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Hai aspettato tanto.
Hai aspettato troppo.
Adesso è troppo tardi per noi.
Il rimpianto di ciò che poteva essere e non è stato, ti frantumerà il cuore.
E allora ci somiglieremo, persi dentro le nostre solitudini.
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E SEMPRE RITORNI - ROMANZO A PUNTATE
VENTITREESIMA PUNTATA - UNA BISTECCA DURA COME CUOIIO
La forchetta rigirava pezzetti di bistecca. Alice la teneva in mano e distrattamente la spostava avanti e indietro nel piatto. L’appetito era scomparso di nuovo.
Sua madre la guardava nervosamente. Suo fratello masticava come se in bocca avesse del cuoio. Le mascelle si contraevano e si rilasciavano ritmicamente. Continuava a fissarla. Sembrava sul punto di dire qualcosa, poi si infilava in bocca una forchettata di cibo e riprendeva a masticare.
Suo padre le appariva particolarmente stanco, non diceva una parola. Era una cena strana, priva di conversazioni sulla giornata trascorsa, consuetudine che da sempre caratterizzava il pasto serale della loro famiglia.
“Non la finisci?” chiese Anita con voce secca, alzandosi rumorosamente in piedi. Si riferiva alla bistecca. La sedia cadde di schianto a terra. Alice sobbalzò, stupita. Era successo qualcosa di cui non era a conoscenza? Perché sua madre era così nervosa? Anita non aspettò una risposta, le tolse il piatto da davanti con uno scatto della mano. Il bicchiere pieno d’acqua che si trovava davanti ad Alice si rovesciò, innaffiò la tovaglia a fiorellini azzurri. Anita imprecò tra i denti. Alice non riuscì a trattenersi oltre.
“Si può sapere cosa avete tutti?” chiese, mentre il mento cominciava a tremarle.
“Sappiamo tutto. Di te, di quell’uomo sposato. Delle assenze da scuola. Gesù, Alice, si può sapere cosa stai combinando?” disse sua madre scoppiando in lacrime. Roberto rimise in piedi la sedia caduta e lei vi si sedette di schianto, come se le gambe non riuscissero più a reggerla.
Christian urlò. La fece piangere e poi urlare a sua volta per difendere sé stessa e Lorenzo. Suo padre arrivò a darle uno schiaffo sulla guancia. Lui che era sempre stato un uomo mite, poco incline alle discussioni animate.
Le dissero che per nessun motivo al mondo le avrebbero permesso di continuare una relazione con quel ‘bastardo’. Lo chiamarono così, e Alice urlò ancora più forte. Disse che lei e Lorenzo si amavano, e che né loro né nessun altro poteva capire. Se l’avessero costretta a lasciarlo, sarebbe andata via di casa.
“E dove vuoi andare, Alice? Magari a vivere con la famiglia del bastardo?” rise sarcastico Christian. “Domani ti accompagnerò personalmente alla fermata della metropolitana. Ci penserò io a dirgli due parole” continuò. Alice comprese di non avere armi per contrastare la furia di suo fratello. Non poteva nemmeno avvertire Lorenzo. Lui non aveva mai voluto darle il suo numero di telefono. Troppo pericoloso, aveva detto.
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VENTIDUESIMA PUNTATA - TORNARE INDIETRO
Avevano mangiato in uno dei pochi ristoranti aperti del centro. La stagione estiva sembrava lontanissima, invece la primavera sarebbe arrivata presto a ripopolare le spiagge.
Alice aveva finito la pizza senza fatica. Era riuscita perfino ad assaggiare il dolce di Lorenzo. Averlo accanto le toglieva ogni timore nei confronti del cibo. Come se il senso di inadeguatezza che da sempre la tormentava scomparisse.
Parlarono senza sosta, ansiosi di rivelarsi l’uno all’altra come non erano mai riusciti a fare prima.
L’ora della partenza arrivò troppo presto, cogliendoli impreparati. Si avviarono al parcheggio tenendosi per mano, e Alice pensò che sarebbe stato bello poterlo fare ovunque. Basta nascondersi. Basta sfuggire agli sguardi indiscreti delle persone.
Invece tutto era un rischio. La stazione della metropolitana nascondeva insidie continue. Era già successo che incontrassero dei colleghi di lavoro di Lorenzo. La professoressa di Italiano di Alice. Dare spiegazioni li lasciava ogni volta stravolti. Cosa vedevano davvero gli altri? Comprendevano cosa li legasse, nonostante cercassero in ogni modo di sembrare soltanto due conoscenti incontratisi per caso? Alice non osava nemmeno toccarlo. Temeva le conseguenze che avrebbero travolto Lorenzo.
