Tumgik
#Umiltà e onestà sempre
fa14-eb23 · 4 months
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Quando la tua squadra non partecipa neanche alla Conference:
Che ce ne facciamo di sta coppetta? Meglio non partecipare a sto coppa del nonno
Quando la tua squadra è in finale di Conference:
Questa coppa è meglio pure della Champions League
Quando una squadra che non ti piace è in finale di Conference:
Fanno tutto sto casino per sta coppetta inutile, poveri illusi
Quando una squadra che non ti piace perde la finale di Conference:
Che 🤡, non sanno vincere neanche la Conference, con le squadre che ci sono, persino la "inserire squadra a caso di una serie dalla B a scendere" avrebbe vinto a mani basse
Quando una squadra che non ti piace vince la finale di Conference:
Hanno vinto sto trofeo inutile, non vale niente, buffoni, meglio non averlo
Quando la tua squadra vince la finale di Conference:
Siamo fortissimi, i migliori, noi sì che rappresentiamo l'Italia, siamo meglio del real Madrid e voi non avete vinto un cazzo merde, invidiosi
Quando la tua squadra perde la finale di Conference:
Eh va beh chissene, tanto sta coppa non vale niente, i nostri veri obiettivi sono altri, non sto piangendo, dico la verità
Morale della favola:
Non rompete i coglioni e forza Fiorentina riporta la Conference in Italia, Italiano sei un grande allenatore, io non sono tifoso della Fiorentina ma l'ho sempre guardata con apprezzamento, sono fiero di voi, w l'Italia, vendicatevi per l'anno scorso, io credo in voi, vi meritate con tutto il cuore questa coppa europea 💜
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sainztander · 2 years
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Nic, amo molto il fatto che adesso tutti chiedano la gerarchia tra piloti quando è letteralmente l'ultimo problema da risolvere in Ferrari.
Tra l'altro, quest'anno è stato fatto un miracolo dai ragazzi e da Binotto, perché stavamo rischiando di fare la fine della McLaren o della Williams (scuderie dai vecchi fasti che non torneranno più a quei tempi). Ma tanto John Elkann non capisce una mazza di Formula 1, e si vede. Gestisce con menefreghismo le cose come se fossero in Juventus e nel calcio... E si è visto a quale punto si è arrivati lì.
Le vittorie di grande caratura, come mondiali piloti e costruttori insieme, non arrivano cambiando costantemente TP. Lo si fa quando sta un progetto alla base in cui si crede, e lo si lascia crescere nel tempo. E i piani alti alla Ferrari dubito abbiano queste consapevolezze.
Una tenera carezza a chi pensa che saremo super competitivi in mezzo a questo ennesimo caos (visto che il nostro miglior motorista se ne sta andando via), perché io, con tutta onestà, nutro grossi dubbi su questa cosa.
PS: i mondiali nemmeno Charles può vincerli da solo. Ha bisogno di Carlos più che mai. La RB ha avuto una doppietta piloti in classifica buttata via proprio per questa situazione molto tesa tra loro (che avrà ripercussioni l'anno prossimo). Stessero molto attenti a cosa desiderano certi tifosi.
Anon buongiorno !! Sì dai facciamoci del male commentiamo la lieta novellAAAAAAAAAA
Ma sì dai perché no, perché non fidarci del TP dell'unica scuderia che negli ultimi 4 anni fallisce più platealmente della Ferrari !! Quella che tra pit stop imbarazzanti ed errori di strategia nelle ultime 13 gare si è portata a casa un totale di 4 (QUATTRO) punti avendo la sesta macchina migliore in griglia !!!
Ah già dimenticavo che ci sono le foto carine di lui abbracciato a Charles..... tutto perdonato allora dai, grande statista Vasseur ecc ecc
A parte tutto sinceramente credo (e spero) che almeno fino al 2026 avremo le spalle coperte dal lato tecnico, visto che i motori sono congelati e il progetto aerodinamico sembra promettente......
Per il resto boh. Non ho idea di cosa aspettarmi dalla gestione squadra e piloti. Certo è che c'è un'enoooorme pressione su tutti visto come sono stati presi a pesci in faccia per tutto l'anno (immagina se fosse stata la McLaren che dopo anni a stagnare a metà griglia riesce a compiere un'insperata rimonta a gareggiare per le prime posizioni.... qualcosa mi dice che non avrebbero subito lo stesso trattamento !) e ci sarà un po' di robba da sbrigliare.
E la cosa peggiore è che capisco pure l'insofferenza di Charles che vorrebbe pure provare a giocarsela al suo quinto anno in Ferrari!! Ma co sto via vai di TP cosa vuoi combinare? Se come dici anche tu il problema è la testa?? Almeno gli Agnelli prima di Elkann avevano quel briciolo di umiltà da fare un passo indietro e lasciare che la gestione della Scuderia restasse in mano a gente che capisse di Formula 1......
GUARDA se inizio con la storia della gerarchia non mi azzittisco più. Dico solo: ipocrisia e TANTA fantasia <3
Sinceramente io lo devo ancora capire esattamente in quale occasione IN TUTTO L'ANNO sarebbero stati necessari ordini di scuderia (sempre ipotizzando che avrebbero risolto qualcosa). E diciamolo anche che sia per RBR che Mercedes (che poverino Lewis non ha ancora capito niente) ne avranno di cose da inventarsene, così come anche Alpine e McLaren vista l'aria che tira........
Ma soprattutto ricordiamoci che Carlos non ha mai firmato un contratto da secondo pilota. Ricordiamoci che ha firmato con la Ferrari nel periodo peggiore degli ultimi 50 anni, con tutti gli opinionisti che gli davano del pazzo per aver lasciato la McLaren (e dicevano che invece Ricciardo l'avesse scampata. Lol. Lmao.) Ciò non vuol dire che si rifiuterebbe di aiutare Charles nel caso a metà stagione fosse in prima fila a giocarsi il titolo visto quanto sono sottoni ma non è neanche tenuto a barrichellizzarsi. E se la priorità del team principal è assicurarsi che la squadra lavori al meglio, perché dovrebbe rischiare di inimicarsi uno dei piloti (e possibilmente mezzo garage)? Certo, sempre ipotizzando che il TP sappia quello che fa.......
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agrpress-blog · 11 months
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Lo scrittore e giornalista Romolo Paradiso con il suo ultimo libro “Come un barbaro sull’Occidente” (edizioni “Il Mio libro”, pag. 262, disponibile on line), che, scrive l’autore “è un’antologia di articoli, ancora atemporali, scritti per l’agenzia di stampa della Comunità Episcopale Italiana: SIR, tra il 1990 e il 2007, pubblicati nella rubrica “Pensieri”, i cui argomenti hanno un unico filo conduttore, l’uomo e la sua umanità, analizza i perché l’uomo contemporaneo è incapace di comprendere e attuare ciò che per se stesso e per la sua comunità rappresenta veramente un bene. Gli articoli raccolti nell’antologica, a sostegno delle sue tesi, sono stati suddivisi da Paradiso in 14 capitoli (“Il senso del tempo”, “L’umanità”, “Il tempo dell’uomo”, “I Sentimenti”, La famiglia”, “I bambini”, “I giovani”, “I nonni”, “Il dono”, “La parola, il dialogo”, “La comunicazione nel lavoro”, “La cultura”, “Il passato, la storia” e “Il silenzio”) attraverso i quali mette in luce la precarietà della persona in un mondo che sempre più tende a considerarla un mezzo e non un fine, snaturandone la condizione di essere pensante, sostituendola con quella di soggetto che risponde e si adegua istintivamente agli impulsi provenienti da logiche e regole materialistiche, utilitaristiche e di mercato. Una persona che fatica a individuare le energie necessarie a rivoltarsi a questa apparentemente sfavillante e felice sottomissione. Che si dibatte tra le ombre dell’insoddisfazione, dell’inquietudine e della solitudine. Una persona senza bussole né mappe a cui far riferimento per ritrovare la strada del ritorno a se stesso. Così da restituire alla vita il senso per cui questa vada vissuta. Ricette perché ciò avvenga, sono di difficile elaborazione. Ma, auspica Romolo Paradiso rivendicando con orgoglio di essere un “barbaro” perché non condivide le logiche che hanno invaso l’Occidente, il tentativo va fatto, “con responsabilità, con coraggio e con umiltà. Guardando dentro di noi, individuando, con onestà, le risposte che nell’animo albergano. Perché quello è il luogo dove menzogne, ipocrisie ed egoismi non trovano mai residenza”. “Sono un barbaro, scrive Paradiso, perché alla virtualità di questo tempo, oppongo la potenza del contatto umano. Dello sguardo che affonda nell’animo altrui e si fa comprensione. Dell’ascolto che apre alla conoscenza. Della parola cercata che dà luce al momento. Della condivisione di un pensiero, di un gesto, di un dolore, come di una gioia, di un sorriso, di una stretta di mano, di un abbraccio. Di un ‘arrivederci, che è una promessa a esserci per rispetto, per fiducia e per amore dell’altro. Sono un barbaro perché non credo nella sola ragione. Nel valore assoluto del tangibile, nella capacità della tecnica e della scienza di spiegare tutto, come invece riesce più facile al verso di un poeta, a una carezza di un genitore, al sorriso di un bimbo. Sono un barbaro perché amo la famiglia, la sua energia formativa, quella di aggregazione e la sua rivoluzionaria arte di dare e trasmettere valori e amore”. Collaboratore di numerose testate nazionali, Romolo Paradiso svolge da anni attività di consulenza sulla comunicazione per enti e aziende ed è stato ideatore e direttore di “Elementi”, house organ del Gestore dei Servizi Energetici (Gse), ha collaborato e collabora con diversi istituti di formazione, tra cui la Luiss Business School, la facoltà di Scienze della Comunicazione dell’Università “La Sapienza” di Roma e il Centro Giornalismo e Comunicazione. “Come un barbaro affacciato sull’Occidente” è il quarto libro che Paradiso pubblica per le edizioni “Il Mio libro”, dopo “Forse domani nevica” nel 2020, “I giorni” nel 2021 e “Nemo delle stelle e atre storie nel 2022. L’autore ha anche pubblicato nel 2016 il romanzo di formazione “Puparo di sogni” (Edizioni Le Vie) e per le edizioni Centro di Documentazione Giornalistica nel 2011, “Il Filo delle parole”, 24 interviste con altrettanti personaggi di spicco del mondo
della cultura e dell’arte italiani e nel 2019, “L’uomo al centro”, un manuale di comunicazione ispirato al metodo ideato da Adriano Olivetti.
