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#Redazione Adolescente
marcogiovenale · 1 year
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'roots § routes': call for proposals
info (.IT): https://www.roots-routes.org/call-for-proposal/ info (.EN): https://www.roots-routes.org/english-call-for-proposal/ _
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gamingpark · 2 months
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Christina Applegate si apre sulla lotta contro l'anoressia
NOTIZIA 14 maggio 2024 Redazione Christina Applegate ha parlato per la prima volta della sua passata lotta contro l’anoressia. La star di Hollywood, 52 anni, ha raccontato che la sua battaglia contro i disturbi alimentari è iniziata quando era un’attrice adolescente e interpretava Kelly Bundy in Sposati… con figli. Parlando apertamente della sua battaglia per la salute sul suo MeSsy Podcast,…
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downtobaker · 4 months
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La Maleuforia di Deborah D'Addetta, sentimento dell'incompleto e dell'inappagato
da redazione La maleuforia è un sentimento che sublima l’incompleto, l’inappagato, il non consumato. Trova il suo compimento scoprendo la felicità nell’inquietudine. È disposizione innata dell’animo, desiderata e dolente, uno di quegli attimi che. Per Raffaele De Palma, adolescente cresciuto a Napoli tra gli anni Ottanta e Novanta, è ciò che permette di riconoscere i dissidi interiori, i momenti…
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personal-reporter · 1 year
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Elio Vittorini, tra letteratura ed editoria
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Una vita che attraversò parte del Novecento… Elio Vittorini nacque il 23 luglio 1908 a Siracusa, in Sicilia e il padre, ferroviere, si spostava  speso  per lavoro lungo la regione, portando con sé la famiglia. Elio, adolescente irrequieto, divenne desideroso di scoprire un mondo più ampio degli orizzonti provinciali, così scappava frequentemente da casa per esplorare luoghi nuovi e sconosciuti. A sedici anni, stanco della scuola di ragioneria cui era stato iscritto dalla famiglia, abbandonò per sempre la Sicilia nel 1924 e, dopo aver trovato un impiego a Gorizia,  cominciò  la sua formazione culturale, modellata sui grandi scrittori europei del tempo in reazione al provincialismo della cultura del regime. Sempre di questo periodo fu l'avvicinamento alle posizioni di Curzio Malaparte e della rivista Strapaese, che Vittorini espresse in un articolo apparso nel 1926 su La conquista dello stato. L’anno successivo, grazie all’intervento di  Malaparte, Elio divenne collaboratore della Stampa, e, dopo aver spedito a La fiera letteraria il  suo primo racconto,   Ritratto di re Gianpiero, lo vide pubblicato sulle pagine della rivista. Nel 1927 Vittorini sposò la sorella del poeta Salvatore Quasimodo, Rosa, che gli diede l’anno successivo il primo figlio, Curzio, nome scelto per il legame con Malaparte. Poco dopo, nel 1929, lo scrittore ritornò sul carattere provinciale della letteratura italiana pubblicando alcuni interventi sulle pagine della rivista fiorentina Solaria, che era la principale voce per dare un respiro europeo alla cultura italiana soffocata dal regime e dalle sua pretese autarchiche. Nel 1931 fu pubblicato, sempre dalla rivista fiorentina, Piccola borghesia, prima raccolta di racconti di Vittorini che, trasferitosi a Firenze, divenne  segretario di redazione di Solaria e correttore di bozze per il quotidiano La Nazione. All'identità di Solariano, Vittorini unì la frequentazione della Firenze intellettuale ed ermetica, riunita all’epoca nel caffè delle Giubbe Rosse, dove iniziò ad interessarsi alla cultura e la lingua anglosassone. Studiato l'inglese, Elio cominciò la carriera di traduttore, che gli permise di lavorare a stretto contatto con il mondo editoriale, sia come collaboratore che come direttore di importanti collane. Nel 1933 pubblicò a puntate sulle pagine di Solaria Il garofano rosso, suo primo romanzo  e nell’anno successivo divenne padre per la seconda volta, questa volta di Demetrio. Elio nel 1936 iniziò a lavorare su Conversazione in Sicilia, una delle sue opere principali sia sul piano contenutistico che su quello stilistico, che fu pubblicato a puntate su Letteratura, poi ripubblicato in volume prima da Parenti nel 1941 e da Bompiani nel 1942. Nel 1938 lo scrittore si trasferì  a Milano per lavorare da Bompiani, e li ci fu il riavvicinamento di Vittorini con un vecchio amore milanese, Ginetta Varisco. L’opera di censura perpetrata dal regime fascista colpì anche l’antologia Americana, una raccolta dei principali narratori statunitensi del tempo e di cui Vittorini aveva redatto le note critiche. Il secondo conflitto mondiale e la guerra di Resistenza videro lo scrittore attivamente impegnato nella stampa clandestina e coi partigiani. Questa esperienza diede vita nell'immediato dopoguerra a Uomini e no, romanzo che è il punto di maggiore vicinanza tra l'autore e il Neorealismo. Lasciata la famiglia per vivere con Ginetta Varisco a Milano, Vittorini nel 1945 divenne direttore dell’Unità  e fondò Il Politecnico, rivista che mirava a smuovere il dibattito sulla cultura e la società italiana, ma che durò solo fino al dicembre del 1947. Nel 1951 Einaudi affidò allo scrittore la collana di narrativa I gettoni, grazie alla quale debuttarono scrittori di successo, come Carlo Cassola, Beppe Fenoglio, Mario Rigoni Stern e Leonardo Sciascia. Inoltre Vittorini collaborò con Mondadori, per cui rifiutò di pubblicare Il gattopardo di Tomasi di Lampedusa, grande best-seller del 1957 per Feltrinelli. Malato da tempo, Elio Vittorini morì il 12 febbraio 1966 a Milano. Read the full article
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chez-mimich · 2 years
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TOPOGRAFIA POLITICO-SENTIMENTALE PER FLÂNEUR D’ALTRI TEMPI
Di solito andavo a piedi, qualche volta in bicicletta o in autobus, mai in auto, anche perché non ce l’avevo. Se l’avessi avuta non sarei diventato un inguaribile flâneur. Da adolescente e da giovane ero anche un “flâneur politico”, (era la seconda metà degli anni Settanta), perché la politica si faceva anche per la strada, nella strada e comunque i luoghi della politica erano topograficamente tangibili e non “virtuali”. Io li ho frequentati tutti o quasi dall’età di tredici-quattordici anni in avanti, ma anche prima con mio nonno Giovanni che qualche volta mi portava da qualche suo amico nella sede del Partito Socialista Italiano in Largo Buscaglia a Novara. Un palazzo austero che esponeva un cartello dipinto a mano con la falce e martello sopra la quale campeggiava la scritta: P.S.I. (il simbolo del garofano venne molto tempo dopo). Lì vicino, c’era un altro luogo che qualche anno dopo, frequentai assiduamente, la sede del Circolo Anarchico di Via dei Mille. Spesso, dopo qualche riunione del “movimento studentesco”, ci si trasferiva in Via Dolores Bello, appena in cima alla scala che portava sul Baluardo, nella sede del P.C.I., al primo piano di un palazzo antico e allora un po’ trascurato. In Corso Cavour c’era la Sede dell’ANPI e in Piazza Tornielli Bellini aveva la sua sede l’M.L.S. (Movimento Lavoratori per il Socialismo), molto organizzato ed efficiente, in cui si andava a “ciclostilare” i volantini (cfr. La voce “Ciclostile” su Wikipedia). In Via Mossotti, all’incrocio con Via Canobio, ha avuto la sua sede per pochi mesi il periodico politico “Brontentola” (nome nato dall’unione di “Brontola” e “La pentola”) giornale degli studenti di sinistra di Novara, cioè praticamente tutti. Non tutte strettamente sedi di movimenti politici, ma ascrivibili ai luoghi di ritrovo di “compagni” (termine che una volta designava le persone di “sinistra”), erano la sede della CIGL, in Via Marconi, ma anche bar e circoli, come il “Mombaruzzo” di Via Fratelli Rosselli o il “Ramlin” di Via dei Gautieri, ma pure la legatoria di Marco Peressi , che diventò per qualche tempo la redazione di un’altra rivista post-movimentista, “Macedonia”, o radio libere come Radio Kabouter in Via dei Cattaneo o Radio Voce Popolare di Via Pontida, la Libreria “La Talpa” di Via Solaroli (mia seconda casa). E la periferia? Semplicemente era periferia solo topografica: in Corso della Vittoria aveva una delle sue sedi Lotta Comunista, l’altra era in Corso Milano. Lotta Continua aveva sede in un locale prospiciente il sottopassaggio di Corso Risorgimento. E poi tutti i “circoli” a cominciare dal “25 Aprile” di Corso Cavour, ma anche la Soms (Società Operaia di Mutuo Soccorso) della Piazza di San Martino, il Circolo Operaio della Bicocca, la Fratellanza, il Circolo del Cascinone… La politica era per la strada. La politica, almeno quella della sinistra, era un tutt’uno con le strade: i comizi si facevano in piazza, i cortei percorrevano le strade, i volantini si distribuivano davanti alle fabbriche e alle scuole, i sit-in si facevano sui marciapiedi, i blocchi stradali si facevano in mezzo alla strada, insomma i luoghi della politica insistevano “sulle strade”. Oggi la politica non è più nelle strade, la politica è solo “virtuale”, lontano dal “reale” e la sinistra ha perso e continua a perdere. Un caso?
