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#Emily Essery
willstafford · 2 months
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Relatively Dangerous
AWFUL AUNTIE Grand Theatre, Wolverhampton, Thursday 28th March, 2024 Crass comedian David Walliams has carved out a hugely successful second career as an author of children’s books.  Very much in the same vein as Roald Dahl’s work, the stories often feature a decent child among grotesque adults.  This one has young Stella imprisoned by Aunt Alberta, who is plotting to rob the child of her…
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serenamatroia · 7 months
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alonewolfr · 7 months
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Quanti esseri hanno attraversato la vita senza mai svegliarsi! E quanti altri si sono accorti che stavano vivendo solo per il monotono tic-tac degli orologi.
|| Emily Henry
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bongianimuseum · 2 years
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Mostra Personale di Coco Gordon “Arte, natura e sensibilità ecologica”
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SPAZIO OPHEN VIRTUAL ART GALLERY
Mostra Personale di Coco Gordon
“Arte, natura e sensibilità ecologica” La ricerca tra natura e sensibilità ecologica
a cura di Sandro Bongiani
 "I empower myself to make visible deep cultural inquiries, impact thought/behavioral ethics, carry out visionary eco-Permaculture structure and systems design, integrate mind /body/ spirit/ etheric energy, and synthesize SuperSkyWoman’s ability to see objectively from the beginnings of the earth’s timeline". Coco Gordon / SuperSkyWoman
In occasione di AMACI 18a Giornata del Contemporaneo 2022 viene presentata  a Salerno la mostra personale di Coco Gordon dal titolo “Arte, natura e sensibilità ecologica” a cura di Sandro Bongiani con diverse opere inedite facenti parte dell’Archivio Coco Gordon di Colorado (USA).
Coco Gordon /SuperSkyWoman di origini italiane, è tra le più significative artiste " intermediali" americane. Ha radici nel movimento "Fluxus". Al centro dei suoi molteplici lavori si colloca l'intenzione di creare consapevolezza nei confronti dei problemi ecologici e sociali del nostro mondo. Oltre alla ricerca della performance e dei Exploding Books, tagliati e aperti, in questi ultimi anni si è dedicata a lavorare con una certa assiduità anche in digitale producendo particolari opere visionarie. Al centro dei suoi molteplici lavori si colloca sempre l'intenzione di creare consapevolezza nei confronti dei problemi ecologici e sociali del nostro pianeta. Con la pratica della performance, e della ricerca onirica digitale l’artista dimostra la sua stretta vicinanza ai processi naturali e esprime il desiderio di creare un cambiamento radicale dal consumismo e dalla quotidiana economia di sfruttamento affinché il fare arte e la pratica nella natura siano due attività compatibili, che legate assieme, possano operare a modificare la consapevolezza collettiva e ritrovare un'esperienza primaria comune legata al nostro creato.
Il filo conduttore che lega le opere presenti in questa personale è appunto il tema della sfida ambientale, un’urgenza globale sotto il segno della sensibilità e della sostenibilità. Una ricerca, svolta per lungo tempo con opere, interventi ambientali e performances fino alle opere recenti dei paesaggi e delle visioni sdoppiate e ibride di esseri nati da insolite metamorfosi suggerite da una tensione visionaria che condiziona e trasforma di colpo il visibile in una essenza oscura.
L’artista americana ha  sempre indagato l’intreccio oscuro tra pensiero e memoria, tra visione e contraddizione dell’esistenza  in un concedere momentaneo dell’immagine per poi subito negarla e relegarla ai margini del visibile. Una precaria condizione in cui l’indagine si trasforma in sospensione e incertezza, in cui tutto può sempre accadere. Di certo è un continuo e insolito procedere a indagare  la parte nascosta del visibile in cui far affiorare relazioni e frammenti di senso che possano definirsi “in forma” d’immagine.
