di identità valido.
Richiedi un nuovo passaporto seguendo le istruzioni fornite sopra per la richiesta di un passaporto.
Paga la tassa di emissione del nuovo passaporto.
Aspetta l’emissione del nuovo passaporto. Il tempo necessario per ottenere il nuovo passaporto dipende dal luogo di richiesta e dalla stagionalità, ma solitamente impiega circa 20 giorni.
Suggerimento: se hai perso il passaporto durante un viaggio, assicurati di avere con te una copia del passaporto o, in alternativa, una fotocopia della prima e dell’ultima pagina del passaporto smarrito. Questo potrebbe facilitare l’accesso ai servizi consolari in caso di emergenza.
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corallorosso · 3 years
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“Negli anni Trenta l’Italia celebra la stagione del colonialismo con i nuovi formati di pasta: Tripoline, Bengasine, Assabesi e Abissine. La pasta di semola diventa elemento aggregante? Perché no!” Quello che avete appena letto non è, purtroppo, il manuale di storia del food scritto da qualche nostalgico fascista ma un estratto odierno - odierno, badate bene - dello storytelling dell’azienda produttrice di pasta “La Molisana”. “Con questa mission di qualità”, si legge ancora nell’abominevole descrizione, “produciamo ogni giorno oltre 100 referenze di pasta, divise in famiglie di prodotto. Tra queste le classiche: 60 formati di paste lunghe, corte e cortissime, tra cui le Abissine rigate 25, formato dal nome che è già storytelling. Abissine rigate. Avete letto bene. Un nome infame, un nome atroce, il tentativo di normalizzare - attraverso un fottuto formato di pasta - uno degli eccidi più truci del fascismo: oltre ottantamila morti nelle fila dell’esercito etiope; 10 vittime etiope fatte per ogni vittima italiana; l’utilizzo del gas iprite - che bruciava e disintegrava i tessuti del corpo umano penetrando attraverso gli abiti - adoperato sia contro i militari che contro la popolazione civile. Una scelta di marketing abominevole e criminale, perché recepisce - evidentemente - ciò che una parte del Paese è disposta a tollerare o cui, addirittura, ambisce. La normalizzazione, 76 anni dopo, del cancro fascista. L’operazione nostalgia di uno dei periodi più infami dell’umanità. La contronarrazione per cui “Mussolini ha fatto anche cose buone”, persino a tavola. La scelta messa in campo dall’azienda non ha nessuna - nessuna - giustificazione. Adesso hanno corretto il tiro, certo. Hanno modificato lo scempio e - da bravi balilla - dato la colpa all’agenzia pubblicitaria. Come se non fossero stati loro, in ultima istanza, ad approvare la campagna. Viviamo tempi sempre più cupi in cui avvengono cose come questa, impensabile fino a un decennio fa. Di sicuro c’è che non comprerò mai più La Molisana in vita mia e, naturalmente, vi invito a fare altrettanto. Prima di chiudere, però, vorrei dare un suggerimento non richiesto a questi produttori di pasta. Oltre alle Abissine, fate anche il formato L’Appeso. Così, per completezza di storytelling. E per ricordare a tutte e tutti come finisce quella merda di fascismo. Fabrizio Delprete
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kyda · 4 years
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non aprivo amazon da mesi ma sapeva esattamente quali libri ha richiesto la mia professoressa di letteratura inglese 2 e me li ha suggeriti
è stato inquietante e fonte di stress quindi ho ignorato il suggerimento (e la materia e la laurea) e ho preso l'ennesimo libro di letteratura russa che non mi serve per il corso 😳💓
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tma-traduzioni · 4 years
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MAG007 - Caso 9220611 - “Il pifferaio”
Episodio precedente
[pdf con testo inglese affiancato / pdf with english text on the side]
ARCHIVISTA                        
Dichiarazione     del Sergente Maggiore Clarence Berry, riguardo al suo periodo di servizio con Wilfred Owen durante la Grande Guerra. Dichiarazione originale rilasciata il 6 novembre 1922. Registrazione audio di Jonathan Sims, Capo Archivista dell'Istituto Magnus, Londra.            
Inizio della dichiarazione.            
ARCHIVISTA (DICHIARAZIONE)  
La gente dice che sono fortunato, sa? Non molti arrivarono alla fine della guerra tutti interi. E non contando le scottature, è proprio ciò che feci io. Ancora meno passarono tutti e quattro gli anni al fronte, come me. Non venni mai mandato in cura per nevrosi o per ferite, e persino il mio incontro con un lanciafiamme tedesco finì semplicemente con una mia visita a un ospedale in prima linea a Wipers. Ero ancora in quell'ospedale da campo quando cominciò la battaglia della Somme, quindi immagino che anche quella fu fortuna.             
Quattro anni... A volte mi sembra di essere l'unico ad avere assistito all'intera tragedia dall'inizio alla fine, come se solo io conoscessi la Grande Guerra in tutta la sua terribile gloria. Ma dentro di me so che l'onore, se così si può chiamare, spetta a Wilfred. Non si sarebbe detto dalle sue poesie, ma alla fine, il suo tempo al fronte non durò più di un anno. Eppure lui arrivò a conoscere la guerra in un modo che io non ho mai sperimentato. Lui è sicuramente l'unica persona che io conosca che abbia mai visto Il Pifferaio.            
Crebbi in povertà nelle strade di Salford, quindi entrai nell'esercito appena ne ebbi l'età. So che avete sentito storie di ragazzi coraggiosi arruolatisi a 14 anni, ma parlo di quando la guerra non era ancora cominciata, quindi non c'era un grande bisogno di manodopera e i reclutatori erano molto più scrupolosi nell'assicurarsi che chi si arruolava fosse maggiorenne.    Nonostante questo, io ero quasi troppo mingherlino perché mi prendessero e a malapena raggiungevo il peso richiesto. Ma alla fine ce la feci e, dopo l'addestramento, fui assegnato al Reggimento Manchester, Secondo Battaglione, e non molto tempo dopo ci inviarono in Francia con il Corpo di Spedizione Britannico.            
Lei mi sembra un tipo colto, quindi sono sicuro che avrete letto nei giornali come andò quella volta. In poco tempo, comunque, le trincee furono scavate e la noia cominciò a farsi sentire. Ora, la noia va bene, si capisce, quando l'alternativa include bombe, cecchini e attacchi con i gas, ma passare interi mesi seduti in buchi nel terreno pieni d'acqua, sperando che il tuo piede non si gonfi, beh... è una forma tutta sua di calmo terrore.            
            Wilfred si unì a noi nel luglio del 1916. Non sono a conoscenza dei dettagli della sua storia ma chiaramente veniva da un contesto abbastanza agiato perché lo nominassero Secondo Luogotenente in prova. Io ero un Sergente al tempo, quindi toccava a me dargli i consigli e il supporto che un nuovo ufficiale si aspetta da un sottufficiale con tre anni di fango sotto le unghie. Nonostante questo, ammetto di avere preso in antipatia quell'uomo nel momento in cui lo conobbi – aveva un grado più alto del mio, e di quello di molti altri nella trincea, sia in termini militari che sociali, e sembrava che lui riconoscesse questo fatto con un vago disprezzo. C'è una sorta di insensibilità che si comincia ad assumere dopo mesi o anni di bombardamenti, una deliberata indifferenza che penso lo offendesse. Lui era immancabilmente gentile, molto più di quanto fossi solito trovare nel fango delle Fiandre, dove le conversazioni, se così si possono chiamare, erano volgari e deprimenti. Eppure dietro la sua gentilezza sentivo che lui scartava senza alcuna considerazione qualsiasi suggerimento gli dessi o qualsiasi rapporto facessi. Non fu una sorpresa quando mi disse che scriveva poesie. Ad essere completamente onesto mi aspettavo sarebbe morto nel giro di una settimana.            
