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#Gruppo danzando nel tempo
classystarfishdreamer · 8 months
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Clamoroso successo al Maschio Angioino
Clamoroso successo e sold out per una serata indimenticabile al Maschio Angioino con Magie del Belcanto e Danze d’Epoca. Clamoroso successo ha riscosso lo spettacolo Magie del Bel Canto e Danze d’epoca organizzato dall’ Associazione artistico culturale aps ” Noi per Napoli “promosso, dal Comune di Napoli tra gli eventi della rassegna ” Estate a Napoli” 2023. I cantanti lirici, il soprano Olga…
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levysoft · 5 years
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Dancing with the moonlit knight
“Can you tell me where my country lies?” Said the unifaun to his true love’s eyes “It lies with me!” cried the Queen of Maybe For her merchandise, he traded in his prize
“Paper late!” cried a voice in the crowd “Old man dies!” The note he left was signed ‘Old Father Thames’ It seems he’s drowned Selling england by the pound
Citizens of Hope & Glory, Time goes by, it’s “the time of your life” Easy now, sit you down Chewing through your Wimpey dreams, They eat without a sound Digesting England by the pound
Young man says “you are what you eat” eat well Old man says “you are what you wear” wear well You know what you are, you don’t give a damn Bursting your belt that is your homemade sham
The Captain leads his dance right on through the night Join the dance Follow on! Till the Grail sun sets in the mould Follow on! Till the gold is cold Dancing out with the moonlit knight, Knights of the Green Shield stamp and shout
There’s a fat old lady outside the saloon laying out the credit cards she plays Fortune The deck is uneven right from the start And all of their hands are playing apart
The Captain leads his dance right on through the night Join the dance Follow on! A round table talking down we go You’re the show Off we go with, you play the hobbyhorse, I’ll play the fool We’ll tease the bull Ringing round & loud, loud & round Follow on! With a twist of the world we go Follow on! Till the gold is cold Dancing out with the moonlit knight, Knights of the Green Shield stamp and shout
TRADUZIONE ITALIA
Danzando con il cavaliere al chiaro di luna
“Sai dirmi dove si trova la mia patria?” Disse il fauno in uniforme* agli occhi del suo vero amore “Sta con me!” gridò la Regina del Forse Per la sua mercanzia, lui trattò il prezzo
“Ultime notizie*!” gridò una voce nella folla “I vecchi uomini muoiono!” la nota che lasciò era firmata “Vecchio Padre Tamigi” Sembra che sia annegato Vendendo l’Inghilterra un tanto al chilo
Cittadini di Speranza e Gloria Il tempo passa, è il “tempo della tua vita” Calma ora, siediti giù Mastica i tuoi sogni di Wimpey* Loro mangiano senza far rumore Digerendo l’Inghilterra un tanto al chilo
Il giovane dice “tu sei cosa mangi” mangia bene Il vecchio uomo “tu sei cosa ti vesti” vestiti bene Sai che cosa sei, non te ne frega niente Facendoti scoppiare la cintura che è la tua vergogna fatta in casa
Il Capitano conduce la sua danza proprio durante la notte Unisciti al ballo Seguitemi! Fino a quando il Graal tramonta nella muffa Seguitemi! Fino a quando l’oro è freddo Ballando fuori con il cavaliere al chiaro di luna I Cavalieri dello Scudo Verde frantumano e urlano
C’è una vecchia grassona fuori dal saloon In posa che gioca a sorte con le carte di credito Il mazzo è irregolare sin dall’inizio E tutte le mani sono giocate separatamente
Il Capitano conduce il suo ballo proprio durante la notte Unisciti al ballo Seguitemi! Una tavola rotonda, parliamo, andiamo Sei tu lo spettacolo Partiamo, tu fai il cavalluccio Io farò il pazzo Molesteremo il toro Scampanellando in tondo e forte, forte e in tondo Seguitemi! Con una piega del mondo andiamo Seguitemi! Fino a quando l’oro è freddo Ballando con il cavaliere al chiaro di luna I cavalieri dello Scudo Verde frantumano e urlano
Significato di Dancing With The Moonlit Knight
Dancing With The Moonlit Knight è un lamento tagliente e ironico sulla società inglese degli anni 70.
In questo brano i Genesis parlano del cambiamento morale e culturale dell’Inghilterra, interrogandosi sulla pochezza del presente rispetto allo splendore del passato a suon di neologismi, simboli e significati che non sono difficili da interpretare.
Sono più che difficili, sono complicatissimi, tant’è che per diversi riferimenti non c’è una risposta certa se non recuperare il numero di telefono di Peter Gabriel e chiederglielo di persona.
Peter Gabriel, con un tono di voce triste e disilluso, apre la canzone nella musica fiabesca tipicamente Genesis e si chiede che fine ha fatto la sua patria.
“Can You Tell Me Where My Country Lies?”
A rivolgere la domanda è un soggetto intraducibile ma che possiamo vedere come una figura mitologica: l’unifaun.
É il primo gioco di parole di questo splendido album, nato dall’unione di faun e uniform. Un fauno in uniforme. Non ho trovato altri significati più precisi dopo mille ricerche.
A rispondere è la Queen of Maybe, la Regina del Forse: ” ‘It lies with me’ cried the Queen of Maybe”
Dove la Regina del Forse è la Regina delle Possibilità, della scelta, cosa tipica delle nazioni globalizzate come l’Inghilterra, che di scelte ne ha a tonnellate.
Scelte di vita, possibilità di lavoro e carriera che frullati assieme alle caratteristiche morali della società inglese degli anni 70 fanno venire fuori uno shake moralmente discutibile: ricerca di elevarsi economicamente a tutti i costi, occasione commerciale, il successo, l’egoismo.
Maybe anche come comfort zone: forse ce la faccio, o forse no. Forse riesco, forse no. Nel dubbio non faccio nulla. Un controsenso della società inglese, che di controsensi ne ha molti secondo i Genesis.
Ecco il secondo gioco di parole: Queen of Maybe è la Queen of May, importante figura mitologica inglese e simbolo della primavera.
L’Inghilterra si sta svendendo tirando sul prezzo: “For her merchandise, he traded in his price”
I Genesis si guardano alle spalle e realizzano che le ultime notizie (“Paper late!”) parlano della morte dei “vecchi uomini”, probabilmente i padri fondatori della loro patria o almeno delle generazioni prima della loro.
Le ultime generazioni sono molto diverse come valori morali e hanno portato l’Inghilterra a svendersi un tanto al chilo, e anche un celebre simbolo inglese come il Vecchio Padre Tamigi ti dice che questi vecchi uomini non nasceranno più.
Scordatevelo, e ora, dopo aver firmato questa nota, è meglio che affondi.
” ‘Old man dies!’ The note he left was signed ‘Old Father Thames’ It seems he’s drowned Selling england by the pound
Il gruppo poi guarda agli inglesi delle nuove generazioni. Cittadini di “speranza e gloria”, anche se il tempo della tua vita è adesso, non preoccuparti: siediti e mangia sereno in uno dei fast food di Londra simbolo della globalizzazione, tipo Wimpey, digerendo l’Inghilterra un po’ alla volta:
“Chewing through your Wimpey dreams, They eat without a sound Digesting England by the pound”
La società di oggi è attenta a mangiare e vestirsi bene, con i giovani che dicono “eat well” e i vecchi che rispondono “wear well”, entrambi se ne fregano del destino della nazione.
Il significato del ritornello è oscuro ma sembra avere molto a che fare con il cristianesimo, con Gabriel che infatti nomina il Graal.
Non è chiaro chi sia il Capitano (The Captain leads his dance right on through the night), ma sembra invitare tutti a seguirlo (forse per purificarsi) e neanche il Moonlit Knight.
Blog americani hanno analizzato nel dettaglio il brano, strofa per strofa, e sono arrivati alla conclusione che il Moonlit Knight sia una divinità pagana inventata, simbolica e oscura.
Peter Gabriel inserisce un altro gioco di parole divertendosi con Knights of the Green Shield stamp and shout.
Il Green Shield stamp era un famoso concorso a premi inglese nato nel 1958 che permetteva a chi faceva la spesa di ottenere regali e premi, sperando di essere fortunato.
É proprio nella fortuna che spera la grassa vecchia signora che gioca d’azzardo con la propria carta di credito, non capendo che resterà fregata per i meccanismi della globalizzazione, come se il gioco fosse truccato in partenza.
Ancora una volta, qualcosa di mitologico è accostato alla società moderna.
