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#Un gatto a Parigi
gregor-samsung · 9 days
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" Un giorno - era di maggio - che la Città [Kiev] si svegliò risplendente come una perla nel turchese, e il sole rotolò fuori per illuminare il regno dell'etmano, e i cittadini erano già in moto, come le formiche, per i loro affarucci, e gli assonnati commessi dei negozi cominciavano ad alzare fragorosamente le saracinesche, un rombo terribile e sinistro attraversò la Città. Era di timbro inaudito - né di cannone né di tuono, ma così forte, che parecchie finestre si aprirono da sé e tutti i vetri tremarono. Il rombo si ripete, attraversò di nuovo tutta la Città alta, si riversò a ondate nella Città bassa, a Podol, e, attraverso l'azzurro e magnifico Dnepr, si perde nei lontani spazi moscoviti. I cittadini si svegliarono e nelle strade cominciò lo scompiglio. Dilagò in un istante, perché dalla Città alta, Pečersk, arrivò di corsa, urlando e ululando, della gente insanguinata e dilaniata. E il rombo si ripeté una terza volta e così forte che nelle case di Pečersk cominciarono a cadere fragorosamente i vetri e il terreno tremò sotto i piedi. Molti videro allora delle donne correre con la sola camicia indosso, gridando con voci terribili. Ben presto si seppe da dove era venuto quel rombo. Era venuto da Lysaja Gora, fuori della Città, sul Dnepr, dove si trovavano depositi colossali di munizioni e di polvere. A Lysaja Gora era avvenuta un'esplosione. Per cinque giorni la Città visse aspettando terrorizzata da Lysaja Gora l'ondata dei gas asfissianti. Ma le esplosioni cessarono, i gas non si sparsero, la gente insanguinata scomparve, e la Città riacquistò il suo aspetto pacifico in ogni sua parte, ad eccezione del piccolo angolo di Pečersk dove erano crollate alcune case. Inutile dire che il comando tedesco ordinò una severa inchiesta, e inutile dire che la Città non seppe nulla sulle cause dell'esplosione. Correvano voci diverse. - L'esplosione è stata provocata dalle spie francesi. - No, è stata provocata dalle spie bolsceviche. Si finì col dimenticare l'esplosione. "
Michail Bulgakov, La guardia bianca, traduzione di Ettore Lo Gatto, Einaudi, 1967; pp. 59-60.
Nota: la prima pubblicazione incompleta di Belaja gvardija [Белая гвардия] avvenne a puntate sulla rivista letteraria sovietica Rossija nel 1925 e l'opera teatrale ricavata dall'autore sulla base delle prime due parti riscosse subito un enorme successo (si dice che lo stesso Stalin vi assistette almeno una ventina di volte). Nel 1927 l'opera completa fu stampata a Parigi mentre una edizione censurata venne diffusa in Urss solo 1966. Come molte opere sgradite al regime La guardia bianca fu conosciuta nella sua interezza dai cittadini sovietici solo nel 1989.
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ideeperscrittori · 6 months
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"KISS ME, LICIA" È IL MALE
Stavo pensando che "Kiss me, Licia" in realtà non è un anime di vedute aperte, anche se ce lo raccontano così.
In apparenza la morale è questa: «Puoi vestire come vuoi. Puoi avere il look che vuoi. Puoi essere ciò che sei. La gente deve smettere di criticare le persone giovani per come si vestono e per la musica che amano».
Ma è davvero così? Pensiamoci bene.
Mirko (uso nomi ed espressioni dell'adattamento italiano) è il protagonista maschile. Egli è musicista di una band pop-rock che fa musica da Zecchino d'oro, anche se la spacciano come rumorosissimo death metal. Ha un look vagamente ispirato alla new wave post punk anni 80, quindi è impresentabile nel contesto tradizionalista e ultra reazionario del Giappone più provinciale.
Ecco perché Marrabbio, padre della brava ragazza (nel senso nipponico reazionario) di cui Mirko si innamora, non sopporta che sua figlia frequenti il nostro eroe. Il padre di Licia chiama Mirko "capellone bicolore" e lo prende in giro continuamente, manifestando il suo disprezzo in mille modi.
Ma alla fine, dopo mille avversità, Marrabbio accetta Mirko e la sua relazione con la figlia.
"Tutto è bene quel finisce bene", direte voi.
Tutto bene un cazzo.
La vera morale dell'anime è: "Il look alternativo devi espiarlo con un contrappasso dantesco, con un controbilanciamento karmiko immane".