Coco Gordon / SuperSkyWoman / Breve biografia
Coco Gordon (Genova, 1938) vive e lavora a  Lyons, nel Colorado. Anche conosciuta come SuperSkyWoman è artista, poeta, performer, editrice. Dopo avere affiancato gli esponenti del gruppo Fluxus negli anni della sua maggiore attività, da tempo impegnata  a capo di un gruppo di aggregazione sulle tematiche del territorio, della natura, del biologico, dei sistemi di vita (Permacultura). Conta la pubblicazione di 46 libri tra cui Radical Food, Hip Hop Solarplexus, SuperSkyWoman, TIKYSK, e Life Systems, un montaggio di 41 artisti che lavorano per creare un pianeta sano. Coco Gordon dal 1982 è attiva e parte integrante del movimento Fluxus. L’artista, dedita soprattutto alla produzione di libri d’artista con opere esposte a Vienna da  Kunst Kanzlei e alla EMILY Harvey a NY e Venezia. È molto attiva ed ha partecipato a diverse Biennali Internazionali d’arte di Venezia.  In tanti anni di lavoro ha realizzato numerose performance, come per esempio, quella tenuta nel 1983 a Reggio Emilia  presso il ridotto del Teatro Municipale, l’installazione newyorkese con chitarra datata 1984. Nel giugno del 1984 Coco Gordon  partecipa all’evento Il fascino della carta organizzato da Pari & Dispari. Nel 1993 con altri artisti presenta  a Casa Malaparte a Capri  un’ installazione diurna a e una notturna chiamate LUN’AQUA. Nel 1999 è invitata a fare  una performance alla 48. Esposizione Internazionale d’Arte della Biennale di Venezia. Nel 2003 Coco Gordon partecipa alla collettiva con 130 artisti, ideata da Pari&Dispari Un cuscino per sognare. Nel 2020 viene invitata a fare una performance dal titolo “EXPLODING RED PIANO KEYBOARD installazione in progress”  presso lo Spazio Visioni Altre a Venezia. Da alcuni anni  realizza libri tagliati. I Libri Tagliati/Condivisi, sono l’ultima produzione artistica di Coco Gordon. L’artista ritaglia, appunta, disegna, dando una nuova forma e una diversa interpretazione al libro. Nel 2020  un grande evento, viene presentato  dalla Collezione Bongiani Art Museum presso lo Spazio Ophen Virtual Art Gallery di Salerno una retrospettiva esaustiva e completa con 72 opere, dal 1958 al 2020, che definiscono l’intero percorso artistico svolto da questa originale e importante artista americana.  
Si ringrazia l’Archivio Coco Gordon del Colorado (USA),  per aver permesso la realizzazione di questo importante evento.
  SALERNO / Spazio Ophen Virtual Art Gallery
Opening  8 ottobre 2022  h. 18:00
8 ottobre al 30 novembre 2022
TITOLO: Mostra Personale di Coco Gordon
“Arte, natura e sensibilità ecologica”
La ricerca tra natura e sensibilità ecologica
LUOGO: Spazio Ophen Virtual Art Gallery
CURATORI:  Sandro  Bongiani
INDIRIZZO: Via S. Calenda 105/D
ORARI:  tutti i giorni dalle 00.00 alle 24.00
TELEFONO PER INFORMAZIONI: +39 3937380225
E-MAIL INFO: [email protected]
SITO UFFICIALE:  http://www.collezionebongianiartmuseum.it/
#GiornataDelContemporaneo.
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oubliettemagazine · 2 years
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Telo mare: la storia di un oggetto indispensabile in estate
Telo mare: la storia di un oggetto indispensabile in estate
“Fai che per te io sia l’estate anche quando saran fuggiti i giorni estivi.” – Emily Dickinson Telo mare L’estate è la stagione in cui il Sole domina senza remore, è la stagione in cui le temperature sono così alte da costringere esseri umani ed animali alla ricerca costante di refrigerio. Così immergere il proprio corpo in acqua, che sia salata o dolce, porta benessere ed allontana la calura. La…
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corallorosso · 2 years
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La grande inchiesta sugli abusi nel porno francese La scorsa settimana Le Monde ha pubblicato una lunga inchiesta in quattro parti sul sistema di abusi nel mondo del porno amatoriale francese. Si tratta, scrive il quotidiano, del più grande caso di violenza sessuale di cui il sistema giudiziario del paese si sia mai occupato: due anni di indagini, 53 vittime identificate (fino ad oggi), otto persone incriminate per stupro di gruppo, traffico di esseri umani, sfruttamento della prostituzione, riciclaggio, abuso di vulnerabilità. Secondo Le Monde, sono stati identificati più di 500 uomini che potrebbero a loro volta essere perseguiti e che hanno partecipato alla pratica sessuale di gruppo al centro dell’inchiesta: il “bukkake”. L’inchiesta, partita dal quotidiano Le Parisien, coinvolge le più grandi società francesi di distribuzione di film porno e riguarda una particolare categoria di video: i “porno pro-am” che accanto a dei professionisti presentano persone che non lo sono. Questi video, spiega Le Monde, sono il risultato di un sistema di violenze e di abusi molto elaborato: «Era uno stupro mascherato da video». L’indagine documenta come l’industria del porno amatoriale «sia pronta a tutto quando si tratta di ottenere “materia prima”: donne molto giovani – 