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#Fulvio Scaglione
Recensione: Limes 1/2023 "La guerra continua"
Buongiorno a tutti, buona Domenica delle Palme, sono Elena e grazie di essere su Life Is Like A Wave Who Rises and Falls! Oggi vi parlo della mia lettura: Limes 1/2023 La guerra continua Gruppo Editoriale Gedi, 2023 ISBN: ‎ 978-8836151387, 304 pp. Mai nella storia i massimi imperi si sono trovati contemporaneamente in crisi, al punto da temere per la propria esistenza. Questa è, in essenza,…
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thenationview · 2 years
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Because Sergey Surovikin, the general who bombed Kiev, is proof of Putin's weakness
Because Sergey Surovikin, the general who bombed Kiev, is proof of Putin’s weakness
Author: Fulvio Scaglione conflict in ukraine “I have known him for 15 years, he is a true general and warrior, an experienced commander for whom concepts such as patriotism, honor and dignity are always above all.” words and music from Ramzan Kadyrov, the Chechen leader who sent thousands of his own to fight in Ukraine. he followed suit Evgenyj Prigozhincalled “Putin’s cook” because he had a…
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Dossier
LISTE DI PUTINIANI E VERI PROBLEMI. Di Fulvio Scaglione – 10 Giugno 2022. Chiedo scusa a tutti quelli coinvolti ma le varie e ormai famose “liste dei putiniani”, al netto delle miserie giornalistiche, sono una vera fregnaccia. Ci sono, per quanto riguarda l’informazione e la propaganda, problemi ben più seri di cui occuparsi. Faccio una premessa personale: ho scritto spesso, fino alla vigilia…
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gregor-samsung · 6 years
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La storia si ripeterà?
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corallorosso · 2 years
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Perché l’invasione della Russia in Ucraina sarebbe il suicidio di Putin (e infatti non accadrà) di Fulvio Scaglione Sono mesi, ormai, che non si parla d’altro: la prossima invasione della Russia ai danni dell’Ucraina. Non c’è giornale anglosassone che non abbia pubblicato una cartina con le freccette a indicare le strade che saranno percorse dai reparti del Cremlino. Non c’è giornale latino che non abbia scritto un reportage strappalacrime sugli ucraini che si struggono aspettando l’invasore. Non passa giorno senza che il New York Times, che cita sempre e solo fonti anonime (comodo, eh?), non annunci che i servizi segreti Usa lo sanno per certo, la Russia attaccherà. C’è anche chi si è spinto a prevedere la data d’inizio della guerra, calcolando che con i terreni ghiacciati i carri armati si muovono meglio, e forse dimenticando che dopo i fanghi di primavera arriva l’asciutto dell’estate. Fino alle uscite davvero esilaranti, tipo quella dell’agenzia Bloomberg che, citando fonti diplomatiche cinesi (anche queste anonime, mica male) ha scritto che Xi Jinping avrebbe chiesto a Putin di fargli il favore di non invadere durante le Olimpiadi invernali di Pechino. Vogliamo dirci, per una volta, ciò che sanno tutti ma proprio tutti? E cioè che questa storia dell’invasione russa è una grande grande bufala? Una bufala non priva di senso, ovvio. È dal 2014 che Russia e Ucraina, in un modo o nell’altro, sono in guerra. Agli americani, poi, conviene promuovere la storia dell’invasione. Intanto, raccontando al mondo che i russi voglio attaccare, demonizzano l’avversario, cosa che non va mai male. E quando sarà chiaro che l’invasione non c’è, potranno sempre dire di averla sventata con la loro ferma opposizione. Comunque vada, vincono la battaglia della propaganda. Ma sempre bufala è. E qui di seguito provo a mettere in fila tutte le assai evidenti ragioni per giudicarla tale. Le forze Si parla tanto delle truppe che i russi avrebbero accumulato presso il confine con l’Ucraina. Intanto, quel “presso” vuol dire circa 300 chilometri, ovvero 6-7 ore di marcia per la velocità media dei carri armati russi, non proprio una guerra lampo sotto l’occhio dei satelliti Usa. Ma non importa. I più pessimisti parlano di 100-130 mila soldati. Ma due settimane fa, Oleksy Danilov, segretario del Consiglio nazionale di sicurezza e di difesa dell’Ucraina, ha detto di non essere troppo