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#Stefano Incerti
hunter-slime-660 · 1 year
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SO FIRST OF ALL
This is Alex
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She's my main VTM oc :))
She's a Malkavian and i love her TO DEATH!!!!
So, like all Malkavians she has mental illnesses!! But since I wasn't sure what to give her I basically made a concoction of them and then bestowed them upon her :))
She has Stendhal's syndrome, auditory hallucinations, and misophonia :))
ALSO she's so funny!!! Mostly because of her relationship with her sire.
They're like... a funcle and an edgy teen!
Stefano (her sire) is like... a malkfish, BUT LIKE!! ON PURPOSE!!!! He ACTS like a Malkfish because he thinks its funny!!! But in reality he's like, this evil mastermind, who has this rivalry with the domain's sheriff and like, he has so little humanity fr (my st wont let me see his character sheet tho so idk exactly)
And like, in public Alex acts as if she HATES HIM, she's like "UGHHHH you're NOT my sire, i REFUSE to acknowledge you!!! i REGRET being your childe!" But like, in private? She's gossiping with him, she jokes with him and helps him prank the sheriff and yeah, she cares about him.
OH AND HER EMBRACE!!!! Cuz like, she was asked if she wanted to be embraced!
Basically her father was investigating these murders right? Except they were murders made by this one nosferatu and he was NOT happy to have him on his tail. So he decided to break in to his home and kill Alex as a warning. EXCEPT he was being FOLLOWED by STEFANO, who was sent by the prince to kill the nos cuz he was breaking the masquerade or something. So he didn't kill Alex because Stefano took the opportunity to kill him instead. Then he embraced her.
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londranotizie24 · 6 months
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ticonsiglio · 2 years
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Campania: casting attrice protagonista per il film di Stefano Incerti
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corallorosso · 5 years
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Teniamo a freno il nostro odio per chi esce di casa, o ce ne pentiremo di Giuseppe Cassarà Dobbiamo darci una calmata, tutti, prima di trasformarci in mostri. Scorrendo i social si cominciano a vedere degli effetti negativi di questo esageratissimo patriottismo che infiocchetta i nostri balconi di tricolori: oggi, per esempio, girava in rete il video di un 19enne di Treviso arrestato dalla polizia: il ragazzino - sbagliando - aveva violato la quarantena, e risponde con fare aggressivo agli agenti che alla fine lo arrestano. È una scena drammatica: un ragazzino è stato arrestato perché stava camminando. La polizia ha ovviamente fatto bene a fermarlo e, per quanto riguarda l’oltraggio a pubblico ufficiale, l’arresto sarebbe scattato anche senza il coronavirus. Non è il comportamento dei poliziotti a farmi paura, ma le reazioni dei commentatori social (e anche chi ha girato il video, onestamente. Come se non stesse aspettando altro). “Avrebbero dovuto sbattergli la testa contro gli sportelli, così capiva”. “Ammazzatelo sto stronzo”. “Coglione, muori”, “Sparategli alle gambe, così gli passa la voglia”. Siamo nel paese di Stefano Cucchi, di Federico Aldrovandi, del G8 di Genova. Davvero stiamo consigliando alla polizia di usare più violenza sulla popolazione? Va bene, c’è chi non rispetta il divieto. Io stesso li ho chiamati imbecilli. Ma in quel caso, mi permetto questa autodifesa, era leggermente diverso: era appena stata dichiarata la quarantena, e i locali di Roma erano ancora pieni di allegri untori. Questa è imbecillità, questa è irresponsabilità. Quella di un 19enne è immaturità. Non penso che noi tutti, a 19 anni, avremmo attraversato questa quarantena senza mai pensare a uno strappo alla regola. Ma pure a 20, a 30, a 60 anni: stare a casa ci ha stufato tutti. Poi, per la maggior parte di noi, per fortuna, subentra il senso di responsabilità, subentrano la paura e il dolore che ci danno le immagini da Bergamo e dalla Lombardia. Ma sarebbe da ipocriti affermare di aver rispettato pedissequamente le nuove regole fin dall’inizio, di non aver architettato, anche solo per un secondo, uno stratagemma per poter rivedere un fidanzato, per sgranchirci le gambe, per fumare una sigaretta al parco, per uscire dalla convivenza forzata con i nostri svariati coinquilini. Siamo umani. Faremmo meglio a non scordarcene, specie quando invochiamo a gran voce l’esercito, come se l’autorità fosse l’unico modo per tenerci buoni. D’altronde, l’italiano questo desiderio morboso di imposizione lo possiede da sempre; e si dimentica che dal Coronavirus ne usciremo, prima o poi, ma dai suoi strascichi, da questo rancore che stiamo lasciando libero di esprimersi contro i passanti per strada, da questo odio non sarà così facile liberarsi. Anche perché, come si dice, l’odio è cieco, e colpisce a casaccio. Lo dimostra questa storia, agghiacciante, che leggo su twitter: “Torino, adesso. Urla dal balcone. Insulti verso la strada. ‘Stattene a casa!’. Chiedono di mostrare la certificazione, come poliziotti, dal quarto piano. A chi? A una commessa che, piena di paura, sta andando a fare il suo turno”. Facciamo molta, molta attenzione a quello che desideriamo, specie in tempi così incerti e confusi, senza un futuro che sia chiaro o evidente. Coltiviamo la calma e la compassione, senza rendere l’aria ancora più pesante. O almeno proviamoci, perché il futuro che si prospetta davanti a noi se continuiamo di questo passo fa più paura del Coronavirus.
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sinapsinews · 7 years
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NAPOLI-Premio Cinema Campania, grande festa all’Hart
Consegna dei riconoscimenti domenica 17 dicembre dalle ore 19
Domenica 17 dicembre dalle ore 19 presso l’Hart (via Crispi, 33 – Napoli) si terrà la terza edizione del Premio Cinema Campania 2017, un riconoscimento non competitivo alle istituzioni, aziende, persone che hanno contribuito allo sviluppo, alla crescita e alla promozione dell’attività cinematografica ed audiovisiva in Campania, con una…
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tempi-dispari · 7 years
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Al via la XXIV edizione di Cinema intorno al Vesuvio a Villa Bruno di San Giorgio a Cremano
Prende il via sabato 1 luglio 2017 la XXIV edizione di “Cinema intorno al Vesuvio” che si svolgerà nella prestigiosa location di Villa Bruno a San Giorgio a Cremano. La rassegna, che si terrà dal 1 luglio al 4 settembre, si compone di 66 serate di cinema con numerosi appuntamenti e tanti ospiti: Toni Servillo, Edoardo De Angelis, Stefano Incerti, Enzo Avitabile, Renato Carpentieri, Tony D’Angelo, Sasà Striano, Francesco Amato, Gianfranco Gallo, Massimiliano Gallo, Pina Turco, Tony Tammaro, Enzo De Caro, Giorgio Verdelli, Francesco Bruni, Agostino Ferrente, che  presenteranno il loro film al pubblico dell’arena. 