23,5 anni in media –, in una situazione di vulnerabilità e di inesperienza, che devono essere sfruttate al massimo prima di essere, per dirla con le parole di uno dei produttori coinvolti, “bruciate”». L’adescamento Dall’inchiesta emerge come le donne coinvolte, i cui nomi sono stati modificati, avessero alle spalle percorsi di vita molto difficili e vivessero situazioni di disagio, di isolamento e di grande difficoltà economica. È facendo leva su questa loro vulnerabilità che venivano adescate. Uno dei personaggi centrali di questo sistema era Julien D. Quarant’anni, di Reims, sposato con figli, Julien D. aveva da diversi anni un’amante e aveva, soprattutto, una falsa identità sui social. L’uomo si nascondeva dietro il profilo di una modella di successo: Axelle Vercoutre, la cui immagine era stata rubata a un’influencer statunitense, Angie Varona. Sotto questo falso profilo, a partire dal 2012, Julien D. aveva contattato centinaia di giovani donne entrando in confidenza con loro, raccontando la propria vita, non mostrandosi mai dal vivo, ma mostrando molto interesse per le difficoltà delle sue interlocutrici. Le Monde scrive che Julien D., nei panni di Axelle, era diventato per molte di loro una sorta di “migliore amica” virtuale. «Sembrava che avessimo molte cose in comune», ha raccontato ad esempio Emilie, una delle donne coinvolte. «Questa persona è riuscita a raccogliere molte informazioni su di me per manipolarmi e farmi sentire che eravamo vicine e più o meno uguali», ha detto un’altra. Héloïse, una terza donna coinvolta, era preoccupata per la salute della sorella e Axelle le aveva fatto credere di avere a sua volta una sorella in ospedale: «Da lì in poi, per sei mesi, abbiamo parlato tutti i giorni: come due ragazze normali che hanno delle preoccupazioni e che condividono tutto, a distanza». Julien D. era anche un consumatore abituale di porno e, in particolare, dei video prodotti da un certo “Pascal OP”, sessantenne regista e produttore del sito “French Bukkake” che sui suoi profili condivide posizioni razziste, omofobe, misogine e molto violente. Julien D., con la sua identità femminile di Axelle Vercoutre, entrò in contatto con “Pascal OP” e diventò, col tempo, uno dei suoi principali reclutatori. Di fronte alle difficoltà finanziarie delle donne con cui era entrato in confidenza, Julien D.-Axelle proponeva una soluzione: il lavoro di escort, che descriveva in modo molto positivo. Bastavano pochi incontri con uomini piacenti e ricchi per guadagnare migliaia di euro: «Prende il controllo del mio cervello, mi mette le cose in testa, mi manipola completamente. (…) Inizio ad abbassare la guardia, gli chiedo: “Sei sicuro?” Comincio a credere nelle sue soluzioni», ha raccontato una delle donne coinvolte. Le testimonianze delle cinquantatré vittime (che non avevano mai considerato, e tutte lo ripetono con insistenza, la prostituzione come una soluzione ai loro problemi), sono molto simili: «Per molto tempo non l’ho considerata una cosa adatta a me e non credevo di poterlo fare. Era lei (Axelle, cioè Julien D., ndr) che mi contattava quasi tutti i giorni per dirmi che era andata a letto con più uomini in un solo giorno e che aveva guadagnato 2.000 e 3.000 euro. Non mancava mai di raccontarmi che era super facile, super figo e che durava dieci minuti». E ancora: «A una ragazza che non aveva più i soldi per pagare l’affitto, Axelle inviava foto di mazzette di contanti». A Marianne, che non riusciva più a prendersi economicamente cura del figlio, Axelle mandava foto di Miami e altri posti lussuosi in giro per il mondo: «Mi sono detta: “Perché no, una volta, per prendere un po’ di soldi”». Questo tipo di scambio sui social poteva durare settimane o a volte mesi. Il primo stupro La seconda fase dell’adescamento consisteva nell’inviare a queste donne il contatto di un certo Sébastien Laurent, che in realtà era ancora una volta Julien D. Laurent si presentava in modo molto professionale come il capo di un’agenzia di escort. Al telefono invitava le donne a incontrare uno dei suoi clienti, tutti molto facoltosi, che viveva a Reims, in cambio di una tariffa piuttosto alta: diverse migliaia di euro. L’indicazione data a queste donne era di andare a Reims e di prenotare, tutto a spese proprie, una camera d’albergo. Dopo la prestazione sarebbero state pagate da un corriere. In queste camere d’albergo di fascia media, le donne adescate incontravano tutte lo stesso cliente: Julien D. che aveva con loro un rapporto violento e non consensuale. Come spiegano le esperte e gli esperti di questo tipo di abusi, il primo stupro messo in pratica dal reclutatore ha una funzione ben precisa: si tratta di una sorta di iniziazione per vincere la resistenza delle vittime e ottenerne la sottomissione sia fisica che psicologica. Anche in questo caso, le decine di testimonianze convergono. Héloïse: «Era molto violento. Alla fine avevo lividi dappertutto. Mi sentii come se stesse cercando di distruggere il mio corpo». Soraya: «Baciare era