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ma-come-mai · 2 years
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I 40ENNI CHE TORNANO A VIVERE NELLA CAMERETTA SONO LA PIU' GRANDE SCONFITTA DELLA POLITICA
Voi non avete idea di quante lettere la redazione di Fanpage.it stia ricevendo in questi giorni. Ve lo dico io: valanghe di storie e parole di persone che non riescono a trovare un lavoro.
Avrei voglia di stamparle queste lettere, e poi rincorrere Briatore e Renzi fino sotto casa e leggerle loro ad altissima voce nelle orecchie. Oppure andare da tutti quei piccoli imprenditori che si sentono Olivetti ma somigliano invece agli schiavisti della Virginia, e dire loro: davvero volete abolire il reddito di cittadinanza?
Davvero qualcuno può pensare che se la gente non mangia, vada tutto bene?
In queste lettere che riceviamo leggo tristezza ma non sconforto, se non una briciola o due.
Leggo scoraggiamento dopo ogni colloquio di lavoro fallito, dopo ogni lavoro da sfruttato, dopo ogni contratto non fatto perché "non mi conviene assumere: o al nero o niente".
Cola smarrimento da certe parole di certe lettere. Smarrimento per avere avuto ancora una volta la necessità di un aiuto da parte dei genitori, invece di essere in grado di darne uno loro, a due persone anziane.
Per voi – moltitudine senza lavoro – che ci avete inondato di sentimenti e parole, io non ho nessun consiglio. Più ci penso e meno ne trovo.
Posso dirvi che provo rigetto per i video motivazionali e per chi vorrebbe insegnare come si vive lo scoramento del rifiuto, ma non l'ha mai vissuto.
Sono incompatibile con i consigli di chi ha il dubbio su dove andare in vacanza, e non se ci andrà.
Ritengo irricevibili i consigli di chi ogni sbaglio l'ha coperto con i soldi del papy, e poi l'ha chiamata gavetta.
E dunque no, sfruttati, disoccupati e perdenti alla lotteria dell'impiego: non ho nessun consiglio per voi. Però non accettatene neanche da altri, soprattutto da quella classe imprenditoriale che con pochissime eccezioni è pronta a insegnare come si reagisce a una sconfitta senza essere mai rimasta senza soldi dopo una battaglia. Nessuno che abbia negato loro un lavoro perché "quella strana calvizie non è normale, dimmi la verità, hai fatto la chemioterapia".
Nessuno che abbia mai guardato la loro carta d'identità cercando di capire se sono ancora in età fertile oppure no.
E allora quali consigli vorreste dare, piccoli borghesi che avete sempre votato per voi e mai per la collettività?
Voi che avete raschiato il barile delle leggi e continuato a scavare, per riuscire a risparmiare due centesimi all'ora per un vostro dipendente?
Prendete le vostre idee imprenditoriali e appallottolatele lontano, che nessuno possa contagiarsi con la credenza "sfamare chi ha fame è sbagliato, dategli una canna da pesca". Avete prosciugato i fiumi, rubato i mulinelli, imposto la proprietà privata sulle rive e vi siete mangiati finanche i vermi delle esche, e ora pensate di lasciarci affamati e con un pezzo di bambù in mano?
Le migliaia di persone in tutta Italia – milioni, pardon – oggi senza un lavoro regolare e retribuito, dovrebbero ringraziarvi per la perspicacia della metafora del pesce e della canna da pesca?
Vi vedo stupiti, non siatelo. Sarebbe strano il contrario, cioè sopportare in silenzio i vostri lamenti da imprenditori di successo per mancanza di personale disposto a farsi sfruttare, cambiare città, abitudini, orari, solo per voi.
Non ho consigli da dare se a 56 anni nessuno ti vuole più, però a te mancano quasi dieci anni per la pensione.
Oppure se fai colloqui dalla Sicilia fino al nord ma da un anno ricevi soltanto "no" e proposte di trasferimento con uno stipendio da 1.000 euro.
Non ho consigli da spendere verso chi a 42 anni torna a vivere nella cameretta dove dormiva da adolescente perché non riesce più a pagarsi un affitto.
Avete visto la serie di Zerocalcare, dove lei torna a vivere dai genitori, e poi s'ammazza? Vi svelo un segreto: non era una serie. Per questo ci siamo riconosciuti così tanto dentro quella storia, anche se può non essere la nostra storia.
Abbiamo il diritto a non essere brillanti, entusiasti e raggianti, dopo tre anni senza lavoro o cinque.
Abbiamo il diritto a non essere felici, ascoltando lo slogan "se davvero vuoi trovare un lavoro, lo trovi". E la decrepita dizione "puoi sempre andare al mercato a scaricare le cassette della frutta", è una balla. Ci siete mai stati al mercato la mattina alle 5:00? Sono già organizzati e non aspettano voi, e comunque a 60 anni a scaricare le cassette della verdura, forse non è il caso.
Possiamo dirlo che "un lavoro purché sia" non è una soluzione ma fa parte del problema?
Possiamo dirlo che il mercato del lavoro non esiste – oppure è pagato male e al nero – ma la colpa non è delle persone che "non hanno voglia di rimboccarsi le maniche"? Perché l'ultima frase solleva dalle responsabilità politiche e di controllo della regolarità delle collaborazioni, che invece dovrebbero essere i due grimaldelli della ricostruzione.