“Un anno importante per noi di Arci Movie – dice Roberto D’Avascio, presidente Arci Movie – che ci ha visti impegnati in diversi festival nazionali e internazionali dove abbiamo ricevuto riconoscimenti che rafforzano la bontà del nostro lavoro sul territorio mentre è proseguito l’impegno per le scuole con importanti rassegne ed incontri. Non poteva mancare l’appuntamento estivo con la storica arena di cinema all’aperto che quest’anno si sposta a San Giorgio a Cremano. Abbiamo fatto un grande sforzo ed una vera e propria corsa contro il tempo, tutti insieme noi dell’associazione, per realizzare un programma di qualità, dove proponiamo film italiani che testimoniano il valore degli autori del nostro paese, cartoni animati e film per le famiglie, senza mancare l’appuntamento con gli imperdibili grandi successi della stagione. Grazie alla stretta collaborazione di Antonella Di Nocera avremo il piacere di accogliere e far conoscere al pubblico vesuviano tanti importanti ospiti che apprezzano il lavoro della nostra associazione”.
“Siamo entusiasti ed emozionati – dichiara il sindaco  di San Giorgio a Cremano, Giorgio Zinno – perché la nostra città diventerà il cuore degli eventi estivi della provincia di Napoli. La decisione di spostare una kermesse di tale pregio a San Giorgio a Cremano, in una delle più belle dimore settecentesche, ci riconosce il valore di essere un territorio di bellezza e il ruolo di città impegnata nella promozione e realizzazione di eventi di qualità. L’estate a San Giorgio sarà straordinaria – conclude Zinno – quest’anno regaleremo ai sangiorgesi una stagione di grande cinema e spettacoli per rendere la loro estate in città non solo piacevole, ma entusiasmante e coinvolgente”. 
I lunedì, virtualmente connessi alla bella esperienza di AstraDoc, saranno dedicati al cinema musicale scegliendo alcuni documentari straordinari che raccontano la musica ed i musicisti. Tra questi il film Il tempo resterà su Pino Daniele costituirà un evento a sé il 17 luglio con la presenza dell’autore Giorgio Verdelli, l’introduzione del giornalista Antonio Tricomi e di uno degli artisti coinvolti, Enzo de Caro: serata di particolare emozione a San Giorgio a Cremano poiché si evocherà anche la grande amicizia con Massimo Troisi di Pino e di Enzo.
E quest’anno all’arena non solo proiezioni, ma anche “Parliamo di cinema” – un ciclo di incontri al tramonto”, con personaggi della cultura locale e nazionale, (Titta Fiore, Guido D’Agostino, Gabriele Frasca, Gennaro Carillo, Laura Angiulli, Domenico Ciruzzi) sulla terrazza che affaccia sui giardini di Villa Bruno. Ci saranno, inoltre, laboratori creativi per i bambini, a cura della libreria La Bottega delle Parole di San Giorgio a Cremano: perché il cinema estivo possa rappresentare un presidio sociale e un luogo in cui le persone possono ritrovarsi piacevolmente durante tutta l’estate, proprio in continuità con quello che è sempre stato lo slogan di Arci Movie la passione del cinema per costruire cultura e solidarietà.
Le arene estive di Arci Movie nascono nel 1994 con l’idea di animare l’estate dell’area vesuviana con il cinema sotto le stelle. In poco tempo, ma con costanza, il un progetto si è ampliato, con l’organizzazione di diverse arene estive, immaginando un vero e proprio percorso del cinema alle pendici del Vesuvio: a partire da Ponticelli, passando per Torre del Greco, San Sebastiano al Vesuvio, Cercola, Volla, Pomigliano d’Arco, Boscoreale, San Giorgio a Cremano, fino ad arrivare a Santa Maria Capua Vetere. Questi appuntamenti estivi testimoniano da anni lo sforzo culturale dell’associazione nella promozione del cinema e della cultura per un pubblico più ampio e diversificato, attraverso una proposta quotidiana, dalla fine di giugno alla metà di settembre, arricchite da eventi speciali, incontri con ospiti del mondo dello spettacolo e della cultura, film per bambini e anteprime nazionali con più di 20.000 presenze l’anno.
L’inaugurazione, il 1 luglio alle 21.15 con ingresso speciale ad 1 euro, è affidata al regista Edoardo de Angelis con il suo pluripremiato “Indivisibili” e all’interprete Gianfranco Gallo. Daisy e Viola, due gemelle siamesi che vivono nella provincia di Caserta, hanno quasi 18 anni e per lavoro si esibiscono a festicciole e matrimoni. Sono bravissime e molto richieste, soprattutto per la loro particolare condizione (gran parte della gente che le invita crede, per esempio, che il loro essere unite per una parte del corpo porti fortuna). Angela e Marianna Fontana, entrambe al loro primo film, sono davvero gemelle, ma non gemelle siamesi. Nel cast ci sono anche Peppe Servillo, cantante degli Avion Travel e fratello di Toni, Massimiliano Rossi e Antonia Truppo.
Il 2 luglio sarà Will Smith, diretto da David Frankel, il protagonista di “Collateral Beauty”: Howard è il manager di maggior successo di una grande azienda. Colpito dalla tragedia della morte della figlia di sei anni, non riesce a tornare a vivere.
Il 3 luglio si torna in Italia con Michele Riondino e Fortunato Cerlino, protagonisti di “Falchi”, pellicola diretta da Tony D’Angelo che sarà presente in sala insieme a Salvatore Striano. Peppe e Francesco sono due falchi, agenti della sezione speciale della Squadra Mobile di Napoli. A bordo della loro moto pattugliano la città incuneandosi nei sobborghi più loschi e criminali. Efficientissimi e dediti a 360 gradi alla loro missione, i due amici pagano però lo scotto di una vita sempre in tensione.
Toni Servillo sarà l’atteso ospite dell’8 luglio. Insieme al regista del film, l’artista presenterà per la prima volta a Napoli, “Lasciati andare” il film di Francesco Amato che lo vede protagonista nei panni dello psicoanalista Elia Venezia. La sua pigrizia rasenta i languori di Oblomov, la sua taccagneria non riguarda solo il denaro ma anche le energie vitali. Anche il suo rapporto con la moglie Giovanna, da cui è separato in casa, sono improntati alla passività. Poi l’incontro con la personal trainer, la spagnola Claudia.
Il regista Stefano Incerti con Massimiliano Gallo, Pina Turco e Tony Tammaro presenterà “la parrucchiera” il 9 luglio. Una donna decide di mettersi in proprio e aprire un salone nei Quartieri spagnoli ma scatterà la rivalità con la sua ex titolare.
Altro appuntamento con ospiti da non perdere l’11 luglio quando il regista Francesco Bruni presenterà il suo film “Tutto quello che vuoi”. Un giovane scapestrato e un anziano signore poeta sono insieme alla ricerca della ricchezza del cuore per le strade di Roma. Con Bruni sarà presente il protagonista Giuliano Montaldo.
Martedì 18 luglio serata evento con il Premio Napoli per la versione director’s cut  (per la prima volta a Napoli) del pluripremiato film  “Le Cose Belle”. Parteciperanno il regista Agostino Ferrente, i protagonisti, Antonella Di Nocera e il presidente del Premio Domenico Ciruzzi
Lunedì 24 luglio serata speciale per ricordare il regista Jonathan Demme, con il film “Enzo Avitabile Music Life”.
