#zii e nipoti
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catsloverword · 1 month ago
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Vecchie e nuove generazioni...
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lunamarish · 5 months ago
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Uno dei momenti più tristi della nostra vita è quando la porta della casa dei nonni si chiude per sempre. Una volta chiusa quella porta non ci saranno più i pomeriggi felici con zii, cugini, nipoti, genitori fratelli e sorelle. Ve lo ricordate? Non era necessario andare al ristorante la domenica. Si andava a casa dei nonni. A Natale la nonna bucava l’ozono con le sue fritture mentre il nonno si dedicava all’arrosto facendo puntualmente bruciare la canna fumaria. La tavola era lunghissima e veniva apparecchiata nella stanza più grande. Adesso la casa è chiusa ed è rimasta soltanto la polvere. Un cartello vendesi. Nessuno la vuole quella casa. È vecchia. Va ristrutturata. Costa troppo. Cazzo ne sapete di quanto vale la casa dei nonni. La casa dei nonni non ha un valore. E così passano gli anni. Non ci sono più regali da scartare. Frittate da mangiare. Verdure da pulire. Quando la casa dei nonni si chiude ci ritroviamo adulti senza capire quando abbiamo smesso di essere bambini. Certo per i nonni saremo sempre piccoli e indifesi. Sempre. I nonni avevano sempre il caffè pronto. La pasta. Il vino. Le caramelle. Poi finisce tutto. Non ci sono pi�� le canzoni. Non si fa più la pasta fatta in casa. La nonna non friggerà più le patatine e io non potrò più rubarle di nascosto dal forno. Siete andati via troppo presto porca miseria. Io volevo fare la salsa ancora una volta. Il mirto. Le chiacchiere. E il liquore all’alloro. Io volevo ancora accatastare la legna con te nonno, anzi grazie per avermelo insegnato. E grazie per gli insegnamenti sulla vita. E sulla campagna. E sul giardinaggio. Ora quando passo guardo quella casa e mi viene sempre l’abitudine di parcheggiare. E di buttare giù il campanello. E di sentire la nonna gridare che porco giuda non sono modi quelli. Scusa nonna. Non suonerò più il campanello. Al massimo quando mi capiterà di pensarvi di nuovo, come ora, canterò una canzone. Quella preferita dal nonno. Un amore così grande.
Antonio Cotardo
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odioilvento · 9 months ago
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Che bella questa frase.
Oggi è la festa dei nonni, santi nonni, come dico sempre io dei nonni di mio figlio.
E questa frase mi ricorda tanto gli occhi delle mie due nonne. Entrambi occhi azzurri, che mio figlio ha ereditato. Occhi che in effetti non puoi dimenticare.
Mia nonna di qui era una donna forte, alta, decisa, dalla quale andavo ogni giorno dopo scuola, quando ancora era raro il tempo pieno, in attesa dei miei genitori che erano al lavoro. E quando mia mamma arrivava a prendermi era sempre di corsa e mi ricordo benissimo la voce di mia nonna che, dalla lobbia, con me di fianco, le diceva: "Sei di fretta, te la butto giù così non sali". Cucinava delle frittelle a carnevale che non ho mai più mangiato. Io ero la nipote più grande di otto, andavamo in montagna a luglio solo io e lei e via via arrivavano tutti i nipoti. E lei teneva praticamente tutti. Quando eravamo sole facevamo delle camminate nei boschi, con un bastone ogni volta trovato al momento, con le sue gambe che erano già un po' storte. Arriva da lei il mio amore per la montagna. Era una donna precisa, ma avanti. Una delle cose che mi ricordo per ultime, prima che la sua testolina perdesse il contatto con le realtà, è come rispose a mia mamma quando le dicemmo che io e il mio allora moroso, ora marito, volevamo andare a vivere insieme. Mia mamma non era convinta e mi disse di andare a chiedere a mia nonna, e lei semplicemente disse sì, non vedo il problema. Mia mamma non ha potuto dire più niente.
L'altra mia nonna viveva invece in Sardegna e quindi la vedevo una volta l'anno in agosto. Stessi occhi azzurri, ma una donnina minuta, magra anche con tutti gli strati di vestiti che indossava, di un riserbo enorme. Che viveva in simbiosi con mio nonno. Con due nomi fatti uno per l'altra: Bonaria e Felice. Di lei ho ricordi più rari per il poco tempo insieme. Però non posso dimenticare le tavolate a casa sua con tutti gli zii ed i cugini e lei che cucinava ravioli di magro per tutta la via. Quanti pomodori abbiamo tagliato per fare la conserva. Le uova delle galline che ogni giorno andava a prendere nel piccolo pollaio in cortile. E mi ricordo benissimo, tipo una foto stampata nella memoria, lei, che aveva sempre freddo essendo magrolina, seduta su questa mini seggiolina di legno, davanti al camino acceso anche in agosto, con un pentolino con il gelato che si scioglieva un po', se no era troppo freddo. E poi le frasi che diceva sempre e che uso ancora: "cottu o non cottu su fogu dda biu", "la casa non ruba nasconde" e quello che era il suo saluto ogni volta che sapeva che dovevamo andare via "venite quando volete", come dire, torna il prima possibile, ma fai quello che devi fare.