Ed è proprio quello che capita a Mirko.
Egli infatti:
1. Non ha il padre. La madre lo abbandonato quando aveva tipo 13 anni e ha abbandonato anche suo fratello, che probabilmente era poco più che un neonato, per fare la stilista a Parigi.
2. Quindi Mirko, quando ancora è un ragazzino, lavora durante il giorno, di sera riesce a coltivare la passione per la musica e fa le prove con la sua band, studia di notte e (non si sa come) riesce pure a prendersi cura del fratellino e del suo gatto. Non è umanamente possibile, ma Mirko ci riesce.
3. Andrea, il fratellino per cui Mirko fa tutti questi sacrifici, è il bambino più odioso del mondo. L'unica creatura più odiosa di lui è il suo gatto. E lo dico da persona che adora i gatti. Ma non parlatemi del gatto di Andrea, per favore. Mirko non solo lavora e si prende cura di Andrea e del gatto Giuliano per 24 ore al giorno, ma deve anche sopportare i capricci di entrambi.
4. Di fronte al disprezzo di Marrabbio la reazione del nostro eroe è questa: non si scompone, massimo rispetto e deferenza.
Quindi ecco l'insegnamento dell'anime: «Hai un look alternativo? Io ti accetto come essere umano degno di essere integrato nella società, ma solo se sei la persona più paziente e dedita agli altri dell'universo. Ah, ovviamente devi sopportare anche le angherie dei reazionari, interiorizzando l'idea della loro indiscussa superiorità».
Dunque alla fine Mirko ce l'ha fatta. Si è guadagnato le stellette per essere accettato dalla società patriarcale giapponese e mostra subito il suo senso di appartenenza. Si fidanza con Licia e parte in tour alla volta degli Stati Uniti, sbolognando fratellino e gatto a Licia, per la quale intravediamo un futuro in cui cucinerà e stirerà le mutande a tutti.
Ecco perché «Kiss me, Licia» per me è gigantesco NO. [L'Ideota]
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ladyssia · 1 month
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Ho sempre trovato difficile dover scegliere fra due cose.
Decidere a quale categoria appartenere, dove incasellarmi.
Cane o gatto?
Parigi o Londra?
Pizza o gelato?
Dolce o salato?
Ho vissuto anni importanti con un cane testardo, adorabile e terribile, i gatti non mi avevano mai scelto, poi è arrivato lui, il gatto dai mille nomi, che non si sa quanti anni ha, che mi ha conquistato un miagolio alla volta, che si è preso il suo spazio e mi ha addomesticato, mi ha fatto da Maestro senza salire su nessuna cattedra né sfoggiare nessun titolo.
Mi ha insegnato che non c'è bisogno di scegliere, che il cuore è grande abbastanza per amare cani e gatti, c'è tempo per una pizza e per un gelato, si può andare a Londra amarla perché è Londra e si può amare Parigi perché è Parigi, risuonare a periodi di più con un luogo e in altri periodi con un altro.
La vita non è una classifica ma un viaggio, prima di tutto dentro di noi.
Imparare (anche) dai gatti che non hanno maestro, non fanno i maestri ma possono insegnare... Come tutti gli altro animali
Grazie Skat 🐾
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toomanyarguments · 4 months
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Quel che succede ogni giorno, in che modo descriverlo?
Un libricino pieno di semplici genialità, come riesce di norma a Perec, parlando dell’ordinario quotidiano. Ad esempio del quotidiano cibarsi, e fa l’inventario, comico e indigesto nella sua riassuntiva catalogazione, di tutto ciò che ha ingurgitato nel corso di un anno, il 1974: sette galline bollite con riso, settantacinque formaggi, sette zampini di maiale ecc. Poi come scrivere automaticamente duecentoquarantatré cartoline, tutte diverse, di ordinari saluti estivi usando solo cinque frasi elementari in tre varianti. E l’osservazione di una via di Parigi in sei date diverse, i negozi, le insegne, le scritte occasionali, le facciate, un gatto che passa, cioè tutto ciò che è sotto gli occhi, così ovvio che non lo si nota, ma esiste per un attimo poi sarà perduto per sempre. Questi scritti pubblicati tra il 1973 e il 1981 sono stati raccolti in libro nel 1989.