l’ultima cosa che potevo tenere per me, ma anche questo era riuscito a portarmi via». Julien D., che è stato incriminato per stupro, ha dichiarato che quei rapporti erano consensuali, mentre tutte le donne coinvolte hanno detto che nessuna delle loro richieste era stata rispettata. Nonostante i netti rifiuti, Julien D. aveva costretto quasi tutte ad avere anche rapporti anali. Non appena il cliente usciva, le donne ricevevano un sms: il corriere che avrebbe dovuto pagarle era stato arrestato dalla polizia. L’ordine era di cancellare tutti i messaggi e di lasciare immediatamente la stanza d’albergo. Stuprate e truffate, le donne tornavano a rivolgersi all’unica persona che secondo loro poteva ascoltarle e comprenderle: Axelle. «Dopo la mia esperienza a Reims ero distrutta, ancora più sola, e c’era solo lei a rassicurarmi», dice Héloïse. Axelle, cioè Julien D., forniva una sorta di servizio post-vendita per i suoi stessi abusi: “il boia e lo strizzacervelli”, per usare l’espressione di una delle donne coinvolte, scrive Le Monde. I video A quel punto, a queste donne sempre più vulnerabili e sempre più indebitate, Axelle proponeva una nuova soluzione. Diceva di essere in contatto con un regista di film porno «molto figo», che lavorava per un sito riservato a pochi iscritti e con sede in Canada. Questo lavoro era pagato meno della prostituzione, ma comunque dai 500 ai 1.000 euro. Questa nuova attività, spiegava Axelle, avrebbe distolto queste donne dal pensiero dello stupro subíto e avrebbe fatto recuperare loro il controllo sul loro stesso corpo. Axelle metteva dunque in contatto le donne con il produttore “Pascal OP”. Imane, dopo essere stata adescata da Axelle, accettò di realizzare un video per “Pascal OP”. Le condizioni: un unico partner, rapporti limitati alla penetrazione vaginale e alla fellatio, con preservativo. Le venne anche assicurato che il video sarebbe stato pubblicato esclusivamente sul sito canadese. “Pascal OP” le fece innanzitutto girare un video in cui lei dichiarava di essere consenziente e di non aver fatto uso di alcol o di stupefacenti. Poi, la portò in un appartamento di Parigi dove le condizioni vennero rispettate. Dopodiché la convinse e la spinse a girare altre scene di sesso anale, stavolta con due uomini. “Pascal OP” riuscì anche a portare Imane a casa sua, la trascinò in una stanza e la costrinse a un rapporto sessuale: si rifiutò di pagarla e le ordinò infine di lavare i piatti. I ricordi di Imane, scrive Le Monde, sono frammentati: nella sua testimonianza ha parlato anche di un video girato in macchina, di un altro fatto in un appartamento di Parigi con tre uomini («Soffrivo, gliel’ho detto, ma a loro non importava. Lì, mi hanno fatto di tutto, insieme, doppia penetrazione, sodomia… mi hanno costretta, mi hanno appoggiato la testa a terra e hanno continuato»). Ha raccontato che il produttore era molto aggressivo, che l’aveva minacciata di morte e che prima di lasciarla tornare a casa, a Marsiglia, l’aveva costretta a girare un’ultima sequenza, il pezzo forte dei suoi video: il bukkake, una pratica sessuale di gruppo in cui decine di uomini eiaculano sulla stessa donna. «Era un capannone in una vecchia discarica di automobili. All’interno, circa 40 persone incappucciate aspettavano. Mi ha detto: “Questi ragazzi dei quartieri sono qui per farti del male”. Era un incubo. Dovevo mettermi in ginocchio, toccare tutti, lasciarmi fare di tutto». Nessuno aveva il preservativo. Alla fine Imane venne lasciata andare e non venne mai pagata. Altre donne, come lei, vennero pagate in contanti, ma con cifre inferiori rispetto a quelle pattuite. “Pascal OP”, davanti al giudice per le indagini preliminari, ha contestato tutti i fatti, spiegando che le donne delle sue produzioni erano state tutte retribuite, che nei video «sorridevano», e che potevano andarsene in qualsiasi momento. Dalle analisi del capello di alcune di queste donne risultano tracce di zolpidem, un ipnotico, e molte hanno dichiarato di essere state costrette a bere e ad assumere droghe. Risulta anche che “Pascal OP” facesse uso di un software per produrre falsi test per le malattie sessualmente trasmissibili: diverse donne le hanno invece contratte e si sono dovute rivolgere a un ospedale. Nella lunga inchiesta di Le Monde, vengono nominati e raccontati altri personaggi di questo sistema: tra loro, c’è Mat Hadix, 38 anni, che forniva le telecamere, affittava gli appartamenti o i capannoni dove venivano girati i video e che era il tramite tra “Pascal OP” e i più grossi siti di video pornografici francesi, come DorcelVision. Non è chiaro che cosa sapessero queste società delle condizioni in cui si svolgevano le riprese di Mat Hadix e “Pascal OP”, scrive Le Monde, e fino ad ora tutte le richieste di commento inviate o sono cadute nel nulla o hanno ricevuto risposte evasive e generiche. La pubblicazione I video sono finiti su tutti i più grandi siti di video porno in streaming, e sono stati visti da centinaia di migliaia di persone. La maggior