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Attack On Marty
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Leggo, scrivo e faccio meme in giro per l'internet || Masterlist
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attackonmarty · 1 month ago
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Aspettando mio marito
Penelope sospirò, sdraiandosi sul letto dopo una giornata passata al telaio.
Da fuori, sentiva le voci dei Proci ammassati alla sua porta sperando di vederla uscire, ma lei non si azzardava nemmeno a emettere un suono.
Sospirò lievemente, rannicchiandosi su un fianco e mordendo una nocca per impedirsi di singhiozzare troppo rumorosamente. Le lacrime iniziarono a colarle giù per le guance. Era stanca. Stanca di aspettare un marito che probabilmente era morto in guerra, stanca di proteggere suo figlio in attesa che fosse grande abbastanza da salire sul trono, stanca di tenere lontani tutti quelli che la corteggiavano sperando di ottenere fama e ricchezza. Quando sarebbe finito tutto ciò? Gli dei sapevano quanto lei ci aveva provato, ma contro centootto persone cosa poteva fare lei da sola?
Un’ombra si frappose tra lei e la finestra, facendole aprire gli occhi di scatto. Sollevando la testa, notò una figura alta, magra, vestita con una tunica bianca e drappeggiata, la testa parzialmente coperta da un elmo. Con una mano stringeva una lancia, con l’altra uno scudo.
“Bambina mia” disse una voce di donna, autoritaria e potente, ma allo stesso tempo dolce e gentile, riecheggiando tra le pareti. “Non piangere.”
Si inginocchiò di fronte a Penelope, sfiorandole il mento con un dito. Col pollice le asciugò le lacrime via dalle guance, sorridendo soddisfatta quando si rese conto che la donna si era effettivamente calmata.
“Sei Atena, vero?”, chiese Penelope, la voce ancora lievemente tremante.
“Sono io. Tuo figlio ti ha parlato di me, vero?”
“Sì, mi ha detto che l’hai aiutato. E sospetto che abbia aiutato anche suo padre.”
“Con lui sono stata un’insegnante impietosa. Forse troppo” iniziò a sfilarsi l’elmo, rivelando una cicatrice a sfregiarle la metà destra del volto. Penelope sussultò. “Ma ho cercato di porvi rimedio. Se tutto va come deve ed Ermes consegna il messaggio che gli è stato affidato, Odisseo dovrebbe riuscire a tornare a breve.”
Gli occhi di Penelope si illuminavano. Si alzò in piedi, azzardandosi a sfiorare le mani della Dea con le sue. “Davvero?”
“Ho ragione di credere di sì.” Atena sorrise compiaciuta, ricambiando in maniera affettuosa l’abbraccio in cui Penelope la stava stringendo. Il suo petto iniziò a essere scosso dai singhiozzi, questa volta di gioia.
Il cuore della Dea si strinse per la compassione: iniziò ad accarezzare timidamente i capelli della donna, incerta sul da farsi.
Le posò un timido bacio sulla fronte, l’aveva visto fare a Telemaco qualche giorno prima con la ragazza che stava corteggiando. Sulle prime, Penelope fu stranita, poi rilassò i muscoli e si abbandonò a quel contatto, il primo gesto dolce che le veniva fatto da mesi, forse da anni.
Atena allora osò un po’ di più, tracciando brevi baci sul volto della donna, che non oppose resistenza.
Penelope aveva bisogno di quelle attenzioni, ed era contenta di avere qualcuno che gliele stesse dando, nonostante il tocco della Dea fosse impacciato e inesperto. Con un sospiro pesante, decise di guidarla verso il suo talamo. Non lo stava violando, se era con lei, no? Odisseo avrebbe capito, ne era certa, e comunque non era lì a controllarla. Probabilmente era pure morto in mare.
Atena aveva preso più coraggio: non parlava, forse era imbarazzata, ma si muoveva con una sicurezza in più che le brillava nell’unico occhio che ancora le funzionava. La cicatrice forniva al suo viso un’aria matura e intrigante che fece eccitare Penelope. Ma forse lo stress e l’astinenza l’avrebbero fatta eccitare con qualsiasi cosa.