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bergamorisvegliata · 3 years
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LE DANZE DEI FIORI DI BACH
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All’inizio sembra veramente strano immaginare di poter percepire l’energia dei fiori di Bach nella danza, ma, studiando il folklore di ogni paese, ci rendiamo conto che la maggior parte delle canzoni e danze sono un inno alle emozioni umane, agli elementi, alla natura e a tutto quello che è sacro.Nelle danze grazie alla musica ed ai movimenti simbolici possiamo integrare l’energia del fiore proprio come nelle tradizioni sciamaniche c’è l’uso di cantare e danzare una pianta medicinale per sentirne le proprietà curative. I fiori sono la presenza fisica di una forma pensiero. Tutti gli esseri sono collegati tra di loro. È una vera rivelazione notare che attraverso semplici movimenti posso sperimentare tutti gli stati emozionali del rimedio dei fiori di Bach e svilupparli attivamente verso il positivo.In questo modo possiamo imparare il messaggio del fiore, con tutto il nostro essere, corpo, mente, anima e cuore. Tutto questo lavoro interiore avviene in un’atmosfera di gioia. Succede spesso che queste danze producano una sorta di rivelazione.Le danze hanno avuto sempre un posto nella comunità per celebrare la fertilità, la raccolta, momenti di transizione… Danzare è un modo per esprimere una preghiera, mostrare gratitudine o gioia, esorcizzare tristezza o paura. Essere insieme in un cerchio vuol dire sentire di avere un posto nel mondo. E ci permette di armonizzare i nostri ritmi umani con quelli della creazione.L’armonizzare in verticale con il cosmo ed in orizzontale con il gruppo, raccogliendosi nel centro, canalizzano un’energia curativa.Queste danze sono molto semplici, possono essere danzate ad ogni età, anche da persone con disabilità fisiche o mentali. Quello che colpisce ogni volta è la gioia del bambino interiore che può esprimersi e fiorire. Possiamo battere le mani, battere i piedi, saltare, danzare la punta delle stelle, le curve della luna… Diventiamo fiori che si aprono, alberi che si muovono nel cielo, radici che scavano nella terra oppure un fiume che scorre fra le rocce e che fluisce nell’oceano.Possiamo ridere o piangere, lasciare che la musica ci commuova e vivere semplicemente emozione sostenuti dal gruppo.In estate, poi, quando è possibile danzare all’aperto, in mezzo ai pini, ai pioppi, ai salici… diventa naturalmente più chiaro che siamo parte del tutto, attraverso una frequenza energetica comune che è il principio universale della vita. La bellezza delle nostre danze si trasforma così in un inno di gratitudine per tutto quello che riceviamo.
Le 38 danze dei fiori di Bach
38 fiori armonizzanti del Dottor Edward Bach si rivolgono al tempo stesso alla nostra anima ed al nostro corpo. Sono in grado di sciogliere i blocchi fisici e psicologici che abbiamo creato con il nostro modo di pensare e con le azioni negative, e ci aiutano a ricuperare l’armonia con la nostra vera natura. Per trasmettere attraverso le danze la qualità di ogni fiore e l’emozione su cui esso agisce per riportare l’armonia, Anastasia Geng, si è ispirata al folklore dei Paesi Baltici. I movimenti molto semplice di queste danze sono delle chiavi simboliche per rivolgerci e collegarci al nostro centro, attingere alla sua energia ed aprire il nostro cuore… Attraverso i passi, i gesti, la musica, il simbolismo, integriamo il messaggio del fiore con tutto il nostro essere, mente, corpo ed anima. Entrare nel cerchio delle danze vuol dire anche rafforzare i nostri legami con noi stessi e con gli altri ed armonizzare i nostri ritmi con quelli dell’universo.La danza in cerchio è una della forme più antiche di espressione corporea: tutti i partecipanti si orientano verso un centro comune, creando un campo di forza che supera di gran lunga l’energia di ogni singolo partecipante.Un’energia che si rafforza di danza in danza, grazie all’armonia del movimento ed al valore simbolico delle forme che si creano via via, stimolando i campi energetici più deboli di ogni danzatore. Partecipando con consapevolezza a queste danze possiamo usufruire di questo campo energetico comune che abbiamo costruito – come ricordava Edward Bach – “Più vicino alla nostra anima, e che ci inonda con le belle radiazioni della nostra natura più alta, nella quale malattie e problemi spariscono come neve al sole”.Danzando in cerchio è possibile ricreare energie analoghe a quelle contenute nelle gocce dei fiori di Bach, per promuovere il cambiamento e l’evoluzione dell’individuo. Recuperando le antiche tradizioni in cui sacerdoti e guaritori utilizzavano danze collegate a suoni specifici per “ toccare l’anima” dei loro seguaci.
A passo di danza
Non è difficile imparare i semplici passi collegate alle danze. Ma ogni passo, ogni suono è una scoperta ricca di significati. Si danza quasi sempre in cerchio, lavorando con la energia prodotta dal gruppo. Ma a volte si procede faticosamente, per fermarsi a riflettere o per rievocare simbolicamente le fatiche della vita. Oppure si resta soli, per mostrare che ci sono momenti in cui possiamo contare solo sulle nostre forze. Ma sapendo che lì vicino ci sono i nostri compagni, cui possiamo rivolgerci per avere aiuto e sostegno.Per ottenere nuova energia, il cerchio di danzatori si rivolge al centro, che è di volta in volta luogo di pace dove soffermarsi a riposare – come in Impatiens - ; acqua rigeneratrice cui attingere per purificarsi – come in Crab Apple -  luce cui rivolgersi per allontanare le tenebre che a volte ci avvolgono, come nell’allegra Chestnut Bud o in Mustard , una delle danze più amate e famose.I versi delle canzoni parlano di un mondo ormai scomparso, di fiabe contadine e di tradizioni lontane.Clematis il fiore della realtà, si danza su un’allegra filastrocca che racconta di un gallo e di suoi sforzi per svegliare le belle addormentate in attesa del principe azzurro. Mentre danzando Star of Bethlehem, il fiore della consolazione, ci si fa cullare da una nenia di pescatori.Alcune melodie sono più veloci, altre più lente, e in qualche caso al danza si trasforma in una specie di gioco in cui si mima rabbia o fatica. Alcune di queste danze piacciono molto ai bambini, e Anastasia li invitava sempre a danzare insieme.In tutti i casi è sempre il ritmo, la sonorità, ad accompagnare i danzatori che ricreano forme antichissime, come il cerchio, la spirale, la stella e l’otto che simboleggia l’infinito
Maggiori informazioni https://www.ilcerchiodeifioridibach.it/i-fiori-di-bach/le-danze-dei-fiori-di-bach/
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NB: Proseguono gli incontri di "BERGAMO SI SMASCHERA!" con le attiviste di "LUZ Bergamo": di recente le attività hanno riguardato momenti di eradicazione, la stessa danza dei fiori di Bach, e le passeggiate al bosco di Ranica nei pressi della Chiesa di San Rocco.
Ma gli appuntamenti e gli eventi saranno sempre più frequenti.
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Scraps and remnants of texts, compositions, images, and other material not better identified by mario margani ---------------------------------------------- Links at the end of this page ----------------------------------------------
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La notte più lunga
di Mario Margani
Passeggiata notturna.
I lampioni illuminano di giallo le basole. Qualche gatto incrocia fugacemente il mio cammino. Sono le due di notte e qualche minuto. Ultima domenica d’ottobre. Poco fa erano le tre. È la notte più lunga dell’anno, credendo all’orologio. Una leggera nebbia arancio autunno circonda gli alberi e i palazzi, le chiese e le campane.
 Sotto questa luce diverse figure, che appaiono dall’incarnato rosa arancio quasi salmone, si avvicinano. Vestite quasi interamente in nero. Una mi racconta delle olive già raccolte, un’altra della cotognata appena fatta. C’è anche chi continua a lavorare di notte, altri mi osservano incuriositi, a volte altezzosi, in altri casi intimoriti. Chi suona il tamburo, orgogliosamente portato in giro come il segno distintivo di una vita. Non li conosco in realtà. Hanno volti diversi dai soliti, freschi di fatica appena faticata, ma vecchi come le pietre che hanno abitato. C’è qualche nobile, ma tanti popolani.
 Mi dicono che stanno cercando le loro cose, le loro strade. Sembra che alcuni abbiano perso l’orientamento e i loro punti di ritrovo. Taluni non trovano la casa. Cominciano allora a snocciolare una serie di nomi a me sconosciuti.
Non so, dico tra me e me e poi ad alta voce, sarà che non abito qua in maniera permanente da un po’ e me li sarò persi. C’è chi ha aperto e chiuso di tutto negli ultimi anni e per me questi non sono mai esistiti, così come io resto uno sconosciuto per loro.
Le figure insistono e giurano che non è possibile. Si tratta di luoghi dove tutti vanno a prendere un caffè, a chiacchierare, a farsi vedere, a cantare e suonare. Non si può non conoscerli.
Mi spiace, gli ripeto. Non ne so nulla. Ma gli confesso con una stramba leggerezza che in fondo loro mi ricordano qualcosa, forse un mio nonno o una bisnonna mai conosciuta, o anche la prozia e lo zio prete.