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poetyca · 3 years
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Quando ho iniziato ad amare me stesso – When I started loving myself
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“Quando ho iniziato ad amare me stesso” apparentemente di Charlie Chaplin scritto sul suo 70 ° compleanno il 16 aprile 1959:
Quando ho iniziato ad amare me stesso Ho capito che sono sempre e in ogni opportunità offerta nel posto giusto al momento giusto. E ho capito che tutto ciò che accade è giusto – da allora in poi avrei potuto essere calmo.
Oggi lo so: si chiama FIDUCIA. Quando ho iniziato ad amare me stesso ho capito quanto può offendere qualcuno Quando cerco di forzare i miei desideri su questa persona, anche se sapevo che il tempo non era giusto e la persona non era pronta per esso, e anche se questa persona c’ è stata.
Oggi lo so: si chiama “rispetto”. Quando ho iniziato ad amare me stesso Potrei riconoscere che il dolore emotivo e dolore sono solo avvertenze per il mio vivere non contro la mia verità.
Oggi lo so: Si chiama AUTENTICO ESSERE. Quando ho iniziato ad amare me stesso Ho smesso di desiderio di un’altra vita e potevo vedere che tutto intorno a me era una richiesta a crescere.
Oggi lo so: Si chiama maturità. Quando ho iniziato ad amare me stesso Ho smesso di privare  me stesso del mio tempo libero e ho smesso di disegnare ulteriori progetti magnifici per il futuro.
Oggi faccio solo ciò che è divertimento e gioia per me, ciò che amo e ciò che fa ridere il mio cuore, a modo mio e nel mio tempo.
Oggi lo so: si chiama onestà. Quando ho iniziato ad amare me stesso Sono scappato da tutto ciò che non era salutare per me, da piatti, persone, cose, situazioni e da ogni cosa che  mi tira giù e lontano da me stesso. All’inizio l’ ho chiamato il “sano egoismo”, ma oggi lo so: si chiama amor proprio.
Quando ho iniziato ad amare me stesso Ho smesso di voler essere sempre nella ragione così sono stato meno in torto. Oggi ho riconosciuto: si chiama umiltà.
Quando ho iniziato ad amare me stesso Ho rifiutato di vivere ulteriormente nel passato e di preoccuparsi per il mio futuro.
Ora vivo solo, in questo momento in cui tutto avviene, in questo modo io vivo ogni giorno e io lo chiamo COSCIENZA.
Quando ho iniziato ad amare me stesso Ho riconosciuto che il mio pensiero può farmi infelice e malato. Quando ho chiesto se per le mie forze  del cuore, la mia mente ha un partner importante.
Io chiamo questo oggi SAGGEZZA connessione al CUORE. Non abbiamo bisogno di temere ulteriori discussioni, conflitti e problemi con noi stessi e gli altri dal momento che anche le stelle a volte battono l’una sull’altra e creano nuovi mondi.
Oggi lo so: QUESTO E ‘QUESTA VITA!
“When I started loving myself”
apparently by Charlie Chaplin written on his 70th birthday on April 16, 1959:
When I started loving myself I’ve understood that I’m always and at any given opportunity in the right place at the right time. And I’ve understood that all that happens is right – from then on I could be calm.
Today I know: It’s called TRUST. When I started to love myself I understood how much it can offend somebody When I try to force my desires on this person, even though I knew the time was not right and the person was not ready for it, and even though this person was me.
Today I know: It’s called “RESPECT”. When I started loving myself I could recognize that emotional pain and grief are just warnings for me to not live against my own truth.
Today I know: It’s called AUTHENTICALLY BEING. When I started loving myself I have stopped longing for another life and could see that everything around me was a request to grow.
Today I know: It’s called MATURITY. When I started loving myself I’ve stopped depriving myself of my free time and I’ve stopped sketching further magnificent projects for the future.
Today I only do what’s fun and joy for me, what I love and what makes my heart laugh, in my own way and in my tempo.
Today I know: it’s called HONESTY. When I started loving myself I’ve escaped from all what wasn’t healthy for me, from dishes, people, things, situations and from everyhting pulling me down and away from myself. In the beginning I called it the “healthy egoism”, but today I know: it’s called SELF-LOVE.
When I started loving myself I’ve stopped wanting to be always right thus I’ve been less wrong. Today I’ve recognized: it’s called HUMBLENESS.
When I started loving myself I’ve refused to live further in the past and to worry about my future.
Now I live only at this moment where EVERYTHING takes place, like this I live every day and I call it CONSCIOUSNESS.
When I started loving myself I recognized, that my thinking can make me miserable and sick. When I though requested for my heart forces, my mind got an important partner.
I call this connection today HEART WISDOM. We do not need to fear further discussions, conflicts and problems with ourselves and others since even stars sometimes bang on each other and create new worlds.
Today I know: THIS IS THIS LIFE!
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sophiaepsiche · 6 years
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Liberi dal male
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Abbiamo parlato nel precedente articolo dell’importanza di liberarci dal male invece di nasconderlo attraverso il controllo. Ora vedremo come fare per liberarcene.
Per prima cosa dobbiamo vederlo. Sebbene lo scopo è di togliere l’egoismo in noi, questo 'togliere' non sarà attuato grazie ad una nostra azione. Basterà trovarlo tra i nostri pensieri, nelle nostre intenzioni, con umiltà e una perseveranza tenace. Guardare i nostri pensieri senza parteciparvi serve a rimuovere l’ignoranza, stanando e rendendo conscio ciò che tendiamo a sorvolare o nascondere. Una volta che vedo il pensiero sempre volto a se stesso e al suo bene egoistico, capisco l’origine del mio egoismo, che è nel pensiero stesso. Non solo, nel guardare il pensiero assiduamente, scopro paradossalmente che l’ego neanche esiste e che l’idea che avevo di me è banale e scorretta. Osservare con onestà e umiltà, con consapevolezza, senza giustificazione né indulgenza, la propria interiorità vuol dire quindi anche cominciare a capire chi non siamo.
Pensiamo tutti di essere gli agenti delle nostre azioni ma questo io che vuole controllare l’esterno non si trova dentro di noi. Se lasceremo le azioni esterne senza il ‘nostro’ controllo, in realtà, non perderemo nulla se non azioni nevrotiche. Non far controllare le reazioni alla mente vuol dire non lasciare agire l’ignoranza all’esterno. Il comando delle azioni, per essere più chiari, è solitamente in mano all’ego/egoismo, come possono essere pulite? 
Siamo perennemente concentrati sull’esterno, diamo tutta la nostra energia a tentare di modificare situazioni e circostanze, senza prima fare ordine mentale e scoprire la nostra vera natura. 
Inoltre il vizio di restare sempre con l’attenzione estroversa, comporta una paura della nostra interiorità, soprattutto delle emozioni che, infatti, non sappiamo gestire. Se non superiamo questa paura non è possibile conoscere se stessi né fare ordine in noi prima di agire nel mondo. All’inizio è necessario un riavvicinamento verso il nostro centro attraverso un po' d’intimità e solitudine, per affrontare e superare questo timore. Questo comporta anche che dovremo porre minore importanza ai fenomeni esterni e 'ritirare', nel senso di far retrocedere, l'attenzione, in modo che sia puntata anche dentro. Questo è il primo grande passo.
