Tumgik
nihonhatsukoi · 9 years
Photo
Tumblr media Tumblr media Tumblr media Tumblr media Tumblr media Tumblr media
Tetsugaku no Michi (哲学の道) - Kamogawa (鴨川 ) Kyoto Japan
• March 2015. Two months ago. 
9 notes · View notes
nihonhatsukoi · 9 years
Text
バイバイ、またね。
Qualche notte fa ho sognato che ero ancora in Giappone e che sarei partita di lì a pochi giorni. Mi sembra il giusto input per cominciare il post di chiusura su questa mia esperienza giapponese, dopo quindici giorni esatti dal mio ritorno in terra italiana. Anche nel sogno ero in totale ansia e dispiacere per il ritorno, quindi potete benissimo immaginare come ho passato gli ultimi giorni là. L'ultimo ramen, l'ultimo chokopan, l'ultimo kafe-o-re, l'ultimo nikuman, l'ultimo tramonto, l'ultima sera, le ultime ore nella meravigliosa tranquillità giapponese. In quest'ultimo caso in realtà abbiamo passato l'inferno. La mattina della partenza alle 7:40 eravamo pronte per uscire di casa (eravamo a Kyoto), con 30 kg e passa di bagagli al seguito (preparati la sera prima, avevamo finito alle tre del mattino). Io avevo dormito più o meno mezz'oretta, avevo deciso di non mettermi a letto visto che quando ero pronta per farlo mancava poco più di un'ora alla sveglia. Chiaramente il decidere di non chiudere per niente occhio prima di affrontare un viaggio che richiede forza e resistenza è la più saggia decisione. Ma andiamo avanti. Arriviamo alla stazione più vicina un quarto d'ora dopo, cerchiamo di capire quale treno dover prendere e perdiamo venti minuti su questa operazione. L'ansia già cominciava a salire. Abbiamo dovuto fare tipo tre cambi, i treni che dovevano essere veloci dopo un po’ diventavano locali per via della gente che c'era (eravamo in piena ora di punta). Via via che passava il tempo l'ansia saliva, soprattutto dopo che abbiamo scoperto che il check-in avrebbe chiuso alle 10:25. Erano le 9:20, e noi eravamo soltanto a metà strada, con ancora un cambio da fare. Mezz'ora dopo abbiamo deciso di prendere il treno super espresso che ci avrebbe portato direttamente all'aeroporto, pagandolo di più ma in quel caso non avevamo altra scelta. Perdere l'aereo avrebbe significato doverne prendere un altro che ci sarebbe venuto a costare forse anche duemila euro. Non potevamo davvero permetterci una situazione simile. Non avete idea dell'ansia che mi ha divorato lo stomaco in quei venti minuti di treno. Ho pregato tutti gli dèi in tutte le lingue che conoscevo. Morale della favola: siamo arrivate al check-in 9 minuti prima che chiudesse. NOVE. La signorina al bancone sorridendo ci ha pure detto di calmarci, eravamo arrivate in tempo. Abbiamo ricominciato a respirare soltanto dopo aver passato il metal detector. Ce l'avevamo fatta davvero. Al di là di questa odissea, il viaggio è andato benissimo. Eravamo pure in business class (grazie Alitalia che ci hai cancellato i voli, grazie Elena che ci hai fatto dirottare in business class), ci hanno riempito di caramelle, snack, borsette da viaggio con mascherina oscurante per dormire e tappi per le orecchie (usati poco dopo, ho dormito quasi come un bambino), cuscini e coperte super comode e sedile reclinabile. Una pacchia. Non fosse che era l'aereo che ci stava riportando in Italia e sul quale ho pianto un quarto d'ora appena si è mosso verso la pista di decollo di Osaka. Ma andiamo ancora avanti. Atterriamo a Charles de Gaulles, metto piede nel gate che già avverto la differenza: troppa confusione. Attendiamo il volo per Firenze bevendoci un vero caffè occidentale (sia benedetta la Illy). “Mammaaa, mi dai l'iPhone che voglio giocareee?”; “Oh, appena arriviamo a casa bisogna guardà le repliche di ‘Uomini e Donne’ che ci siamo persi in vacanza” (detto da un padre di famiglia). Il viaggio Parigi-Firenze riassunto in due sole frasi. Mi volevo lanciare dal finestrino dell'aereo. O lanciare loro. Non sono riuscita a chiudere occhio su quel volo, la bambina dietro di me ha tirato le ginocchiate al mio sedile e ha commentato quello che stava succedendo sul gioco sull’iPhone della madre per praticamente tutto il tempo. C’è mancato davvero poco che tornassi al mood italiano, ma sono riuscita a comportarmi da giapponese composta e paziente. A metà viaggio si è messo a piovere a dirotto, quindi potete immaginare quanto sia stato piacevole l’atterraggio. Un tonfo assurdo quando le ruote hanno toccato la pista di Peretola (Firenze) e una frenata che mi ha quasi segato la pancia in due. Scesi dall’aereo, nessun tunnel al chiuso per ripararci dalla pioggia scrosciante, le valigie che ci hanno messo ben un quarto d’ora ad arrivare, quelle solite famiglie di prima con i bambini che sembravano indemoniati. Uno mi ha perfino pestato un piede nella corsa, ma si fosse scusato. In compenso, credo che il mio sguardo omicida rivolto sia a lui che al padre (”… Dai Simone, calmati, non dare fastidio, vieni qui…”) abbia sortito un qualche effetto. Dopo ben 20 ore e passa di viaggio son giustificata per aver perso per un momento la calma e la compostezza imparate in Giappone, no? Da yo ne?! Ho riabbracciato i miei e mio fratello qualche minuto dopo. Ho salutato infine Sibilla, dopo un mese intero passato insieme qualche lacrimuccia mi è sfuggita. E purtroppo [cit.]. Per farvi capire come stavo quando sono salita in macchina, vi basterà di nuovo una sola frase: “Sei appena tornata, se devi piangere così torna in Giappone”. Fratelli perspicaci.