- Ah si certo, Padre M.! - ribatte una piccola signora coperta dalla sua scialle nero che sbatte al vento umido.
- Si esatto, era un mio prozio, questo lo posso confermare - faccio io rinfrancato, sentendomi più a mio agio, come se questi estranei avessero riconosciuto me invece che il prozio.
- Certo ci siamo visti di recente, sorride mostrandomi una dentatura lucente ma sgarrupata - mio figlio aveva studiato latino con Padre M.
- Ma non può essere - la fermo subito - è morto quasi trenta anni fa.
- Si lo sappiamo - si affretta a rispondermi con tono annoiato - sono morta anch’io poco dopo. Sono certa che le mie parole le suoneranno strane. Ma dovrebbe sapere che i morti non sono morti, se erano vivi quando vivevano.
 Cerco di decifrare le sue parole, ma resto per un attimo stordito e mentre penso a cosa poter dire dalle mie labbra escono delle sillabe che le danno ragione. I piedi cominciano a camminare senza che lo abbia scelto, come se avessero deciso autonomamente di tirarmi fuori da quella situazione surreale e incomprensibile.
 Quando torno a prendere il controllo del mio corpo, comincio a chiedermi che ci facesse una signora anziana a passeggio alle due di notte a Enna, alle due e venti per l’esattezza. Che poi fino a poco prima sarebbero state le tre e venti. E avrei anche dovuto riconoscerla se conosceva il mio prozio. Però ero piccolo quando morì. Che non me la ricordi è anche normale.
Ah, ma che pensieri mi saltano in mente, certo che non è morta! Per un attimo mi ero accomodato sulle sue parole come se fossero vere. Voleva semplicemente prendermi in giro. I morti non sono morti, se erano vivi quando vivevano. Non capisco che volesse dire, forse voleva solo confondermi. Poi qua abbiamo il cimitero in centro città. La morte nel cuore dell’area urbana. Inglobato con il tempo, oggi il cimitero è tra noi, quasi tra le case. Forse la signora si riferiva al cimitero così vicino da confondersi con le case abitate, per un occhio non avvezzo a quella vista.
 Sono arrivato da quelle parti passeggiando e a quest’ora della notte non c’è una gran differenza effettivamente, dimensioni a parte, tra un palazzo di Corso Sicilia e il cimitero. Buio, nessuno si affaccia. Vedo più luci tra le cappelle del cimitero che tra le abitazioni. Forse sto esagerando, penso. C’è chi dorme per una notte, e chi dorme per sempre.
Una bambina sui cinque anni, vestita da ballerina, si avvicina a me danzando, sembra una danza classica, non che ne capisca. Le chiedo cosa ci faccia in giro a quest’ora. Lei non mi risponde e continua a fare le sue piroette eleganti e a saltellare. Strani incontri oggi, alle due e mezza di notte, che poi erano le tre e mezza. Di solito da queste parti non c’è proprio nessuno. Continuo a camminare con un insolito languore che mi porta verso il panificio di Via Roma dopo San Tommaso. L’ho trovato spesso aperto di notte, rifugio per affamati notturni e per chi non vuole passare amare notti e cerca conforto nel cibo.
Certo, mi dice un signore baffuto di mezz’età, anche lui impeccabilmente vestito con il suo cappello a tesa larga dello stesso colore della cravatta. La sua postura rassomiglia più a quella per una fotografia ufficiale, una foto da ricordare, di quelle che si facevano solo quando ne valeva la pena, sapendo che probabilmente qualcuno l’avrebbe usata come ritratto sulla tua lapide. Mi imbatto in quest’uomo poco prima di arrivare al forno.
- Certo - quasi mi sbeffeggia - se le potessi fare assaggiare i fichi d’India che raccoglievo io di questi tempi non avrebbe bisogno di andare a prendersi un cornetto vecchio e rinsecchito.
- Ma io - rispondo - tutto sommato anche con un vecchio cornetto sono contento, e poi non c’è altro a quest’ora qua.
- Mah, faccia lei! - mi dice, e si allontana.
 Siamo ormai verso le tre, che poi sarebbero le quattro. Torno verso casa.
Ho passato l’ora che non esiste nella notte più lunga dell’anno in giro e ho incontrato molte facce a me nuove. Sembravano facce antiche però, dicevano di conoscere me o i miei familiari. Io non solo non li ho riconosciuti, li ho anche tenuti distanti, un po’ preoccupato e straniato da così tanto calore umano a un’ora così tarda.
Ripassando dagli stessi luoghi vedo che la donna con la veste, la bambina, l’uomo baffuto con cui mi ero intrattenuto restano li a fissarmi ma non si avvicinano più. Come incollati alle pareti. Sembrano quasi foto d’epoca, in bianco e nero. Forse la luce giallo-arancio mi aveva beffato prima, erano in bianco e nero anche quando parlavano con me. Alcune figure sembrano quasi ammiccare, altri sono più seriosi e compiti. Sembrano delle fotografie senza sfondo. Sulle pareti attuali risaltano nella loro umanità e dignità, orgoglio e umiltà allo stesso tempo.
Rientro a casa mentre quelle parole continuano a risuonarmi nelle orecchie: i morti non sono morti, se erano vivi quando vivevano. Me lo ripeto e mi assopisco.
 La notte successiva riprendo il mio giro notturno, ma questa volta le figure restano alle pareti con le stesse espressioni tra il simpatico e il serioso. Probabilmente devono avere abitato da queste parti e adesso stanno li, fisse alle pareti, come degli spiriti che restano nelle vicinanze delle mura che hanno abitato. Deve essere un rito strano di alcune famiglie, un modo per comunicare con gli antenati. Ripenso alla serata precedente, quasi non credendo ai miei ricordi. Non si può parlare e passeggiare con dei poster, devo aver sognato o forse ero ubriaco.
Chiedo per strada a un gruppo di amici, e anche loro mi raccontano di aver avuto incontri simili ai miei la notte prima. Soltanto quella notte. Altrimenti, mi confermano, quelle figure sono lì da un po’, a volte scompaiono e poi ricompaiono. Se ne vede una stracciata ogni tanto. Mi domando se a volte avvenga una specie di lotta tra le figure e chi non le vuole più vedere. Come una lotta tra i morti che ritornano e i vivi che non vogliono morire e che ancor meno desiderano il ritorno dei loro vecchi zii, delle nonne. E poi deve essere spaventoso ritrovarsi a parlare con un signore in bianco e nero, senza testa o senza un braccio magari perso in qualche lotta impari, che si avvicina e comincia a raccontare del lavoro della campagna, delle zappe e dei suoi cani, del suo albero di sorbo, dei pomodori e delle fave. Senza un braccio.
Mi do dell’idiota mentre continuo a fantasticare, ma queste visioni mi fanno tornare in mente la frase della signora con lo scialle nero: i morti non sono morti, se erano vivi quando vivevano. Forse comincio a capire.
 La sera torno a fare un giro in piazza. Tante case sono vuote. Sono tutti al cimitero? Incontro per caso un amico e un conoscente. Io vado via domani, mi dice uno, io voglio andare via ma non so dove, dice l’altro.
- Bisogna scappare da qui - ripetono all’unisono. Qua ci sono solo i morti. Non si può fare una vita se sei attorniato da morti.
Inizialmente pensavo si riferissero alle figure alle pareti.
- No - controbattono - ci riferiamo ai morti viventi, quelli che ogni giorno stanno attorno a noi, si cibano di ogni ben di Dio e una volta espletato il loro unico atto degno di nota della giornata, e la digestione che ne consegue, si accoccolano tra le coperte.
-Io non ne avevo mai sentito parlare - gli rispondo.
- No certo, tu sei troppo spesso via, sei mezzo tedesco. Devi sapere che si dice abbiano visto addirittura uno di questi morti viventi lottare con una figura di carta in bianco e nero, di quelle che sono spuntate un po’ ovunque da qualche anno in paese. Il morto vivente diceva alla figura in bianco e nero di andare via, di lasciarlo finalmente in pace e alla fine lo strattonava fino a strappargli via tutt’un braccio. Poi armeggiava velocemente con il proprio smart phone e poco dopo la figura tornava alla parete, immobile come prima, e tutto finì li. Si dice poi che i morti viventi non riescano mai a dormire realmente. Popolano pizzerie e ristoranti, bar e chiese, ma sono come immortali e per questo motivo tristi, non hanno una prospettiva, né aspettative né futuro, e neanche passato.
- Ma quanti sono? come si fa a distinguerli? Possiamo aiutarli in qualche modo? - chiedo a loro e anche a me stesso.
E i due ragazzi mi dicono che no, si è provato in tanti modi e loro adesso no, hanno mollato e preferiscono cambiare aria, alla ricerca di esseri mortali e quindi più motivati a vivere quel che c’è da vivere.
