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#Tragedia greca
princessofmistake · 5 months
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Oblio e memoria sono i due strumenti del dissetamento. Se si beve dalla corrente dell'oblio si dimentica tutto e si rinasce a una nuova vita, cioè la sete è soltanto ingannata, e l'arsura non tarda a ripresentarsi in una nuova individuazione. Ma se si beve dalla fonte di Mnemosine, come testimoniano queste laminette, la memoria fa recuperare la conoscenza del passato e dell'immutabile, l'uomo riconosce la sua origine divina e si identifica in Dioniso, e l'arsura non viene spenta, ma dissetata, da una gelida, divina, prorompente conoscenza.
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il-gufetto · 1 year
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Nel primo periodo della sua vita, Nietzsche lesse Schopenhauer e incontrò Wegner, con cui strinse una profonda amicizia. In questa fase parlò della tragedia greca e dell'esistenza di due principi: Apollineo e Dionisiaco
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foto di Wendy Van Zyl
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tanogabo · 5 months
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(via Appunti sul tragico mito di Antigone)
Ciò provocò le ire del re Creonte, il quale, una volta scoperto il colpevole, decise prima di condannare a morte Antigone, ma successivamente, ritenendo tale punizione troppo severa, si limitò a rinchiuderla in una prigione fino alla fine dei suoi giorni.
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givemeanorigami · 10 months
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Cosetto* ha appena fatto una tragedia greca davanti alla porta, pianti, tentativi di abbaio, saltini, tanto da convincere madre a prenderlo in braccio e scendere.
Volte che è uscito da quando è qua, in braccio, visto che deve ancora passare tra le grinfie della Vet: una.
Iniziamo bene, a tratti benissimo.
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sauolasa · 11 months
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Tragedia dei migranti in Grecia: cresce la protesta contro Frontex e Guardia Costiera greca
Manifestazione di protesta contro l'Agenzia europea Frontex e contro la Guardia Costiera ellenica, accusate di non essere intervenute tempestivamente per evitare il naufragio del peschereccio al largo della costa di Pylos e per salvare centinaia di vite umane
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donaruz · 5 months
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In Grecia, ancora oggi, la chiamano "Maria", ma per tutti è "la Callas".
100 anni fa, 2 dicembre 1923, nasceva a NY l’artista che avrebbe rivoluzionato il teatro d’opera.
Maria Callas, translitterazione di Anna Maria Cecilia Sophia Kalos, contrazione dell'originario Kalogeropoulos, in greco Άννα Μαρία Καικιλία Σοφία Καλογεροπούλου
Maria Callas è passata alla storia come una delle più grandi cantanti liriche del secolo scorso, ma la sua vita è stata tormentata dalla tragedia. Sua madre le tolse l'infanzia per farla diventare una star e, sebbene tutti la idolatrassero per il suo grande talento, la cantante di origine greca non si sentì mai amata finché non incontrò Aristotele Onassis. La dea del bel canto voleva mettere su famiglia con il magnate, ma la loro storia d'amore fu tutt'altro che a lieto fine.
Quella voce ci affascinò come un sortilegio, un prodigio che non si poteva definire in alcun modo, la si poteva soltanto ascoltare come prigionieri di un incantesimo, di un turbamento mai esplorato prima. Ma non si può rendere appieno la tempesta di emozioni che suscitava in chi l'ascoltava per la prima volta. Perché Maria è un regalo di Dio che non si può definire nel tempo: Maria c'è sempre stata e ci sarà per sempre.
(Franco Zeffirelli)
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unfilodaria · 10 months
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dato che @anonpeggioredelmondo ha detto che potevamo sentirci liberi di autotaggarci, io lo faccio, tze
1. Are you named after anyone?
Il mio nome è la classica "pezza a colori" come si suol dire dalle mie parti. Nessuno in particolare a cui riferirsi ma in famiglia tra zii, bisnonni e cugini ce ne sono almeno tre o quattro. Il Maria poi ha dato un tocco esotico, che mi ha creato non pochi problemi ma mi ha salvato da un inverecondo Annino, perchè nato il giorno di Sant'Anna
2. Quando è stata l'ultima volta che hai pianto?
Non mi vergogno a dire che di tanto in tanto piango. E' liberatorio. Ed il fine 2022, inizi 2023 mi ha dato tanti spunti seri per farlo