Il viaggio di ritorno fu un’agonia. Entrambi sapevano che una giornata come quella non l’avrebbero potuta ripetere tanto presto. Alice sentiva l��angoscia montarle dentro, come quando da bambina doveva salutare gli amici del mare per tornare alla vita della città, senza di loro. Si mise silenziosamente a piangere, mentre la luce del tardo pomeriggio lentamente svaniva.
Lorenzo rifletteva invece sul weekend che lo aspettava. Ad Alice non aveva detto nulla. Temeva di ferirla, e di rovinare quelle ore di felicità che avevano trascorso lontano dalla realtà. Nel sottosopra c’erano solo loro due. Ma adesso stavano tornando con i piedi per terra, rientrando nei ruoli che sentivano così stretti da soffocarli. Lui sarebbe partito il mattino seguente con Bianca. Lei probabilmente avrebbe dovuto dare spiegazioni alla sua famiglia per quella assenza ingiustificata da scuola. La costringeva a mentire, e anche questo contribuiva a farlo sentire in colpa.
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VENTUNESIMA PUNTATA - PREPARATIVI
Calze, slip, un abito per la cena. Bianca spuntava le voci da una lista segnata sul bloc notes che teneva in mano. Il trolley di Lorenzo era già pronto ai piedi del letto. Mancava soltanto il suo. Aveva chiamato sua madre in modo che le desse una mano con Pietro. Nonna e nipote sedevano sul tappeto del soggiorno, intenti a parlare una lingua che solo loro due sembravano comprendere.
Bianca controllò scrupolosamente la lista. C’era tutto? C’era tutto.
Sorrise. Lei e Lorenzo sarebbero partiti il mattino successivo. Aveva chiesto a suo marito di prendere un giorno di ferie. Il weekend lungo che li aspettava avrebbe sistemato le cose. Bianca ripensò con sofferenza agli ultimi mesi. Lorenzo si era allontanato da lei in modo impercettibile. Se uno sconosciuto li avesse spiati durante la loro vita quotidiana, non avrebbe saputo cogliere nessuna stranezza. Tuttavia Bianca sentiva la sua assenza emotiva. Come se tutte le attenzioni che le riservava – poche a dire la verità – fossero forzate. Un obbligo al quale si dovesse piegare suo malgrado. Bianca era ancora profondamente innamorata di Lorenzo. Quella fredda compostezza, che lui non si toglieva mai di dosso, la turbava, la faceva soffrire.
Tante volte avrebbe voluto parlargli, chiedergli spiegazioni. Le era sempre mancato il coraggio. Temeva di trovare conferma alle sue paure, non tanto nelle parole di Lorenzo, quanto nei suoi occhi che non erano capaci di mentire.
“Mamma, io ho finito” disse raggiungendola in soggiorno.
“Benissimo. Allora ti libero della mia presenza. Ti aspetto domattina. Io e tuo padre non vediamo l’ora di avere questo frugoletto tutto per noi” disse sua madre, baciando Pietro sulla testa. Lui gorgogliò di felicità.
Da quando aveva smesso di svegliarsi ogni ora, reclamando per la fame, era diventato più semplice gestirlo. Bianca si era sentita una pessima madre per lungo tempo. Le urla di Pietro la facevano impazzire, rendendola nervosa e nient’affatto gentile. Adesso, invece. Prese Pietro in braccio e lo strinse forte. “Andrà tutto bene, piccolino” gli sussurrò in un orecchio. Lui le rispose con una serie di versi incomprensibili.
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VENTESIMA PUNTATA - VICINANZA
Dopo aver lasciato l’auto in un parcheggio a pagamento semideserto, Lorenzo e Alice si avviarono lungo il marciapiede che costeggiava la spiaggia. Si tenevano per mano, e di tanto in tanto si fermavano per scambiarsi un bacio. Si sentivano finalmente liberi, nessuno in quel posto li conosceva. Nessuno avrebbe potuto mettere a rischio il loro segreto.