Mi dicono poi che io ho fatto bene a stare altrove, dove la vita è vita, la morte è morte, e non ci sono le mezze misure ne le serate noiose.
- Chi resta a vivere qui sono solo pochi resistenti - continua uno dei due - e per il resto sono solo morti viventi. Sono tantissimi. Prima si pensava fosse una forma d’invecchiamento, l’avvicinarsi della morte che cominciava a influenzare la vita con la sua immobilità fisica e psichica. Ma no, oramai si è capito che non c’entra un bel niente. Ci sono tanti di questi morti viventi che sono nati così! Non si sa come fare, gli stessi genitori sono disperati.  E poi sembra un problema regionale o anche nazionale.
- Ma forse è un problema planetario - rispondo io, ridacchiando.
- Sarà - dicono loro tristi - ma almeno per un po’ ce ne dimentichiamo e facciamo la nostra vita ripartendo da zero, altrove.
- E cosa ne pensano i vostri genitori e amici?
- Ci appoggiano tutti, più o meno. Sai, anche in famiglia ci sono dei morti viventi, però per loro fa uguale. Non c’eravamo prima per loro, e non ci siamo ora. Si potesse far risorgere i morti, buttare giù i brutti palazzi, ricostruire i vecchi, trasformare le strade in mulattiere ed eliminare i ponti, vivere nei pagliai in campagna mentre si lavora per dei proprietari terrieri sfruttatori, o passare venti ore in qualche miniera, resterei con maggior piacere. Adesso non vediamo prospettive, né buone né cattive. Forse stiamo diventando morti viventi anche noi e allora, prima che sia impossibile tornare indietro, togliamo il disturbo.
 Dopo questo incontro depressivo, comincio a pensare che qualcosa di strano stia avvenendo da queste parti.
Tra morti viventi, morti per davvero che riappaiono sulle mura per strada, chi scappa in cerca di vita e chi resta aggrappato alla propria vita, c’è un gran bel traffico e confusione: passato, presente e futuro si accavallano. E dire che pensavo qua non succedesse più niente.
 Una settimana dopo esco di casa, ma mi dicono di tornare presto, perché oltre un certo orario non si può stare in giro. Ci sarebbe tra l’altro, dicono, il pericolo di incontrare i morti viventi che vagano in giro di notte e, un poco come degli zombie, cercano da mangiare a notte tarda da qualche paninaro, panificio o tavola calda. E non trovando niente di aperto potrebbero crearsi situazioni pericolose ed equivoche.
Allora torno a casa in orario, ma dalla finestra vedo una scena orrenda: un presunto morto vivente comincia a parlare con il muro. Dal muro prende forma una di quelle figure piatte bianche e nere che avevo visto qualche notte prima. Cominciano a discutere con animosità. E allora il morto vivente tira fuori il suo smart phone e fotografa con il flash la figura in bianco e nero che gesticolava esageratamente. Un attimo dopo la figura torna sulla sua parete, bidimensionale e immobile, come incollata.
 Ormai convinto di voler andare in fondo alla faccenda, scendo anche io per strada, non curante delle parole degli amici, del divieto di andare in giro. Vado a chiedere al presunto signor morto vivente cosa sia successo e cosa avesse fatto con il flash.
- Niente, niente - si affretta a rassicurarmi- ho appena visto questa bella stampa alla parete che ricorda mio zio e allora l’ho fotografata.
- Ma scusi - dico io - ho visto che lei discuteva vivacemente con la figura. La figura camminava.
E per risposta lui, sentendosi scoperto in flagrante, tira fuori il suo smart phone per l’ennesima volta e mi scatta una foto con il flash.
Mi sembra quasi di svenire, ma poi mi accorgo di essere finito anche io attaccato al muro. Non sento più il mio corpo, né tutte le sensazioni che da esso derivano.
Come se avessi perso il senso della gravità e della fatica resto li appiattito alla parete.
L’uomo va via.
Ah, penso, questa deve essere la sensazione che provano tutte queste figure in bianco e nero. Sembra quasi di essere in un sogno in cui non puoi muoverti ne parlare. Puoi solo osservare cosa succede intorno a te. Ecco perché poi non appena si riacquista la forma e il movimento, sembrano tutte così euforiche quelle figure, come se si sentissero liberate da un bavaglio o da una camicia di forza.
 Passo una notte così. Una pattuglia della polizia passa in auto e non si accorge di me, mi scambia per un poster come gli altri e non so se reputarmi fortunato o l’ultima ruota del carro.
Per fortuna dopo alcune ore l’effetto termina, crollo per terra appena la gravità torna ad avere il suo effetto su di me. Inizialmente riesco a stento a gattonare, con un corpo stordito e assopito. Dopo qualche minuto riesco a tirarmi su e sbattendomi via la polvere dalla giacca, procedo a grandi e veloci falcate verso casa, sperando di evitare occhi indiscreti.
 Sempre più risoluto nella ricerca della verità su questa storia, la sera successiva racconto tutto a un gruppetto di amici facendo l’aperitivo online, visto che non si può stare più fuori a fare certe cose a un certo orario. Anche loro raccontano che, appena si può, non vedono l’ora di andare via. Ascoltano la mia storia e mi rubano le parole di bocca. L’hanno già sentita così spesso, che mi anticipano e confermano che si, sembrerebbe che i morti viventi usino i loro smart phone per difendersi dalla realtà, dalle domande, dai pericoli. È una nuova app. Fotografano tutto e così svanisce ogni pericolo, dubbio, domanda, paura.
- Quindi non parlano più con nessuno? - chiedo a conferma di aver capito bene.
- Si esatto, non parlano con nessuno che non la pensi come loro. Parlano solo con le persone che confermano ciò che dicono, poi parlano con gli schermi, come stiamo facendo noi in questo momento. Lì si divertono molto. La loro più grande paura è invece causata dalla possibilità che le immagini del passato tornino a raccontare, a testimoniare la loro verità su tutto ciò che è stato, su tutti gli errori e le scelte dissennate, sul poco rispetto e la necessità di cambiare tutto perché nulla cambi. Il senso di colpa e impotenza schiaccerebbero i morti viventi. Per questo motivo qualcuno in California ha sviluppato questa nuova app, un sistema di difesa chiamato FROST24. Per un massimo ventiquattro ore ciò che viene fotografato attraverso l’applicazione si blocca, come congelato, e si appiattisce sulla parete più vicina, come una stampa o una proiezione. Così i morti viventi possono allontanarsi indisturbati e senza impelagarsi in problematiche discussioni.
 - Allora - intervengo interrompendo la descrizione - tutte le figure in bianco e nero alle pareti sono li per questo motivo? Ma anche i nostri smart phone possono funzionare con quella app?
- No - risponde l’amico dalla sua cucina - bisogna avere sempre l’ultimo modello e portarlo in un’officina specializzata dove possono installare una modifica. Lì però non puoi andare se prima non ti sei iscritto a un albo comunale. Un notaio deve certificare la tua appartenenza ai morti viventi e con quel documento puoi registrarti all’albo. Francamente non sappiamo come si faccia. Non basta far finta di essere dei morti viventi nell’atteggiamento quando ti presenti dal notaio. Bisogna anche avere un determinato reddito, proprietà varie, e soprattutto l’ultimissimo modello di smart phone. E quindi né io, né tu possiamo farlo.
 Svelato parzialmente l’arcano, mentre passeggio per andare a fare la spesa comincio a osservare le figure in bianco e nero con un occhio diverso. Vedo sempre più spesso colluttazioni notturne tra queste figure e i morti viventi che finiscono con un braccio stracciato e la figura compressa sulla parete. Era una storia risaputa in paese da un paio d’anni, ma io l’avevo saputa da poco. La frase della signora risuonava adesso chiara e cristallina: i morti non sono morti, se erano vivi quando vivevano. Diversamente dai morti viventi, gli altri sono effettivamente morti, ma la loro assenza li mantiene così vivi nel ricordo, da avere ancora un grande effetto pure sui vivi, e quindi, sembrerebbe che non siano mai morti, mai scomparsi. I morti viventi al contrario, gonfi d’invidia per i loro antenati che riuscivano a morire dopo aver vissuto pienamente, restano bloccati per sempre nel loro stato. Non possono morire ne dormire profondamente, tantomeno sognare.
 There's no time for us
There's no place for us
What is this thing that builds our dreams, yet slips away from us.
 Who wants to live forever
Who want to live forever
 There's no chance for us
It's all decided for us
This world has only one sweet moment set aside for us
 Who wants to live forever
Who wants to live forever
Forever is our today
Who waits forever anyway?