3. Hai figli?
Una. Il mio "tesssoroooo"
4. Fai largo uso del sarcasmo?
Sarcasmo, ironia conditi da espressioni dialettali a me care ma che non tutti afferrano
5. Quali sport pratichi o hai praticato?
A livello agonistico? divano estremo. Nella mia mente, sarei un ottimo runner e da ragazzino avrei voluto eccellere nel baseball (mai giocato) e nella palla a mano (praticata ai giochi della gioventù delle medie)
6. Qual è la prima cosa che noti in una persona?
Gli occhi e mani e soprattutto espressioni. Poi se è donna, anche il resto ma solo dopo, giuro. Gli occhi e le mani dicono tutto
7. Qual è il colore dei tuoi occhi?
Castano scuro
8. Scary movies o happy endings?
Tragedia greca ehehe... No, Commedy romantiche... in fondo, ma molto in fondo, sono zuccheroso a rischio diabete
9. Qualche talento particolare?
Avere il dono di non essere capito... sicuramente ho difficoltà a trasmettere cosa voglio dire o penso realmente. Grosso limite e grandi fraintendimenti e incazzature
10. Dove sei nato?
Avellino
11. Quali sono i tuoi hobby?
Cinema, musica, letteratura e (ultimamente) concerti jazz. Prima cucinavo (ed anche bene, dicevano, ma non avendo per chi esibirmi ho smesso)
12. Hai animali domestici?
me stesso? Ho un geco che mi fa compagnia fissa da 3 anni sul mio balcone. Appare puntualmente a giugno per sparire a fine settembre. Una rondine che ha deciso di nidificare da 4 anni sul mio box auto, un merlo cacacazzo e scacazzone che viene a mettermi sottosopra i gerani e poi ogni tanto appaiono in casa dei "simpaticissimi e affettuosissimi e schifosissimi" animaletti con le antenne, che, nonostante la guerra batteriologica messa in atto da me da anni, se ne infischiano e ogni tanto mi fanno venire lo "spannico" (la paura)
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13. Quanto sei alto?
176 cm... anche se il dietologo mi ha detto che mi sono accorciato di 2 cm
14. Materia preferita a scuola?
Disegno tecnico, italiano e geografia astronomica
15. Dream job?
Vincere un terno secco, sulla ruota di Napoli, una settimana si ed una no (cit.)
taggo: @finestradifronte,, @vivenda, @guelfoalexander, @2delia e @laperlla
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EVENTI - di Gianpiero Menniti
L'ORIGINE DEL TEATRO GRECO E L'IRRAZIONALE
A Squillace, borgo di antichissime origini, ai primi di settembre. Racconto le "Origini del teatro greco" e la connessione con l'irrazionale, il caos primordiale che ne avrebbe ispirato la fondazione. Ecco uno stralcio della conferenza:
«Il mondo greco al quale con crescente approssimazione si fa appello frequentemente, per indicare l’origine della civiltà occidentale e dunque del nostro modello culturale, era ben lontano dalla rappresentazione che se ne fa ai nostri giorni. La nostra civiltà, intrinsecamente cristiana, ha certamente attinto, in molte forme (linguistiche, mitico-letterarie e rituali, politiche e sociali, scientifiche e filosofiche) a quella non consueta civiltà. Tuttavia, il “noi” contemporaneo è immemore delle limpide e coraggiose acquisizioni dell’uomo greco, del suo attestarsi su una linea di separazione tra l’evidenza caotica dell’esistenza e i tentativi di fornirla di un modello razionalmente adeguato. Di più: il caos non è l’effetto ma l’origine, la condizione primigenia, l’informe infinito della materia che preesiste e che preclude ogni conoscenza: questa è figlia del determinato e non ha alcuna possibilità di designazione dell’indeterminato. Non ha linguaggio, non ha parola, non possiede alcun segno. Se non un sussulto. Il sussulto che la lunghissima, ancestrale tradizione dei miti e dei riti eleusini ha tramandato oralmente fino a VII – VI secolo a.C. ma a partire da almeno 1500 anni prima nel contesto inattingibile della tradizione orale. Tradizione orale coperta dal segreto dell’origine che solo il racconto dei miti poteva parzialmente rivelare come in una lenta e attenta marcia di avvicinamento alla verità terrificante dell’informe. La consapevolezza di un disordine originario non è rassegnazione ma, paradossalmente, razionale costruzione di un ordine che contempla il suo contrario. E con esso convive. In questa condizione originaria e incontrovertibile, nasce il “sacro”, il separato che, tuttavia, abita gli abissi della natura fenomenica e della natura umana. Così, nasce anche il teatro - dal gr. ϑέατρον, der. del tema di ϑεάομαι «guardare, essere spettatore» - come rivelazione di questo stato di coesistenza, il celebre modello di relazione tra dionisiaco e apollineo di Nietzsche. Ma l’origine della tragedia greca – la prima forma di