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#Collezione del libro d’artista
marcogiovenale · 4 months
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asemic writing: oggi a palermo
OGGI Martedì 14 a PALERMOGabinetto dei Disegni e delle Stampe – Palazzo Fernandez Via Papireto 20 ore 12:00 Inaugurazione mostra “Scrittura Asemica. Nuove acquisizioni della Collezione del libro d’artista della Biblioteca dell’Accademia di Belle Arti di Palermo” (14 maggio – 21 giugno 2024) con opere di Toti Audino, Laura Cingolani, Giuseppe Calandriello, Marco Cassarà, Eugenia Di Meo, Orazio…
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Da: SGUARDI SULL'ARTE LIBRO TERZO - di Gianpiero Menniti
L’ESPRESSIONE
Si tolgano all’arte due parole: bellezza e artistico. Si adotti, invece, il termine "espressione". Attraversata su questo versante, l’arte ritrova la sua essenza multiforme, i suoi “sensi”, plurali, diffusi, ricchi di significati, appartenenti a una dimensione culturale collettiva, di mille voci che trovano “espressione” in un gesto, in un’immagine pittorica, in un tratto di scalpello, nelle innumerevoli tecniche, moltiplicate da altrettanti strumenti, sorte nel corso del ‘900 e poi in questo primo ventennio del XXI secolo. Dunque, l’arte ha attraversato e continuerà a percorrere cammini imponderabili, tutti orientati nel verso della libertà e della sensibilità, sublimandosi con efficacia oppure ingaggiando una polemica contrapposizione con se stessa. Poiché è dell’arte, di ogni forma che l’uomo plasma per esprimersi, la manifestazione di un pensiero sul mondo capace di rappresentarne una traccia nel tempo. Una traccia non sempre lineare, spesso equivoca, ambigua, sconcertante, che racchiude una critica feroce all’arte della crisi e dell’identità perduta: come la “Merda d’artista” di Piero Manzoni (1933-1963), datata 1961, conservata nel Museo del Novecento a Milano. Il manifesto dell’arte concettuale contro l’arte concettuale. Quale migliore espressione per i mille detrattori dell’arte contemporanea? Ecco come diviene traccia che promana da un’esperienza collettiva: la soggettività è solo la maschera di una struttura formata dalla relazione, che è nel tempo e nello spazio, imprescindibile erede di stratificazioni millenarie. Così, quella traccia, nell’arte è: tragedia e commedia, meditazione e impulso, armonia e caos, convenzione e dissacrazione, gioco polemico e significato profondo, sacro e profano, vita e morte, il fanciullo e l’adulto, gioia e terrore, mimesi e simbolo, reale e irreale, razionale e irrazionale, sensuale e orrida, intelligente e sciocca, libera e servile, ammaliante e disgustosa, palese e indecifrabile, geniale e banale. L’arte è l’umanità che nasconde e che rivela. Espressione muta. Eppure, l’unica a poter irrompere nel silenzio di una stanza nascosta: la coscienza.
- In copertina: Maria Casalanguida, "Bottiglie e cubetto", 1975, collezione privata
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nuovaletteratura · 7 months
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Oggetto libro - ABA Lecce
Accademia di Belle Arti di Lecce,1° marzo 2024, ore 11.00.61 opere, tra libri d’artista, Ibridi e di design, 26 dei quali arricchiti dalla realtà aumentata, e la collezione “100 x Segnalibro”realizzata in occasione del centenario Fila, Fabbrica Italiana Lapis ed Affini.La mostra prosegue fino al 20 marzo.Accademia di Belle Arti di Lecce1 – 20 Marzo 2024, ore 11.00Orari di visita della mostra:…
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silviascorcella · 10 months
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Rahul Mishra a/i 19-20: la città fiorisce sulla couture 3D
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Già posando un primo sguardo alla collezione Couture nata dalla creatività poetica e artigianalmente risoluta di Rahul Mishra, si scorge la mischia di elementi su cui poggia la riflessione tradotta in stoffe preziose e decorazioni perfette: grattacieli che fioriscono rigogliosi come le corolle plasmate con bellezza tridimensionale.
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Or dunque, l’affinità d’ispirazione nasce spontanea, corre dall’epoca odierna al secolo scorso, dalla moda alla letteratura, dalla cultura indiana a quella italiana, e approda tra le avventure di un personaggio che una riflessione simile l’aveva già vissuta tra le pagine del libro a lui dedicato dal suo autore, Italo Calvino.
“Camminavano per la città illuminata dai lampioni, e non vedevano che case: di boschi, neanche l’ombra. Incontravano qualche raro passante, ma non osavano chiedergli dov’era il bosco. Così giunsero dove finivano le case della città e la strada diventava un’autostrada. Ai lati dell’autostrada i bambini videro il bosco: una folta vegetazione di strani alberi copriva la vista della pianura. Avevano i tronchi fini fini, diritti o obliqui; e chiome piatte e estese, tra le più strane forme e dai più strani colori, quando una auto passando le illuminava coi fanali. Rami a forma di dentifricio, di faccia, di formaggio, di mano, di rasoio, di bottiglia, di mucca, di pneumatico, costellate da un fogliame di lettere dell’alfabeto. ‘Evviva! - disse Michelino -questo è il bosco! E i fratelli guardavano incantati la luna spuntare tra quelle strane ombre: - Com’è bello…”
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Trattasi di Marcovaldo, e delle sua buffa realtà che mescolava, goffa eppur sentimentale, la natura alla città: perché questo allaccio quasi ardito? Perché la collezione a/i 2019-20, che a sua volta rappresenta il debutto di Rahul Mishra nel mondo superbo della Couture, intreccia nelle sue trame preziose una riflessione simile a quella che prendeva vita nella quotidianità del nostro sempiterno Marcovaldo, declinata qui nella consapevolezza contemporanea di chi nella città metropolitana ha incastonato una parte importante della sua vita, pur senza dimenticare le radici che restano salde nella naturalezza spontanea di quel che è fuori dai confini urbani.
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Gli abiti in collezione raccontano lo stupore di Rahul Mishra nell’osservare la crescita costante della città: come fosse un organismo vivente, la città estende le sue radici di cemento, si nutre della vita brulicante che la frequenta e dei sogni degli abitanti, respira, germina e fiorisce con grattacieli sempre più alti e numerosi, affolla il suolo di costruzioni, si arrampica come un’edera sulle superfici geografiche, ridefinisce la stessa definizione di vita, misura la sostanza delle imprese umane. Allo stesso modo, attraverso un vero gesto d’artista che omaggia la quintessenza preziosa della couture, i grattacieli affollano gli abiti, germinano su lunghi steli che fluiscono dalla griglia appoggiata al corpo e si allungano sulla superficie intorno come cascate vive: man mano quelle costruzioni si mescolano e si confondono alle infiorescenze, alle corolle che spuntano da steli simili, si affollano tridimensionali sul busto, sulla gonna, sulla giacca, mutano e si trasformano in ricami sottili e incantevoli.
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Una riflessione couture che è un capolavoro di maestria e leggerezza: ogni elemento è ricamato dalle mani sapienti degli artigiani indiani che, grazie al cuore sostenibile del brand, rinnovano la tradizione secolare che a loro appartiene direttamente nei loro villaggi. Un incontro di passato e presente, di dimensione naturale e cittadina anche nella manifattura: il racconto sull’organza lieve attraverso le decorazioni in tulle ha impiegato circa 3400 ore di instancabile manualità per ogni singolo pezzo, che è unico, prezioso, esclusivo. In una parola: magico! 
Silvia Scorcella
{ pubblicato su Webelieveinstyle }
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personal-reporter · 11 months
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DECLINAZIONI CONTEMPORANEE: Residenze d’artista e nuove installazioni site-specific
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Il MAO (Museo d’Arte Orientale) di Torino sta portando avanti un programma ambizioso di residenze d'artista e commissioni site-specific, sotto la direzione di Davide Quadrio. Questo programma, iniziato nel 2022, si propone di utilizzare l'arte contemporanea come veicolo per favorire la creazione di nuove interpretazioni e narrazioni plurali, oltre che come motore di valorizzazione del ricco patrimonio museale del MAO. L'obiettivo di questo dialogo virtuoso è quello di generare connessioni inaspettate e stimolare riflessioni più ampie sulla cultura orientale e contemporanea. In occasione di Artissima 2023, una delle principali fiere d'arte contemporanea in Italia, il MAO ha il piacere di presentare al pubblico quattro nuove prestigiose commissioni che sono il risultato tangibile di questo progetto pluriennale. Queste commissioni rappresentano un'importante tappa nel percorso di evoluzione del museo, poiché consentono ai visitatori di immergersi in opere d'arte create da talentuosi artisti contemporanei che lavorano in residenza presso il MAO. Una delle commissioni di spicco è "Il Rituale del Serpente" di Marzia Migliora, un'artista con una vasta gamma di competenze artistiche, tra cui fotografia, video, suono, performance, installazione e disegno. Durante la sua residenza, Marzia Migliora ha trascorso mesi immersa nelle opere d'arte custodite nei depositi del museo, assimilando oggetti, stilemi e immagini dalla collezione museale. Questi elementi sono stati trasformati in un composito alfabeto utilizzato per creare "Il Rituale del Serpente". Il titolo dell'opera si riferisce all'omonimo libro dello storico dell'arte tedesco Aby Warburg, che descrive i cerimoniali degli indiani Pueblo osservati durante un viaggio nel sud-ovest degli Stati Uniti alla fine del XIX secolo. Marzia Migliora ha applicato il metodo warburghiano, un innovativo strumento di connessione tra la storia dell'arte e altre discipline storico-scientifiche, per selezionare e analizzare le opere delle collezioni del MAO. L'opera risultante è costituita da arazzi intitolati "Il Rituale del Serpente" e impegna parzialmente lo scalone monumentale d'ingresso del museo. Questi arazzi hanno origine da un grande rotolo di carta disegnato dall'artista con una tecnica mista di collage, frottage e disegno. Il disegno è stato realizzato partendo da alcuni oggetti rituali e sculture della collezione del MAO, che attualmente non sono esposti nel percorso di visita del museo. In questo grande disegno, soggetti di diverse nature, epoche e culture si intrecciano e interferiscono tra loro, creando una narrazione per immagini in cui ogni elemento convive in un ambiente parossistico e astorico. Inoltre, Marzia Migliora ha collaborato con Giovanni Bonotto (A Collection) per trasformare il disegno originale in cinque arazzi. Questi arazzi rappresentano una sorta di tessitura del tempo e della storia e sono esposti davanti agli occhi dei visitatori come una sorta di sudario di una realtà antropica contemporanea e sofferente. Affronta il tema della produzione tessile e le conseguenze sociali di questo processo, gettando un ponte simbolico tra le collezioni del Museo d’Arte Orientale di Torino e il tempo contemporaneo. L'opera su carta intitolata "Paradossi dell’abbondanza #54, Il Rituale del serpente" sarà esposta in anteprima nella mostra "Green Snake: women-centred ecologies" a cura di Kathryn Weir e Xue Tan al Tai Kwun Contemporary, Hong Kong. Questo dimostra il riconoscimento e l'importanza di questa opera a livello internazionale. Oltre a "Il Rituale del Serpente", il MAO presenta anche altre tre commissioni altrettanto affascinanti. "Flying Kodama" di Kengo Kuma è una nuova installazione situata all'ingresso del museo. Questa sfera di 120 cm di diametro è composta da tessere di frassino massello chiaro che si incastrano tra loro, creando un contrasto tra la leggerezza del legno e la solidità della volta storica del museo. "Kodama" è un termine giapponese che significa "spirito dell'albero" o "spirito della foresta", e l'installazione è il risultato di una ricerca plastico/strutturale che Kuma ha sviluppato nel corso degli anni. La sfera, grazie a strisce LED invisibili che la illuminano dall'interno, crea un gioco di luci e penombre, dando vita a uno spazio misterioso e onirico che richiama la cultura giapponese e la filosofia zen. Questa installazione rappresenta un'interpretazione contemporanea del concetto di "vuoto" presente nella cultura orientale, un elemento fondamentale che amplifica il significato della sfera di Kuma. Un aspetto degno di nota di "Flying Kodama" è la collaborazione tra il museo e il laboratorio D3Wood di Lecco, con il supporto economico e tecnologico dell'azienda SCM Group, fornitrice delle macchine per la realizzazione dell'opera. La collaborazione scientifica del Professor Marco Imperadori, docente al Politecnico di Milano e Responsabile scientifico di Arte Sella Architettura, ha contribuito a rendere questa installazione possibile. La terza commissione, "Le son de la pierre" di LEE Mingwei, è un'installazione che utilizza un disco di ceramica, una pietra e un supporto di granito come metafore dell'inerzia umana e del potenziale di cambiamento. L'opera rappresenta l'atto di rompere il disco e successivamente ripararlo