Scesero le scale che portavano ad una delle tante stazioni balneari che si susseguivano lungo la spiaggia. Raggiunsero il bagnasciuga. Il vento di tramontana alzava onde altissime e spumeggianti. L’aria gelida soffiava tra i capelli di Alice, li scompigliava. Non avendo programmato nulla, Lorenzo non aveva nulla da stendere sui minuscoli ciottoli che scricchiolavano sotto i loro piedi. Decisero di sfidare il gelo e l’umidità e si sedettero direttamente sulla sabbia umida. I vestiti odoravano di salsedine. Alice si rifugiò tra le braccia di Lorenzo, non tanto per proteggersi dal vento, quanto per poter sentire il suo profumo nelle narici. Le girava la testa per la felicità. Pensò che non avrebbe mai più provato una gioia tanto grande. Qualcosa le diceva che quel momento perfetto sarebbe rimasto impresso indelebilmente nel suo cuore per il resto della sua vita.
Lorenzo si chinò a baciarla. Alice poteva avvertire il crescendo di tensione nel corpo di lui. Sembrava fosse impegnato in una lotta contro sé stesso, indeciso se cedere a ciò che desiderava, e che anche lei voleva più di ogni altra cosa, o resistere all��istinto di lasciarsi andare.
Lorenzo però era cosciente che se avesse dimenticato chi era, e il motivo per cui tutto quello che stava facendo e provando fosse profondamente sbagliato, le vite di entrambi sarebbero finite in pezzi. Distrutte. I genitori di Alice le avrebbero reso la vita impossibile. Bianca l’avrebbe odiato a tal punto da portargli via tutto, compreso suo figlio. No, non poteva cedere. Si scrollò di dosso il bisogno di sentire Alice come mai era accaduto prima. Si staccò da lei. L’espressione delusa e sofferente di Alice gli fece dubitare della sua decisione. Tuttavia non poteva fare altro che prenderla per mano e portarla lontano dal loro sottosopra, di nuovo nel mondo reale. Quello crudo e spietato che li voleva divisi.
“Ti amo” disse Alice. Non avrebbe voluto, il solo pensarlo le faceva paura, tuttavia le parole le erano sfuggite dalla bocca senza che potesse fermarle.
Guardò Lorenzo negli occhi, e ciò che vi lesse le bastò. Non serviva altro. Anche Lorenzo l’amava, e grazie a questo tutto sarebbe andato bene.
Si alzò e si avvicinò alla battigia. Si accucciò. Prese a lanciare piccoli sassi nell’acqua. Li sceglieva con cura. Sassolini bianchi che affogavano tra le onde scure.
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DICIANNOVESIMA PUNTATA - PREOCCUPAZIONI
Il telefono risultava libero, ma Alice non rispondeva. Dov’ era finita? Anita era terribilmente preoccupata, ma sospettava di conoscere l’identità della persona che era con lei. Tornò immediatamente a casa. “Vai, me la posso cavare da solo, qui” le aveva detto suo marito, allarmato quanto lei.
Christian studiava in cucina. La guardò entrare come una furia e la fissò con espressione sbigottita.
“È successo qualcosa, mà?” chiese.
Alice era sparita, e non rispondeva al telefono. Lui ne sapeva qualcosa?
Christian scosse la testa. Sua sorella era sempre stata un libro aperto per lui, ma da qualche mese a quella parte si era chiusa in un ostinato silenzio. Christian aveva pensato, esattamente come suo padre, che quella di Alice fosse solo una fase. Qualcosa che avrebbe superato con il raggiungimento dell’età adulta. Rassicurò sua madre. “Anch’io ho saltato la scuola senza dirvi niente tante volte, a suo tempo. Non è una tragedia” disse a sua madre, nel vano tentativo di alleggerire la sua ansia.
Poi lei gli parlò del diario. Di quella pagina sconvolgente che aveva letto pochi giorni prima. Il viso di Christian cambiò improvvisamente espressione.
“Cerco quel bastardo e lo ammazzo. Giuro che lo ammazzo a mani nude” ringhiò, alzandosi di scatto dalla sedia.
“Non essere impulsivo. Dobbiamo capire di più. Hai il numero di Margot?”
La chiamarono. Margot fu inizialmente restia a tradire la fiducia dell’amica, ma quando fu Christian a prendere il telefono, e chiederle aiuto, capitolò. Aveva sempre avuto un debole per lui.
Margot conosceva soltanto il nome di Lorenzo, nient’altro. Disse che probabilmente nemmeno la stessa Alice possedesse informazioni più dettagliate su di lui.
“È davvero sposato?” chiese Christian. Margot rispose in modo affermativo. Gli aveva visto la fede all’anulare sinistro.