Nell’osservare il nostro pensiero, all’inizio, la mente tenderà a voler rifiutare alcune cose che vede. Creerà la dualità in diversi modi: giustifica la reazione, aggiungendo commenti che approvano e lasciano indulgere la psiche a reagire così come sta facendo. Oppure condanna la reazione o la nega a priori, in questi due ultimi casi nasce l’ideale, che è una virtù/maschera. In entrambi i casi, sia che giustifico, sia che condanno, sto partecipando al pensiero. Cosa fare? Devo accorgermene. Nient’altro. E continuare ad osservare togliendo la partecipazione. Se non vi riesce, tornate solo ad accorgervi delle due tendenze basilari: giustificazione e condanna. Pian piano si calmeranno e vi daranno meno ostacoli.
Col tempo diventeremo meno partecipativi. Vedremo che più l’osservazione è libera, onesta e scientifica, più comprensione ci sarà. Il trucco sta solo nell'alzare l'attenzione. Facciamo un esempio pratico d’osservazione profonda di un elemento base di psiche: la paura. Nel provarla posso dire che è umano, che tutti la proverebbero ed è naturale sia così, e psiche continua indisturbata a nutrirla (giustificazioni). Nel caso opposto mi dico: “non devo fare così, devo reagire” (condanna). La paura non si risolve, perché la condanna spinge la paura nell’inconscio che impara a farla convivere con un ideale di coraggio (virtù/maschera). Se ignoro del tutto il fenomeno della paura  (perché ho l'attenzione sempre e solo puntata fuori) è ancor peggio. È un distacco dalla realtà di cui, purtroppo, soffriamo quasi tutti. Dobbiamo eliminare quel distacco riavvicinandoci letteralmente ai nostri contenuti: ritirando in noi l'attenzione. Potremo notare presto che il pensiero, coi suoi processi sopra descritti, crea un muro che ci separa dall’emozione. Se il pensiero cessa (grazie al testimoniarlo senza partecipare) e l’emozione viene raggiunta dalla nostra attenzione ferma, l′emozione si placa subito. Dunque, ripetiamo, sarà prima consigliabile osservare il pensiero senza nutrirlo e non appena si calma accedere direttamente alla paura e viverla fisicamente, senza alcun commento interiore, viverla e vederla svanire. Durerà pochissimo. 
Una volta scoperto questo modo di rendere consci i contenuti e trascenderli, potremo applicarlo il più possibile su tutte le risposte emotive irrazionali ed egoistiche. Questo vuol dire scorgere il male che abita in noi e superarlo. Possiamo fare altrettanto su tutto ciò che non vogliamo più alimentare.
Una cosa importante da capire quanto prima è che non c'è nulla di personale in ciò che vediamo in noi! Sono caratteristiche comuni. Quando l’ego si rifiuta di ammettere di possederle o le giustifica, le rende più ‘personali’, dice: ‘no, no io non sono così’ oppure ‘sì, sono così e così’. Questa scelta alimenta l’illusione del ‘personale’ mentre, in realtà, non ci sono che contenuti psichici comuni all’intera umanità. Per liberarci del male, dobbiamo innanzitutto smettere di scegliere e guardare senza scelta con onestà. Facendo così ciò che va ad intervenire è la consapevolezza e il resto della magia lo fa lei! Per questo non serve intervento da parte nostra!
Tutto il mondo psichico è formato solo da un’unione illecita di pensiero ed emozioni. Non è difficile da scoprire né da superare. Non ci sono blocchi o muri inconsci, se non solo immaginati, "pensati". Son muri fatti di piume! Basta un soffio di consapevolezza e volano via! Vedrete sempre più che lasciando separati il pensiero dall’emozione si crea un ordine naturale. 
L’inconscio non è come lo immaginiamo noi, è solo quell'ignoranza su di noi di cui parlavamo all'inizio. L’ignoranza va via solo osservando, comprendendo, creando 'conoscenza' sulla nostra interiorità. Tutto ciò che vedremo senza partecipare  passerà letteralmente dall’inconscio al conscio (ossia dall'esser parte della nostra ignoranza, all’entrare nella nostra conoscenza/coscienza.)
Ritirare l'attenzione in noi, vuol dire allora portare luce sull’ignoranza del sub-conscio (‘poco conscio’, ‘poco conosciuto’). È così che la mente impara. È così che risolviamo il male e ritroviamo un naturale benessere interiore. E il bello è che non è un lavoro egoistico, è un lavoro di pulizia dal carattere evolutivo, che ha valenza per tutti. Non è neanche difficile poiché, come detto, nell’atto pratico, oltre a ritirare l’attenzione, non dobbiamo neanche far nulla, solo star fermi e lasciar fare alla consapevolezza. 
Se fosse possibile far capire l’enorme importanza che ha questo lavoro d’indagine interiore, credo che lo insegnerebbero già alle scuole. Il problema è che pochi lo scoprono e pochi lo attuano e ha poche chance di diventare qualcosa di conscio e risaputo a livello collettivo. Spero questo cambi presto e che tutti ci impegniamo a fare il nostro lavoro evolutivo interiore, liberandoci finalmente dal male e aiutando tutti a liberarsene.
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Non lascerò che un piccolo inconveniente come la morte mi impedisca di proteggerti.
Anzitutto due premesse: uno, io non sono un tipo materiale; due, io sono un tipo razionale. I soldi sono solo uno strumento per fare (o non fare) cose che facciamo (o non facciamo) per essere felici, cioè quelle cose che assecondano il nostro essere, che secondo me è lo scopo ultimo della nostra esistenza, essere ciò che siamo. Quindi se i soldi non ci sono non lascerò che la cosa mi impedisca di essere felice e di essere ciò che sono perché sarebbe un controsenso ma, come dicevo, sono pur sempre uno strumento, per cui è innegabile che se ci sono ci viene più facile fare quelle cose che dicevo sopra, e sicuramente sono lo strumento più facile per aiutare qualcuno, soprattutto in certi casi. Passando al punto numero due, io credo solo a ciò che vedo, per questo mi ritengo un tipo razionale. Secondo me questo, però, comporta automaticamente che, al tempo stesso, non possa credere solo a quello che può essere chiaramente confutato. Tutto in mezzo è un limbo che può essere oppure no, ritengo un atto di razionalità e di umiltà non porre confini a ciò che possa essere e questa conclusione mi fa stare in pace con me stessa. Poi, in alcuni casi, credo a ciò che voglio credere, perché così sto ancora meglio.
Fatte queste premesse, ho voglia di raccontare una cosa che trovo di per sé incredibile ed incredibilmente rassicurante. Si tratta di mio papà, che non c’è più da tanto tempo ormai che ho fatica a dire esattamente quanto, quando gli anni che ci separano hanno superato quelli che abbiamo passato insieme ho smesso di contarli perché quell’anno lì capii che non ci sarebbe stato modo di recuperarli e che il divario non poteva che aumentare e c’è un numero massimo di pensieri dolorosi che una povera ragazza come me può sopportare. Se ne andò senza mai partire una sera di mezz’estate, il 30 di luglio, quando il sole stava scendendo ma l’afa ci faceva andare in giro in pantaloncini e canottiere ed io ero ancora così pura da non indossare null’altro. Da allora ogni 30 di luglio ricordo che ha sempre piovuto, fuori e dentro me. Non sono neanche una grande appassionata di date e ricorrenze, mi piace celebrare il quotidiano che cambia e muta di giorno anzi che dico di attimo in attimo. Ma quando il dolore è troppo lacerante ogni piccola cosa che lo faccia riaffiorare diventa un’ossessione, lo so bene, così non è mai passato un anno senza che io sapessi esattamente quando era il 30 di luglio nonostate ogni giorno sia stato, in un certo senso, il 30 di luglio. Da quel 30 di luglio io non ho più conosciuto una persona che mi amasse in quel modo, adorando ogni singolo aspetto di me e facendomi sentire una specie di divinità, con l’unico scopo di proteggermi e rendermi felice e con l’unico desiderio di essere contraccambiato. Da allora il mio amore ha sempre avuto un prezzo e quando ho accettato che il tempo di quei sentimenti fosse andato ho imparato prima a prendermi cura di me stessa e poi degli altri, seguendo il modello di pura e incondizionata devozione che lui mi ha insegnato (grazie, papà). Ma non mi sono mai sentita sola, non mi sono mai sentita abbandonata. Per quanto breve sia stato il tempo che mi è stato concesso per stare insieme ad una persona così fantastica non posso ignorare che c’è stato, e già questo mi rende più fortunata di molte altre persone. Quel calore, quel senso di protezione, io lo porto ancora dentro di me (grazie, papà).