Vedendo che la dea indugiava, non sapendo da cosa partire per primo, Penelope la prese per il volto e la baciò, insinuando la lingua nella sua bocca e sfiorando quella di Atena con la sicurezza dettata dall’esperienza.
Si accomodò meglio sul talamo, divaricando le gambe e permettendo alla dea di accomodarsi meglio tra loro.
Gemette silenziosamente, a labbra chiuse, quando Atena le sollevò di poco la tunica e sfiorò con un dito la sua intimità umida. Vedendo la sua reazione, la dea osò di più, infilando nella cavità bagnata indice e medio e massaggiando l’esterno con il pollice.
Penelope inarcò la schiena, stringendo le coperte con forza ed esponendo il pube al tocco della dea, che accelerò il ritmo. Quando alla fine la donna fu scossa dal piacere, crollò sul letto esausta, addormentandosi.
Atena sorrise e le posò un bacio sulla fronte, poi raccolse scudo e lancia e si allontanò nell’ombra a cercare Telemaco. Avevano del lavoro da fare per prepararsi all’arrivo di Odisseo.
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attackonmarty · 3 months ago
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Obbligo o verità (Arcane one shot)
Il bancone del bar era sporco di gusci di pistacchi vuoti e appiccicoso per il liquore che a volte scivolava via dai bicchieri. A Jayce non importò, mentre appoggiava un braccio sul legno viscido: era già brillo e non ci faceva nemmeno caso, la sua attenzione era attirata completamente dal ragazzo che gli stava seduto accanto.
"Allora, hai scelto?" biascicò. "Obbligo o verità?"
"Mmh" mugugnò Viktor, scuotendo il suo drink con aria distratta. Non aveva nemmeno finito il primo, a differenza di Jayce, che era al terzo. Era chiaro che non avesse la minima voglia di giocare, ma assecondò Jayce con un sorriso. "Verità."
"Sei mai" si fermò per soffocare un rigurgito "sei mai stato innamorato?"
Viktor lo fissò in tralice per un momento, indeciso se rispondere o no, ma al suo amico poteva dire almeno una mezza verità. "Credevo di sì. Ma è stato tanto tempo fa e in ogni caso non ero ricambiato."
"Di chi?"
"Non sono queste le regole del gioco" lo corresse Viktor. "Ora tocca a te scegliere."
"Obbligo" mormorò Jayce, curioso di sapere cosa l'avrebbe obbligato a fare il suo amico.
"Paga il conto, voglio andare a casa."
"Ma non hai nemmeno finito di bere..."
"Lo vuoi tu?"
Jayce ci pensò su, poi allungò la mano e trangugiò tutto d'un fiato il whiskey rimasto. "Va bene, andiamocene."
Traballante, si alzò in piedi e pagò tutto quello che avevano preso. Fece per tastarsi le tasche per cercare le chiavi della macchina ma si ricordò che Viktor gli aveva suggerito di lasciarle a casa: saggia scelta, era troppo ubriaco per guidare.
Chiamarono un taxi e gli diedero l'indirizzo del laboratorio. Jayce avrebbe dormito sul pavimento, non aveva voglia di passare la serata da solo.
"Obbligo o verità?" chiese Jayce quando si furono accomodati sui sedili posteriori.
"Hai ancora tutta questa voglia di giocare?" ridacchiò Viktor.
"Oh non hai idea... ho ancora un sacco di domande da farti."
"Verità, allora."
"A chi hai dato il primo bacio?"
"Giusto per sapere, tutte le tue domande sono a sfondo sessuale?"
"Non tutte."
"Non tutte?" Viktor si accigliò.
"La maggior parte" ammise Jayce ridacchiando.
"Ho provato a darlo a una mia collega di laboratorio, all'università. Non ho mai avuto il coraggio di concludere niente."
"Non ti facevo così codardo."
"Non era questione di codardia. Non era la persona giusta, credo. Scegli."
"Verità."
"Come vanno le cose tra te e Mel?"