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reginadeinisseni · 5 months
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Ravel : L'Enfant et les Sortilèges (Jodie Devos / Clara Guillon / Chloé
MAGIA BIANCA: NON SI SACRIFICANO GLI ANIMALILA NATURA si rivolta contro il bambino che, MAGO , riversa laSUA RABBIA CONTRO ANIMALI INNOCENTIL'Enfant et les sortilèges è un'opera in due parti, composta da Maurice Ravel fra il 1919 ed il 1925, in collaborazione con Colette che scrisse il libretto intitolato inizialmente Divertissement pour ma fille. Si tratta della seconda ed ultima opera lirica di Ravel, dopo L'Heure espagnole (1907). Capolavoro di orchestrazione, L'Enfant et les sortilèges viene spesso eseguita in forma di concerto a causa dei continui cambi di scena previsti dalla storia. L'esecuzione dell'opera al di fuori dalla Francia è piuttosto rara a causa delle difficoltà di traduzione del testo in altre lingue.Il 21 marzo 1925 avvenne la première nella Salle Garnier del Grand Théâtre de Monte Carlo, orchestra diretta da Victor de Sabata, coreografia di George Balanchine, regia di Raoul Gunsbourg. La prima a Parigi fu il 1 febbraio 1926 al Théâtre national de l'Opéra-Comique con la direzione di Albert Wolff.IndiceTrama[modifica | modifica wikitesto]In una vecchia casa di campagna in Normandia, nel primo pomeriggio, un bambino di sette anni, brontola davanti ai suoi compiti di scuola. La madre entra nella stanza e si arrabbia per la pigrizia del figlio. Il bimbo punito, preso da un accesso di collera getta la tazza e la teiera a terra, martirizza lo scoiattolo nella sua gabbia, tira la coda al gatto, attizza la brace con un attizzatoio, rovescia il bollitore, lacera il suo libro, strappa la carta da parati e demolisce il vecchio orologio. "Sono libero, libero, cattivo e libero!…" Esausto, si lascia cadere nella vecchia poltrona… ma questa arretra. Comincia allora il gioco fantastico. Uno dopo l'altro, gli oggetti e gli animali si animano, parlano e minacciano il bambino allibito. Nella casa e poi nel giardino, le creature espongono le loro lamentele e la volontà di vendetta. Mentre il bambino chiama sua madre, tutte le creature si gettano su di lui per punirlo. Ma prima di svenire egli si appresta a curare il piccolo scoiattolo da lui in precedenza ferito. Prese dal rimorso, le creature si scusano e lo riportano da sua madre.  ...
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carmenvicinanza · 6 months
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Hiam Abbass
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Hiam Abbass, attrice, regista e sceneggiatrice palestinese, è nata in Israele e ha la cittadinanza francese.
È stata diretta da registi internazionali come Steven Spielberg, Amos Gitai, Tom McCarthy, Jim Jarmusch, Abbas Fahdel e altri ancora.
Nata a Nazareth, il 30 novembre 1960 da una famiglia di arabi musulmani, è cresciuta nel quartiere libanese del vicino villaggio di Deir Hanna. Dagli anni ’80 vive a Parigi dove è iniziata la sua carriera artistica.
Ha cominciato a recitare nel film per la tv La nuit miraculeuse del 1989, di Ariane Mnouchkine, seguito da apparizioni in diversi telefilm.
Al cinema ha debuttato nel 1989 con il film La nuit miraculeuse. È stata poi nel cast di Ognuno cerca il suo gatto, Haifa, Histoire naturelle, Venise est une femme, Le mariage en papier, Aime ton père, e Bab el Chams.
Il suo primo ruolo di successo è arrivato nel 2004 quando è stata la protagonista in La Sposa Siriana diretto da Eran Riklis che le è valso la candidatura per la miglior attrice agli European Film Awards.
L’anno successivo è apparsa nel film Munich di Steven Spielberg, in cui ha anche lavorato come consulente per il dialetto e la recitazione, vivendo per tre mesi in un hotel con attori israeliani e palestinesi che hanno avuto molte discussioni che hanno aiutato entrambe le parti ad avvicinarsi.
Ha recitato in diversi altri film prima del 2008, quando è stata la protagonista de Il giardino di limoni in cui interpreta una donna palestinese che lotta contro la decisione dei servizi segreti israeliani di sradicare il suo giardino perché avrebbe potuto essere usato dai terroristi per attentare alla vicina casa del Ministro della Difesa. Per questo ruolo ha ricevuto il premio Israeli Film Academy Award e l’Asia Pacific Screen Awards come miglior attrice.