preoccupato perché per un’invasione ci vorrebbero “quattro o cinque volte più truppe”. È chiaro che le forze armate della Russia sono molto superiori a quelle dell’Ucraina. Per restare ai soldati, più di un milione di uomini per la Russia contro 260 mila per l’Ucraina (comunque uno degli eserciti più grandi d’Europa). Ma gli ucraini combatterebbero in casa, per la patria, per difendere case e famiglie, i russi no. Inoltre, le forze armate ucraine negli ultimi anni sono state rifornite di armi da quasi tutti i molti Paesi che diffidano della Russia (gli Usa per primi, ovviamente), hanno fruito delle “lezioni” di istruttori militari inglesi e americani, e sono affiancate da una milizia territoriale forte di 130 mila uomini. Le dimensioni Chi parla di invasione forse non ha idea di quanto sia grande l’Ucraina. Due volte l’Italia, con 45 milioni di abitanti. Occupare un Paese di quelle dimensioni, contro forze ostili come quelle descritte sopra, è di fatto impossibile. Le lezioni subite dagli anglo-americani in Iraq e da mezzo mondo in Afghanistan sono state già dimenticate? Altro argomento: già nel 2015, un anno dopo la riannessione, il costo della Crimea per la Russia era valutato in circa 8 miliardi di dollari. Spese che sono ovviamente cresciute, da allora. Quel che pochi sanno, però, è che il Governo russo, proprio per affrontare le “spese da Crimea”, ha dovuto attingere alla quota di contributi pensionistici (6% sul 16% totale) che i datori di lavoro versano a fondi privati. Nell’onda di entusiasmo nazionalistico di allora nessuno ci fece troppo caso ma in seguito quel “prelievo”, accoppiato alla riforma delle pensioni del 2018 (si va in pensione 5 anni più tardi), ha generato un’insoddisfazione che ha mandato segnali precisi verso il Cremlino. In conclusione, la Russia, che ha un Pil più o meno pari a quello dell’Italia, non avrebbe i quattrini per permettersi di invadere e occupare (altrimenti perché invadere?) l’Ucraina. Il tutto senza nemmeno contare le spese militari e, soprattutto, i, prezzo che la Russia dovrebbe pagare per la reazione internazionale: sanzioni, difficoltà sui mercati, fuga dei capitali dal Paese che già nel 2021 ha fatto segnare la cifra record di 72 miliardi di dollari. I russi È assai curioso che si parli così spesso dell’invasione prossima ventura senza mai considerare il parere dei russi. Tutti i sondaggi più credibili confermano che i russi, pur convinti che la colpa sia in gran parte degli americani, la guerra non la vogliono, men che meno in quell’Ucraina che, quando va bene, considerano un Paese fratello e quando va male una dependance della Russia. Il tutto in una situazione sociale che, come dicevo sopra, è di generale insoddisfazione. Il 2021 è stato segnato da un netto aumento del costo della vita (automobili più 20%, affitti intorno a un più 30%, generi alimentari più 10%) e, se guardiamo più in prospettiva, notiamo che la popolarità di Putin è calata, il gradimento di Russia Unita, il partito “presidenziale”, è precipitato e alle ultime elezioni politiche sono state fatte acrobazie incredibili per conservargli la maggioranza assoluta. È facile immaginare che cosa succederebbe nel momento in cui cominciassero a tornare in Russia le bare dei soldati morti per invadere l’Ucraina. Sarebbe la fine politica di Vladimir Putin e dell’intero sistema di potere che intorno a lui si è consolidato. Putin, appunto. Del leader russo si è detto e si dice di tutto. Nessuno, però, ha mai detto che sia scemo. Perché, quindi, dovrebbe lanciarsi in un’impresa di cui non si vedono i vantaggi e da cui, in sostanza, avrebbe solo da perdere? Molti rispondono: troppo razionale, le guerre scoppiano anche per una decisione sbagliata, una scelta improvvisa, addirittura un caso. Sì, nei secoli scorsi. Ma non siamo più ai tempi di Francesco Ferdinando e dell’attentato di Sarajevo che fece partire la prima guerra mondiale. Quante guerre, negli ultimi decenni, sono scoppiate per caso? E quella tra Russia e Ucraina (ovvero, Russia contro Occidente), nel cuore dell’Europa, non sarebbe una guerricciola da poco. Tutto questo non vuol dire che non possa succedere qualcosa, o molto, di brutto. I russi hanno fatto agli americani precise richieste, per prima quella che l’Ucraina non entri mai nella Nato. Se gli Usa rifiutassero, come tutto fa pensare, la Russia potrebbe installare i suoi missili in Venezuela o a Cuba, minacciando direttamente il territorio americano. Oppure, potrebbero decidere di ripetere ciò che fece nel 2008 con la Georgia: dare una lezione senza invadere, magari bombardando qualche installazione o infrastruttura importante dell’Ucraina, contando su una blanda reazione americana. Ma intanto i colloqui proseguono, già si parla di un nuovo incontro tra Biden e Putin. Annunciare il peggio a prescindere forse fa vendere i giornali e alzare l’audience, ma non è detto che aiuti a capire la realtà.