E nel prendermi cura di me ho imparato a seguire i miei sogni ma anche a vederli crollare senza cadere insieme a loro, ho imparato a reggermi da sola. Mi ha richiesto tanto tempo, tante inversioni di marcia, tanti lividi. Non voglio sembrare ingrata a chi ci ha provato, ma in tutta onestà non sento di aver ricevuto grandi aiuti, credo sia normale che in certe cose possiamo aiutarci solo noi. Però devo dire che ci sono state due entrate economiche di una certa importanza che mi hanno aiutata a fare quello che ritenevo giusto, senza le quali non credo che avrei avuto la fortuna di poter mollare tutto e ricominciare, almeno non come ho fatto. Entrambe queste entrate sono arrivate, o meglio l’evento scaturente queste entrate è caduto il 30 di luglio. La prima volta mi sono chiesta se fosse giusto che in un giorno così nero ricevessi un regalo del genere, saranno sicuramente dei soldi maledetti, pensai. Poi, quando è successo una seconda volta e, ancora una volta, con un tempismo che trascende qualsiasi logica raizonalità, ho capito che era un messaggio, immagino sia difficile mandare dei messaggi chiari quando non si è più in questo mondo terreno, e allora forse far capitare una certa cosa in un certo momento è il metodo migliore, se non l’unico. E questo messaggio mi diceva che non avresti mai lasciato che un piccolo inconveniente come la morte potesse impedirti di proteggermi. Grazie, papà.
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ti-sfrugo-nel-frigo · 7 years
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DECALOGO DELL’AZIONE CATTOLICA PER LE MOGLI PUBBLICATO NEL 1960 Vi siete sposata davanti a Dio e agli uomini. Dovete essere all’altezza della vostra missione. LA SERA QUANDO RIENTRA Preparate le cose in anticipo, in modo che lo attenda un pasto delizioso. E’ un modo per fargli sapere che avete pensato a lui e che vi prendete a cuore i suoi bisogni. SIATE PRONTA Prendete quindici minuti per riposare al fine di essere distesa. Ritoccate il trucco, mettete una fascia tra i capelli e siate radiosa e avvenente. Ha passato la giornata in compagnia di gente oberata di fastidi e di lavoro. Occorre rallegrare la sua dura giornata, ed è uno dei vostri doveri fare in modo che ciò avvenga. Vostro marito avrà la sensazione di essere approdato a un porto quieto, e questo renderà parimenti felice anche voi. In definitiva, vegliare sul suo benessere vi procurerà soddisfazione una personale. RIDUCETE AL MINIMO OGNI RUMORE Al suo arrivo, eliminate tutti i rumori degli elettrodomestici: lavatrice, asciugabiancheria o aspirapolvere. Incoraggiate i bambini a stare buoni. Accoglietelo con un sorriso caloroso e mostrate sincerità nel vostro desiderio di piacergli. ASCOLTATELO E’ possibile che abbiate una dozzina di cose importanti da dirgli, ma non è il momento opportuno quello in cui lui fa ritorno a casa. Lasciatelo parlare per primo, ricordate che i suoi argomenti di conversazione sono più importanti dei vostri. NON VI LAMENTATE MAI SE RIENTRA TARDI o se esce per cena o per andare in altri luoghi di divertimento senza di voi. NON ACCOGLIETELO CON LAMENTELE E PROBLEMI Ricevetelo con tutti i comfort. Proponetegli di rilassarsi su una sedia comoda, o di andare a stendersi in camera da letto. Parlate con voce dolce, tranquillizzante. Non fategli domande e non mettete mai in discussione il suo giudizio o la sua integrità. Ricordate che è il padrone di casa e che, in quanto tale, eserciterà sempre la sua volontà con giustizia e onestà. QUANDO HA FINITO DI CENARE SPARECCHIATE LA TAVOLA E LAVATE RAPIDAMENTE I PIATTI Se vostro marito si offre di aiutarvi, declinate la sua offerta, perché si sentirebbe obbligato a ripeterla in seguito, e dopo una giornata lunga e faticosa non ha affatto bisogno di lavoro supplementare. Incoraggiatelo a dedicarsi ai suoi passatempi preferiti e mostratevi interessata senza tuttavia dare l’impressione di sconfinare nel suo territorio. Fate in modo di non infastidirlo parlandogli, una volta che vi siete ritirati in camera entrambi, preparatevi a mettervi a letto prontamente. NELL’ANDARE A CORICARVI, ASSICURATEVI CHE IL VOSTRO ASPETTO SIA AL SUO MEGLIO Cercate di avere un aspetto avvenente, ma non conturbante. Se dovete mettervi della crema o dei bigodini, attendete che si sia addormentato, perché potrebbe essere turbante per lui addormentarsi davanti a un tale spettacolo. PER QUEL CHE CONCERNE LE RELAZIONI INTIME CON VOSTRO MARITO E’ importante ricordare le promesse di nozze, e in particolare l’obbligo di obbedirgli. Se ritiene di avere bisogno di dormire immediatamente, che sia così. Lasciatevi sempre guidare dai suoi desideri e non fate in alcun modo pressione su di lui per provocare o stimolare una relazione intima. SE VOSTRO MARITO SUGGERISCE L’ACCOPPIAMENTO Accettate allora con umiltà, tenendo a mente che il piacere dell’uomo è più importante di quello della donna. Quando raggiunge l’orgasmo, un piccolo gemito da parte vostra lo incoraggerà, e sarà sufficiente per indicare ogni forma di piacere che possiate avere provato. SE VOSTRO MARITO SUGGERISCE UNA QUALUNQUE TRA LE PRATICHE MENO CORRENTI Mostratevi obbediente e rassegnata, ma indicate un’eventuale mancanza di entusiasmo osservando il silenzio. E’ possibile che vostro marito si addormenti allora rapidamente: ricomponetevi, rinfrescatevi e mettete la crema da notte e i prodotti per i capelli. POTETE QUINDI PUNTARE LA SVEGLIA Al fine di essere in piedi un po’ di tempo prima di lui, la mattina. Questo gli consentirà di avere la tazza di tè del mattino a disposizione non appena si sveglierà.
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ildiariodibeppe · 5 years
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Ascoltare
Mercoledì – VI settimana T.O.
(Gc 1, 19-27 / Sal 14 / Mc 8, 22-26)
L’invito esplicito dell’apostolo Giacomo sembra raggiungere meno esplicitamente quello del Signore Gesù: <ognuno sia pronto ad ascoltare> (Gc 1, 19), esembra diventare, nel Vangelo, un invito non solo a vedere, ma a vederci sempre più <chiaramente> (Mc 8, 25). L’accostamento dei testi ci permette di intuire come, il percorso di “chiarimento” vissuto dal cieco di Betsaida sia, in realtà, legato ad un ascolto che si fa sempre più profondo e, progressivamente e sempre meglio, sembra aprire lo sguardo, tanto da renderlo sempre più nitido: <Allora gli impose di nuovo le mani sugli occhi ed egli ci vide chiaramente, fu guarito e da lontano vedeva distintamente ogni cosa> (Mc 8, 25). Il Signore Gesù non è il “mago” di turno che con la sua bacchetta magica risolve tutti i nostri problemi. Cristo Signore vuole essere per noi il fratello che si accompagna alla nostra vita sostenendo il nostro interiore processo di chiarimento. Questo processo esige una profonda onestà nel riconoscere e dichiarare i gradi ulteriori di interiore illuminazione.
Proprio come avviene quando si fa una visita oculistica, è necessario riconoscere di vederci meglio, ma anche di lasciarci guidare dal medico per provare un’altra lente ed essere onesti nel dire se si vede ancora meglio o, al contrario, meno nitidamente. Il Signore Gesù ci guida, ma non si sostituisce a noi e, soprattutto, sa compiere i suoi gesti di salvezza <di nuovo> (8, 25) affinché si possa vedere <distintamente ogni cosa>, riconoscendo di non aver visto sufficientemente bene fino a quel momento. Se questo vale per la vista, vale altrettanto e forse persino di più per l’ascolto. È necessario saper orientare l’orecchio del cuore per poter cogliere, in modo sempre più nitido, quale sia l’appello che ci viene dalla vita. L’apostolo Giacomo sente il bisogno di aggiungere subito - all’esortazione ad ascoltare e a rallentare la parola - un altro invito: <lento all’ira> (Gc 1, 19).
La collera è quel movimento interiore che supera talora la nostra volontà e la nostra decisione, ma che è capace di intorbidire, fino a falsare, il nostro modo di percepire, valutare e sentire la realtà. È necessario saper prendere le distanze da se stessi per vedere e discernere le cose ad una certa distanza e poterle valutare con sapienza. Per poter vivere questa vigilanza sui nostri sentimenti e le nostre reazioni bisogna accogliere, nella nostra vita, un combattimento esigente contro tutto ciò che è apparenza. L’immagine usata dall’apostolo è severa: <Siate di quelli che mettono in pratica la Parola, e non ascoltatori soltanto, illudendo voi stessi> (1, 22). La collera e l’ira sono una forma di illusione perché sono sentimenti che nascono da un senso di sufficienza nei confronti della vita. Essi sono invece assolutamente estranei a chi si sente povero nella vita. Per questo Giacomo conclude con una esortazione ad avere sensibilità verso la sofferenza, attraverso la quale possiamo avere un’immagine più autentica di noi stessi: <Religione pura e senza macchia davanti a Dio Padre è questa: visitare gli orfani e le vedove nelle sofferenze e non lasciarsi contaminare da questo mondo> (1, 27). Non lasciamoci contaminare dal mondo delle nostre visuali e cerchiamo di ascoltare con umiltà e compassione.