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cirifletto · 4 years
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Le Api: 15 Curiosità Su Queste Instancabili Lavoratrici
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Le api, definite "insecto sapiens", sono insetti molto complessi, instancabili e dotati di una particolare forma di intelligenza. Vi confesso che io appartengo a quel gruppo che ha un po' paura di tutto quello che è piccolo, svolazza, ronza e punge. Quando mi capita, scappo, agito le braccia e corro ad aprire una finestra, sperando che l'insetto esca spontaneamente. Però, appartengo anche a quel gigantesco gruppo di persone che amano il loro pianeta. Per cui cerco di modificare, per quanto riesco, le mie abitudini così da aiutarlo più che posso.
Ormai sembra che tutti dovrebbero essere consapevoli che le api sono un patrimonio naturale di questo pianeta e la loro assenza non può che peggiorare il nostro vivere e minare la sopravvivenza, nostra e della Terra.
E allora cosa dovremmo fare per essere più consapevoli? Per prima cosa, dobbiamo capire le differenze tra un'ape ed una vespa. Perchè molti le scambiano. Benissimo, benissimo non le conosco nemmeno io. E pertanto, questo fare 'di tutta un'erba un fascio', come si suol dire, è un errore già in partenza. Sentiamo cosa ha da dirci l'ape a riguardo.
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"Ciao! Io (quella a sinistra) sono un'ape. Spesso vengo confusa con quella stronza che sta alla mia destra che si chiama vespa. La differenza con lei è che io non pungo perché, appena pungo muoio. Questo perchè il mio pungiglione si stacca e, con lui, tutto il mio l'intestino. Quindi non vedo perché dovrei morire per farvi un dispetto! Questa qui a fianco, invece, il più delle volte, aggredisce volutamente e, dopo aver punto non morirà. Osserva anche le nostre differenze fisiche. Ce ne sono. Impara a riconoscermi, puoi salvare la vita a me e a te, perché un domani, quando io sarò completamente estinta, tempo qualche anno non esisterà più nemmeno la razza umana! Anche se sotto certi aspetti non sarebbe nemmeno un male!" Bene. Adesso, addentriamoci nel mondo delle api, con questo elenco di 15 curiosità che le riguardano e che, forse, non conosci.
1 - Le api lavorano per l'uomo
Le api sono l’unico insetto capace di produrre un alimento commestibile anche per l’uomo. Questo alimento è il miele. Un utilissimo antibiotico naturale, ricco di zuccheri, con un’umidità sotto il 18%, che rende l’ambiente sfavorevole alla proliferazione di qualunque microrganismo. Quindi è uno dei prodotti meno soggetti al rischio di contaminazioni di muffe o botulino. Però, ancora più curioso, è il fatto che il principale prodotto delle api non è il miele, non è il polline, non è la cera d’api: è l’impollinazione stessa. Se le api scomparissero, scomparirebbero anche migliaia di specie vegetali e l’uomo forse potrebbe vivere ancora per pochi anni. Allevare le api, magari solo rispettarle, quindi, è anche un’attività sociale, volta alla sostenibilità e alla tutela della natura.
2 - Le mummie sono una loro invenzione, mica degli Egizi.
Partiamo con una notizia sensazionale! Le api hanno inventato le mummie molto prima degli egiziani. E spieghiamo perchè. Metti che un topolino, ogni tanto riesca ad entrare nell’alveare. Subito verrà ucciso a colpi di pungiglione. Però, le api non riusciranno a trasportalo all’esterno, per le sue dimensioni e per il suo peso. Allora cosa succederà? Onde evitare pericolosi fenomeni di decomposizione all’interno dell’alveare, le api lo ricopriranno di propoli. Essendo un potente antibiotico, questa sostanza preserverà il corpo del topolino e, di fatto, lo trasformerà in una mummia. Questo fenomeno fu osservato dagli antichi Egizi e quindi copiato per trasformare i loro faraoni, in mummie. La propoli infatti viene rilevata in tutte le mummie dell’antico Egitto. Non per altro, ma la parola mummia deriva dall'arabo mūmiyya, o forse dal persiano mūm, che significa cera.
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© Photo by Wolfgang Hasselmann
3 - Il loro cervello funziona alla grande
La capacità delle api di ottenere angoli precisi. Era questa la caratteristica che Galileo Galilei ammirava in questo piccolo e laborioso insetto. E come dargli torto, avete mai visto un alveare? Una perfetta ed elegante struttura ad esagoni. Perciò, nonostante il loro cervello sia molto piccolo, le api sono abili calcolatrici ed hanno dimostrato di essere in grado di apprendere, ricordare, fare ragionamenti complessi, calcolare distanze, il tutto al fine di migliorare la propria efficienza. Possono pure riconoscere alcuni simboli disegnati sulle loro casette, così come noi possiamo riconoscere il numero civico di casa nostra. Incredibile!
4 - Un solo ed unico odore contraddistingue ogni gruppo familiare
Ogni colonia di api ha il proprio odore caratteristico che permette agli individui, che la compongono, di riconoscersi facilmente tra loro e di escludere eventuali visitatori non graditi. Le api di una famiglia si distinguono in ape regina, fuchi e operaie. La carriera di un’ape operaia è un'ascesa continua fino ai ruoli più importanti. Prima è addetta alle pulizie dell’arnia, poi pensa al nutrimento della covata, alla produzione di cera, fa la guardiana e ventila l’alveare. E solo alla fine diventa un’ape bottinatrice che esce per impollinare. I fuchi vengono allevati solo in funzione della fecondazione della regina, poi sbattuti letteralmente fuori, e non sono in grado di nutrirsi da soli. La regina vive più o meno cinque anni e per tutta la vita non fa altro che deporre uova.
5 - Solo le femmine pungono
Il pungiglione delle api si chiama organo ovodepositore, cioè delegato solo alla deposizione delle uova. Poi modificato per poter espellere veleno invece che uova. Questo significa che soltanto le femmine possono pungere. Ma non temere, pungono solo quando si sentono minacciate, non attaccano di proposito. In effetti le api, femmine a questo punto, usano il loro pungiglione come arma contro gli invasori dell’arnia (vespe, api saccheggiatrici e altri insetti). Quando però pungono animali dai tessuti molli (come l'essere umano), il pungiglione, che è dotato di aculei ricurvi, rimane intrappolato nella pelle, e nel ritrarsi, l’ape si sventra, letteralmente.
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6 - Le ali di un'ape battono velocissime
La frequenza del battito d'ali di un'ape è circa 11.000 battiti al secondo. Questa velocità è utile per molte cose, come il volo, il movimento, ecc... Ma, tra tutte le funzioni, la più curiosa è mantenere una temperatura costante all’interno dell’alveare durante tutto l’arco dell’anno.
7 - Le api hanno 5 occhi fenomenali
Le api hanno 2 occhi composti e tre occhi semplici, detti ocelli. In totale 5 occhi. I loro occhi composti permettono di individuare meglio qualsivoglia movimento e di reagire più velocemente. Inoltre, proprio come noi umani, anche le api sono capaci di riconoscere i volti, identificando un’insieme di linee e forme, come un pattern, che possono tenere in memoria e riutilizzarlo più avanti.
8 - Hanno anche una propria personalità
Come in ogni settore degli uomini, per ogni lavoro, per ogni gruppo, anche negli alveari c'è chi lavora e c'è chi non fa niente, ci sono lavoratori e ci sono scansafatiche. E’ stato visto di recente, infatti, che mentre alcune api sono più attive e magari anche più amanti dell’avventura, altre sono più timide e riservate.
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9 - Grandi occhi ma niente bocca
Le api non hanno una bocca. Non hanno un apparato in grado di rosicchiare o mordere, ma possono solo succhiare liquidi. Questo avviene attraverso una ligula, che arriva fino a 8mm di lunghezza. Quando qualcuno dice che le api rovinano le vigne rosicchiando l’uva, si sbaglia. Infatti, sono le vespe, quelle che mordono i frutti, e poi le api arrivano per approfittarne.
10 - Il sole le aiuta ad orientarsi
Le api sono capaci di utilizzare il sole come una bussola per orientarsi nell’ambiente in cui svolazzano. E, in presenza di tempo brutto o cielo nuvoloso, queste instancabili lavoratrici, hanno trovato una soluzione. Riescono ad orientarsi grazie a speciali recettori, che percepiscono la luce polarizzata. E, grazie a questo meccanismo, l’ape riesce a conoscere sempre la posizione del sole nel cielo.
11 - Amano bere acqua sporca
Le api devono bere. E preferiscono l’acqua marcia a quella di sorgente. Il loro metabolismo, infatti, necessita di sali minerali in abbondanza. E riescono a trovarli nell’acqua stagnante mentre sono scarsi in quella pura. 
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12 - Le api lavorano senza sosta
Per un singolo volo di ricognizione un’ape è capace di visitare tra i 50 ed i 100 fiori. Ma, non solo, si stima che per fare 1 kg di miele, una colonia deve compiere tre volte l’orbita terrestre. In termini di fiori, 2.737.500 fiori per 1 kg di miele.