usando la tecnica giapponese del Kintsugi. Questa azione funziona sia come gesto fisico che come metafora, sottolineando il potere trasformativo dell'imperfezione e della resilienza. LEE Mingwei è noto per le sue installazioni site-specific che coinvolgono il pubblico in azioni che possono avere un impatto emotivo profondo, e "Le son de la pierre" non fa eccezione. La quarta e ultima commissione, "Gigli, cinghiali, qualche carpa e poi conigli, galline e asini in gran quantità" di Francesco Simeti, è un progetto di wallpaper realizzato per la zona di accoglienza del museo. Quest'opera è stata realizzata in collaborazione con l'associazione Giglio Onlus, un'organizzazione benefica che offre ospitalità gratuita alle famiglie con bambini ricoverati in ospedale. "Gigli, cinghiali, qualche carpa e poi conigli, galline e asini in gran quantità" rappresenta un mondo fantastico popolato da animali e fiori stilizzati che accoglie i visitatori e li introduce all'esperienza del museo. L'opera di Simeti, insieme alla collaborazione con Giglio Onlus, dimostra come il MAO sia impegnato non solo nell'arte e nella cultura orientale, ma anche nel contribuire a scopi benefici all'interno della comunità. Questa commissione rappresenta una connessione tangibile tra il museo e la città di Torino, un'opportunità di condividere l'arte con un pubblico diversificato e di sostenere un'organizzazione che svolge un ruolo fondamentale nella vita delle famiglie colpite da situazioni difficili. In conclusione, queste quattro commissioni presentate dal MAO in occasione di Artissima 2023 rappresentano un esempio eccellente di come il museo stia esplorando nuovi modi di coinvolgere il pubblico, di connettersi con il tessuto sociale e culturale di Torino, e di promuovere un dialogo dinamico tra arte contemporanea e cultura orientale. Questi progetti offrono un'esperienza coinvolgente ai visitatori, inducendoli a riflettere e a esplorare il mondo dell'arte e della cultura in maniera innovativa e significativa. Il MAO si conferma così come una istituzione museale all'avanguardia che sfrutta l'arte contemporanea per creare connessioni inaspettate e promuovere un dialogo interculturale e multidisciplinare. Articolo di R.C. Read the full article
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fashionbooksmilano · 4 years
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Futurismo postale  Futurist Mail
Collezione Echaurren Salaris
Claudia Salaris
SilvanaEditoriale, Cinisello Balsamo 2019, 472 pagine, 900 illustrazioni,  Italiano, Inglese,  ISBN  9788836644797
euro 110,00
email if you want to buy [email protected]
Il terzo volume della collana sulla Collezione Echaurren Salaris, la più completa a livello mondiale sul futurismo, è dedicato alla comunicazione postale, così come la intesero i futuristi, che seppero sfruttare in modo nuovo e brillante questo antico mezzo di comunicazione. Di questa preziosa e ricca collezione sono qui pubblicati quasi 800 pezzi, fra cartoline d’artista, cartoline di propaganda, di satira o fotografiche e lettere con le loro buste, carte da lettera con intestazioni e pubblicità, francobolli ed erinnofili, che rendono questo libro uno strumento fondamentale per l’approfondimento del poliedrico mondo futurista. Nel perseguire il suo sogno ambizioso di una «ricostruzione futurista dell’universo», il movimento fondato da Filippo Tommaso Marinetti non si è limitato a utilizzare la rete delle poste per inviare in ogni parte del mondo libri, riviste, proclami e diffondere così a largo raggio le proprie idee, ma ha creato uno stile postale nuovo per concezione e confezione, fatto di sintesi, laconicità, simbologia convenzionale e abbreviativa.
12/09/20
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bongianimuseum · 4 years
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RETROSPETTIVA di MAURO  MOLINARI “TEXTURES - Racconti e trame per un immaginario gentile”
Comunicato stampa
SPAZIO OPHEN VIRTUAL ART GALLERY
RETROSPETTIVA di MAURO  MOLINARI
“TEXTURES - Racconti e trame per un immaginario gentile”
Ciclo di opere ispirate ai motivi tessili con opere del 1994 - 2007
a cura di Sandro Bongiani
Preview:  4 dicembre 2020
dal  5 dicembre 2020  al 14 marzo 2021
L’evento partecipa alla giornata del contemporaneo
promossa da AMACI
Associazione dei Musei d'Arte Contemporanea Italiani
#GiornataDelContemporaneo
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  S’inaugura sabato  5 dicembre 2020, alle ore 18.00, la mostra Retrospettiva “TEXTURES - Racconti e trame per un immaginario gentile”, dedicata a Mauro Molinari, con 72 opere dal 1994-2007, che cerca di fare il punto sulle proposte tessili e immaginative dell’artista romano. In questa retrospettiva l’autore ci introduce nel mondo del linguaggio simbolico, nei racconti e tra le trame di un immaginario gentile dove ogni cosa sottesa racchiuse un senso, anche se possiamo percepirlo soltanto come una suggestione “appena trascritta” con il procedimento antico dei tessuti e carte utilizzate, rievocando lontani richiami per divenire suggestioni poetiche di una realtà sempre più evocativa e immaginaria.
Il percorso di Mauro Molinari, in circa un cinquantennio di lavoro, è contrassegnato da cicli diversi, come quelli dedicati all’informale, alla poesia visiva, ai libri d’artista, alla reinterpretazione degli antichi motivi tessili e nell’ultimo quindicennio al racconto della realtà urbana. Una lunga e appassionata ricerca contrassegnata da momenti diversi, tra filo, trama, intreccio e contrappunto, con un’attenzione assidua sulla presenza  che apre un varco nel tempo e sul vuoto spaziale in un intreccio di momenti e tempi diversi alla ricerca della relazione e dell’equilibrio per manifestarsi. Alla fine, l’intreccio diviene filo conduttore di storie e di significati che si dipanano in un viaggio carico di suggestioni e vibrazioni poetiche suggerite per frammenti di senso.  
A partire dagli anni 90, i motivi tessili rielaborati come segni, frammenti e presenze simboliche di forme naturali, vegetali e persino araldiche prendono forma fantastica su carte e tele, su preziosi libri d’artista, teatrini, abiti di carta, scarpe, cravatte e anche paramenti liturgiche, paliotti e pianete.
Sandro Bongiani nella presentazione in catalogo scrive: “Un universo assai complesso dettato da una specifica motivazione alla ricerca dell’invenzione creativa e dell’interpretazione fantastica. Il tutto avviene in circa 15 anni di lavoro con una pittura lieve e insostanziale che si deposita sulla pelle velata e fragile della carta per divenire sfuggente apparizione.
Libri teatro di  carta dipinta su tessuto, libri oggetto, libri giocattolo, libri a rilievo da aprire e libri  d’artista non sfogliabili che purtroppo non possiamo mai aprire, nelle sue mani tutto diventa favola e racconto ordito tra filamenti e trame di apparizioni che si stabilizzano nello spazio provvisorio della pittura, in un tempo sospeso e precario in cui l’immaginazione s’incarna alla ricerca dell’invenzione. Da questo incanto nascono presenze assorte nate tra le trame e i vagiti di remoti tessuti per divenire delicati racconti poetici di una realtà  tutta contemporanea.
Una lunga  e proficua stagione creativa “tessile” in cui l’artista è intento a indagare in modo assiduo un possibile recupero della memoria e a svelare le simbologie e i grovigli della vita con una verve visionaria in cui le coordinate del tempo e dello spazio si dilatano e perdono le loro abituali caratteristiche logiche in vista di nuove associazioni e traiettorie. La traccia di un suggerimento di memoria può ora finalmente distendersi tra la fragile carta e i brani di tessuto reale e divenire “ordito gentile”, trama e frammento di racconto che si libera dalle costrizioni in una narrazione a più livelli di lettura che s’intersecano e convivono. Solo in questo modo i frammenti del passato possono prendere forma e divenire materia lirica in rapporto alla vita, in un succedersi cadenzato e assorto di accadimenti e di intrecci allusivi che emergono da un tempo remoto per divenire contemporaneità  e soprattutto  essenza concreta di assoluto”.    
 BIOGRAFIA
Mauro Molinari Nato a Roma, vive a Velletri (RM). La sua ricerca artistica si è svolta per cicli che vanno dai registri informali degli anni ’60 alla pittura scritta e alle geometrie modulari del ventennio successivo. Nel 1974 personale alla galleria d’Arte Internazionale di Roma, pres. S. Giannattasio. Nel 1975 le sue opere sono presenti alla X Quadriennale di Roma. Dal 1974 all’81 partecipa alle rassegne internazionali sul disegno della Fundació Joan Miró di Barcellona. Nel 1979 personale alla galleria Il Grifo di Roma , pres. D. Micacchi. Nel 1982 personale alla galleria Il Luogo di Roma, pres. M. Lunetta e C. Paternostro. Nel 1983 e 1985 partecipa all’International Drawing Biennale di Cleveland. Nel 1987 personale alla galleria Incontro d’Arte di Roma, pres. I. Mussa. Negli anni ’90 si dedica alla rielaborazione pittorica dei motivi tessili avviando un ciclo che dura più di 15 anni. Nel 1995 nasce la collana di Orditi & Trame, di cataloghi editi in proprio. Il primo illustra la mostra itinerante promossa dalla Tessitura di Rovezzano e presentata a Roma alla galleria Pulchrum, pres. L. de Sanctis. Nel 1998 personale allo Spazio de la Paix e alla Biblioteca Cantonale di Lugano, pres. A. Veca. Dal 2000 al 2014 partecipa ai Rencontres Internationales di Marsiglia. Dal 2000 al 2008 collabora con la rassegna internazionale Miniartextil che si tiene a Como ogni anno. Nel 1999-2000 crea il ciclo Stellae Errantes sculture dipinte ispirate ai tessuti sacri, che è stato ospitato in numerosi musei italiani in occasione del Giubileo. Nel 2001 personali alla galleria Il Salotto di Como e al Museo Didattico della Seta di Como, pres. M. De Stasio. Nel 2001 personale al Museo dell’Infiorata di Genzano, pres. C. F. Carli. Nel 2002 personale al Museo S. Maria di Cerrate Lecce, pres. L. Caramel. Nel 2003 sala personale al Musèe de l’Impression sur Ètoffes di Mulhouse, pres. L. Caramel. Nel 2004 personale a Oman Caffè di Como, pres. L. Caramel. Nel 2005 esposizione allo Spazio Mantero di Como e al Salons de l’Hôtel de Ville di Montrouge, pres. L. Caramel. Nel 2006 Salone d’Arte Moderna di Forlì, pres. F. Gallo, e sala personale al Museo di Palazzo Mocenigo di Venezia, pres. L. Caramel. Nel 2007 personale alla Fondazione Venanzo Crocetti di Roma, pres. C. F. Carli e C. Paternostro. Nel 2008 sala personale alla VI Triennale Internazionale di Tournai, e personale alla Biblioteca Angelica di Roma, pres. E. Di Raddo. Dal 2008 sviluppa un ciclo pittorico dove è centrale la figurazione, che si pone come naturale evoluzione del suo percorso creativo. Nel 2009 personale alla galleria Renzo Cortina di Milano, pres. A. Veca. Nel 2010 personale al Museo Carlo Bilotti di Roma, pres. A. Arconti e L. Canova. Dal 2011 al 2016 e 2019 partecipa al Festival del Libro d’Artista di Barcellona, pres. E. Pellacani. Nel 2012 e 2015 Galleria Gallerati Roma primo e secondo progetto mixed media. Nel 2013 due personali alla galleria Baccina Techne di Roma, pres. G. Evangelista e personale allo Spazio Ophen Virtual Art Gallery di Salerno, pres. G. Bonanno. Nel 2014 personale allo Spazio COMEL di Latina, pres. M. Cozzuto e a Roma presso il Municipio Roma III, Aula Consiliare, pres. G. Evangelista. Nel 2016 Dante e i Papi nella Divina Commedia Fondazione Pescabruzzo a cura di Giorgio Di Genova, donazione delle opere. Dal 2014 al 2019 Artisti per Nuvolari Casa Museo Sartori Castel d’Ario (MN). Nel 2017 Museo Jean Lurçat Angers Francia, donazione bozzetto originale. Personale Spazio Medina e AF CasaDesign pres. F. Farachi. Antologica 1990/2006 Museo Diocesano e Sala Angelucci Velletri, pres. Sara Bruno e Claudia Zaccagnini, donazione di sei sculture. Nel 2018 donazione di un’opera al costituendo museo di arte contemporanea SAmac di Benevento, Antologica 2007/2017 Tibaldi Arte Contemporanea Roma a cura di Carlo Fabrizio Carli. Nel 2019 il Museo Comunale di Praia a Mare ha acquisito l’opera “White and Brown. Nel 2020 Retrospettiva “Textures - Racconti e trame per un immaginario gentile” , Ciclo di opere ispirate ai motivi tessili con opere del 1994 - 2007 - Spazio Ophen Virtual Art Gallery di Salerno a cura di Sandro Bongiani
 Studio: Interno 5, via Paolina 25, 00049 Velletri (RM) Italia, info: cell. 328 6947561 www.facebook.com/mauro.molinari.73 e-mail: [email protected] web: www.mauromolinari.it sito web storico: www.caldarelli.it/molinari.htm
 SPAZIO OPHEN VIRTUAL ART GALLERY - SALERNO
COLLEZIONE BONGIANI ART MUSEUM
http://www.collezionebongianiartmuseum.it 
Orario continuato tutti i giorni dalle 00.00 alle 24.00
http://www.collezionebongianiartmuseum.it/sala.php?id=14
http://www.collezionebongianiartmuseum.it/sala.php?id=89
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Neutopia - Piano di fuga dalla rete in collaborazione con Fondazione Berardelli presenta:
𝑺. 𝑷. 𝑨. 𝑴. - 𝑺𝒆 𝒍𝒂 𝑷𝒐𝒆𝒔𝒊𝒂 𝑨𝒎𝒂𝒔𝒔𝒆 𝑴𝒆𝒏𝒐
Esposizione collettiva di Luc Fierens, Raffaella Formenti, Alessio Alonne, Elisa CG Camurati
A cura di Ivan Fassio, Margot Modonesi
In occasione del festival di urbanesimo e nuova poesia Poetrification _urbanismo inverso_ venerdì 3 maggio alle ore 18:00 presso il Comodo 64 di Torino inaugura la mostra 𝑺. 𝑷. 𝑨. 𝑴. - 𝑺𝒆 𝒍𝒂 𝑷𝒐𝒆𝒔𝒊𝒂 𝑨𝒎𝒂𝒔𝒔𝒆 𝑴𝒆𝒏𝒐.