Signore e Creatore di ogni cosa, ti ci ha donato una sola bocca ma ci hai dato due occhi per vedere e, soprattutto, due orecchie per ascoltare. Fa’ che non dimentichiamo mai di essere docili all’armonia della tua creazione per privilegiare sempre l’attitudine dell’ascolto che ci permette di vedere distintamente e amorevolmente.
http://www.lavisitation.it/index.php?option=com_users&view=registration&layout=complete&Itemid=142&lang=it
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marikabi · 4 years
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Resistere, resilire, desistere
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Siamo, nostro malgrado, nel più grande esperimento esistenziale collettivo e globale nella Storia dei Sapiens. Grazie ai mass media e soprattutto ai social - diversamente da ogni altro evento mondiale del passato - azioni e reazioni sono simultaneamente conoscibili, imitabili, egualmente esecrabili ovvero encomiabili da ognuno in ogni continente.
Stiamo tutti osservando con curiosità cosa provocherà in noi (psicologicamente) e nelle nostre società (in comportamenti sociali ed economici) questo incredibile evento di portata planetaria.
Diventeremo migliori? Saremo peggiori? Andrà tutto bene o tutto in mona (cit. Andrea Pennacchi, aka Pojana)?
Leggevo giorni fa un’intervista a Carlo Ginzburg. Egli parlava più o meno esplicitamente di concetti quali restanza, resilienza, empatia, erranza, spaesamento (citando Šklovskij).
In particolare, lo spaesamento (o straniamento) è una tecnica che ci estranea e ci può restituire tanto un’illuminazione, ovvero un’intuizione, quanto evasione. E, nel nostro attuale quotidiano di clausura, evadere - almeno con i pensieri - è cosa buona. Lo straniamento di Šklovskij (critico, autore di una teoria della prosa) è solo uno dei tanti stratagemmi per lenire il nostro raccapriccio di fronte alla nuova realtà.
Attualmente, però lo spaesamento è solo il non riconoscerci in questa nuova forzata normalità. Sempre che a noi piacesse davvero la vecchia normalità. Certo, questa nuova quotidianità non è vivibile, anzi è straziante per il numero dei morti e dei malati, per la quantità di dolore, per l’arretramento delle libertà individuali e dei diritti (alla salute, in primis), oltre che della tenuta economica di genti e di Stati. Tuttavia, questa tragedia potrebbe fungere da reset: una bella formattazione di coscienze e organizzazioni sociali e si riparte, liberi da zavorre di sovrastrutture, ipocrisie, burocrazie, per ricominciare con umiltà e onestà.        
Invece. Non è, la pandemia, nessun reset, perché non stiamo anelando altro che tornare a come eravamo prima, ovverosia al mondo - benché imperfetto - in cui avevamo trovato una sorta di equilibrio. Ogni ceto medio del mondo è in definitiva funzionalista.
Diciamoci la verità: quanti di noi non stanno - anche inconsciamente, per ora - coltivando un rabbioso sentimento di rivalsa, concimato dal rancore di aver perso qualcosa: soldi, tempo, sole, estate, aperitivi, nuovi outfit, fors’anche la possibilità di suscitare invidie nella nostra prossimità sociale.   
DI colpo, pretendiamo di fare jogging come mai prima, di saper maneggiare lievito e farina, di amare i supermercati. È voglia di normalità o terrore di cambiare? Non siamo preparati a resettarci e parliamo invece di resistenza come fossimo in guerra. Ci sentiamo guerrieri, ma siamo caricature di combattenti.
Lasciamo, per favore, le metafore guerresche ed il linguaggio bellico agli operatori sanitari, che combattono più guerre, a cominciare dal reperimento dei dispositivi di protezione.
Noi, in isolamento personale e distanziamento sociale, stiamo operando la cosiddetta ‘romanticizzazione’ della quarantena. Sì, serve anche questa, ma non è una guerra, la nostra. Non siamo sul fronte, a meno che non riconosciamo il nostro nemico in noi stessi e nelle nostre vecchie abitudini.
Al di là della necessità sanitaria, temo che il distanziamento personale stia diventando sociale, nel senso di allenarsi all’indifferenza in quanto il nostro prossimo è fuori dell’orizzonte ottico. 
Possiamo anche piangere davanti agli spot ‘operazione nostalgia’ (cfr Barilla, con Sophia Loren e Vangelis: una potenza di fuoco), ma alla fine? Quando finalmente torneremo a mescolarci per vie e piazze, per molto tempo ancora eviteremo la gente, perché ci saremo abituati. Avremo enormi difficoltà a ritrovare la prossimità, l’abbraccio e soprattutto l’interesse verso gli altri.
Stiamo semplicemente resistendo, laddove dovremmo invece rimbalzare (termine che è l’esatta traduzione del latino resilire), lasciando questi usati e tragici lidi sociali e mentali per approdare a nuovi modi di vivere.
Come ho letto da qualche parte, quest’evento epocale - come tutti i fatti rari - amplificherà tanto le virtù, quanto - e questo è il guaio - i difetti, le malvagità e le ipocrisie su cui poggiavano le nostre sovrastrutture sociali, politiche, religiose, comportamentali e culturali. E dall’eclatanza delle antinomie caratteriali ed antropologiche, dalla battaglia finale delle incompatibilità tra un prima e un dopo, capiremo se siamo uomini nuovi o avremo solo imparato nuove forme di cinismo.
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pangeanews · 5 years
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Attenzione! La lettera di Julio Cortázar non è di Julio Cortázar. Ovvero: sull’arte sublime (e necessaria) dell’apocrifo. Rilanciamo con una silloge di poesie dello pseudo-Saint-John Perse
La lettera di Julio Cortázar ad Alejandra Pizarnik, scritta a Parigi nel 1973, un anno dopo il suicidio della poetessa, non è di Julio Cortázar ma di Luca Orlandini, è uno scintillante apocrifo.
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Anche la lettera del 6 maggio scorso, di Thomas S. Eliot, al “Caro Nikolaj”, spedita da Londra, nel luglio del 1962, è un apocrifo di Luca Orlandini. Le strategie letterarie, però, sono differenti. Nel caso della lettera di Eliot, parecchi passaggi sono tratti realmente da pensieri di Eliot – letterali o desunti o riassunti. La lettera dello pseudo-Cortázar, invece, al di là della cornice, è tutta frutto del genio dell’autore. Entrambe le lettere – se n’è accorto qualche lettore – posseggono alcune ‘spie’, più o meno consapevoli, che ne svelano l’inautenticità. Già, ma… che cosa è ‘autentico’?
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Un giorno meditai di scrivere un’antologia della poesia italiana affibbiando a ciascun poeta una poesia verosimile, ma assolutamente mia. Tra la generosità, l’omaggio e il vaniloquio narcisistico, ammetto, lo spazio è breve.
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Luca Orlandini è lui: si è messo nei panni di Thomas S. Eliot e di Julio Cortázar
Un giorno, inviai a Luca Doninelli un racconto firmato Miloš Crnjanski. Amo lo scrittore serbo di cui Adelphi ha pubblicato il romanzo epico, Migrazioni. “Strepitoso racconto”, mi scrisse. Gli risposi che l’autore ero io. “Strepitoso lo stesso. Ma non tuo: è il guaio degli apocrifi”. Lampante.
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Superficialmente, può apparire un gioco, un poco dada, un poco fuori tempo. Se quella lettera non fosse firmata Cortázar ma Orlandini avrebbe ricevuto lo stesso gradimento pubblico? Ovviamente no. Il nome, la griffe di grido, vince rispetto al contenuto. Anche in questo, giace una certa ovvietà: ciascuno, nel bene o nel male, è l’esito della sua storia, della sua fortuna.
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Piuttosto, da tempo, nell’epoca dominata dallo svelare documenti ‘secretati’, mi sembra necessario giungere al segreto di una biografia e di una scrittura creando documenti apocrifi, sinistri, sinuosi.
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Lo scritto apocrifo, in questo caso, è autenticato dall’autentico sforzo di penetrazione e di persuasione (cioè: di studio e di amore) perpetrato dall’autore che lo compie. Amo a tal punto quel tipo – Cortázar, ad esempio – da superarlo per eccesso di amore, da interpretarlo più che imitarlo.
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Non è fake news qui perché non c’importano le news ma l’intimità di un uomo, fino a esasperarne, nel ring letterario, le intenzioni.
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Il gesto d’amore è arcaico: nel canone biblico i libri affibbiati a Salomone o a Davide, vasti capitoli detti di Isaia, alcune lettere di San Paolo, non sono di quegli autori – ne ricordano l’autorevolezza.
