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#Eleonora Cardinale
marcogiovenale · 9 months
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oggi, 13 dicembre, alla fondazione baruchello: convegno su "libri e memoria"
Fondazione Baruchello presenta: Libri e memoria. Le biblioteche d’autore tra storia, fisionomia e tutela Con un focus sulla biblioteca della Fondazione Baruchello Convegno a cura di Cetta Petrollo Pagliarani e Carla Subrizi Interventi di: Anna Maria Andreoli, Pietro Berardelli, Fiorenza Bernardi, Eleonora Cardinale, Giovanni Fontana, Paola Giannone, Daniela Guolo, Domenico Memillo, Silvia Moretti…
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onoranzetriolo · 1 year
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è mancata Franca Marrapò ved. Arillotta
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aki1975 · 7 months
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Napoli - Francesco Laurana - Maschio Angioino - Arco trionfale - 1479
Fondata dai Greci di Cuma, i sovrani che nei secoli si sono susseguiti sul trono di Napoli sono stati:
i Normanni:
- Ruggero I d’Altavilla conquistò la Sicilia nel 1091;
- Ruggero II (1130 - 1154): fu il primo re di una Sicilia multietnica e multireligiosa avendo accorpato in un unico regno tutti i possedimenti normanni nell’Italia Meridionale conquistando Napoli nel 1137;
- Guglielmo I (1154 - 1166)
- Guglielmo II (1166 - 1189): eresse il Duomo di Monreale;
- Tancredi (1189 - 1194)
- Guglielmo III (1194)
- Costanza d’Altavilla (1194 - 1197)
gli Svevi:
- Federico II (1198 - 1250) Stupor Mundi: a Napoli istituì l’università nel 1224;
- Corrado (1250 - 1254): dovette confrontarsi con il potere del fratellastro Manfredi;
- Corradino (1254 - 1258): fu sconfitto nella battaglia di Tagliacozzo e fatto imprigionare a Castel dell’Ovo e decapitare da Carlo d’Angiò nella piazza del mercato a Napoli, poi sepolto nella vicina Chiesa del Carmine. La dinastia degli Svevi scomparve con la morte di Manfredi nel 1266.
gli Angioini:
- Carlo I (1266 - 1285): fratello di Luigi IX il Re Santo, Conte d’Anjou, ricevette in vassallaggio la Sicilia e Napoli dal Papa che difese dagli Hohenstaufen. Edificò il Maschio Angioino, con uno stile che richiama il castello di Avignone, nel 1282;
- Carlo II (1285 - 1309): dovette rinunciare al trono di Sicilia dopo la rivolta dei Vespri Siciliani nel 1302;
- Roberto I (1309 - 1343): figlio di Maria d’Ungheria sepolta nella Chiesa di Donnaregina, fu apprezzato da Petrarca e amante della cultura e delle lettere;
- Giovanna I (1343 - 1382): fu fatta assassinare dal ramo di Durazzo degli angioini e le succedette
- Carlo (1382 - 1386)
- Ladislao (1386 - 1414)
- Giovanna II (1414 - 1435)
- Renato I (1435 - 1442)
gli Aragonesi:
- Alfonso I d’Aragona (1442 - 1458): sconfisse Renato d’Angiò e unì il tono di Napoli a quello di Sicilia e ai possedimenti della Sardegna e della Spagna occidentale. Combattè contro Milano e Genova e dotò il Maschio Angioino dell’attuale arco di trionfo;
- Ferdinando I detto Ferrante (1458 - 1494): all’inizio del suo regno dovette fronteggiare la rivolta angioina e successivamente sedò la rivolta dei baroni e si alleò con gli Sforza contro il re di Francia Carlo VIII d’Angiò. Del suo tempo la Chiesa del Gesù Nuovo;
- Alfonso II: sposò Ippolita Maria Sforza, ma dovette abdicare a causa della calata di Carlo VIII;
- Ferrandino (1494 - 1496)
- Federico I (1496 - 1503) durante il cui regno vi fu la conquista e poi la cacciata di Luigi XII re di Francia;
- Ferdinando III (1504 - 1516) dopo il quale il Regno di Napoli fu incluso in quello di Spagna prima sotto la casata degli Asburgo (con la breve parentesi della Repubblica di Masaniello fra il 1647 e il 1648) poi sotto quella dei Borbone (1700 - 1713) ed ancora sotto quella degli Asburgo d’Austria (1713 - 1734).
i Borboni:
- Carlo I (1734 - 1759): già Duca di Parma, conquistò e riunificò il Regno delle Due Sicilie anche grazie alla madre Elisabetta Farnese, seconda moglie del re di Spagna, che da Madrid influenzò la prima parte del suo regno. Riformò con Bernardo Tanucci l’amministrazione, promosse la musica (fondò il Teatro di San Carlo nella patria di Paisiello e Pergolesi), l’arte (promosse la ceramica di Capodimonte, fece costruire al Vanvitelli la reggia di Caserta del 1751 e quella che oggi è Piazza Dante oltre alla Reggia di Capodimonte dove installò la collezione Farnese) e sostenne gli scavi a Pompei ed Ercolano che iniziarono nel 1738);
- Ferdinando (1759 - 1799 e 1816 - 1825): sposò una figlia di Maria Teresa d’Austria, Maria Carolina che lo allontanò dall’influenza spagnola di Bernardo Tanucci, promosse la Marina Militare (nel 1787 fu fondata la Nunziatella), ma dovette subire una rivoluzione filo-francese (Eleonora Fonseca Pimentel, Mario Pagano, …) nel 1799 contrastata dal Cardinale Ruffo e da Fra Diavolo e la conquista napoleonica che insediò Giuseppe Bonaparte dal 1806 al 1808 e Gioacchino Murat dal 1808 al 1815 prima di diventare, con il Congresso di Vienna, Re delle Due Sicilie ed essere sepolto al Monastero di Santa Chiara;
- Francesco (1825 - 1830)
- Ferdinando II (1830 - 1859): fondò la prima ferrovia d’Italia (1839), ma fu reazionario e soprannominato il Re Bomba per come represse i moti rivoluzionari del 1848 a Messina;
- Francesco II (1859 - 1861): era figlio di Ferdinando II e di Maria Cristina di Savoia e sposò la sorella di Sissi, Maria Sofia di Baviera.