E così il mio sogno si è realizzato e concluso. Inutile dirvi che mi manca tutto del Giappone. Paragonato a questo Paese, il Giappone è il paradiso. Io sono di parte, è vero, ma tutto quello che qui non c’è o non funziona là esiste e funziona alla perfezione. La pubblicità della Costa Crociere è veritiera: la “depressione” dopo un bel viaggio c’è e fa male, è difficile riprendersi dopo un’esperienza simile. Ma è sicuramente questione di tempo.  Spero con tutto il cuore di essere riuscita a trasmettere anche solo la metà di quello che ho vissuto e provato io in questa mia meravigliosa esperienza. Io di certo non mi sono mai annoiata! Quindi beh, ci siamo. Di una cosa sono però sicura: questo non è un addio. È un arrivederci. Appena potrò, tornerò al mio amato Gallifrey. Over and out.  バイバイ、またね。
1 note · View note
nihonhatsukoi · 9 years
Photo
Tumblr media
Treno di ritorno da Nara. Chiedo scusa per la monotonia degli incipit ma l'unica possibilità che ho di scrivere è quando sono sui mezzi. Chiedo perdono anche per il sentimentalismo presente a vagonate in questo post. 本当にごめんなさい。 Oggi è il mio ultimo giorno in Giappone. Le ultime 24 ore sono scattate quasi quattro ore fa. Domattina, verso le 11:30, ripartirò per l'Italia. Aeroporto di Osaka, dove sono arrivata esattamente un mese fa e da dove farò ritorno. Fra circa venti ore dovrò salutare tutta la meraviglia che mi sfreccia davanti agli occhi, al di là del finestrino. Le colonne sonore che mi suonano nelle orecchie di certo non aiutano a descrivere quello che sto vivendo. Avrei preferito farlo in un altro momento, ma domani sull'aereo sarò sicuramente distrutta, peggio di adesso. Per fortuna dormono tutti in questo vagone. Il ritorno a Kyoto, due giorni fa, è stato abbastanza tranquillo. Il volo è andato meravigliosamente, la vista era spettacolare, neanche l'ombra di una nuvola. Il Giappone mi sta dando un arrivederci a dir poco speciale. Un po’ dolce amaro: bello, certo, ma ci soffro. Mi manca la mia famiglia, mi manca Ren, mi mancano i miei amici, non torno totalmente con l'amaro in bocca, ma per il 50% sì. Ho sognato e sudato per così tanto tempo per venir qui, e adesso è già finito tutto. Stesso discorso di qualche post fa: mi sembra di esser qui da tanto, ma ho comunque la sensazione che questo mese sia in qualche modo volato. Dolce e amaro, appunto. Sto rischiando di mettere in allarme le vecchine davanti a me, si sono svegliate e mi stanno fissando un po’ preoccupate. Con Einaudi (precisamente, Divenire) e campagna e città là fuori non ce la posso proprio fare. Meglio se la finisco qui. Credo che sarà il mio ultimo post con i piedi sul suolo giapponese, quindi vi saluto. Posso solo dire per certo che questo per me è un arrivederci, non un addio. Il Giappone è il mio Gallifrey, e farò di tutto per tornare al mio "pianeta natale". Su questo non ho davvero il minimo dubbio. Passo e chiudo, ci rivediamo in Italia. さよならじゃないよ。でも、バイバイ。約束だ。
1 note · View note
nihonhatsukoi · 9 years
Photo
Tumblr media
Sono sull'aereo per Osaka, direzione Kyoto, ultima tappa. Fra tre giorni prenderò il penultimo volo di questo mio viaggio. Scalo di due ore e mezzo a Charles de Gaulles (Parigi) e via verso Firenze, col mio ultimo volo. Molto probabilmente stavolta scriverò poco perché il momento della partenza per me è a dir poco magico. Sto con gli occhi incollati al finestrino, non mi faccio sfuggire niente, e un sorriso ebete stampato in faccia per quasi tutto il tempo. “Come i bambini”, mi ha appena detto Sibilla. Questo è il mio quinto volo, eppure è quasi come fosse il primo. Ma torniamo a noi. Da una parte mi sembra di esser qui da mesi e mesi, dall'altra il tempo ha corso velocissimo. Mi sono abituata ai ritmi, ai luoghi, alle modalità e ai funzionamenti giapponesi in pochissimo tempo. Il rispetto, la pulizia, la tranquillità, la sicurezza, l'organizzazione, tutto ciò che qui è normale e che in Italia è sottovalutato o inesistente. Facciamo la seconda. Ho il terrore di rimettere piede in Italia, avrò l'ansia per tutto. Qui puoi tranquillamente andare in giro con portafoglio e cellulare in bella vista, se ti cadono o li dimentichi li ritrovi lì, oppure al punto “oggetti smarriti” o alla stazione di polizia più vicini. Nessuno ruba niente, nessuno dà fastidio. È capitato soltanto ad Okinawa, come ho raccontato nel post precedente, e siamo state accalappiate da due americani, appunto. Un giapponese non farebbe mai una cosa del genere, a meno che non sia bello alticcio o ubriaco perso. Ma è un approccio comunque non esagerato o invadente. A Yokohama ne ho avuto la prova: eravamo a Minato Mirai, dietro la ruota panoramica, e un ragazzo seduto su una moto parcheggiata sul molo ci ha viste e ci ha detto “chotto matte chotto matte!” (aspettate un attimo). Ha pure tentato l'approccio in inglese, era brillo, si capiva dal tono, ma più di questo non ha fatto. Dopo un mese passato nell'assoluta tranquillità fisica e mentale sarà un trauma tornare alle modalità italiane. In ogni caso, ci penserò seriamente fra tre giorni. Tornando ai momenti felici, posso raccontare velocemente la visita al Churaumi Aquarium di Okinawa. Una delle esperienze più belle di tutta la mia vita. Partenza alle 7:40 dall'hotel, dovevamo prendere un autobus che ci avrebbe fatto fare un tour che durava l'intera giornata. Da notare: la prenotazione in realtà era fissata per il giorno prima, ma le mie (tre) sveglie proprio quella mattina hanno deciso di non suonare. Il ritrovo era fissato per le 7:50, noi ci siamo svegliate di soprassalto alle 9:17. Ottimo, direi. Fortunatamente non abbiamo dovuto pagare nulla e abbiamo prenotato per il giorno successivo. E qui la seconda disavventura: siamo arrivate con un minuto di ritardo. Uno sul serio, non sto scherzando. Il tour bus ci è partito davanti, a dieci metri di distanza. Signori e signore, la precisione e