“Io lo ammazzo” ripeté Christian.
Senza sapere cos’altro fare, madre e figlio rimasero seduti al tavolo della cucina. Aspettavano il ritorno di Alice, incapaci di dedicarsi ad un’attività diversa dall’aspettare. E se non fosse tornata mai più? Cosa avrebbero fatto, in quel caso?
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DICIOTTESIMA PUNTATA - UNA FOLLE IDEA
L’auto di Lorenzo procedeva a velocità sostenuta. Il traffico congestionato delle otto del mattino lo innervosiva da sempre, inducendolo a spingere sull’acceleratore per uscirne il più velocemente possibile.
Per questo usava la metropolitana.
Alice lo guardava guidare, le mani dalle dita affusolate strette intorno al volante. Desiderava sentirsele addosso, quelle mani. Non le era mai accaduto prima, di desiderare con tanta forza qualcuno. Le mani di Filippo, il suo primo e unico ragazzo, le erano sembrate invadenti, quasi pericolose. Non le piaceva come lui la toccava, con gesti nervosi e totalmente privi di dolcezza.
Lui l’aveva lasciata proprio per la sua avversione verso la reciproca esplorazione dei corpi. Lei l’aveva lasciato andare senza opporre resistenza. Era convinta che prima o poi avrebbe provato qualcosa di diverso, di così intenso da toglierle il respiro. Ed eccolo lì, il desiderio di cui tanto le aveva parlato Margot, prendere forma nelle mani di Lorenzo.
Scrutò il profilo dell’uomo seduto accanto a lei, illuminato da un sole invernale, pallido. Sembrava corrucciato. Come se qualcosa lo preoccupasse. Alice poteva intuire quali fossero i suoi pensieri. Non dovevano essere in quell’auto insieme, né quel giorno né mai. Eppure.
“Metto un po' di musica” disse Lorenzo, e nel farlo si rilassò. Le note di ‘la cura’ di Franco Battiato riempirono l’abitacolo.
La melodia e le parole vibrarono nel petto di Alice. Si accorse di piangere commossa quando Lorenzo la riportò indietro dal sottosopra nel quale si era nuovamente persa.
“La conosci?” le chiese. Alice scosse la testa, incapace di emettere un suono.
“È per te” continuò Lorenzo. Le strinse la mano poggiata sulle gambe. Alice pianse più forte.
Imboccarono l’autostrada e in quel momento Lorenzo smise di pensare. Non esisteva più niente oltre a loro due. Bianca e Pietro due figure indistinte in un angolo della mente. All’enorme senso di colpa che l’avrebbe investito una volta tornato a casa, ci avrebbe pensato poi.
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DICIASSETTESIMA PUNTATA - PROFONDO COME IL MARE
Era bellissima. Una bellezza che trascendeva il corpo. Lorenzo la vide arrivare, camminava veloce, lo sguardo rivolto davanti a sé. Margot, di fianco a lei, lo vide subito. I suoi occhi accesi di livore lo fecero vacillare. Si ricordava perfettamente ogni parola che la ragazza gli aveva rivolto, tuttavia non era riuscito ad evitare di aspettare Alice ogni giorno. Margot gli passava davanti e lo salutava appena, scuotendo la testa. Lo guardava sempre come se fosse spazzatura. E lui si sentiva esattamente così. Nonostante ciò, il bisogno di Alice, che lo divorava man mano che i giorni passavano, lo costringeva ad ignorare tutte le conseguenze che sarebbero seguite alle minacce di Margot. Non la biasimava, faceva soltanto ciò che pensava fosse meglio per l’amica. Tuttavia si era persuaso che Alice, in fondo, avesse il diritto di decidere per sé e per la sua vita, senza intromissioni esterne.
Incapace di resistere oltre, la chiamò. Lei volse lo sguardo nella sua direzione, il volto teso e duro si ammorbidì, le labbra si curvarono in un sorriso che la illuminò di una luce radiosa.
La vide rivolgere un saluto frettoloso a Margot, poi correre verso di lui, il pesante zaino scolastico che le sbatacchiava sulla schiena fragile.
L’idea gli venne all’improvviso, e si meravigliò di non averci pensato prima.
Quando lei lo raggiunse, le prese una mano coperta dal guanto di lana.
“Mi sei mancata così tanto, Alice” le disse, e gli sembrò che quelle parole non potessero nemmeno lontanamente raccontare cosa avesse provato in quei giorni senza di lei.