Con l’Unità, Napoli confluì nel Regno d’Italia: ecco perché la statua di Vittorio Emanuele II è presente a Palazzo Reale.
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jacopocioni · 1 year
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Le lapidi di Firenze: prima parte
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Ricordi di pietra di avvenimenti o personaggi famosi Passeggiando per Firenze, sui muri di palazzi, case e alberghi, si vedono murate delle lapidi a ricordo di un passaggio o soggiorno di un personaggio, di un avvenimento storico o altro. Molte sono state messe dai proprietari dei palazzi, case private, da società o dall’Ufficio Toponomastica del Comune. A Carlo Lorenzini “Collodi”, l’autore del libro per ragazzi Pinocchio (questo libro compie 140 anni), è dedicata una lapide. Si trova nel rione di San Lorenzo, precisamente in via Taddea, nella casa dove nacque nel 1826. Un ricordo del soggiorno fiorentino del Manzoni, l’autore del romanzo “i Promessi sposi”, si trova all’albergo Quattro Nazioni nel palazzo Gianfigliazzi sui lungarni, dove si trattenne in città come disse per “sciacquare i panni in Arno”. Sul muro della facciata dell’albergo Bonciani, in via Panzani, c’è murata una lapide a ricordo del soggiorno di Giuseppe Garibaldi.
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Ad un animale, precisamente a una mula morta di fatica nel 1550, durante i lavori di ingrandimento di Palazzo Pitti, voluto dalla Granduchessa Eleonora di Toledo moglie di Cosimo primo dei Medici, è dedicata una lapide a ricordo del lavoro svolto e della sua morte. Questa si trova in fondo al porticato di sinistra nel cortile sotto la nicchia che contiene la statua di Ercole a riposo. Nel bassorilievo è raffigurata la bestia, sotto ci sono queste parole: a ricordo della mula morta di fatica lavorando per anni nel cantiere diretto da Bartolomeo Ammannati. Nella Piazza dei Giudici, sulla spalletta dell'Arno, si trova una lapide dedicata ad un cavallo ucciso durante l’assedio di Firenze del 1530. Carlo Cappello all’epoca ambasciatore della Repubblica di Venezia alleata della Repubblica Fiorentina, si trovava in città per combattere gli Imperiali. Stava passando nell’allora Piazza d’Arno sul suo cavallo, per recarsi a Palazzo Vecchio a parlare con i "Dieci di Guerra”. In quell’istante un colpo di bombarda sparato dalla postazione degli Imperiali, alla Torre del Gallo, colpì l’animale uccidendolo salvando la vita del suo padrone. L’ambasciatore, in onore del cavallo morto, lo fece seppellire in quel luogo con tutti i suoi finimenti, facendo murare una lapide a ricordo del sacrificio dell’animale.
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Nel 2007, a ricordo del salvataggio del Ponte Vecchio, minato come tutti gli altri ponti cittadini dai tedeschi in ritirata. Il Comune di Firenze vi fece murare una lapide. La distruzione di tutti i ponti e delle aree circostanti, dovevano servire a rallentare l’avanzata degli alleati anglo-americani. Nei primi giorni del mese di agosto del millenovecento quarantaquattro, con l’avvicinarsi dell’ottava armata, venne direttamente da Adolf Hitler, l’ordine di far saltare tutti i ponti per fermare l’avanzata degli alleati, e dar modo alle truppe tedesche di ritirarsi in ordine verso la linea Gotica. Fu in quel frangente che il Console Tedesco Gerhard Wolf e il Cardinale Elia Dalla Costa, iniziarono a trattare il salvataggio di Firenze dichiarandola città aperta e del Ponte Vecchio. Tanto fu il loro impegno che riuscirono nel loro intento. Wolfgang Amadeus Mozart, era un giovinetto di quattordici anni, quando nella primavera del 1770, con in padre Leopold, venne a Firenze per esibirsi davanti al Granduca Leopoldo primo di Lorena. La permanenza di padre e figlio in città, ebbe la durata di quindici giorni. Presero alloggio presso l’albergo Aquila Nera nella odierna via Cerretani. In quel luogo il Comune e gli amici del Teatro Comunale, per ricordare il soggiorno del grande musicista hanno fatto apporre una lapide nel luogo dove era situato all’epoca l’albergo. Nella via Cerretani, vicino all’albergo dove alloggiarono il giovane Mozart e suo padre, c’era la casa dove abitava la poetessa Maria Maddalena Morelli, conosciuta con lo pseudonimo di “Camilla Olimpica” nella Accademia della Arcadia, tale presenza è ricordata con una lapide.
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Nel borgo di Pian dei Giullari, sulle colline circondanti Firenze, nella villa il “Gioiello” ad Arcetri, visse gli ultimi anni della sua vita, assistito dalla figlia suor Maria Celeste, lo scienziato Galileo Galilei. Era un sostenitore della teoria “copernicana”. Questa teoria poneva al centro dell’Universo il sole, con i pianeti che gli giravano intorno terra compresa, contraria alla teoria “tolemaica”, che metteva al centro dell’Universo la terra, con tutti i pianeti e il sole che gli giravano in torno. La chiesa era contraria alla teoria di Copernico. Accusato di eresia fu costretto all’abiura, e confinato dal Sant’Uffizio nella sua villa. Nel 1942, l’Università di Firenze, appose una lapide a ricordo delle scoperte fatte dallo scienziato. All’interno del Duomo di Firenze, si trovano murate quattro lapidi a ricordo di chi ha contribuito alla sua costruzione: Giotto di Bondone, innovatore della pittura. Fu inoltre un valente architetto e scultore. È ricordato per essere il costruttore del campanile di Santa Maria del Fiore; Filippo di Ser Brunellesco Lapi ovvero Filippo Brunelleschi. Nominato capomastro dall’Opera del Duomo alla costruzione della Cattedrale, subentrando a Lorenzo Ghiberti e Arnolfo di Cambio. È l’autore della cupola della chiesa, e l’ideatore e costruttore delle macchine usate per la sua erezione.