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vintageclassiccars · 5 years
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The Lamborghini 350 GTV was born out of a dispute between Ferruccio Lamborghini and Enzo Ferrari in the early 1960s.
Lamborghini owned a huge collection of luxury cars, and made cutting remarks about Ferrari models, which he believed were far too noisy; he even maintained that he had discovered that one of the mechanical components inside Ferraris was made by his own company and meant for farming vehicles.
Hearing the umpteenth criticism from Lamborghini directed towards the 200 GT, Ferrari did not hesitate to reply, “The car works fine. The problem is you only know how to drive a tractor.” Ferruccio Lamborghini took on the challenge, and decided to start making sports cars.
The Lamborghini 350 GTV was designed by Fulvio Scaglione in 1962, and presented at Turin’s Car Show the following year.
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pietroalviti · 3 years
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Ucraina, l'Europa trema
Ucraina, l’Europa trema
di Fulvio Scaglione Sottovalutata per un anno intero (proprio nel febbraio scorso scoppiavano a Kiev i disordini di Euromaidan che portarono alla fine del regime filorusso di Viktor Janukovich), la crisi in Ucraina è oggi un incubo per l’Europa intera. In particolare, molti si chiedono se il conflitto non possa allargarsi, fino a coinvolgere Paesi dell’Unione Europea e della Nato come, per…
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paoloferrario · 4 years
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Brasile se il leader è peggio del virus, di Fulvio Scaglione in La Provincia di Como, 4 giugno 2020
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romacristiana · 4 years
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Emirati Arabi in corsa verso Marte
Emirati Arabi in corsa verso Marte
Fulvio Scaglione
23 luglio 2020
Gli Emirati Arabi Uniti lanciano una sonda verso Marte, nel 50° anniversario della loro indipendenza. La missione, diretta da una giovane scienziata, Sarah al-Amiri, si chiama Speranza.
Alzi la mano chi non si è sorpreso alla notizia che gli Emirati Arabi Uniti si lanciano alla scoperta di Marte. Eppure è così: il 20 luglio gli Emirati hanno lanciato…
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thenationview · 2 years
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How much do we really risk an atomic escalation, after Putin's mobilization
How much do we really risk an atomic escalation, after Putin’s mobilization
Author: Fulvio Scaglione conflict in ukraine “And that’s not a bluff.” The most important and threatening part of the speech with which Vladimir Putin opened an entirely new and much riskier phase in the conflict with Ukraine, it’s all in those six words. With this little sentence Putin said to the Ukrainians and even more to the Europeans: beware, I am ready to use atomic bombs. Let’s see why…
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enniomartignago · 7 years
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Mons. Nona: "Vogliono far sparire i cristiani" famigliacristiana.it
L'arcivescovo di Mosul, attivo tra i profughi in Kurdistan, teme l'estinzione della comunità. "Come tornare a vivere tra coloro che ci hanno traditi?".
di Fulvio Scaglione
Erbil (Kurdistan) - Nel …
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gregor-samsung · 7 years
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funkoneblr-blog · 7 years
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Dovrebbe fare un lavoro più nobile, ma non il giornalista. di Fulvio Scaglione. Com'era previsto, l'intervista a Bashar al-Assad pubblicata da Il Fatto ...