L'esposizione vedrà 13 opere di poesia visiva dalla mostra di Luc Fierens alla Fondazione Berardelli di Brescia, aperta fino al 2 giugno, "Punti di vista e di partenza"; un'installazione di Raffaella Formenti, "Navigare a vista", dalla serie Che N E S O - Quali Nord Sud Ovest Est; collage di Elisa C. G. Camurati dalla serie kem in the middle.
Il vernissage ospiterà una performance del poeta Ivan Fassio.
➤ H. 18:00 - Aperitivo
➤ H. 18:30 - Performance
❝Luc Fierens è un collagista e un poeta visuale belga. Il carattere provocatorio delle sue opere, prodotte a partire dai primi anni Ottanta, ha fatto sì che si confacesse a lui l'epiteto di Fierens l'enfant terrible. Giovane, rispetto ai più grandi esponenti delle Neoavanguardie internazionali, ma “terribile” nel portare avanti con lo stesso impegno e radicalismo il messaggio custodito nelle sue opere. La sua avventura nell'universo della sperimentazione verbovisuale prende avvio dall'84 quando fonda la rivista Parallel e sempre nello stesso anno diventa un mail-artist. Attraverso questi canali entrambi clandestini e liberi da qualsiasi tipo di restrizione ideologica entra in contatto dapprima con i membri di Fluxus, che segue per qualche tempo, e dopo con i grandi della Poesia Visiva. Nella sua vita entra in contatto attraverso la corrispondenza d'artista con artisti di fama internazionale come Shozo Shimamoto, Christo, Clemente Padin, Ken Friedman e Emily Harvey. L'avvicinamento all'esperienza tutta italiana della Poesia Visiva avviene a partire dagli anni Novanta quando comincia a frequentare Sarenco e la città di Brescia, il quale lo inserisce in due mostre collettive presso lo Studio Brescia Arte Contemporanea - Tre poeti d'Europa. Calleja/ Clavin/ Fierens (2004) e Alfabeti (2007). Da quel momento collabora anche con altre realtà e collezionisti, come la stessa Fondazione Berardelli. Con la Fondazione partecipa, nel 2009, alla mostra collettiva Omaggio a Lotta Poetica. 74 artisti e una rivista e ha anche realizzato un workshop la LABA (Libera Accademia di Belle Arti) di Brescia. Le sue pubblicazioni e opere si possono trovare nei grandi archivi di The Sackner Archive of Concrete and Visual Poetry di Miami e di Artpool di Budapest, nelle librerie del MoMa e dell'università di Buffalo, nei musei come il Mart di Rovereto e nelle collezioni private.❞
❝Raffaella Formenti, (Brescia '55) si forma all’Accademia di Brera a Milano. Dai primi anni Novanta abbandona l’uso della tela e dei materiali tradizionali per espandersi verso la terza dimensione. L’obiettivo è scardinare l’esito finale di ogni messaggio pubblicitario e dirottarlo a campo di colore, indagando sulla comunicazione ridotta a rumore visivo e trasformando il cartaceo in concrezioni, micro sculture o invasive macro installazioni ambientali. Il suo procedere prevede l’impiego e la frequentazione di differenti media e materiali: la carta dei manifesti pubblicitari, il video, la performance, il web, in costante riferimento alla Rete, da cui attinge le terminologie e ne fa parodie cartacee, per restituire peso e consistenza sensoriale alle entità virtuali in cui ci resettiamo. “Volevo solo leggere e scrivere, e viaggiare nei luoghi delle parole, ma anche le mani hanno preteso il loro spazio d’azione, e intervengono ogni volta che entro in rapporto con superfici cariche di parole”. La rivista Tellus le dedica un capitolo in “Vite con ribellione”, a sottolinearne l’ atteggiamento border line rispetto al mercato dell’arte, come si legge anche tra le righe di Antolini sulla rivista di letteratura Avanguardia. Ama esporre in luoghi di contaminazione culturale e rilanciare un suo dubbio irrisolvibile. Che N E S O: quali Nord Est Sud Ovest, in tempi di rotatorie e infinite traiettorie virtuali, di rotte aperte, coordinate multiple e instabili? Alcune sue opere (tra cui la “Torre Informatica” del ’92) fanno parte della collezione del Museo MART di Rovereto ed esposte in occasione di mostre sull”Archivio Nuova Scrittura, tra cui “La Parola nell’Arte” al MART e “ Libri Taglienti Esplosivi e Luminosi” al Museion di Bolzano. Di recente pubblicazione è il libro d’artista “Lettere dal bordo di un monitor” per le Edizioni Peccolo di Livorno, sua storica Galleria di riferimento.❞
❝Elisa Camurati è una graphic designer e collagista originaria di Quilpué (Cile) con base a Torino. I suoi collage dal registro onirico e surreale sono stati accomunati da Davide Galipò a Lamberto Pignotti e Sarenco. Curatrice del progetto grafico della rivista Neutopia Magazine, ha all'attivo numerose esposizioni tra cui le mostre di poesia visiva "Opporre Opposizione" in omaggio a Sarenco a Torino e la personale "Tempo Reale" ad Alessandria. Ha pubblicato i suoi collage su Neutopia Magazine e Tafanàrio.❞
https://www.facebook.com/events/407074699877194/?ti=ia
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giancarlonicoli · 3 years
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13 apr 2021 18:19
"SENZA LA TV NON AVREI PAGATO BOLLETTE E TASSE. VADO DOVE MI CHIAMANO. SONO COME GLI IDRAULICI" – MUGHINI FA 80 E SI RACCONTA A LUCA BEATRICE: "A CERTI LIVELLI ESSERE INTELLETTUALE È SOLO D’IMPACCIO. VANNO BENE LE INFLUENCER CHE SE NON APRONO BOCCA MEGLIO È. UNA VOLTA HO CITATO TOGLIATTI E..." - E POI L'IMMAGINARIO EROTICO, BRIGITTE BARDOT, LA JUVE DI PIRLO (“I MIEI AMICI DICONO CHE DOVREMMO ANDARE IN GINOCCHIO DA MAX ALLEGRI E IO NON HO NULLA CONTRO QUESTO PUNTO DI VISTA")...
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Luca Beatrice per
Mowmag.com
Diversi anni fa, nel suo secondo libro dedicato alla Juventus, Giampiero Mughini parlò di me per un paio di pagine, usando un’espressione così bella che la rimando spesso a mente: “dove lo tocchi, suona”. Aggiungendo poi che le mie eventuali qualità intellettuali e le mie curiosità culturali si vanificano in un istante se si parla di calcio, dove divento tifoso accecato dall’ideologia e dalla partigianeria.
Frequentassi più spesso Roma avrei maggiori occasioni per incontrarlo e visitare la sua splendida casa, tra Stazione Trastevere e Monteverde, da dove comincia questo dialogo che MOW mi ha commissionato per festeggiare il suo ottantesimo compleanno.
Giampiero, cominciamo dal libro del 2014, Una casa romana racconta, in cui parli appunto della tua bellissima casa. Bene o male finisce per assomigliarci. Cominciamo da qui: in questi 14 mesi di isolamento è cambiato il rapporto con la tua casa?
In nulla, il mio isolamento non è stato maggiore rispetto agli altri mesi e anni della mia vita recente. Non vado da nessuna parte, non frequento nessun salotto, me ne sto appartato nella stanza dei libri e produco da qui quel poco di reddito che mi serve per pagare le tasse e bollette.
Quelle volte che ci sono entrato ho percepito che ogni dettaglio fosse stato concepito come la parte di un autoritratto assai complesso.
La casa è stata un luogo dell’anima e ciascun chiodo è stato piantato con l’intento di ripercorrere le tracce del Novecento. Le tracce disseminate hanno la forma di collezioni, anche se il termine, detto da un poveraccio che non è François Pinault, pare eccessivo. Con quel poco che mi resta compro le cose che mi piacciono, libri, fotografie, oggetti di design, vinili d’epoca. La casa non è un deposito, ma il luogo dove tutto ciò prende una forma e svela una vita.
Ovviamente restai impressionato dalla collezione del Futurismo che, nel frattempo, è stata alienata: perché? Ti sei allontanato da quella passione che hai alimentato nei decenni attraverso ricerche forsennate di prime edizioni e rarità?
Erano trent’anni che lo collezionavo, lo studiavo, però quell’avventura intellettuale si era consumata. Guardavo i libri sui ripiani della biblioteca e mi sembravano inerti. Tra trattenerli così e farne un bellissimo catalogo edito dalla libreria Pontremoli di Milano e con il ricavato della vendita avviare una nuova avventura collezionistica incentrata sul libro d’artista del secondo Novecento, ho preso questa seconda decisione. L’amputazione di queste ottocento voci è stato però il gran lutto della mia vita.
Un’altra considerevole parte è dedicata all’erotismo. È ancora lì?
Ma certo, senza l’erotismo si può vivere? Senza l’immaginario che si deposita su un oggetto, sul lavoro, non dico su un’amicizia… è qualcosa che brucia dentro in senso positivo e la donna lo è per eccellenza. Come scrisse Leonardo Sciascia, quanto più l’erotismo si accende tanto più la donna reale è assente. Sono stato particolarmente sollecitato dall’immaginario erotico negli anni in cui vivevo da solo, dai trenta ai cinquanta, quando la femminilità per me era immaginata, sognata, il che rendeva straordinariamente improbabili i rapporti con le donne reali che non corrispondevano a quell’immaginario o se vi corrispondevano era proprio un disastro.
Hai comprato qualcosa di interessante recentemente?