Le mie nonne, e la loro luce negli occhi, non le dimenticherò mai.
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sara-saragej · 2 years ago
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Quando la casa dei nonni si chiude 💔...
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“Uno dei momenti più tristi della nostra vita é quando la porta della casa dei nonni si chiude per sempre. Una volta chiusa quella porta non ci saranno più i pomeriggi felici con zii, cugini, nipoti, genitori fratelli e sorelle. Ve lo ricordate?
Non era necessario andare al ristorante la domenica. Si andava a casa dei nonni. A Natale la nonna bucava l’ozono con le sue fritture mentre il nonno si dedicava all’arrosto facendo puntualmente bruciare la canna fumaria. La tavola era lunghissima e veniva apparecchiata nella stanza più grande. Adesso la casa è chiusa ed è rimasta soltanto la polvere. Un cartello vendesi. Nessuno la vuole quella casa.
È vecchia. Va ristrutturata. Costa troppo. Cazzo ne sapete di quanto vale la casa dei nonni. La casa dei nonni non ha un valore. E così passano gli anni. Non ci sono più regali da scartare. Frittate da mangiare. Verdure da pulire. Quando la casa dei nonni si chiude ci ritroviamo adulti senza capire quando abbiamo smesso di essere bambini. Certo per i nonni saremo sempre piccoli e indifesi. Sempre. I nonni avevano sempre il caffè pronto. La pasta. Il vino. Le caramelle..
Poi finisce tutto. Non ci sono più le canzoni. Non si fa più la pasta fatta in casa..... Siete andati via troppo presto porca miseria. Io volevo fare la salsa ancora una volta. Il mirto. Le chiacchiere. E il liquore all’alloro. Io volevo ancora accatastare la legna con te nonno, anzi grazie per avermelo insegnato. E grazie per gli insegnamenti sulla vita. E sulla campagna. E sul giardinaggio. Ora quando passo guardo quella casa e mi viene sempre l’abitudine di parcheggiare. E di buttare giù il campanello. E di sentire la nonna gridare che porco giuda non sono modi quelli.
Scusa nonna. Non suonerò più il campanello. Al massimo quando mi capiterà di pensarvi di nuovo, come ora, canterò una canzone. Quella preferita dal nonno. Un amore così grande.
- Antonio Cotardo
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When the grandparents 'house closes💔
“One of the saddest moments in our lives is when the door to our grandparents' house closes forever. Once that door closes there will be no more happy afternoons with uncles, cousins, nephews, parents, brothers and sisters. Do you remember it? There was no need to go to a restaurant on Sunday. We went to the grandparents' house. At Christmas, the grandmother pierced the ozone layer with her fried food while the grandfather dedicated himself to the roast by punctually burning the flue. The table was very long and was set in the largest room. Now the house is closed and only the dust is left. A for sale sign. Nobody wants that house. Is old. It needs to be refurbished. Costs too much. Fuck do you know what the grandparents' house is worth. Grandparents' house has no value. And so the years go by. There are no more presents to unwrap.
Omelettes to eat. Vegetables to clean. When the grandparents' house closes, we find ourselves adults without understanding when we stopped being children. Of course, for our grandparents we will always be small and helpless. Always. Grandparents always had coffee ready. The pasta. The wine. The candies.. Then it's all over. There are no more songs. Homemade pasta is no longer made..... You left too soon damn it. I wanted to make the sauce one more time. The myrtle. The chatter. And the laurel liqueur. I still wanted to stack wood with you grandpa, actually thanks for teaching me. And thanks for the teachings about life. And about the countryside. And about gardening. Now when I pass I look at that house and I always get used to parking. And to knock down the bell. And to hear the grandmother shouting that pig Judas are not those ways. Sorry grandma. I won't ring the bell again. At the latest when I think of you again, like now, I'll sing a song. Grandpa's favorite. Such a big love.
- Antonio Cotardo
Dolce ☕ Pomeriggio🌹
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ilsalvagocce · 2 years ago
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ti ricordi ho pensato quando ho preso l'auto via dalla camera ardente tua per andar a prendere P. alla stazione dei treni più vicina, castelplanio, che non ci ero mai stata, e pioveva e avevo pianto così tanto o raccolto pianti, tipo pozzo tra le ciglia, via da lì per poi tornar lì, tra zii nipoti cugin amici amiche e sorella e padre ed era tutto grigio ghiaccio e i miei occhi con le lentine s'erano appannati, come occhiali dentro la nebbia e invece erano i miei occhi miei, e io non vedevo
niente
ho avuto paura di non vedere la strada, prima la strada giusta dove voltare per la stazione e poi la strada in cui stare, andare, la rotatoria la pioggia la nebbia dolente negli occhi guidatemi qualcuno mi guidi sono cieca sono cieca sono cieca
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QUANDO LA CASA DEI NONNI SI CHIUDE
Penso che uno dei momenti più tristi della nostra vita sia quando la porta di casa dei nonni si chiude per sempre.
Quando chiudiamo la casa dei nonni finiamo anche i pomeriggi felici con zii, cugini, nipoti, genitori, fratelli.