Bisogna dargliene atto, Wilfred sopravvisse quasi un anno prima che gli capitasse qualcosa di orribile, e quando arrivò la primavera mi permetto di dire che avremmo quasi potuto chiamarci amici. Aveva composto poesie in quel periodo, ovviamente, e di tanto in tanto le leggeva ad alta voce ad alcuni soldati. A loro generalmente piacevano, ma personalmente le ritenevo terribili – c'era un senso di vacuità in loro e ogni qualvolta lui cercava di tradurre la guerra a parole, queste suonavano trite, come se non ci fosse anima in ciò che cercava di dire. Spesso parlava delle sue aspirazioni letterarie, e di come desiderava essere ricordato, di prendere ciò che la guerra era davvero e immortalarlo.
            Se fossi incline a voli pindarici, oserei dire che le sue parole erano funeste. Quando parlava così, aveva l'abitudine di zittirsi nel bel mezzo della conversazione con uno scatto della testa, come se la sua attenzione fosse stata attratta da un suono in lontananza.            
Il disgelo primaverile era da poco passato quando successe, ed eravamo all'offensiva. Il nostro battaglione era vicino a Savy Wood quando arrivarono gli ordini – avremmo dovuto attaccare la Linea di Hindenburg. Il nostro obiettivo era una trincea sul lato     occidentale di St. Quentin. Fu una marcia silenziosa. Persino a quel punto spesso c'era ancora dell'eccitazione quando arrivavano degli ordini di azione, sebbene in genere smorzata dalla soffocante paura che si aveva quando si sentiva il suono del fischio. Eppure 
quella mattina c'era qualcosa di diverso nell'aria, un terrore opprimente. Avevamo fatto quell'attacco in precedenza, e sapevamo che il passaggio dalla valle ci esponeva al fuoco dell'artiglieria. E l'artiglieria era sempre la parte più spaventosa per me. Le baionette puoi schivarle, i proiettili puoi evitarli, puoi addirittura bloccare il gas se sei fortunato, ma l'artiglieria? Tutto ciò che puoi fare contro l'artiglieria è pregare.            
            Anche Wilfred lo sentiva, me ne resi conto. Era generalmente parecchio loquace prima di una battaglia. Macabro, ma sempre loquace. Quella mattina non disse una parola. Provai a parlargli per sollevargli il morale, come deve fare un Sergente, ma alzò semplicemente la mano per farmi tacere, e girò la testa per ascoltare. Al tempo non sapevo cosa sentisse che lo rendeva silenzioso. Persino quando passammo il crinale e il resto di noi tentò di sovrastare l'assordante rullo delle mitragliatrici con gridi di battaglia, persino allora lui non emise un suono.            
Il terreno tremava con l'impatto dei colpi di mortaio, e io correvo da buca a trincea a buca, tenendo la testa bassa per evitare i proiettili. Mentre correvo, sentii un dolore acuto alla caviglia e caddi in avanti nel fango. Guardando giù, vidi che mi ero impigliato in un tratto di filo spinato, parzialmente nascosto dall'umido terreno divelto. Sentii un'ondata di panico cominciare a travolgermi, e tentai freneticamente di rimuovere il filo dalla mia gamba, ma riuscii solo a graffiarmi in malo modo le mani.            
Mi guardai intorno disperatamente per vedere se ci fosse qualcuno nelle vicinanze che potesse aiutarmi. E là davanti, a neanche 20 metri da me, vidi Wilfred in piedi, con il volto senza espressione e la testa che dondolava seguendo un ritmo che io non potevo sentire. E poi lo sentii – cavalcare gentilmente il battito dei mortai e il crepitio dei fucili e i gemiti di uomini morenti, una debole melodia di strumenti a fiato. Non ero in grado di dire se si trattasse di una cornamusa o di una zampogna o di un qualche strumento che non avevo mai sentito, ma il suo timbro fischiettante era inconfondibile, e mi colpì con una profonda tristezza e una delicata, strisciante paura.            
E in quel momento seppi cosa stava per succedere. Guardai Wilfred, e quando i nostri occhi si incontrarono vidi che anche lui lo sapeva. Sentii un singolo colpo di fucile, in qualche modo più forte di tutti gli altri, e lo vidi irrigidirsi, gli occhi spalancati. E poi lo scoppio di mortaio lo colpì, e lui fu perso in un'eruzione di fango e terra.                
Ebbi parecchio tempo per piangerlo, sdraiato in quell'orribile buco fino al calare della notte, quando fui in grado di liberarmi la gamba e tornare strisciando il più silenziosamente possibile alla nostra trincea. Fu molto lento; ogni volta che esplodeva un razzo non potevo fare altro che rimanere immobile e pregare, ma il buon Signore ritenne opportuno lasciarmi raggiungere la nostra linea relativamente illeso. Mi mandarono subito all'ospedale di campo, che era come sempre oberato. Non avevano molto per quanto riguarda medicine e personale, e sicuramente nessun letto libero, quindi mi lavarono le ferite con tintura di iodio, le fasciarono e mi mandarono via. Mi dissero di tornare nel caso avessi una cancrena.            
Mi guardai intorno per vedere se fossi in grado di trovare Wilfred, ma non c'era traccia di lui da nessuna parte. Chiesi in trincea, nessuno lo aveva visto tornare tra i feriti, quindi cominciai a conciliarmi con l’idea che fosse morto. Non era il primo amico che perdevo contro i tedeschi, né il primo che vedevo morire davanti ai miei occhi, ma qualcosa riguardo quella strana musica che avevo sentito nei momenti precedenti all'esplosione rimase nella mia mente e continuò a farmi pensare a Wilfred in molti momenti di calma.            
Fu probabilmente una settimana e mezza più tardi che sentii delle grida alla fine della trincea. Era un gruppo di ricognitori che era stato in perlustrazione sul fiume che scorreva vicino a Savy Wood. A quanto pare, avevano trovato un ufficiale ferito giacere nel cratere di una granata e l'avevano riportato indietro. Mi avvicinai e fui sbalordito nel vedere che si trattava di Wilfred. La sua uniforme era strappata e bruciata, era coperto di sangue e i suoi occhi avevano un'espressione distante, smarrita, ma era senza alcun dubbio vivo. Ritornai con lui all'ospedale da campo, insieme al Caporale della squadra che lo aveva trovato.        
A quanto pare era rimasto sdraiato in quel buco per giorni, fin dalla battaglia. Lo avevano trovato là, mezzo morto di disidratazione e stenti, coperto del sangue di un altro soldato.     Qualunque granata avesse creato il buco in cui era finito aveva chiaramente annientato un'altra povera anima, ed era nei suoi resti insanguinati che Wilfred aveva giaciuto per quasi due settimane.            
Aspettai fuori dalla tenda dell'ospedale mentre lo curavano. Il dottore venne fuori poco dopo, con uno sguardo serio in viso. Mi disse che il Luogotenente era fisicamente illeso – qualcosa che io al tempo considerai non meno di un miracolo – ma che aveva uno dei peggiori casi di nevrosi che avesse mai visto, e sarebbe dovuto essere rimandato in Inghilterra per riprendersi. Gli chiesi se potessi vederlo, e il dottore acconsentì, seppure mi avvertì che     Wilfred non aveva detto una parola da quando era stato portato lì.                         