"Ci siamo presi una pausa... sono successe troppe cose ultimamente, facevamo fatica a vederci e quando ci vedevamo, spesso litigavamo. Credo che fosse gelosa di te."
Viktor sgranò gli occhi, si sentì il cuore stretto. Sperò che Jayce fosse troppo sbronzo per notarlo.
"Obbligo" mormorò, per spostare l'attenzione su un altro argomento.
"Apri la porta, siamo arrivati e io mi sto gelando qua fuori."
Viktor pagò il tassista e aprì il portone del laboratorio, facendo strada fino alla sala che aveva adibito a camera da letto.
Vedere un luogo così familiare a un'ora così tarda stranì Jayce, che si ritrovò a fissare il laboratorio col naso per aria come se lo vedesse per la prima volta. Lo stanzino era stipato di fogli appesi a ogni muro e impilati per terra, e improvvisamente le occhiaie di Viktor ebbero senso.
"Purtroppo ho un letto solo, ma c'è abbastanza spazio per tutti e due."
Jayce strabuzzò gli occhi a quella proposta. "Cosa?"
"Non ti lascio dormire per terra con questo freddo, Jayce. Vieni a letto."
"Ehm..." temporeggiò.
"Obbligo o verità?" lo interruppe.
"Obbligo" disse Jayce senza pensare.
"Vieni a letto."
Jayce si ritrovò a ridacchiare. Quando si fu sdraiato sgranò gli occhi.
"Ehi, hai barato! Era il tuo turno di scegliere obbligo o verità!"
"Speravo non te ne accorgessi" sospirò Vik, ma la sua voce suonava divertita. "Ti concedo di farmi due domande, e scelgo sempre verità."
"Allora ti chiedo se andresti mai a letto con un uomo."
Viktor sbuffò, così Jayce aggiunse: "Non sei obbligato a rispondermi, ovviamente. Ma se non lo fai dovrò farmi venire in mente una penitenza, e al momento sono troppo ubriaco per farmene venire in mente una."
"No, non sono mai stato a letto con un uomo. Nemmeno con una donna, per quello che può valere."
"Okay. Posso baciarti?"
La domanda scivolò fuori dalle labbra di Jayce con naturalezza, prima che lui potesse trattenersi. Non si rese conto della domanda che aveva fatto finché il silenzio tra loro due si fece pesante.
"N-non sei obbligato a..."
"Va bene."
Jayce si voltò, stupito.
"S-sei sicuro?" chiese.
"To ho detto che va bene."
Alla fioca luce che filtrava dalla finestra, Jayce intravide i contorni del volto di VIktor. I suoi occhi erano semichiusi, i muscoli rilassati, mentre si tirava a sedere. Jayce lo imitò, e quando furono seduti uno davanti all'altro, tirò il suo amico verso di sé. Al primo contatto delle loro labbra, Viktor si irrigidì. Fu poco più di uno sfioramento e quando Jayce si staccò, guardandolo interrogativo come a chiedergli il permesso di continuare, lui capì che non gli sarebbe dispiaciuto averne ancora. Annuì, quindi Jayce prese il suo volto tra le mani e lo tirò a sé, tracciando con una serie di piccoli baci delicati il contorno delle sue labbra: quando fu arrivato al centro, gli coprì la bocca con la sua, e in quel momento furono consapevoli solo di quello, delle loro lingue che si sfioravano dapprima con timidezza, poi con più audacia. Viktor si sentì rabbrividire quando Jayce gli passò una mano tra i capelli, tirandoglieli leggermente; un gemito basso gli sfuggì nel momento in cui Jayce baciò l'angolo in cui il collo e la mascella si incrociano.
"Ti piace?" si informò Jayce, riprendendo da dove si era interrotto nel momento in cui ebbe ottenuto una risposta affermativa. Un altro gemito si strappò alle labbra di Victor nel momento in cui Jayce osò di più, pizzicandogli la pelle sensibile del collo in un lieve morso. Quello gli diede il coraggio per andare oltre, sollevando la sua maglia e sfiorandogli la pelle nuda con le dita. Viktor rispose reclinando la testa indietro, non disse niente, quindi Jayce si sentì legittimato a proseguire. Gli sollevò ulteriormente la maglia, tracciandogli una serie di baci sull'addome.