In chiusura di programma lunedì 4 settembre proiezione del documentario “Pagani”. Interverranno la regista Elisa Inno e i protagonisti del film con una performance di musica e balli popolari della tradizione. Una festa per chiudere una bella estate di cinema.
Orario d’inizio spettacoli ore 21.15
Infoline: 0815967493
Ingressi
1 € per serata inaugurale del 1 luglio e per l’evento del Premio Napoli del 18 luglio
Tutte le sere 4 € e 3 € con tessera Arci (che si potrà anche acquistare nel corso delle serate),
Per ulteriori info: www.arcimovie.it – facebook arci movie napoli
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persinsala · 7 years
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La parrucchiera
L’ennesima riproposizione di un meridione di maniera, immerso nel calore della luce meridiana e  popolato di personaggi bizzarri e passionali. (more…)
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brubracha · 8 years
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paoloxl · 5 years
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Ancora una volta una decisione della giurisdizione in materia di protezione umanitaria, al di là della sua effettiva portata, diventa occasione per un totale capovolgimento della narrazione dei fatti ed offre il pretesto per l’ennesimo strumentale attacco a quei giudici che applicano correttamente la legge, tenendo conto del principio di gerarchia delle fonti e del dettato della Costituzione italiana. Per Salvini, «Sui permessi umanitari aveva ragione la Lega. È la migliore risposta agli ultrà dei porti aperti e che vorrebbero cancellare i decreti sicurezza». Come al solito non si va oltre gli slogan propagandistici. Come se la portata degli istituti che prevedono il diritto alla protezione, materia sulla quale si è intervenuti con il decreto sicurezza n. 113/2018, poi convertito nella legge n. 132/2018, fosse collegata alla ricorrenza dei divieti di accesso alle acque territoriali stabilite successivamente dal cd. decreto sicurezza bis n. 53/2019. Se un nesso si vuole trovare tra i due provvedimenti questo non si rinviene nelle fonti normative ma nella propaganda diffusa dall’ex ministro dell’interno che, per giustificare misure amministrative e poi legislative di interdizione dell’ingresso nelle acque territoriali per le sole ONG, ha confusamente fornito dati infondati sullo scarso numero di “naufraghi”. Perché in acque internazionali non ci sono “clandestini” o richiedenti asilo, che avrebbero avuto diritto alla protezione internazionale o umanitaria. Come se fosse legittimo abbandonare in alto mare o alle motovedette libiche tutti gli altri. Persone e non numeri da portare in contabilità come un successo personale in vista della campagna elettorale permanente.
Secondo una parte della stampa, da tempo cassa di risonanza della propaganda leghista, le decisioni della Cassazione costituirebbero un successo della lega e sarebbero uno “schiaffo in faccia” nei confronti di quei giudici che avevano riconosciuto la protezione umanitaria dando rilievo alla integrazione sociale del richiedente, dopo anni di presenza regolare e di studio in Italia. Come è noto infatti, in base alla legge tuttora vigente i richiedenti asilo possono iscriversi a corsi universitari, frequentare tirocini, stipulare contratti di lavoro. La lettura capovolta delle decisioni delle Sezioni Unite della Cassazione è stata la linea scelta da chi vedeva sconfitta la propria tesi della retroattività del decreto Salvini, che avrebbe comportato il respingimento della maggior parte delle domande (si stima attorno a 60.000 richieste di protezione) e dei ricorsi ancora pendenti al momento dell’entrata in vigore del provvedimento (5 ottobre 2018). Domande e ricorsi che adesso, dopo il triplice pronunciamento della Corte di Cassazione, dovranno essere esaminati con gli stessi criteri previsti in passato per il riconoscimento della protezione umanitaria. Come chiariva già il Procuratore generale presso la Corte di Cassazione all’udienza del 24 settembre 2019 di fronte alle Sezioni unite.
Con il deposito di tre diverse decisioni a Sezioni unite (n.29459, 29460 e 29461 [1], due per conflitto armato e l’altra per l’esistenza di legami familiari in Italia) la Corte di Cassazione respinge le ordinanze di rimessione che, in conformità a quanto ritenuto dal ministero dell’interno, sostenevano la natura retroattiva del decreto legge n.113 del 2018 (poi convertito nella legge 132 dello stesso anno) che aboliva l’istituto della protezione umanitaria. Il decreto Salvini per questa parte risulta inapplicabile retroattivamente alle domande già pendenti alla data del 5 ottobre 2018 e il riconoscimento della protezione va valutata con la vecchia normativa e dunque alla stregua dei criteri che comportavano in precedenza il rilascio di un permesso di soggiorno per protezione umanitaria ex art. 5.6 del Testo unico n.286/98 anche se il permesso rilasciato sarà quello “speciale annuale rinnovabile” previsto dal Decreto n.113/2018 (articolo 9, comma 1).
Tutte e tre le sentenze depositate ieri dalle Sezioni unite accolgono invece i ricorsi presentati dal Ministero dell’interno con cui erano state impugnate pronunce di Corti d’Appello (Firenze e Trieste) favorevoli al riconoscimento dei presupposti per il rilascio del permesso di soggiorno per motivi umanitari in tre distinti procedimenti: il primo riguardava un cittadino bengalese che aveva ottenuto un’assunzione in Italia, il secondo un gambiano che “studia e coltiva i suoi principali legami sociali” nel nostro Paese, mentre in Gambia “non ha rapporti familiari di rilievo”, e il terzo un altro gambiano per il quale i giudici di Trieste avevano riconosciuto la protezione sulla base era “situazione critica dovuta al disordine complessivo del Gambia e alle primitive strutture giudiziarie e carcerarie sotto il profilo della tutela dei diritti individuali, considerato che sarebbe stato sottoposto a procedimento penale ove fosse rientrato nel Paese di provenienza”.
Ma, secondo Nazzarena Zorzella, avvocato dell’Asgi, Associazione per gli Studi Giuridici sull’Immigrazione, “La Cassazione ha ribadito principi già sanciti dalla stessa corte con due recenti sentenze, ovvero la 4455/2018, che eleva l’integrazione sociale a motivo rilevante per la determinazione della vulnerabilità individuale, e la 4890/2019 che stabilisce la non retroattività del decreto”. Ed è quest’ultima la ragione vera delle ultime tre sentenze della Corte.
In realtà le Sezioni unite sono state costrette a pronunciarsi per una opposta interpretazione sulla disciplina del diritto intertemporale derivante del Decreto Salvini da parte di due diverse sezioni della stessa Corte di Cassazione. A gennaio infatti la prima sezione presieduta dal giudice dott. Stefano Schirò aveva evidenziato l’irretroattività del decreto sicurezza, la stessa sezione, la prima civile, aveva cambiato orientamento con un diverso giudice, il dott. Genovese, che aveva poi chiesto alle Sezioni Unite di stabilire i criteri di applicabilità delle norme. Nel frattempo migliaia di casi erano stati risolti con criteri incerti, o erano stati sospesi, con migliaia di persone allo sbando e un ulteriore aggravamento della situazione degli uffici giudiziari.