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Apocrifo, appunto. Mi nascondo dietro il nome di un altro per svelare il suo nascosto. Non è l’opera di chi si getta nella notte, ma di chi porta alla luce.
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L’arte dell’apocrifo è una custodia letteraria gonfia di gioielli: chi non l’ha praticata non conosce il vero. Nell’apocrifo nuotava Borges, di apocrifi ha costellato la sua esistenza letteraria Marco Ercolani. D’altronde, un apocrifo è il recente documento romanzesco di Ferruccio Parazzoli relativo a Dostoevskij, Il grande peccatore, una fioriera di apocrifi è la Letteratura latina inesistente di Stefano Tonietto, su un doppio apocrifo (a partire dalla lunga lettera di Igor Stravinsky) si regge Madrigale senza suono di Andrea Tarabbia. Se è per questo, i discorsi di Pericle sono un apocrifo di Tucidide e quelli di Nerone una invenzione di Tacito e la storia di Magellano impalcata da Gianluca Barbera è una relazione inesistente agli atti della Storia.
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Come si compete con la tracotanza della Storia? Minandola di apocrifi – in fondo, un omaggio di scriteriata gioia – che rimpiazzino l’ordalia quotidiana con lo scatto. Esiste una nuova letteratura italiana fondata sull’apocrifo, sulla stilettata che scompone i codici filologici del vero.
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Credo che l’apocrifo sveli molto di più di un autore di cui si indossa il nome e il carisma di troppi documenti spuri, spauriti, speziati di stupidaggini. Della mia maschera, infatti, mostro la quintessenza, il mostro, la natura vorace e straordinaria, la semplifico nell’eccesso di gloria.
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Tentai una letteratura fondata sull’apocrifo. Ho sigillato lettere nel nome di Benedetto XVI, di Boris Pasternak e di Marina Cvetaeva, ho prolungato la facoltà fantastica di Ingmar Bergman e quella di San Paolo e di Horacio Quiroga. Ogni volta, certo, è un discorso di presenza. Come si è presenti al presente, con quale spavalda umiltà ci si presenta a un’altra presenza? Per rilanciare, allego una silloge di poesie – con annessa biografia spiccia – che senza intimidazioni intestai a Saint-John Perse, che io sia maledetto! (d.b.)
***
Interrano le lanterne «perché i morti abbiano luce» dicono credendo alla vita e alla morte – che ancora esista qual cosa di oscuro. «I fiori sembrano fiamme» urlò vedendoli scavare «ed è infinito l’amore» pensò giustificandoli. Nell’opera erano scortati da teschi di tigre: se la preghiera non è pronunciata con onestà – è detto – i morti reclameranno la luce che incendia gli occhi dei vivi. In equilibrio sul recinto del balcone mentre Aleppo agonizza «la morte non interrompe i legami – li salda» questo sapeva.
*
Didascalica gli sembrava la civiltà «risorgere significa accollarsi la vita di un suicida» disse e ripetè che ripetiamo le vite dei morti, per questo i volti ci sembrano subacquei. Seppellì un uovo di ghiaccio e chiese che le cose potessero esistere una volta soltanto per poi estinguersi senza l’ostensione del ricordo.
*
Quando mi disse «Palmira è distrutta» dimenticai gli anni e la valanga dei volti decisi di amarti da sempre ma tu mi hai chiamato “l’avvolto” «ostruisci la crescita con i verbi» hai detto e mentre alcuni sconfiggevano tigri di bronzo e codici inclusi nella sabbia – penetranti fino alla foce delle unghie come se ogni cosa fosse davvero mortale ti sei deposta diventando lince – o certezza.
*
«Dio divora in silenzio – ha vergogna della sua fame». Poi fece ingoiare il fuoco alla bestia e mentre i denti diventarono lettere negli occhi luminosi nessuno vide i propri anni. Quando ti chiesi di scappare il cane fu raggiunto dalle lucertole – e lo soffocarono; ispirate le donne pattugliavano i viali con le lanterne impedendo i matrimoni «perché sia una primizia il pasto di Dio» dissero quando dileguandosi come se il fuoco fosse l’annuncio delle loro mani i cani di casa in casa assalirono le figlie. «L’abitudine all’incendio costrinse i popoli verso le paludi dove pullulavano angeli» disse. «Ma quando la fame diventerà pazienza…» mi hai bloccato, locuste scollinarono mettendo in fuga le colpe: “l’impotente” mi hai chiamato così. «Hai pensato di poter declinare destini con lingue di lupo eternate nell’argento hai pensato che amare fosse sufficiente».
Saint-John Perse
Saint-John Perse (Pointe-à-Pitre 1887 – Heyères 1975), il «poeta più alto e importante del Novecento» (Cesare Cavalleri), nel 1936, in qualità di Segretario di Stato degli Affari Esteri, fu l’unico politico europeo ad aver capito la pericolosità di Adolf Hitler e a schierarsi contro la Germania. Onorato con il Nobel per la letteratura nel 1960, vent’anni prima Saint-John Perse, nato Marie-René Alexis Saint-Leger Leger in un isolotto della Guadalupa, di proprietà della famiglia, originaria della Borgogna, fu “esiliato” dal governo di Vichy, che gli confisca i beni e decreta contro di lui la perdita della nazionalità. Saint-John Perse tornerà in Francia soltanto nel 1957; nel frattempo, negli Stati Uniti, tornò alla scrittura poetica, pubblicando nel 1944, a Buenos Aires, Exil, poema tra i massimi di ogni tempo. Il poeta francese, negli anni della carriera diplomatica (tra il 1925 e il 1940), rifiutò di pubblicare i propri lavori, ritenendo l’attività letteraria incompatibile con quella politica. Nel 1924 aveva pubblicato per Gallimard il poema Anabase, riconosciuto fin da subito un’opera decisiva (lo testimoniano le traduzioni di Giuseppe Ungaretti, di Thomas S. Eliot, di Walter Benjamin). Viaggiatore, solitario, avventuriero, geologo dilettante, nel 1965 è invitato a Firenze a tenere il discorso inaugurale per VII centenario della nascita di Dante; nel 1972, per la “Pléiade” Gallimard cura e annota il volume delle proprie opere complete.
*Il testo affibbiato a Saint-John Perse è tratto da: Davide Brullo, “Lettera di San Paolo Apostolo a San Pietro”, Melville 2018
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poetyca · 3 years
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Quando ho iniziato ad amare me stesso – When I started loving myself
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“Quando ho iniziato ad amare me stesso” apparentemente di Charlie Chaplin scritto sul suo 70 ° compleanno il 16 aprile 1959:
Quando ho iniziato ad amare me stesso Ho capito che sono sempre e in ogni opportunità offerta nel posto giusto al momento giusto. E ho capito che tutto ciò che accade è giusto – da allora in poi avrei potuto essere calmo.
Oggi lo so: si chiama FIDUCIA. Quando ho iniziato ad amare me stesso ho capito quanto può offendere qualcuno Quando cerco di forzare i miei desideri su questa persona, anche se sapevo che il tempo non era giusto e la persona non era pronta per esso, e anche se questa persona c’ è stata.
Oggi lo so: si chiama “rispetto”. Quando ho iniziato ad amare me stesso Potrei riconoscere che il dolore emotivo e dolore sono solo avvertenze per il mio vivere non contro la mia verità.
Oggi lo so: Si chiama AUTENTICO ESSERE. Quando ho iniziato ad amare me stesso Ho smesso di desiderio di un’altra vita e potevo vedere che tutto intorno a me era una richiesta a crescere.
Oggi lo so: Si chiama maturità. Quando ho iniziato ad amare me stesso Ho smesso di privare  me stesso del mio tempo libero e ho smesso di disegnare ulteriori progetti magnifici per il futuro.
Oggi faccio solo ciò che è divertimento e gioia per me, ciò che amo e ciò che fa ridere il mio cuore, a modo mio e nel mio tempo.
Oggi lo so: si chiama onestà. Quando ho iniziato ad amare me stesso Sono scappato da tutto ciò che non era salutare per me, da piatti, persone, cose, situazioni e da ogni cosa che  mi tira giù e lontano da me stesso. All’inizio l’ ho chiamato il “sano egoismo”, ma oggi lo so: si chiama amor proprio.
Quando ho iniziato ad amare me stesso Ho smesso di voler essere sempre nella ragione così sono stato meno in torto. Oggi ho riconosciuto: si chiama umiltà.
Quando ho iniziato ad amare me stesso Ho rifiutato di vivere ulteriormente nel passato e di preoccuparsi per il mio futuro.
Ora vivo solo, in questo momento in cui tutto avviene, in questo modo io vivo ogni giorno e io lo chiamo COSCIENZA.
Quando ho iniziato ad amare me stesso Ho riconosciuto che il mio pensiero può farmi infelice e malato. Quando ho chiesto se per le mie forze  del cuore, la mia mente ha un partner importante.