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infosannio · 7 years
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La religione più perseguitata al mondo? Il Cristianesimo
La religione più perseguitata al mondo? Il Cristianesimo
(di Fulvio Scaglione – linkiesta.it) – Non c’è solo la “terza guerra mondiale a pezzetti”, quella magistralmente inchiodata all’attenzione del mondo dalla definizione di papa Francesco. C’è anche un secondo Olocausto a pezzetti, e questa volta riguarda i cristiani. Lo conferma l’ultimo rapporto, relativo al 2016, del Center for Study of Global Christianity, fondato alla fine degli anni Cinquanta…
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pietroalviti · 6 years
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L'Iran brucia ma il velo non c'entra niente
L’Iran brucia ma il velo non c’entra niente
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di Fulvio Scaglione
Rieccoci. Scoppiano i disordini in Iran e le nostre reazioni sono tipiche. Da un lato il complotto: le proteste come opera del nemico, in questo caso Usa e Israele (e perché non anche Arabia Saudita?), pronti a fomentare e provocare. Dall’altro la soddisfazione, come se i giovani iraniani scendessero in piazza per fare un piacere a noi, per avere più McDonald’s o votare Donald…
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jamariyanews · 7 years
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Le prospettive del nuovo anno nell'analisi di Fulvio Scaglione
1 gennaio 2017
Il 2017 si apre con la strage di Istanbul e l'assassinio del ministro dell'Ambiente in Burundi. Un nuovo anno che sembra proseguire sulla scia di sangue dell'anno appena passato. Siria, Libia, Iraq: è lunga, infatti, la lista dei Paesi che con le loro guerre e atrocità hanno tenuta alta l’attenzione nel 2016. Un anno che ha contato ben 13 attentati terroristici in tutto il mondo, partendo nel gennaio scorso da Istanbul e arrivando a quello di un paio di settimane fa a Berlino, passando per Nizza, per Monaco di Baviera, per Orlando, per Kabul, per Baghdad, il peggiore per numero di vittime con 324 morti. Eppure, al pari di altri anni, anche il 2016 merita di essere raccontato in positivo e così sperare che il nuovo anno sia diverso. Francesca Sabatinelli: Doveva essere il 2016 l’anno della pace in Siria ma, ad oggi, che possa diventarlo il 2017 appare ancora solo un miraggio. Il conflitto in quel Paese resta il paradigma di tutte le guerre e il mondo sembra più a rischio, sopraffatto dalla violenza e dalla paura del terrorismo. Il Global Peace Index, mesi fa, ha stilato un elenco in cui i Paesi che vivono in pace nel mondo: si contano su due mani. Ovunque, è evidente, cresce il livello di allerta. Tranne in quei 10 Paesi esenti da conflitti e laddove si sono aperti spiragli di pacificazione. Chi ne porta i segni visibili è senz’altro il continente americano, a cominciare dal disgelo tra Cuba e Usa, sancito dalla visita di Barack Obama sull’isola, nel marzo scorso, che ha  messo fine a 55 anni di ‘guerra fredda’. Altra svolta: quella in Colombia, dove l’accordo di pace tra governo e guerriglia, per mettere fine a 52 anni di sanguinoso conflitto, nei giorni scorsi ha fatto ulteriori passi in avanti con l’approvazione, da parte del Parlamento del Paese, della legge di amnistia per le Farc, che garantisce smobilitazione e disarmo delle Forze armate rivoluzionarie della Colombia. Il giornalista Fulvio Scaglione, esperto di politica internazionale: R. – Da dieci anni consecutivi, ogni anno, lo stato della pace nel mondo, chiamiamolo così, si degrada: ogni anno un pochino di più. E, ad essere onesti, andando a guardare questi Paesi che sono in pace, se alcuni sono grandi, importanti, come il Giappone, per altri, come le Mauritius, la pace deriva