Alcune tavole di Guido Crepax, che in Italia è il maggior cantore dell’erotismo, in particolare quella da cui origina la copertina del 33 giri di progressive rock  Nuda dei Garybaldi, uscito nel 1972, probabilmente la  più bella mai pubblicata su un vinile italiano. Ci tenevo tanto.
Da cacciatore di rarità tra antiquari e librerie, usi anche il web per i tuoi acquisti?
Ho imparato, in particolare per i libri. In effetti dovrei erigere un monumento a Jeff Bezos: per esempio ho cercato a lungo il catalogo di una mostra sui Lettristi francesi del 1988 e l’ho trovato in rete da un libraio tedesco.
Almeno due libri tuoi sono dedicati all’eros. L’omaggio a Brigitte Bardot e Sex Revolution. Ora, di questi tempi, non ce la passiamo troppo bene a tal proposito, dacché l’erotismo è costretto a passare attraverso l’ondata di neo-moralismo pericolosissimo. Che ne pensi?
Io però li disprezzo. C’è un limite a tutto. Non sono disposto neppure ad avviare un ragionamento. Non si può guardare un’immagine femminile e pensare sia un atto pruriginoso. Ti racconto questa storia: per strada accanto a casa c’erano lavori e il passaggio si restringeva giusto per far passare una sola persona. Nella direzione avversa alla mia veniva una giovane donna, mi sono fatto di lato e l’ho lasciata passare. Lei è divenuta rossa in viso e mi ha sorriso, ha capito che era un omaggio alla sua femminilità. Se finissero questi omaggi sarebbe la fine del mondo. Così come non permetto a una sola donna di parlare genericamente di uomini quando si parla di stupri e violenza. Ciascuno risponde di sé stesso, solo di sé stesso.
Hai più volte ribadito che BB è la donna più bella di tutti i tempi, ma ti sei espresso anche in favore di Kate Moss. Oggi, c’è un nuovo sex simbol, ovviamente femminile?
Belle donne tante, però con un potere magico come loro, no. Oggi è molto diverso perché tutto si consuma nello spazio di cinque minuti. Pensa alla politica, Matteo Renzi aveva il 40% dei consensi e dopo poco il 2%. Togliatti, Andreotti, De Gaulle, duravano ben di più.
Un dato biografico. Tuo padre era originario di Marradi. Ti è giunto lo spirito di Dino Campana, in qualche modo?
Lo spirito è dir poco. Mio padre abitava a ottanta metri dalla casa dei Campana che era importante, sul fiume e a metà strada c’era la tipografia che avrebbe dovuto stampare le mille copie dei Canti orfici, ma Campana non credo ne abbia pagate più di cinquecento. Mi chiamò uno studioso del poeta secondo il quale da una carta del Comune di Marradi sembrava che Campana avesse dettato i suoi Canti orfici a un certo Mughini che però faceva errori di battitura e lui s’incazzava. Papà nel 1914 avrebbe avuto quindici anni. È pensabile che fosse stato lui quel dattilografo? Sì, possibile, ma a casa sua non c’era l’edizione originale che invece ho comprato tanti anni dopo.
E la politica. Hai detto più volte che non voti da anni, forse da decenni… Però tutti sanno che sei stato tra i fondatori del Manifesto e direttore responsabile di Lotta Continua e che te ne sei andato dopo poco. Allergia da redazione o ci fu dell’altro?
Politica?! Oh Dio mio, mi sto sentendo male. Chiamami un medico (ride). No, solo qualche volta non ho votato, recentemente pensando proprio a Renzi ho votato PD. In quanto a LC, non avevo rapporti particolari, mettevo la mia firma per far uscire il giornale in edicola come fecero anche Pasolini e Pannella. Nelle redazioni ho lavorato per trent’anni a tempo pieno a Paese Sera e divenni giornalista professionista, all’Europeo, a Panorama che all’epoca vendeva 600mila copie per diciotto anni, non proprio poco. Però è vero, non mi sono mai sentito un uomo di redazione. Giornalista è una qualifica che non sento, ho tratto il mio reddito dai giornali e di questo li ringrazio ma non più che questo, non ho il senso della notizia di giornata e non mi interessa.
Considerandoti tu un uomo del Novecento sono tentato di usare due categorie che oggi non esistono più: sinistra e destra. Ma fino a pochi anni fa c’erano eccome. E tu, che hai certamente una matrice culturale da progressista e radicale, sei stato tra i pochi a consumare un’eresia: scrivere per “Libero”, il quotidiano diretto da Vittorio Feltri. Altro che “compagni addio…”.
E ho fatto benissimo, intanto non è che ci fosse il Washington Post a cercarmi, ero rimasto senza lavoro nei giornali, mi ero dimesso da Panorama, Vittorio - che conoscevo da una vita - mi telefonò dicendomi che avrei potuto scrivere quel che volevo, in totale libertà e pagato benissimo. Oggi non sarebbe pensabile.
Ti racconto l’ultima: mi ha chiamato il vicedirettore di un giornale, “avremmo piacere di una sua collaborazione”, avendo un precedente con la stessa testata gli comunico che il mio cachet era di 1.000 euro a pezzo. Non si è mai più fatto vivo, capisco che oggi quella cifra non la darebbero neppure a Borges, però almeno fatti vivo, dì che non interessa o ne te lo puoi permettere, tra uomini si fa così. Da 1.000 a 200 euro proprio no: se io non posso pagare cinque volte in meno quello che compro, perché allora il mio lavoro deve valere cinque volte meno? La produzione intellettuale non ha più valore… Mi chiamano a una trasmissione tv, “noi abbiamo previsto un cachet”, no guardi della cifra ne discute con me, perché uno non vale uno. Questa è una cosa di ferro… uno non vale uno.
Dagli anni ’80 si sviluppa e cresce il tuo rapporto con la tv. Anzi, si può dire che è stata la televisione a offrire inedita popolarità agli intellettuali “non organici” come te, Roberto D’Agostino e Vittorio Sgarbi, spesso parlando d’altro, di calcio, costume e politica. Un’onda lunga durata molto ma che oggi pare in via d’esaurimento perché la tv generalista sta scomparendo ed è assai meno influente sulla vita sociale rispetto all’affermazione di Mediaset. Oggi rispetto a ieri, che rapporto hai con la tv?
A certi livelli essere intellettuale è solo d’impaccio… Una volta ho citato Togliatti, gelo nello studio, la metà del pubblico non sapeva chi fosse e forse neppure il conduttore. Vanno bene le influencer che se non aprono bocca meglio è. In ogni caso dal lavoro in tv ho imparato rapidità, prontezza, sintesi. Se protrai un ragionamento oltre quaranta secondi il pubblico ti lascia e questa è una bella scuola, il batti e ribatti, il ping pong mi piace. Certo, la mia anima raramente è coinvolta ma ringrazio il cielo, senza la tv non avrei pagato bollette e tasse. Vado dove mi vogliono, sono come gli idraulici, quando mi chiamano vado a sturare i lavandini.
Altra nota biografica. Il documentario “Nero e bello” del 1980 dove indagavi l’ambiente della destra neofascista. Mi pare fosse stato Pino Rauti a parlare della teoria degli opposti estremismi, per chi viene dalla sinistra insomma non è poi così innaturale.
È uno dei lavori di cui vado più orgoglioso. L’espressione opposti estremismi sta in piedi, negli anni ‘70 si sono misurati due opposti fanatismi con morti innocenti da una parte e dall’altra. Poi non c’è discussione, fascismo e comunismo sono le due grandi tragedie del Novecento, nate l’una dall’altra, la rivoluzione d’ottobre del 1917 ha innescato la reazione che ha generato nazismo e fascismo. Poi che tutti i nostri amici fossero di sinistra e non di destra non cambia molto.
Anche se a ben vedere qualcuno dei migliori, come Stenio Solinas, stava con Rauti e Paolo Isotta, un’intelligenza elettrica, veniva da destra. Divisioni che oggi non hanno nessun senso, viviamo un presente di cui nessuno sa nulla, nessuno sa come verranno pagate le pensioni in Italia tra dieci anni, tanto per dire una cosa banale. Tornando a “Nero è Bello”, orgoglioso perché su Rai2 in prima serata nel 1980 era la prima volta che qualcuno da sinistra parlava dei ragazzi della destra come se avessero due narici e non tre.
Da nero è bello a bianconero è bello. Ai farisei non riusciremo mai a far capire che tifare Juventus è una grazia dal cielo che ci ha evitato periodi della vita tristi e infelici, ma sempre carichi di successi con gli occhi colmi di bellezza.
A dieci anni vivevo a Catania e tra i pochi giocattoli avevo le figurine dei calciatori. Due mi piacquero enormemente, Giampiero Boniperti perché si chiamava come me, ed Ermes Muccinelli, l’ala destra, piccolo e nervoso com’ero in quegli anni, e allora ho preso la decisione di tifare Juve ed è stata la più importante della mia vita per due ragioni, perché mi ha dato grandi gioie e molto reddito, la Juventus ha mercato molto più che l’Atalanta, per dire di un’ottima squadra. Sì, una grazia dal cielo.
Una volta mi dicesti che Michel Platini fosse stato il più forte di tutti i tempi, la sintesi cartesiana dell’esprit de finesse e dell’esprit de geometrie. È ancora lui, oppure CR7…
Se tu in questo momento sulla bilancia mi offri Platini, cinque anni alla Juve e tre volte capocannoniere, e il Cristiano Ronaldo di oggi, prendo Platini perché lui era giocatore per la squadra mentre Cristiano di sé stesso, formidabile nella giocata individuale, la penetrazione, il tiro. Platini riceveva il pallone spalle alla porta e lanciava Boniek a 40 metri.
Dopo nove scudetti di fila, quest’anno dovremmo accontentarci. Pazienza. Meno pazienza, da 25 anni, un quarto di secolo, non vinciamo niente in Europa. Perché proprio non ce la facciamo, oltre confine?
Perché gli altri sono più forti. La Champions l’abbiamo vinta un paio di volte, una caterva di finali perse, alcune per sfortuna. Ora ci fermiamo agli ottavi. Il calcio italiano questo è, non possiamo far finta che non sia così. Se vai a vedere la Juve che innervava nel '78 la Nazionale: c’erano Zoff, Gentile, Cabrini, Scirea, Tardelli, Causio, Bettega e Paolo Rossi che giocava ancora nel Vicenza e juventino lo diventerà nel 1982. C’è bisogno ripeta questi nomi a lungo… dai..
Per quanto… Chiellini, Bonucci…
Due. E poi nel calcio il caso gioca un ruolo notevole. Nel tennis non è così, sì ci può essere una palla che schizza sulla linea, ma una.
Ho letto che ti piace Jannik Sinner.
Un gran bel giocatore ma non mi trafigge l’anima. Un giocatore di forza, violenza, continuità agonistica, ma se mi metti sulla bilancia di prima Nicola Pietrangeli, non ci può essere gara. Detto questo iddio ce l’ha dato guai a chi ce lo tocca, purché si sappia che è tedesco, non parla quasi l’italiano e scrive su twitter in inglese.
Che pensi di Andrea Pirlo allenatore? Pensi ritornerà Max Allegri?
Lo lascerei lavorare tranquillo, Andrea è intelligente, può solo migliorare e poi non si cambia allenatore ogni stagione. I miei amici dicono che dovremmo andare in ginocchio da Max Allegri e io non ho nulla contro questo punto di vista.
È uscito da poco il Nuovo dizionario sentimentale, quasi trent’anni dopo il primo pubblicato nel 1992. Perché riscriverlo? Cosa c’è di nuovo?
Il titolo era azzeccato già allora perché voleva sottolineare che le cose decisive nella vita sono i sentimenti, non le ideologie, amicizia, lealtà, amore, fedeltà alla parola data. Qui ci trovi la Parigi delle librerie tanto amate, Israele che si batte per diventare una nazione, il ricordo di mia madre, i miei adorati cani.
I ritratti di Marco Pannella e Clint Eastwood. Ultimi eroi di un tempo che non c’è quasi più?
Il politico più rilevante e l’uomo che mi commuove solo a vederlo, che non ha bisogno di aggiungere nulla perché c’è in lui tutto ciò che apprezzo della vita, il coraggio, l’affrontare viso aperto gli avversari, non mentire. Altro che Mao Tze Tung.