Nel 2008 ha interpretato la madre di un immigrato siriano clandestino nel film The Visitor di Tom McCarthy e la madre di un soldato iracheno nel film Dawn of the World di Abbas Fahdel.
È stata nel cast del film I limiti del controllo di Jim Jarmusch e in A Bottle in the Gaza Sea,  tratto dal romanzo Une bouteille dans la mer de Gaza di Valérie Zenatti.
Il regista Radu Mihaileanu l’ha invece voluta nella commedia drammatica La sorgente dell’amore.
Nel 2012, ha fatto parte della giuria del Festival di Cannes e debuttato alla regia con The Inheritance in cui affronta il tema dell’identità da diversi punti di vista, quello del ruolo femminile diviso tra modernità e tradizione e quello dell’appartenenza nazionale di una famiglia palestinese che vive in Galilea.
Nel 2017 ha interpretato Freysa, la leader del movimento per la libertà dei replicanti, in Blade Runner 2049.
È stata la protagonista femminile della serie tv Succession che ha ottenuto un enorme successo negli Stati Uniti. 
Come acting coach è stata impegnata sul set di Alcuni giorni di settembre di Santiago Amigorena con Juliette Binoche, John Turturro e Nick Nolte e Babel di Alejandro Gonzáles Iñarritu con Brad Pitt e Cate Blanchett.
È stata accanto a Tim Roth in Come together, la storia di un terrorista che, a seguito di un grave incidente, perde la memoria dimenticando il suo passato e i suoi ideali sovversivi, per venire salvato da una medica  siriana rifugiata che non conosce la sua vera identità.
In Bye Bye Tiberias, selezionato per rappresentare la Palestina agli Oscar 2024 e presentato in anteprima mondiale alle Giornate degli Autori del Festival del Cinema di Venezia, è stata diretta da sua figlia Lina Soualem. Nel film, che esplora le tradizioni orali di quattro generazioni di donne palestinesi, interpreta se stessa nel suo personale viaggio di ritorno al villaggio dove è cresciuta e da dove è partita per Parigi, quando aveva vent’anni, per intraprendere la carriera di attrice. Un ruolo che la spinge a mettere a nudo il suo passato, a guardare indietro a come la sua patria è cambiata e a riflettere su tutto ciò che ha ereditato da sua madre e dalla generazione che l’ha preceduta.
Hiam Abbass ha anche un’altra figlia, Mouna, anch’ella attrice, entrambe avute da Zinedine Soualem, noto attore franco-algerino, con una carriera trentennale nel cinema, nella TV e nel teatro francese.
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personal-reporter · 6 months
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Luci d’Artista 2023 a Salerno
Uno degli appuntamenti simbolo iconici del Natale in Campania sono le Luci d’Artista a Salerno, che quest’anno torneranno ad illuminare a festa la città dal 24 novembre al 21 gennaio 2024. Le Luci d’Artista di Salerno quest’anno avranno come filo conduttore la tematica sulla natura, con nella villa comunale  uno zoo illuminato, ricco di animali di ogni specie; mentre il Corso Vittorio Emanuele presenta un cielo stellato con pianeti di ogni dimensione. Le affascinanti notti illuminate di Salerno, grazie alle manifestazione culturali, agli eventi musicali, alla danza ed al teatro renderanno la città più accogliente per i visitatori grazie alle Luci d’Artista Di Salerno, evento che si svolge nel periodo invernale pre-natalizio, da fine novembre ad inizio gennaio. Le prime edizioni della manifestazione si tennero a Torino nel 1998 e poi, dopo qualche tempo, anche il comune di Salerno decise di farne uso in occasione delle festività Natalizie, così le luminarie diventano simbolicamente anche l’unione che c’è tra Torino e Salerno, che condividono i simboli e la festa del Natale. La prima manifestazione Luci D’Artista di Salerno avvenne nel  2006/2007 e furono  inaugurate dal Sindaco Vincenzo De Luca il 30 novembre 2006, sistemate negli angoli più incantevoli ed affascinanti della città di Salerno. Poiché le  manifestazione è gemellata con le Luci d’Artista di Torino dall’anno 2009/2010, moltissimi sono gli scambi delle installazioni luminose tra le due città e i turisti provenienti dall’Europa, arrivati in città per assistere allo spettacolo tra il Palazzo Ruggi, il Museo della Scuola Medica Salernitana e il famosissimo Castello Arechi, che ospita la lapide Lo Stellato del poeta salernitano Alfonso Gatto. Grazie a questo evento Salerno ha conquistato un primato, infatti per le Luci D’Artista 2017/2018 è stata posizionata la ruota panoramica più grande d’Europa, alta circa 60 metri, che riproduce quella di Place de la Concorde a Parigi. Read the full article