Dopo aver ricattato, licenziato, messo ai margini e pagato operai e collaboratori 6,5 euro lordi l'ora, non date ai senza diritti anche la colpa per la loro condizione. Almeno questo, vi prego, risparmiatecelo. Abbiate ritegno. Siete voi che in Parlamento avete le lobby e i conflitti di interesse. Gli altri vorrebbero soltanto un lavoro, onesto e onestamente pagato.
Saverio Tommasi
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whileiamdying · 3 years
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“Un divano a Tunisi” in programma per Cinema d’Estate, venerdì 30 luglio alle ore 21.30 in Piazza della Chiesa ai Picchi di Cherasco
REDAZIONE IDEAWEBTV.IT 26 luglio 2021 14:16
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Venerdì 30 luglio 2021 il cinema d’estate arriva nella piccola frazione dei Picchi di Cherasco, in piazza della Chiesa, con il film “Un divano a Tunisi” di Manele Labidi Labbé. Una commedia per tutti con Golshifteh Farahani, Majd Mastoura Mastoura, Aïsha Ben Miled, Feryel Chammari, Hichem Yacoubi, Ramla Ayari, Moncef Anjegui, dalla durata di 87 minuti.
Selma è una giovane psicanalista franco-tunisina, single e indipendente, cresciuta a Parigi dove ha completato gli studi e ha abbracciato lo stile di vita europeo, tra jeans, tatuaggi e tagli di capelli sbarazzini. Dopo la fine della Primavera Araba e l’esilio del presidente Ben Alì, decide di tornare in terra natìa, a Tunisi, per esercitare la sua professione. Viene accolta dagli zii e contro la loro opinione apre uno studio sul tetto del loro riad.
Da lì in poi comincia un via vai di personaggi bizzarri che si presentano alla porta di Selma con il loro carico di paturnie: dal panettiere a cui piace vestirsi da donna, alla parrucchiera di successo che non sopporta la madre, dall’ex militare che soffre di manie di persecuzione, all’imam depresso. Selma funge da perno all’andirivieni di pazienti che si affacciano al suo studio, oltre a fare da specchio alla cugina Olfa, adolescente ribelle che cerca in ogni modo di affrancarsi dalla famiglia e dalla tradizione islamica che la vorrebbe sposa e madre. Tra impiegati ministeriali inadempienti e poliziotti troppo zelanti, per Selma non sarà tutto rose e fiori e si ritroverà a fronteggiare una serie di impedimenti burocratici che potrebbero costringerla a chiudere lo studio, mentre la fila di persone che richiedono il suo aiuto si infoltisce.
Durante tutti gli appuntamenti saranno rispettate le norme sulla sicurezza (posti a sedere distanziati e mascherina obbligatoria fino al momento di prendere posto).
Le proiezioni inizieranno alle 21,30. Per info ufficio turistico tel. 0172427050.
c.s.
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stripeout · 5 years
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#Repost @corriere • • • • • • Buongiorno dalla redazione con questa frase tratta dalla lirica “Adolescente” di Vincenzo Cardarelli, nato Nazareno Caldarelli, poeta, scrittore e giornalista italiano. Dal 1941 al 1943 scrisse sulle pagine del Corriere della Sera 🌞☀️👉@livingcorriere https://www.instagram.com/p/B8GGClmIM88/?igshid=mko5tkz3oooi
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giancarlonicoli · 3 years
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17 set 2021 19:47 IL LATO OSCURO DI NON E’ LA RAI – LAURA COLUCCI (EX RAGAZZA DELLA TRASMISSIONE DI BONCOMPAGNI) PARLA DI “SESSO" E "SITUAZIONI VOMITEVOLI” E ACCUSA “BONCO” DI "RAPPORTI EXTRAPROFESSIONALI" CON LE RAGAZZE - ILARIA GALASSI SMENTISCE: “SESSO A NON È LA RAI? STRONZATE, IO NON L’HO MAI DATA A GIANNI BONCOMPAGNI. CI ANDAVO ANCHE A CENA - NELLO SFOGO DI LAURA C’È QUALCOSA CHE NON MI TORNA. PERCHÉ LO STA DICENDO ADESSO, CHE BONCOMPAGNI NON C’È PIÙ?" – VIDEO
Da tv.fanpage.it
Nei giorni scorsi, Laura Colucci – ex ragazza di Non è la Rai – si è sfogata prima sui social poi in un'intervista rilasciata a Today, muovendo delle pesanti accuse contro il programma a cui ha partecipato quando era adolescente. La donna sostiene, in particolare, di avere subito delle pressioni psicologiche e di essere a conoscenza di casi in cui sarebbe stato richiesto ad alcune ragazze di "fare sesso" per continuare a ottenere visibilità in trasmissione.
Sul conto di Gianni Boncompagni, invece, ha dichiarato che il regista avrebbe avuto un rapporto "professionale e a volte anche extraprofessionale" con le ragazze e avrebbe contribuito a creare competizione tra loro.
Fanpage.it ha chiesto a Ilaria Galassi, uno dei volti più rappresentativi del programma degli anni '90, di dire la sua a riguardo: "Sono molto dispiaciuta perché personalmente ho vissuto un’esperienza meravigliosa. Non mi hanno mai toccata e non mi hanno mai creato problemi psicologici".
È vero che a Non è la Rai c'erano alcune ragazze che percepivano uno stipendio più alto rispetto alle altre, perché Boncompagni riteneva avessero più possibilità di affermarsi nel mondo dello spettacolo?
Sì, io ero tra quelle. Eravamo un gruppetto di dieci, venti ragazze che avevano un contratto diverso. Eravamo sempre noi a cantare, a fare i giochi. Non ricordo il compenso sinceramente. Però sì, su questo ha ragione Laura Colucci.
Secondo quanto sostiene Colucci, le ragazze di questo gruppo erano chiamate a "scendere a compromessi" per "mantenere la visibilità".
A me non è mai stato proposto niente. Non sono mai scesa a compromessi. Sono sempre stata scelta per la mia simpatia, esuberanza e anche per la mia bellezza. Avevo tantissimi fan e quando cantavo io, l’audience era alto. Se devo essere sincera, non ho neanche mai sentito che sia accaduto ad altre. Infatti non so come mai lei stia dicendo queste cose dopo trent’anni.
Ricordi che approccio aveva Boncompagni alle ragazze? Tendeva a mettervi in competizione?
A me Boncompagni diceva: “Leggi, fai dizione, parla italiano e non cambiare mai. Cerca di essere sempre spontanea. Sei una matta, ma in modo sano. Trasmetti tanta allegria”. Non mi ha mai detto, ad esempio, di dover essere più brava di Ambra. Mai. Con me è sempre stato carino e gentile. Ma anche con le altre. Non ha mai fatto schifezze davanti a tutti. Non l’ho mai sentito mettere in competizione le ragazze.
Laura Colucci, però, ha spiegato di avere subito una forte pressione psicologica e quando si è stancata, non sarebbe più stata inquadrata.
Lungi da me giudicare la sua esperienza, ma devo dire che lei a Non è la Rai non è mai emersa. Era inesistente. Non c’era proprio. Non cantava, non faceva niente. Evidentemente Gianni non ha visto niente in lei. Boncompagni è stato un genio, ha contribuito al successo di personaggi come Raffaella Carrà. Se lei in trasmissione non aveva spazio, che si facesse qualche domanda. Per quanto mi riguarda, io psicologicamente sono stata benissimo. Per me è stata un’esperienza meravigliosa e che mi manca.
La tua collega, poi, sostiene che ad alcune ragazze sarebbe stato richiesto di "fare sesso".