l'efficienza giapponesi. Avevamo quasi gettato la spugna sul Churaumi Aquarium, due gaffe di fila erano troppe da poter rimediare. Finché una ragazza del Bus Terminal si è avvicinata e ci ha detto che se volevamo potevamo spostare la prenotazione al tour che sarebbe partito di lì a 20 minuti. Perfetto, fantastico, ci stiamo. Tra l'altro era proprio il tour che volevamo: il receptionist del nostro hotel la sera del nostro arrivo aveva capito male e ci aveva prenotato un tour che non ci interessava, dicendoci che l'altro era al completo. Quella che all'inizio ci è sembrata una sfortuna colossale, alla fine si è rivelata una fortuna sfacciata. Due ore e mezzo di pullman per arrivare al Churaumi Aquarium, tre ore di permanenza dentro di esso. Oltrepassando abbastanza velocemente le varie sale con (relativamente) piccoli acquari pieni di creature tanto strane quanto meravigliose, alla fine siamo giunte alla seconda vasca più grande del mondo. Tre squali-balena di dimensioni mastodontiche, qualche manta poco più piccola, decine di razze e pesci di ogni forma, colore e dimensione. Altro momento catartico, lacrime a non finire. “Come una vite tagliata”. Un'ora e mezzo davanti a quella vasca delle meraviglie. Le emozioni amplificate a momenti alterni. Foto e video come non ci fosse un domani, per cercare di carpire i momenti in cui i pesci si avvicinavano al vetro e capivi le loro effettive grandiosità e bellezza, sotto tutti gli aspetti. Ero totalmente rapita ed affascinata. È stato proprio in quel momento che ho scoperto la mia passione per i pesci, prima non credo di esserne mai stata pienamente consapevole. Perché è in certi momenti che ti rendi conto di com'è il mondo, soprattutto quello che non vedi. Le vere meraviglie della natura. Sono uscita di lì col cuore gonfio di molti tipi di emozione, sarei rimasta là dentro per un'altra settimana, credo. Sibilla ha quasi dovuto tirarmi via per i capelli. Per il resto, Okinawa è stata una sottile delusione. Sicuramente per il brutto tempo che ci ha seguito fin là e il fatto che abbiamo visto appunto il mare sotto la pioggia e non abbiamo quindi potuto fare il bagno o godercelo appieno. In ogni caso, non nego il fatto che sia carina e che il piacevolissimo clima mi abbia sollevato un po’ il morale. Adoro il caldo, adoro andare in giro a maniche corte, soprattutto la sera. Mi fermo qui, l'aereo sta per atterrare. Alla fine mi sono comunque dilungata, chiedo venia. Alla prossima!
1 note · View note
nihonhatsukoi · 9 years
Text
Cosa ho imparato sui giapponesi (parte 4)
• Soprattutto nelle grandi città, spesso si incontrano persone che indossano lenti a contatto colorate; propendono molto per colori come turchese e verde oliva • Si legano la sciarpa dietro al collo, non davanti • Molti adulti sono "terrorizzati" dagli occidentali: ci evitano quasi come la peste, perché siamo stranieri e non parliamo (secondo loro) il giapponese • Ci sono due indicazioni in croce sulle strade, anche nelle grandi città • Neanche loro sanno leggere e spiegare bene gli indirizzi e le indicazioni • I treni o la metro non sono mai in ritardo: se capita significa che o si è verificato un guasto (situazione molto rara) oppure che qualcuno si è fatto del male buttandosi sui binari (leggetelo tranquillamente come "tentato suicidio", sperando che rimanga tentato davvero); difatti in molte stazioni sono presenti delle guardie, al fine di evitare certe situazioni (quelle dove non sono presenti hanno le protezioni, muretti con porte scorrevoli che si aprono solo in contemporanea con quelle della metro) • Tutti i templi e le costruzioni in legno massimo ogni vent'anni vengono rasi al suolo e ricostruiti: il legno col tempo e l'umidità si rovina quindi l'edificio dev'essere ricostruito da capo • Vogliono aiutarti in tutti i modi possibili, spesso incasinandoti ulteriormente
1 note · View note
nihonhatsukoi · 9 years
Photo
Tumblr media
Appena partita dal Bus Terminal di Naha. La tappa di oggi: il meraviglioso Churaumi Aquarium di Okinawa! Da qui ci vogliono due ore e mezzo per arrivare là, quindi ne approfitto per scrivere (prima di crollare addormentata, tre ore di sonno sulle spalle, good job Chiara). Siamo arrivate ormai tre giorni fa, appena messo piede fuori dall'aereo ho avvertito il cambio radicale di temperatura: un caldo umido, ma pur sempre caldo. Dopo quasi 20 giorni di pioggia e freddo (io poi lo soffro tantissimo) mi sono sentita rinascere. Tre giorni che sono qui, tre giorni che tutte le volte che esco da un edificio esclamo “che temperatura meravigliosa”. Capite la mia ormai passata disperazione. Abbiamo raggiunto l'hotel, stavolta fortunatamente senza impicci o presenze inquietanti. Super lusso e vista sulla città dall'undicesimo piano (decimo occidentale). Sistemazione dei bagagli, doccia veloce e via, alla scoperta di Naha by night. Primissima cosa che ho notato: troppi, ma seriamente troppi occidentali. Americani, per la precisione. Sibilla mi ha detto che qui risiede una base militare americana, per questo ce ne sono in gran quantità. Abbiamo purtroppo trovato tutti i ristoranti già chiusi, quindi abbiamo ripiegato a malincuore sul McDonald’s. Ho notato subito un certo gruppo di americani: abituata come ormai ero alla tranquillità e al silenzio rispettoso dei giapponesi, tutta quella confusione mi ha lasciata spiazzata, ed infastidita. Appena finito di mangiare un tizio si è staccato dal gruppo e si è avvicinato al nostro tavolo. Chi siete, di dove siete, bella l'Italia, quanti anni avete, no dai non è possibile che tu hai 24 anni, io te ne avrei dati 18, a me quanti ne dai? Io sembro più giovane perché tutti i giorni bevo tre tazze di thè verde e uso questo prodotto che apre i pori e fa parecchio bene alla pelle. Cosa fate nella vita, da quanto siete qui, un viaggio di un mese, wow, ma siete ricche?! Etc etc. A un certo punto si aggiunge