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In Piazza dei Ciompi, si trova la casa del Ghiberti valente architetto e costruttore delle porte del Battistero. Vincitore insieme a Filippo Brunelleschi del concorso indetto per la costruzione della cupola della chiesa di Santa Maria del Fiore (anche se questa coabitazione si protrasse per poco tempo). Sopra al portone di ingresso della casa vi è apposta una lapide, ricordante l’architetto e le sue porte. Dietro all’abside del Duomo, si trovano le famose “Botteghe di Donatello” dove nacquero il crocifisso del “Cristo Contadino” della disputa con il Brunelleschi, il suo Davide, il San Giorgio per l’Arte dei Linaioli e Rigattieri, e tante altre opere famose. Sul muro sopra le arcate delle “Botteghe” si trova un busto dello scultore con una lapide commemorativa. Sulla porta di ingresso di Palazzo Vecchio, si trova il monogramma di Cristo. La dedica al Redentore Re di Firenze fu scritta sul marmo e murata nel 1527, quando cacciati da Firenze il Cardinale Passerini e i due bastardi di casa Medici, ebbe inizio l’epopea della Repubblica Fiorentina. Queste furono (forse) le parole allora incise: “Iesus Christus rex florentini populi S.P. decreto electus”. Con il ritorno dei Medici la scritta fu cambiata con le seguenti parole che si possono vedere ancora oggi: “Rex Regum e Dominus Dominantium”.
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Sempre sulla facciata di Palazzo Vecchio, sulla parte sinistra verso la fontana del “Nettuno” dell’Ammannati (chiamato famigliarmente dai fiorentini per il candore del suo marmo “Biancone”), si trova una lapide fatta murare dagli Otto di Guardia e Balia addì 30 luglio 1720. L’iscrizione riporta una deliberazione dei Signori Otto, che ricorda ai cittadini l’uso appropriato della fontana: “Di non lavare calamai, panni o altro, di non gettarvi legni, sporcizie e altre brutture, fino alla distanza di venti braccia, sotto pena di quattro ducati e libero arbitrio dei Signori Otto”. Decreto del Magistrato del 21 agosto 1641.
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Nel cortile della dogana si trova murata una lapide a ricordo della abolizione della pena di morte dal Granduca Pietro Leopoldo. Di fronte alla del biancone sulle pietre della piazza c'è una lapide a ricordo del martirio di fra Girolamo Savonarola e dei suoi due confratelli.
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Allo stadio comunale Artemio Franchi, sotto la torre di Maratona, si trova il sacrario dedicato ai cinque ragazzi renitenti alla chiamata alla leva dalla R.S.I. Furono catturati a Vicchio del Mugello, sospettati di essere appartenenti a bande di partigiani. Erano stati presi per rappresaglia, dopo che i partigiani entrati in paese, e ucciso simpatizzanti dei fascisti. I giovani vennero processati e condannati a morte per fucilazione. Questi i loro nomi: Antonio Raddi 21 anni; Leandro Corona 21 anni; Ottorino Quiti 21 anni; Adriano Santoni 21 anni; Guido Targetti 21 anni. Questi giovani furono portati all'allora stadio Giovanni Berta e passati per le armi. In piazza Santa Croce dove il 17 febbraio 1530, durante l’assedio delle truppe imperiali di Carlo V, venne giocata una partita di Calcio in Livrea, per non interrompere la tradizione di giocare al calcio in tempo di Carnevale. A ricordo di quello storico evento, è murata su una parete del palazzo degli Antellesi una targa marmorea, nel punto esatto al centro del campo dove veniva battuta la palla all’inizio della partita chiamata batti palla (dall’altra parte del campo di gioco vi è murato un cerchio di marmo proprio di fronte all’altro, porta al suo interno quattro triangoli due rossi e due bianchi), con la scritta; alli 17 di febbraio 1530, con al suo interno rappresentati tre cerchi di colore rosso, bianco e verde.
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Alberto Chiarugi Read the full article
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marellagiovannelli · 2 years
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Grazie alla UICI ONLUS-APS di Sassari per l'invito alla manifestazione «Con il Tatto Vediamo». *** Viaggio a più mani con il Codice Braille nel mondo delle parole, della cultura e della storia della Sardegna Olbia 4 Novembre dalle ore 17.00 presso la Sala Convegni del Museo Archeologico Presentazione dei libri stampati in Codice Braille nella Stamperia dell’UICI di Sassari «La Carta de Logu» «La Vita di Eleonora d’Arborea» «Donne di Sardegna» «Rebecca, le Janas e il carro di Nannai» stampati in Codice Braille nella Stamperia dell’UICI di Sassari 🔹Ospiti della serata Marella Giovannelli Donatella Pau Lewis Filippo Pace Luisa Cardinale 🔸️ Interventi musicali a cura di Mauro Mibelli chitarra/mandoloncello e Nicole Ruzittu canto Gavino Loche chitarra e Serenella canto. #marellagiovannelli #autrice @uici_sassari #uicisassari #sardegna #sardinia #braille #libri #book #bookstagram @agbookpub #oltremarefraincontriepoesie #musica #cultura #igersardegna #olbia #museoarcheologico https://www.instagram.com/p/CkfTyiItfNK/?igshid=NGJjMDIxMWI=
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giallofever2 · 2 years
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Un maledetto imbroglio / The Facts of murder / Was geschah in der Via Merulana
the Original Sketch by Dante Manno
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tvln · 4 years
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un maledetto imbroglio (it, germi 59)
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Nuovo post su https://is.gd/rvACmx
L’antichissima e nobile famiglia Imperiale, da Genova in Terra d’Otranto (quarta parte)
  di Mirko Belfiore
Andrea, figlio di Michele III Senior, fu mandato a Roma per studiare e formarsi nell’atmosfera ecclesiastica, accanto alla figura dell’illustre prozio Giuseppe Renato. Il carattere del giovinetto non fu mai affine alle vicende romane, quest’ultime intrise di frivolezze e pomposità, caratteristiche che si scontravano pienamente con l’atteggiamento chiuso e sensibile del principino, dedito più che altro alla meditazione e al ripiegamento interiore. Dovette comunque accettare le nozze imposte dal padre con Anna Caracciolo figlia di Giuseppe dei principi della Torella, nipote del signore di Avellino, il 30 giugno del 1717. L’unione portò alla nascita dell’erede Michelino Juniore, nato il 7 luglio del 1719 a Francavilla, evento gioioso che non migliorò, in nessun modo, i rapporti fra padre e figlio, divisi profondamente da due temperamenti agli antipodi. Mentre in Michele era forte il richiamo ai valori feudali e alla tutela del prestigio del Casato, per Andrea tutti questi obblighi erano superflui e inutili.