Ma lei come fa a saperlo? Le ha viste? Le cose riportate lasciano il tempo che trovano. Se vuoi fare un’accusa devi essere sicura. Lo devi aver visto con i tuoi occhi. Per me, quello che lei dice sono solo delle grandissime stronz**e. A me non è mai accaduto. Non mi ha mai toccato nessuno. Mai. E andavamo anche a casa di Gianni a cena.
Come si svolgevano le cene a casa di Gianni Boncompagni?
Eravamo in tanti. C'erano anche i musicisti che facevano parte di Non è la Rai, le coriste. Eravamo un gruppo, dove si stava bene. A me, anche in quelle cene, non è mai stato proposto niente e non sono mai stata toccata. È anche vero che andavo pochissime volte, perché a mio padre non faceva piacere. Anche se sapeva sempre chi c’era e si fidava di me, avevo solo 15 anni.
A queste cene ti è mai capitato di sentirti a disagio?
Io stavo una favola. Mi divertivo tantissimo. Si cantava, si parlava. A me non è mai capitato niente di brutto che sia legato a Non è la Rai. Entravo negli studi la mattina e andavo a fare dizione, poi mi dovevo preparare, c'erano le prove, la diretta, poi teatro, poi tornavo a casa, andavo a scuola e studiavo.
C'è da dire, però, che a Non è la Rai eravate in tantissime. È possibile che si sia verificato qualche episodio spiacevole, senza che le altre ragazze ne fossero al corrente.
Per quanto riguarda me, Gianni ha fatto solo del bene. Non posso dire una cosa per un’altra. Nello sfogo di Laura c’è qualcosa che non mi torna. Perché lo sta dicendo adesso, che Gianni Boncompagni non c’è più?
Lei, invece, vi accusa di starvene in silenzio. Sostiene che questa omertà dipenda dal fatto che molte di voi siano state coinvolte in queste "situazioni vomitevoli".
Ma facesse i nomi. Si parla tanto di omertà e allora perché non fa i nomi e si mette a confronto? Vediamo queste persone cosa rispondono. Io parlo in base alla mia esperienza. Non ho mai visto Gianni palpare una delle ragazze. Voglio essere chiara: io non ho mai dovuto darla a Gianni Boncompagni. E non credo che lo abbiano fatto neanche le altre.
Elena Zanobbi, però, ha confermato la versione di Laura Colucci commentando "Troppe cose sappiamo".
Elena Zanobbi non faceva parte delle ragazze che avevano un contratto diverso. Come mai? Che si faccia delle domande. Evidentemente Gianni ha visto in noi un talento che loro non avevano. Lui si basava anche sull’audience, vedeva quante lettere ricevevamo. Io non potevo neanche muovermi da casa. Tuttora ho tanti fan che mi seguono e non sto facendo niente. Davvero, non capisco perché parlino così. Sono sconvolta. Mi dispiace per Gianni.
LAURA COLUCCI
Da today.it
Era il 9 settembre del 1991 quando su Canale 5 andava in onda la prima puntata di Non è la Rai, programma cult di Gianni Boncompagni che diventò già poco dopo il debutto un incontenibile fenomeno di costume degli anni '90. Dallo studio 1 del Centro Palatino di Roma un centinaio di giovani ragazze scalpitavano per vivere il loro sogno televisivo che ben presto si trasformò in un successo senza precedenti. Tra loro, fin dalla prima edizione, l'allora 21enne Laura Colucci che oggi, trent'anni dopo, ha deciso di accendere i riflettori sul 'dietro le quinte' della trasmissione, illuminando un lato oscuro che sente l'esigenza di raccontare. "Non era una favola. C'erano delle situazioni vomitevoli. Le racconterò nel libro che sto scrivendo, probabilmente anche facendo i nomi o comunque facendo capire di chi parlo" dice a Today, anticipandoci più di qualcosa.
Come sei arrivata a Non è la Rai?
"Ho iniziato dalla prima edizione, quella condotta da Enrica Bonaccorti, ma non ho fatto il provino come le altre ragazze. Sono arrivata a programma iniziato, dopo due mesi. Avevo 21 anni".
Niente casting?
"No. Un giorno ero andata al Centro Palatino con una mia amica, lui mi ha visto e mi ha chiesto di fare parte del cast".
Lui era Gianni Boncompagni?
"Sì. Sono andata con questa mia amica che me lo ha presentato, gli sono piaciuta e mi ha fatto fare una prova con un costume da bagno per vedere se ero telegenica".
Non è la Rai compie trent'anni e oggi tutti la celebrano come un fenomeno televisivo. Ve ne rendevate conto già allora?
"Quando ti accade qualcosa di bello difficilmente te ne rendi conto mentre lo vivi, lo capisci sempre quando non c'è più. La cosa fondamentale in quel momento era rendersi conto che era una piccola parentesi della vita e che poi si sarebbe chiusa. Io sono sempre stata lucida, tante ragazze sono rimaste sotto botta e ci stanno ancora. Pensano di essere le dive degli anni '90".
Come si svolgevano le vostre giornate?
"Dipende. La trasmissione iniziava alle 14. Se avevamo delle prove da fare per qualche telepromozione o qualche balletto arrivavamo intorno alle 11, poi pranzavamo a mensa e andavamo in studio. Poteva capitare di restare per fare altre prove, per qualche serata, altrimenti finito il programma andavamo via".
Un lavoro vero e proprio...
"Oggi ci metterei la firma a lavorare dalle undici alle quattro del pomeriggio per 4 milioni al mese".
Lo stipendio era uguale per tutte?
"Appena iniziata la trasmissione guadagnavamo tutte 100 mila lire al giorno con ritenuta d'acconto. Alla fine del primo anno lui scelse delle ragazze che avevano le caratteristiche per poter continuare nel mondo dello spettacolo. Io facevo parte di questo gruppetto d'elite e lo stipendio era diverso: 150 mila lire al giorno e 15 milioni di esclusiva Mediaset una tantum, a partita iva. Tutto ciò che spendevamo per migliorare la nostra persona a livello estetico era scaricabile, addirittura andavamo a credito. Poi c'erano le serate. Insomma, non era male come situazione".
Chi sceglieva le ragazze che si esibivano?
"C'era la redazione e tutte le figure che servono per la costruzione di un programma. Chiaramente lui era il regista ed era lui che sceglieva chi si esibiva".
Irene Ghergo che ruolo aveva?
"In tre anni non ci ho mai parlato. Lei era la figura che veniva dopo Gianni ma non ci ho mai avuto molto a che fare. Era una persona molto austera che generalmente parlava con le ragazze che avevano più spazio, ad esempio con Ambra".
Tra voi ragazze che rapporto c'era?
"Un rapporto di pseudo-amicizia, di competizione e di invidia. I rapporti che spesso ci sono tra donne ma in quell'ambito e a quell'età era ancora più evidente. Emergere su cento ragazze non era facile. Io me ne stavo tranquilla, poi se mi chiamavano per fare un balletto, un gioco o una telepromozione ero contenta, ma non ho mai sgomitato per farlo. La maggior parte invece sgomitava. C'erano addirittura quelle che si facevano uscire le lacrime per farsi fare i primi piani. Si faceva di tutto pur di apparire".
E con Gianni Boncompagni invece?
"Era una persona particolare. Amava contornarsi di persone giovani. Il rapporto con le ragazze era professionale e a volte anche extraprofessionale. Che lui avesse delle relazioni con le ragazze non mi riguarda, con me non ci ha mai provato. Aveva un grande carisma, ti trasmetteva qualcosa ed era riuscito a creare questo mood per cui dovevi arrivare a fare di tutto per emergere".