Non c'è bisogno di uscire di casa, stare a casa dei nonni è ciò di cui ogni famiglia ha bisogno per essere felice.
Le riunioni di Natale, annaffiate con l'odore dei manicaretti preparati dalla nonna, ogni volta pensiamo:
"... e se questa fosse l'ultima volta "?
È difficile accettare che tutto questo abbia una scadenza, che un giorno tutto sarà coperto di polvere e la risata sarà un lontano ricordo di tempi forse migliori.
L ' anno passa mentre aspetti questi momenti, senza rendertene conto, passiamo dall' essere bambini che aprono regali, all'essere adulti seduti allo stesso tavolo, giocando a pranzo, e all'aperitivo per cena, perché il tempo in famiglia passa e L'aperitivo è sacro.
La casa dei nonni è sempre piena di sedie, non si sa mai se un cugino porterà la sua ragazza, perché qui tutti sono i benvenuti.
Ci sarà sempre il caffè pronto o qualcuno disposto a farlo.
Saluti le persone che attraversano la porta, anche se sono estranee, perché gli amici dei tuoi nonni sono anche tuoi amici.
Chiudere la casa dei nonni significa dire addio alle canzoni con la nonna e ai consigli del nonno, ai soldi che ti danno segretamente dai tuoi genitori come se fosse una cosa illegale, piangere dal ridere per qualsiasi sciocchezza, o piangere per il dolore di coloro che se ne sono andati troppo presto.
È dire addio all'emozione di arrivare in cucina e scoprire le pentole e assaporare il ′′ cibo della nonna ".
Quindi, se hai la possibilità di bussare alla porta di questa casa e qualcuno ti apre, cogli ogni attimo, perché avere i tuoi nonni, stare seduti ad aspettare di baciarti è la sensazione più grande, meravigliosa, che si può sentire nella vita
Godetevi la casa dei nonni, perché arriverà un momento in cui nella solitudine delle vostre pareti, se chiudete gli occhi e vi concentrate, potrete sentire forse l'eco di un sorriso o di un grido intrappolato nel tempo. Del resto, posso dire che quando li riaprirai, la nostalgia ti prenderà e ti chiederai: perché tutto è passato andato così velocemente?
E sarà doloroso scoprire che non se n'è andato... lo lasciamo andare... 😢💔
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viverecagliari · 6 days ago
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CTM apre le porte ai più piccoli: “E tùi, fill’e chini sesi?”
“E tùi, fill’e chini sesi?”: CTM apre le porte ai più piccoli per una giornata tra famiglia e lavoro
Una mattinata di sorrisi, emozioni e scoperte. È quella vissuta dai figli e nipoti dei dipendenti CTM durante l’edizione 2025 di “Bimbi in Azienda”, l’iniziativa che ha trasformato gli spazi di lavoro in luoghi di accoglienza, meraviglia e orgoglio familiare.
Con il titolo affettuoso e profondamente identitario “E tùi, fill’e chini sesi?”, che in sardo significa “E tu, di chi sei figlio?”, CTM ha voluto aprire simbolicamente e concretamente le porte della propria attività, offrendo ai bambini fino ai 12 anni un’esperienza immersiva nel mondo lavorativo dei loro genitori, nonni e zii.
Quando la famiglia entra in azienda
Organizzato con cura e passione, l’evento ha coinvolto con entusiasmo i lavoratori dell’azienda e i loro piccoli accompagnatori. Guidati da animatori esperti e accolti con calore dai dipendenti, i bambini hanno potuto scoprire da vicino l’universo che anima ogni giorno il trasporto pubblico della città.
Le visite si sono svolte tra il deposito di Viale Ciusa e gli uffici di Viale Trieste, con uno spostamento speciale a bordo di un nuovissimo autobus elettrico, simbolo dell’innovazione e dell’impegno sostenibile che CTM porta avanti quotidianamente.
Un viaggio nel cuore di CTM
Durante il percorso, i bambini hanno potuto esplorare officine, macchinari, postazioni operative e amministrative. Ma soprattutto, hanno potuto vivere da protagonisti la realtà del lavoro: osservando da vicino gli autobus, ponendo domande, giocando, imparando.
Con gli occhi spalancati e lo stupore sincero tipico dell’infanzia, i piccoli ospiti hanno respirato l’energia che muove CTM ogni giorno. Un’energia fatta di dedizione, competenza, passione e servizio per la comunità.
Quando il lavoro diventa ispirazione
Uno dei momenti più emozionanti della giornata è stato quando a ciascun bambino è stato chiesto di “scegliere” un mestiere tra quelli appena scoperti. Il gioco si è trasformato in sogno: c’erano piccoli autisti per un giorno, meccanici in miniatura, giovani informatici e aspiranti dirigenti. Ma il ruolo più ambito, quello scelto da molti, è stato quello di conducente, segno tangibile dell’ammirazione e del fascino che questa figura ancora suscita.