Appena entrai nella tenda medica fui travolto dal dolce odore di carne in putrefazione e da gemiti di dolore e disperazione. L'odore pungente di disinfettante mi riportò alla mente     spiacevoli ricordi di attacchi di gas di cloro. Comunque, alla fine raggiunsi il letto di Wilfred e, come previsto, lui era lì, a fissare il mondo in silenzio ma con un'intensità che mi allarmò. Seguii il suo sguardo verso un letto vicino, e lì vidi un soldato che non riconobbi. La sua fronte era madida di sudore e il suo petto si sollevò e abbassò velocemente, poi si fermò di colpo. Capii con un sussulto che un uomo era appena morto, e nessuno l'aveva notato se non Wilfred.            
Cercai di coinvolgerlo in una conversazione, snocciolai una serie di inutili convenevoli. “Come stai, vecchio mio?” “Ho sentito che l'hai scampata per un pelo.” “Felice che tu ti sia trovato un buco in cui rannicchiarti.” Tutto quel genere di assurdità. Nulla di questo sembrò produrre una reazione in lui, che invece si girò verso di me e dopo molto tempo mi disse semplicemente “Ho incontrato la guerra.”            
Gli dissi che aveva ragione, non molti sopravvivono a qualcosa del genere e rimanere sdraiato in quel buco così a lungo, circondato da tutta quella morte... Beh, aveva sicuramente incontrato la guerra ed era una sporca faccenda. Ma Wilfred scosse la testa come se io non stessi capendo, e ad essere sinceri cominciavo a pensare che fosse così, e mi disse di nuovo che aveva “incontrato la guerra”. Disse che non era più alta di me.            
Ebbi l'idea che stesse descrivendo qualche orrenda allucinazione che l'aveva colto mentre restava sdraiato in quel misero luogo, e gli chiesi di descrivermi l'aspetto della guerra. Ricordo esattamente cosa disse. Mi raccontò che aveva tre facce. Una per suonare la sua cornamusa di osso intagliato, una per urlare il suo morente grido di battaglia e una che non apriva la bocca, perché quando lo faceva sangue e terra fradicia scorrevano da essa come una cascata. Le braccia che non suonavano la cornamusa stringevano lame e fucili e lance, mentre altre alzavano le mani in futili suppliche di misericordia, e una in un preciso saluto militare. Indossava un lacero cappotto di lana, verde oliva dove non era macchiato di     nero, e sotto non si vedeva nulla se non un corpo picchiato, squarciato e perforato finché di esso non era rimasto nulla se non le stesse ferite.            
Avevo sentito a sufficienza a quel punto, e lo dissi a Wilfred, ma se lui mi sentì non ne diede segno. Mi disse che la guerra, “il Pifferaio”, era andato a reclamarlo, e lui aveva implorato di rimanere. La cosa aveva interrotto la sua melodia per un momento, e con una delle sue braccia si era allungata per porgergli una penna. Disse che sapeva che un giorno sarebbe tornato a prenderlo, ma ora anche lui avrebbe vissuto per suonare la sua melodia. Il modo in cui mi guardava in quel momento era lo stesso modo in cui mi aveva guardato prima che la granata lo colpisse, e per un momento avrei giurato di sentire nuovamente quella musica portata dal vento.            
Me ne andai quasi immediatamente, e più tardi mi dissero che era stato rispedito nel Regno Unito, per riprendersi a Craiglockhart. Gli altri uomini borbottarono riguardo i vantaggi degli ufficiali e le belle vacanze del Luogotenente, ma loro non sapevano cosa lui aveva passato, e a me risultava difficile invidiarlo. A un certo punto chiesi agli uomini della squadra che lo aveva portato indietro se avesse avuto una penna quando lo avevano trovato, ma mi dissero di no. L'unica cosa che avevano trovato nelle vicinanze erano le piastrine dell'uomo morto tra i suoi resti. Un uomo di nome Joseph Rayner.            
E per molto tempo fu tutto lì. Wilfred era a casa che si riprendeva e assumeva compiti più leggeri, mentre io sgobbavo nel fango delle Fiandre. Io stesso la scampai per un pelo un paio di volte – incluso il lanciafiamme che mi segnò così distintamente. Sarebbe potuta andare peggio, ovviamente; se la pioggia non avesse pressoché liquefatto il fango della terra di nessuno sarei andato a fuoco come Lucifero.   
Cominciai però a notare qualcosa tra le truppe. Ogni volta che ci mettevamo in fila per andare in cima li osservavo, guardavo i loro volti. La maggior parte di loro mostrava solo la più assoluta paura, certo, ma alcuni di loro sembravano distanti. Il fischio li faceva tornare in sé con un sussulto e avanzavano con gli occhi spalancati.            
Avevo visto tutto questo prima della faccenda di Wilfred, ma avevo sempre dato per scontato che si trattasse semplicemente della mente che cercava di soffocare la probabilità della sua stessa morte. Ora quando osservavo, non potevo fare a meno di notare la leggera inclinazione delle loro teste, come se stessero delicatamente tendendo le orecchie per sentire una melodia in lontananza. Quegli uomini non riuscivano mai a tornare alle trincee. 
Conosce la frase “pay the piper”, significa “pagare le conseguenze”. Ci ho pensato molto durante quei mesi – il debito degli abitanti di Hamelin, che per la loro avidità si videro togliere i loro figli e non li videro più tornare. Sa che Hamelin è un vero posto in Germania? Sì, non molto lontano da Hannover se non ricordo male. Avevamo un prigioniero che veniva da là – volevo chiedergli della vecchia fiaba e se lui sapesse qualcosa del Pifferaio. La povera anima non parlava una parola di inglese, però, e morì per una ferita di scheggia infetta pochi giorni dopo. Passò i suoi ultimi minuti canticchiando una melodia familiare. Quella notte, mentre ci sparpagliavamo tra fango e rottami di metallo durante un altro inutile attacco, cominciai a chiedermi: eravamo noi i bambini rubati ai genitori dal Pifferaio? O eravamo i ratti che lui aveva condotto al fiume e che erano annegati perché avevano mangiato troppo frumento dei ricchi?            
Comunque, queste sono riflessioni per poeti, ai quali io non appartengo. Mi tenni aggiornato sul lavoro di Wilfred, però, e mi sorprese vedere quanto questo fosse cambiato dopo che lui se n'era andato. Se un tempo sarebbe potuto essere liquidato come frivolo, ora  aveva un senso di tragedia che scorreva dalle parole. Ancora adesso, non riesco a sentire Exposure senza ritrovarmi in quella maledetta trincea in inverno. E il pubblico chiaramente la pensava allo stesso modo, dal momento che uno dei pochi giornali che ci arrivavano al fronte aveva un esteso articolo in cui si celebrava la sua prima collezione. Nonostante tutto questo, c'era qualcosa in quelle poesie che mi dava una brutta sensazione.            
Wilfred ritornò al Secondo Manchester a luglio 1918. Era chiaramente molto cambiato nel suo tempo via, e sembrava essere abbastanza di buon umore, sebbene non parlassimo più molto, e quando mi guardava vedevo nei suoi occhi una paura che lui velocemente  nascondeva. La guerra si stava trascinando verso la fine a quel punto. C'era una stanchezza percepibile ovunque; anche le mitragliatrici nemiche sembravano più lente e più riluttanti nel fuoco, ma questo spingeva i nostri comandanti a lanciarci in azioni sempre più aggressive. Tentativi disperati di spingere la Germania alla resa, immagino, e i nostri attacchi andarono in crescendo.