"Posso?" chiese conferma, osservando Viktor negli occhi, e quando quello annuì gli sfilò i pantaloni e gli baciò l'interno coscia. Viktor allungò una mano, sfiorando i capelli di Jayce, che lo fissò incredulo, poi riprese da dove aveva interrotto. Nel momento in cui si avvicinò all'inguine, Viktor inarcò la schiena, inspirando bruscamente.
Jayce si sentì vibrare dentro a quella reazione: non avrebbe mai creduto di trovarsi in una situazione del genere, almeno non con Viktor.
Risalì fino all'intersezione delle gambe, dove l'erezione di Viktor lo fece gemere nel momento in cui Jayce la sfiorò con la punta della lingua. Viktor inarcò la schiena ancora, stringendo le coperte sotto di sé con uno spasmo. Jayce ripeté il gesto ancora e ancora, poi prese il membro eretto in bocca. Viktor gemette piano, mordendosi il labbro inferiore, poi venne tra le labbra di Jayce, in un orgasmo che lo fece tremare. Jayce si sdraiò accanto a lui, che si accoccolò contro al suo fianco.
"Ti è piaciuto?" chiese Jayce.
"Molto" Viktor deglutì. Iniziò a tracciare dei disegni sul petto di Jayce, poi gli sollevò la maglia, sfiorandogli gli addominali. Quando arrivò all'elastico dei pantaloni, Jayce inspirò bruscamente. "Devo fermarmi?" chiese Viktor, tirandosi indietro.
"No, vai avanti."
Viktor eseguì, stringendo l'erezione di Jayce in mano. Spero solo che non se ne pentirà quando sarà sobrio, pensò, continuando a dargli piacere con movimenti lenti e misurati. Jayce si lasciò cullare dal tocco lieve di Viktor, respirando sempre più profondamente man mano che si avvicinava al limite.
Quando venne invocò il nome di Viktor, una dolce supplica che fece torcere le budella del giovane.
"Dovremmo giocare a obbligo o verità più spesso" ridacchiò, tornando ad accoccolarsi contro Jayce, che si unì alla risata.
"Domani possiamo rifarlo" propose.
"Domani lo rifaremo, allora."
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attackonmarty · 4 months ago
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Next to my wife
Me ne stavo seduto su uno sgabello completamente spogliato da tutte le vesti insanguinate, che giacevano accatastate in un angolo.
Penelope era inginocchiata di fronte a me, cospargendo il mio corpo di oli profumati per lavare via il sangue non mio. L'avevo implorata di non farlo, che ci avrei pensato da solo, ma la sua testardaggine e la sua insistenza mi ricordarono perché l'avevo sposata.
Quando fui completamente ripulito e profumato sciacquai via l'olio, soffermandomi su ogni cicatrice per ricordarmi come me l'ero procurata.
Dietro di me, la presenza di Penelope era rassicurante, quando mi sfiorò le spalle sospirai, scacciando la tensione di quella lunga, lunghissima giornata.
"Ormai è finita, amore mio. Vieni a letto, lascia che ti aiuti a dimenticare i problemi che ci hanno afflitti in questi anni."
Mi prese una mano tra le sue, piccole e rese ruvide dal telaio. Lo fissai con angoscia, la tela ancora mezza cucita montata in attesa di essere ultimata.
"Non ci pensare, Odisseo" riportò il mio sguardo su di sé e si sollevò sulle punte dei piedi per catturare le mie labbra tra le sue.
In quel momento mi resi conto di quanto quel contatto mi fosse effettivamente mancato e sentii come se nei polmoni mi venisse insufflata aria pulita. La strinsi forte a me, bramoso di quel contatto, bramoso di averne di più.
"Sono contenta di vedere che il tempo non ti ha privato della tua consueta irruenza" ridacchiò, allontanandosi quel tanto che bastava per guardarmi negli occhi, brillanti di desiderio, mentre si sfilava la tunica con ponderata calma, ammiccando mentre cercava di sedurmi.