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chez-mimich · 8 months
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ACCRO-CHAT-GE
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“Accrochages Temporaires” è un “cabinet d’art graphiques” al quinto piano del Musée d’Orsay di Parigi ed è uno spazio che visito sempre volentieri per la raffinatezza delle scelte espositive, sempre nell’ambito delle arti del disegno e della grafica del XIX secolo. Nelle passate settimane lo spazio ha ospitato “Accro-chat-ge”, mostra dal titolo composto da un gioco di parole (“accrochages” letteralmente “appeso”che allude ai quadri esposti appesi alle pareti e che ha lo stesso suono di “Accro-chat-ge”). Avrete capito che la mostra si occupa di gatti e in particolare dei gatti disegnati o schizzati da tre artisti ovvero Edouard Manet, Théophile-Alexandre Steinlen e, un po’ furbescamente, Françoise Petrovich, disegnatrice contemporanea. Di Manet è ovviamente impossibile dimenticare il famosissimo gattino nero che occhieggia ai piedi di Victorine Meurent nelle vesti discinte di “Olympia”, la modella preferita da Edouard Monet, scambiata dal pubblico per una prostituta. Ma il rapporto di Manet con i gatti, non si limita certo alla presenza del micetto in una delle tele più famose di tutti i tempi. Oltre ad innumerevoli schizzi, nel 1868, Manet realizza un manifesto pubblicitario per un libro di Champfleury, caposcuola del Realismo francese, proprio sui gatti. Questa volta il posto di Victorine Meurent lo prese il gatto Zizi, che fa da modello per una serie di schizzi qui esposti. Ma sono certamente i disegni di Théophile-Alexandre Steilen a farla da padrone, disegni realizzati in gran parte per la Società per la protezione degli animali. Questo amore per i piccoli felini, lo portò anche ad immaginare, progettare e realizzare l’affiche per il celeberrimo cabaret “Chat Noir”di Montmartre. Il gatto, ribelle ed indipendente, ben si confaceva allo spirito libero del cabaret e anche allo spirito di tutta la “butte” e della sua gente. Il tratto veloce della matita o la pennellata densa di inchiostro, macchie sufficienti a definire tratti e psicologia del gatto, fanno di questi lavori dei piccoli gioielli del disegno. La mostra propone anche due piccoli taccuini di Françoise Petrovich, vergati ad inchiostro di penna e di pennello, con una lunga teoria di gatti, colti in ambienti interni ed esterni, in uno stile quasi calligrafico. Meglio rifugiarsi in questi anfratti del grande museo parigino, piuttosto che preferire il tritacarne delle sale più famose, ormai popolate da una fauna distratta, vagante e vociante…
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cutulisci · 8 months
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Ritorno al capanno sul canyon di Santa Monica dove io e Andrée siamo stati felici e poveri insieme. Poteva succedere che affamati rubassimo la verdura dall’orto dei vicini. Certe volte uscivamo in cerca di cicche con la torcia elettrica. Ma andavamo a nuotare ogni giorno dell’anno. Avevamo un cane, Proclus, un grosso meticcio giallo, e un gatto bianco, Cyprian. Facevamo la prima mostra insieme e intanto a Parigi pubblicavano le mie poesie. Lavoravamo sotto il basso ombrello dell’acacia in cortile. Ora scendo dall’auto e mi fermo davanti alla casa, nell’ombra. Fiori d’acacia cospargono il vialetto di minuti batuffoli di lana dorata. A prima sera l’odore stordisce. L’albero è cresciuto due volte più alto del tetto. Dentro casa, un vecchio e una donna se ne stanno seduti alla luce di una lampada. Torno indietro fino alla spiaggia di Malibu e mi siedo con un amico d’infanzia un po’ ingrigito a guardare la luna piena che sale sulle onde enormi che increspano la baia scura.