Cioè creava competizione?
"Esatto".
Eravate venerate come delle star. Cosa significa a quell'età?
"Per me è stato un gran divertimento. Però dipende da dove venivi. Ti faccio un esempio. Lui prediligeva le ragazze che venivano da un basso ceto sociale, quelle più affamate di successo e pronte a mettersi in gioco. Sicuramente per una ragazza come me, che veniva da una famiglia normale e non dovevo portare i soldi a casa, era diverso. I miei non mi chiedevano un contributo, quindi alla fine era un divertimento e basta. Non tutte a vent'anni hanno la possibilità di entrare da Louis Vuitton e comprarsi un trolley o una borsa, oppure i primi telefonini".
Il successo da giovanissimi può essere rischioso. Era difficile gestirlo?
"Da una parte era gratificante, ma a vent'anni ancora non hai un carattere definito e puoi rimanerci sotto. Peggio se sei ancora più giovane. Alcune volte era pesante, c'erano ragazzi che ti seguivano fino a casa, andavi a cena fuori e ti assediavano. Fortunatamente sono sempre stata abbastanza matura e con i piedi per terra. La cosa mi divertiva, ma lo sapevo che non poteva continuare in eterno".
Hai detto che qualcuna ci è rimasta sotto. Che intendi?
"Ci sono alcune che non si sono più riprese. Si vede da quello che pubblicano sui social, da come si pongono ancora adesso. Però ognuno è fatto a modo suo, non sta a me giudicare".
Ci sono mai stati casi di stalking da parte di fan?
"Sì, a volte è accaduto. Ricevevamo tantissime lettere, c'erano dei ragazzi che ci mandavano addirittura dei regali. C'erano i fan affezionati che ti scrivevano una volta al mese, alcuni una volta a settimana, e poteva capitare che qualcuno superava il limite. A me non è mai successo ma a qualcuna sì".
Nel post che hai scritto su Facebook hai detto di aver visto cose vomitevoli. A cosa ti riferivi?
"Tanti mi stanno chiedendo perché ho detto queste cose dopo trent'anni. In realtà io non le ho mai nascoste. Ieri leggevo di un libro che è uscito in questi giorni, di un fotografo che lavorava all'interno dello studio. Il titolo è 'C'era una volta Non è la Rai', che ti fa pensare a una favola. Il contesto non era fiabesco, assolutamente. C'erano delle situazioni che erano vomitevoli, lo ripeto.
Le racconterò nel libro che sto scrivendo, probabilmente anche facendo i nomi o comunque facendo capire di chi parlo. Era un contesto di competizione con tutte le schifezze che concerne il mondo dello spettacolo. E' chiaro che ci sono anche in altri ambienti, però nessuno scrive mai 'C'era una volta l'impiegato'. Scrivere 'C'era una volta Non è la Rai', lasciando intendere che c'era un clima di serenità, di amore, di pulizia, non è corretto. Non è così".
E che ambiente era?
"C'era tutto quello che c'è normalmente in un ambiente competitivo, dove si fa di tutto per emergere".
Ci spieghi meglio a cosa ti riferisci?
"Alla fine del primo anno lui scelse delle ragazze che secondo lui avevano delle caratteristiche per proseguire nel mondo dello spettacolo e tante di queste ragazze dovevano scendere a determinati compromessi per poter mantenere la visibilità".
Compromessi sessuali?
"A me nessuno ha mai chiesto di andare a letto con qualcuno, però ho vissuto direttamente storie di ragazze che frequentavo che mi hanno confidato di essere dovute scendere a compromessi per poter emergere e fare qualcosa di più rispetto a quello che facevo io ad esempio. Questo gruppetto era più sottoposto a queste richieste e io facendone parte le ho viste, anche se non vissute direttamente".
C'erano anche minorenni in questo gruppetto?
"Certo. C'erano minorenni, c'erano genitori delle minorenni che spingevano..."
Le famiglie avrebbero dovuto avere un ruolo chiave in tutto questo, no?
"Ufficialmente uno dei due genitori doveva essere presente in studio, durante la trasmissione, se la figlia era minorenne. Ma di fatto la presenza di questi genitori non era per proteggerle ma per cercare di far fare a queste figlie qualcosa di più. Stavano completamente fuori di testa. Tante di queste ragazze addirittura smisero di andare a scuola, avevano puntato tutto su questa cosa. E i genitori stavano lì a cercare di piazzare le figlie nel modo migliore possibile".
Stai dicendo che davanti a certe situazioni 'sconvenienti', chiamiamole così, alcune famiglie erano conniventi?
"Io direi di sì. Non solo. Incitavano le figlie a scendere a compromessi. Terribile. Tipo il film Bellissima. La canzone di Vasco Rossi, Delusa, dice tutto. Le parole sono più che eloquenti: 'Il tuo papà è felice quando ti vede ballare in televisione?'. Parla proprio di questo. Aveva capito tutto".
E definiva Boncompagni "il lupo"?
"Il lupo. Infatti il mio libro molto probabilmente si chiamerà così, 'C'era una volta il lupo'".
Senza mezzi termini...
"Per carità, io non posso dire cose brutte e basta. Lui comunque mi ha dato un'opportunità importante, grazie a lui ho vissuto una cosa molto bella, però a far passare questo contesto per una cosa fiabesca non ci sto. Una cosa che non sopporto è proprio l'omertà, l'ipocrisia.
Avevamo una chat su Whatsapp con alcune ragazze che facevano parte di quel gruppetto di cui ti parlavo, in questi giorni abbiamo avuto una discussione per questo motivo e sono uscita. Più volte ho parlato apertamente di queste situazioni che si creavano, ma loro non rispondevano mai. Sparivano e il discorso finiva così. Non ho aspettato il trentennale per parlare, ma quando ho letto quel 'C'era una volta Non è la Rai' no, a tutto c'è un limite. Datevi una regolata, che non è mai stata una favola".
Perché questa omertà?
"Perché è molto scomodo tirare fuori verità pesanti. Tante di loro sono state anche coinvolte in queste situazioni, quindi perché parlarne? Non è facile prendere la posizione che ho preso io. Tre anni fa mi cercò la redazione di una trasmissione Rai, mi tampinarono. Volevano delle rivelazioni. Io all'inizio ho detto di no, non mi andava, poi alla fine sono andata. Mi fecero questa intervista a Cinecittà, intervistarono anche altre ragazze e la mia alla fine la censurarono. Non andò mai in onda".
Ti hanno dato una spiegazione?
"Mi hanno detto che si erano battuti tanto ma il direttore di rete aveva le mani legate perché qualcuno era potente da morto quanto da vivo".
Torniamo al post e alle "schifezze" che dici di aver visto. Parliamo di molestie e rapporti sessuali?
"La molestia non è solo la pacca sul sedere o la palpata al seno. La molestia è anche psicologica, è dover scendere a compromessi e avere la pressione addosso che solo così puoi fare qualcosa. Non ho subito una violenza fisica, ma sicuramente una pressione psicologica per continuare ad essere visibile. Non erano rapporti sessuali, ma compromessi. A me mai nessuno ha chiesto di fare sesso, ma ad altre ragazze sì. Pressioni psicologiche però le ho subite e quando mi sono stancata si è visto, perché sono sparita. L'ultimo anno che ho fatto, il terzo, è difficile trovare qualcosa a cui abbia partecipato o primi piani. Mi aveva completamente cancellato".
Le cose che dici scoperchiano pericolosi vasi di Pandora...