Importante fu, la politica di promozione economica e di ristrutturazione urbanistica che questo Michele III attuò e sostenne nel feudo di Francavilla. Segni indelebili del suo interesse, sono rimaste le imponenti opere urbane realizzate a Francavilla; la citta si sviluppò intorno ai tre grandi assi viari che vennero tracciati simultaneamente: “la strata longa” o via Michele Imperiali, via Simeana, chiamata così in onore della principessa Irene, sua moglie, e via del Carmine, oggi denominata via Roma. Numerosi inoltre furono gli interventi al Castello, nel cui ampliamento profuse grandi somme di denaro. La dimora subì un imponente ristrutturazione, tanto importante da trasformarla in una residenza aristocratica che non aveva nulla da invidiare alle corti del Regno di Napoli. Una volta succeduto all’avo, anche il giovane Michele IV (1719-1782), si profuse in opere di munificenza e di sviluppo, della città e della sua cittadinanza.
ritratto di Michele IV Imperiale Juniore – (Anonimo, XVIII secolo, olio su tela, trafugato).
  Dopo la battaglia di Bitonto del 1734 e la conseguente liberazione del Regno di Napoli dagli austriaci, nel Meridione si venne a insediare una nuova dinastia, con Carlo III di Borbone, figlio del re di Spagna Filippo V.
La situazione economica disastrosa e la persistenza del baronaggio aristocratico, ormai a discapito anche delle classi più dinamiche come la borghesia mercantile straniera adeguatesi alla mentalità tipicamente meridionale, non fermarono la politica illuminata del nuovo reggente. Questa nuova linea fu favorita dalla presenza di un uomo forte e intelligente, il ministro delle Finanze Bernardo Tanucci, il quale con un’azione decisa, compì una serie di riforme strutturali radicali: riduzione dell’immunità ecclesiastica, creazione di un catasto e di un censimento, tassazione uguale per tutte le proprietà, politica di promozione economica delle industrie e tentativo di eliminazione del muro di monopoli e appalti, vero e proprio potere occulto della baronia locale. Il Tanucci, prima di essere rimosso dal suo incarico nel 1777, a causa delle divergenze con Carolina d’Asburgo, moglie dell’erede Ferdinando IV di Borbone, succeduto al padre Carlo III a sua volta nuovo Re sul trono di Spagna, architettò una vera e propria “trappola” ai danni dei feudatari locali per poter eliminare, nel Regno, quel fenomeno parassitario che era il feudalesimo.
Stabilì che lo Stato potesse disporre dei propri beni per la pubblica utilità, dichiarò nulla qualsiasi bolla papale non approvata precedentemente dal re e con estrema furbizia riempì di onori e titoli questa aristocrazia passiva con l’intento di allontanarla dai loro possedimenti e con la speranza che questi ne perdessero l’interesse.
In questo tranello cadde Michele IV Juniore, il quale attirato dalle cariche conferitegli: Maggiordomo Maggiore di Sua Maestà Siciliana, Gentiluomo di Camera e Gran Camerario, insieme alla vita mondana della capitale, dimorò spesso e volentieri fuori dai suoi feudi prendendo residenza a Napoli.
Nel 1740, convolò a nozze con Eleonora Borghese figlia di Camillo, principe di Sulmona. Secondo le fonti, la Principessa ebbe subito modo per farsi amare dai suoi sudditi e l’occasione arrivò, funesta, durante il terremoto del 20 febbraio 1743, evento sismico che sconvolse buona parte della Puglia meridionale. La principessa Borghese dimostrò grande solidarietà umana, non disdegnando di partecipare in prima persona all’opera di soccorso, portando il conforto della sua presenza e sostituendo in modo egregio il marito che si trovava a Napoli.
Ritratto di Michele III Imperiali Seniore (Anonimo, XVIII secolo, olio su tela, Francavilla Fontana, Castello-residenza).
  Grazie alla munificenza del Principe, inoltre, fu possibile ricostruire gli edifici compromessi dal sisma: fra tutti ricordiamo la Chiesa Matrice, il convento di Santa Chiara e quello dei Frati Cappuccini. Michele IV contribuì, inoltre, al compimento dei lavori del Castello, completati nel 1739.
Con il passare del tempo però le soste degli Imperiale a Francavilla divennero sempre più rare. Nel 1755 Michele IV prese in affitto una sontuosa dimora per milleseicento ducati l’anno, che fece decorare a proprie spese, per poter ospitare degnamente la nobiltà della capitale e lo stesso re Carlo III. Il Principe morì a Napoli il 10 febbraio 1782 . Non avendo avuto figli, dichiarò suo erede universale il marchese di Latiano Vincenzo Imperiale figlio di Giovanni Luca, suo cugino; ma questi non essendo l’erede naturale, fu contrastato dal Regio Fisco, il quale forte di un diritto di prelazione sui feudi, iniziò il processo di devoluzione annotando e sequestrando tutti i beni e i possedimenti.
Latiano, chiesa del SS. Crocifisso, muro perimetrale, particolare dello stemma lapideo (ph Domenico Ble)
  Il Marchese però, fece opposizione. Si aprì un processo che durò a lungo e nel 1785 si stabilì che tutti i beni immobili degli Imperiale, sarebbero passati al Fisco. La disputa quindi si risolse con un accordo e l’erede venne liquidato con la somma di trecentosettantacinque mila ducati, tutti i beni mobili presenti nelle residenze, come gioielli, argenti, librerie, attrezzatura del teatro e i titoli di Marchese di Oria e di Principe di Francavilla. Lo Stato procedette alla vendita dei singoli beni del feudo ai migliori offerenti, decretandone così lo smembramento.