Kenneth Rexroth
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...dodici capolavori in scala ridotta che rimangono impressi a fuoco nella memoria...sospesi tra il surreale e il malinconico, alcuni corrono via veloci e rapidi come passi di un gatto, altri proseguono lenti, morbidi, dilatati....Dodici storie magnificamente narrate dal grande Gabriel García Márquez. Perché i suoi racconti sono "raminghi"? Perché l'autore colombiano li ambienta tutti lontano dalla sua terra natia. Roma, Barcellona, Parigi, Napoli, e altre ancora… tutte città delle quali Márquez ha respirato l'atmosfera, città nelle quali ha vissuto esperienze nuove, visto cose straordinarie, città che ha amato o odiato. Leggendo Márquez si ha l'impressione di essere noi stessi personaggi del suo racconto, marginali magari, come un passante che, attraversando una via o a colazione in un bar, assiste a quanto l'autore ci narra. La fluidità narrativa dell'autore è impareggiabile, per non parlare della capacità di trasmettere gli stessi sentimenti, le stesse angosce, che vivono i suoi personaggi...leggerlo per me è sempre un piacere....#ravenna #booklovers #instabook #igersravenna #instaravenna #ig_books #consiglidilettura #librerieaperte #poesia #gabrielgarciamarquez (presso Libreria ScattiSparsi Ravenna) https://www.instagram.com/p/ChTtIifogk6/?igshid=NGJjMDIxMWI=
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gregor-samsung · 5 months
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" Per tutta la vita fino al 1914 Kozyr' era stato maestro di villaggio. Nel '14 era andato alla guerra in un reggimento di dragoni e verso il 1917 era stato fatto ufficiale. L'alba del 14 dicembre '18 lo trovò colonnello dell'armata di Petljura, e nessuno al mondo (lui meno degli altri) avrebbe saputo dire come ciò fosse accaduto. Era accaduto perché la guerra per lui era una vocazione, mentre la professione di maestro era stata soltanto un lungo e grosso errore. Del resto, così capita molto spesso nella nostra vita. Per una ventina d'anni, uno si occupa di qualche cosa, per esempio, di diritto romano, e il ventunesimo anno, ad un tratto, si accorge che il diritto romano non c'entra, che egli non lo capisce e non lo ama neppure, perché è un bravo floricultore e arde d'amore per i fiori. Ciò dipende, bisogna supporre, dall'imperfezione del nostro ordinamento sociale, per cui gli uomini il più delle volte trovano il proprio posto soltanto verso la fine della vita. Kozyr' lo aveva trovato verso i quarantacinque anni. E fino a quel tempo era stato un cattivo maestro, crudele e noioso.
- Dite ai ragazzi che escano fuori e montino a cavallo, - disse Kozyr', e si strinse sulla pancia la cinta che scricchiolò. Fumigavano le bianche case del villaggio di Popeljucha, e le quattrocento sciabole di Kozyr' uscirono in ordine di battaglia. Nelle file della colonna ondeggiava il fumo delle machorka e il massiccio stallone baio di Kozyr' si moveva nervosamente sotto il suo cavaliere. Le slitte della salmeria cigolavano e si snodavano per mezzo chilometro dietro il reggimento. Il reggimento dondolava sulle selle, e subito dopo Popeljucha alla testa della colonna sventolò sull'asta la bandiera a due colori: una striscia azzurra e una striscia gialla. Kozyr' non poteva sopportare il té, e a qualunque altra cosa la mattina preferiva un sorso di vodka. Amava la vodka imperiale. Per quattro anni non ce n'era stata, ma sotto l'etmano essa era ricomparsa in tutta l'Ucraina. Dalla borraccia grigia la vodka passò come una fiamma allegra nelle vene di Kozyr' e passò anche nelle file dei soldati dalle fiaschette prese nel deposito di Belaja Cerkov'. "
Michail Bulgakov, La guardia bianca, traduzione di Ettore Lo Gatto, Einaudi, 1967; p. 116.
Nota: la prima pubblicazione incompleta di Belaja gvardija [Белая гвардия] avvenne a puntate sulla rivista letteraria sovietica Rossija nel 1925 e l'opera teatrale ricavata dall'autore sulla base delle prime due parti riscosse subito un enorme successo (si dice che lo stesso Stalin vi assistette almeno una ventina di volte). Nel 1927 l'opera completa fu stampata a Parigi mentre una edizione censurata venne diffusa in Urss solo 1966. Come molte opere sgradite al regime La guardia bianca fu conosciuta nella sua interezza dai cittadini sovietici solo nel 1989.
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floweredalmond · 2 years
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Olympia, Edouard Manet, 1863, olio su tela.