Il primo giorno di ottobre ci fu ordinato di prendere d'assalto la postazione nemica a Joncourt. Ricordo che il tempo quel giorno era splendido – un ultimo giorno di sole prima che l'autunno si imponesse. La nostra carica ebbe abbastanza successo, penso che l'artiglieria tedesca non fosse stata allineata correttamente, e per la prima volta dal suo ritorno mi ritrovai a combattere al fianco di Wilfred. Posso dire in assoluta sincerità che nel corso dell'intera guerra non avevo mai visto un soldato combattere con una furia pari a quella che vidi in lui quel giorno. Dico subito che non faccio questa affermazione con ammirazione – la ferocia che vidi in lui mentre squarciava un uomo con la sua baionetta... Preferirei dimenticarla. Mentre caricava, ululava un terribile grido di battaglia e, solo per un momento, avrei giurato di vederlo proiettare un'ombra che non era la sua. Ho letto sul giornale che ricevette la Croce Militare per quell'attacco.
Fu un mese più tardi che mi svegliai e lo trovai seduto vicino al mio letto. Mi fissò, non in malo modo, ma c'era qualcosa nei suoi occhi che mi mise a disagio. “È quasi finita, Clarence,” mi disse. Io dissi che sì, sembrava che tutto stesse per finire. Mi sorrise e scosse la testa. Rimase per un po' lì seduto, a un certo punto un razzo esplose fuori in cielo, e attraverso l'improvvisato uscio della trincea passò abbastanza luce rossa da permettermi di vedere che Wilfred stava piangendo. Sapevo che stava ascoltando la melodia del Pifferaio. Mi chiese se lo sentivo, e io gli dissi che no, non lo sentivo, e non ero sicuro di averlo mai sentito. Lui annuì, e disse che non sapeva quale di noi fosse quello fortunato, e neanche io lo sapevo. Non lo so tutt'ora, in realtà.            
Wilfred Owen morì attraversando il canale a Sambre-Oise due giorni dopo. Non ci sarebbe dovuta essere molta resistenza, forse nessuna, ma alcuni dei soldati stazionati lì risposero al fuoco. Mi trovai accovacciato dietro di lui mentre il Capitano, che era stato colpito a un'anca, veniva trascinato al sicuro. Mentre ci preparavamo alla carica, Wilfred si fermò improvvisamente e si girò verso di me con un sorriso in faccia. In quel momento vidi un rivolo di sangue cominciare a scorrere da un foro aperto nella sua fronte. Sento di dovere specificare questo – ho visto molte persone fucilate. So cosa succede e che aspetto ha un foro di proiettile. Ma in quel caso, il foro semplicemente si aprì, come un occhio, e lui cadde a terra, morto.       
Mi fu detto in seguito che quello fu il giorno in cui vennero fatte le prime aperture per la pace tra le nazioni, e l'Armistizio fu firmato quasi esattamente una settimana più tardi. Fummo spediti     a casa poco dopo. Io credo che non fu solo in quel giorno, ma in quel preciso istante, in cui Wilfred cadde, che la pace fu finalmente assicurata. Nessuno può convincermi del contrario. Il Pifferaio lo aveva risparmiato prima? Lo aveva semplicemente usato, per poi sbarazzarsene? Non lo so, e cerco di non pensarci troppo su. Ho una moglie ora, e un figlio in arrivo, ma a volte ho ancora incubi. La parata del Giorno dell'Armistizio è passata sotto casa mia l'anno scorso, e io ho dovuto barricare le finestre quando ha sfilato la banda. Non era una melodia che volevo sentire.                            
ARCHIVISTA
Fine della dichiarazione.            
Beh, se fosse necessaria un'ulteriore prova della disorganizzazione del mio predecessore, eccola qui. Una dichiarazione del 1922 archiviata tra quelle di metà anni 2000. Ovviamente non è possibile fare molte ricerche o indagini approfondite per un caso vecchio quasi cento anni, soprattutto quando questo riguarda figure ben documentate come Wilfred Owen.
Tuttavia, si tratta di un racconto abbastanza interessante e penso di avere già sentito il nome “Joseph Rayner” da qualche parte, sebbene non riesca per quanto mi sforzi a ricordare dove. Ho fatto risistemare il caso nella sua appropriata posizione negli archivi.                         
Fine della registrazione.
[traduzione di: Silvia]
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Incontri che lasciano il segno - Parte 1
È un giorno come un altro nella Grande Mela; seppur Taehyung si trovi negli Stati Uniti per lavoro, il giovane artista non si è trattenuto dal ritagliarsi del tempo per sé stesso. Ha chiesto al suo manager di accompagnarlo al MoMA, il principale museo moderno del mondo, nella speranza di poter sfruttare al massimo la sua permanenza in suolo americano. Perché non importa quante volte ci sia già stato: è sempre pronto ad osservare con occhi nuovi, più maturi e critici tutta l’arte che lo circonda.  Si trova al quinto piano; Dipinti e Sculture. Di fronte a sé uno di quei quadri che più frequentemente cattura la curiosità dei turisti sta appropriandosi dell’attenzione del ragazzo, intrappolando i suoi occhi grandi e brillanti nel famoso vortice di pennellate azzurre della Notte Stellata.  Immerso com’è nell’opera, non si accorge nemmeno dell’inusuale desolazione del museo, anzi. Quella rara quiete lo spinge ulteriormente tra le braccia di quella luna che sembra essere così calda se comparata allo spettro cromatico del dipinto. L’idea del suo manager che lo aspetta nell’area cafè non gli mette fretta, onestamente. Sa che in realtà gli sta lasciando lo spazio di cui ha bisogno per ricaricare le batterie e ne è molto grato. Ciò che invece riesce a sfilarlo pian piano dalla stretta di Madre Arte è la figura di una donna che si trova alla parete adiacente alla sua. Una ragazza vestita da donna, si corregge mentalmente. La sua postura, i capelli raccolti, gli abiti tanto formali da sembrare quasi un’uniforme, la tracolla in cuoio che sembra aver visto molte generazioni prima della sua: tutto sembra voler raccontare una storia più antica della reale età. E Taehyung adora le storie; lo riporta ai tempi in cui sua nonna era ancora lì con lui per raccontargliele.  La nuca scoperta dall’acconciatura rivela una pelle bianca ma sofferente; un lieve rossore sembra volersi arrampicare fin laggiù, il che porta lo sguardo di Taehyung alla radice del problema. Non reggerà ancora per molto, pensa soffermandosi sulla spilla da balia che con ben poche aspettative teneva assieme i pezzi della borsa. Era un rimedio dell’ultimo secondo, un piccolo cerotto su una ferita che necessitava dei punti di sutura; ma questo lui non poteva saperlo. Spinto a compassione, Taehyung lascia il padiglione per raggiungere le scale e salire di un altro piano, anche questo reso vivo da più personale che visitatori, per fare poi ritorno nell’ala dei dipinti una manciata di minuti dopo. È convinto di trovarla ancora lì; ha come l’impressione che siano simili sotto quel punto di vista.