parte delle immagini è ancora liberamente accessibile su dozzine di siti, dice Le Monde. Le donne coinvolte sono state riconosciute, hanno dovuto lasciare il lavoro o sono state molestate. Molte di loro si sono rivolte a “Pascal OP” per chiedergli di cancellare i video e il produttore, per farlo, ha chiesto loro dei soldi: il prezzo, circa 2.500 euro, comprendeva la rimozione dal sito “French Bukkake”, ma non dagli altri siti che li avevano già acquisiti. Alcune di loro si sono indebitate per pagare queste cifre. «Un’umiliazione suprema» per le vittime, scrive Le Monde: si sono ritrovate a finanziare il video «della loro tortura». Violenza istituzionale Nel racconto di Le Monde, la prima delle donne che hanno deciso di prendere parola viene chiamata con lo pseudonimo Soraya: è stata la prima a denunciare, seguita poi da altre 52 persone. Nel 2017, a due anni dallo stupro, Soraya si era rivolta alla procura di Bobigny. Nel 2018 era stata convocata in un commissariato, ma ha raccontato che il primo poliziotto con cui aveva parlato, il suo superiore e anche il pubblico ministero le dissero che non c’era niente che potessero fare: «Tutti mi hanno fatto capire che un’attrice porno non può essere stuprata». Le Monde scrive che questa vicenda mostra anche le difficoltà delle istituzioni giudiziarie francesi ad affrontare la questione della violenza sessuale. Nella primavera del 2020, a Parigi venne aperta l’inchiesta su “Pascal OP” e sui suoi complici, ma in tutto il paese erano già state depositate, da anni, decine di denunce che erano state ignorate. A Reims, dove viveva Julien D., erano almeno tre le donne che avevano sporto denuncia. Jennifer, ad esempio, lo aveva fatto nel febbraio del 2019 dopo essere stata stuprata in albergo. Julien D. venne interrogato in questura, il 2 luglio di quell’anno venne arrestato dalla polizia e ammise, come risulta dai verbali della sua testimonianza, «di aver usato lo pseudonimo Axelle Vercoutre e di aver ingannato almeno una dozzina di donne facendole venire a Reims in un albergo per fare sesso con loro». Alla fine venne condannato a pagare una multa di mille euro. Il movimento femminista francese Osez le Féminisme ha deciso di costituirsi parte civile in «questo processo storico», accompagnando alcune delle vittime e offrendo loro un sostegno psicologico, sociale o legale. Il Post
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vecchiorovere-blog · 3 years
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Emily Dickinson Se avessimo le ali per fuggire la memoria molti volerebbero. Abituati a esseri più lenti gli uccelli con sgomento scruterebbero la folla di persone in fuga dalla mente dell'uomo
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ad-ovest-della-luna · 7 years
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Ho preso un sorso di vita − Vi dirò quanto l’ho pagato − Precisamente un’esistenza − Il prezzo di mercato, dicono. M’hanno pesata, granello per granello − Bilanciata fibra con fibra, Poi m’han dato il valore del mio essere − Un solo grammo di cielo!
Emily Dickinson
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A Quiet Place Part II streaming completo film online italiano
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"A Quiet Place Part II" di John Krasinski, il sequel del suo successo del 2018 sui mostri ciechi e famelici che cacciano gli esseri umani con il suono, è - con tutte le scuse appropriate a Godzilla e King Kong - sulla buona strada per essere la prima vera e pre-pandemia dell'anno stile, successo teatrale.
Il film, che uscirà il 28 maggio anche se originariamente uscirà la scorsa primavera, non verrà distribuito contemporaneamente su un servizio di streaming, quindi, per ora, deve essere visto in un cinema. Inoltre, "AQPII" è una sinfonia di salti spaventosi senza troppo sangue, sangue o bisogno di molta riflessione, spiegazione o sottigliezza. Ha le trame più scheletriche: le persone sono costrette a parlare in nient'altro che un sussurro o usare il linguaggio dei segni per evitare di diventare vittime degli invasori irragionevoli e cacofonici. Quindi la civiltà si spegne con un piagnucolio e un botto. Fatto.
E "AQPII", pur espandendo la costruzione del mondo del film precedente, non va da nessuna parte particolarmente inaspettato. Quale modo migliore per tornare al ritmo del cinema che con qualcosa di nuovo ma familiare?
La cosa più importante, però, è che "AQPII", come il suo predecessore, è un abile esercizio di tensione, montaggio e sound design che, in 97 minuti stretti, non logora mai il suo benvenuto. Per coloro che hanno perso "AQPI" (e, sì, dovresti vederlo prima di catturare quello nuovo), "AQPII" inizia il giorno del primo attacco. Krasinski è Lee Abott, un padre di famiglia in una piccola città nel nord-est, felicemente sposato con Evelyn (Emily Blunt) e padre di tre figli: Marcus (Noah Jupe), Regan (Millicent Simmonds) e un neonato, Beau. (Il fatto che Regan sia sordo gioca un ruolo importante nella storia.)