Con la Sentenza. n. 4890/2019, depositata il 19 febbraio scorso, la Prima Sezione Civile della Corte di Cassazione sembrava risolvere i dubbi in tema di retroattività della nuova disciplina sulla protezione umanitaria. In quella sentenza la Corte rilevava innanzitutto che nel decreto sicurezza, poi convertito nella legge 132/2018,“non vi e’ una espressa disciplina legislativa di carattere intertemporale riguardante i giudizi in corso che seguano ad un accertamento positivo od ad un diniego delle Commissioni territoriali o espressamente rivolta ai procedimenti amministrativi in itinere alla data di entrata in vigore della nuova legge. L’unica regola inequivoca che si può cogliere dall’art. l, comma 9, riguarda il segmento conclusivo dell’accertamento positivo del diritto che, anche ove accertato alla stregua del parametro legislativo applicabile prima  dell’entrata in vigore del d.l. n. 113 del 2018, non può che assumere la denominazione ed il contenuto indicati nella norma non essendo più legislativamente previsto il permesso di soggiorno per motivi umanitari”.
La sentenza 4890/2019 aveva quindi affermato la non retroattività della norma abolitrice della protezione umanitaria, contenuta nel decreto sicurezza 113/2018, adottando una motivazione sostanziale che si basava sulla natura della situazione soggettiva inerente la protezione umanitaria. Su questo aspetto vanno messi dei punti fermi perché le successive ordinanze della Cassazione che affermavano al contrario la natura retroattiva della nuova normativa, non richiamavano tali aspetti di diritto sostanziale, e meno che mai il fondamento costituzionale della protezione umanitaria, istituto che nel 2018 il legislatore ordinario avrebbe inteso abrogare.
Secondo i giudici della Cassazione, la qualificazione giuridica del diritto, fornita nel corso degli anni anche dalle Sezioni Unite, ha svolto un’incidenza determinante sull’intervento nomofilattico della giurisprudenza di legittimità in relazione al contenuto e all’azionabilità del diritto d’asilo. (ex multis Cass.10636 del 2012 e 16362 del 2016, il principio è richiamato anche nella pronuncia n. 4455 del 2018). “Secondo tale costante orientamento, il diritto d’asilo costituzionale è integralmente compiuto attraverso il nostro sistema pluralistico della protezione internazionale, anche perché non limitato alle protezioni maggiori ma esteso alle ragioni di carattere umanitario, aventi carattere residuale e non predeterminato, secondo il paradigma normativo aperto dell’art. 5, c.6, d .lgs. n. 286 del 1998”.
La sentenza n. 4890/2019, depositata il 19 febbraio scorso aveva quindi escluso l’applicabilità del decreto “sicurezza” 113/2018 ai procedimenti amministrativi già iniziati davanti alle Commissioni Territoriali o ai giudizi in corso avverso i provvedimenti di accertamento o diniego del diritto, escludendo, in particolare, che si potesse precludere l’accertamento del diritto alla protezione umanitaria se la Commissione Territoriale non l’avesse già riconosciuto alla data della entrata in vigore del decreto, dunque al 4 ottobre 2018, in adesione peraltro alla prevalente giurisprudenza di merito e sulla base di conclusioni conformi espresse dal Procuratore generale presso la Corte di Cassazione.
Con tre “ordinanze interlocutorie” (relatore Lamorgese) depositate il 3 maggio scorso, sulla disciplina intertemporale del decreto sicurezza, i giudici della prima sezione civile della stessa Corte di cassazione avevano trasmesso gli atti al primo presidente Giovanni Mammone per “l’eventuale assegnazione” alle Sezioni unite della Corte. Nelle ordinanze si sostiene che le nuove norme “in materia di permessi umanitari contenute nel decreto Sicurezza entrato in vigore lo scorso 5 ottobre devono essere applicate a tutti i giudizi in corso”.
Con la sentenza n. 29459 delle Sezioni unite la Corte di Cassazione depositata ieri ha affermato che il decreto legge 113/2018 non si applica alle cause in corso perché il diritto alla protezione è espressione di quello di asilo tutelato dalla Costituzione e sorge al momento in cui lo straniero arriva in Italia in condizioni di vulnerabilità per il rischio che siano compromessi i diritti umani fondamentali. La protezione umanitaria “attua il diritto d’asilo costituzionale”, cioè “scaturisce direttamente dal precetto dell’art. 10 della Costituzione”: “il che vale anche per i nuovi istituti” del legislatore, che devono “rispettare Costituzione e vincoli internazionali”, che può soltanto definire i criteri di accertamento e le modalità di esercizio di quel diritto.
Una volta riconosciuta l’esistenza dei vecchi requisiti, il permesso di soggiorno rilasciato dalle questure sarà quello nuovo ”per casi speciali”, più breve e non convertibile. Secondo la Cassazione “la permanente rilevanza della protezione umanitaria o risultanti da obblighi costituzionali o internazionali dello Stato italiano discende dalla irretroattività della novella, che l’ha espunta dall’ordinamento; il concreto atteggiarsi del permesso che pur sempre risponde a quella protezione, è dettato dall’interpretazione conforme a Costituzione, che valorizza la volontà del legislatore”. Secondo la Corte "in tema di successione delle leggi nel tempo in materia di protezione umanitaria il diritto alla protezione, espressione di quello costituzionale di asilo, sorge al momento dell’ingresso in Italia in condizioni di vulnerabilità per rischio di compromissione dei diritti umani fondamentali e la domanda volta ad ottenere il relativo permesso attrae il regime normativo applicabile".
La Cassazione aggiunge poi, ai fini del riconoscimento della protezione, che “l’orizzontalità dei diritti umani fondamentali comporta che, ai fini del riconoscimento della protezione, occorre operare la valutazione comparativa della situazione soggettiva e oggettiva del richiedente con riferimento al paese di origine, in raffronto alla situazione d’integrazione raggiunta nel paese di accoglienza”. Quindi occorre attribuire”rilievo centrale alla valutazione comparativa tra il grado di integrazione effettiva nel nostro Paese e la situazione soggettiva e oggettiva del richiedente nel paese di origine, al fine di verificare se rimpatrio possa determinare la privazione della titolarità dell’esercizio dei diritti umani, al di sotto del nucleo ineliminabile e costitutivo della dignità personale”.
La stessa sentenza della Cassazione n. 4455/2018, che ridefiniva le possibilità di riconoscimento della protezione umanitaria per motivi di integrazione sociale e sembrava rendere più ardua la prova del diritto alla protezione, con riferimento alla situazione nel paese di origine, appare oggi ridimensionata dalla successiva ordinanza n. 11312/2019 della stessa Corte (sesta sezione civile), secondo cui, prima di respingere la richiesta di protezione, il giudice deve verificare se realmente il rimpatrio mette a rischio la sua vita. In particolare si osserva che “Questa Corte ha più volte chiarito che, ai fini dell’accertamento della fondatezza o meno di una simile domanda di protezione internazionale, il giudice del merito è tenuto, ai sensi dell’art. 8, terzo comma, del d.lgs del 28 gennaio 2008, n.25, a un dovere di cooperazione che gli impone di accertare la situazione reale del paese di provenienza mediante l’esercizio di poteri-doveri officiosi di indagine e di acquisizione documentale, in modo che ciascuna domanda venga esaminata alla luce di informazioni aggiornate e non di formule generiche come il richiamo a non specificate fonti internazionali“.