Non ce n'era bisogno, io ero già suo, anima e corpo, e l'erezione che stavo iniziando ad avere dimostrava che ero già pronto a unirmi nuovamente a lei. Quando anche lei fu completamente nuda davanti a me, la presi in braccio e la condussi sopra al nostro letto, adagiandola come la notte in cui ci eravamo sposati.
"Ho aspettato questo momento per vent'anni. La guerra mi ha cambiato sotto tanti aspetti, ma l'amore che provo per te sarà sempre lo stesso. Siamo stati privati di tanti ricordi insieme, ma adesso sono tutto tuo."
Intervallavo ogni frase con un bacio, tracciandole prima la curva della mandibola, poi il collo e di nuovo sulle labbra.
Lei rispose agli stimoli, incurvando la schiena contro di me e gemendo nel momento in cui inserii il mio membro eretto dentro di lei.
Sentirla di nuovo tra le mie braccia, calda e ansante, mentre giacevamo insieme per la prima volta dopo vent'anni mi fece sentire vivo come non lo ero mai stato e quando il piacere mi scosse le viscere e un gemito che rimbombò tra le pareti sfuggì alla mia gola, la gioia lasciò il posto alle lacrime.
Lacrime per ogni torto che avevo commesso, per ogni uomo che era morto a causa mia, per ogni errore di valutazione, per ogni volta che avevo sussurrato il nome di Penelope a fior di labbra come monito a ricordarmi perché mi stavo impegnando tanto per sopravvivere.
Penelope non disse niente, ma mentre mi consolava con lievi carezze sentii un forte vento alzarsi e la pioggia iniziare a scrosciare, mentre il mare in tempesta levava delle onde che andavano a infrangersi sulla spiaggia con rumori che sembravano quasi lamenti. E allora realizzai che avevo finalmente tenuto fede al mio patto.
"Come dormirai, sapendo che hai causato tanto male?" mi aveva chiesto il re del mare.
"Accanto a mia moglie" è stata la mia risposta.
Strinsi Penelope, timoroso che potesse sfuggirmi. Lei dovette intuire i miei pensieri, perché mi accarezzò i capelli e dopo avermi posato un bacio sulla fronte sussurrò parole dolci sulla vita che avremmo condotto insieme, Telemaco, lei e io. Ci addormentammo abbracciati uno all'altra, chiudendo fuori il resto del mondo.
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attackonmarty · 4 months ago
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Nato dalla nebbia
Prima di cominciare: questo breve racconto è SPOILER di “Mistborn, l’ultimo impero”, se non l’avete letto e non volete rovinarvi l’esperienza non continuate.
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"Ma non puoi uccidermi, lord Tiranno. Io rappresento quello che tu non sei mai riuscito a uccidere, per quanto tu ci abbia provato. Io sono la speranza."
La cosa successiva di cui Kelsier fu consapevole fu l'impatto degli anelli di metallo che impreziosivano la mano del lord Reggente sulla sua guancia. Il sorriso non fece in tempo a spegnersi dal suo volto, mentre la testa si voltava dall'altra parte per la potenza dello schiaffo: il sangue schizzò intorno a lui e pezzi di carne si sollevarono. Non sentì dolore, non lo sentì nemmeno quando la lancia gli trapassò il petto, tirandogli fuori quel poco di energie che gli erano rimaste.
I suoi ultimi pensieri non furono per Mare, come aveva sempre creduto, e nemmeno per Dox o per la banda. Il suo ultimo pensiero fu per Vin. Il suo unico rimpianto era di non poter più stare al suo fianco, di non vederla crescere e diventare la donna meravigliosa che sapeva sarebbe diventata. Le augurava ogni bene e di essere felice con quel Venture che si era scelta come compagno. Sperava che per una volta lui avesse torto e gli altri avessero ragione. Era stanco, doveva chiudere gli occhi solo per qualche momento. Solo... per qualche... momen...
"Kell... è finita."
Quella voce... poteva darsi che se l'era immaginata? Guardandosi intorno, Kelsier notò che improvvisamente era calata la nebbia intorno a lui. I suoni della rivolta in piazza erano ovattati, lontani.