Un messaggio che va oltre l’evento
“Vedere la gioia negli occhi dei nostri piccoli ospiti – ha dichiarato CTM – è il segno più autentico dell’importanza di creare momenti di condivisione anche all’interno del contesto lavorativo. Dietro ogni scrivania, dentro le officine, su ogni autobus che attraversa la città, c’è una storia che merita di essere conosciuta, valorizzata e celebrata.”
Oltre l’autobus: valori, identità e futuro
“Bimbi in Azienda” non è solo una giornata di festa, ma un investimento sui valori aziendali, sulla trasmissione del senso di appartenenza, sulla connessione tra generazioni. Iniziative come questa dimostrano come un’azienda possa farsi comunità, promuovere la cultura del lavoro e al contempo accendere nei più giovani la scintilla della curiosità e del sogno.
Perché ogni bambino, oggi spettatore affascinato, domani potrebbe essere parte attiva di quella stessa realtà che oggi osserva con stupore. E CTM, con il suo spirito innovativo e la sua anima umana, glielo ha mostrato nel modo migliore.
Vuoi scoprire altri eventi in città?
Consulta la sezione Eventi su Vivere a Cagliari per restare aggiornato su concerti, spettacoli, manifestazioni culturali e appuntamenti imperdibili.
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mattiafrizzera · 4 months ago
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Villa Liberty Nave San Rocco Maso Angelini in vendita
Villa liberty del 1904, fatta costruire da Lodovico Angelini, che dà il nome a Maso Angelini, dietro agli uffici comunali di Nave San Rocco (Terre d’Adige). I proprietari (che non sono della mia famiglia) vendono villa e 2mila metri quadri di terreno che la circondano. La casa dove hanno vissuto i miei nonni materni Rosa Pittigher ed Enrico Damaggio e sono cresciuti mamma-zii e anche noi nipoti.…
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orotrasparente · 1 year ago
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Ma se vivi a Napoli come fai ad essere mezzo veneto? Capisci almeno il dialetto veneto?
ma chi l’ha detto che sono mezzo veneto ahahahahahaha l’italiano è una lingua meravigliosa, ho detto che metà della mia famiglia (tra cui una nipotina che è appena nata) vive in veneto, precisamente a vicenza, io non sono per metà veneto, sono solo napoletano, ma avendo zii, cugini e nipoti lì riconosco e in parte capisco il dialetto 💀
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massimomelani58 · 2 years ago
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Famiglia di San Cristobal (Paraguay) sottoponeva figli e nipoti a orge e stupri...
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onoranzetriolo · 4 years ago
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è morto Giovanni Bartolo
è morto Giovanni Bartolo
primaria impresa funebre Triolo via Rausei, 110 Reggio Calabria i professionisti del settore centralino 0965.29993 – urgenze 3931189118 è morto Giovanni Bartolo invia un cuore di fiori per partecipare al lutto invia un necrologio di partecipazione al lutto
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smokingago · 3 years ago
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Quando la casa dei nonni si chiude
“Uno dei momenti più tristi della nostra vita é quando la porta della casa dei nonni si chiude per sempre. Una volta chiusa quella porta non ci saranno più i pomeriggi felici con zii, cugini, nipoti, genitori fratelli e sorelle. Ve lo ricordate? Non era necessario andare al ristorante la domenica. Si andava a casa dei nonni. A Natale la nonna bucava l’ozono con le sue fritture mentre il nonno si dedicava all’arrosto facendo puntualmente bruciare la canna fumaria. La tavola era lunghissima e veniva apparecchiata nella stanza più grande. Adesso la casa è chiusa ed è rimasta soltanto la polvere. Un cartello vendesi. Nessuno la vuole quella casa. È vecchia. Va ristrutturata. Costa troppo. Ma che ne sapete di quanto vale la casa dei nonni. La casa dei nonni non ha un valore. E così passano gli anni. Non ci sono più regali da scartare. Frittate da mangiare. Verdure da pulire. Quando la casa dei nonni si chiude ci ritroviamo adulti senza capire quando abbiamo smesso di essere bambini. Certo per i nonni saremo sempre piccoli e indifesi. Sempre. I nonni avevano sempre il caffè pronto. La pasta. Il vino. Le caramelle. Poi finisce tutto. Non ci sono più le canzoni. Non si fa più la pasta fatta in casa. La nonna non friggerà più le patatine e io non potrò più rubarle di nascosto dal forno. Siete andati via troppo presto porca miseria. Io volevo fare la salsa ancora una volta. Il mirto. Le chiacchiere. E il liquore all’alloro. Io volevo ancora accatastare la legna con te nonno, anzi grazie per avermelo insegnato. E grazie per gli insegnamenti sulla vita. E sulla campagna. E sul giardinaggio. Ora quando passo guardo quella casa e mi viene sempre l’abitudine di parcheggiare. E di buttare giù il campanello. E di sentire la nonna gridare che porco giuda non sono modi quelli. Scusa nonna. Non suonerò più il campanello. Al massimo quando mi capiterà di pensarvi di nuovo, come ora, canterò una canzone. Quella preferita dal nonno. Un amore così grande.
Antonio Cotardo
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09. 02. 22.