teatro – non è come si potrebbe immaginare, nella scena, nella skenè (σκηνή) che racconta le vicende del dramma: la tragedia nasce dal coro, dal coro dei satiri che irrompono dai parodoi con urli e canti, al ritmo di danza. Metà uomini e metà bestie, i satiri incarnano la mimesi di ciò che è ormai memoria, del passaggio dell’uomo dalla selva alla condizione dell’essere consapevole. Consapevole di cosa? Soprattutto della sua finitezza, della morte, del cadavere che inerte può essere vinto solo dal suo contrario, dall’arte che è vita, che per questo è gioia, è danza, è canto, è parola, è unità “corale” del flusso e dell’energia che anima gli esseri umani distanti dalla loro insormontabile caducità. Il coro è dunque il protagonista della tragedia, il coro che evoca il dio, Dioniso, che non a caso è il dio della vita e della morte, del maschile e del femminile, del divino e del bestiale: la sua è una natura incessantemente polimorfica. Incarna, dunque, il caos dell’inizio, il caos che non possiede storia, che non possiede Chronos ma che si attesta in una sorta di Kairos infinito, nell’istante senza tempo. Il canto ditirambico dei satiri è l’effetto di quel sussulto ancestrale e dell’ingresso nella vita che da quel momento “conta” il tempo, che accoglie l’esistenza come atto collettivo, corale, che a questa dimensione pre-consapevole vuole tornare sapendo che non c’è possibile ritorno se non nella mimesi della danza, della parola, della rappresentazione che colma la scena lasciando ai satiri l’altare posto in basso nello spazio dell’orchestra, in un “mondo altro” che tutto ha preceduto e che solo il ricordo, il riportare al cuore, può rendere vivida espressione nella malinconia della mimesi, stratagemma del sopportabile fino alla sua trasformazione nell’estasi dell’evocazione del Dio.»
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nineteeneighty4 · 2 months
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Inoltra alla segreteria telefonica qualunque zia, cugino. Se affonderò sarà una tragedia greca ma se riuscirò a cavarmela saprò che non devo niente a nessuno.
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princessofmistake · 8 days
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C’è una poesia di Jane Kenyon che amo. Sono tre strofe, dieci versi in tutto, piuttosto cupi. La poesia si intitola Nella casa di cura; nel testo paragona la vecchiaia a un cavallo selvaggio che corre tracciando cerchi sempre più piccoli, fino a quando i cerchi scompaiono. Da adolescente, avevo l’impressione che questa poesia rappresentasse in modo perfetto la sensazione di soffocamento della mia infanzia, la terra desolata e impervia di cerchi sempre più stretti in cui abitavo. A volte mi sentivo come se vivessi in un mondo mio, al di fuori del mondo esterno, senza una vera relazione con nessuno o con qualsiasi cosa, come se le imbracature invisibili che legavano gli esseri umani a ciò che li circondava si fossero, nel mio caso, disfatte. Ero abituato a vivere disancorato, a calarmi senza corda né ancora in una realtà che si restringeva. Tutto ciò che sapevo era che stavo guardando la notte in arrivo, da solo, aspettando diligentemente come il cavallo di Kenyon, di essere recuperato da qualche forza, qualsiasi forza, che potesse reinserirmi nella mia stessa vita.
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melanchonica · 10 months
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comunque a volte dopo che sto malissimo mi prendo in giro da sola e mi dico “madonna santa che tragedia greca stai a fa, ma ti ripigli”, tutto questo dolore a causa di persone di merda, a cui chiaramente di me non importa, ma a che scopo stare male quando posso cacciarle a calci nel culo dalla mia vita come ho già fatto con altre? allora poi sto meglio, mi rendo conto di dove sono arrivata e sorrido amaramente, mi dico di continuare ad andare spedita come un treno, una macchina, così avrò tutto quello che mi serve. anche se sono sola, ho tutto ciò che mi serve. come dico sempre, il successo è uno stato mentale
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ilmiobarbaricoyawp · 4 months
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Stavo pensando alla tragedia greca che si scatenava quando, alle medie, facevamo cadere la squadra e una delle sue belle punte saltava via: le madri cominciavano ad urlare e a rincorrerci con il battipanni, i padri si toglievano la cintura pronti a farcela pagare, i professori si alzavano indignati dicendo che non avevamo cura di nulla e avremmo dovuto comprarne una nuova...