Lo stesso principio dovrebbe valere anche per la prova di possibili lesioni degli altri diritti fondamentali comunque riferibili alla persona in quanto tale. Non può dunque ritenersi motivata una decisione negativa dei giudici di merito, che sia adottata sulla base di generiche “fonti internazionali” che attesterebbero l’assenza di conflitti nei paesi di provenienza dei migranti che chiedono di rimanere in Italia facendo valere motivi umanitari. Si deve comunque osservare, e la prassi sembra orientarsi in questo senso, che, al di là dell’ampliamento dell’onere probatorio in capo al giudice, questa ordinanza reintroduce criteri importanti per il riconoscimento, anche della protezione sussidiaria, a casi che in precedenza ottenevano il riconoscimento della protezione umanitaria.
Il diritto alla protezione dipende, dunque, dalle condizioni di vulnerabilità “per rischio di compromissione dei diritti umani fondamentali” e non può essere riconosciuto considerando in maniera isolata e astratta il “contesto di generale e non specifica compromissione dei diritti umani accertato in relazione al paese di provenienza”.
L’assunto più recente delle Sezioni unite della Cassazione non costituisce una novità, come alcuni commentatori vorrebbero fare credere. Già nella circolare ministeriale del 4 luglio 2018 i “parametri” per il riconoscimento della protezione umanitaria venivano ristretti in base ad un precedente giurisprudenziale che si continua a citare nelle ultime decisioni della Cassazione a Sezioni Unite (la nota sentenza della Cassazione n. 4455 del 23 febbraio 2018) in base alla quale i “seri motivi” previsti dalla normativa nazionale per il riconoscimento della protezione umanitaria (art. 5 comma 6 del Testo Unico n.286 del 1998) sarebbero stati “tipizzati” dalla ratio di tutelare situazioni di vulnerabilità, calate in concreto nella complessiva condizione del richiedente, emergente sia da "indici soggettivi che oggettivi”, senza che “nessuna singola circostanza possa di per sé, in via esclusiva, costituire il presupposto per l’attribuzione del beneficio”. Si aggiungeva già allora quanto affermato dalla sentenza n. 4455/2018 della Cassazione, secondo cui “l’accertamento della situazione oggettiva del paese di origine e della condizione soggettiva del richiedente in quel contesto, alla luce della peculiarità della sua vicenda personale costituiscono il punto di partenza ineludibile dell’accertamento da compiere”.Un criterio già adottato dai giudici di merito, che però facevano, e continueranno probabilmente in futuro, a fare richiamo ai principi costituzionali ed agli obblighi di fonte internazionale evocati dall’art. 5. 6 del T.U. n. 286 del 1998, che la circolare ministeriale del 4 luglio 2018 sembrava invece ignorare del tutto. Malgrado le numerose sentenze di annullamento adottate dai Tribunali le decisioni delle Commissioni territoriali restavano fortemente condizionate dall’indirizzo impresso dal ministro dell’interno con la sua circolare, in totale dispregio della autonomia di giudizio imposta alle Commissioni dalla normativa europea, e il calo dei casi di riconoscimento della protezione umanitaria continuava indipendentemente dalle oscillazioni della giurisprudenza della Cassazione.
Per tutti e tre i casi decisi adesso dalle Sezioni unite della Cassazione con identiche motivazioni, si dovrà svolgere un nuovo processo d’appello, che tenga conto dei principi enunciati. Occorrerà sempre operare una valutazione comparativa della posizione soggettiva del richiedente con riferimento al proprio Paese a confronto con la situazione di integrazione raggiunta in Italia. Principio che non è nuovo e che è stato affermato anche da precedenti sentenze della Corte di Cassazione, che avevano già comportato una forte riduzione dell’area di applicabilità del vecchio istituto della protezione umanitaria, con la condanna alla clandestinità di migliaia di persone giunte in Italia mediamente da tre o quattro anni, (già vittime della lunghezza delle procedure e poi dei processi) molte delle quali già inserite nel nostro contesto economico e sociale e per le quali appare del tutto irrealizzabile il progetto, di evidente portata elettorale, di rimpatri di massa con accompagnamento forzato (e magari anche connessa detenzione amministrativa nei Centri di detenzione per i rimpatri, che ad oggi offrono circa mille posti in tutta Italia).
2. Le ultime decisioni delle Sezioni unite della Cassazione potrebbero sembrare il classico bicchiere mezzo vuoto e mezzo pieno, e tutti potrebbero dire di avere avuto ragione, ma in realtà non è così, per due ragioni fondamentali.
Innanzitutto escono irrimediabilmente sconfitti dal giudizio della Cassazione a Sezioni unite coloro che avevano sostenuto una interpretazione retroattiva del Decreto Salvini, come il ministero dell’interno ed i giudici che sul punto specifico, dopo una diversa decisione della stessa sezione della Corte, avevano rimesso la questione alle Sezioni unite.
Il diritto alla protezione umanitaria è stato considerato, da tempo manifestazione del diritto di asilo di cui all’art. 10, terzo comma Cost. Ma le situazioni che impediscono – nel Paese di provenienza dello straniero − "l’effettivo esercizio delle libertà democratiche garantite dalla Costituzione italiana" non sono solo quelle che precludono l’esercizio dei diritti che più direttamente attengono alla democrazia (libertà di espressione, di associazione etc.) ma tutte quelle che incidono sui diritti fondamentali e sulle condizioni minime di una vita sicura e dignitosa.
La stessa Cassazione, a Sezioni unite, conferma in queste tre pronunce come l’istituto della protezione umanitaria costituisca diretta attuazione del dettato costituzionale (art. 10 comma 3) pur riconoscendo al legislatore ampi poteri per le modalità di riconoscimento, e non certo di “concessione” di tale diritto. Quanto deciso dalla Corte nelle tre decisioni depositate ieri spalanca dunque la via ad una serie di ricorsi alla Corte Costituzionale per verificare quanto il legislatore, con i decreti sicurezza che hanno “abolito” la protezione umanitaria, abbia esercitato quel potere senza violare i principi solidaristici affermati dall’art. 10 della Costituzione, e per rimando anche dalla normativa euro-unitaria, in virtù dell’art. 117 della stessa Costituzione.
3. La protezione umanitaria era prevista nel testo unico 286/98 (art. 5 c. 6) quando, pur non accogliendo la domanda di protezione internazionale, la Commissione territoriale riteneva di chiedere al questore il riconoscimento di una forma di protezione per seri motivi di carattere umanitario.