“Tieni” trova il coraggio di dire dopo averla affiancata. Nella mano tiene una borsa di tela con sopra stampata l’opera di Van Gogh ed il logo del museo. La ragazza posa dapprima lo sguardo sulla mano tesa per poi alternarlo al viso delicato ma dagli occhi che ha come l’impressione possano diventare taglienti da un momento all’altro, a tradimento. Emette un’aura del genere.  “Ho notato la tua borsa, prima. Ci devi tenere dentro molti libri.” Azzarda ad ipotizzare sia una studentessa di qualche università privata, forse cattolica. Non è un grande fan degli stereotipi ma qualcosa in lui lo spinge ad investigare. “In verità è tutto peso del mio lavoro” replica lei accettando il premuroso dono. Non si sbilancia con ringraziamenti palesi o verbali, semplicemente accetta la borsa con un calmo sorriso gentile. “Vieni spesso qui?” chiede lei sfilandosi la tracolla dalla spalla e passandola a Taehyung che, colto alla sprovvista, si ritrova a reggere la vecchia borsa cadente mentre tenta di non dare a vedere la sua sorpresa.  “Ogni volta che posso” le confessa reggendo con entrambe le mani l’oggetto. La vede aprire la borsa di tela ed incoraggiarlo ad infilarne lì la vecchia e così fa. Certamente è più comodo che trasferire ogni singolo oggetto da una all’altra. Sembra esserci abituata. “Quindi sei un esperto” suppone la giovane riprendendo in spalla la matrioska di borse. “Se vieni qui ogni volta che puoi e sai come raggiungere il negozio senza guardarti intorno né consultare la mappa, allora devi davvero sapere tutto di questo posto.“ “Non sono un esperto. Direi più… un appassionato frequentatore.” E sta davvero scegliendo di non soffermarsi sul dato principale dell’intera faccenda: come fa a sapere quanto tempo ci abbia messo a trovare il negozio? Che lo stesse osservando ancora prima che lui potesse accorgersi di lei? E se l’avesse riconosciuto?  Ma le ore passate nel museo lo hanno reso un’uomo più rilassato e gli hanno fatto abbassare la guardia. O forse il fascino che quella ragazza sta inspiegabilmente esercitando su di lui sta in realtà conducendo l’intero gioco, esattamente come se lui fosse l’ammaliato marinaio e lei un’incantevole ed imprevedibile sirena.  “Mi prendo il tempo necessario per osservare tutte le opere e-” “Quindi tu hai visto tutte le opere del museo?” viene interrotto da quell’intervento che Taehyung mal interpreta come ammirazione. “Beh, sì” conferma alzando le spalle. “Non vado mai via prima di averle viste tutte, anche se per pochi secondi.”  Non sa bene cosa lo abbia portato a dire quelle cose, non ha intenzione di vantarsi o risultare arrogante ma, alla fin fine, riesce a trovare una giustificazione per le proprie parole: non ha mentito per fare una bella figura -qualsiasi cosa questo significhi- ma ha semplicemente riportato i fatti. Non a caso il suo manager era pronto ad una pausa caffè lunga ore. “Scommetto invece che te ne sia sfuggita una.” “Come, scusa?” replica cortese. “No, non è possibile. Ho stampato l’elenco di tutte le opere presenti in questo museo, lista scaricabile dal sito ufficiale” puntualizza con un tono saccente da primo della classe. “Non posso aver saltato qualcosa. Vedi?” dice recuperando il foglio dalla tasca della giacca di jeans. “Ho la spunta accanto a tutto.” E mentre il suo dito scorre sulla pagina, seguito a ruota dallo sguardo attento del giovane, sulle labbra dell’ipotetica studentessa si modella come creta fresca un sorrisetto sottile. “Seguimi” lo incita con semplicità disarmante ignorando il suo cartaceo frutto di accurate ricerche. A questo punto non può tirarsi indietro. La segue lungo l’intero quinto piano, le resta a due gradini di distanza per le scale e si assicura di voltare il capo in ogni direzione una volta raggiunto il secondo livello, alla disperata ricerca di quel fantomatico qualcosa che lei sostiene si sia perso durante il tour. Niente. Quando la sconosciuta si ferma davanti ad una stanza con le mani legate dietro la schiena, Taehyung capisce che è lì che è nascosta la risposta.  “Ma... questa è Gowda.” Lo dice con ovvietà ma è molto confuso dal tutto. O forse è solo deluso. Si aspettava di doversi inoltrare in chissà quali anfratti del museo, scoprire di segrete nicchie o nascosti angoli con opere delle dimensioni di un tappo di bottiglia o roba del genere. E invece l’aveva portato davanti ad una delle più gigantesche, ben esposte e facili opere da trovare. Non riesce a capire. Ci dev’essere qualcosa che gli sfugge, ne è sicuro. “È l’ambiente costruito con elementi provenienti da case demolite a causa della modernizzazione nella sua terra natia.” “Qualcuno ha davvero fatto i compiti.” replica alla breve quanto coincisa descrizione senza mostrarsi particolarmente colpita. Di nuovo. “Io però mi riferivo ad altro.” Così dicendo si inoltra nella scena, supera stipiti, infissi di finestre e tavole di legno e conduce Taehyung davanti al soggetto di tanto mistero. “Un estintore.” Lo deve ammettere, se non fosse sotto l’effetto di chissà quale inspiegabile stregoneria che lo porta a gravitare attorno a lei, a quest’ora l’avrebbe già considerata una svitata; una di quelle personalità così fuori di testa da vedere cose anche laddove non ce ne siano. “È dunque questo il tuo occhio analitico da critico d’arte?” Commenta sarcastica. Qualcosa nella sua espressione suggerisce a Taehyung che quello fosse il suo di modo per manifestare la propria di delusione, proprio come lui poco prima aveva utilizzato il tono piatto nella sua voce in due semplici parole. N’è infastidito, in tutta franchezza. Tra i due quello ad avere più motivi per essere deluso non è certamente lei! In più si permette il lusso di giudicarlo? È una situazione davvero frustrante per l’artista. “Non c’è nulla da... analizzare. È solo un comune estintore. Tutti gli edifici devono averne almeno uno per una questione di sicurezza. E sono certo che in luoghi come i musei ce ne siano almeno dieci per piano. E questo è solo uno dei tanti. Non c’è nulla qui che faccia pensare sia nient’altro di diverso: non è equamente distante dalle altre opere, non è in un punto ben illuminato, non ci sono linee di fermo sul pavimento, non ha una targhetta con il titolo o il nome dell’artista, non è sul sito.” ribadisce irritato infine percependo le briglie della magica attrazione cominciare la frenata. “Hai presente gli stereogrammi?” La sente dire di punto in bianco in quello che interpreta come un disperato tentativo di cambiare discorso. “A volte ci vuole un po’ di tempo e pazienza in più per arrivare a vederci le immagini che nascondono. Guarda meglio: una targhetta c’è, dopotutto.” Lo incoraggia indicando il pezzo di carta legato al collo dell’estintore. Non sa perché lo stia facendo, perché stia continuando ad assecondarla ma segue il suo suggerimento e si sporge verso l’oggetto focalizzandosi sul foglietto. “ ‘Questo estintore è stato revisionato come richiesto dal codice antincendio di New York City 906.2.1.2.’