soprattutto dal fatto che, con il massimo rispetto per i mauriziani, il loro Paese non è certamente uno dei principali negli equilibri del mondo. Detto questo, però, non dobbiamo abbandonare la speranza che le cose possano migliorare. Qualche indizio lo abbiamo pure avuto nel 2016: pensiamo – per esempio – al riavvicinamento tra Cuba e gli Stati Uniti, dopo oltre 50 anni di embargo economico, che peraltro è ancora in vigore; pensiamo alla Colombia, all’accordo di pace tra il governo e le Farc dopo decenni di una guerra civile latente, che ha fatto centinaia di migliaia di vittime. Qualche indizio c’è, aggrappiamoci a questi indizi e cerchiamo di costruire qualcosa su di essi. D. – In Colombia è passata la legge sull’amnistia per i membri delle Farc il che segna un’apertura al disarmo. Garantisce un altro passo avanti in un definitivo processo di stabilizzazione e pacificazione? R. – Sì, certamente è un passo avanti ed è un passo avanti importante, perché come abbiamo visto storicamente, anche in altri contesti, pensiamo per esempio al Sudafrica, la riconciliazione è un momento fondamentale: non c’è pace senza riconciliazione tra coloro che sono stati in guerra. Che questa sia poi la garanzia assoluta della soluzione di tutti i problemi, ovviamente, non possiamo dirlo, ma è certamente un passo importante che prima o poi, forse adesso è troppo presto, bisognerà fare anche in Siria. D. – Usa e Cuba: il cambio di guardia alla Casa Bianca sta ponendo degli interrogativi non da poco. Questo 2017 cosa può portare? R. – Il 2017 è ricco di speranze, ma anche di incognite. L’incognita più grande, in questo momento, è certamente il nuovo presidente degli Stati Uniti, Donald Trump. La situazione di Cuba rispetto all’embargo, che è poi il vero metro della riconciliazione tra i due Paesi, in realtà era piuttosto complicata anche prima di Trump, perché la maggioranza al Congresso è repubblicana e solo il Congresso può votare una legge che elemini l’embargo e non c’era assolutamente aria tra i repubblicani di volerla votare, a dispetto di tutte le pressioni del presidente Obama. Quello che Trump vorrà fare sarà indubbiamente molto importante, parlando di pace in diversi Paesi, non solo per Cuba, e Trump non sembra esattamente un fan della riconciliazione con Cuba. Sarà importante anche per quanto riguarda la Siria, per quanto riguarda l’Iraq, per quanto riguarda l’Afghanistan, per quanto riguarda la Libia. Alcuni di questi fronti sono stati aperti molti anni fa e non sono stati chiusi, come in Afghanistan, vorrei ricordare che purtroppo in Afghanistan, nel primo semestre di quest’anno, c’è stato un record di vittime civili e quindi la situazione, paradossalmente, è peggiorata. Oppure sono fronti che sono stati aperti con delle decisioni abbastanza folli proprio lo scorso anno, o negli ultimi tempi penso, per esempio, alla Libia, che è veramente un fronte che è stato aperto senza che alcuno davvero ne sentisse la necessità… D. – Se dovessimo puntare l’attenzione su un processo di pacificazione un po’ più in sordina, ma che potrebbe comunque rivelarsi davvero un esempio, a cosa penseresti? R. – E’ lontano da noi geograficamente e anche, com’è inevitabile, spiritualmente però, certamente, quanto sta avvenendo in Myanmar è da tenere molto d’occhio. C’è stato questo avvicendamento al potere, i generali hanno aperto ad un potere civile, hanno aperto all’avvento del Premio Nobel per la Pace, Aung San Suu Kyi. Certamente sta succedendo qualcosa di importante, certo con dei problemi, con dei travagli, come la discriminazione della minoranza musulmana, e quindi sicuramente non gratis, ma lì sta avvenendo qualcosa di importante che varrebbe la pena di tener d’occhio. Preso da: http://ift.tt/2hCTk7L
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