Manet pensava all'Olympia già durante il viaggio in Italia del 1857, in occasione del quale copiò la "Venere di Urbino" di Tiziano, fonte di grande ispirazione per l’opera. Del lavoro preparatorio relativo al dipinto ci sono rimaste molte tracce, tra schizzi e disegni preparatori che rendono evidente il mutamento dell’opera in seguito allo scandalo della Colazione sull'erba. Manet, pertanto, decise di proseguire la strada intrapresa e sfondare i convenzionalismi borghesi, riproponendo nuovamente una tela audace e molto cruda, nella convinzione che la sua battaglia d'arte sarebbe stata condivisa. Tuttavia l’opera generò nuovamente grande scandalo: molti, infatti, erano molto preoccupati a causa dell'ambiguità del soggetto, per il quale aveva posato in realtà una delle modelle predilette di Manet, Victorine Meurent. Sebbene il soggetto riprendesse infatti un’altra opera per cui aveva posato la stessa modella, "La nascita di Venere" di Alexandre Cabanel, nell’opera di Manet mancava una contestualizzazione mitologica. A differenza della Venere di Tiziano, o comunque di tutte le eroine storiche e divinità dei dipinti classici, inoltre Olympia aveva la testa eretta e fissava l'osservatore imperturbabilmente, senza sorridere. Forte è il contrasto che l’artista intende stabilire con l’opera di Tiziano: dove due ancelle nella Venere tizianesca preparano alla dea il corredo nuziale, qui viene inserita una donna nera, simbolo molto radicato nell'ambito pittorico relativo alla prostituzione; l'amorevole cane, segno di fedeltà della Venere di Tiziano viene sostituito da un inquietante gatto nero che esalta l'amore mercenario. La sintesi plastica dell'Olympia è squisitamente coloristica ed è affidata nella fattispecie alla giustapposizione senza gerarchia delle varie zone di colore, disposte in modo da esaltarsi vicendevolmente; Manet, poi, gioca molto sul contrasto tra toni caldi e toni freddi.
L'opera fa parte della collezione del Museo d'Orsay (Parigi).
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azzurracomeme · 2 years
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Lezione del 3/02/2022
AUTORE: Gustave Courbet
TITOLO: L'atelier del pittore
DATA: 1854-1855
MATERIALE E TECNICA: olio su tela
LUOGO DI CONSERVAZIONE: Museo d'Orsay, Parigi
SCELTE TECNICHE E STILISTICHE: L’opera, che colpisce Delacroix tanto che quest’ultimo dichiara di essersi trattenuto da solo per un’ora davanti all’opera, intende sottolineare la verità della circostanza: Courbet descrive così 7 anni della sua vita, passati in studio, col gatto accanto, a rappresentare un paesaggio, circondato dai grandi artisti del tempo, rifacendosi così alla scuola di Atene di Raffaello, divisi tra destra e sinistra a seconda di coloro che sarebbero potuti comparire o meno. Egli, in quanto realista, intende raffigurare i trascurati, come egli stesso, che, rifiutato al salon, si vede costretto a crearsi uno spazio espositivo proprio, il salon du realism, prima ma non ultima delle numerose mostre secondarie che riempiranno Parigi, anche in seguito alla decisione di Napoleone II di creare un salon de Refusés. 