"Chi è?"
"Non mi riconosci?"
In un angolo della sua mente, Kelsier sapeva a chi apparteneva quel sussurro, ma gli sfuggiva. Davanti a lui iniziarono a definirsi i contorni di una sagoma che emergeva dalle nebbie.
Kelsier si tirò a sedere, ma gli girava la testa. "Stai pure seduto, figlio mio" gli disse la figura. Dietro di lui, un'altra sagoma con folti capelli e vestiti poveri lo adocchiava con curiosità. Aveva fattezze femminili, quindi era stata lei a parlare, la prima volta.
"Figlio mio, ben arrivato. Io e tua moglie ti stavamo aspettando. Vieni con noi, conosci gli altri tuoi fratelli."
"Chi sei tu?" Perché hai parlato di mia moglie?, avrebbe voluto chiedergli, ma gli parve saggio aspettare. Una domanda alla volta avrebbe risolto tutto.
"Non mi riconosci? Hai sfruttato il mio potere per gli ultimi due anni."
"Non credo di seguirti..."
"Io sono Preservazione" la figura gli tese una mano, e fu quando Kelsier si allungò per afferrarla che urlò di paura. Era fatto anche lui di nebbia. Doveva essere un brutto sogno dovuto alla perdita di sangue. Sì, doveva essere il delirio di un moribondo. "Non aver paura, figlio mio. Lascia che io e Mare ti spieghiamo: andrà tutto bene, vedrai."
"No. Mare è morta. Tanto tempo fa..."
La figura dietro Preservazione ridacchiò. "E tu allora? Sciocco, non ti ricordi nemmeno com'è fatta tua moglie?"
Ecco dove l'aveva già sentita quella voce. Prendendosi qualche momento in più per studiare quell'ammasso di nebbia dalle sembianze umane, riconobbe le fattezze di Mare. La sua Mare. Aveva passato così tanto tempo a pensare alle parole che avrebbe usato per scusarsi, se solo avesse potuto, che adesso gli sembravano tutte di troppo.
"Io... io..." si trovò a balbettare tra i singhiozzi, cercando di tirarsi in piedi.
"Non c'è bisogno che tu dica niente. So che lo sai. Sono sempre stata al tuo fianco. E ho imparato a conoscere quella ragazza che ti sei scelto come pupilla, Vin. Ti somiglia molto."
"Avrei giurato che somigliasse più a te" finalmente trovò la sua solita parlantina. "Ha la tua forza."
"E la tua intelligenza. Farà grandi cose, là fuori."
"Mi mancheranno tutti così tanto" singhiozzò Kelsier, faticando ad ammetterlo ad alta voce.
"E tu mancherai a loro: eri la loro fiaccola, la loro bussola morale" intervenne Preservazione. "Guarda" agitò una mano e si ritrovarono nel covo della banda. Stavano leggendo una lettera. Alcuni piangevano, altri cercavano di trattenere le lacrime. Sazed stava cercando di consolare Spook e Vin con uno dei suoi soliti discorsi motivazionali sulla fede. A Kelsier strinse il cuore vedendo le condizioni in cui la squadra si era ridotta per colpa sua.
"Mi vuoi spiegare chi sei?" balbettò per evitare di mettersi di nuovo a piangere.
"Una cosa alla volta. Per adesso ti basti sapere che fornisco io il potere a voialtri. Misting e Mistborn. E che a tutti loro servirà il mio aiuto se vogliono sconfiggere il lord Reggente e quello che verrà dopo. Volete venire con me per scoprire come andrà a finire?"
A Kelsier dava immensamente fastidio essere lasciato all'oscurodi tutto, ma supponeva di esserselo meritato.
Lui e Mare si guardarono, lei gli strinse la mano. Annnuirono, all'unisono. E seguirono Vin e Saze, che stavano uscendo dal covo proprio in quel momento.
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attackonmarty · 3 years ago
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Nato dalla nebbia (Mistborn one shot)
Next to my wife (Epic the musical one shot)
Obbligo o verità (Arcane one shot)
Aspettando mio marito (Epic the musical one shot)
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