un altro tizio, almeno questo si presenta (ho scordato il suo nome circa cinque secondi dopo), e sembra molto più tranquillo e posato. Tizio numero 1 chiede se può sedersi, Sibilla dice che stiamo andando via, lui allora pensa bene di sedersi ugualmente accanto a lei e invita Tizio numero 2 a sedersi accanto a me. No, ma fate pure, siamo amici da una vita ormai. Ripetiamo varie volte che vogliamo tornare in hotel perché siamo stanche per via del viaggio e delle poche ore di sonno della notte prima, ma questi non ci mollano. Rilassatevi, non vogliamo portarvi a letto, anche se comunque il mio amico (Tizio numero 2) sta cercando la ragazza. Ma guarda, che caso. Wow, hai un tatuaggio! E un piercing al naso, mi piace! Dammit, ti stimo ragazza. Cosa c'è scritto nella frase sul tuo braccio? Aaah, ma allora sei una cattiva ragazza, ti adoro. (A scanso di equivoci, ho una citazione di Harry Potter tatuata sul braccio: “Giuro solennemente di non avere buone intenzioni”). Quando poi viene fuori che ho anche il tongue, l'idolatria. Tizio numero 2 addirittura mi abbraccia. Io mi irrigidisco e cerco di allontanarmi, odio la confidenza da parte degli sconosciuti. Dopo un quarto d'ora di “scusate ma siamo stanche e vogliamo andare a letto”, alla fine riusciamo a scappare. È stato veramente bello conoscervi, magari ci rivediamo, come si dice in giapponese, “oyasumi”, good night. Per noi non è stato per niente un “nice to met you”. Soprattutto quando poco dopo usciamo da un konbini e scopriamo che ci hanno seguito. Siamo quindi rientrate nel mini market, ci siamo nascoste dietro uno scaffale e alla prima occasione siamo corse via, letteralmente. Felpe e cappucci in testa (i miei capelli sono riconoscibili pure da un chilometro), pure se faceva caldo. Siamo tornate in hotel a dir poco infastidite, troppa, troppa confidenza, anche fisica. Ma rilassatevi voi. Tre episodi di un anime che stiamo seguendo e poi a letto, sperando che pure questa volta non valga il detto “se il buongiorno si vede dal mattino…”
1 note · View note
nihonhatsukoi · 9 years
Photo
Tumblr media
Sono sul treno per l'aeroporto di Narita, fra meno di cinque ore partiamo per Okinawa. Ieri siamo tornate a Tokyo, alla fine siamo riuscite a visitare soltanto Ikebukuro. Poco male, tanto in Giappone prima o poi tornerò. Più motivi si aggiungono alla causa, meglio è. Stamattina ho salutato Yokohama con un sorriso sulle labbra e un pezzettino di cuore in meno. Adesso capirete perché. Dopo Ikebukuro abbiamo preso il treno di ritorno e verso le dieci e mezzo eravamo di nuovo a Yokohama. Uscite dalla stazione, ci siamo ritrovate davanti la bellissima ruota panoramica tutta illuminata: i colori dell'arcobaleno, trame e disegni tutti diversi tra loro e in movimento. Le luci che si riflettevano sulle finestre dei grattacieli vicini, la città illuminata intorno, il mare nero sullo sfondo, gli ultimissimi ciliegi in fiore sotto la ruota. Uno spettacolo indescrivibile. Ho espresso il desiderio di tornare sul molo di Minato Mirai, sospettavo che la città vista da là sarebbe stata magnifica. E avevo pienamente ragione. Cuffie alle orecchie, colonne sonore di anime e film, pianoforti e violini. Seduta su una panchina, sguardo fisso sulla ruota ed il suo spettacolino di luci e colori, i suoni della città attutiti dalla brezza marina notturna, le onde alle spalle. Le lacrime non hanno tardato ad arrivare. Avrei voluto che quel momento fosse durato per sempre. Sono tornata in ostello totalmente a malincuore. Una videochiamata veloce con la famiglia, sistemazione dei bagagli, fra quello e quell'altro siamo andate a letto alle 4. La sveglia ha suonato tre ore e mezzo dopo, colazione altrettanto veloce e via, verso l'aeroporto di Narita. Tokyo e Yokohama, vi siete guadagnate un posto speciale nel mio cuore, come anche Osaka e Kyoto. Ed ho il vago sospetto che presto Okinawa vi raggiungerà. じゃねー。
1 note · View note
nihonhatsukoi · 9 years
Photo
Tumblr media
Ieri mattina il nervosismo non mi era ancora passato, ma il tempo era finalmente decente, qualche nuvola e un vento che portava via, ma grazie al cielo non pioveva. Basta acqua, non ne potevamo davvero più. Abbiamo visitato Yokohama: il quartiere Minato Mirai che si affaccia sul mare, con la ruota panoramica e i suoi bellissimi grattacieli in stile futuristico; China Town, con i suoi templi coloratissimi e luminosi; Motomachi, un quartiere pieno di negozi di alta moda. La sera siamo anche andate al Triple Crown, il locale in cui è ambientato l'animanga Hamatora, ma purtroppo era interamente prenotato e non abbiamo potuto cenare lì. Yokohama è veramente bella, sia di notte che di giorno. I suoi palazzi e le strutture imitano un po' troppo lo stile occidentale: Olanda, Inghilterra, America, Italia, in un'occasione anche Sydney. Ma molto carina. È stata una giornata rilassante, dopo la disavventura della sera prima avevamo davvero bisogno di questa tranquillità. Mi sono ripresa, sia dalla stanchezza che dal nervosismo, e stamattina sono partita dall'ostello piena di speranza e serenità. Oggi il tempo è ancora più bello di ieri, la temperatura è davvero piacevole e stiamo tornando a Tokyo. Dobbiamo ancora vedere Ikebukuro, Roppongi, tornare ad Harajuku per andare all'Usagi Cafè (un locale dove girano liberi dei coniglietti che tu puoi coccolare e fotografare quanto vuoi), e tornare al palazzo del Governo Metropolitano per tentare di vedere il monte Fuji da lassù (l'altra volta c'era troppa foschia). Speriamo di riuscire a far più mete possibili! Domani partiamo per Okinawa da Tokyo Narita, sono molto emozionata all'idea. Prego seriamente tutti gli dei del mondo (Yato, お願い), proteggeteci e fate che il tempo almeno ad Okinawa sia buono. Voglio stendermi sulla spiaggia e godermi il mare e la brezza salmastra per ore. 本当に。 Adesso Tokyo richiede di nuovo la mia attenzione, またね〜 (a presto)!