E per (quasi) finire. Ti trovo un uomo elegantissimo. La scelta di abiti e accessori mi risulta una vera e propria ricerca di cui vorrei conoscere principi, passioni e idiosincrasie.
Amo la scuola giapponese, a cominciare da Yoshi Yamamoto, che ha rotto certe convenzioni dalla giacca diversa da come la portano i politici italiani, morbida, ti sta addosso, non ti impaccia, che dice qualcosa ma non più del necessario, non posso pensare che i politici siano tutti vestiti allo stesso modo. Basterebbe questo per dire cos’è la politica. Ciascuno deve raccontare una storia e loro no, indossano una divisa.
Tu, Giampiero, nel vestire e negli accessori, racconti tante storie, a cominciare dal colore.
Spero, ma non tutti sono intelligenti come te e lo capiscono. Il colore è nella storia della cultura italiana, pensa a Memphis, a Ettore Sottssass.
Ti sei sposato lo scorso 11 settembre con Michela Pandolfi. State insieme da una vita. Non ti chiedo le ragioni di una scelta così “meditata”…
Dopo trent’anni, passiamo tutta la giornata insieme, quando io schiatterò lei dovrà pagare un fottio di tasse. Però matrimonio è un termine che mi sta… pesante.
Il 16 aprile come festeggerai il tuo ottantesimo compleanno?  
In nessun modo. Massimo due amici a cena. Non vado mai in luoghi dove ci siano più di sei persone, eccezion fatta per il salotto di Roberto D’Agostino. Dago è un fratello, le regole con lui non valgono, ma è l’unico caso.
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marcogiovenale · 4 months
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14 maggio, palermo, accademia di belle arti: mostra di nuovi libri d'artista asemici + seminario sull'asemic writing
https://www.accademiadipalermo.it/index.php/scitture-asemiche-nuove-acquisizioni-della-collezione-del-libro-dartista-della-biblioteca-dellaccademia-di-belle-arti-di-palermo/ Inaugurazione 14 maggio 2024 ore 12.00Toti Audino, Laura Cingolani, Giuseppe Calandriello, Marco Cassarà, Eugenia Di Meo, Orazio D’Emanuele, Cinzia Farina, Fabio Lapiana, Alfonso Lentini, Angelo Dimitri Morandini, Enzo…
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Da: SGUARDI SULL’ARTE LIBRO QUARTO - di Gianpiero Menniti 
L'OMBRA DELLA LACRIMA
“L’uomo che cammina”, 1960 è un’opera famosa di Alberto Giacometti (1901 - 1966), ultima versione di una prima risalente al 1947. Osservandola, è molto facile cadere in una trappola retorica: un fiume di parole per celebrare l’uomo, naturalmente l’uomo che ha conquistato la terra, sollevato il velo dei misteri, realizzato il progresso della scienza e della tecnica, costruito monumenti grandiosi, scolpito e dipinto opere magnifiche. L’uomo che mai si ferma, sempre alla ricerca di confini da abbattere. Così, un esile accrocco di linee estenuate, diventa il “Re del mondo”. L’umiltà della figura è apparenza di sterminata eccellenza. Se fosse così, non varrebbe nessun impegno d’artista oltre i fasti disincantati dell’Umanesimo invecchiato già di secoli. No. Quel passo è come un simbolo etrusco: un “senza nome” sepolto dalla boria dei vincitori.  La forma, abborracciata, sgraffiata, consumata, è solo ombra di steli che scivola incerta su un cammino senza meta. Fragile. Estrema. Proviene da una caduta. Si alza e muove i suoi passi, per esorcizzarla. Scopre la leggerezza. S’illude. Come lacrima illuminata, si nasconde in un riflesso nero sullo sfondo. Sovvengono i versi di Samuel Beckett , "Ossa d'Eco", del 1935: 
«Dentro la mia andatura rifugio tutto il giorno con gazzarre smorzate se la carne decade senza tema erompendo o favore di vento vada il guanto di sfida del senso e del non senso preso dalle sue fisime per quello che mai sono.»
Nelle immagini, Alberto Giacometti con Samuel Beckett, a Parigi nel 1961 e l’artista ritratto sulla copertina di “Life” negli anni ‘50
In copertina: Maria Casalanguida, "Bottiglie e cubetto", 1975, collezione privata
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freedomtripitaly · 4 years
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Torino ha un fascino discreto, un’eleganza composta e una sottile energia che non potranno mancare di sedurre un visitatore attento. Per lungo tempo capitale d’Italia e sede della famiglia reale, Torino lascia che la sua grandezza parli ancora attraverso l’ampiezza sfarzosa dei viali e la magnificenza dei palazzi, mentre il suo volto moderno è lasciato invece alla silenziosa operosità dei suoi abitanti, alla rinomata fama delle sue fabbriche, che hanno consacrato Torino come uno dei centri economici del Paese, lasciandone però intatti gli aspetti più sfuggenti e profondi. Accanto all’interesse culturale dei numerosi musei esiste infatti una Torino esoterica, la cui energia sembra ben percepibile dietro all’ordine sabaudo. Storia, cultura, arte e persino magia si intrecciano sulle rive del Po e all’ombra della Mole Antonelliana, simbolo di Torino. Tutto questo non fa che rendere più interessante l’esperienza di una visita di questa città, tanto ariosa e semplice da apprezzare quanto sfaccettata e ricca di sottintesi da cogliere. Scopri ora cosa vedere! Cosa vedere nella città di Torino La struttura urbana cartesianamente ordinata di Torino permette di muoversi abilmente per la città in completa autonomia oppure come alternativa può essere interessante organizzare un tour guidato per un’autentica e completa immersione nell’affascinante Torino, e scoprirne così i luoghi più interessanti e misteriosi della città: ecco quali sono. Il Duomo di Torino e la Sacra Sindone Il sobrio edificio in marmo bianco di Bussoleno della cattedrale metropolitana dedicata a San Giovanni Battista (1491), sorta sulle fondamenta di tre antichi templi paleocristiani, è l’unica chiesa del periodo rinascimentale ancora presente in città. All’interno, la protagonista indiscussa è senza dubbio la cappella dei Guarini, costruita nella seconda metà del Seicento per custodire, ancora oggi, la Sacra Sindone, il lenzuolo di lino che pare abbia avvolto il corpo di Gesù nel sepolcro in seguito alla sua crocifissione. Questo straordinario e antichissimo oggetto, sul quale è impressa ancora l’immagine di un uomo recante le stesse ferite del Cristo, è forse la più importante reliquia del mondo cattolico, meta ogni anno di milioni di persone in pellegrinaggio davanti a essa. Sono tuttavia da segnalare anche il gruppo statuario realizzato in terracotta da Stefano Maria Clemente tra il (1460-1470) raffigurante la Madonna con il Bambino, Sant’Anna e San Gioacchino, i diciotto quadretti che adornano l’altare dedicato ai Santi Crispino e Crispiniano realizzati da Defendente Ferrari, la grande tela di Bartolomeo Caravoglia, allievo del Guercino, con la Beata Vergine i Santi, i reperti rinascimentali custoditi nel mausoleo di Giovanna d’Orlier e infine una delle migliori copie autentiche della celebre Ultima Cena di Leonardo Da Vinci opera di Luigi Cagna. Il museo Egizio di Torino Non è possibile andarsene da Torino senza aver visitato il museo Egizio, il più antico museo al mondo dedicato alla cultura egizia e secondo per importanza soltanto a quello del Cairo. Le sale, suddivise in cinque livelli, permettono di ammirare alcuni tra i reperti archeologici più importanti mai ritrovati come il libro dei Morti di Luefankh (332-320 a.C.), la mummia risalente al periodo Predinastico (3500 a.C.), la coeva e rarissima pittura su lino ritrovata a Gebelein, la tomba degli Ignoti, il pregevole ostrakon (frammento di ceramica) della Ballerina, le pitture a tempera ritrovate nella cappella di Maia, le statue della galleria dei Re, quella di Uahka (1760 a.C.) e infine la tomba di Kha e Merit, risalente a 3400 anni fa. Al fine di godersi al meglio la visita, potrebbe essere una buona idea acquistare un accesso prioritario o meglio ancora prenotare un tour guidato. Piazza Castello, palazzo Reale e palazzo Madama A fianco del Duomo si apre piazza Castello, una delle più importanti di Torino, circondata su tre lati da un elegante sistema di portici. Qui si affacciano il meraviglioso palazzo Reale, inserito nel patrimonio dell’Umanità Unesco insieme alle altre Residenze Sabaude di Torino, alle spalle del quale si aprono i suoi preziosi giardini, l’antichissimo e imponente palazzo Madama (1637) oggi sede del museo Civico di arte Antica e la Real Chiesa di San Lorenzo con la sua scenografica cupola disegnata dal Guarini. Il palazzo e i giardini Reali rientrano nel circuito dei musei Reali insieme all’armeria Reale, la galleria Sabauda e il museo di Archeologia. Da non perdere all’interno di palazzo Reale la sfarzosità tutta intagli, stucchi, dorature e affreschi della sala da Ballo e quella del Trono, il salone degli Svizzeri e la splendida scala delle Forbici. Palazzo Madama, invece, fonde storicamente e architettonicamente duemila anni di storia di Torino. Tra il XIII e il XV sul sito fu costruita un’originaria cassaforte in stile gotico inglobando e ampliando l’antica porta Decumana di epoca romana, completata poi nel Settecento dalla facciata progettata dall’architetto Filippo Juvarra. Per un breve periodo fu la residenza dei duchi di Savoia quando la capitale del regno venne definitivamente trasferiva da Chambéry a Torino, prima che palazzo Reale divenne per i successivi tre secoli il cuore del potere della famiglia Sabauda. Da non perdere all’interno la suggestiva torre Panoramica, lo scalone d’Onore e la corte Medievale, come le oltre 70 mila opere d’arte conservate nel museo di arte Antica, tra cui il tesoro di Desana, uno scrigno in legno di noce di Limoges del 1220, il Ritratto d’uomo di Antonello Da Messina e le Trés belles Heure, l’unico manoscritto al mondo miniato dal pittore fiammingo Jan Van Eyck. Tra le residenze Reali di Torino, come non citare la stupefacente reggia di Venaria Reale, sita a circa una decina di km dalla città e facilmente raggiungibile anche in treno. Piazza San Carlo, il salotto buono di Torino Ridisegnata nel 2006 in occasione delle Olimpiadi invernali di Torino, piazza San Carlo è un perfetto esempio di come in questa città l’aspirazione al miglioramento e alla modernità si fondi armoniosamente con la preservazione del passato e della tradizione. Completamente riqualificata e trasformata in isola pedonale, conserva di certo il suo storico fascino, quello di salotto buono della città. Sotto i suoi portici, completamente restaurati nelle loro forme originali si affacciano alcuni dei caffè più famosi di Torino e le due chiese gemelle dedicate rispettivamente a San Carlo Borromeo e a Santa Cristina. Costruite entrambe in stile barocco a distanza di una ventina d’anni l’una dall’altra tra il 1619 e il 1639, la facciata della chiesa di Santa Cristina (1715-1718), conosciuta nell’Ottocento come la chiesa delle Serve in quanto frequentata dalle donne di servizio delle ricche famiglie torinesi del quartiere, è opera di Filippo Juvarra ed è inoltre arricchita dalle statue dei Santi e delle Virtù realizzate da Antonio Tantardini e dal Caresana. La chiesa di San Carlo Borromeo invece