.” “C’è altro?” “ ‘Ultima ispezione: 11 marzo’.” prosegue. “Effettuata da?” “Arthur H.” “Adesso hai un nome.” rivela l’improvvisata guida passando la borsa da una spalla all’altra, non sapendo quanto le sue ultime considerazioni l’avessero messo in una posizione di attacco. Ecco la goccia che ha fatto traboccare il vaso della sua pazienza; non ha più voglia di farsi prendere in giro come un idiota. “Ma questo non significa nulla! Potrebbe perfettamente essere un normalis-” “Arthur Hidalgo-Jiménez.” lo sovrasta con la voce interrompendo la sua sterile polemica. “Arturo, in realtà.” si corregge azzeccando perfettamente i suoni caldi e spigolosi della lingua latina. “È uno dei rappresentanti più emblematici delle correnti concettuali nell’arte della seconda metà del Novecento. La sua è un’arte che si muove lungo percorsi del tutto inediti, fondendo in maniera totale la sua esistenza con il suo essere artista. Jiménez è l’espressione più radicale dell’intellettuale che cerca di rinascere da un passato ingombrante. Figlio unico di immigrati portoricani, inventa il concetto della scultura sociale, capace di condurre ad una società più corretta; pensa che ogni uomo sia un artista e che se ciascuno utilizzasse la propria creatività, allora saremmo tutti esseri liberi. L’11 marzo è il giorno in cui i suoi genitori arrivarono negli Stati Uniti e 906212 è il numero della barcone su cui viaggiavano. È stato lui stesso a richiedere che la sua opera fosse messa a caso nel museo, senza una particolare luce o alcun pannello appeso al muro con la sua storia in bella vista. Voleva far arrivare gli osservatori alla più grande delle verità: tutto è arte se si hanno gli occhi per ammirarla. Arturo non era nessuno prima di diventare un artista, non sentiva di avere spiccate abilità nel disegno, nella pittura o nella scultura ma voleva comunque trasmettere qualcosa; aveva un messaggio da mandare a tutti coloro i quali non hanno mai creduto in sé stessi, a chi ha ricevuto solo porte in faccia, a chi non ci ha nemmeno mai provato per paura di fallire. Adesso pensi di riuscire a dirmi perché credi abbia scelto proprio un estintore?” “Perché spegne il fuoco. Potrebbe… essere il simbolo della società odierna che con cinismo soffoca le fiamme degli artisti emergenti o di chiunque cerchi di brillare, degradandoli a qualcosa di totalmente ordinario. Perché, se messo in un museo, nessuno avrebbe fatto caso a lui. Nessuno l’avrebbe considerato un vero pezzo d’arte.” “Se non qualcuno con gli occhi aperti ad essa. È facile trovare approvazione e supporto quando si è già qualcuno. Ma quanto è difficile arrivare a quel punto? Partire dall’essere nessuno e trovare quel qualcuno disposto a spendere quel minuto in più pur di vedere l’arte per quella che è e non per quello che dovrebbe essere secondo l’opinione pubblica.” Si sente così superficiale e stupido. Ogni parola che la ragazza gli rivolge sembra prenderlo a pugni nello stomaco, risvegliando uno strano mix di emozioni in lui. Prova un senso di vergogna, è deluso da sé stesso: da quand’è che ha smesso di apprezzare l’arte, farlo per davvero, coglierla in ogni cosa? Allo stesso tempo però quel discorso lo fa sentire paradossalmente meglio. Se dovesse paragonare quella sensazione a qualcosa, la descriverebbe come quando si tira via un dente cariato: si é in uno stato di dolore dormiente fino a quanto non comincia far male, tanto, per via di qualcosa. L’unico modo per stare meglio é estrarlo; un dolore che porta però al sollievo. Si sente così. Subito dopo arriva il processo di immedesimazione, come accade con i testi delle canzoni. Fa di quelle frasi delle strofe che rende sue, in quanto applicabili alla sua vita in tutto e per tutto. Non é sicuro lei sappia del suo lavoro, di cosa faccia per vivere, ma in fondo non gli importa. Trasforma il suo discorso in musica che starebbe ad ascoltare per ore. Con cuore e mente in tempesta, Taehyung é troppo occupato per badare alla sua espressione, la quale sembra essere fissa -e dunque imbambolata- sul viso della ragazza da un po’ ormai. Ed é costretto a rimangiarsi tutto: l’avrebbe seguita ovunque, anche se avesse deciso di mostrargli un tubo di scappamento nel bel mezzo di una mostra d’auto d’epoca. Perché ne é ammaliato. Troppo timido ed insicuro per dire innamorato.  “Goditi il museo” lo risveglia bruscamente dai suoi pensieri la giovane donna dopo un breve attimo di silenzio. “Te ne vai?” Domanda con voce quasi infantile non disturbandosi nemmeno di mascherarne la delusione.  “Ho del lavoro da fare” spiega in breve tornando a far balzare sulla spalla la nuova borsa piena, per l’appunto, di materiale. “Sono sicura che saprai goderti il giro, anche senza la lista.” La vede finalmente sbilanciarsi in un sorriso che sembra più genuino che beffardo, seppur nella maniera più cordiale possibile. “Ti auguro una buona giornata, appassionato frequentatore.” Esce di scena così, di punto in bianco, lasciando spiazzato il giovane. Ricordava sul serio tutto ciò che aveva detto, parola per parola? Deve essere una attenta ascoltatrice, pensa sempre più ammaliato. Taehyung si volta per vederla andare via, troppo scombussolato per realizzare quanto successo. Perde il contatto visivo con la sua classica quanto eccentrica figura quando svolta nel corridoio. Se si concentra riesce addirittura ad ascoltare i suoi passi, scendere per le scale. È tutto cosi’ surreale, come quel silenzio in cui lo ha lasciato. Non gli ho chiesto nemmeno il suo nome, realizza tra sé e sé. È rimasto davanti alla rossa scultura per altri quindici minuti buoni dopo la loro separazione nel tentativo di recuperare il tempo perso, di riconnettere i pensieri. E non mi ha nemmeno detto grazie... apertamente, aggiunge. Ma la cosa lo fa sorridere.  Tira fuori dalla tasca il suo cellulare, apre la fotocamera e mette a fuoco l’estintore, scattandone una foto per poi pubblicarla su Twitter. Non ci mette nessuna didascalia, descrizione o emoji, la posta e basta sotto l’hashtag ‘TaeTae’ perché si sente più Kim Taehyung che V, ora come ora.  Sulla via verso la caffetteria, continua ad usare il cellulare, questa volta per cercare su Google qualche informazione in più su Arthur Hidalgo-Jiménez. Gli unici risultati che vengono fuori sono un paio di profili Facebook e altri siti random che poco hanno a che vedere con quanto gli é stato raccontato. Decide di aggiungere la voce ‘arte’ alla ricerca ma il risultato non cambia molto. Dovrebbe sentirsi preso in giro ma, no, non é affatto cosi’.  Si sente ispirato. Nuovo. Felice. 
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scogito · 4 months
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Suggerimento non richiesto.
Se si presentano problemi fisici o ambientali nella tua vita, impara prima di tutto a conoscere quale sia il loro significato spirituale.
Esempi.
Ti esce sull'occhio un orzaiolo: scopri secondo la metamedicina o l'omeopatia quale messaggio porta.
In casa si presenta della muffa: leggi e indaga in esoterismo e nel campo bioenergetico quale concetto comunica.
Poi osserva onestamente se vedi connessione con la tua psiche e i tuoi pensieri, o anche con quelli di chi ti sta attorno. Ma comincia sempre da te.
Se ti si ottura il lavandino va bene chiamare l'idraulico, ma il punto è che devi occuparti di qualcosa che ti riguarda. Può parlare di un ristagno emozionale, di sentimenti che da troppo tempo sono "otturati". Potresti almeno chiederti quali emozioni non fai vivere, cos'è che non esprimi?