1 note · View note
nihonhatsukoi · 9 years
Text
Nope.
Questo post sarà un cazzotto nello stomaco in confronto agli altri, perché più che un'avventura due sere fa abbiamo avuto una disavventura. Ultima notte a Tokyo, la mattina abbiamo fatto il check-out in hotel e dopo un'intera giornata ad Akihabara siamo partite con baracca e burattini alla volta di Yokohama. Treni stra pieni, abbiamo dovuto farne passare tre per quanta gente c'era sopra. Il treno che abbiamo preso era in ritardo, motivo: passenger injury. Abbiamo subito pensato al peggio. Uno dei pochissimi motivi per cui un treno giapponese può essere in ritardo è perché qualcuno si è buttato sui binari. La cosa ha intasato la maggior parte delle linee quindi qualcosa di grosso è successo, anche se non abbiamo saputo cosa. Dopo quasi un'ora di viaggio con due cambi di treno siamo arrivate a Yokohama. Era il momento della parte più difficile: trovare l'ostello. Nota importante: pioveva come dio la mandava. Abbiamo seguito tutte le indicazioni ma nulla. A un certo punto ci ha fermato un uomo, voleva indicarci la strada. Ha insistito molto, ha voluto leggere coi suoi occhi l'indirizzo, ci ha spinte a seguirlo. Neanche tre metri che ci siamo fermate e abbiamo girato i tacchi: biascicava le parole, insisteva fin troppo, molto probabilmente era ubriaco e un minuto dopo ci ha detto che per l'informazione voleva 300 yen, che ci avrebbe accompagnate ad un autobus che ci avrebbe portate all'ostello, e che a quel punto di yen avremmo dovuto pagarne mille. Allarme rosso, siamo scappate. Non per paura, personalmente già ero nervosa da un'ora per il viaggio, il peso dei bagagli da tirarmi dietro, la maledetta pioggia incessante che ci martellava da tre giorni. Ci siamo rifugiate in un konbini, Sibilla ha chiesto informazioni lì e siamo ripartite. Le strade erano tutte uguali, le insegne e i rari cartelli tutti in giapponese, la gente che girava in quel quartiere non era delle più rassicuranti. Un quarto d'ora dopo abbiamo chiesto a due donne, ci hanno indicato la strada e finalmente ecco l'insegna luminosa del nostro ostello. Un raggio di luce nell'oscurità. Ma poi abbiamo scoperto che il check-in avremmo dovuto farlo la mattina dopo perché il front desk era già chiuso da due ore. Ed ora arriva il bello: la nostra camera si trovava al quinto piano (quarto piano occidentale), e non esisteva un ascensore. Come se fino a quel momento il viaggio fosse stato rilassante e tranquillo, abbiamo trascinato le nostre valigie su per quattro rampe di scale, arrancando come se avessimo corso una maratona. Poco ci mancava. Arrivate in camera, fradice di pioggia (bagagli compresi), arrabbiate, nervose, tutto quello che ci può esser di negativo a livello emozionale, abbiamo tirato fuori l'occorrente per la notte e ce ne siamo andate a dormire. Spero vivamente che in questo caso non valga il detto "se il buongiorno si vede dal mattino...".