Prima del decreto legge n. 113/2008, poi convertito nella legge 132/2018, l’art. 5, comma 6, T.U. immigrazione (d.lgs 286/1998) così disponeva: "Il rifiuto o la revoca del permesso di soggiorno possono essere altresì adottati sulla base di convenzioni o accordi internazionali, resi esecutivi in Italia, quando lo straniero non soddisfi le condizioni di soggiorno applicabili in uno degli Stati contraenti, salvo che ricorrano seri motivi, in particolare di carattere umanitario o risultanti da obblighi costituzionali o internazionali dello Stato italiano. Il permesso di soggiorno per motivi umanitari è rilasciato dal questore secondo le modalità previste nel regolamento di attuazione".
Secondo l’orientamento consolidato negli ultimi anni in Cassazione, "il diritto di asilo è […] interamente attuato e regolato, attraverso la previsione delle situazioni finali previste nei tre istituti di protezione, ad opera della esaustiva normativa di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007 (adottato in attuazione della direttiva 2004/83/CE) e del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, sì che non si scorge alcun margine di residuale diretta applicazione della norma costituzionale" (Cass. civile, sez. VI, n. 10686/2012, confermata da Cass. civile, sez. VI, n. 16362/2016). Secondo questa lettura della normativa costituzionale, la legge cui rinvia l’art. 10, terzo comma, Cost. ha il compito di precisare le condizioni del rilascio e i requisiti del richiedente, di regolare la procedura del riconoscimento e i casi di cessazione ma non può limitare il diritto di asilo a un gruppo di soggetti (gli aventi diritto allo status di rifugiato e alla protezione sussidiaria), escludendo tutti coloro che si trovano in altri modi privati dei diritti fondamentali nel Paese di provenienza.
In materia di protezione umanitaria appare dunque difficilmente contestabile quanto rilevava la Corte di Cassazione, secondo cui “la qualificazione giuridica di diritto soggettivo perfetto appartenente al catalogo dei diritti umani, di diretta derivazione costituzionale e convenzionale, è stata affermata e mantenuta costante dalle S.U. di questa Corte a partire dall’ordinanza n. 19393 del 2009 fino alle più recenti (ex multis  S.U.5059 del 2017; 30658 del 2018; 30105 del 2018; 32045 del  2018; 32177 del 2018). Tale peculiare natura, del tutto coerente con il richiamo al rispetto degli obblighi costituzionali ed   internazionali indicati nell’art. 5, c.6, del d.lgs. n. 286 del 1998, ha  avuto un notevole rilievo nella ricognizione dei presupposti per l’accertamento del diritto al permesso umanitario, svolta dalla giurisprudenza di legittimità. Si è ritenuto che essi fossero diversi da quelli posti a base delle protezioni maggiori e che la protezione umanitaria avesse carattere residuale (Cass. 4131 del 2011; 15466 del 2014), dal momento che le condizioni di vulnerabilità suscettibili di integrare i “seri motivi umanitari” non possono che essere correlati al quadro costituzionale e convenzionale al quale sono ancorati (Cass. 28990 del 2018)”.
4. La qualificazione giuridica del diritto alla protezione umanitaria, almeno fino al 4 ottobre 2018, e la natura meramente ricognitiva del giudizio di accertamento cui esso è assoggettato nella fase amministrativa e giudiziale dell’esame dei presupposti, come adesso riconosce la stessa Cassazione, inducono dunque a ritenere che la nuova disciplina legislativa non sia applicabile ai procedimenti in corso. Rimane incontestabile, ed incontestato, il principio affermato da anni dalla prevalente giurisprudenza di merito e consolidato negli orientamenti della Cassazione, secondo cui il diritto soggettivo, anche nel caso della protezione umanitaria, e comunque in tutti i casi riconducibili all’art. 10 comma 3 della Costituzione italiana, preesiste alla verifica delle condizioni cui la legge lo sottopone, mediante il procedimento amministrativo ed eventualmente giudiziale. Il risultato positivo o negativo dell’accertamento, dipende dal quadro probatorio posto a base della domanda ma non incide sulla natura giuridica della situazione giuridica soggettiva azionata e sulla incontestata natura dichiarativa della verifica amministrativa e giudiziale. Quanto appena affermato non e’ contraddetto dalla circostanza che in alcuni casi specifici l’integrazione sociale possa costituire un elemento sopravvenuto e comunque fondante, seppure non da solo, per il riconoscimento di uno status di protezione, quale che sia la denominazione che gli vuole attribuire il legislatore, ma comunque rientrante nella vasta garanzia costituzionale offerta dall’art.10 comma 3.
Il cittadino straniero che manifesti la volontà di chiedere una qualsiasi forma di protezione matura quindi da quel momento il diritto ad un titolo di soggiorno fondato sui motivi desumibili dal quadro degli “obblighi costituzionali ed internazionali” assunti dallo Stato. Il legislatore può anche mutare la portata del riconoscimento dei casi diversi, dall’asilo e dalla protezione sussidiaria, rientranti nell’ampia copertura dell’art. 10 della Costituzione, ma non può modificare con effetto retroattivo gli effetti maturati rispetto ai presupposti della preesistente normativa, nel caso di specie l’art. 5 comma 6 del T.U. 286 del 1998, in assenza di una specifica disposizione intertemporale, che allo stato non appare certo rinvenibile nella formulazione del decreto “sicurezza” 113 del 2018, poi convertito nella legge n.132 dello stesso anno.
Toccherà adesso alla giurisdizione nel suo complesso, dunque ai singoli giudici ed avvocati, affrontare questa materia tenendo presenti i principi costituzionali e sollevando nei singoli casi questioni di costituzionalità.
Quando il Presidente della Repubblica Mattarella, il 4 ottobre dello scorso anno, aveva firmato il Decreto Legge “immigrazione e sicurezza” n.113/2018, aveva allegato al provvedimento una lettera in cui si avvertiva "l’obbligo di sottolineare che, in materia, restano ‘fermi gli obblighi costituzionali e internazionali dello Stato, pur se non espressamente richiamati nel testo normativo", non si poteva prevedere che il provvedimento sarebbe stato convertito in legge con un testo ancora più restrittivo (inserendo una lista di “paesi terzi sicuri”) e con procedure tali da snaturare il ruolo del Parlamento, previsto nella nostra Costituzione. Il Presidente della Repubblica ricordava in particolare “quanto direttamente disposto dall’art. 10 della Costituzione e quanto discende dagli impegni internazionali assunti dall’Italia”.
In materia, riguardo ai possibili profili di illegittimità costituzionale, si rinvia ai più recenti contributi che hanno evidenziato la possibilità di una interpretazione costituzionalmente orientata della nuova normativa, piuttosto che un ricorso diretto alla Corte Costituzionale, che avrebbe tempi di definizione e margini di incertezza anche assai elevati.
Le decisioni più recenti della Cassazione, per quanto adottate a Sezioni Unite, non andranno comunque nella direzione di una riduzione della conflittualità in questa materia. Né si può scaricare sulla giurisprudenza il peso di scelte legislative di chiara matrice ideologica e propagandistica.