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passeracea · 4 years ago
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Sfido la noia delle ferie solitarie ricreando cartoline anni 60. Non erano meravigliose? Più sono brutte e più le trovo belle, soprattutto quelle di piccoli paesi non famosi, sì proprio quelle col nome del paese scritto in corsivo e i fiori intorno a fare da cornice. Ne conservo alcune scatole raccolte negli anni, quando anche nonni e zii le tenevano da parte per me. Quanto mi piaceva spedirle e riceverle, soprattutto quelle inaspettate. Sicuramente avevano più significato degli orridi buongornissimi glitterati copincollati in mille gruppi, gruppi di persone a cui di te in fondo non importa granché. Ogni tanto quando vado in qualche località turistica ne spedisco una alle mie nipoti. Spero che un giorno mi chiedano il senso di questo gesto anacronistico, così potrò assolvere al mio ruolo di "zia portatrice della memoria storica delle cose inutili ma belle", e raccontare con nostalgia dei bei tempi andati, quando eri felice di ricevere un rettangolo di cartoncino con stampate foto orrende di posti sperduti
La foto è storta, lo so, l'ho fatta col telefono mentre tornavo da una passeggiata cercando di schivare il temporale. Preso in pieno.
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eliophilia · 3 years ago
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Storytime: 'a mazzett
Nella mia famiglia non siamo mai stati abituati a ricevere "la mazzetta" dai nonni o dagli zii. Con i nonni ci abbiamo vissuto e dagli zii ci andavamo ogni tanto ma non abbiamo mai ricevuto soldi.  Non è mai stato strano per me né per mio fratello perché siamo stati educati allo stare insieme e non all'opportunismo. Anche a Natale o ai compleanni abbiamo sempre ricevuto regali perché donare qualcosa di gradito e mantenere "l'oggetto" nel tempo è la cosa più bella. Tant'è che ancora oggi ho tutte le cose che mi ha regalato nonna. E tutte queste cose mi ricordano lei. Con i soldi non sarebbe stata affatto lo stesso. Dire "ti do i soldi così poi compri quello che vuoi tu" è una scusa. Una scusa per non pensare a qualche cosa di significativo. Dico questo perché quando vedo alcuni ragazzi, ancora oggi, ricevere "la mazzetta", penso sia una roba fuori dal mondo. Andare a fare visita a una persona cara e ricevere soldi in cambio, che gesto è? L'ho sempre vista come pagare qualcuno per il proprio affetto. Spero che in futuro ci siano più nonni che pensino a donare qualcosa che resti nel tempo ai propri nipoti. E spero ci siano più nipoti disposti a passare del tempo con i propri nonni in maniera disinteressata. Ciao nonna, ti penso sempre.
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mariposasky · 4 years ago
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Grinta
Questa è un’altra storia dove Donald lavora per Rockerduck.
Scrooge irrompe a casa di Donald a bordo di un veicolo nuovo, per coinvolgerli in un nuovo viaggio nell’artico. Quando Scrooge non trova Donald, i nipotini sono costretti a dirgli che lo zio è stato assunto da Rockerduck.
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Nel frattempo nel palazzo di Rockerduck, Donald ha appena firmato il contratto. Lusky osserva sospettoso Donald, perché non si fida del nipote del rivale.
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In quel momento una macchina irrompe nell’atrio del palazzo. È Scrooge, che evidentemente non ha preso bene la notizia, e reclama il nipote. Donald gli chiede cosa ci faccia lì e Scrooge lo mette in guardia che è tutto un tranello del rivale per soffiargli l’affare nell’artico. Donald, insieme a Rockerduck e Lusky, scoppiano a ridere, spiegando che è stato assunto per andare nel deserto.
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Scrooge si burla che qualcuno possa assumere Donald per le sue capacità. Rockerduck quindi gli racconta che un giorno era stato proprio lui a vantarsi nel Club dei Miliardari, che suo nipote grazie all’esperienza era in grado di guidare ogni genere di veicolo, a titolo gratuito. Grazie a questo, Rockerduck ha l’idea di assumere Donald per le sue spedizioni, vista la sua esperienza.
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Scrooge non demorde e minaccia il nipote con i famosi debiti, ma Donald non è preoccupato e gli mostra il vantaggioso contratto con Rockerduck che gli permetterà di ripagare i debiti. Non potendosi più opporre, Donald se ne va e Rockerduck è soddisfatto della sua decisione.
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Scrooge se ne va con aria sconfitta insieme ai nipotini, ma sono proprio loro a fargli capire che deve prendersi la rivincita sul rivale.
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Tempo dopo Donald è nel deserto insieme a Lusky, ma niente va nel verso giusto. Infatti continua ad avere problemi con i macchinari super moderni di Rockerduck perché si rompono subito. Tramite webcam Rockerduck lo rimprovera di essere in ritardo sulla tabella di marcia e che ciò avrà conseguenze sul suo stipendio. 
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Mentre Donald se ne va arrabbiato, incontra i nipotini che sono venuti a trovarlo. Donald si lamenta che la tecnologia di Rockerduck è inservibile. I nipotini quindi propongono allo zio di fare la pace con Scrooge, visto che anche lui era nel deserto. Donald è furioso perché sa che Scrooge tenterà di precederlo nella ricerca del petrolio, e tra i due si accenderà la rivalità.