presenta una facciata ben più recente (XIX secolo) opera di Ferdinando Caronesi, mentre all’interno spiccano gli arredi sui colori del rosa, del rosso e dell’oro, come per la sua gemella, tipici del barocco torinese. La mole Antonelliana, palazzo Carignano, il GAM e il MAO Altri edifici chiave della città di Torino ospitano oggi numerosi musei che meritano una visita. Il primo è senza dubbio il museo del Cinema ospitato dal 1996 all’interno dell’inconfondibile e bizzarro edificio della mole Antonelliana. Con i suoi 167,5 metri di altezza, è uno degli edifici più alti d’Italia, nonché la costruzione in muratura più alta d’Europa. L’ascensore panoramico installato al suo interno nel 1961 permette di raggiungere il tempietto dal quale si gode di un’impareggiabile vista sulla città di Torino. Il museo è uno dei più visitati d’Italia e raccoglie numerose macchine pre-cinematografiche e altrettanti oggetti provenienti dal mondo del cinema (film, libri, manifesti, stampe, locandine ecc.). La facciata curvilinea di palazzo Carignano, capolavoro dell’arte barocca italiana, ospita invece il museo Nazionale del Risorgimento. Affacciato sulla piazza omonima, l’edificio è stato progettato dal celebre architetto modenese Guarino Guarini e costruito tra il 1679 e il 1685. Nel 1848 il palazzo ha ospitato la camera dei deputati del parlamento Subalpino, oggi parte del museo, e insieme a palazzo Reale e palazzo Madama è compreso oggi nelle residenze Sabaude patrimonio Unesco. La galleria Civica di arte Moderna e Contemporanea di Torino, altrimenti nota come GAM, conserva invece oltre 45 mila opere tra dipinti, sculture, installazioni, fotografie, nonché una preziosa collezione di video d’artista, considerata tra le più importanti d’Europa. Tra gli autori esposti si ricordano Pellizza da Volpedo, De Pisis, Paul Klee, Max Ernst, Picabia, Boetti e Paolini. Merita infine una visita anche il MAO, il museo d’arte Orientale di Torino. Il teatro Romano di Torino e il parco del Valentino A fianco del Duomo di Torino e del palazzo Reale si sviluppa anche un’interessante area archeologica, detta di via XX Settembre, che comprende al suo interno l’imponente porta Palatina (I secolo a.C.) e i resti del teatro Romano risalente al 13 a.C. e attivo almeno fino alla fine del III secolo d.C. La porta, una delle porte urbiche d’epoca romana meglio conservate al mondo, e il teatro rappresentano le uniche strutture ancora oggi esistenti a Torino di quell’epoca. Oltre ai Giardini Reali la città vanta inoltre di un altro splendido polmone verde, questa volta adagiato romanticamente sulle rive del Po, il fiume al quale la storia di Torino è indissolubilmente legata. Il parco del Valentino, che insieme alla mole Antonelliana è ormai diventato un simbolo cittadino, è il parco pubblico più antico e famoso d’Italia, una stupenda area verde che vanta un prezioso patrimonio arboreo e una ricca avifauna. Numerosi sono i luoghi di interesse all’interno del parco tra cui il castello del Valentino, anch’esso tra le residenze Reali dei Savoia tutelate dall’Unesco e inoltre sede della facoltà di Architettura del Politecnico di Torino, la fontana delle Stagioni e dei Mesi, l’orto Botanico universitario, il giardino Roccioso e infine il borgo Medievale al Valentino, perfettamente restaurato, che circonda il castello: un vero e proprio museo a cielo aperto che permette ai visitatori di compiere un vero e proprio viaggio nel tempo. Torino spirituale: la Gran Madre di Dio e Superga Appena si supera il Po, sul versante orientale la natura si rimpossessa degli spazi e davanti agli occhi si erge la collina di Torino. Qui sorgono due luoghi simbolo della spiritualità cittadina. Appena oltrepassato il ponte Vittorio Emanuele I per prima si raggiunge la chiesa neoclassica della Gran Madre di Dio, eretta tra il 1818 e il 1831 per celebrare il ritorno del re sabaudo dopo la sconfitta di Napoleone. L’interno, a pianta circolare come il Pantheon di Roma su disegno di Ferdinando Bonsignore, è custodito l’ossario dei Caduti della Grande Guerra, i quattro bassorilievi con episodi tratti dalla Vita della Vergine e un pregevole parco statuario tra cui una Vergine con il Bambino di Andrea Galassi, il Crocifisso e il Sacro Cuore di Gesù di Edoardo Rubino, e infine le statue della Fede e della Religione, in mezzo alle quali una leggenda vuole sia sepolto il Santo Graal. Una suggestiva tranvia, o in alternativa un percorso pedonale panoramico, permettono infine di raggiungere la celebre basilica tardo barocca di Superga (1731) disegnata sempre dal celebre architetto Filippo Juvarra e situata sulla sommità della collina di Torino. La cupola dell’edificio, insieme alla mole Antonelliana, è la protagonista indiscussa dello skyline torinese, riccamente decorata eppure sobria, sontuosa eppure straordinariamente elegante nella sua armonia neoclassica. La basilica di Superga è anche tristemente nota per la tragedia che colpì la squadra del Torino nel 1949. Contro il suo muraglione infatti si schiantò l’aereo della Grande Torino. Torino esoterica: i luoghi magici della città Un curioso tour permette anche di scoprire un lato ancora poco conosciuto di Torino, quello magico ed esoterico. Pare infatti che la città sia uno dei vertici di due contrapposti triangoli: quello della magia nera insieme a Londra e San Francisco, e quello della magia bianca insieme a Lione e Praga. A riprova di questo esistono 5 luoghi sparsi in città legati alla magia nera e altrettanti legati alla magia bianca. I primi sono rappresentati da piazza Statuto, considerata il cuore nero di Torino, il palazzo e il portone del Diavolo, il museo Egizio, un palazzo con gli occhi del Diavolo sito in via Lascaris e il rondò della Forca, dove fino al 1863 si trovava il patibolo sul quale venivano uccisi i condannati a morte. I 5 luoghi legati invece alla magia bianca, e che quindi irradierebbero energia positiva, sono la chiesa della Gran Madre di Dio, la fontana dei Tritoni di palazzo Reale in piazza Castello, sempre il museo Egizio, la fontana angelica di piazza Solferino e, infine, la mole Antonelliana. https://ift.tt/3fFDms8 Tour della città di Torino: cosa vedere Torino ha un fascino discreto, un’eleganza composta e una sottile energia che non potranno mancare di sedurre un visitatore attento. Per lungo tempo capitale d’Italia e sede della famiglia reale, Torino lascia che la sua grandezza parli ancora attraverso l’ampiezza sfarzosa dei viali e la magnificenza dei palazzi, mentre il suo volto moderno è lasciato invece alla silenziosa operosità dei suoi abitanti, alla rinomata fama delle sue fabbriche, che hanno consacrato Torino come uno dei centri economici del Paese, lasciandone però intatti gli aspetti più sfuggenti e profondi. Accanto all’interesse culturale dei numerosi musei esiste infatti una Torino esoterica, la cui energia sembra ben percepibile dietro all’ordine sabaudo. Storia, cultura, arte e persino magia si intrecciano sulle rive del Po e all’ombra della Mole Antonelliana, simbolo di Torino. Tutto questo non fa che rendere più interessante l’esperienza di una visita di questa città, tanto ariosa e semplice da apprezzare quanto sfaccettata e ricca di sottintesi da cogliere. Scopri ora cosa vedere! Cosa vedere nella città di Torino La struttura urbana cartesianamente ordinata di Torino permette di muoversi abilmente per la città in completa autonomia oppure come alternativa può essere interessante organizzare un tour guidato per un’autentica e completa immersione nell’affascinante Torino, e scoprirne così i luoghi più interessanti e misteriosi della città: ecco quali sono. Il Duomo di Torino e la Sacra Sindone Il sobrio edificio in marmo bianco di Bussoleno della cattedrale metropolitana dedicata a San Giovanni Battista (1491), sorta sulle fondamenta di tre antichi templi paleocristiani, è l’unica chiesa del periodo rinascimentale ancora presente in città. All’interno, la protagonista indiscussa è senza dubbio la cappella dei Guarini, costruita nella seconda metà del Seicento per custodire, ancora oggi, la Sacra Sindone, il lenzuolo di lino che pare abbia avvolto il corpo di Gesù nel sepolcro in seguito alla sua crocifissione. Questo straordinario e antichissimo oggetto, sul quale è impressa ancora l’immagine di un uomo recante le stesse ferite del Cristo, è forse la più importante reliquia del mondo cattolico, meta ogni anno di milioni di persone in pellegrinaggio davanti a essa. Sono tuttavia da segnalare anche il gruppo statuario realizzato in terracotta da Stefano Maria Clemente tra il (1460-1470) raffigurante la Madonna con il Bambino, Sant’Anna e San Gioacchino, i diciotto quadretti che adornano l’altare dedicato ai Santi Crispino e Crispiniano realizzati da Defendente Ferrari, la grande tela di Bartolomeo Caravoglia, allievo del Guercino, con la Beata Vergine i Santi, i reperti rinascimentali custoditi nel mausoleo di Giovanna d’Orlier e infine una delle migliori copie autentiche della celebre Ultima Cena di Leonardo Da Vinci opera di Luigi Cagna. Il museo Egizio di Torino Non è possibile andarsene da Torino senza aver visitato il museo Egizio, il più antico museo al mondo dedicato alla cultura egizia e secondo per importanza soltanto a quello del Cairo. Le sale, suddivise in cinque livelli, permettono di ammirare alcuni tra i reperti archeologici più importanti mai ritrovati come il libro dei Morti di Luefankh (332-320 a.C.), la mummia risalente al periodo Predinastico (3500 a.C.), la coeva e rarissima pittura su lino ritrovata a Gebelein, la tomba degli Ignoti, il pregevole ostrakon (frammento di ceramica) della Ballerina, le pitture a tempera ritrovate nella cappella di Maia, le statue della galleria dei Re, quella di Uahka (1760 a.C.) e infine la tomba di Kha e Merit, risalente a 3400 anni fa. Al fine di godersi al meglio la visita, potrebbe essere una buona idea acquistare un accesso prioritario o meglio ancora prenotare un tour guidato. Piazza Castello, palazzo Reale e palazzo Madama A fianco del Duomo si apre piazza Castello, una delle più importanti di Torino, circondata su tre lati da un elegante sistema di portici. Qui si affacciano il meraviglioso palazzo Reale, inserito nel patrimonio dell’Umanità Unesco insieme alle altre Residenze Sabaude di Torino, alle spalle del quale si aprono i suoi preziosi giardini, l’antichissimo e imponente palazzo Madama (1637) oggi sede del museo Civico di arte Antica e la Real Chiesa di San Lorenzo con la sua scenografica cupola disegnata dal Guarini. Il palazzo e i giardini Reali rientrano nel circuito dei musei Reali insieme all’armeria Reale, la galleria Sabauda e il museo di Archeologia. Da non perdere all’interno di palazzo Reale la sfarzosità tutta intagli, stucchi, dorature e affreschi della sala da Ballo e quella del Trono, il salone degli Svizzeri e la splendida scala delle Forbici. Palazzo Madama, invece, fonde storicamente e architettonicamente duemila anni di storia di Torino. Tra il XIII e il XV sul sito fu costruita un’originaria