13 - Le api comunicano anche danzando
Con l’esecuzione di una particolare danza, i cui movimenti sono perfettamente codificati, l’ape operaia può comunicare informazioni sulla direzione e la distanza a cui si trovano fiori, nettare, polline e sorgenti d’acqua. Tale danza è il meccanismo con il quale le api possono reclutare altre api del loro alveare, per la raccolta di risorse.
14 - Le api invernali sono diverse da quelle estive
Le api che nascono in inverno sono molto più longeve delle api che vengono al mondo in estate. Mentre per le seconde la speranza di vita si aggira intorno alle tre settimane, le prime possono arrivare anche a raggiungere i tre mesi di esistenza. Ciò dipende da alcune differenze fisiologiche che maturano inevitabilmente quando la stagione calda volge al termine. Fin dalla nascita, le api "invernali" vengono allevate con una quantità di polline superiore a quella prevista per le loro sorelle nate in estate, o primavera. In conseguenza di ciò, avvicinandosi all’inverno, la maggior parte delle operaie vede svilupparsi le ghiandole ipofaringee e altri "corpi adiposi". Questi contengono proteine, che andranno a costituire delle vere riserve nutritive, e si riveleranno decisive nell’assicurare alle api una maggiore longevità. Infine, tramite il meccanismo della trofallassi, le api riescono, attraverso le ligule, le loro bocche, a scambiarsi il miele che servirà loro come carburante per far vibrare i muscoli pettorali, e riscaldarsi alle temperature rigide. E questo è uno dei più brillanti esempi in natura, di come un essere vivente, seppur in condizioni assolutamente proibitive, possa resistere tramite una proficua collaborazione con i suoi simili e l’intero ecosistema.
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15 - Il veleno delle api ha proprietà terapeutiche
Nonostante sia doloroso, tale veleno è usato per curare almeno 500 malattie umane. Contiene, infatti, un’importante sostanza nota come apitossina. I rimedi di quasi tutte le malattie respiratorie e ossee hanno questa sostanza come componente. Le malattie come l’Alzheimer sono trattate con l’aiuto di questa sostanza. Si ritiene addirittura che la base per la possibile cura dell’AIDS sia nei pungiglioni di questi insetti. Sono una piccola ape furibondaAlda Merini Infine è doveroso aggiungere questa chicca....
Le api hanno un protocollo anti-pandemia
Sì, è vero. Nel momento in cui un fungo, un virus, una malattia entra dentro l'alveare, per prima cosa, le api lavoratrici portano grandi quantità di propoli, un antibiotico naturale per auto-curarsi velocemente. Ma non solo, in quell'esatto momento, attuano un vero e proprio protocollo anti-epidemia. Subito rimuovono le larve che sono state contaminate e, così, salvaguardano l'alveare. Dalla notte dei tempi esiste una sorta di alleanza tra il genere umano e l’ape. L’ insetto giallo e nero fornisce all’uomo i preziosi doni dell’alveare e impollina le piante coltivate, mentre la nostra specie provvede alla sua casa e la sua cura, difendendolo dalle difficoltà (compito che non assolviamo benissimo!). E poi si tratta di un legame tra due 'sapiens'. Sì perchè l’ape è un insetto biologicamente molto complesso e, per questo, si è guadagnata il soprannome di "insecto sapiens". L'ape, un piccolo animale provvisto di un cervello grande come un semino di sesamo, ma in grado di fare grandi cose. Aiutiamola. Salviamola. Ci guadagneremo anche noi! LEGGI ANCHE... Albert Einstein: 18 Curiosità Sul Genio Della Fisica Ciao da Tommaso! Vieni a visitarci sulla nostra pagina Facebook e Metti il tuo MiPiace! Condividi il nostro articolo sui tuoi social >> Read the full article
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tmnotizie · 4 years
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SAN BENEDETTO – L’Associazione Insieme Onlus, promuove un ciclo di laboratori esperienziali aperti a tutti dal titolo “Respira, Ridi, Balla, Vivi… e Ama”. Un percorso di consapevolezza e creatività, attraverso l’esperienza di ascolto e movimento che si terrà a Porto d’Ascoli presso la Kabina Welcome in via Torino 200.
Questo è il programma: 10 Febbraio ore 21 MEDITAZIONE E RESPIRAZIONE;
24 Febbraio ore 21 DANZAMOVIMENTOTERAPIA;
9 Marzo ore 21 YOGA DELLA RISATA;
30 Marzo ore 21 LA PIZZICA TARANTATA;
6 Aprile ore 21 COLORIAMO I MANDALA;
27 Aprile ore 21 DANZAMOVIMENTOTERAPIA;
11 Maggio ore 21.TEATROTERAPIA;
25 Maggio ore 21 DANZAMOVIMENTOTERAPIA;
8 Giugno ore 21 LA PIZZICA TARANTATA
RESPIRAZIONE E MEDITAZIONE.
Imparare ad essere presenti è fondamentale per vivere in Armonia ed Equilibrio, con noi stessi e con il mondo. Le tecniche di Pranayama e di Meditazione ci aiutano ad apprendere l’Arte del Respiro e della Presenza, per godere a pieno del Qui ed Ora e per smontare tutti quei programmi di pensiero automatico che sabotano la nostra felicità.
DANZAMOVIMENTOTERAPIA
Proposte di movimento per vivere la propria creatività danzando attraverso movimenti piacevoli. I laboratori si rivolgono a tutti coloro che vogliano riscoprire il piacere del corpo in movimento, per vivere un’esperienza rilassante, ludica e vivificante. Attraverso semplici indicazioni, i partecipanti verranno accompagnati e guidati nell’attività di esplorazione e di ascolto del proprio corpo, per poter sperimentare passo dopo passo un flusso di movimento libero e spontaneo che apporta diversi benefici.
Metodologie utilizzate:
Esercizi individuali
Esercizi di coppia
Esercizi di gruppo
Attivazione corporea
Esperienze di contatto
Movimenti espressivi
Pratiche di rilassamento
Verbalizzazione
YOGA DELLA RISATA.
Lo Yoga della Risata unisce insieme le pratiche di respirazione, di meditazione e di gioco per lavorare nel profondo, ma con leggerezza e divertimento. Lo YdR permette di: migliorare l’umore e ridurre lo stress, migliorare la respirazione, aumentare l’autostima, ridurre depressione e insonnia, ridurre ansia e paure, migliorare sistema circolatorio e linfatico e rafforzare il sistema immunitario e infine permette di migliorare noi stessi e le nostre relazioni.
ABSTRACT- LA PIZZICA TARANTATA: MOVENZE E CONTESTO STORICO-CULTURALE
Durante il laboratorio verranno proposte teorie e tecniche relative al ballo della pizzica salentina. Si partirà dalla conoscenza dei codici tradizionali per poi romperli attraverso nuovi linguaggi, grazie ad una metodologia unica nata dall’unione dell’esperienza accumulata negli anni da Sheila, nel campo della danza e della danzamovimentoterapia insieme ad una grande conoscenza della materia e delle tradizioni popolari, frutto delle sue origini salentine. La pizzica fa bene al corpo e allo spirito, essendo una danza liberatoria, emotiva e divertente. Questo ballo, ricco di fascino, aiuta a mantenersi in forma e a combattere lo stress.
COLORA il tuo MANDALA.
L’Arteterapia per la realizzazione del tuo Mandala personale, in modo libero e creativo, con l’elaborazione del suo messaggio. “Il Mandala, come uno specchio, ci mostra il nostro mondo interiore e nell’atto creativo di realizzarlo e colorarlo, allo stesso tempo, lo riordina, ristabilendo un equilibrio ed un’armonia divine, cosmiche.”
TEATROTERAPIA.
Nel percorso di Teatroterapia si viaggia tra i nostri personaggi interiori che si possono raccontare e possono vivere, in un mondo protetto e giocoso, grazie ai gesti e ai movimenti del corpo, alla voce e alla relazione con l’altro. Attraverso ricordi ed emozioni, nel mondo del “Come Se”, si rivive in modo autentico ciò che conta per noi, ciò che si vuole portare avanti, ciò che si vuole esprimere ed è spesso represso, ciò che si vuole eliminare… sostenendolo e rielaborandolo, attraverso un lavoro/gioco di consapevolezza, percezione e azione.
Con: Emy D’Erasmo Life Energy Coach, counselor Olistico, Dott.ssa in Psicologia specializzata in Arti Espressive e Teatroterapia, Teacher e Coach di Yoga della Risata, Esperta in Tecniche Terapeutiche Energetiche.