0 notes
nihonhatsukoi · 9 years
Photo
Tumblr media
"E le valigie?" "Al secondo piano, con voi!" Questo è stato l'inizio del viaggio in pullman da Kyoto a Tokyo. Con noi avevamo tutti i nostri bagagli, dalle due mega valigie da 20 kg e passa a quelli a mano, le borse e gli zaini. E ci hanno mandato al secondo piano del bus, con tutta quella roba da portare su con le nostre sole forze. Ci siamo sentite inevitabilmente male. Per fortuna un signore davvero molto gentile ci ha offerto il suo aiuto e ci ha risparmiato il rischio di spezzarci braccia e schiena. La nostra giornata oggi è cominciata alle 8:30. Colazione veloce e via a preparare le valigie. Abbiamo lasciato quella meravigliosa casa sinceramente a malincuore. Dopo aver lasciato i nimotsu (bagagli) nei Coin Lockers alla Kyoto Eki siamo andate a visitare il Daigoji, un tempio davvero molto bello. E anche molto famoso, sicuramente tutti lo conoscono per la foto del piccolo tempietto con accanto il ponte, entrambi rossi, sul laghetto che si trova dentro al parco del tempio. Due turisti giapponesi a un certo punto ci hanno fermato chiedendoci il permesso di farci una foto. Pioveva e avevamo i nostri ombrelli aperti, loro sono rimasti colpiti proprio da quelli: il disegno sul mio rappresenta il famoso quadro di Hokusai, "La grande onda di Kanagawa"; quello di Sibilla uno dei quadri più famosi di Van Gogh, "Notte stellata". I nostri "fan" ci hanno fatte mettere di spalle all'obbiettivo con gli ombrelli obliqui e vicini, lo sguardo rivolto al tempio, in piedi sul ponte rosso. Modelle per caso. Successivamente, con tutta la calma del mondo, siamo tornate in centro e abbiamo passato l'intero pomeriggio tra Teramachi e Nishiki Market. Quest'ultimo è un mercato a dir poco colorato pieno di tutti i prodotti tipici giapponesi: dal pesce alla carne, dal thè ai dolcetti. Ho avuto l'occasione di provare una crocchetta di cioccolato mischiato col mochi (pallina di riso) impanata e fritta, una delizia inaspettata. Anche il mochi con la crema di Azuki (fagioli rossi dolci) era buono. Il nostro tempo lo abbiamo occupato in giro per Teramachi a finire di comprare gli omiyage (souvenirs). Adesso siamo sul pullman, partite in super orario, sperando che il viaggio sia tranquillo e di riuscire un po' a dormire. Domattina Tokyo ci accoglierà tra le sue braccia, e spero che sia un abbraccio caloroso.
3 notes · View notes
nihonhatsukoi · 9 years
Text
Cosa ho imparato sui giapponesi (parte 3)
• Sono degli "spreconi": non riciclano nulla, fanno la raccolta ma per esempio la carta usata viene tutta bruciata; sprecano un sacco di energia elettrica, fra illuminazione cittadina, i miliardi di distributori delle bevande in giro per la città, le insegne interattive e luminose, tutto acceso e funzionante 24h • Una mattina puoi svegliarti e decidere tranquillamente di uscire di casa in kimono o yukata: vedere donne vestite così e acconciate perfettamente in metro o per le vie capita spesso ed è la normalità (nelle città ancora aggrappate alle tradizioni, come Kyoto); anche gli uomini a volte si vestono in modo tradizionale • In giro incontri un sacco di anziani: prendono i mezzi, passeggiano per la città, soli o insieme a qualcuno, sono davvero molto attivi; in Italia la maggior parte dei vecchietti si chiude in casa e appassisce lì • Sull'autobus, al cambio di turno, il nuovo autista mette il cartellino col suo nome in un apposito vano, cosicché i passeggeri possano leggerlo e sapere chi è; poi si inchina e va a sedersi al posto di guida, sistemandosi il microfono (dice il nome di ogni fermata, quando svolta chiede di fare attenzione, quando si ferma e quando riparte) e mettendosi i guanti per guidare • Lavorano anche fino a tarda notte: puoi vedere vigili urbani, ruspe e operai sulle strade o nelle fabbriche e muratori nei futuri negozi anche alle 11 di sera • Le portiere dei taxi si aprono e si chiudono da sole; mai tentare di aprirle di propria volontà.
2 notes · View notes
nihonhatsukoi · 9 years
Photo
Tumblr media
Sono sul treno di ritorno per Kyoto. Ho sonno, sono stanca, mi fanno male i piedi, ma sono a dir poco felice. Ho realizzato un altro piccolo sogno: andare agli Universal Studios. Un concentrato di emozioni e passioni sparato a mille nelle vene. Andiamo con ordine. First of all, ci siamo incontrate con la nostra amica Eri alla Kyoto Eki. Un giro nel konbini e poi verso gli Studios. Primissima attrazione: Eren e Annie versione gigante a misura integrale. Bellissimi, dettagli perfetti, con la colonna sonora di Shingeki no Kyojin a palla tutt'intorno. Inutile dirvi come stavo. Penso di averli fotografati da ogni possibile angolo della piazza. Purtroppo non sono riuscita a vedere le statue versione reale e integrale di Levi, Armin e Mikasa. Per entrare nel teatro dove erano esposti bisognava procurarsi un biglietto speciale, ed era possibile averlo soltanto andandolo a prendere verso le 7 e mezzo di mattina. No way. Abbiamo chiaramente lasciato perdere, anche se mi sono mangiata le mani. Dopo abbiamo fatto altre piccole attrazioni, non particolarmente degne di nota. Poco dopo le 16 ci siamo finalmente incodate per entrare nel castello di Hogwarts. Un'ora e passa di fila, credevo di impazzire. Ma a un certo punto, eccola lì. L'entrata era a pochi metri da me. Seguendo un percorso, siamo passati dall'ufficio di Silente, nell'aula di Difesa Contro le Arti Oscure per poi arrivare in un corridoio che terminava con il Cappello Parlante. Sentirlo parlare in giapponese è stato un trauma. L'attrazione vera e propria consisteva in un percorso su una specie di ottovolante con schermi in 2D: accompagnare Harry che vola sulla Firebolt su e giù tra cielo e terra, incontrare e combattere i Dissennatori sul campo da Quidditch, lottare contro lo Spinoso della Prima Prova Tremaghi, scampare ad Aragog e i suoi milioni di figli nella Foresta Oscura (questi ultimi, i Dissennatori e il drago non erano su uno schermo ma erano vere e proprie sagome semoventi). Con i ragni ho avuto qualche problema, ne sono terrorizzata. Alla fine del percorso su uno schermo c'è praticamente tutta Hogwarts che ti saluta e ti ringrazia per aver accompagnato Harry nella sua avventura, per poi terminare con Silente che dice "Hogwarts will always be there for welcome you home" (ovviamente in giapponese). Sono uscita dal castello totalmente in lacrime. L'emozione era seriamente troppo forte. Un'ora e più di attesa di cui ne è assolutamente valsa la pena. Tanto che qualche ora dopo ho fatto il bis! Mezz'ora prima che chiudesse il parco abbiamo dato un'ultima occhiata ai giganti e siamo andate via. Una giornata all'insegna dei feelings e dell'emozione. Ero troppo "nel mio". Auguro veramente a chiunque di riuscire a vivere momenti simili. Ti fanno sentire viva, hai il cuore a mille e i problemi e le amarezze scompaiono nel nulla, anche se solo per qualche ora. Non si può davvero chiedere di più.