    Per la prima parte:
L’antichissima e nobile famiglia Imperiale, da Genova in Terra d’Otranto (prima parte)
Per la seconda parte:
L’antichissima e nobile famiglia Imperiale, da Genova in Terra d’Otranto (seconda parte)
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giancarlonicoli · 4 years
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26 ott 2020 19:41
LUCHERINISSIMO! ''CLAUDIA CARDINALE UN PO' MALMENATA (SI DICEVA) DA PASQUALE SQUITIERI LA CHIAMAVAMO 'BELLA DI BOTTE'. I DUE DE LAURENTIIS: MOMENTI DI BORIA. GIULIANA DE SIO: LA MELATO IMMAGINARIA. ELEONORA GIORGI: BIONDA FRÉGALO. SERENA GRANDI: SOTTO IL VESTITO GENTE'' - RICORDI E SUCCESSI DEL PRIMO PRESS AGENT ITALIANO: LA PARRUCCA A FUOCO DELLA MILO, LA GUERRITORE CON LA TELECAMERA IN POSTI PROIBITI. E LO SPETTACOLO TEATRALE CHE ORA DOVRÀ RIMANDARE…
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Rodolfo di Giammarco per “la Repubblica - Edizione Roma”
«Tutti i palcoscenici, i set e le opportunità della mia vita hanno a che fare con Roma. Dopo due anni di Medicina all' università per far contento mio padre, a piazzale della Croce Rossa incontro ragazze e ragazzi che m' invogliano a fare un provino all' Accademia Nazionale d' Arte Drammatica, entro, e studio recitazione» ricorda parlando a raffica Enrico Lucherini.
«E quando lì il maestro Orazio Costa mi dice di fare "Edipo Re", e qualcuno commenta 'Ecco Edipo ai Parioli', capisco che sono un cane, me ne vado, ma una collega, Rossella Falk, mi convince a lavorare con la Compagnia dei Giovani insieme a Romolo Valli e Giorgio De Lullo, e giriamo l' Italia, andiamo in tournée in Sud America con sette commedie dove dico solo tre parole, e intanto assisto ai lanci dei nostri spettacoli a Montevideo, Lima, Caracas e Santiago, e quando torniamo in Italia m' invento la professione di press-agent».
Oggi Enrico Lucherini, energico 88enne, ha all' attivo, come testimoniano mostre antologiche e docufilm, la bellezza di 582 eventi da lui curati, valorizzati, resi clamorosi.
I primi spettacoli dal vivo da lei lanciati in che sale della Capitale figuravano in programma?
«Feci un' esperienza non facile all' Eliseo nel 1960 con un allestimento coraggioso di Visconti come "L' Arialda" di Testori che suscitò polemiche, censure e dissensi, con Luchino che rispose al pubblico col gesto dell' ombrello, e con Morelli-Stoppa, e Orsini, che manifestarono per protesta davanti al Quirinale. Poi al Valle nel 1965 mi sono occupato de "Il giardino dei ciliegi" sempre con regia di Visconti, ancora con Morelli-Stoppa, nel cartellone del Teatro Stabile della Città di Roma. Al contrario di allestimenti dolorosi e di routine, era un Cechov tutto fiorito e di color rosa, e ce l' ho nel cuore. Ma ricordo con uguale entusiasmo anche il battage per l'"Adelchi" di Vittorio Gassman nella tenda-circo piazzata nei pressi dell' Hotel Parco dei Principi. Che avventura nuova!».
All' inizio degli anni Sessanta lei è stato parte integrante della comunità notturna di via Veneto...
«Si andava al cinema, c' erano solo due locali importanti allora, e poi senza dircelo ci ritrovavamo tutti lì, in fazioni separate. Da Doney c' era il clan Visconti con Patroni Griffi, La Capria, Rosi. Di fronte, al Cafè de Paris, c' erano Flaiano, Fellini, Gassman e la Ferrero, De Feo, Talarico. Più su da Rosati c' erano i più seri e composti, tipo Antonioni e la Vitti, il regista Franco Indovina con Soraya, magari il Re Faruk con la cantante lirica Irma Capece Minutolo (che ribattezzammo Irma-capace-di-tutto).
Fioccavano i soprannomi.
Claudia Cardinale un po' malmenata (si diceva) da Pasquale Squitieri: Bella di botte. I due De Laurentiis: Momenti di Boria. Giuliana De Sio: la Melato immaginaria. Eleonora Giorgi: Bionda frégalo. Serena Grandi: Sotto il vestito gente. L' agente Carol Levi: L' onore dei prezzi...».
Intanto lei sfornava dovunque promozioni clamorose e s' era alleato con bravi paparazzi...
«Operavo anche in società. Dopo gli incarichi ricevuti per "La notte brava", "La ciociara" e "Il Gattopardo" chiesi aiuto a Matteo Spinola. Ed ebbi una fortuna sfacciata, che un po' m' andavo a cercare. Tra le prime cose che mi aiutarono a far rumore ci fu la richiesta dello sceneggiatore Gualtiero Jacopetti di dargli una mano per promuovere il film " Il mondo di notte" a base di spogliarelli: coinvolsi una regina dello strip- tease, Dodo D' Hambourg, la introdussi nell' inaugurazione di sei vetrine del sarto Emilio Schuberth a via Condotti, le chiesi di mostrarsi completamente nuda buttando via di colpo la pelliccia di zibellino, e ottenni che i fotografi urlassero, e che Schuberth ci cacciò furente dal suo atelier. Ma il giorno dopo eravamo su tutti i giornali».
Lei in quest' ambiente vanitoso, interessato, e pronto a qualsiasi colpo di scena, ha mai avuto amicizie serie, legami umani?
«Ho voluto bene a Luchino Visconti, Peppino Patroni Griffi, Vittorio Gassman e Marcello Mastroianni».
Può confessare una sua gaffe, un suo pauroso incidente professionale?
«Un giorno mi telefona Antonioni, mi prega di andare da lui alla Collina Fleming. Trovo in casa Monica Vitti, piuttosto cambiata da come l' avevo conosciuta in Accademia. Lui ha in mano la sceneggiatura di "Deserto rosso". Lei tocca la coda d' un pianoforte e dice 'Michele, viene, mi parla', a me lì per lì sfugge un 'Che dice?', e tutti e due mi guardano come se avessi rotto la poesia. Penso d' averla fatta grossa, ci salutiamo, vado via, e poi però vengo incaricato del film, e in seguito ho assistito Monica per i suoi film comici».