... era una puntina di plastica di una squadra di plastica comprata al mercato per qualche euro...
... due ore a settimana di tecnologia avevamo...
... una cavolo di puntina di plastica.
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schizografia · 5 months
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"Noi siamo esseri molto “moderni”, come si dice, viviamo nella cosiddetta contemporaneità ma nel profondo siamo molto “antichi” (e non lo dico solo io…). Io vivo e lavoro con questa consapevolezza, sicchè anche il mio cinema va in questa direzione. Già nei miei primi film underground era così. In «Cronache del sentimento e del sogno» e «Dei» (1968-69)) mescolavo figure come Edipo e Clitennestra a Amleto e Ofelia, Ettore e Patroclo all’ «archetipo in parrucca» in vitale e provocatoria inventività. Si tratta per certi lati anche di archetipi del cosiddetto nostro inconscio collettivo, se così si può dire. E così di volta in volta lungo tutto il mio percorso ritrovo e rileggo le tragedie greche (e i film che ne son venuti come quelli di Pasolini o la Medea di Dreyer mai girata o anche il Macbeth di Kurosawa che non deriva da tragedia greca ma… e certi testi di teatro come quelli di Heiner Muller…). Ho fatto nell’87 «Elettra» con le parole stesse del testo di Sofocle, e nell’88 la sceneggiatura di Modi di essere, Eroine ed Eroi, da Fedra (Ippolito), Medea, Antigone, tre tragedie greche riscritte da me ai giorni nostri e in montaggio alternato (ma nessuno mi fece realizzare un film da ben tre tragedie greche). Di quest’ultimo ho ahimè solo il corto in video, trailer di 12 min. “di un film che non esiste…”."
- Tonino De Bernardi
Dèi. (Tonino De Bernardi, 1968-1969)
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curiositasmundi · 10 months
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Com’è profondo il mare
La tragedia del Titan ci ricorda che per quanto uno possa essere ricco, non può  possedere gli oceani e sfidare le regole minime di sicurezza
Parlami, o Musa, dell’uomo che si tuffò nelle profondità del mare, ascoltando il richiamo della sirena del denaro. La morte di Stockton Rush, il milionario fondatore e Ceo di OceanGate, Inc. e pilota del Titan che brandisce il controller Xbox, è stata confermata giovedì scorso, dopo che il suo sommergibile personalizzato e fuori categoria è prevedibilmente imploso sotto la pressione di milioni di tonnellate d’acqua, uccidendo all’istante lui e i suoi quattro passeggeri. Accanto a lui è morto Hamish Harding, un miliardario britannico; Shahzada Dawood, milionario pakistano, e suo figlio Suleman; e il miliardario francese Paul-Henri Nargeolet, direttore della ricerca subacquea presso Rms Titanic, Inc., la società che sostiene di essere proprietaria del relitto del Titanic, e che ha dovuto saldare i propri debiti mettendo all’asta le reliquie del sito, una pratica comunemente nota come «scavafosse».
I tentativi di salvataggio da parte della Marina degli Stati uniti e della guardia costiera probabilmente sono costati milioni di dollari, dal momento che OceanGate era del tutto impreparato per qualsiasi tipo di operazione di ricerca e salvataggio nel mare aperto: la nave non aveva un localizzatore a bordo, ed era persino dipinta di bianco, il colore delle onde che si infrangono, rendendo quasi impossibile localizzarlo in superficie. La filosofia di Rush per la sua società di esplorazione sottomarina era: «Penso di poterlo fare in sicurezza e infrangendo le regole».
David Lochridge, ingegnere sottomarino, nel 2018 la pensava diversamente: sottolineò, tra gli altri difetti, che la porta di osservazione principale era valutata per reggere una profondità di immersione di soli 1.300 metri, meno di un terzo della profondità del fondale marino sul quale dorme il relitto del Titanic. Venne subito licenziato. Quindi ora, dopo anni di avvertimenti sulla sicurezza, lettere aperte e procedimenti legali, gli statunitensi finanziano l’inutile ricerca di giorni e giorni di un ago bianco in un pagliaio bianco, anche dopo che la Marina degli Stati uniti ha sentito la nave implodere.