4 notes · View notes
nihonhatsukoi · 9 years
Photo
Tumblr media
Sono sul treno per Osaka, oggi andiamo agli Universal Studios. Sono emozionatissima, è decisamente troppo tempo che sogno di andarci. Ho scoperto il mondo di Harry Potter a 11 anni, è diventata la mia saga fantasy preferita nel giro di tre pagine, sono cresciuta insieme a quella magia. È un dovere. Ieri in centro a Kyoto abbiamo incontrato tre geishe. Non avete idea della fortuna che abbiamo avuto, è rarissimo riuscire a vederle. E non eravamo neanche a Gion, il famoso quartiere antico dove in passato (e tutt'ora) lavoravano e vivevano le geishe. Lo avevamo visitato giusto qualche ora prima, ma non le abbiamo incontrate. Quando poi è successo, eravamo in questa bellissima via contornata dai ciliegi e da un piccolo fiume su un lato, camminavamo tranquillamente quando poco più avanti si ferma un taxi. Ne scendono tre bellissime geishe, credo molto giovani, col viso di porcellana perfettamente truccato, kimono e acconciatura meravigliosi. Sono corse via, senza guardare nessuno, quasi timorose di essere avvicinate. Non ho avuto manco il tempo di pensare di prendere il telefono e filmarle o far loro una foto. Una delle tre ha impiegato un secondo in più a scendere, allora quella che abbiamo poi capito essere il "capo" del trio l'ha presa per una manica e l'ha tirata via. Sibilla mi ha successivamente detto che le geishe non possono né devono guardare in faccia nessuno, non devono sorridere a nessuno, men che meno girare da sole per le strade comuni. Neanche se vedono che vuoi far loro una foto possono batter ciglio. Solo chi paga per avere la loro compagnia può avere l'onore della loro attenzione. In conclusione, direi che noi siamo stati a dir poco fortunati. Verso le quattro ci eravamo incontrate con Shogo, un amico di Sibilla, simpaticissimo. Con lui siamo andati al famoso Kiyomizudera. Quante volte ho visto quel tempio in cartolina o in fotografia, e ieri ce lo avevo proprio davanti agli occhi. Con il light up, per giunta. Un sogno. Le piante illuminate con colori diversi, la terrazza con tutta la gente affacciata e meravigliata, la città e la Kyoto Tower in lontananza. Non potevo quasi credere ai miei occhi. Il Kiyomizudera è detto essere il tempio dell'amore, ho preso un omikuji (previsione) che in realtà non mi ha predetto un futuro granché roseo, però ha precisato che in quanto a viaggi sarei stata fortunata. A posto! Dopo il Kiyomizudera siamo andati a mangiare al Kaitenzushi, 130 yen (poco più di un euro) a piattino che puoi prendere direttamente dal nastro trasportatore. Inutile dirvi che era il sushi più buono che io abbia mai mangiato. Ho la vaga sensazione che non tornerò più tanto volentieri ai ristoranti giapponesi in Italia, lo ribadisco. Al momento non mi viene in mente altro da raccontare. Mi si stanno chiudendo gli occhi, ho a malapena 5 ore di sonno sulle spalle, penso che dormirò un po'. Sono in Giappone, tanto vale fare la giapponese. バイバイ!〜 (bye bye)
4 notes · View notes
nihonhatsukoi · 9 years
Text
Cosa ho imparato sui giapponesi (parte 2)
• Si può fumare solo in apposite aree, molto piccole; difatti è raro vedere un giapponese che fuma • Le donne tengono molto ai capelli: li avranno sempre acconciati in modo pressoché impeccabile • Sono tutti fissatissimi con gli ombrelli trasparenti in vinile • Le donne soprattutto hanno un cattivissimo gusto per le cover dei telefoni: sono enormi, ingombranti, piene di perline o di adesivi di plastica spessa; inoltre ci attaccano ogni tipo di gadget, dai ciondoli ai pupazzetti • Camminano trascinando i piedi e protendendo le ginocchia verso l'interno • Qui i fast food sono veramente fast: ti portano l'ordine in meno di un minuto • L'acqua nei ristoranti (solitamente presa dalla cannella) è totalmente gratis; quella in bottiglia no • Soffiarsi il naso in pubblico è considerato di estrema maleducazione; per farlo devi chiuderti in bagno o essere a casa tua • Anche gli uomini portano le borse (e per la maggior parte sono borse da donna) • Si incontrano per strada molti gruppi di giovani in tailleurs e giacca e cravatta, sono i laureati che cercano lavoro • Sia la carta igienica che i fazzoletti hanno massimo due veli di spessore, a dir poco scomodo perché si rompono facilissimamente • Mangiano e vanno a letto molto presto.