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Nel frattempo Lusky si sta lamentando di Donald con il suo capo, con l’intento di farlo licenziare, ma Rockerduck non gli dà retta. I tre nipotini ascoltano tutto e propongono a Lusky un accordo, visto che vogliono far riconciliare i loro zii.
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Puntano una telecamera nell’accampamento di Scrooge e fanno andare in tilt il veicolo di Scrooge che minaccia di investire sia il miliardario che i nipotini. Donald assiste alla scena dallo schermo e corre in loro soccorso, lanciando contro un macchinario di Rockerduck. Scrooge anziché essergli grato, se la prende con Donald per avergli sfasciato il veicolo. I due quindi riprendono a discutere.
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Nel frattempo, sempre da webcam, anche Rockerduck lo rimprovera per aver rotto un altro suo macchinario. Prima che possa terminare il discorso, Donald va su tutte le furie criticandolo per non essere venuto con loro nella spedizione e poi dichiara di licenziarsi. Rockerduck è allibito perché era lui che doveva licenziarlo prima. Scrooge osservando la scena, rimane piacevolmente colpito per la grinta di Donald.
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Ritrovandosi Donald senza lavoro, Scrooge gli propone di tornare a lavorare con lui. Però prima di accettare, Donald ci tiene a precisare che in quanto professionista, questa volta vuole un regolare contratto. Ciò fa partire l’ennesima lite tra i due, ma i nipotini sono ugualmente contenti perché la situazione è tornata alla normalità.
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Come in altre storie, un personaggio si rende conto del valore nascosto di Donald (e in questo caso, è proprio Scrooge a farlo notare al suo rivale) e lo assume alle sue dipendenze, creando qualche rogna a Scrooge.
Scrooge, come nei altri casi, si trova spiazzato quando altre persone mostrano interesse per suo nipote. La sua ormai conosciuta abitudine di dare per scontata la fedeltà del nipote e la sua incapacità di valorizzarlo per quel che vale, è sempre stato uno dei suoi difetti. 
La sua unica arma per far tornare sempre indietro Donald, è la famosa lista dei debiti. Ma quando questa risulta inefficace, Scrooge deve dichiararsi sconfitto. Lo stesso Scrooge ammette con i suoi nipotini di non essere in grado di trovare idee. Sono poi i nipotini a invogliarlo a combattere nuovamente, tirando in ballo la rivalità tra Scrooge e Rockerduck.
Quando poi Scrooge vedrà Donald affrontare Rockerduck, lo rivaluterà. È la grinta e il coraggio di Donald, che portano sempre a Scrooge a preferirlo tra i nipoti. E anche perché sono tratti che li accomunano. 
E Donald, rivali o no, accorrerà sempre in aiuto della sua famiglia, anche a costo di perdere il suo lavoro.
I nipotini ormai sanno che i litigi dei loro zii sono il loro modo di dimostrare quanto tengano all’altro, e anche un loro modo per riappacificarsi senza mostrarsi troppo sentimentali. 
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(T 2415 - Paperino professionista dell’avventura)
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nusta · 5 years ago
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di famiglia e cambiamenti sociali, discussioni e politiche
Oggi mentre correvo pensavo alla discussione di poco prima in ufficio con alcuni colleghi. Si parlava di coppie omosessuali e della possibilità o meno di adottare o fare figli con fecondazione assistita e altri sistemi. “O meno” perchè qualcuno dei miei colleghi (siamo tra i 30 e 40 anni) non è convinto che sia una cosa giusta. E sul momento si cerca di ragionare, si cerca di far capire, si cerca di portare a fondo la logica che se ammetti alcune premesse, non puoi escludere delle conseguenze, a meno di dichiararti ipocrita. E se ti rifai ai modelli naturali sbagli, perchè viviamo in una società, con delle regole condivise, gli antibiotici e l’aspirina, e i limiti della natura li abbiamo superati da un bel po’. E se ti rifai alla famiglia tradizionale, ti stai appigliando ad un‘illusione, perchè di modelli di famiglia le varie tradizioni nel mondo ne hanno tantissime e quello del gruppo nucleare padre-madre-figli è un modello relativamente recente e spesso illusorio. Ma non è facile discutere, specie di venerdì sera, e anche se siamo rimasti su toni civili, alla fine chi la pensava in un modo non credo abbia cambiato idea. Però almeno ora so dove si spinge l’ipocrisia e sono venuti fuori esplicitamente alcuni dei “ma” del classico “per me possono avere gli stessi diritti, ma...”