Con: Sheila Murciano Insegnante di danza, Coreografa, Danzamovimentoterapista
(Si consiglia abbigliamento comodo)
366/3623811 – 342/8777135
Ingresso Gratuito agli Associati Insieme
(Euro 5,00 a laboratorio per tutti gli altri)
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salentipico-blog · 6 years
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Venerdì 17 novembre le Manifatture Knos di Lecce compiono dieci anni di attività e festeggiano con due mesi di eventi speciali tra cinema, teatro, workshop, mostre, musica e incontri per fitto calendario di appuntamenti promosso con il patrocinio di Creative Lenses, Assessorato Industria Creativa e Culturale della Regione Puglia, Provincia di Lecce e Comune di Lecce. Un momento importante per il centro culturale salentino che dal 24 novembre sarà anche presente alla Triennale di Milano nell’ambito del progetto Nub New Urban Body – Esperienze di generazione, che riunisce dieci esempi italiani e internazionali di spazi polifunzionali e sperimentali che incidono positivamente sulla trasformazione della città.
Dieci anni fa, esattamente il 17 novembre 2007 alle 18.55, il centro culturale apriva le porte al pubblico. Una vecchia struttura abbandonata da più di dieci anni, che un tempo aveva ospitato una scuola per operai metalmeccanici (Centro Opera Nazionale Salesiani – CNOS), veniva restituita alla città dopo un lungo processo di rigenerazione e valorizzazione. Un percorso guidato dall’associazione culturale Sud Est, che gestisce il luogo, che ha coinvolto numerosi cittadini, creativi, associazioni e artisti con l’idea comune di riportare in vita uno spazio pubblico, sgombrarlo da decine di “pachidermi” in ferro (i vecchi macchinari dormienti e in parte ancora funzionanti), ripulire e rimettere a nuovoil luogo ripartendo dalla periferia per creare nuove opportunità di sviluppo.
In un periodo in cui i leccesi reclamavano spazi per la cultura e per la socialità – quelli attualmente esistenti sarebbero nati solo qualche anno dopo -, si riconsegnavano alla città oltre 4000 mq in cui progettare e “fare” insieme. Un luogo che tornava a vivere simbolicamente a partire dalle 18.55, orario sul quale il grande orologio posto al centro della piazza si era fermato da anni.
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Il prossimo venerdì 17 novembre quell’orario segnerà un altro momento importante nella storia delle Manifatture Knos, un compleanno che conta dieci candeline, dieci anni di relazioni, di cambiamenti, di progettualità, di comunità. Dieci anni durante i quali “il Knos” è entrato a far parte del circuito internazionale Trans Europe Halles, la rete che riunisce i centri culturali indipendenti europei e del programma europeo Creative Lenses finalizzato a ideare, sperimentare e diffondere nuovi modelli di sostenibilità per l’arte e la cultura. Da 5 anni inoltre il centro leccese è impegnato negli Incontri del terzo luogo, progetto visionario condotto insieme al paesaggista e filosofo francese Gilles Clément che lo scorso aprile ha portato alla stesura di un manifesto per sancire il lavoro di riflessione sulla città scaturito dopo anni di lavoro insieme ai cittadini. Proprio Gilles Clement, in quell’occasione scriveva: “Le Manifatture Knos trasformano il campo culturale in un teatro di creatività possibili, questa dinamica non è appesantita da alcuna posizione dogmatica in tema di sapere e pone l’arte al cuore di ogni impresa di vita. È un luogo in cui si fa un passo dopo l’altro: avanzano danzando”.
Una festa in grande stile quella del 17 novembre, anzi un festival, due mesi di eventi speciali in cui si ritrovano tutti coloro che in questi dieci anni hanno contribuito a far crescere le Manifatture Knos.
La giornata si aprirà con l’inaugurazione della mostra dell’archivio fotografico delle Manifatture Knos a cura del fotografo Maurizio Buttazzo e con le installazioni ad opera dello stesso Buttazzo e degli artisti Azzurra Cecchini, Simone Franco, Andrea Buttazzo, Marinella Mazzotta e Oronzo De Stratis. Nel corso della serata spazio alle proiezioni video 30’’ di Knos e alle incursioni della Compagnia Traballante TramPuglia con con Dario Cadei del Piccolo Circknos. Come ogni venerdì inoltre la grande piazza centrale si animerà con le coloratissime bancarelle del Mercato Contadino del Gruppo di Acquisto Solidale Oltre Mercato Salento. Spazio anche alla musica con due storici dj della scena musicale salentina: Postman Ultrachic e Gopher, selezioni in vinile per un dj-set tra sonorità ricercate, soul, funk, r&b.
La festa continua sabato 18 novembre (ore 20.45 – ingresso 8 euro – prenotazioni al 388.7618961) con Autodiffamazione, della compagnia Barletti/Waas che porta in scena il testo di Peter Handke nella traduzione di Werner Waas, sul palco con Lea Barletti, musiche di Harald Wissler. Uno spettacolo bilingue – tedesco e italiano con sovratitoli – “antidoto contro la superficialità, contro la sensazione di rumore diffuso” si legge nelle note di regia “uno spettacolo nato dal desiderio di concentrazione e di contatto reale con il pubblico, che sviluppa proprio in virtù della sua urgenza autentica e della sua fiducia nei propri mezzi, un alto grado di efficacia. Concentrazione e contatto reale necessitano di tempo, forse addirittura di lentezza nel rapporto con il mondo, il ché suona quasi scandaloso: questo è lo scandalo che abbiamo deciso di dare”.
Il programma di appuntamenti teatrali proseguirà con Le spose di Barbablù della compagnia Io Ci Provo (25 novembre), La danza delle api di Roberto Dell’Orco (1 dicembre), lo spettacolo a cappello The Sprockets (9 dicembre), Gramsci Antonio detto Nino di Ura Teatro (16 dicembre), Digiunando davanti al mare di Principio Attivo Teatro (23 dicembre) e gli spettacoli di Kids Festival (dal 3 al 7 gennaio). Dall’1 dicembre spazio alle tre mostre Cinque anni di terzo luogo tratta dall’archivio fotografico del Knos, Arte involontaria – fotografie di Gilles Clément e Gli imprevedibili – disegni di Gilles Clément. Dalla fotografia alla danza, all’educazione per l’infanzia con un ciclo di workshop che si svolgeranno fino a dicembre: gli appuntamenti di Officina Fotografica a cura di Maurizio Buttazzo, Daniele Coricciati e Alessandra Tommasi (18 e 25 novembre), lo stage di danza aerea con Elodie Doñaque (16 e 18 novembre), il seminario con Gerhard Jaeger di Abc House – Bruxelles a cura di Fermenti Lattici (27 e 28 novembre) e la masterclass con Michele Frammartino al Cinelab Giuseppe Bertolucci (13 dicembre). Sempre presso il Cinelab appuntamento con il Cinema del terzo Luogo (23 novembre e dal 2 al 21 dicembre) e l’incontro sull’editoria e la letteratura araba a cura di Yalla Shebab Film Festival in collaborazione con Lea – Liberamente e Apertamente (15 dicembre). Non può mancare la musica: ogni venerdì appuntamento con le West Africa sessions del progetto La Repetition con l’organettista Claudio Prima e, fino al 23 dicembre, spazio a live e dj-set con Dubbin’town a cura di Red Vibes, Krill dj-set con Mimmo Pesare e Mino degli Atti, Lim+Toyoma live e dj-set, le selezioni di Tobia Lamare, Ennio Ciotta e Rocco Morano, la jam session reggae di Beirut World Beat, Head to Head live con Amerigo Verardi. Tra gli incontri quello dedicato all’editoria e letteratura nordafricana a cura di Krill Talk (23 novembre), gli Incontri del Terzo luogo con Gilles Clément, Patrick Bouchain, Massimo Amato, Franco Piavoli, Michelangelo Frammartino (dal 30 novembre al 4 dicembre), la Storia di The Sprockets (venerdì 15 dicembre) e l’incontro con Farouk Marouk Mardam Bey sul tema dell’editoria e della letteratura siriana presso il Cinelab Bertolucci (15 dicembre). E ancora feste, come l’atteso ritorno del Capodanno dei Popoli l’1 gennaio nell’ambito del progetto Knos Orchestra senza Confini, le cene a tema e i mercati, quello contadino ogni venerdì e El Mercatone una volta al mese (2 dicembre il prossimo) arricchischino una programmazione già nutrita ma ancora aperta a proposte e idee dell’ultim’ora. Tutti gli appuntamenti qui sul sito delle Manifatture Knos www.manifattureknos.org/
K10 Festival alle Knos, due mesi tra arti, spettacoli e mercatini Venerdì 17 novembre le Manifatture Knos di Lecce compiono dieci anni di attività e festeggiano con due mesi di eventi speciali tra cinema, teatro, workshop, mostre, musica e incontri per fitto calendario di appuntamenti promosso con il patrocinio di Creative Lenses, Assessorato Industria Creativa e Culturale della Regione Puglia, Provincia di Lecce e Comune di Lecce.