Tra circostanze a rischio e geniali trovate innocue, quali momenti del suo mestiere l' hanno divertita di più?
«Nella bolgia per la ballerina attrice turca Aiché Nana spogliatasi al Rugantino io c' ero, e il fotoreporter Secchiaroli mise in tasca a me i rullini quando fu perquisito dalla polizia, e l' ultima pagina dell' Espresso uscì inondata da quelle immagini. Con un' ambulanza salvai Agostina Belli che stava morendo in cella in un film agli Studios sulla Tiburtina. Calcolai bene come lanciare Sandra Milo sul set di "Vanina Vanini" facendole andare a fuoco la parrucca che io, Rossellini e Terzieff le strappammo un po' a fatica. In una conferenza organizzai un feroce litigio tra Monica Guerritore e un produttore accusato di aver messo una cinepresa non autorizzata che la riprendeva in certi punti chiave del corpo: un bluff.
Terrorizzai la Cardinale facendole accarezzare un ghepardo per il film "Il Gattopardo". Ma mi vanto d' aver fatto accettare a Sofia Loren la foto-manifesto disperata e violenta per "La ciociara". Mi piacque sorprendere i giornalisti a casa mia facendo loro scoprire dietro una porta Pieraccioni che leggeva un brano de "I laureati", o portare la stampa dietro le quinte del debutto di "D' amore si muore" di Patroni Griffi per svelare che il rumore del mare si doveva al rullio di sfere dentro un tamburo. Adesso a dare il buon esempio ci pensa il mio socio Gianluca Pignatelli».
Quando non deve sostenere un' impresa artistica, che Roma cerca e riconosce sua?
«Mio padre mi cacciò di casa e mi comprò un ufficio ai Parioli, in una traversa di Viale Parioli. Fuori dal lavoro andavo al Bar della Pace, ma ordinariamente vado con giornali e riviste al bar Cigno. Se capita, sono uno spettatore teatrale. Dopo le direttive di ieri, aspetterò che le sale riaprano. Io la stavo per far grossa: il 6 novembre avrei inaugurato, da attore, la stagione dell' Off/Off, con "C' era questo, c' era quello", raccontando memorie di tanto lavoro, accanto a un amico ingegnere, Nunzio Bertolami».
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marcogiovenale · 10 months
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13 dicembre, roma, fondazione baruchello: convegno "libri e memoria"
Fondazione Baruchello presenta: Libri e memoria. Le biblioteche d’autore tra storia, fisionomia e tutela Con un focus sulla biblioteca della Fondazione Baruchello Convegno a cura di Cetta Petrollo Pagliarani e Carla Subrizi Interventi di: Anna Maria Andreoli, Pietro Berardelli, Fiorenza Bernardi, Eleonora Cardinale, Giovanni Fontana, Paola Giannone, Daniela Guolo, Domenico Memillo, Silvia Moretti…
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blogitalianissimo · 7 years
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"I Promessi Sposi" Starring: Lucia as Lucia, Lorenzo as Renzo, Salvatore as Don Rodrigo, Antonio as Don Abbondio, Marco as Perpetua, Eleonora as Agnese, Sergio as Gertrude (non chiedermi il perché, ma ci sta), Alessandro as Egidio e dulcis in fundo...Flavio as Cardinale Borromeo
Lorenzo è gay. Questo crossover non s’ha da fare.
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aki1975 · 7 years
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Napoli - Castel Sant’Elmo - XIV sec. Nel 1799 sulla scia della prima campagna napoleonica in Italia l’esercito francese con il generale Championnet sconfisse l’esercito napoletano e costrinse Ferdinando IV a fuggire a Palermo scortato dall’Ammiraglio Nelson mentre i lazzaroni a Napoli venivano cannoneggiati da Castel Sant’Elmo. La Repubblica napoletana ebbe personaggi illustri come il giurista Mario Pagano, l’intellettuale Eleonora Fonseca Pimentel e l’ammiraglio Francesco Caracciolo. I realisti, capeggiati dal Cardinale Ruffo e da Fra Diavolo, riuscirono però a riprendere Napoli nel 1801 quando i francesi vennero richiamati in Francia mentre Napoleone era bloccato in Egitto e Nelson aveva vinto ad Abukir. Ferdinando IV, figlio del cattolico primo re borbone Carlo VII e la sposa illuminista massonica Carolina (sorella di Maria Antonietta e figlia di Maria Teresa d’Asburgo) attuarono una sanguinosa restaurazione protetti da Nelson che subiva l’ascendenza di Emma Hamilton, protetta da Carolina e fecero uccidere, oltre alle figure citate, Luisa Sanfelice.