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thebutcher-5 · 2 years
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Il mostro della cripta
Il mostro della cripta
Benvenuti o bentornati sul nostro blog. Nello scorso articolo siamo tornati a parlare di animazione e lo abbiamo fatto non con la Disney ma con un piccolo e interessante film francese, Un gatto a Parigi. Una storia di un ladro di gioielli e di una famiglia con una bambina che ha smesso di parlare dopo la morte del padre e con una madre impegnata nel catturare il criminale che ha ucciso il marito.…
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corallorosso · 2 years
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LA RUSSIA, L'UCRAINA E IL PACIFINTISMO DI SALVINI: IL FOCHISTA CON L'ACCENDINO SEMPRE IN TASCA Ehi, tu. Sì, dico proprio a te, che chiami i lager libici "centri all'avanguardia", e le torture "retorica". Tu che oggi ti scopri pacifintista, depositando i fiori di fronte all'ambasciata ucraina ma nell'aria ancora l'eco della tua frase "io credo che la Russia sia sicuramente molto più democratica dell'Unione Europea". Dico proprio a te, Matteo Salvini, che per anni hai soffiato sul fuoco della delegittimazione delle istituzioni europee. Tu, che hai urlato "io farei a cambio e porterei Putin nella metà dei Paesi europei", e oggi biascichi sulla parola pace e vorresti insegnarla dal basso delle tue scommesse politiche fallite. Tu, che hai puntato sulla roulette del disfacimento dell'Europa, e prima ancora della secessione dall'Italia della Padania, poi sull'indipendenza, salvo poi riscoprirti nazionalista e andare a cena con Casa Pound. Tu, che hai cantato "senti che puzza, scappano i cani, stanno arrivando i napoletani", e oggi ti ergi a insegnante contro le discriminazioni territoriali, e pretendi di non suscitare riprovazione. Dai, raccontacela ancora la barzelletta per cui i profughi bianchi sono più profughi degli altri. Dico a te, Matteo Salvini, che hai deambulato per anni fra l'incendiario sociale e le bevute al Papeete. Elefante fra la cristalleria sociale, sei entrato cavalcando la Bestia e hai frantumato le speranze degli uomini più frangibili, appoggiando sempre "l'uomo forte", con il pugno di ferro, ma solo quello. Io me le ricordo tutte le tue dichiarazioni: "Putin è uno dei migliori uomini di governo che ci siano in questo momento sulla faccia della Terra", ricordi quando lo dicesti? O quando pontificavi: "Se avessimo Putin anche in Italia staremmo sicuramente meglio". Tu che oggi dici di voler partire per l'Ucraina, poi valuti le condizioni, poi scherzavi, poi era il tuo ufficio stampa, infine decidi di fare un altro post su un nero che ruba, perché nell'attesa di un missile risolutivo, quel post ha sicuramente un signor algoritmo che lo aspetta. Tu che proponi "la pace" ma in questi anni sei stato in grado soltanto di fare la guerra agli ultimi. Tu che hai chiuso porti, bloccato ricongiungimenti familiari e fatto il pizzicorino all'algoritmo, cercando l'ultima notizia di cronaca di un paesino sperduto, e poi hai esultato alla scoperta di un gatto randagio arrostito da un immigrato da poter condividere. Proprio tu oggi parli di mediazione e di trattativa. Come se Crudelia De Mon tenesse una conferenza stampa contro l'abbandono degli animali da affezione. Tu, che hai alternato panini, sagre e magliette con la faccia di Vladimir Putin. Tu, che sei volato a Mosca per fare le dirette dalla piazza Rossa elogiando un dittatore, fra una sagra della porchetta e una bambola gonfiabile fra le mani di un presentatore leghista che ammiccava a Laura Boldrini, e le risate del tuo pubblico prima del tuo ingresso. Dico a te, Matteo Salvini, che ti scopri accogliente con i profughi, ma solo quelli bianchi. Che come dice la tua parlamentare Susanna Ceccardi, altrimenti finisce che "tutti gli africani passano dall'Ucraina per entrare in Europa". Che sarebbe come dire che per andare a Parigi passo comodamente dall'Australia. Matteo Salvini sei un fochista, un incendiario, per anni sei stato il paravento in Europa della politica di Vladimir Putin, e oggi non sei credibile quando ti ergi a pacificatore. Ogni tua azione oggi non può prescindere dalle scuse e dal silenzio politico perpetuo. Sono semplicemente troppi, trent'anni di dichiarazioni fallaci per poter essere sopportati o dimenticati. Matteo Salvini, ti saluto ricordandoti una tua frase, urlata qualche tempo fa in uno studio televisivo nazionale, irridendo i tuoi stessi spettatori: "Qualcuno in questo studio, o a casa, ha paura di essere invaso dai russi stanotte? Ma non penso!" Matteo Salvini ti rivelo un segreto: tutti noi abbiamo paura, ieri e oggi. E' la paura della consapevolezza, perché certi timori non sono da codardi, ma da chi conosce l'imprevedibilità delle dittature, e la difficoltà di rovesciarle senza scatenare la terza guerra mondiale. Pensaci, se l'azione per una volta ti aggrada. Saverio Tommasi
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gelatinatremolante · 2 years
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Mi chiedo come mai dei presunti spacciatori di metanfetamine, con tanto di numero di telefono, abbiano iniziato a seguire il mio blog. Non vorrei sbagliarmi ma quando ho scritto la lista dei regali che mi piacerebbe ricevere a Natale, tra sciarpe, pigiami, libri, un cane, un gatto, una volpe, un appartamento a Parigi e la baby pensione, sono abbastanza sicuro di non aver messo anche quelle.
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