Come ricorda il Corriere della Sera ”una prassi sbrigativa da mesi induce molte Questure a eseguire l’espulsione dei richiedenti asilo che dopo un primo rigetto si presentino a reiterare domanda di protezione internazionale, che una norma del decreto Salvini 2018 dispone nemmeno venga presa in considerazione per un esame neanche preliminare degli eventuali nuovi motivi di protezione addotti dal migrante. Ma il Tribunale civile di Milano disapplica appunto questa norma italiana, e al suo posto applica direttamente la contrastante (ma sovraordinata) regola della Direttiva comunitaria 2013/32, che (come chiarito già dalla Corte Ue nel caso del Belgio) pretende almeno "un esame preliminare" dei possibili "elementi nuovi". Compito di cui dunque non può essere spossessata la competente Commissione Territoriale (il che ferma intanto le espulsioni)”. Per un altro verso si nota che la Corte di Cassazione, nelle sue più recenti pronunce in tema di protezione umanitaria, a causa anche dell’abolizione del grado di appello, si trasforma in un giudice del fatto, e vede messa fortemente in crisi la sua naturale funzione di giudice di legittimità.
Spetta ai politici ed al Parlamento prendere atto del fallimento, “sul campo” dell’applicazione concreta, dei decreti sicurezza Salvini (incluso quello sulla chiusura dei porti e sulle sanzioni alle ONG) e adottare quanto prima provvedimenti che ne cancellino gli effetti, che oggi si stanno traducendo in decine di migliaia di persone alle quali si nega il diritto ad esistere legalmente, se non lo stesso diritto alla vita ed alla dignità umana.
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carol-agostini · 2 years
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Chef Marco Stabile ed il suo spin-off sulle terrazze del Dai Dai 2022, Autore Stefano Incerti, articolo di Fine Dining. Sito: www.papillae.it 🌐 Chef Marco Stabile and his spin-off on the terraces of Dai Dai 2022, Author Stefano Incerti, Fine Dining article. Website: www.papillae.it . . #carolagostini #papillae #foodandwineangels #chefmarcostabile #marcostabile #chef #vino #foodporn #food #finedining #wineblogger #foodblogger #online #dinner #lunch #photo #restaurant #cenaconfatturadamore https://www.instagram.com/p/Ch9Q5h2tLK8/?igshid=NGJjMDIxMWI=
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lamilanomagazine · 2 years
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Irene Grandi, debutto da protagonista in “The Witches Seed”
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Irene Grandi, debutto da protagonista in “The Witches Seed”. Debutta in Prima Mondiale oggi a Oira Crevoladossola (VCO) all'interno di Tones Teatro Natura "THE WITCHES SEED", spettacolare e immersiva opera rock firmata dal geniale musicista e fondatore dei Police STEWART COPELAND, con i testi dei brani di CHRISSIE HYNDE dei Pretenders che si aggiungono alle composizioni di Copeland e IRENE GRANDI nel ruolo di protagonista. Questo importantissimo evento, una prova coraggiosa per la cantante, mette temporaneamente in pausa il tour di "io in Blues" con il quale Irene sta percorrendo in lungo e in largo l'Italia. "IO in Blues", l'atto d'amore di una delle più importanti cantanti italiane ad alcuni dei più carismatici artisti internazionali e italiani che hanno reso, direttamente o indirettamente, immortale un genere che è alla base tutta la musica moderna che conosciamo; lo troviamo nel soul e nel rap, nel jazz e nel rock, nel funk, ovunque. Il Blues è una madre che tutti accoglie e tutti ama, indistintamente. Etichette come la Stax, la Alligator e altre ancora, hanno prodotto un'autentica rivoluzione, in un periodo nel quale la segregazione sociale, e dunque culturale, era la regola. "IO in Blues" è anche un tributo appassionato alle radici di Irene, alla sua formazione musicale e alle prime esperienze sul palco, nelle quali ha ottenuto un imprinting che ha poi sviluppato in uno stile personale e riconoscibile. Dunque un concerto, un viaggio, fatto di brani che attraversano un arco temporale che va dagli anni '60 fino ai '90, canzoni che sono blues nell'anima e nell'ispirazione: Etta James, Otis Redding, Willie Dixon, Tracy Chapman, Sade, ma anche Pino Daniele, Lucio Battisti, Mina, e alcuni brani di Irene, riarrangiati in chiave rock-blues. Irene Grandi è un'artista che ha sempre cercato di cambiare pelle, per mettersi in gioco, per sperimentare. Lo dimostrano le sue collaborazioni più diverse. che sono andate dai grandi standard italiani e internazionali riletti in chiave jazz con Stefano Bollani alla videoarte dei Pastis, dal pop della sua splendida carriera solista all'opera rock come protagonista di The Witches Seed , composta da Stewart Copeland, che debutterà in prima mondiale oggi e domani a Tones Teatro Natura, a Oira Crevoladossola – VCO. Irene Grandi è entusiasta: «In questo tempo sospeso, difficile, smarrito, ho finalmente ritrovato l'ispirazione tornando alle radici. Da sempre il blues mi risuona dentro, mi emoziona e negli anni della mia formazione ha avuto un grande impatto sul mio mondo musicale e la mia voce. Nel lungo momento che ci ha tenuto lontani gli uni dagli altri, incerti sul futuro, sconvolti da tanti cambiamenti e rattristati dalla sorte dei più fragili, ho fatto molta fatica a trovare ispirazione e slancio, finché ho smesso di cercare qualcosa di nuovo e mi sono immersa in qualcosa che conoscevo, che amavo ma che da molto tempo non praticavo più. Ho voluto ricordare da dove vengo e ritornare appunto alle radici, sperando così di ritrovare anche io un maggiore radicamento e una nuova forza di reagire. Accettare anche la malinconia di questo lungo periodo drammatico che abbiamo vissuto, ascoltarla e cantarla. Perché il Blues? Perché il Blues è la radice, è la madre, e ti accoglie nelle sue grandi braccia».... Read the full article
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novalistream · 4 years
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Teniamo a freno il nostro odio per chi esce di casa, o ce ne pentiremo di Giuseppe Cassarà Dobbiamo darci una calmata, tutti, prima di trasformarci in mostri. Scorrendo i social si cominciano a vedere degli effetti negativi di questo esageratissimo patriottismo che infiocchetta i nostri balconi di tricolori: oggi, per esempio, girava in rete il video di un 19enne di Treviso arrestato dalla polizia: il ragazzino - sbagliando - aveva violato la quarantena, e risponde con fare aggressivo agli agenti che alla fine lo arrestano. È una scena drammatica: un ragazzino è stato arrestato perché stava camminando. La polizia ha ovviamente fatto bene a fermarlo e, per quanto riguarda l’oltraggio a pubblico ufficiale, l’arresto sarebbe scattato anche senza il coronavirus. Non è il comportamento dei poliziotti a farmi paura, ma le reazioni dei commentatori social (e anche chi ha girato il video, onestamente. Come se non stesse aspettando altro). “Avrebbero dovuto sbattergli la testa contro gli sportelli, così capiva”. “Ammazzatelo sto stronzo”. “Coglione, muori”, “Sparategli alle gambe, così gli