Ma la sicurezza e la protezione della famiglia vengono distrutte dall'invasione, un evento che carica "AQPII" con una scena d'azione frenetica e infernale. Avviso spoiler, Lee non sopravvive per arrivare alla parte post-invasione del secondo film se non come fonte di coraggio e determinazione.
"AQPII" riprende da dove finiva il suo predecessore con Evelyn e i bambini che lasciavano la loro casa distrutta per vedere cosa c'è là fuori. E, come si potrebbe prevedere con film come questo, alcuni degli umani rimasti - come quello interpretato da uno Scoot McNairy quasi irriconoscibile in un piccolo ruolo - sono spaventosi quasi quanto i mostri. E ad altri, come Emmett di Cillian Murphy, bisogna semplicemente ricordare la loro umanità.
Questa volta i bambini mostrano molta più libertà d'azione e non sono lì solo per essere protetti. I problemi logici rimangono però. In che modo Beau viene nutrito regolarmente? Bottiglie? Assistenza infermieristica? Intervento divino? E quando un personaggio lascia un posto sicuro per andare in giro senza una buona ragione (tranne che per portare la trama alla sua conclusione), vorrai lanciare ciò che resta dei tuoi popcorn sullo schermo.
Ma questi sono piccoli inconvenienti in quella che generalmente è una corsa da brivido ben eseguita che porta a una sola destinazione: "A Quiet Place Part III" in uscita il prossimo anno.
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lagonnadisocrate · 4 years
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13 ottobre 2020
Feminist Waves & Ancient History
di Eugenia Vitello
Bambin* e adolescenti occidentali si ritrovano, fin dalle scuole primarie, a familiarizzare con la storia delle civiltà classiche, specialmente con quella di Roma: per quant* di noi sono completamente estranei i nomi di Catone o di Augusto, oppure l’eco della disfatta alle Forche Caudine o della battaglia di Zama tra Scipione e Annibale?
Tra le nozioni che si imparano sui banchi di scuola riguardo i Romani, ci sono spesso anche quelle legate alla figura femminile nella società antica. Nessun* scampa dall’imparare che il ruolo della donna romana era fortemente defilato rispetto alla sfera pubblica, alla gestione politica ed all’ambito economico e produttivo: la donna, matrona o plebea che fosse, aveva come unico scopo quello riproduttivo, era proprietà del marito e la sua unica preoccupazione era la cura della casa e dei figli.
Un mondo a parte era quello delle schiave, obbligate ad imparare ed esercitare un mestiere: ma, esattamente come accadeva per le loro controparti maschili, il mondo della servitù femminile era considerato un “universo parallelo” in cui vigevano regole di comportamento diverse e che non compromettevano quelle del mondo dei liberi. Buona parte degli autori latini parla chiarissimo a riguardo: secondo Giovenale, il più accanito sull’argomento (basti leggere la sua Satira VI, un componimento di 700 versi scritto con lo scopo di dimostrare all’amico Postumo la pericolosità della natura femminile per dissuaderlo dal prender moglie), addirittura non è decoroso per una donna libera essere istruita nelle lettere e parlare correttamente, figurarsi ottenere pubblica visibilità nella politica o acquisire abbastanza autonomia per gestire da sola le proprie rendite economiche! La donna doveva limitarsi ad eccellere nelle attività domestiche e a far mostra costante delle virtù della castità, della riservatezza e della modestia.
Fino a meno di 50-60 anni fa, questa era anche la visione che dominava nell’accademia internazionale: nei libri di storia, infatti, delle donne si parlava in termini di subordinazione e separazione rispetto alla società maschile, o, ancora più spesso, non se ne parlava affatto. L’analisi della professionalità femminile era estremamente limitata (o negata, a parte per le manifatture tessili che appartenevano tradizionalmente alla sfera muliebre della società); ad esempio, non si teneva pienamente conto dell’aumento di autonomia giuridica che le donne sposate iniziarono ad ottenere nei confronti del marito già dagli ultimi anni del periodo repubblicano. Ancora nel 1985, in un monumentale studio sugli evergeti (ovvero, i benefattori che si facevano carico di donazioni a favore dei propri concittadini allo scopo di ottenere prestigio e visibilità sociale ed avere un maggiore successo politico ed economico), Gauthier poteva trattare le benefattrici donne in sole due pagine di testo.
Le donne ed il loro ruolo pubblico erano considerate in modo parentetico rispetto ai grandi temi della storia antica, tanto che, quando ci si trovava davanti a segnali di vitalità economica e di autonomia femminile, si bollavano queste donne “aberranti” rispetto alla norma sotto l’etichetta di “honorary men” (donne a cui è concesso lo status di uomo senza interrompere lo status quo patriarcale): le donne non erano niente più che possessi degli uomini, che eventualmente e in via del tutto eccezionale i mariti potevano spingere ad atti di munificenza cittadina al solo scopo di servirsi del loro nome e della loro figura a livello pubblico, quasi come di loro alter ego.
Ma quanto era realmente accurata e completa questa ricostruzione?