Io chiamo questo oggi SAGGEZZA connessione al CUORE. Non abbiamo bisogno di temere ulteriori discussioni, conflitti e problemi con noi stessi e gli altri dal momento che anche le stelle a volte battono l’una sull’altra e creano nuovi mondi.
Oggi lo so: QUESTO E ‘QUESTA VITA!
“When I started loving myself”
apparently by Charlie Chaplin written on his 70th birthday on April 16, 1959:
When I started loving myself I’ve understood that I’m always and at any given opportunity in the right place at the right time. And I’ve understood that all that happens is right – from then on I could be calm.
Today I know: It’s called TRUST. When I started to love myself I understood how much it can offend somebody When I try to force my desires on this person, even though I knew the time was not right and the person was not ready for it, and even though this person was me.
Today I know: It’s called “RESPECT”. When I started loving myself I could recognize that emotional pain and grief are just warnings for me to not live against my own truth.
Today I know: It’s called AUTHENTICALLY BEING. When I started loving myself I have stopped longing for another life and could see that everything around me was a request to grow.
Today I know: It’s called MATURITY. When I started loving myself I’ve stopped depriving myself of my free time and I’ve stopped sketching further magnificent projects for the future.
Today I only do what’s fun and joy for me, what I love and what makes my heart laugh, in my own way and in my tempo.
Today I know: it’s called HONESTY. When I started loving myself I’ve escaped from all what wasn’t healthy for me, from dishes, people, things, situations and from everyhting pulling me down and away from myself. In the beginning I called it the “healthy egoism”, but today I know: it’s called SELF-LOVE.
When I started loving myself I’ve stopped wanting to be always right thus I’ve been less wrong. Today I’ve recognized: it’s called HUMBLENESS.
When I started loving myself I’ve refused to live further in the past and to worry about my future.
Now I live only at this moment where EVERYTHING takes place, like this I live every day and I call it CONSCIOUSNESS.
When I started loving myself I recognized, that my thinking can make me miserable and sick. When I though requested for my heart forces, my mind got an important partner.
I call this connection today HEART WISDOM. We do not need to fear further discussions, conflicts and problems with ourselves and others since even stars sometimes bang on each other and create new worlds.
Today I know: THIS IS THIS LIFE!
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massimo15691 · 6 years
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il rispetto come segno di civiltà
La Mente è Meravigliosa Il rispetto è come il denaro: alcuni lo pretendono, altri se lo guadagnano Il rispetto è un valore universale che tutti dovremmo adottare in maniera incondizionata. Tuttavia, esiste anche chi lo pretende per se stesso senza considerare gli altri, reclamando un diritto che perde così ogni aspetto di empatia o vicinanza emotiva. Perché il rispetto non ha nulla a che vedere con le restrizioni, e se non si è capaci di offrirlo, non lo si dovrebbe neppure pretendere. L’etimologia delle parole ha sempre da insegnarci qualcosa di saggio. In questo caso, risalendo alle radici della parola “rispetto” si trova “respectus”, derivante a sua volta da “respicere”, termine che significa riguardare, aver riguardo, ma soprattutto: “godere di una saggezza tale da vedere le cose per quello che sono”. Senza rispetto tutto va perduto: l’amore, l’onestà, l’integrità… Pochi valori sono tanto essenziali come la capacità di rispettarsi l’un l’altro, con le proprie differenze e particolarità. Tutti noi sappiamo cosa si prova quando qualcuno ci manca di rispetto. Le ingiustizie esistono in qualsiasi ambito: famiglia, scuola, lavoro, coppia… È importante sforzarci di riflettere un po’ di più su questo termine, perché proprio come disse Kant al riguardo, il rispetto va di pari passo con la dignità verso se stessi e verso chi ci circonda.   Il rispetto inizia sempre da se stessi Il rispetto parte sempre da se stessi, perché più alto è il nostro livello di autostima, più saremo in grado di rispettare gli altri. Può sembrare un’ovvietà, lo sappiamo, ma che qualcosa sia logico non significa che poi venga messo in pratica, proprio come accade in questo caso. La capacità di rispettarci integralmente e con autenticità implica la capacità di sviluppare i seguenti aspetti: Avere un atteggiamento positivo verso noi stessi, riconoscendo i nostri meriti, e oltretutto, dimostrando di poter agire in accordo con i nostri valori e bisogni. Il rispetto per se stessi significa sapere che abbiamo il diritto di essere felici, di difenderci di fronte alle ingiustizie, di avere i nostri spazi e di far sentire la nostra voce. È inoltre necessario avere la consapevolezza di meritare ogni singolo obiettivo raggiunto, rinforzando la nostra autostima e, di conseguenza, facendoci responsabili di ogni trionfo, di ogni decisione presa e persino di ogni errore commesso. Comprendendo ed interiorizzando questi tre aspetti, potremo raggiungere la consapevolezza che anche chi ci sta intorno merita lo stesso. Perché chi è incapace di rispettare se stesso, non proverà nulla di fronte al dolore degli altri. La mancanza di rispetto o l’incapacità di mettersi nei panni degli altri Erich Fromm tratta il tema del rispetto in maniera esaustiva all’interno del suo libro “L’arte di amare”. Secondo il celebre filosofo, umanista e psicoanalista, tale termine non può essere associato alle parole timore o imposizione. Quando rispettiamo un altro individuo, non può essere per paura o sottomissione, come accade in certe relazioni padre-figlio – e talvolta persino all’interno delle dinamiche di coppia. Il rispetto non si compra e non si vende, ma nemmeno si regala: il rispetto si guadagna. Il rispetto dovrebbe essere un atto scaturito da un senso di ammirazione: “io ti rispetto perché ammiro il tuo modo di essere, perché mi sento vicino a te e provo empatia verso la tua persona”. Naturalmente siamo consapevoli del fatto che ciò non sempre accade; molte volte ci troviamo di fronte a situazioni di questo tipo: Esiste chi attribuisce alla propria persona tutto il valore, i migliori atteggiamenti, e per questo esige un rispetto quasi reverenziale, minimizzando i diritti degli altri. Chi non rispetta se stesso, chi è privo di iniziativa e autostima, richiede che gli altri gli mostrino rispetto per esercitare il potere, per nutrire il suo ego e supplire alle proprie mancanze. Si tratta di comportamenti molto distruttivi. Rispettare vuol dire innanzitutto accettare gli altri per quello che sono, mostrandosi sensibili verso le loro necessità. Una persona che manca di empatia ed è incapace di mettersi nei panni degli altri, difficilmente riuscirà ad avvicinarsi emotivamente alle altre persone, dimostrando umiltà e tolleranza. Portare rispetto non costa nulla, ma fa molto Il rispetto per gli altri è il valore intrinseco più nobile che si possa esercitare giorno dopo giorno. Ebbene, proprio come già specificato, non bisogna mai conferirlo agli altri per asservimento o perché ci viene imposto. Ogni gesto sincero deve sorgere dalla libertà del proprio cuore, mai dalla paura. Rispettare significa tollerare pensieri diversi dal proprio, accettare che esistono altri modi di vedere il mondo e che ciascuno di essi è ugualmente lecito. Se non tolleriamo che i nostri figli esprimano i propri pensieri e prendano le proprie iniziative, ci staremo opponendo alla loro crescita personale. Di conseguenza, agiremo mancando loro di rispetto. A sua volta, una coppia fondata sui valori di uguaglianza, onestà e complicità delle piccole cose, favorirà la creazione di una relazione sana e soprattutto felice. Perché c’è rispetto, perché c’è armonia, la stessa che dovremmo riporre in ciascuna persona che entra nella nostra vita o vi si trova solo di passaggio, così come in ogni animale o nella natura stessa. Perché il rispetto è la base della nobiltà, è una virtù che dovrebbe sempre definire il genere umano
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mikele10p-blog · 7 years
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In questo ormai lungo percorso, da quando gioco in queste categorie, se c’è una cosa che ho capito è che il calcio peggiora le persone, li rende tutti meno obiettivi, meno oggettivi, nessuno disposto ad accettare una critica, un esclusione, nessuno disposto ad affrontare una discussione con la giusta onestà intellettuale quando si tratta di calcio. Ma questi due signori qui posso metterci la mano sul fuoco che non fanno parte di questi, due persone in cui si equivale il valore calcistico alla persona. Il primo a sinistra, amico e ormai compagno di avventure (tre maglie diverse insieme più anni da avversari), il secondo al centro, un ex compagno ai tempi della mia squadra del cuore (l’Impetus) e che oggi ritrovo con enorme piacere da avversario. Entrambi sempre e comunque contraddistinti per personalità, umiltà e dedizione, a parte l’indiscutibile valore calcistico. Ciao ragazzi, bella partita oggi!!! (presso Stadio Comunale " San Clemente" - Casamarciano - Na)
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bellamiamadrid-blog · 7 years