cassaforte in stile gotico inglobando e ampliando l’antica porta Decumana di epoca romana, completata poi nel Settecento dalla facciata progettata dall’architetto Filippo Juvarra. Per un breve periodo fu la residenza dei duchi di Savoia quando la capitale del regno venne definitivamente trasferiva da Chambéry a Torino, prima che palazzo Reale divenne per i successivi tre secoli il cuore del potere della famiglia Sabauda. Da non perdere all’interno la suggestiva torre Panoramica, lo scalone d’Onore e la corte Medievale, come le oltre 70 mila opere d’arte conservate nel museo di arte Antica, tra cui il tesoro di Desana, uno scrigno in legno di noce di Limoges del 1220, il Ritratto d’uomo di Antonello Da Messina e le Trés belles Heure, l’unico manoscritto al mondo miniato dal pittore fiammingo Jan Van Eyck. Tra le residenze Reali di Torino, come non citare la stupefacente reggia di Venaria Reale, sita a circa una decina di km dalla città e facilmente raggiungibile anche in treno. Piazza San Carlo, il salotto buono di Torino Ridisegnata nel 2006 in occasione delle Olimpiadi invernali di Torino, piazza San Carlo è un perfetto esempio di come in questa città l’aspirazione al miglioramento e alla modernità si fondi armoniosamente con la preservazione del passato e della tradizione. Completamente riqualificata e trasformata in isola pedonale, conserva di certo il suo storico fascino, quello di salotto buono della città. Sotto i suoi portici, completamente restaurati nelle loro forme originali si affacciano alcuni dei caffè più famosi di Torino e le due chiese gemelle dedicate rispettivamente a San Carlo Borromeo e a Santa Cristina. Costruite entrambe in stile barocco a distanza di una ventina d’anni l’una dall’altra tra il 1619 e il 1639, la facciata della chiesa di Santa Cristina (1715-1718), conosciuta nell’Ottocento come la chiesa delle Serve in quanto frequentata dalle donne di servizio delle ricche famiglie torinesi del quartiere, è opera di Filippo Juvarra ed è inoltre arricchita dalle statue dei Santi e delle Virtù realizzate da Antonio Tantardini e dal Caresana. La chiesa di San Carlo Borromeo invece presenta una facciata ben più recente (XIX secolo) opera di Ferdinando Caronesi, mentre all’interno spiccano gli arredi sui colori del rosa, del rosso e dell’oro, come per la sua gemella, tipici del barocco torinese. La mole Antonelliana, palazzo Carignano, il GAM e il MAO Altri edifici chiave della città di Torino ospitano oggi numerosi musei che meritano una visita. Il primo è senza dubbio il museo del Cinema ospitato dal 1996 all’interno dell’inconfondibile e bizzarro edificio della mole Antonelliana. Con i suoi 167,5 metri di altezza, è uno degli edifici più alti d’Italia, nonché la costruzione in muratura più alta d’Europa. L’ascensore panoramico installato al suo interno nel 1961 permette di raggiungere il tempietto dal quale si gode di un’impareggiabile vista sulla città di Torino. Il museo è uno dei più visitati d’Italia e raccoglie numerose macchine pre-cinematografiche e altrettanti oggetti provenienti dal mondo del cinema (film, libri, manifesti, stampe, locandine ecc.). La facciata curvilinea di palazzo Carignano, capolavoro dell’arte barocca italiana, ospita invece il museo Nazionale del Risorgimento. Affacciato sulla piazza omonima, l’edificio è stato progettato dal celebre architetto modenese Guarino Guarini e costruito tra il 1679 e il 1685. Nel 1848 il palazzo ha ospitato la camera dei deputati del parlamento Subalpino, oggi parte del museo, e insieme a palazzo Reale e palazzo Madama è compreso oggi nelle residenze Sabaude patrimonio Unesco. La galleria Civica di arte Moderna e Contemporanea di Torino, altrimenti nota come GAM, conserva invece oltre 45 mila opere tra dipinti, sculture, installazioni, fotografie, nonché una preziosa collezione di video d’artista, considerata tra le più importanti d’Europa. Tra gli autori esposti si ricordano Pellizza da Volpedo, De Pisis, Paul Klee, Max Ernst, Picabia, Boetti e Paolini. Merita infine una visita anche il MAO, il museo d’arte Orientale di Torino. Il teatro Romano di Torino e il parco del Valentino A fianco del Duomo di Torino e del palazzo Reale si sviluppa anche un’interessante area archeologica, detta di via XX Settembre, che comprende al suo interno l’imponente porta Palatina (I secolo a.C.) e i resti del teatro Romano risalente al 13 a.C. e attivo almeno fino alla fine del III secolo d.C. La porta, una delle porte urbiche d’epoca romana meglio conservate al mondo, e il teatro rappresentano le uniche strutture ancora oggi esistenti a Torino di quell’epoca. Oltre ai Giardini Reali la città vanta inoltre di un altro splendido polmone verde, questa volta adagiato romanticamente sulle rive del Po, il fiume al quale la storia di Torino è indissolubilmente legata. Il parco del Valentino, che insieme alla mole Antonelliana è ormai diventato un simbolo cittadino, è il parco pubblico più antico e famoso d’Italia, una stupenda area verde che vanta un prezioso patrimonio arboreo e una ricca avifauna. Numerosi sono i luoghi di interesse all’interno del parco tra cui il castello del Valentino, anch’esso tra le residenze Reali dei Savoia tutelate dall’Unesco e inoltre sede della facoltà di Architettura del Politecnico di Torino, la fontana delle Stagioni e dei Mesi, l’orto Botanico universitario, il giardino Roccioso e infine il borgo Medievale al Valentino, perfettamente restaurato, che circonda il castello: un vero e proprio museo a cielo aperto che permette ai visitatori di compiere un vero e proprio viaggio nel tempo. Torino spirituale: la Gran Madre di Dio e Superga Appena si supera il Po, sul versante orientale la natura si rimpossessa degli spazi e davanti agli occhi si erge la collina di Torino. Qui sorgono due luoghi simbolo della spiritualità cittadina. Appena oltrepassato il ponte Vittorio Emanuele I per prima si raggiunge la chiesa neoclassica della Gran Madre di Dio, eretta tra il 1818 e il 1831 per celebrare il ritorno del re sabaudo dopo la sconfitta di Napoleone. L’interno, a pianta circolare come il Pantheon di Roma su disegno di Ferdinando Bonsignore, è custodito l’ossario dei Caduti della Grande Guerra, i quattro bassorilievi con episodi tratti dalla Vita della Vergine e un pregevole parco statuario tra cui una Vergine con il Bambino di Andrea Galassi, il Crocifisso e il Sacro Cuore di Gesù di Edoardo Rubino, e infine le statue della Fede e della Religione, in mezzo alle quali una leggenda vuole sia sepolto il Santo Graal. Una suggestiva tranvia, o in alternativa un percorso pedonale panoramico, permettono infine di raggiungere la celebre basilica tardo barocca di Superga (1731) disegnata sempre dal celebre architetto Filippo Juvarra e situata sulla sommità della collina di Torino. La cupola dell’edificio, insieme alla mole Antonelliana, è la protagonista indiscussa dello skyline torinese, riccamente decorata eppure sobria, sontuosa eppure straordinariamente elegante nella sua armonia neoclassica. La basilica di Superga è anche tristemente nota per la tragedia che colpì la squadra del Torino nel 1949. Contro il suo muraglione infatti si schiantò l’aereo della Grande Torino. Torino esoterica: i luoghi magici della città Un curioso tour permette anche di scoprire un lato ancora poco conosciuto di Torino, quello magico ed esoterico. Pare infatti che la città sia uno dei vertici di due contrapposti triangoli: quello della magia nera insieme a Londra e San Francisco, e quello della magia bianca insieme a Lione e Praga. A riprova di questo esistono 5 luoghi sparsi in città legati alla magia nera e altrettanti legati alla magia bianca. I primi sono rappresentati da piazza Statuto, considerata il cuore nero di Torino, il palazzo e il portone del Diavolo, il museo Egizio, un palazzo con gli occhi del Diavolo sito in via Lascaris e il rondò della Forca, dove fino al 1863 si trovava il patibolo sul quale venivano uccisi i condannati a morte. I 5 luoghi legati invece alla magia bianca, e che quindi irradierebbero energia positiva, sono la chiesa della Gran Madre di Dio, la fontana dei Tritoni di palazzo Reale in piazza Castello, sempre il museo Egizio, la fontana angelica di piazza Solferino e, infine, la mole Antonelliana. Scopri cosa vedere nella bellissima e affascinante città di Torino: dalla Mole Antonelliana ai tanti musei, fino ai luoghi più esoterici.
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tmnotizie · 5 years
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MACERATA – “Ombre”, il primo libro d’artista ispirato al prezioso patrimonio custodito nella Galleria Nazionale dell’Umbria, firmato dal poliedrico artista visivo, musicista e regista Roberto Paci Dalò edito dalla Quodlibet  verrà presentato giovedì alle 17  alla galleria degli Antichi Forni nell’ambito della seconda edizione del Museo del Synth Marchigiano e Italiano in programma fino al prossimo 1° novembre a Macerata.
Alla presentazione l’autore dialogherà con l’assessore alla Cultura Stefania Monteverde ed Emilio Antinori. Il libro riproduce in anastatica il taccuino originale dell’autore, realizzato con materiali poveri come carta, inchiostro, matita, acquerello,  nel corso di alcuni mesi di esplorazione tra le opere di Duccio, Piero, Perugino, Pinturicchio e tanti altri.
Il libro è un’avventura scritta e disegnata viaggiando nel dettaglio per attraversare lo spazio e i tempi della Galleria e della sua collezione unica in Italia; una narrazione che talvolta si intreccia alla vita della città, facendo comparire così persone come Aldo Capitini e Gerardo Dottori.
“Gli ingredienti per un appuntamento culturale di qualità ci sono tutti – afferma l’assessore Cultura Stefania Monteverde – : un grande artista creativo, le arti, la musica, la voglia di raccontare, un libro appena uscito da una casa editrice maceratese. Mescoliamo generi per scoprire mondi  mai visti”
La presentazione si concluderà con una perfomance musicale che vedrà Roberto Paci Dalò al clarinetto ed elettronica, Paolo Bragaglia ai synth vintage italiani ed Emilio Antinori alle percussioni elettroniche..
Roberto Paci Dalò –  disegnatore e artista visivo, compositore, musicista, autore e regista – guida il gruppo Giardini Pensili co-fondato nel 1985. Il suo lavoro ha ricevuto la stima e il sostegno di artisti come Aleksandr Sokurov e John Cage. Presenta il suo lavoro in giro per il mondo in musei, festival e teatri. Ha ricevuto nel 2015 il Premio Napoli per la lingua e la cultura italiana.
Membro di Internationale Heiner Müller Gesellschaft, insegna Interaction Design presso Unirsm dove ha fondato e dirige Usmaradio. Tra le sue pubblicazioni:  Filmnero  (Marsèll, 2016),  1915 The Armenian Files  (Marsèll, 2015),  Ye Shanghai  (Marsèll, 2014),  Storie di lupi e lepri  (Hde, 2009),  Millesuoni. Deleuze, Guattari e la musica elettronica  (con Emanuele Quinz, Cronopio, 2006),  Pneuma. Giardini pensili: un paesaggio sonoro  (Teatro di Monfalcone, 2005),  Many Many Voices  (Edel, 1995).