E mentre correvo pensavo a questa cosa della discussione perchè c’era una ragazza che fa coppia con uno dei ragazzi (non fa statistica, ma eravamo tre ragazze della stessa idea da un lato e tre ragazzi del “ma” dall’altro) e diceva “se la pensi così mi dispiace ma non possiamo stare insieme, se pensi che le coppie omosessuali non abbiano il diritto di adottare o di cercare di fare figli con la fecondazione assistita, non possiamo continuare a stare insieme”. E pensavo a questa cosa del confronto, della discussione, del ragionamento, dell’intolleranza all’opinione diversa. Alle varie cose lette sull’intolleranza all’intolleranza, a quello che mi diceva da piccola mio padre sulle idee che si condividono così invece di averne una ciascuno ne possiamo avere due ciascuno, pensavo al fatto che se smetti di ragionare e di parlare e di cercare di convincere il tuo interlocutore della tua posizione, delle tue ragioni, quello se ne andrà per i fatti suoi, con la sua idea (che tu reputi sbagliata) e tu resterai con la tua. Ma se tu sei in minoranza, con questa idea, resterai minoranza. Se tu vuoi che la gente la cambi, l’idea, ci devi discutere, non puoi fare muro, non puoi dare ultimatum.
E pensavo alla famiglia tradizionale, a questo concetto che è un’illusione recente, e ancora prima di correre mi ero messa a sfogliare i pochi libri di demografia e storia sociale che ho, dagli esami che ho fatto anni fa, perchè mentre discutavamo ho accennato al fatto che la genitorialità delle persone omosessuali in passato si esprimeva già, anche se magari più spesso in modo diverso, perchè le famiglie del passato erano diverse, perchè c’erano nipoti, cugini, zii, figli di matrimoni precedenti, tanta gente in casa o comunque in famiglia, che poteva creare un legame parentale anche senza un legame di sangue diretto. E pensavo, quali sono le fonti, dove lo trovo qualcosa da fare leggere ai miei colleghi, avrò detto una cavolata? Come la so, questa cosa? Ci sono tante cose che so, che considero corrette, come informazioni, ma che non saprei giustificare con una fonte autorevole (no, il Tumbrl non è una fonte autorevole XD anche se è un’ottima risorsa per allenare la testa al ragionamento). Sarà che ho appena finito di scrivere la tesi (appena rispetto al mio calendario personale, ovvero mesi fa a fronte di una carriera universitaria ultradecennale XD) ma l’idea di sostenere qualcosa senza fonti mi fa storcere il naso.
E pensavo anche alla condizione dei bambini, alla storia dell’infanzia, al fatto che essere figli oggi non è come essere stati figli 30 o 60 o 100 anni fa. A quanto dura l’infanzia ora, rispetto a quello che poteva essere la vita di un bambino o di un ragazzino dell’Ottocento o dei primi del Novecento. E allora che significava fare il genitore o il figlio a quel’epoca? Ha senso fare un confronto con quella che dovrebbe essere o potrebbe essere la famiglia di oggi? E pensavo alle differenze tra classi sociali e a quelle tra famiglie in campagna e famiglie in città e al lavoro minorile e al lavoro femminile e ai diversi modi di intendere il lavoro e la semplice esistenza nell’ambito di una famiglia che magari ha una fattoria o una bottega, a mia nonna che era andata a 8 anni da sua zia a passare l’estate a vendere gelati, a sua madre che era andata a 11 anni in Francia a servizio di una famiglia di una signora che quando se ne andò le regalò la toeletta che sta ancora in camera dei miei, a mio padre che andava a pescare con suo nonno e in casa quando era piccolo non avevano stanze separate per i suoi genitori e i tre bambini.
Mentre correvo pensavo e come al solito molti pensieri ora che scrivo mentre bevo il frullato prima della doccia non me li ricordo più o non mi ricordo come ci sono arrivata, qual era il filo conduttore.
Pensavo che se il timore ufficiale di fronte all’ipotesi di affidare un bambino ad una coppia omosessuale è che possa essere in qualche modo condizionato dalle difficoltà che potrà incontrare “in quanto” figlio di una coppia di quel genere, è una questione di posizione sbagliata, ti stai ponendo in modo sbagliato di fronte al problema. Come per i figli di coppie miste dal punto di vista razziale o di italiani e immigrati o di divorziati, se andiamo indietro nel tempo c’è sempre qualcuno che ha fatto da apripista ed ha passato delle difficoltà, come coppia e come figlio di una coppia (o come figlio di quella che non è più una coppia). Pensavo che la legge è figlia della politica che è figlia del sentimento comune. E se tu pensi che il sentimento comune sia ostile, sia sbagliato, devi fare delle scelte politiche e delle leggi che vadano incontro al cambiamento che vuoi. Finchè non fai le leggi per consentire alle persone di praticare delle scelte diverse, finchè non ratifichi con una legge la correttezza, la “giustezza” di una scelta personale, lascerai un freno attivo al cambiamento che vorresti. Ma lo vuoi, questo cambiamento? O in realtà non lo vuoi e il sentimento comune ostile è quello che consideri in fondo in fondo corretto? Perchè se invece il tuo timore è che possano essere influenzati dai genitori nel senso che possano “scegliere di diventare” omosessuali pure loro (come era venuto fuori in ufficio ad un certo punto), al di là del fatto che non hai capito bene come funziona la cosa, il tuo punto allora è che non sei d’accordo con l’esistenza stessa delle persone omosessuali? O temi forse che questi figli possano essere “traviati” e si convincano di essere omosessuali... e se anche fosse? Quale sarebbe il problema? "Che avranno una vita difficile e non è giusto”. Un salto carpiato triplo della logica, davvero. (da cui è venuto fuori che l’adozione ancora ancora ok perchè l’alternativa sarebbe l’orfanotrofio ma guai mai la fecondazione assistita o l’utero in affitto perché “è contro natura”)
Mentre correvo pensavo alla logica e agli estremi a cui porta, all’ipocrisia e alle svolte che aveva preso la discussione di prima, a volte portata fuori strada da esempi estremi o assurdi e ora penso ai leoni marini e alle trappole dell’oratoria. Quando dicevo ad uno dei miei colleghi che sono vent’anni che penso a questi argomenti in realtà forse mi sbagliavo, forse sono di più. Le prime discussioni le feci con i miei, prima di finire la scuola superiore, e mi ricordo ancora le lacrime di stupore e frustrazione nel constatare che i miei genitori, che per tanti aspetti erano estremamente progressisti, su questo argomento non la pensavano come me. Nel tempo hanno cambiato idea, ma la prima volta che affrontammo l’argomento sembrava una questione fuori discussione. Sposarsi ok, ma figli no. Non potevo capire e ancora oggi onestamente faccio fatica a comprendere “come mai” le persone abbiano questo blocco mentale, specie quelle che non si appigliano a giustificazioni relative alla chiesa o al volere supremo di un dio che avrebbe vietato qualcosa ma non qualcos’altro.