“Mi sei mancato anche tu. Credevo sarei morta, senza di te”.
“Vieni con me” le disse lui, trascinandola lontano dal bar e dagli occhi indiscreti della folla intorno.
Si avviarono verso la rampa di accesso al parcheggio. Alice non fece domande, la sua fiducia in lui era qualcosa di inspiegabile e tuttavia naturale come lo è respirare.
Arrivati accanto all’auto di Lorenzo, lui la prese tra le braccia. Le labbra si avvicinarono a quelle di Alice. Si baciarono con foga, come se dovessero recuperare in pochi secondi quei giorni perduti loro malgrado.
“Ti porto al mare” disse Lorenzo.
C’erano numerosi motivi per i quali non avrebbe dovuto farlo. Il suo lavoro. La scuola di Alice. E se Bianca avesse avuto bisogno di lui? Se Pietro si fosse sentito male? Tuttavia, ogni cosa passava inesorabilmente in secondo piano, quando Alice era lì accanto a lui.
Lorenzo andò a pagare la breve sosta di quel giorno, salirono in auto e partirono.
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SEDICESIMA PUNTATA - UNA TORTA DI MELE
La bilancia fu impietosa. Due chili in quattro giorni. Un aumento spaventoso. Tuttavia Alice non ne fu sconvolta, tutt’altro. Scese dalla bilancia e si fece una doccia, lavando via l’odore del letto che per tre interi giorni era stato suo fedele custode.
La febbre era durata due giorni, ma la debolezza le aveva impedito di rimettersi in piedi immediatamente. Sua madre l’aveva costretta a mangiare tre pasti completi al giorno, le aveva persino preparato una torta di mele che lei aveva mangiato avidamente.
Anita si era presa cura di lei come non aveva fatto mai, rimanendo a casa dal lavoro e preparandole spremute d’arancia e spuntini per rimetterla in forze. Era come se qualcosa di molto più grave di una semplice influenza stagionale la rendesse particolarmente attenta e preoccupata per la figlia. Alice non era riuscita a sondarne le reali intenzioni.
Dopo l’iniziale senso di fastidio che l’aveva resa insofferente alle attenzioni della madre, Alice l’aveva lasciata fare. Quel breve lasso di tempo non poteva certamente porre rimedio all’assenza di una vita, ma era comunque qualcosa.
Margot era andata a trovarla il giorno prima. Lorenzo non aveva fatto nessun commento quando lei gli aveva comunicato l’assenza di Alice, le aveva confidato. Nei giorni seguenti l’aveva salutata da lontano, senza chiedere alcuna notizia. Alice si era sentita ferita. Il terrore che Lorenzo si fosse già dimenticato di lei era insopportabile. Tuttavia nel profondo sentiva che le sue paure erano infondate. Come si poteva cancellare in pochi giorni un amore come il loro? No, Alice era sicura che l’avrebbe trovato lì dove lo aveva lasciato il venerdì precedente. Davanti alla porta del bar, ad aspettarla.
Si vestì con particolare cura, quella mattina. Temeva che i jeans non le entrassero più, invece scivolarono facilmente lungo le gambe sottili, i bottoni si chiusero senza difficoltà.
Durante il tragitto, Margot le camminava affianco, le mani infilate nelle tasche del cappotto. Era strana, particolarmente silenziosa. Perché non parlava al telefono con Matteo, come ogni mattina? L’amica alzò le spalle, tuttavia non le diede alcuna spiegazione.
Giunte nei pressi del bar, Alice perse il coraggio. Non voleva guardare. E se Lorenzo non ci fosse stato? Alle conseguenze di quella evenienza non aveva pensato. Fu Lorenzo a togliere ogni dubbio dalla sua mente, chiamandola a gran voce.
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QUINDICESIMA PUNTATA - ANCORA UN GIORNO
Lorenzo l’aveva salutata con un bacio distratto, prima di uscire per andare al lavoro. Niente a che vedere coi baci che si scambiavano all’inizio, e che a lei mancavano immensamente. La passione finisce in fretta, le aveva detto sua madre, poi rimangono la complicità, le abitudini rassicuranti del quotidiano, l’essere ‘una squadra’. Bianca non ne era molto convinta. Il suo desiderio nei confronti del marito non era mai scemato, al contrario di quello di Lorenzo. Quel suo essere distaccato, quasi assente, le aveva fatto temere il peggio. Ma non poteva essere, si era rassicurata. Lorenzo non usciva mai da solo. Andava al lavoro e tornava immediatamente a casa. Un’altra donna era qualcosa che non sarebbe riuscito ad incastrare nella sua vita così ordinaria e ritirata.