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allthatweb · 7 years
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Webstar: i videomaker, italiani e non, assolutamente da scoprire
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Alzi la mano chi si ricorda che cos’era ShareYourWorld. Il suo fondatore Chase Norlin credeva ciecamente in una piattaforma su cui gli utenti potessero pubblicare i propri video. Se l’idea vi sembra già sentita e, soprattutto vista, considerate che questa prima piattaforma di video sharing risale al 1997, otto anni in anticipo rispetto a YouTube. Era l’epoca delle prime telecamere digitali e cominciava la produzione di video amatoriali direttamente in formati adatti al web. L’avventura è terminata nel 2001 ma l’idea è proseguita con il successo commerciale di website come, appunto, YouTube e Vimeo.
Celebriamo vent’anni di vita delle piattaforme video attraverso i personaggi - italiani e non - che, rispetto agli altri, hanno secondo noi utilizzato il mezzo in maniera particolarmente curiosa, bizzarra o semplicemente intelligente.
Barackdubs Ci mancherà anche per il suo amore per la musica. Ma che Barack Obama si dilettasse con hit come Work di Rihanna e Uptown Funk di Mark Ronson durante discorsi ufficiali non era pensabile. Ci ha pensato Baracksdubs, che ha dato vita ad esilaranti collage di parole estratte dagli interventi pubblici dei suoi 8 anni di presidenza USA sulle basi delle hit più conosciute.
Fred “Dove finiscono le persone che amo quando mi raccontano che sono andate in un posto migliore?". Questo è il tenore delle domande con cui alcuni baby intervistatori imbarazzano gli sconosciuti che fermano per strada nella webserie “Questions My Parents Won't Answer”. Eh no, caro signore con la magliettina azzurra e il cono gelato: non vanno in un posto carino nel Mid-West. Coraggioso, criticato e controverso, il progetto FRED è rivendicato dal giovanissimo Lucas Cruikshank.
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Cameron Dallas Con i video di 6 secondi del defunto Vine ha costruito la sua fortuna. Cameron Dallas, ora attore e modello lanciatissimo, è mostrando come poter dormire sospeso tra due cappelliere di un autobus o danzando come Drake che è diventato una celebrità. A suo modo, uno specchio perfetto della vacuità del nostro tempo.
Lyrical School Ma chi l’ha detto che i video musicali devono essere tutti in formato orizzontale come da standard YouTube e Vimeo? Il gruppo hip hop femminile giapponese è stato il primo a realizzare una clip musicale in verticale pensata appositamente per la navigazione verticale su smartphone.
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CrazyRussianHacker Per Taras Kulakov "la sicurezza è la priorità numero uno". L’ex nuotatore olimpico ucraino vive attualmente a Waynesville in Carolina del Nord e mette alla prova tutto, dalla bollitura della Coca Cola agli alimenti militari. Ci dice anche come pelare le patate nel modo più rapido e “safe”.
Veritasium Come cambiano colore i camaleonti? C’è acqua sulla Luna? Le macchine potranno realmente guidarsi da sole? Derek Muller mostra sul suo canale di scienza e ingegneria esperimenti, interviste ad esperti, dimostrazioni pratiche e discussioni sui temi più caldi e curiosi della comunità scientifica.
Marzia Bisognin di cognome, ha quasi 7 milioni di followers e un modo di fare che piace molto, sofisticato ma familiare, nel raccontare giornate qualsiasi, luoghi da visitare, ricette, novità fashion. E spesso compare anche il fidanzato PewDiePiel, ad oggi una delle videostar più celebri in assoluto.
Matteo Fumagalli L’anti-youtuber per eccellenza che diventa fenomeno di nicchia. Sul suo canale parla di libri, cinema, musica, ma lo fa con uno stile riflessivo e composto che è davvero fuori dal tempo, e di certo fuori da qualunque tipo di “frenesia” social. Da scoprire.
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Marcello Ascani Uno dei primi youtuber italiani ad usare il disegno nei suoi video, Ascani parla dei più classici dilemmi adolescenziali (dal primo amore alla gita di classe fino alle serie tv) con piglio ironico e incredibilmente maturo.
Daniele Doesn’t Matter Non potremmo dirlo meglio delle sue stesse parole: “Rappresento episodi antropologici con un fondo di verità e denuncia sociale attraverso sketch, personaggi e videofenomeni di Youtube, rispondendo alla domanda: "perchè la gente vuole diventare fenomeno di Youtube umiliandosi?!": It Doesn't Matter!”.
Violetta Rocks Parla - in romanaccio - un po’ di tutto, come da consuetudine del mezzo, ma con estrema cognizione di causa, soprattutto di cinema che racconta e recensisce in maniera competente. Da seguire se siete amanti “della commedia demenziale e della cucina spazzatura”.
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lontanoeavventuroso · 7 years
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Gli ultimi tre desideri
Questa notte è morto pà Andrew, il papà di Stella, il nonno di Luis e Mary Queen e anche di Patrick. Mettiamo qualche chilo di riso in una borsa e ci incamminiamo verso il loro compound. Tutte le persone del villaggio stanno andando lì. Dai cortili dei compound vicini si alza il fumo e profumo di olio di palma, le donne hanno già iniziato a preparare il cibo: tra oggi e domani mangeranno qui alcune centinaia di persone, tutti i vicini si aiutano per cucinare e il cibo normalmente basta per tutti, bambini compresi. Quando arriviamo, Stella ci viene subito incontro, ci racconta che il papà si è spento sereno, quasi senza che nessuno se ne accorgesse. Ieri sera si è assicurato che avessero dato cibo al maiale e poi si è addormentato. Vedo Luis da lontano, è triste e viene a farsi abbracciare. Patrick non c’è, poco fa era al dispensario per il controllo settimanale, forse è ancora in giro con gli amici. Il compound è costituito da tre edifici, da un lato del cortile stanno seduti gli uomini e dall’altro le donne. Nel mezzo hanno posto un tavolo su cui ci sono i vestiti di pà Andrew e accanto le pentole con il cibo che le mogli hanno cucinato per lui durante la vita: riconosco cocoiam, pannocchie di mais, jam… Un gruppo di donne sta piangendo e danzando insieme alle due mogli, che vengono sostenute da dietro. Cantano, si lamentano e ondeggiano lentamente. Le donne e gli uomini entrano nel compund separati, a gruppetti, in fila, ognuno piangendo e danzando lentamente, “dialogando” con il gruppo che danza con le mogli. E’ un rituale antico che dura tutta la giornata, fino al momento della sepoltura. Ci viene offerto un posto dove sederci, scegliamo una panca lungo la siepe, dove c’è un po’ di ombra. Poi nelle pause della danza, a turno vengono a salutarci le mogli (la nonna di Patrick e la nonna di Luis e Mary Queen), le figlie e i figli, e tante delle persone presenti. Conosciamo quasi tutti e scambiamo abbracci, strette di mano e parole di conforto e di amicizia. Conoscevamo bene pà Andrew. Un paio di mesi fa stava male e con grande fatica la famiglia era riuscita a convincerlo a farsi ricoverare al dispensario. Era arrivato in condizioni critiche, si era salvato per miracolo e quando ormai era ristabilito e gli avevamo detto che poteva tornare a casa, si era rifiutato e aveva voluto rimanere altri due giorni. Una settimana fa eravamo venute a trovarlo. Chinandomi per entrare nella bassa porta della cucina del compound, ero stata assalita dal fumo del fuoco acceso in mezzo alla stanza. Ci era voluto un po’ per calmare la tosse e abituare gli occhi all’oscurità e al fumo pungente. Pà Andrew restava ormai sempre lì, sdraiato a pochi centimetri dalle tre grosse pietre su cui si appoggia la pentola per cucinare. Era debole ma presentissimo. Avevamo intuito che sarebbe stato l’ultimo saluto. Ci aveva confidato che tempo prima aveva chiesto a Dio di lasciarlo in vita fino al momento in cui avrebbe visto esauditi i suoi ultimi tre desideri: vedere Patrick salvo (e questo si era realizzato grazie all’intervento al cuore). Vedere costruita la casa di Stella (mancava ormai solo lo zinco sul tetto). Rimaneva solo l’ultimo desiderio: riunire tutti i suoi figli e raccomandare loro di volersi sempre bene e aiutarsi in ogni difficoltà della vita. E questo lo ha realizzato appena pochi giorni fa. Tutto compiuto.
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classystarfishdreamer · 9 months
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Olga De Maio e Luca Lupoli al Maschio Angioino
Magie del Belcanto e Danze d’Epoca a cura di Associazione Culturale Noi per Napoli APS Estate a Napoli 2023 22 agosto Maschio Angioino h.20 Dall’8 agosto al 20 settembre 2023, torna “Estate a Napoli”, la manifestazione di eventi e attività di spettacolo promossa dal Comune di Napoli, giunta quest’anno alla sua 44ª edizione. Un format che, a partire dal 1979, si rinnova e si attualizza, con…
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