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giallofever2 · 5 years
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socialnetworkitalia · 5 years
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Beautiful Curvy presente nuovo Il calendario 2020
Il Calendario Beautiful Curvy non celebra la bellezza curvy ma un movimento che vuole sensibilizzare tutti ad una delle problematiche sociali più pericolose. Barbara Christmann, è la mente creativa del calendario e lancia l’ultima edizione con entusiasmo ed energia coinvolgendo tra i partner Anita, Rosa Faia e Krisline, brand che si propongono di vestire tutte le fisicità interpretando alla perfezione il concetto di inclusività. Protagoniste di Beautiful Curvy 2020: cover Genny Lionetti interpreta Marilyn Monroe, gennaio Azzurra Cima interpreta Ashley Graham, febbraio Valeria Mallardi interpreta Audrey Hepburn, aprile Camilla Antonaroli interpreta Cleopatra, maggio Paola Rivolta interpreta Beyonce, giugno Eleonora Longhi interpreta Rihanna, agosto Chiara Zanaica interpreta Dita von Teese, ottobre Michela Ballarini interpreta Ashley Graham, novembre Francesca Angelo interpreta Claudia Cardinale, dicembre Daniela Perrelli interpreta Ava Gardner. FONTE  »  calebdario 2020 curvy curvy models altri articoli dalla categoria Foto
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giancarlonicoli · 5 years
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Gianfranco Vissani non Giancarlo
6 APR 2019 15:01"SONO COME RODOLFO VALENTINO. LE DONNE TORNANO TUTTE DA ME, PERCHÉ PENSO SEMPRE PRIMA AL LORO PIACERE E POI AL MIO - FARE LO STESSO SESSO TUTTE LE SERE, MI FA DIVENTARE UN LEONE IN GABBIA. ORA STO BENE DA SOLO. LA VITA CONIUGALE DOPO TANTI ANNI DIVENTA UN PROBLEMA. TI ALZI LA NOTTE, TI SCAPPA UNA SCOREGGINA. LEI ALL'INIZIO TACE, POI..." "IL CIBO AFRODISIACO? NON ESISTE. È IL GESTO CHE È AFRODISIACO. UN CERTO MODO DI MANGIARE LE OSTRICHE, SE NON VOMITI DOPO. IL PEPERONCINO? NO, QUELLO BRUCIA E BASTA” POI PUNGE BASTIANICH, CRACCO, BARBIERI:''GLI VOGLIO BENE, NON MI IMPORTA CHE SIA GAY''
Giancarlo Dotto per Diva e Donna
“Scusami il deshabillé…”. Gianfranco Vissani appare ballonzolando in tutto il suo anarchico splendore, canotta della salute, pantaloni scuri e immancabili scarpe rosse di pelle con le sue iniziali. “Ho perso 25 kg…” fa lui trionfante, mezzo bifolco e mezzo cardinale, saltando ogni convenevole. “…Scusami mezz’ora, mi aspetta il mio pasto, lombatina ai ferri e broccoli”, sospira con gli occhioni liquidi. Non fai in tempo a immaginarlo il già smisurato omone con venticinque chili in più addosso che lui è già sparito negli anfratti della tana che ha ereditato dal padre quasi mezzo fa, una baracca o poco più che lui ha trasformato in un luogo di culto oltre che in un ristorante pluristellato Michelin. Duemila metri quadri da visita guidata e sballo sensoriale garantito.
“Casa Vissani”, così si chiama per significare che il palato esulterà nella giusta atmosfera, magari davanti a un camino acceso, sul lago di Corbara in Umbria. A occhio e croce, l’Orco di Baschi è sempre la stesso di quando non era nessuno e ammazzava in giardino le mosche con le mani, le stesse mani semianalfabete con cui cucina da Dio. Primo e inimitabile caso di una lunga serie di chef teledivi, epigoni nemmeno paragonabili all’originale. Genio barbarico alla Caravaggio, di molti appetiti, tutti smodati, che siano i fornelli, la parola o le donne. Le donne, soprattutto. Se lui è l’altare sconsacrato, il figlio Luca, una goccia d’acqua, è il suo contraltare. Impeccabile, cerimonioso, giacca e cravatta, baciamano alle signore. “Signor Vissani”, lo chiama così il padre in pubblico, anche quando si mette fracassone a importunare clienti e personale. Luca è la terza generazione dei Vissani, il manager che traduce gli estri sulfurei del padre in un brand esportabile nel mondo.
Secondo atto, a tavola, tra un risotto mantecato picassiano, tanti sapori diversi racchiusi in piccoli cubi da miscelare con il riso, anatra pechinese, costolette d’agnello e cannoli di crema pasticcera. Via la canotta, ora il gigante sta dentro un maglione blu. Il camino è acceso. Vista sul lago, piatti e vassoi stracolmi, frutta secca, cioccolata, distillati, sigari, rose rosse. La carezza di Frank Sinatra dai diffusori. Divani bianchi, moquette beige, tovaglie di lino bianca. Su ogni tavolo un animale diverso di cristallo, oggetti costosissimi, anche 15 mila euro, il dragone rosso, il cavallo opaco, il leone nero, l’orso, la tigre. Quadri, libri, ovunque. Lui al cellulare. “…Pensavo che ti mancassi…”, fa marpione a una delle tante. “L’importante è che stai bene…”, chiude. “È una stronza. Una mia ex….Ti rendi conto? Ho mangiato ‘sta lombatina di vitella e i broccoli senza olio e senza sale. Abolito il sale. È categorico. Né pane, né pasta, né dolci”. Si siede al mio tavolo e giura che non toccherà cibo. Dopo cinque minuti è già lì che reclama a modo suo: “Me la voi porta’ ‘sta mela!...”. Falstaffiano anche negli approcci boccacceschi alle ragazze, così espliciti da risultare innocenti. “Si vede da come cammini che stanotte non hai fatto sesso…”. Non risparmia nessuno, nemmeno il maitre o la sorella Paola, la fuoriclasse dei dolci. Si lasciano tutti stressare dall’Orco, nessuno protesta, tutti gli vogliono bene.
Ti fai sempre riconoscere. Dopo aver detto che le cinquantenni cadono a pezzi, hai scatenato un casino sostenendo che le donne non possono fare le chef.
“Troppo pesante per loro. Portare le casseruole, stare in piedi dieci ore fino a notte fonda. Mi spieghi perché le donne si mettono in pasticceria? Te lo dico io, è meno faticoso. Dico una cosa brutta, loro hanno le ovaie, sono diverse da noi”.
Tua madre era un fenomeno.
“Mamma Eleonora era un treno. Una guerriera. Cucinava a tutto spiano. Non guardava in faccia nessuno”.
Ti legava al tavolo da piccolo, ammesso che tu sia mai stato piccolo.
“Mi legava a questo tavolo di marmo. Ero molto discolo a scuola, fumavo in classe. Avevo l’argento vivo. Mi punivano con le bacchettate, mi mettevano in ginocchio sui ceci. Niente da fare”.
Che facevi di così tremendo?
“Menavo di brutto, specie quando c’era una donna di mezzo. Ero un capobanda. Un ribelle. Un leader nato”.
Sei il tipico maschio paleolitico, il tuo mondo ruota intorno alle gonnelle.
“Sembra che io sia donnaiolo, ma anche loro non scherzano. Ti fanno credere che sei tu, ma in realtà sono sempre loro”.
Come corteggia Gianfranco Vissani?
“Sono come Rodolfo Valentino. Il mio primo appuntamento sono sempre sessanta rose rosse. Corteggiare una donna è poesia. Non è l’atto che m’interessa. Poi, è lei che mi deve chiedere di fare l’amore”.
Te lo chiedono ancora?