"Assolutamente, ma è anche vero che non stiamo scoprendo l'acqua calda. Sono cose che si sono sempre sapute ma che nessuno ha mai detto. Sono passati trent'anni eppure capita che qualcuno mi ferma convinto di avermi visto da qualche parte e quando dico di 'Non è la Rai' in tanti mi rispondono 'Capirai con Boncompagni'. Quindi, voglio dire, sono cose che si sanno ma che stanno nel sottobosco. Non è un mistero. Adesso ho cinquant'anni e lo dico. Che poi l'ho sempre detto, ma me l'hanno sempre impedito. Ora mi sto organizzando per dirlo come va detto".
Delle 'famose' di Non è la Rai hai più sentito qualcuna? Ambra, Laura Freddi?
"Con Ambra no, era molto più piccola di me e non ci siamo mai frequentate o sentite. La Freddi l'ho frequentata tanto, però ti dico no comment. Perché ci sarebbe tanto da dire".
Trent'anni dopo, lo rifaresti?
"Certo che lo rifarei. Lo rifarei con lo stesso spirito con cui l'ho fatto a vent'anni".
Lo faresti fare a tua figlia?
"Dipende che figlia ho. Sicuramente non glielo farei fare da minorenne. Io ho un figlio maschio, di 22 anni, che ho educato nel modo giusto. Se mia figlia fosse la versione femminile di lui ce la manderei, ma assolutamente mai a 14 o 15 anni, perché entri in contatto con delle realtà che non va bene conoscere a quell'età".
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artistadvisor · 3 years
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Franco Forte
Genere musicale: Indie
Nome: Matteo Sabato
Città: Torino
Classe: 1990
Pace, papere, psichedelia
INTRO
Matteo Sabato, in arte Franco Forte, è un giovane cantante indie classe 1990, originario di Torino dove attualmente risiede. La sua musica spazia di frequente anche nel genere Alternative.
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BREVE BIO
Franco Forte comincia fin da adolescente a scrivere le prime poesie. È tuttavia nel 2011 che ha i primi approcci alla musica, quando si dedica alla scrittura dei suoi primi testi. Bisogna tuttavia aspettare fino al 2019 per vedere l'uscita del suo singolo d'esordio, "6990", a cui a preso parte anche il rapper torinese Suzuran. Dopo circa un anno di stop, Franco Forte rilascia un nuovo brano "LAtte+"
Nel 2021 annuncia l'uscita del primo EP "Breve EP stupefacente", realizzato in collaborazione con la Recore Production. Contribuiscono a lanciare l'EP anche i due singoli pubblicati lo stesso anno. Si tratta di "Ovviamente CBD" e "LSD (lei sogna dromedari)".
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QUESTO È FRANCO FORTE
A detta dell'artista, autori come Cani, Vasco Brondi, Mac De Marco, Tame Impala hanno influito particolarmente sul suo modo di fare musica.
Franco Forte ha già avuto esperienza in live, si è infatti esibito in due piccoli pub di Torino. È quindi ben disposto ad esibirsi qualora se ne offrisse l'occasione.
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I link e i contatti di Franco Forte:
Spotify:
YouTube:
Instagram:
https://instagram.com/franco_forte_capslock?utm_medium=copy_link
Facebook:
La redazione di Artist_Advisor.
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orianagportfolio · 3 years
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"Before I fall", l'affascinante lezione di Giovanni Covini / Il Bullone - OrianaG
Pubblicato su Il Bullone n° 24, aprile 2018.
Sono passati dieci mesi dall’ultimo incontro con Giovanni Covini, regista cinematografico e docente alla Paolo Grassi. Sappiamo sia noi che lui che abbiamo continuato a pensarci, alla promessa di quella “prossima volta”. Ci rivediamo a metà febbraio, di nuovo in redazione, di nuovo per vedere un film e sezionarlo secondo per secondo. “Con voi oso fare un esperimento, ci dice, che non ho avuto ancora il coraggio di fare in pubblico”. Ci usa da cavie, insomma, e va bene, ci prestiamo volentieri. Proiettore, dvd, bibite, patatine e quaderno per gli appunti. Pronti, via!
il film è “Before I fall” (“Prima di domani” il titolo italiano), uscito nel 2017, circuito indipendente. La regista è Ry Russo-Young, classe 1981, tre film all’attivo (due apparsi al Sundance Film Festival), più la regia di tre episodi della serie “Everything sucks!”. Il film, tratto dal romanzo “E finalmente ti dirò addio”, racconta le ultime 24 ore della vita di Samantha, adolescente americana. Poi le racconta di nuovo, e ancora. Per sette volte.
Il primo appuntamento di analisi del film in redazione è il 13 febbraio (serviranno due “sedute” per concludere). Il giorno prima di San Valentino. E l’ultimo giorno della vita di Samantha Kingston, come rivela il dettaglio del suo cellulare all’inizio del film. É solo il primo brivido lungo la schiena di tutti.
Il primo giorno dura i primi 23 minuti. Samantha è la classica bella ragazza da liceo americano, con le amiche belle, con le quali fa a gara di rose ricevute per San Valentino. È fidanzata col più carino della scuola e tutti (lui, lei e le amiche) sono assolutamente convinti che quella sera, alla festa, faranno sesso per la prima volta. Alla festa, organizzata dallo Sfigato che ha casa libera, arriva anche La Sfigata, vittima sacrificale di Samantha e delle amiche, che la massacrano davanti a tutti, facendola fuggire. Rientrando a casa ridacchiando della serata, la loro auto si schianta contro un camion.
Da qui in poi, lo stesso giorno si ripete. Ma non è un loop, perché Samantha cambia. Solo lei è consapevole della ripetizione dei giorni, ma il suo cambiamento cambia gli avvenimenti (non tutti) e le persone che ha intorno (non tutte). Panico, routine, rabbia, senso di libertà, consapevolezza del regalo… è il quadro di una crescita. Samantha, consapevole di non avere altra possibilità che quell’ultimo giorno, attraversa tutti quei passaggi che chiunque di noi, auspicabilmente, attraversa crescendo, consapevole di non avere altra vita da vivere che questa.
L’unico sguardo in camera di Samantha, la manina della sorellina, la rosa blu, l’origami sul letto, lo scambio di scarpe… di nuovo, come per “Il diavolo veste Prada” di quasi un anno fa, quello che incanta è quanto niente sia lasciato al caso, ogni dettaglio, ogni inquadratura, ogni colore ha un motivo di esistere. Ma stavolta c’è qualcosa di più. Ci rimane addosso qualcosa di leggero e sospeso. Quasi la consapevolezza di un segreto, che forse non è per tutti. Un segreto che i B.livers conoscono bene.
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yesiamdrowning · 7 years
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radio baccano.
Qualche mese fa ho ripreso a fare radio. Qualcosina avevo fatto sul finire degli anni Novanta ma lì mi ero arenato. Lavorando in una scuola, grazie alla quella famosa legge sulla Buona Scuola, siamo riusciti ad avviare un progetto.
Ad ascoltare le loro voci acerbe e, soprattutto, la costruzione delle trasmissioni, non si direbbe che si tratti di speaker alle prime armi – la più piccola ha appena 15 anni. Invece, grazie all'impegno e soprattutto alla voglia di mettersi in gioco, è partito un team di giovani che si contraddistingue per l'originalità del tema scelto e la capacità di renderlo radiofonicamente. Assieme abbiamo montato il palinsesto delle prime puntate e delle altre due che concluderanno il periodo di start-up del progetto che, se andrà bene, diventerà un appuntamento fisso per tutti gli studenti della scuola e non solo.