Mentre allattava Pietro seduta sul divano del salotto, Bianca cercò di allontanare il pensiero che quella freddezza dipendesse da una cosa soltanto: Lorenzo non l’amava più. Era qualcosa di insopportabilmente doloroso.
Una volta che Pietro si fu riaddormentato, ricontrollò il dépliant dell’albergo che aveva prenotato. Sarebbero partiti l’indomani. Sarebbe stato quello, pensò Bianca, il momento della verità. Senza incombenze e distrazioni, lei e Lorenzo avrebbero finalmente parlato come non facevano da mesi. Avrebbero ritrovato quell’armonia che sembrava essersi dissolta dalla nascita di Pietro. Oppure no. Forse invece Lorenzo avrebbe finalmente trovato il coraggio di dirle davvero ciò che sentiva, e sarebbe stata la fine. Un pensiero oltremodo devastante. Tuttavia Bianca non poteva continuare in quel modo. L’ultima cosa che avrebbe voluto, era vivere per il resto della sua esistenza con un uomo che non l’amava. Che restava con lei soltanto per un perverso senso del dovere.
Bianca si diresse verso il bagno. Avrebbe fatto una doccia, lavato i capelli. Si sarebbe preparata alla partenza ed in tal modo avrebbe abbandonato momentaneamente quelle cattive sensazioni che le correvano sottopelle gettandola in uno sconforto scuro e gelido. Pregò che Pietro non si svegliasse reclamando la sua presenza.
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QUATTORDICESIMA PUNTATA - DIVISO IN DUE
Quattro giorni senza Alice. Sei, se si considerava anche il weekend. Lorenzo si sentiva svuotato, come se il fatto di non poterla vedere, di non poterne sfiorare i capelli con la guancia quando l’abbracciava, gli togliesse la vita dalle vene.
All’inizio della settimana aveva creduto che quei giorni senza di lei l’avrebbero aiutato a rinsavire. Le parole di Margot lo avevano colpito più di quanto lei immaginasse. Erano state come uno schiaffo in pieno volto. Lo avevano riportato alla realtà. Se guardava tutta quella storia da una prospettiva diversa, si rendeva conto di quanto fosse sbagliata, assurda, impossibile da portare avanti. Eppure.
La ragione e il cuore viaggiavano su binari paralleli, che non si incontravano mai.
Quella mattina aveva aperto gli occhi e si era reso subito conto di trovarsi ancora nel bel mezzo della notte. Controllò il telefono. Le 3:22.
Fissò lo sguardo al soffitto nero, come tutto il resto della stanza. Bianca dormiva al suo fianco. Pietro, nella culla, sembrava non provare alcun desiderio di strillare. Lorenzo se ne rammaricò. Avrebbe voluto prenderlo in braccio, stringerlo a sé, cullarlo e lasciare che il suo amore per lui riempisse totalmente il suo cuore, togliendo spazio ad Alice.
Il senso di colpa lo travolse, ancora una volta, con la forza distruttrice di uno tsunami.
Si toccò l’anulare. La fede in oro bianco sempre al suo posto. L’accarezzò con due dita. Il simbolo di un ‘per sempre’ che lui aveva giurato di preservare fino alla morte.
In quel momento gli sembrò impossibile mantenere quella promessa solenne. L’aveva infranta nel momento stesso in cui si era perso negli occhi di Alice, soltanto poco tempo prima.
Sentì prepotente il bisogno di alzarsi, sviare anche solo momentaneamente il pensiero dal profondo senso di rimorso che lo attanagliava. Era diviso in due, e non sapeva quale delle due parti avrebbe vinto la guerra.
Cercò di fare meno rumore possibile, ma quando raggiunse la maniglia della porta e l’abbassò, un cigolio ruppe il silenzio.
Pietro si svegliò e cominciò immediatamente a piangere. Lorenzo lo raggiunse. “Ci penso io” disse piano a Bianca, ma lei non lo sentì, ancora immersa in un sonno pesante. Camminando in tondo nel salotto, con suo figlio tra le braccia, Lorenzo pregò di non dovergli mai chiedere scusa.
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TREDICESIMA PUNTATA - STAI LONTANO DA LEI
Margot aspettava da tempo quel momento. Desiderava sbattere in faccia a quel bastardo – lo chiamava così nei suoi pensieri – tutto il suo livore.