Ogni momento della vita ci vengono inviati messaggi utili al lavoro su di sé. Tutte le persone che conosci, gli ambienti in cui ti trovi possono rappresentare un terreno evolutivo. Dipende sempre l'uso che ne fai e con quali occhi guardi la tua realtà.
T.me
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troppostanca · 3 years
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Suggerimento non richiesto alle donne e agli uomini politici non mediocri (per i mediocri i suggerimenti sono superflui): lasciate perdere metafore trite come “si tratta di mele marce” e simili. Esse sono una fuga dal dovere di pensare e parlare solo dopo aver pensato.
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cgcsolutionstore · 9 months
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Gioco Pes Pro Evolution Soccer 6 Play Station 2
Vendo Pes 6 per Play Station 2.
TITOLO: Pes 6 (Pro Evolution Soccer 6);
ANNO: 2009/2010;
STATO: usato ma in ottime condizioni, confezione e libretto originale;
PIATTAFORMA: console Play Station 2;
Alcune Impostazioni di gioco di Pes 6
Soluzione squadra/Soluzione divisa
Selezione squadra: scegli una squadra con la quale disputare la prossima partita. Se vuoi una sfida diversa, premi il tasto quadrato per scegliere delle squadre a caso. Seleziona “Carica dati Campionato Master” nella schermata di selezione della squadra per giocare con la stessa squadra che utilizzi nel Campionato Master.
Suggerimento: se selezione il file di salvataggio del tuo Campionato Master, la struttura della squadra rimarrà inalterate, la le abilità dei giocatori verranno ripristinate con i valori predefiniti. Per giocare con gli sviluppi inalterati del tuo Campionato Master, entra nella modalità di gioco Campionato Master e seleziona l’opzione “Salva”. Ora seleziona “Salva dati squadra personale” per poter utilizzare la tua squadra in partite amichevoli.
Seleziona divisa: seleziona la divisa che verrà indossata durante la partita.
Impostazioni formazioni di Pes 6
Questa schermata ti permette di scegliere la squadra, selezionare (e modificare) la formazione e regolare decine di impostazioni strategiche. La flessibilità tattica offerta dal gioco è enorme, ma non spaventarti: puoi tranquillamente disinteressanti di tante caratteristiche per molto tempo. Questo capitolo ti introduce alla caratteristiche principali dei menù di impostazioni della formazione. Per maggiori informazioni, utilizza la funziona di aiuto in gioco – premi semplicemente il tasto SELECT (selezione) quando appare l’icona di aiuto.
Hardware richiesto di Pes 6
Un o 2 giocatori, memory card (scheda memoria da 8 MB per Play Station 2 2108 KB, compatibile con il multiap sempre per Play Station 2 , 1-5 giocatori (6-8 giocatori = 2 multitap richiesti), compatibilità con controllo analogico: solo leve analogiche.
A 6,50 euro prezzo non trattabile.
Altre informazioni
La vendita viene effettuata con la clausola visto e piaciuto.
Per altre informazioni o domande sono disponibile al seguente numero di cellulare 329/4899733, via e-mail [email protected]
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istantiighiacciati · 3 years
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Come affrontare la sicurezza su Macos
Sempre più informazioni vengono archiviate sui nostri computer, dispositivi e online. Abbiamo spiegato come proteggere il tuo iPhone, ma devi anche proteggere il tuo computer, soprattutto se si tratta di un laptop. Le persone possono accedere al tuo Mac, ai file privati e alle informazioni sensibili se non stai attento.
Oggi voglio segnalarti alcuni modi in cui puoi proteggere il tuo Mac per evitare che i tuoi dati finiscano nelle mani sbagliate, da qualche mese ho un Macbook e mi sono letto un po’ di guide interessanti in proposito.
Disabilitare l'accesso automatico
La funzione di accesso automatico sul tuo Mac è comoda e ti consente di accedere automaticamente al tuo account. Tuttavia, non è sicuro. Potresti anche non avere password sul tuo account (cosa non consigliata).
Dovresti davvero disabilitare la funzione di accesso automatico. Per farlo, vai su Apple> Preferenze di Sistema e fai clic su Utenti e gruppi. Quindi, fai clic su Opzioni di accesso nella parte inferiore dell'elenco degli utenti a sinistra.
Quindi, fai clic sul lucchetto nella parte inferiore della finestra di dialogo e inserisci la password quando richiesto. Ciò consente di apportare modifiche alle impostazioni.
Seleziona Off dall'elenco a discesa Accesso automatico. Dovrai inserire la tua password ogni volta che avvii il tuo Mac, ma è preferibile un piccolo inconveniente che qualcuno acceda al tuo account e acceda ai tuoi dati.
Proteggi il tuo account utente con una password sicura
Ora che hai disabilitato l'accesso automatico, assicurati di avere una password sicura (ecco come crearne una) sul tuo account utente, infatti quando configuri il Mac, ti viene chiesto di inserire una password per il tuo account utente.
Per proteggere il tuo account, è una buona idea cambiare periodicamente la password. Vai su Apple> Preferenze di Sistema e fai clic su Sicurezza e Privacy. Assicurati che la scheda Generale sia selezionata e fai clic su Modifica password.
Nella finestra di dialogo popup che viene visualizzata, inserisci la tua vecchia password. Quindi, inserisci la nuova password che desideri utilizzare e verifica la nuova password. Inserisci un suggerimento per la password per aiutarti a ricordare la tua nuova password. Fare clic su Modifica password.
Dovresti anche proteggere con una password il tuo Mac quando va in stop o quando inizia lo screen saver. Per attivare questa impostazione, seleziona la casella Richiedi password. Seleziona quanto tempo dopo che il tuo Mac va in stop, o lo screen saver inizia, per richiedere la password per tornare nel tuo account. È una buona idea scegliere Immediato, soprattutto se ti trovi in ​​un luogo pubblico o ovunque ci siano altre persone in giro.
Abilita il firewall
Il firewall sul tuo Mac è disattivato per impostazione predefinita. Non è insicuro? Sì e no. Il firewall del tuo Mac blocca il traffico in entrata verso app specifiche. Quindi, il firewall è utile solo se sul tuo computer sono presenti app che desideri limitare in termini di informazioni in arrivo.
Quindi, non hai necessariamente bisogno di un firewall per proteggere il tuo Mac. Tuttavia, è facile da attivare se si desidera abilitarlo e spiegheremo come configurarlo.
Per attivare il firewall, vai su Apple> Preferenze di Sistema> Sicurezza e Privacy. Fare clic sulla scheda Firewall e fare clic sul lucchetto in basso e immettere la password per poter apportare modifiche, quindi, fai clic su Attiva firewall.
Per configurare le opzioni per il firewall, fare clic su Opzioni firewall.
Verrà visualizzato un elenco di app e servizi in grado di ricevere connessioni in entrata. È possibile aggiungere all'elenco utilizzando l'icona più sotto l'elenco. Potrebbe essere necessario farlo se esegui e app e ti dà un errore che dice che è stato impedito di accettare una connessione in entrata.
Il firewall integrato sul tuo Mac blocca solo il traffico in entrata. Tuttavia, non ti consente di controllare le connessioni in uscita, ovvero app e servizi che avviano le connessioni. Ad esempio, se scarichi un malware, il firewall del tuo Mac non gli impedirà di connettersi a Internet e inviare informazioni.
Eseguire il backup dei dati
Puoi utilizzare tutti i metodi qui menzionati per proteggere e proteggere i tuoi dati. Se il tuo Mac viene smarrito o rubato, puoi bloccarlo o cancellare i dati. Quindi cosa fai? I tuoi dati sono spariti, giusto? Non se hai eseguito il backup.