La crociera di piacere a dodicimila piedi di profondità attorno al relitto del Titanic è l’ultima moda tra le acrobazie altamente pericolose e costose eseguite dai super ricchi che sono alla disperata ricerca di emozioni e disposti a spendere le enormi fortune estratte dai loro lavoratori. Il prezzo dell’ingresso in questa trappola mortale era di 250.000 dollari a persona. Cercando di vivere una fantasia alla Jules Verne, i passeggeri del Titan hanno raggiunto le ricche vittime del Titanic, che, quando affondò nel 1912, morirono anch’esse divise per classe: il 62% dei passeggeri di prima classe sopravvisse all’affondamento, rispetto al solo 25% dei passeggeri di terza classe.
La tendenza a lasciare che le classi subalterne anneghino continua ancora oggi. L’esempio più recente è il terribile capovolgimento di una nave che trasportava almeno cinquecento migranti al largo della Grecia, che ha ucciso almeno settantotto persone di cui sono stati ritrovati i corpi. In netto contrasto con lo sforzo multinazionale a tutto campo per salvare il Titan, la guardia costiera greca è stata accusata di mortale inerzia dopo aver scoperto la nave alla deriva e pericolosamente sovraffollata. È solo l’ultimo episodio di una costellazione di tragedie che coinvolgono i migranti nel Mediterraneo: tra il 2015 e il 2023, si stima che oltre ventiquattromila persone siano morte o disperse dopo essere partite per l’Europa, di cui oltre 1.100 solo quest’anno. È più di un Titanic ogni anno, ma non c’è lo stesso tipo di copertura mediatica.
In un mondo in cui abbondano i naufragi, perché siamo così ossessionati dal Titan e dal Titanic? È una combinazione di ricercatezza, prestigio e quel concetto di hybris classicamente greco. Personaggi importanti sono affondati con entrambe le navi: milionari, reali, magnati degli affari. Lo splendore della Grand Staircase del Titanic è stato reso in innumerevoli dipinti, documentari e film. E, naturalmente, c’è l’epiteto che stuzzica le orecchie di Poseidone: «Inaffondabile». È difficile per la persona media immaginare di possedere sia l’arroganza di rivendicare la vittoria totale sul mare, che l’influenza basata sulla propria certezza di lesinare sulle scialuppe di salvataggio.
Le dolorose odissee delle navi migranti non fanno vendere giornali perché, per prima cosa, quei giornali di solito fanno comunella con i regimi draconiani, disumani e vendicativi che consentono che i migranti subiscano questi destini orribili; e perché la miseria colpisce la maggior parte delle persone. Non tutti sono stati rifugiati, ma la maggior parte delle persone nell’era post-Covid sa com’è quando all’improvviso non puoi più permetterti la tua casa e devi trasferirti, o quando il cibo diventa assurdamente costoso, o il tuo lavoro scompare e ti trovi di fronte a scelte difficili e all’incertezza per te e la tua famiglia. Guardando il cambiamento climatico causato dall’uomo, un costo della vita astronomico e una prospettiva economica scadente, la maggior parte delle persone riconosce di essere molto più vicina ai rifugiati disperati di quanto non lo siano i politici, gli speculatori della guerra e i rapaci capitalisti.
La morte di chiunque è una tragedia, ovviamente, ed è terribile che i passeggeri del Titan siano morti in questo modo. Ma la loro morte cade in mezzo a un’ondata molto più ampia di sofferenze evitabili inflitte da gente come quella a bordo del Titan. Forse c’è un pizzico di ironia nel guardare proprio questi miliardari, che comprano relitti e sottomarini privati con i tesori accumulati dalla nostra società, umiliati da un tratto ineludibile della proprietà: lo ius abutendi, il diritto di distruggere, che il mare oscuro mantiene su qualsiasi nave.
 di Nicolas Boni - Jacobin italia
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nitroglycerin-a · 7 months
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Psicologa dice che in confronto a me la tragedia greca è un film di Adam Sandler, un po’ offesa ma non le posso nemmeno dare torto
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itsmeimcathy · 1 year
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okay amo il look da eroina della tragedia greca di anna oxa 🔥🔥🔥
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