Lorenzo aspettava davanti all’ingresso del bar, come di consueto. Quando vide che Margot si avvicinava a passo di marcia, e che Alice non era con lei, si allarmò. Cos’era successo? Qualcosa che aveva a che fare con lui? Con il loro amore clandestino e, agli occhi di chi lo osservasse da fuori senza conoscerne la profondità e l’innocenza, riprovevole?
Margot aveva preparato un discorso. L’aveva ripetuto nella mente lungo tutto il tragitto a piedi. Non si sentiva affatto intimorita, né preda di sensi di colpa nei confronti dell’amica. Quello che stava per fare, era la cosa giusta. L’unica cosa che potesse fare per aiutare l’amica. Lo faceva per il suo bene.
“Ciao, Margot” la salutò lui sorridendo, senza tuttavia riuscire a mascherare l’ansia che gli inquinava il sangue.
“Devi lasciarla stare” esordì Margot, senza alcun preambolo. La rabbia schiumava dentro di lei rendendola incapace di contenere il tono livoroso. “Devi sparire dalla sua vita. Io non so quali intenzioni tu abbia, né chi tu sia veramente. Quello che so con certezza è che Alice ha solo diciassette anni. Ed è fragile. Talmente fragile che persino una parola sbagliata potrebbe ridurla in pezzi. Devi andartene adesso, prima che succeda tra voi qualcosa di irreparabile. Sei un uomo sposato, hai un figlio, non c’è alcun bisogno che io ti ricordi quali siano i tuoi doveri. Perciò, stai lontano da lei. Se non lo farai, sarò costretta ad agire. Cercherò tua moglie. Le dirò ogni cosa. Sarai rovinato. Sono stata abbastanza chiara?”
Margot riprese fiato. Aveva snocciolato quelle parole trattenendo il respiro. Temeva che altrimenti Lorenzo non l’avrebbe lasciata finire.
Lui la guardava, il sorriso si era ormai spento. Sembrava addolorato. Un uomo triste e tormentato che per un attimo soltanto le fece pena.
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DODICESIMA PUNTATA - LUNEDÌ TI ODIO, LUNEDÌ TI AMO
Alice detestava il lunedì, fin dalla più tenera età.
Non tanto perché sancisse ufficialmente la fine del weekend e l’inizio di una nuova settimana, come succedeva a tutti. No. Per lei significava dover sopportare la presenza dei genitori. Il negozio era chiuso, e loro rientravano prepotentemente nel ruolo che per il resto della settimana sembravano invece riporre in un cassetto.
Anita e Roberto diventavano presenze ingombranti. Estranei che pretendevano da lei un atteggiamento affettuoso che non le apparteneva.
Sua madre, al suo rientro da scuola, l’accoglieva con un abbraccio che sembrava volerla soffocare. Non si accorgeva, Alice, che Anita la sondava con le mani. Passava le dita sulla schiena della figlia, ne misurava l’assenza di muscoli. La sua mano scivolava lungo le costole, che affioravano prepotenti. La colonna vertebrale come una spina di pesce priva di polpa.
Seduti al tavolo da pranzo le ponevano domande alle quali non aveva alcuna intenzione di rispondere. Si nascondeva dietro un silenzio carico di significati che i suoi sembravano non cogliere.
Come va con la scuola? I tuoi amici? Dai, raccontaci!
Suo fratello svicolava. Diveniva improvvisamente mattiniero, lui che solitamente non si alzava mai prima di mezzogiorno. Raccoglieva in fretta i testi universitari, usciva di casa precipitosamente.
Alice diveniva il centro delle attenzioni non richieste e peraltro temporanee dei genitori.
Roberto e Anita facevano del loro meglio, tristemente consapevoli che il loro meglio non fosse sufficiente.
Adesso però il lunedì aveva assunto un significato totalmente nuovo. Dopo la sensazione di vuoto provata nel weekend, arrivava salvifica la certezza delle braccia di Lorenzo. Dell’amore che l’avrebbe scaldata, togliendole di dosso il disagio che provava all’inizio di una nuova settimana. Del sottosopra che li avrebbe accolti, rendendo tutto incredibilmente semplice.
Quel lunedì Alice si svegliò con una strana sensazione addosso. Si sentiva bruciare, ma tremava di freddo. Si posò una mano sulla fronte. Scottava. Cercò di alzarsi a sedere sul letto puntellandosi coi gomiti, ma fu colta da vertigini che la costrinsero a coricarsi nuovamente. Non ce la faccio, constatò tristemente. Controvoglia chiamò sua madre, che accorse immediatamente.