3 notes · View notes
nihonhatsukoi · 9 years
Photo
Tumblr media
Dalla metro di Kyoto verso la superficie non c'era l'ascensore, abbiamo dovuto fare tre rampe di scale con tutte le valigie. A metà un signore giapponese ci ha fermate chiedendoci se volessimo il suo aiuto per portare i bagagli. Una gentilezza così pura che ti strappa spontaneamente un sorriso. Dopo un'ora e più di giri per trovare l'ostello e aver chiesto a più persone, abbiamo fermato una ragazza affinché ci aiutasse a trovarlo. È stata contentissima di aiutarci, ha cercato la via su Maps e ci ha addirittura accompagnate davanti all'ostello. Avrei voluto ringraziarla fino a domani. Adesso stiamo aspettando che apra l'ostello, in questa piccolissima via molto tranquilla, io sono seduta sulle scale. A un certo punto esce un bambino da una casa accanto e gioca per la strada. Si avvicina a piccoli passi, poco alla volta, guardandomi fissamente, come se mi scandagliasse ai raggi X. Di nuovo i ricci, di nuovo il rosso. E forse anche gli occhiali da sole (ancora non ho mai incontrato un giapponese che li indossasse). Continua a studiarmi pure mentre mi passa davanti. Passa oltre, poi torna indietro, poi passa di nuovo e si avvicina di tre passi in più. Al quinto passaggio guarda i nostri bagagli e dice "itariajin" (italiane). Noi gli diamo ragione e lui allora dice "shinjirarenai" (non ci posso credere), e si allontana. Appena torna prende il secchiello a mezzo metro da me e rovescia la poca acqua che contiene. Guarda e commenta lo scorrere lento dell'acqua fino al tombino, dove arriva dopo trenta secondi. Con un sorrisetto torna verso casa sua e aspetta che la madre e la nonna escano. Ha pure un fratellino più piccolo, di circa un anno o poco più, che a malapena cammina. La mamma li carica entrambi sui seggiolini della bici e insieme alla nonna partono. Quando ci passano davanti il bimbo ci guarda, sorride e ci saluta con la mano finché non sparisce dietro l'angolo. Magari è una normalissima scena quotidiana, ma mi ha riempito il cuore.
4 notes · View notes
nihonhatsukoi · 9 years
Photo
Tumblr media
Sono di nuovo sul treno per Kyoto, oggi ci trasferiamo là per otto giorni. Il tempo fortunatamente ci ha voluto bene, c'è un piacevole sole. Le valigie sono già parecchio piene e non sappiamo come faremo nei prossimi venti giorni, visto che ne son passati solo sei. Temo che dovremo spedire un pacco in Italia, alleggerendoci un po', prima di partire per Okinawa da Tokyo. Come al solito, il paesaggio cittadino giapponese mi affascina, guardo praticamente sempre fuori dal finestrino. Il resto del tempo osservo le persone. Sto salutando Osaka, non ci vedremo per un po'. Saremo di nuovo qui fra circa venti giorni, quando atterreremo all'aeroporto dopo un breve soggiorno a Fukuoka. Un bambino giapponese, penso sui quattro/cinque anni, mi sta studiando attentamente. Sono così diversa da lui! Riccia, rossa, gli occhi grandi in confronto ai suoi, i tratti occidentali. Ieri sera siamo state al light up dei sakura sotto il castello di Osaka. Siamo arrivate alla biglietteria con otto minuti di ritardo, ce la siamo presa comoda perché su internet c'era scritto che chiudeva alle 23. Invece finiva alle 22, Sibilla ha cercato di convincere il tizio che era la nostra sola occasione di poter vedere il light up, perché l'indomani saremmo ripartite per l'Italia (piccola bugia innocente) ma lui ha risposto che proprio non poteva venderci il biglietto. Allora abbiamo tirato fuori tutta la nostra "italianità": siamo entrate lo stesso, senza pagare il biglietto (350 yen > circa 3 euro), per di più dall'uscita. In Giappone le persone sono corrette per natura, quindi non c'è bisogno delle guardie che controllano i biglietti. Siamo state su quel piccolo viale neanche dieci minuti, ma siamo riuscite a fare un bel po' di foto e qualche video. Ci siamo sentite veramente in colpa ma ci tenevamo tantissimo. Soprattutto perché da domani il tempo peggiorerà, pioverà per tutta la settimana e i ciliegi si rovineranno irrimediabilmente. Insomma, dovevamo carpire l'attimo. E nonostante il senso di colpa ne è assolutamente valsa la pena. Il castello di Osaka è meraviglioso di per sé, con i sakura illuminati sotto diventa una cosa 素晴らしい (subarashii, strabiliante). I feelings over 9000, per capirsi (perdonatemi il linguaggio da fangirl che ogni tanto userò). Basta vedere la foto all'inizio del post. Ieri pomeriggio invece siamo tornate a Dotonbori, il quartiere illuminatissimo e coloratissimo col mega granchio in cui sono stata la prima sera. Ho comprato qualche omiyage (souvenir) e abbiamo mangiato i Takoyaki (polpette di polpo). Assolutamente niente a che vedere con quelli che raramente si trovano in Italia, tutta un'altra storia. Un'esplosione di sapori in bocca. Dopo i pochi piatti tipici che ho assaggiato finora (Okonomiyaki, Nikuman, Takoyaki, Yakisoba, Ramen) temo che non tornerò tanto volentieri al ristorante giapponese in Italia. È proprio tutto un altro mondo, altroché. In questo momento stiamo attraversando un tipico paesaggio di campagna: case con cortiletti intorno, boschetti di bambù, campi attraversati da torrenti. "Mi par d'esse' in un anime." [autocit.] L'iPod mi propone "Take Flight" della fantastica Lindsey Stirling. Sono su un treno, insulsi dettagli. Quindi perdonatemi, ma ho un paesaggio da godermi con questa bella canzone come colonna sonora. またね。Mata ne, a presto.
1 note · View note
nihonhatsukoi · 9 years
Photo
Tumblr media
Sono qui da cinque giorni, ma in un certo senso mi sembra di esser qui da sempre. Sto prendendo i ritmi, capisco meglio il giapponese, mi viene da rispondere in giapponese, comprendo sempre di più i modi, i come e i perché. Tutto ciò ovviamente grazie soprattutto a Sibilla, ma sto imparando davvero. Nei prossimi giorni potrei anche andare alla cassa di un konbini e saper pagare da sola, rispondendo magari anche al/la ragazzo/a che mi chiede se voglio o meno quello o quell'altro (non è facile come sembra). Piano piano ce la sto facendo. Ho sempre più spesso la sensazione che ti lascia un dejà-vu, eppure sono sicura al 300% di non essere mai venuta qua prima d'ora. Forse in un'altra vita. Forse questo meraviglioso Paese mi stava chiamando a gran voce e io ho risposto soltanto adesso. Omataseshimashita, Nihon-sama (perdona il ritardo, onorevole Giappone). Ima, kita (adesso sono qui).
1 note · View note