Il primo ad abbattere (parzialmente e, in un certo senso, anche involontariamente) questo paradigma fu Francesco Maria de Robertis, storico del diritto romano sempre vicino alla corrente di sinistra della Democrazia Cristiana, già negli anni ’60; il romanista per primo parlò, in particolare in appendice ai suoi studi sull’organizzazione sociale del lavoro nell’antichità, dell’esistenza di due diverse società romane: quella “aulica”, ovvero quella che ci viene presentata dai testi letterari classici (che sono un prodotto, come sottolinea de Robertis, degli ambienti aristocratici e conservatori del mondo romano, legati a valori tradizionali e del tutto interessati a restituire un’immagine della società romana ad essi aderente), e quella “volgare”, della vita quotidiana della maggioranza della popolazione, che possiamo parzialmente indagare attraverso fonti di vario genere (materiali, epigrafiche, papirologiche) o anche cercando di “leggere tra le righe” dei testi letterari (per tornare al nostro amico Giovenale, ad esempio, non sarà che quei 700 versi polemici contro le donne siano stati motivati dall’indignazione che provava l’autore nel vedere sempre più donne maggiormente libere ed emancipate rispetto al passato, che egli idealizza in un costante paragone con le “mostruosità” del presente nell’intero componimento?).
Nell’analisi storica si avverte, a partire dagli anni ’60 del secolo scorso, la necessità di misurare la distanza tra una ricostruzione che possa essere ideologicamente orientata (come quella della maggioranza degli autori latini, che, in quanto esseri umani, non possono naturalmente essere immuni dal riportare nelle proprie opere la loro chiave di lettura personale della realtà) e quella che doveva essere stata la reale prassi quotidiana, integrando gli stimoli e le informazioni che provengono da più fonti possibili.
La prima vera svolta riguardo lo studio della figura femminile antica si ha solo nel decennio successivo, quando, a partire dagli anni ’70 e ’80, studiose come Susan Treggiari (che si focalizza sul tema soprattutto in un capitale articolo del 1979, intitolato Lower-Class Women in the Roman Economy) e Natalie Kampen (contributrice, nel 1985, in un volume non a caso intitolato Feminism and Art History: Questioning the Litany) iniziano a rendersi conto che qualcosa non torna nella ricostruzione tradizionale: prendendo le mosse dapprima dall’analisi delle fonti iconografiche ed epigrafiche, si comincia ad osservare come ci siano svariate attestazioni di donne lavoratrici le quali, quando ne hanno l’occasione (ad esempio, negli epitaffi sulle proprie tombe), non mancano di ricordare apertamente il proprio mestiere. Se prestiamo attenzione alla cronologia di questo cambiamento negli studi delle scienze dell’antichità, si nota una coincidenza interessante: la rilettura e l’apertura degli studiosi e delle studiose verso la possibilità di ricostruire nuovi spazi d’azione per la donna romana, intesa anche nella sua dimensione di lavoratrice in senso pieno, ha solo pochi anni di scarto rispetto al movimento della “seconda ondata” femminista nei paesi europei e negli Stati Uniti; e l’ipotesi che ciò non sia una coincidenza, ma che i due filoni di pensiero siano strettamente collegati (anzi, siano uno causa diretta dello sviluppo dell’altro), è più che concreta.
Ulteriori passi in avanti nell’abbattimento del paradigma tradizionale hanno avuto luogo negli ultimi tre decenni, in piena correlazione con il cosiddetto third-wave feminism. Dagli anni ’90 ad oggi, i gender studies sono approdati stabilmente nel campo degli studi sul mondo antico: se da una parte infatti si sono fatti ulteriori progressi nello studio del ruolo femminile nel mondo antico (non si parla più soltanto di donne lavoratrici, ma anche di vere e proprie “imprenditrici” e benefattrici autonome, dall’operato di gestione economica delle proprietà delle quali la figura del padre e del marito – per quanto ci è dato sapere allo stato attuale – è completamente estranea: il fenomeno è visibile soprattutto nell’ambito degli studi dell'evergetismo femminile di Riet Van Bremen e di Emily Hemelrijk, per citare due studiose tra le più note in questo settore), dall’altra la società accademica internazionale si mostra sempre più interessata alle tematiche dei gender studies, con l’istituzione di enti, progetti e comitati volti a perseguire e sostenere questo tipo di ricerche. Emblematico è il caso del Women’s Classical Committee, fondato nella ricorrenza del Giorno Internazionale della Donna del 2015 presso l’Institute of Classical Studies di Londra con il doppio scopo di promuovere la conoscenza della condizione femminile nell’antichità classica e di sostenere la crescente presenza di studiose donne nell’accademia britannica.
Ovviamente, questa nuova sensibilità non pare avere intenzione di fermarsi qui: solo il tempo e il progresso degli studi ci diranno quanti altri paradigmi ancora saremo in grado di abbattere.