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personal-reporter · 1 year
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The Memory of the Air
Fino al 4 giugno il Museo di Fotografia Contemporanea di Cinisello Balsamo presenta The Memory of the Air, un lavoro di Alessandro Laita e Chiaralice Rizzi, realizzato tra il 2019 e il 2021, poi entrato a far parte delle collezioni del Museo. Il progetto e la mostra, a cura di Gabi Scardi, nascono dall’incontro tra i due artisti, interessati al tema dell’archivio fotografico,  e il Museo Nazionale di Fotografia Marubi di Scutari, che con il suo patrimonio di immagini testimonia un secolo di storia albanese. Laita e Rizzi hanno svolto una ricerca sul territorio che, dalle immagini presenti nelle collezioni del Museo, ha coinvolto la comunità̀, unendo l’archivio con lo spazio privato delle abitazioni, si è sviluppata in una narrazione visiva e verbale e ha preso la forma di una serie di 10 stampe fotografiche e di un’installazione audio-spaziale. Pietro Marubi, cittadino italiano trasferitosi in Albania per motivi politici e naturalizzato albanese, aveva avviato a Scutari il primo studio fotografico del paese e, grazie ai suoi successori,  la fototeca Marubi fu attiva dal 1856, anno di fondazione, fino alla metà del 1900. Fortunosamente sottratto alla distruzione durante il regime di Enver Hoxha, un nucleo di stampe e negativi ha consentito negli ultimi anni alla comunità̀ albanese di ritrovare la  traccia fotografica dei propri antenati e scoprire aspetti perduti della loro vita privata e collettiva. Interessati a questa risorsa, Chiaralice Rizzi e Alessandro Laita hanno una lunga ricerca nell’area di Scutari e Tirana con il fine di individuare la presenza, nelle abitazioni, di fotografie di famiglia scattate da Pietro Marubi, dai suoi successori e da altri fotografi il cui lavoro è confluito nell’archivio. A partire dalle fotografie rinvenute, nell’ambito di momenti di incontro organizzati, Rizzi e Laita hanno raccolto dagli abitanti, e se possibile dai protagonisti stessi delle foto, una serie di memorie e il loro intervento artistico ha preso la forma di una serie di fotografie degli ambienti, per lo più domestici, in cui gli scatti di Marubi sono conservati e di un’installazione sonora realizzata a partire dalle narrazioni raccolte. Registrando sia la presenza delle fotografie negli interni, interpretati come archivi viventi, che le narrazioni, la mostra costituisce una sorta di affresco condiviso diffuso composto di memorie personali all’intersezione tra immagine e parola, passato e presente, privato e pubblico, soggettivo e collettivo. Laddove la storia ufficiale mostra il racconto in una versione univoca, Laita e Rizzi fanno emergere sfaccettature, contraddizioni e aspetti inaspettati, spesso taciuti. L’incontro dei due artisti con il Museo Marubi risale a un periodo di residenza, sostenuta dal bando Nctm e l’arte: Artists-in-Residence, presso la Art House di Scutari. The Memory of the Air è stato realizzato grazie al sostegno dell’Italian Council, programma di promozione internazionale dell’arte italiana della Direzione Generale Creatività̀ Contemporanea del Ministero della Cultura, presentato da AFOL Metropolitana con la scuola Bauer, in collaborazione con il Museo Marubi di Scutari. L’installazione è poi confluita nella collezione del Museo di Fotografia Contemporanea e il  libro d’artista edito da A+MBookstore contiene i testi in italiano, inglese e albanese, di Gabi Scardi, Lucia Nadin e dei due artisti, oltre a trenta racconti dei depositari delle immagini. Read the full article
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lamilanomagazine · 2 years
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Modena, una mostra sull'arte della stampa
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Modena, una mostra sull'arte della stampa. "La collezione rivelata. Carte e libri d’artista" è la mostra dedicata all’arte della stampa che, da sabato 17 dicembre, celebra i 150 anni della Biblioteca civica d’arte e architettura Luigi Poletti e, allo stesso tempo, il sodalizio con il Laboratorio d’arte grafica di Modena guidato da oltre quarant’anni da Roberto Gatti e dalla moglie Anna Maria Piccinini. In mostra, nella duplice sede della Biblioteca Poletti e dell’ex chiesa di San Paolo, duecento opere, tra stampe a foglio e libri d’artista, realizzate da autori di fama nazionale e internazionale, scelte tra le pietre miliari "nascoste" negli archivi del Laboratorio e dal Fondo libri d’artista della Poletti (composto da quasi 1.500 pezzi), due realtà accomunate dall’essere luoghi di diffusione, valorizzazione e custodia della grafica d’arte, dai quali sono passati grandissimi artisti incisori. L’esposizione, promossa dal Comune di Modena con il contributo della Regione Emilia Romagna, inaugura alle 17.30 di sabato 17 dicembre, alla Biblioteca Poletti alla presenza dell’assessore alla Cultura del Comune Andrea Bortolamasi, della direttrice delle Biblioteche di Modena Debora Dameri e dei curatori Roberto Gatti e Francesca Mora. A seguire, ci si sposta in San Paolo per festeggiare l’apertura con un brindisi. "I primi 150 anni della Poletti – commenta l’assessore Bortolamasi – meritavano un riconoscimento adeguato e questa mostra è un’ideale linea del tempo che racconta quello che è stato e volge lo sguardo al futuro, per immaginare quello che la biblioteca dovrà continuare a essere: un luogo di cultura, permeabile, aperto alla città e in continuo dialogo con la scena culturale cittadina". Dopo aver ricordato l’esposizione realizzata nel 2010, sempre in biblioteca, di una selezione di libri d’artista realizzati nei primi trent’anni di attività della stamperia di Roberto Gatti, l’assessore ha sottolineato come "il sodalizio tra la Poletti e il Laboratorio d’arte sia ulteriormente suggellato dalla mostra attuale che mette in evidenza, oltre alla comune passione per il libro d’artista e la grafica d’arte originale, anche la voglia di sperimentare e, soprattutto, la grande perizia tecnica con cui sono realizzate le opere". La retrospettiva espone opere di ottanta artisti diversissimi tra loro per generazione e stile, da Mimmo Palladino a Joe Tilson, da Carla Accardi ad Assadour, da Andrea Chiesi a Giuliano Della Casa fino a Giulia Napoleone, Wainer Vaccari e Ferdinando Scianna. "Questa esposizione e il catalogo che l’accompagna – sottolinea Roberto Gatti – sanciscono il ruolo e l’obiettivo che io e mia moglie avevamo scelto per la nostra attività: essere ‘al servizio’ degli artisti, delle associazioni culturali, degli enti locali del territorio. Il Laboratorio è stato il luogo in cui tramandare la memoria di quella antichissima tecnica della ricerca artistica che è la grafica, nel quale tutti coloro che avevano un interesse professionale, o i semplici appassionati, potevano cimentarsi con i segreti di questo modo di fare arte, come dimostrano le migliaia di opere realizzate e i rapporti stabiliti con tanti artisti, che ora vengono in parte svelati nel grande ‘libro d’artista’ in copia unica destinato alla collezione della Biblioteca Poletti". La "Collezione" esposta comprende grafiche libere, opere su carta di diverse dimensioni, dal biglietto augurale ai grandi formati, e libri d’artista provenienti in parte dal Laboratorio e in parte dal Fondo della Biblioteca Poletti che, proprio in occasione del 150°, si arricchisce di un nuovo, straordinario volume collettivo, di grande formato e in copia unica, realizzato appositamente da 15 artisti nazionali e internazionali e curato da Roberto Gatti. Con la mostra "La Collezione rivelata", spiega Debora Dameri, "vogliamo festeggiare i 150 anni della Biblioteca civica d’arte e architettura Luigi Poletti e insieme rilanciare il tema del libro d’artista, sul quale la biblioteca svolge attività di studio e ricerca da oltre vent’anni. Ringrazio in particolare gli artisti che hanno realizzato e donato una loro opera originale per il libro in copia unica "Poletti Centocinquanta", omaggio prezioso, che andrà ad arricchire il fondo speciale Libri d’artista".... #notizie #news #breakingnews #cronaca #politica #eventi #sport #moda Read the full article
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Vincitori 2018 - Paola Binante - Marena
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Polaroid cm 10 x 12 Stampa da negativo Polaroid Polaroid 10 x 12 cm, print from a Polaroid negative Dittico / Diptych: cm 15,2 x 10,8; cm 80 x 60 2018
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Marena è un dittico composto da una Polaroid e da una stampa da negativo Polaroid. L’opera si presta a diverse letture. Innanzitutto è una riflessione sul mezzo fotografico. La Polaroid, un procedimento di fotografia istantanea con pellicole autosviluppanti, la cui distribuzione cessa alle soglie del nuovo millennio, ha una lunga storia. La fotografia istantanea, lanciata sul mercato americano a fine anni Quaranta, è uno strumento popolare, interpretato creativamente da molti artisti. Paola s’inserisce in quest’ultimo ambito, inoltrandosi nel campo della ricerca d’avanguardia, intrapresa da artisti del calibro di Warhol e da uno sperimentatore instancabile come Nino Migliori. L’attività sperimentale di Paola Binante, che inizia nella seconda metà degli anni Novanta, interpreta la fotografia off-camera, usa la fotocamera riallacciandosi alla ricerca concettuale. In Marena trasfigura la pregnante iconicità dell’oggetto attraverso un peculiare lavoro di trascrizione. Il suo ambito poetico è lo spazio che si insinua tra la materia ed il linguaggio, tra l’oggetto e la scrittura. Troviamo una vocazione oggettuale-materica, cifra estetica del suo lavoro, nella sua interpretazione del vaso come scultura, collocandolo su un piedistallo. L’operazione concettuale è complessa: il vaso è un’icona, ma è anche un prodotto del lavoro, che ha una sua materialità, simboleggiato dalla mano femminile. Un dualismo che caratterizza la metodologia di lavoro: le diverse dimensioni e presentazione delle Polaroid; l’immagine istantanea e l’uso del banco ottico, segno della sua meditazione sul tempo fotografico. Sullo sfondo di un muro sbrecciato colloquiano l’iconicità e la materialità dell’Amarena. Nello iato tra le due Polaroid l’autrice riconsegna spessore teorico all’atto fotografico, alla sua storia, alla sua valenza di traccia capace di suscitare emozioni e sapere.
Nasce nel 1965 a Roma. Vive e lavora a Bologna. Mostre personali 
2018 “Cuore di pietra”, a cura di / edited by M. Corazzini, CSA Farm Gallery, Torino 2017 “Generazioni. Pluralità del femminile”, a cura di / edited by M. Corazzini, CSA Farm Gallery, Torino 2016 “The Sea Atlas”, Officine 500 Gallery, Torino 2014 “Generazioni. Pluralità del femminile”, a cura di / edited by S. Bonfili e E. Paloscia, Museo di Roma in Trastevere, Roma 2010 “Paralipòmeni”, Lu.C.C.A. Lucca Center of Contemporary Art , Lucca 2008 “ABC - Araki, Binante, Cosulich”, a cura di / edited by E. Paloscia, Galleria Anna D’Ascanio, Roma 2006 “Generazioni”, a cura di / edited by M. Chelucci, Massenzio Arte, Roma “Paralipòmeni”, InCamera Photo Gallery, Pietrasanta 2005 “Islam”, Libreria Odradek, Roma 2003 “Cambiamenti”, Galleria d’Arte 107, Casperia “Paola Binante”, a cura di / edited by M. Bentivoglio, Centro di documentazione della ricerca artistica contemporanea Luigi Di Sarro, Roma Mostre collettive / Group Exhibitions 2017 “Christian Boltanski. Take Me (I’m Yours)”, ex parcheggio Giuriolo, Bologna “Questioni di famiglie”, Centro Italiano della Fotografia d’Autore, Bibbiena “De rerum natura. Omaggio a Nino Migliori”, Palazzetto Eucherio Sanvitale, Parma 2016 “HERE. Arti visive”, Cavallerizza Reale, Torino 2014 “Slow Photo Project. Della lentezza in fotografia”, Galleria Santevincenzidue, Bologna 2012 “Il respiro della Sila”, Centro Studi Cappella Orsini, Roma 2011 “Dalla cella all’atelier. Per un riallestimento della collezione permanente dell’IGAV”, La Castiglia, Saluzzo “Su Nero nerO / Over Black blacK”, a cura di / edited by F. Paludetto, Castello di Rivara, Rivara “Sila dono sovrano”, a cura di / edited by F. De Chirico, S. Ferrari e A. Manta, Palazzo Arnone, Cosenza 2010 “Art Transport Station”, a cura di / edited by A. Carrer e B. Barsanti, Stazione Leopolda, Firenze “Carte da Gioco d’Artista”, Padiglione Italia Expo Shanghai, Shanghai 2009 “La stanza dei sogni”, Bloomsbury Auctions, Palazzo Colonna, Roma “Arte in forma di libri”, Abbazia Greca di San Nilo, Grottaferrata 2008 “La sindrome di Icaro. Licini e 26 artisti tra terra e cielo”, a cura di / edited by M. Vescovo, Parco Bioenergetico e Antiche Scuderie del Borgo Storico Seghetti Panichi, Castel di Lama “EXPERIMENTA”, a cura di / edited by M. Calvesi, L. Canova, M. Meneguzzo e M. Vescovo, Ministero degli Affari Esteri, Roma 2007 “Profumo di cacao. Cioccolato come arte”, a cura di / edited by M. Vescovo, Casa delle Arti e dell’Architettura, Settimo Torinese “Contemporary nature”, ISA Istituto Superiore Antincendi, Roma 2006 “Natura e Metamorfosi. La creatività italiana racconta la Natura”, a cura di / edited by M. Vescovo e A. Carrer, Creative Art Center, Beijing; Urban Planning Exhibition Center, Shanghai 2005 “13X17: 1000 artisti per un’indagine eccentrica sull’arte in Italia”, a cura di / edited by P. Daverio e J. Blanchaert, chiesa di San Gallo, Venezia; Galleria Zaion - Lanificio Pria, Biella; Showroom Gruppo Franco Ziche, Milano “L’età Nomade”, a cura di / edited by G. Dalla Chiesa, ex Mattatoio, Roma 2004 “Cantiere D.F.I.G.”, a cura di / edited by D. Facchinato, Metropolis Photogallery, Bologna “Molto rumore per nulla”, a cura di / edited by A. Impallara e M. Pompeo, Salone degli specchi, Anzio “Anteprima Torino - XIV Esposizione Quadriennale d’Arte di Roma”, Società Promotrice delle Belle Arti, Torino 2003 “Terza Biennale Libro d’Artista”, a cura di / edited by I. D’Agostino, M. de Candia, T. Pollidori e L. Rea, Biblioteca Comunale, Cassino “Segni d’Artista. Opera grafica dell’Accademia di Belle Arti di Roma”, Centro per l’Incisione e la Grafica d’Arte, Formello 2002 “La mia idea della campagna romana e laziale”, Castello Baronale, Fondi 2000 “Fotoalchimie. La fotografia in Italia: sperimentazioni e innesti”, Centro per l’arte contemporanea Luigi Pecci, Prato
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