passa la voglia”. Siamo nel paese di Stefano Cucchi, di Federico Aldrovandi, del G8 di Genova. Davvero stiamo consigliando alla polizia di usare più violenza sulla popolazione? Va bene, c’è chi non rispetta il divieto. Io stesso li ho chiamati imbecilli. Ma in quel caso, mi permetto questa autodifesa, era leggermente diverso: era appena stata dichiarata la quarantena, e i locali di Roma erano ancora pieni di allegri untori. Questa è imbecillità, questa è irresponsabilità. Quella di un 19enne è immaturità. Non penso che noi tutti, a 19 anni, avremmo attraversato questa quarantena senza mai pensare a uno strappo alla regola. Ma pure a 20, a 30, a 60 anni: stare a casa ci ha stufato tutti. Poi, per la maggior parte di noi, per fortuna, subentra il senso di responsabilità, subentrano la paura e il dolore che ci danno le immagini da Bergamo e dalla Lombardia. Ma sarebbe da ipocriti affermare di aver rispettato pedissequamente le nuove regole fin dall’inizio, di non aver architettato, anche solo per un secondo, uno stratagemma per poter rivedere un fidanzato, per sgranchirci le gambe, per fumare una sigaretta al parco, per uscire dalla convivenza forzata con i nostri svariati coinquilini. Siamo umani. Faremmo meglio a non scordarcene, specie quando invochiamo a gran voce l’esercito, come se l’autorità fosse l’unico modo per tenerci buoni. D’altronde, l’italiano questo desiderio morboso di imposizione lo possiede da sempre; e si dimentica che dal Coronavirus ne usciremo, prima o poi, ma dai suoi strascichi, da questo rancore che stiamo lasciando libero di esprimersi contro i passanti per strada, da questo odio non sarà così facile liberarsi. Anche perché, come si dice, l’odio è cieco, e colpisce a casaccio. Lo dimostra questa storia, agghiacciante, che leggo su twitter: “Torino, adesso. Urla dal balcone. Insulti verso la strada. ‘Stattene a casa!’. Chiedono di mostrare la certificazione, come poliziotti, dal quarto piano. A chi? A una commessa che, piena di paura, sta andando a fare il suo turno”. Facciamo molta, molta attenzione a quello che desideriamo, specie in tempi così incerti e confusi, senza un futuro che sia chiaro o evidente. Coltiviamo la calma e la compassione, senza rendere l’aria ancora più pesante. O almeno proviamoci, perché il futuro che si prospetta davanti a noi se continuiamo di questo passo fa più paura del Coronavirus.
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amntenofre · 7 years
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a deeply enchanting video of a nocturnal ritual in honor of the Goddess Isis ("The Dream of Apuleius", from Apuleius' "Metamorphoses/the Golden Ass"); the video was shot by Stefano Incerti at the site of the Isis Temple in Pompeii. All the epithets of Isis that you will listen here are attested also in the Egyptian sources
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paoloferrario · 5 years
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L'UOMO DI VETRO, di Stefano Incerti, con Tony Sperandeo e David Coco, 2007
L’UOMO DI VETRO, di Stefano Incerti, con Tony Sperandeo e David Coco, 2007
vai a:
https://it.wikipedia.org/wiki/L%27uomo_di_vetro_(film)
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sinapsinews · 5 years
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La nobile mission di Stefania Zambrano
Dare voce alla comunità LGBTQper permettere a tutti i suoi membri di acquisire i diritti che sono stati loro negati per tanto tempo. E’ questa la missione primaria di Stefania Zambrano, attrice di teatro e volto di tanti cortometraggi e lungometraggi, tra cui Robinù di Michele Santoro e La Parrucchiera di Stefano Incerti. L’attività della Zambrano per i diritti delle persone omosessuali e…
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retegenova · 5 years
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Pivio & Aldo De Scalzi e le loro canzoni per il cinema in concerto
Al Festival Creuza de Mà diretto da Gianfranco Cabiddu
Special guest Neri Marcorè e Michele Riondino
Premio Isole del Cinema per la musica 2019 all’Associazione Compositori Musica per Film
Giovedì 12 settembre (ore 21.30, al Cinema Cavalleria di Carloforte – Cagliari) Pivio (al secolo Roberto Pischiutta)e Aldo De Scalzi, introdotti per l’occasione da Neri Marcorè, saranno in concerto al Festival Creuza de Mà – Musica per Cinema (XIII edizione). La serata si aprirà con la consegna del Premio Isole del Cinema per la musica all’Associazione Compositori Musica per Film, di cui Pivio è presidente: un riconoscimento al lavoro di promozione e di sensibilizzazione svolto in questi anni da ACMF, un’organizzazione no-profit fondata nel 2017 da un nucleo di compositori – con la presidenza onoraria di Ennio Moricone – per difendere e divulgare le tradizioni di questa arte musicale a partire dal territorio Italiano.
Insieme ai due musicisti genovesi – che in 22 anni di attività hanno composto più di 100 colonne sonore –  saranno in concerto Barbara Eramo (voce, ukulele), Andrea Maddalone (chitarre) e Edmondo Romano (legni, sax). Special guest, l’attore Michele Riondino che prima di indossare le vesti di attore ha mosso i suoi primi passi artistici tra le note. L’agile formazione guidata da Aldo De Scalzi (chitarre, piano, voce) e Pivio (synth, percussioni, voce) proporrà in concerto per la prima volta, nella storia delle rare esibizioni dal vivo del duo, una selezione dedicata soprattutto alle canzoni, con pochissimi brani strumentali, che si aprirà con l’ormai celebre Bang bang, dal musical Ammore e malavita diretto dai Manetti Bros (David di Donatello, Nastro d’Argento e Ciak d’oro 2018 per miglior colonna sonora e miglior canzone). Il concerto prevede anche una sorpresa site-specific. In omaggio alla lingua ‘zeneise’ parlata a Carloforte, saranno inseriti due pezzi in genovese a cui gli autori sono particolarmente affezionati: Stagiuin, da Ormai è fatta di Enzo Monteleone e Toue Drûe, da Nella terra di nessuno di Gianfranco Giagni. Tra gli altri titoli in scaletta, Come fosse già (Il commissario Rex – serie tv dei Manetti Bros), Complici del silenzio (dal film omonimo di Stefano Incerti), Fly my love (Il mercante di pietre di Renzo Martinelli), Istanbul uyurken (Hamam, il bagno turco di Ferzan Ozpetek), How can you live (in this world) (La banalità del crimine di Igor Maltagliati), Il vento e Io vivrò (Un’avventura di Marco Danieli), In un distretto di polizia (Distretto di polizia – serie tv di Renato De Maria, e altri), L’ammore overo (Ammore e malavita dei Manetti Bros), La segunda mujer (La seconda moglie di Ugo Chiti), La vita possibile (Razzabastarda di Alessandro Gassmann), Restiamo amici (dal film omonimo di Antonello Grimaldi).
www.musicapercinema.it
www.pivioealdodescalzi.com
Ufficio stampa
Marzia Spanu
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12 set. – Pivio & Aldo De Scalzi in concerto a Carloforte Pivio & Aldo De Scalzi e le loro canzoni per il cinema in concerto Al Festival Creuza de Mà diretto da Gianfranco Cabiddu…
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