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myborderland · 5 years
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A che servono le parole? A parlare, dirai. Ni. Certo, sono fondamentali per parlare, ma le parole servono innanzitutto per vivere la gioia e gestire il dolore. Il fatto che le usiamo per parlare è secondario. Attraverso le parole - attraverso i nomi che diamo alle cose, alle emozioni, alle azioni - riduciamo quella distanza altrimenti incolmabile che c'è tra noi, esseri dotati di ragione, e quello che ci sta intorno. Distanza che abbiamo creato quando abbiamo cominciato a ragionare. Perché la ragione, questo strumento magnifico che ci fa capire così tanto, è anche un mezzo che ci separa e ci fa sentire "diversi" dal mondo, altro dalla natura. Ragionare è un movimento verso l'esterno, perché è solo uscendo dal mondo che è possibile prendergli le misure. Il problema è che uscendone si sta male, perché si perde il piacere naturale dell'essere uno con il mondo. Ed è qui che vengono in soccorso le parole, come anticorpo della ragione contro se stessa.
"Parola" viene dal latino parabola, che a sua volta deriva dal greco paraballo, mettere a lato. Saper usare le parole significa essere in grado di comparare le cose, di fare confronti. Di conseguenza è un modo per avvicinare le cose tra loro: ogni parola è una parabola perché racconta una storia utile a unire e avvicinare. Le parole, del resto, sono iceberg di cui vediamo solo la punta - il significato - ma che sotto hanno una storia enorme fatta di evoluzioni, di avvenimenti, di vita. L'etimologia nella sua più profonda manifestazione non si limita a raccontare l'origine della parola ma ne indaga i cambiamenti di significato, i sensi e soprattutto la volontà: perché è solo giocando al "come se", solo pensando che le parole sono vive, crescono, muoiono, talvolta rinascono e comunque puntano sempre verso una direzione, che è possibile capirle e capire davvero il senso delle parole di Emily Dickinson quando scriveva così: “Non conosco nulla al mondo che abbia tanto potere quanto la parola. A volte ne scrivo una, e la guardo, fino a quando non comincia a splendere”. Scegli una parola e dedicale tempo. Sollevala. Si illuminerà fino a splendere, e lentamente accenderà anche te.
Tlon
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petalididonna · 4 years
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Di tutte l'anime create
una sola ne elessi.
Quando dai sensi evaderà lo spirito
e finirà l'inganno,
e quando dall'effimero l'eterno isolato,
incorrotto apparirà e la breve tragedia della carne fuggirà come rena,
quando gli esseri una regale fronte
solleveranno e sparirà la nebbia,
guardate allora l'atomo che amai
sopra ogni umana creta!
Emily Dickinson ♥️
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barbaraeramo · 4 years
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Sei anni fa, il 5 Maggio 2014, presentavo Emily all' #Auditorium Parco della Musica di Roma 💜 Sei anni... Ho avuto bei riscontri e alcune critiche come accade per tutte le cose. Ma la riflessione malinconica é che qualunque cosa di possa fare oggi non riuscirà a lasciare un segno - escludendo gli affezionati - così come é potuto accadere in passato, dove scartavi un disco, lo posavi sul piatto o lettore cd, magari leggevi i testi e i credits mentre ti immergervi nel viaggio...Un gesto che non si compie quasi più. I brani degli anni 60,70,80 ma anche 90 continuano ad esistere e ad essere ascoltati, a far parte di noi... mentre fare musica oggi é come lasciare impronte sulla sabbia... Ciò che pubblichi oggi é già vecchio domani. Questa é l'eredità che ci sta lasciando il consumismo, la - orrenda - legge di mercato, l' illusione di poter possedere tutto velocemente e non possedere proprio niente. Ma c'é gente che ama - la musica, l'arte, gli esseri umani, la natura, la cultura, il pianeta... - e fare musica non sarà già solo per questa ragione, mai un atto inutile 🎶💜🎶💙🎶💚🎶💛🎶 https://music.apple.com/cy/album/emily/870482998 . . . #singersongwriter #lifemusic #faremusicaoggi #love #life #emilydickinson #poems #tobewomanintheworldofmusic #resistenza #musicanonostantetutto (presso Auditorium Parco della Musica - Roma) https://www.instagram.com/p/B_zFnk3hBMi/?igshid=utr9653vcplg
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ilcantodelsole · 5 years
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“A lungo andare bisogna bene che noi pensiamo a noi stessi, nella vita: e l’egoismo negli esseri miti e generosi è anche più naturale che nelle persone prepotenti”.
Emily Bronte
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ilariac-photography · 5 years
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I cani sono migliori degli esseri umani perché sanno ma non dicono. (Emily Dickinson) ________________________________________________________________ #dog #dogs #italy #friend #bw #bnw #blackandwhite #street #streetphotography #nozoomneeded #x70 #fujix70 http://bit.ly/2Wa1X2c
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canterai · 5 years
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Io piangevo per lui quanto per lei; a volte abbiamo pietà per esseri che non hanno sentimento né per sé né per gli altri.
— Emily Brontë; Cime Tempestose
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