Il lavoro è continuo. Stimolante ma totalizzante. Etimo con un peso specifico notevole, specie se si considerano le ore settimanali che già mi competono e il fatto che insegnare (e studiare) sia già di per sé un impegno monopolizzante. Così facendo, mi sono messo alla prova confrontandomi con le vite dei ragazzi che hanno deciso di seguirmi in questa piccola follia.
A differenza a quello che si poterebbe pensare, gli ostacoli più grandi non sono arrivati dalla scelta dei contenuti, da possibili censure della dirigenza scolastica o dal divario anagrafico tra il sottoscritto e il resto della redazione. Il nemico con cui io in primis e poi tutti abbiamo dovuto fare i conti è la Modernità, una bestia che non credevo ormai così tumorale e invasiva negli under-18. La modernità non serve infatti solo a vendere auto e rasoi a trentasei lame. In Italia, come temo nel resto del Mondo, la costante rapida evoluzione ha fatto sì che le fasce più giovani della popolazione vivano una realtà ferocemente distorta. In linguistica si chiama “sazietà semantica” quel fenomeno per il quale la reiterata ripetizione di una parola le fa perdere significato: al contrario, oggi, esistono parole che sono talmente in disuso che se n'è perso il senso.
Uno di questi è Radio.
Non si tratta solo ti roba desueta e oramai fuori moda, del sorridere sentendo parapioggia al posto di ombrello, di scambiare un walkman per una videocamera digitale o viversi un talent col trasporto di un concerto dal vivo. Qui si parla di destrutturare un'idea, prima di un oggetto, che esiste da 2OO anni. Esistono fenomeni culturali nati e diventati essenziali grazie alla radio: come il Rock, che esplode grazie a dj appassionati e lungimiranti, come il geniale Alan Freed o il capostipite della radio notturna Wolfman Jack - per non parlare poi di tutta la tradizione dell’Hörspiel, ovvero il radiodramma, o delle sperimentazioni di Stockhausen, avvenute proprio alla WDR di Colonia.  
E qui iniziano i problemi. Trovandoci a fare i conti con fraintendimenti e inesattezze, che in qualche occasione hanno rischiato provocare defezioni o mandare in vacca l'intero progetto. Su sei ragazzi coinvolti, tutti sono partiti dalla convinzione che Radio e Youtube fossero simili. “Solo che in radio non ti vedono”. Sembra una stupidata da fare circolare magari come barzelletta, ma la faccenda è più seria. Per capirci: anni fa, al Tg2, a un bambino di Milano portato in gita con la scuola in campagna chiesero: “Com'è il pollo?” e quello placido rispose: “Con le patatine!”. Il tutto sottintendeva che il seienne, non solo non avesse mai visto un pollo vivo ma lo avesse fissato nella sua mente in un unico modo, come glielo preparava (presumibilmente) sua madre, ovvero al forno con le patatine. Allo stesso modo, con circa dieci anni di “aggravante”, i miei alunni non solo non avevano mai avuto a che fare con una trasmissione radiofonica ma credevano che la cosa più vicina alla radio, come contenuti, forma, tecnica o tempi fosse Youtube - neanche Soundcloud, proprio Youtube. Una cosa che chiarisce la natura schizofrenica del moderno. Da una parte totalmente privato, dal momento che chiunque, dai zero a cent'anni, può farsi un'idea di cosa sia cosa sul web senza doversi preoccupare che questa coincida al vero o dello stigma di dovere interagire con supposti insegnanti – troppo presi dai loro compiti per curarsi che i loro allievi sappiano cosa sia realmente un pollo o un parapioggia, figuriamoci il broadcasting. E dall'altro pubblico perché, attraverso i social, l'idea errata spesso si dipana e a volte finisce per essere rappresentativa del pensare dei più. Stiamo, in buona sostanza, auto-creando un reale farlocco per sentirci parte di comunità finte. Così, supporre che una sola recensione in radio non possa durare 3O minuti a oltranza come sul canale di Anthony Fantano o un approfondimento 6O secondi come in quello di Michele Maraglino o non si possano trasmettere 4 ore di musica saltando solo da un titolo a un altro – o comunque questo modo di fare troverebbe difficilmente una collocazione* - ha fatto cadere dal pero tutti. Concetti apparentemente facili come scaletta, stacco, intermezzo, drive-time o persino console, hanno suscitato sguardi persi e impauriti. Siamo partiti così quasi da zero, con sei e-reader che non hanno mai preso in mano una copia di Guerra & Pace convinti che On Air fosse la scritta che appare quando un aereo decolla, e siamo arrivati a creare un ciclo di trasmissioni dal titolo “Musica tra storia e leggenda”, ascoltabili sulle frequenze di una radio locale che trasmette anche sul web e app per smart. L'idea dei ragazzi era di affrontare il mondo della musica, partendo dagli strumenti (dalla m'bira alla chitarra, dal banjo al theremin, passando per il flauto traverso) dalla loro nascita e giungere alle applicazioni nella musica odierna. Ne è venuto fuori un mix tra miti (da sfatare e non) e storia, senza dimenticare l'approccio didattico e un briciolo di critica, intercalati dalla messa in onda di brani e live in studio con alcuni degli strumenti trattati. Abbiamo provato a sfidare i nostri limiti, culturali e tecnici soprattutto e, nel mio caso, ad apprendere oltre a insegnare qualcosa (è incredibile come un adolescente sappia calarsi più di me nel mondo dei Poadcast): liberi di non concordare, di non accettare e di porre interrogativi in uno sforzo continuo alla ricerca di costruire qualcosa di buono e magari duraturo. L'idea è di un laboratorio perenne, senza membri fissi. Mi chiedo soltanto cosa sarà dei ragazzi già dal prossimo anno, quando la graduatoria mi porterà di sicuro altrove, se avranno ancora la possibilità di continuare o se la domanda verrà respinta. Chissà se ci sarà modo di continuare a vederci. Di restare sintonizzati. Chissà...
*Salvo in qualche radio libera e neanche è detto che sia così.
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downtobaker · 3 years
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Mieko Kawakami, Maurizio Fiorino, Catherine Chidgey, le novità E/O
Mieko Kawakami, Maurizio Fiorino, Catherine Chidgey, le novità E/O
da redazione Il fenomeno mondiale Seni e uova, primo romanzo di Mieko Kawakami a essere pubblicato in italiano, è un’indagine suggestiva della vita di tutti i giorni delle donne lavoratrici in Giappone. In Heaven questa autrice eccezionale indirizza il suo sguardo penetrante sull’esperienza di un adolescente bersagliato dai compagni di classe. In uno stile poetico e rilassato, che riporta alla…
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italianaradio · 5 years
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Just Charlie – diventa chi sei al cinema dal 23 Gennaio
Nuovo post su italianaradio https://www.italianaradio.it/index.php/just-charlie-diventa-chi-sei-al-cinema-dal-23-gennaio/
Just Charlie – diventa chi sei al cinema dal 23 Gennaio
Just Charlie – diventa chi sei al cinema dal 23 Gennaio
Just Charlie – diventa chi sei al cinema dal 23 Gennaio
Just Charlie – diventa chi sei, opera prima di  Rebekah Fortune, racconta – con la  schiettezza e il tono dolceamaro tipici della cultura britannica – di Charlie, un adolescente della provincia inglese con un grande talento per il calcio. Una delle squadre più importanti, il Manchester City, gli offre un ingaggio da sogno, ma Charlie ha un segreto: è felice solo quando, di nascosto, può vestirsi da ragazza.