“Sempre. Sono brutto secondo te? Guardami, ho gli occhi verdi. Piaccio più ora di quando ero giovane. Sto da solo adesso. È il mio anno sabbatico. Ma le donne tornano tutte da me, perché con me si divertono. Io penso sempre prima al loro piacere e poi al mio”.
La tua donna congeniale?
“La donna di casa. Affettuosa. Capace di essere moglie e madre. Però, noi uomini siamo un po’ porcelloni e dobbiamo stare attenti, se no prima o poi le perdiamo”.
Hai un matrimonio alle spalle.
“Sono stato stupido. Non ero pronto per andare all’altare. Mi sono sentito mancare il respiro quel giorno. Mi sono accasciato sulla macchina fuori della chiesa. E’ durato pochissimo, tre anni. Oggi la mia ex e unica moglie, Giovanna, lavora qui con noi. “Ho la mia guardiana”, mi dice Luca, mio figlio, l’unico, 42 anni”.
La vita coniugale non fa per te.
“Una donna che viene e mi dice dobbiamo fare sesso tutte le sere, le stesse sere, lo stesso sesso, io mi sento male, mi chiudo e divento un leone in gabbia. Devo uscire. Respirare aria fresca”.
Esiste o no il cibo afrodisiaco?
“Non esiste. È il gesto che è afrodisiaco, tu che ti lecchi le dita quando mangi con le mani. Un certo modo di mangiare le ostriche, se ti piacciono e non vomiti dopo. Il peperoncino? No, quello brucia e basta”.
“Casa Vissani” è il tuo tempio pagano.
“L’ho ereditato da mio padre nel 73, dopo aver fatto tanta gavetta in giro per il mondo. Sono stato il primo in Italia a mettere la cucina a vista. Eccolo arrivare…”.
Chi?
“Mio figlio Luca. E’ lui che mi ha fatto diventare un brand. Si è inventato tante cose, l’accoglienza, le sale a temi, la classica, la jazz, la rock. Piatti sempre della tradizione, ma rivalutati con creatività”.
(chiedo a Luca)  L’esuberanza di tuo padre ti crea imbarazzo?
“Quando esagera cerco di arginarlo. Lui, a livello comunicativo, sa dove toccare i tasti. E’ un talento della provocazione. Come quando dice che i vegani sono una setta e bisognerebbe ingaggiare un killer per farli fuori”.
Vissani, hai due nipoti. Che razza di nonno sei?
“Non mi devono chiamare nonno. Guai a loro se lo fanno”.
Si moltiplicano le trasmissioni di cucina.
“Non se ne può più. Sono la rovina della ristorazione. Prendi “Masterchef”, fanno sempre vedere solo il piatto finito, quello che conta è invece il procedimento. Infatti, perde ascolti”.
Rivali mediatici. Alessandro Borghese.
“Lascia perdere. Che gli vogliamo dire? Niente. Ha trovato il filone, ma lui non ha esperienza di ristorazione. Non ha niente alle spalle. Ma non lo critico, facesse quello che gli pare”.
Carlo Cracco.
“È molto bravo tecnicamente. Ma non fa più niente, ormai. E’ la pubblicità che lo fa campare, ma vale per tutti. Con la sola ristorazione non ce la fai”.
Davide Oldani.
“Lavora molto sul dolce. Il caramellato”.
Il più telegenico?
“Cannavacciuolo. Sta dappertutto”.
Ti piace?
“Preferisco Massimo Bottura. Bruno Barbieri anche è molto bravo. Gli voglio molto bene. Lo vado a trovare spesso nel suo ristorante di Bologna. Ci siamo presi subito lui e io e non m’importa che sia gay”.  
Nemici?
“Non ne ho perché sono troppo bravo nel cuore. Mi vedono sbraitare, attaccare, ma la gente sa che dico sempre la verità”.  
Joe Bastianich non è uno chef.
“È un cantautore, mi sembra…”.
Eri il cuoco di D’Alema. Oggi?
“Ho votato Salvini. Ma deve mantenere quello che ha detto, se no salta pure lui. Ma il mio amico in politica era Gianni De Michelis, un mito, uomo di rara intelligenza e grande gaudente. Ci vedevamo spesso a Roma”.
Ne “La grande abbuffata”, film geniale di Marco Ferreri, quattro uomini si suicidano mangiando fino a scoppiare. Dovessi tu suicidarti col cibo?
“Un piatto enorme di bucatini all’amatriciana. Una marea di polpette, il pollo. Coso bevo? Un rosso Caprai 25 anni”.  
Dormi bene da solo?
“Da solo sto bene. Poi, sai, anche per necessità. Dopo tanti anni diventa un problema, ti alzi la notte, vai in bagno, ti scappa magari una scoreggina. All’inizio lei non te lo dice, poi, però, ti dice tutto insieme”.
Due stelle Michelin da una vita. La  terza proprio non te la vogliono dare.
“Si vede che non ce la meritiamo”.
Sei religioso?
“Vado a messa a Pasqua, Natale e Capodanno. Posso fare un appello a Papa Francesco?”.
Fallo.
“Non guardiamo solo alle banche in Vaticano. Guardiamo alle tante persone che si spostano verso altre religioni. Ora diventano tutti buddisti, che non ti fanno mangiare la vacca o musulmani che non mangiano il maiale”.
Convinci un vegano a tornare carnivoro.
“Volete rovinare la nostra civiltà? Le nostre tradizioni? Quando vai con la macchina quanti moscerini ammazzi? Apri la bocca e li ingoi. È ciccia anche quella. Ora sono usciti i fruttariani. Mangiano solo la mela marcia a terra. Mi dici dove cazzo finiremo di questo passo?”
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persinsala · 7 years
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Teatro Il Sistina di Roma. Cartellone teatrale 2017/2018
Teatro Il Sistina di Roma. Cartellone teatrale 2017/2018
Dopo mille alzate di sipario Massimo Romeo Piparo è pronto ad affrontare la prossima stagione 2017/2018 del Sistina, che spazia dal teatro musicale alla prosa, dal varietà al trasformismo, proponendo titoli altisonanti come il nuovo Mamma mia!, da lui prodotto e diretto e portando sulla scena la grande Claudia Cardinale con La strana Coppia, insieme a conferme del calibro di Montesano e La…
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