“Credo di avere la febbre” mormorò con le lacrime agli occhi.
Sua madre andò a prendere il termometro, le misurò la temperatura. Trentotto e sei. Era ovvio che non le avrebbe mai permesso di andare a scuola.
Lorenzo. Cosa avrebbe pensato non vedendola arrivare? Prese il telefono dal comodino e chiamò Margot.
“Puoi dirgli che sono malata?” supplicò. Conosceva perfettamente l’avversione dell’amica nei confronti di Lorenzo. Tuttavia l’amica la sorprese, tranquillizzandola. Ci avrebbe pensato lei.
Alice chiuse gli occhi, vinta dalla spossatezza.
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THE EMPTY SPACE
The empty space.
The one that opened between your ribs when you came into the world.
What you have been trying to fill ever since, in vain.
Years and years of useless attempts.
Of superhuman efforts.
Until you understood.
You understood that perhaps that space should not be filled.
Maybe, that's the way it should be.
That's where he must stay, untouched.
Because it’s thanks to that emptiness that you are what you are.
And, maybe, you won't be quite what you wanted.
However.
Without that emptiness, words would be lacking.
Without that emptiness you wouldn't ask yourself all those questions.
Without that emptiness you would not be able to see the one of others.
You wouldn't recognize it.
You are not that emptiness.
This no.
But it makes you just YOU.
And it sucked you in many times.
It broke your bones.
It took you to the limit, and beyond.
But it also gave you the strength to go back.
Always.
That emptiness, perhaps, you even begin to love it.
And, like a child, you keep it close to your heart.
You rock it, so that it allows you to continue existing.
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E SEMPRE RITORNI - ROMANZO A PUNTATE
UNDICESIMA PUNTATA - UN VIAGGIO
“Un viaggio?” chiese Lorenzo allarmato.
La giornata era iniziata prima dell’alba. Le urla affamate di Pietro come sveglia. Adesso il piccolo dormiva placidamente, sdraiato nel letto tra lui e Bianca.
“Un viaggio” confermò Bianca. Niente di impegnativo. Un weekend al mare, solo loro due. Per ritrovarsi. Ristabilire un equilibrio che sembrava avessero perso chissà dove.
Lorenzo guardò suo figlio. Di tanto in tanto Pietro apriva leggermente gli occhi, succhiava il ciuccio. Ripiombava nel sonno. Il suo cuore si riempì di tenerezza. L’idea di stargli lontano anche solo per una notte gli risultava insopportabile.
“E Pietro?” domandò ad una Bianca sorridente e all’apparenza impaziente di allontanarsi dal figlio. Lo era davvero? si chiese Lorenzo.
“Ho già avvertito i miei genitori. Sono entusiasti all’idea di tenerlo con loro.”
“Un bambino ha bisogno della mamma” obiettò Lorenzo. “È ancora troppo piccolo.”
Bianca si rabbuiò. Il volto contratto in una smorfia delusa.
“Pensavo che anche tu avessi bisogno di staccare. E poi ho già prenotato l’albergo” affermò, la voce una lama tagliente.
Lorenzo comprese di aver perso. Sprovvisto di altri argomenti utili a scoraggiare sua moglie, fu costretto a desistere.
L’idea di passare tutto quel tempo con la sola compagnia di Bianca lo atterriva, tuttavia sapeva di doverla accontentare. Era suo dovere.
Soltanto un anno prima avrebbe accolto la proposta di sua moglie con entusiasmo. Ma un anno prima Alice ancora non si era insinuata prepotentemente nel suo cuore, tra i suoi pensieri.
“Forse hai ragione. Ci farà bene una piccola vacanza, solo noi due” mentì. Era diventato bravo a confezionare menzogne, un attore consumato.
Avvertì il corpo di Bianca rilassarsi. La vide sorridere. Da quel sorriso era stato stregato soltanto due anni prima. Tuttavia aveva l’impressione che fosse passato molto più tempo dal loro primo incontro. Dal loro matrimonio prematuramente celebrato quando avevano saputo dell’arrivo di Pietro. Era successo tutto talmente in fretta da non lasciargli il tempo di rendersene conto. Il suo pensiero si fissò inevitabilmente su Alice. Per un momento, desiderò di non averla mai incontrata.
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