Pensavo alla politica, al consumismo, a quello che si era detto di giocattoli e fratelli, di quello che si dovrebbe cercare di ottenere con certe decisioni. Al fatto che per avere bambini felici non dovrebbe importare cosa succede in camera da letto dei loro genitori, tranne che per il fatto che la tendenza ormai è quella di non avere fratelli e questo è uno dei grossi cambiamenti della vita dei bambini moderni, il fatto di non avere dei pari con cui confrontarsi in casa. O di non avere degli spazi in cui giocare liberamente con gli amici fuori, di non avere autonomia nei loro giochi, quando i loro compagni di giochi sono prevalentemente degli adulti. Si parlava della scelta di regalare una barbie ad un ipotetico bambino che la chiedesse in regalo. E perchè non una barbie e un ken insieme, se proprio si ha il timore di “influenzarlo” troppo? Pensavo a mia nipote che ha un po’ di barbie e nessun ken, forse ora che ci penso addirittura nessun pupazzo dalle sembianze o dall’identità al maschile. E’ piccola, nei suoi giochi non c’è spazio per l’altro sesso dal punto di vista romantico, non con me almeno (a memoria, l’unica volta che mi ha fatto impersonare una principessa che doveva accettare la proposta di matrimonio del principe appena conosciuto alla festa, io ho rifiutato dicendo che ero innamorata del panettiere che conoscevo da più tempo e faceva delle brioche buonissime - forse si è scoraggiata XD).
Pensavo a quello che avevo detto e a quello che non avevo avuto modo di dire, al progresso che dovrebbe essere una questione di scelte, di accesso alle scelte, di possibilità nell’ambito della rete di vincoli in cui ci muoviamo inevitabilmente, che non è possibile sciogliere con una bacchetta magica, che non è stretta come una volta forse per certi aspetti, ma ne ha messi altri a bloccare delle strade, a recintare degli spazi d’azione. Pensavo alla nostra generazione, a quello che si dice a proposito del fatto che siamo i primi ad avere prospettive peggiori dei nostri genitori. Ai miti che hanno guidato certe politiche, certe pianificazioni, quando delle pianificazioni sono state fatte e il percorso intrapreso non è stato semplicemente lasciato al caso o al destino o al profumo dei soldi immediati. La bolla più evidente è quella ambientale, ma non è l’unica che comincia a mostrare i limiti della poca lungimiranza. C’è chi si può permettere di diventare genitore, chi fa una scelta impulsiva, chi pesa e soppesa le sue opportunità e i suoi limiti. Il progresso dovrebbe essere l’allargamento delle scelte, l’allargamento a più persone possibili di compiere certe scelte, non l’illusione dell’allargamento, ma il cambiamento effettivo della struttura che vincola e limita la possibilità concreta di mettere in azione la scelta. Non basta dire “puoi fare un figlio”. Se non hai garanzie al lavoro, se non hai scuole affidabili, se non hai spazi urbani, domestici e comuni, adatti a crescere un figlio. O due. Facciamo lavorare le donne, facciamo lavorare fino a 65 anni, chiediamo flessibilità ai lavoratori, facciamogli fare i pendolari, ok, cosa significa nel concreto, cosa cambia, cosa è cambiato nelle ultime generazioni? Chi c’è in casa con i minori fino a 14 anni? Dove sono i nonni? In quale città?
E insomma, mentre correvo pensavo a tutto questo  e sicuramente molti pensieri li ho lasciati per strada. Ora sono qui che puzzo come un undici perchè mi sono messa a scrivere per fermare quelli che ancora erano rimasti nella mia testa sudata. Ma ci tenevo a metterli nero su bianco e chissà che non riesca a trovare anche qualche posto dove sono scritti meglio e in modo ufficialmente presentabile a chi incontrerò alla prossima occasione di discussione.
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