Il tuo Mac include una soluzione di backup molto utile chiamata Time Machine. Se stai utilizzando un disco rigido esterno di grande capacità, puoi prima partizionarlo, utilizzando una partizione per il backup di Time Machine e l'altra partizione per archiviare i file.
Dopo aver partizionato l'unità esterna, vai su Apple> Preferenze di Sistema> Time Machine. Abbiamo spiegato come configurare e utilizzare Time Machine.
Dopo il backup iniziale, puoi avviare automaticamente un backup con Time Machine (seleziona la casella Esegui backup automatico). Se desideri avviare un backup manualmente prima che venga eseguito un backup automatico, seleziona la casella Mostra Time Machine nella barra dei menu. Quindi, accedi al menu Time Machine e avvia il backup da lì.
Se preferisci non utilizzare Time Machine, puoi scegliere una soluzione diversa per il backup dei dati. Copriamo anche l'ultima soluzione di triplo backup per il tuo Mac.
Quando è necessario ripristinare i dati da un backup, ci sono tre modi per ottenere i file da un backup di Time Machine.
Fai una scansione antivirus
Esistono altri tipi di malware, oltre a quelli che si mascherano da app persistenti. Sebbene i Mac non hanno la quantità di virus che colpisce i PC Windows, c'è sempre più malware che prende di mira i Mac perchè è diventato un bersaglio interessante!
Il tuo Mac ha già uno strumento antimalware integrato chiamato Xprotect, che è sempre in esecuzione, in modo invisibile, in background. Quindi, il software antimalware non è per forza necessario su un Mac, ma è caldamente consigliato.
Io ho scelto il mio antivirus da mettere sul Macbook guardando varie recensioni e classifiche, l’importante è che siano sempre aggiornate sugli ultimi antivirus, e tengano conto anche delle opinioni degli utenti.
Ho poi scelto Bitdefender Virus Scanner è gratuito e facile da usare. Può rilevare e rimuovere tutti i tipi di malware inclusi virus, spyware, trojan, keylogger, worm e adware. Bitdefender Virus Scanner non installa alcun software di monitoraggio del sistema che potrebbe impantanare il tuo sistema. Ma questo significa che devi eseguirlo manualmente per scansionare il tuo sistema alla ricerca di malware.
Bitdefender Virus Scanner rileva e rimuove anche il malware di Windows presente sul tuo Mac. Ciò impedisce di inviare accidentalmente file infetti ad altri utilizzando PC Windows.
Malwarebytes Antimalware è un’altra un'app ben nota che si concentra sulla ricerca e la rimozione di adware, che è un codice nascosto in alcune app che mostra con forza gli annunci sul desktop o sui siti Web nel browser.
La versione gratuita di Malwarebytes Antimalware è installata sulla barra dei menu e deve essere eseguita manualmente per pulire il tuo Mac. Per ottenere la capacità di prevenire virus, spyware e infezioni da malware e bloccare in modo proattivo adware e programmi indesiderati, il servizio Premium ti costerà $ 39,99 all'anno. Tuttavia, non è necessario.
L'esecuzione manuale periodica di Malwarebytes Antimalware dovrebbe essere sufficiente, purché ci si ricordi di farlo, io ho preferito invece la protezione automatica sempre attiva!
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lucasamandi · 3 years
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Lol chi ride è fuori chi ha vinto lo show comico di Amazon (spoiler)
Lol chi ride è fuori chi ha vinto lo show comico di Amazon (spoiler)
#LOL Guardata e consigliata!.. dopo un grazie a Roberto Zacchi per il suggerimento! Erano anni che non ridevo così! 🤣 Un commento veloce e non richiesto su ognuno dei concorrenti: – Elio, lui è totale. Totale. – Caterina Guzzanti, lei è il ghiaccio che adori veder sciogliere. – Lillo, vabbé… #soLillo è il nuovo zero comico assoluto. – Ciro, resistenza inaspettata. – Fru, felicità immotivata. –…
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levysoft · 3 years
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La funzione di autocompletamento del browser è nota a tutti: quando si compila un form online in cui viene richiesto l'inserimento di indirizzi email o nome e cognome, è possibile fare clic sul suggerimento del browser web per inserire rapidamente i dati richiesti ed essere dispensati dal doverlo fare a mano. C'è però un problema di fondo, a tutt'oggi presente, che è sconosciuto ai più e sul quale ci eravamo soffermati ormai oltre 8 anni fa: I dati inseriti nei moduli online sarebbero a rischio. I browser web possono diventare degli incredibili alleati per utenti malintenzionati, advertisers, spammer e spioni. Toccando le giuste corde è infatti possibile non soltanto verificare i siti visitati in passato dagli utenti (Quali siti avete visitato in passato: chiunque può stabilirlo) ma anche raccogliere più informazioni personali rispetto a quelle che vengono richieste.
Già lo scorso anno il ricercatore indipendente Viljami Kuosmanen aveva fatto presente come, a distanza di tempo, il comportamento dei principali browser web, purtroppo, non fosse cambiato.
Quando si visita un qualunque sito web e ci si appresta a compilare un modulo online, il browser prova a richiamare la funzionalità di autocompletamento: cliccando su uno dei campi proposti, il browser offre la possibilità di scegliere i dati personali salvati in precedenza e di inserirli in automatico così da evitare un nuovo inserimento di email, nome e cognome, numeri di telefono e così via (qui è descritta la Compilazione automatica di Chrome).Un sito web che richiede semplicemente un indirizzo email e un nome potrebbe in realtà rastrellare molte più informazioni rispetto a quelle che vengono richieste in modo esplicito.
Ciò è possibile sfruttando una "leggerezza" di Chrome, Safari, Opera e delle estensioni come LastPass: richiedendo solo una parte di informazioni mediante il modulo online e inserendo alcuni campi nascosti, l'utente non si accorgerà dei dati che invece vengono trasmessi a sua insaputa.
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Come si vede nell'esempio, l'utente invia nome, cognome ed email ma, in realtà, il sito web riesce a raccogliere (quando viene usato l'autocompletamento) altri dati come l'indirizzo di residenza, il nome dell'azienda e i numeri telefonici.
Si provi a visitare questa pagina: si tratta di un test dimostrativo realizzato da Kuosmanen.
Come si vede, la semplice pagina HTML che si ha dinanzi richiede solamente l'inserimento di un nome e di un indirizzo email.
Compilando uno dei due campi, però, e scegliendo di servirsi dell'autocompletamento, si otterrà una pagina di risposta che contiene il proprio indirizzo, numero e dati della carta di credito, CAP, città e nazione di residenza, nome della propria azienda, numeri telefonici.
Com'è potuto accadere? Provate ad esaminare il codice HTML della pagina che contiene i campi nome ed email (premere CTRL+U nella finestra del browser): oltre ad essi troverete una serie di campi nascosti (spostati nell'area non visibile della finestra con una banale direttiva CSS) che saranno automaticamente completati dalla funzione di autocompletamento del browser, all'insaputa dell'utente.
Attenzione quindi ai siti web dove si inseriscono informazioni personali e a valutare quando usare o meno la funzione di autocompletamento dei form.
In Chrome, per verificare i dati personali memorizzati dal browser e utilizzabili per l'autocompletamento, basta digitare chrome://settings/autofill nella barra degli indirizzi. Tutte le informazioni sono modificabili e possono essere rimosse dal browser.
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