Il film è ambientato a Tamworth, una piccola città di commercianti nelle Midlands, dove tutti si conoscono e dove il calcio domina qualsiasi argomento di dibattito. «Tutti i personaggi del film – dice la regista – sono ispirati a persone reali, con le loro difficoltà nell’aprirsi al di là della loro ‘zona di comfort’. Avendo io stessa sperimentato il rifiuto e la difficoltà nell’accettazione di individui che differiscono dalla norma, mi è sembrato il contesto perfetto in cui ambientare questa storia». Rebekah Fortune racconta una storia semplice, la storia di una famiglia e di una comunità. Una storia che è insieme appassionante, divertente, amara, commovente, e nel complesso molto gioiosa.
youtube
Just Charlie – diventa chi sei: la trama
Intrappolata nel corpo di un fanciullo, Charlie è combattuta tra il desiderio di compiacere le ambizioni che il padre ripone in lei e il bisogno di affermare la propria identità. La scelta che la attende rischia di mandare in pezzi la sua famiglia e mettere a repentaglio i suoi affetti più cari. Ma il suo bruciante desiderio di abbracciare pienamente la propria vera identità, le fa trovare in sé la forza per farsi accettare e amare dalla comunità in cui vive.
Charlie è interpretato dallo straordinario, giovanissimo Harry Gilby (l’acclamato interprete della versione teatrale di Billy Elliot) che per questo ruolo ha ottenuto la nomination BIFA come Miglior Esordiente.
Cinefilos.it – Da chi il cinema lo ama.
Just Charlie – diventa chi sei al cinema dal 23 Gennaio
Just Charlie – diventa chi sei, opera prima di  Rebekah Fortune, racconta – con la  schiettezza e il tono dolceamaro tipici della cultura britannica – di Charlie, un adolescente della provincia inglese con un grande talento per il calcio. Una delle squadre più importanti, il Manchester City, gli offre un ingaggio da sogno, ma Charlie ha […]
Cinefilos.it – Da chi il cinema lo ama.
Redazione
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artistadvisor · 3 years
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KÅRMA
Genere musicale: Pop
Città: Roma
Nome: Giulia Marzano
Classe: 1997
Forte, Fluida e Sensibile
INTRO
Kårma, pseudonimo per Giulia Marzano, è una giovane artista emergente di genere pop attiva a Roma, ma nata nel Salento. Classe 1997, è laureata in canto pop al conservatorio e presenta tanta esperienza alle spalle, anche in televisione.
Pubblica il suo primo brano su Spotify il 4 giugno 2021 e da subito raggiunge un vasto pubblico. “Stanca di aspettare” infatti riscuote subito un grande apprezzamento e lancia Giulia verso il proprio sogno di vivere di musica ad alti livelli.
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BREVE BIO
Giulia Marzano nasce nel Salento il 27 gennaio 1997 e ci vive per 19 anni prima di trasferirsi a Roma. Inizia a studiare canto dall’età di 7 anni e da lì non smetterà più.
Partecipa a concorsi di canto regionali e nazionali fin da piccola. Da adolescente viene premiata da Mara Maionchi, Beppe Vessicchio, Renato Zero e altri certificando la propria bravura fin da subito. Dal 2016 in poi partecipa a diverse trasmissioni televisive su Rai 1 e Rai 2, tra cui Uno Mattina in famiglia e Mezzogiorno in Famiglia.
Kårma si laurea in canto pop al conservatorio nel 2020 e fa uscire il primo singolo su Spotify “Stanca di aspettare” nel 2021, riscuotendo grande successo.
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QUESTA E’ KÅRMA
In un’intervista rilasciata a giugno 2021 Kårma dichiara: “Ho sempre voluto scrivere e cantare le mie canzoni e nell’ultimo anno e mezzo ho lavorato con Fløwer affinché fosse possibile. Scriviamo insieme, io canto e lui produce”. Sin da subito il legame tra i due è forte e funzionale alla buona musica.
Gli artisti che hanno maggiormente ispirato Giulia sono Aurora, Billie Eilish, Elisa e Mahmood. Di genere pop ed electropop, dichiara più volte di “essere un’artista dall’animo puramente pop, quello semplice e fatto bene”.
Il sogno nel cassetto della giovane emergente originaria del Salento è “poter vivere di musica a livelli alti”. Kårma ha una discreta esperienza nei live in locali del Salento e di Roma ed è sempre ben contenta di portare la propria musica dal vivo.
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Contatti artista:
-Spotify:
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https://www.instagram.com/karmarealmusic/
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La redazione di Artist Advisor
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artistadvisor · 4 years
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Daniele Maria
Genere musicale: Pop
Città: Torino
Nome: Daniele Maria Di Forti
Classe: 1996
Pazzo, genuino, disordinato
INTRO
Daniele Maria di Forti è un cantante pop classe 1996, originario di Palermo. Pur vivendo a Torino, si mantiene molto legato alla sua terra natale, e nei suoi testi emerge di frequente il grande orgoglio per le sue origini.
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BREVE BIO
Daniele Maria nasce a Palermo l'1 Luglio 1996, e si trasferisce a Torino con la famiglia, quando era ancora un bambino. Lì frequenta le scuole, e nel frattempo inizia a frequentare dei corsi di recitazione. Questa diviene presto una grande passione, destinata a far parte della sua vita tanto quanto la musica. Infatti gli piace definirsi Cantattore, anche se a Torino è conosciuto anche con un altro nome, Lo Zio, e questo perché è diventato zio quando aveva solo diciotto mesi.
Daniele Maria prende a scrivere i primi brani quando è un adolescente, ma le prime pubblicazioni risalgono al 2020, l'anno in cui viene rilasciato il singolo "Tabasco", che raggiunge i ben 23.000 streams su Spotify. Il brano, come anche i successivi lavori, è interamente prodotto dall'amico Riccardo Ranzani, in arte Strawman, che è peraltro frontman della band irlandese "Strawman & Jackdaws". Nel 2020 realizza anche il singolo "Mamma mia che pare", brano che, assieme a "Tabasco", viene inserito nel primo E.P. "Planeta Sansa", registrato durante l'estate 2020, e constante anche di altre due tracce inedite, "Mondello" e "Leo Bonucci (buonanotte)". Nell'E.P. Daniele Maria racconta le sue passioni, le sue sconfitte nella vita, e il suo amore incondizionato per Torino.
Daniele Maria sostiene che Torino è il motore della sua creatività, proprio perché è in quella città che, giocando con l'amico fraterno Riccardo Ranzani, gli sono venute in mente tutte le sue idee. Nel 2021 afferma di avere il potenziale per divenire uno degli artisti più influenti di Torino.
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QUESTO È DANIELE MARIA
Daniele Maria definisce la sua musica un film di Troisi, proprio per la sua natura genuina, spensierata all'apparenza, ma che in realtà ha l'intento di presentare il mondo in modo ben preciso. Quel che emerge di frequente nei suoi brani è l'intento di comunicare un amore spensierato e senza limiti.
Artisti particolarmente influenti per il suo stile musicale sono Lucio Dalla, Franco Battiato, Marracash, Fabri Fibra, Renato Zero, Lil Peep, Billie Eilish, Coez, Franco 126.
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Daniele Maria ha già avuto esperienze live ed è ben disposto ad esibirsi nuovamente.
I link e i contatti di Daniele Maria:
Spotify:
Instagram:
https://www.instagram.com/daniele_maria__/
La redazione di Artist_Advisor.
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