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🇪🇸Esta tarde @robertosaviano_official pasó a tomarse un helado en Bellamia Madrid. Educadamente esperó su turno y pagó como cualquier persona cualquiera haría no obstante sea todo menos que cualquiera. Como italianos queremos agradecer a Roberto Saviano su trabajo, sus sacrificios y su humildad que son ejemplares para cualquier persona en el mundo. Italiana, española o cosmopolita que sea. Ha sido una emoción conocer a una de las mejores personas que existan en este mundo, aún m��s siendo italianos! Esperemos volver pronto a verle por Madrid, mientras tanto seguiremos tomándole a ejemplo por su humildad y honestad y a leer sus libros que siempre son una lección de vida. Mil gracias Roberto, por todo lo que has hecho y lo que representas en este mundo. ------------------------- 🇮🇹Questo pomeriggio Roberto Saviano è stato a prendere un gelato a @bellamiamadrid . Educatamente aspettò il suo turno e pagò il suo gelato come una persona qualsiasi nonostante sia tutto fuorché una persona qualsiasi. Da italiani vogliamo ringraziare Roberto Saviano per il suo lavoro, i suoi sacrifici e la sua umiltà che sono da esempio per qualsiasi essere umano. Italiano, spagnolo o cosmopolita che sia. È stata un'emozione conoscere una delle migliori persone che esistono in questo mondo, ancor di più essendo italiana! Speriamo di vederlo presto di nuovo a Madrid, nel frattempo continueremo a seguire il suo esempio di onestà ed umiltà ed a leggere i suoi libri che sono sempre una lezione di vita. Grazie Roberto per tutto quello che hai fatto e per quello che rappresenti! #gracias #robertosaviano (at Heladeria Bellamia Madrid)
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itstongo · 7 years
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Vangelo domenicale 9 luglio 2017
XIV Domenica del Tempo Ordinario 9 luglio 2017 L’episodio evangelico di questa domenica è ricco dell’affetto e dell’umanità vera che Gesù dimostra riferendosi ai piccoli e rivolgendosi a coloro che sono “stanchi ed oppressi”. Dunque dal brano evangelico odierno (Mt 11, 25-30) scaturiscono i valori immensi dell’umiltà e della semplicità del cuore, che sono da intendere non come concetti astratti e idealistici, ma come atteggiamenti da tradurre in pratica, in uno stile di vita. Sarà uno stile di sobrietà nell’uso dei beni, di sincerità e onestà nei rapporti con gli altri, di trasparenza nella vita parrocchiale o nella comunità o associazione in cui si è inseriti. Per la Chiesa, che ascolta e segue il Suo Maestro, semplicità e umiltà significano anche perseguire la sobrietà delle sue strutture e dei suoi beni materiali, significano uno stile che ricerchi certamente la bellezza, ma senza offendere il povero. Anche nella liturgia si deve cercare la bellezza e la festosità, nelle giuste occasioni anche solenne e ricca, ma sempre secondo lo stile di una bellezza umile e nobile, in modo che i riti splendano per nobile semplicità! Gesù nel Vangelo, inoltre, si rivolge a tutti coloro che sono “stanchi ed oppressi”. Possiamo pensare a coloro che sentono il peso di una sofferenza, di una malattia, di una preoccupazione, di difficoltà familiari, sociali od economiche, dello scoraggiamento, di una vita non serena, di una vecchiaia triste. Anche la fede ha qualcosa da dire e da offrire quando tocca fare i conti con i propri limiti e debolezze, perché aiuta a leggerli in una diversa ottica e prospettiva e offre un sostegno che apre verso un orizzonte ultraterreno, ossia la vita eterna. Nella sofferenza, nella malattia, nello scoraggiamento il sostegno della fede giunge anche attraverso la mediazione delle persone, attraverso l’incontro con una comunità cristiana, con sacerdoti, ma anche con laici, o religiosi e religiose o missionari. Le porte della Chiesa e delle chiese, delle case parrocchiali o canoniche oggi più che mai si desiderano aperte per accogliere chi, stanco e oppresso, cerca un colloquio, un dialogo, un ascolto per appoggiare il proprio giogo, talvolta pesante, complicato e schiacciante, sulle spalle del Signore e da lui trovare ristoro. Queste porte aperte, queste persone e comunità disponibili ad accogliere e ascoltare sono attuazione del ministero della consolazione, tanto urgente e necessario oggi più che mai.
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poetyca · 3 years
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Quando ho iniziato ad amare me stesso – When I started loving myself
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“Quando ho iniziato ad amare me stesso” apparentemente di Charlie Chaplin scritto sul suo 70 ° compleanno il 16 aprile 1959:
Quando ho iniziato ad amare me stesso Ho capito che sono sempre e in ogni opportunità offerta nel posto giusto al momento giusto. E ho capito che tutto ciò che accade è giusto – da allora in poi avrei potuto essere calmo.
Oggi lo so: si chiama FIDUCIA. Quando ho iniziato ad amare me stesso ho capito quanto può offendere qualcuno Quando cerco di forzare i miei desideri su questa persona, anche se sapevo che il tempo non era giusto e la persona non era pronta per esso, e anche se questa persona c’ è stata.
Oggi lo so: si chiama “rispetto”. Quando ho iniziato ad amare me stesso Potrei riconoscere che il dolore emotivo e dolore sono solo avvertenze per il mio vivere non contro la mia verità.
Oggi lo so: Si chiama AUTENTICO ESSERE. Quando ho iniziato ad amare me stesso Ho smesso di desiderio di un’altra vita e potevo vedere che tutto intorno a me era una richiesta a crescere.
Oggi lo so: Si chiama maturità. Quando ho iniziato ad amare me stesso Ho smesso di privare  me stesso del mio tempo libero e ho smesso di disegnare ulteriori progetti magnifici per il futuro.
Oggi faccio solo ciò che è divertimento e gioia per me, ciò che amo e ciò che fa ridere il mio cuore, a modo mio e nel mio tempo.
Oggi lo so: si chiama onestà. Quando ho iniziato ad amare me stesso Sono scappato da tutto ciò che non era salutare per me, da piatti, persone, cose, situazioni e da ogni cosa che  mi tira giù e lontano da me stesso. All’inizio l’ ho chiamato il “sano egoismo”, ma oggi lo so: si chiama amor proprio.
Quando ho iniziato ad amare me stesso Ho smesso di voler essere sempre nella ragione così sono stato meno in torto. Oggi ho riconosciuto: si chiama umiltà.
Quando ho iniziato ad amare me stesso Ho rifiutato di vivere ulteriormente nel passato e di preoccuparsi per il mio futuro.
Ora vivo solo, in questo momento in cui tutto avviene, in questo modo io vivo ogni giorno e io lo chiamo COSCIENZA.
Quando ho iniziato ad amare me stesso Ho riconosciuto che il mio pensiero può farmi infelice e malato. Quando ho chiesto se per le mie forze  del cuore, la mia mente ha un partner importante.
Io chiamo questo oggi SAGGEZZA connessione al CUORE. Non abbiamo bisogno di temere ulteriori discussioni, conflitti e problemi con noi stessi e gli altri dal momento che anche le stelle a volte battono l’una sull’altra e creano nuovi mondi.
Oggi lo so: QUESTO E ‘QUESTA VITA!
“When I started loving myself”
apparently by Charlie Chaplin written on his 70th birthday on April 16, 1959:
When I started loving myself I’ve understood that I’m always and at any given opportunity in the right place at the right time. And I’ve understood that all that happens is right – from then on I could be calm.
Today I know: It’s called TRUST. When I started to love myself I understood how much it can offend somebody When I try to force my desires on this person, even though I knew the time was not right and the person was not ready for it, and even though this person was me.
Today I know: It’s called “RESPECT”. When I started loving myself I could recognize that emotional pain and grief are just warnings for me to not live against my own truth.
Today I know: It’s called AUTHENTICALLY BEING. When I started loving myself I have stopped longing for another life and could see that everything around me was a request to grow.
Today I know: It’s called MATURITY. When I started loving myself I’ve stopped depriving myself of my free time and I’ve stopped sketching further magnificent projects for the future.
Today I only do what’s fun and joy for me, what I love and what makes my heart laugh, in my own way and in my tempo.
Today I know: it’s called HONESTY. When I started loving myself I’ve escaped from all what wasn’t healthy for me, from dishes, people, things, situations and from everyhting pulling me down and away from myself. In the beginning I called it the “healthy egoism”, but today I know: it’s called SELF-LOVE.
When I started loving myself I’ve stopped wanting to be always right thus I’ve been less wrong. Today I’ve recognized: it’s called HUMBLENESS.
When I started loving myself I’ve refused to live further in the past and to worry about my future.
Now I live only at this moment where EVERYTHING takes place, like this I live every day and I call it CONSCIOUSNESS.
When I started loving myself I recognized, that my thinking can make me miserable and sick. When I though requested for my heart forces, my mind got an important partner.
I call this connection today HEART WISDOM. We do not need to fear further discussions, conflicts and problems with ourselves and others since even stars sometimes bang on each other and create new worlds.
Today I know: THIS IS THIS LIFE!
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