Ci sono quelle notti che ti sdrai sul letto,
con la musica accesa.
Quelle notti in cui fuori è piovuto
e dalla finestra entra odore di fresco,
quasi di bucato.
Quelle notti in cui soprattutto ti circola un vento intorno, un vento che ti danza accanto,
poi ti accarezza, si posa ad ascoltarti.
Ci sono quelle notti in cui ci parlo in silenzio
con questo vento.
Arriva di notte soltanto così.
O forse il giorno la fretta non ce lo fa godere abbastanza.
Forse occorre riposare per capire.
Potessi tornare dieci anni indietro, penso,
mi sarei innamorato ancora, finalmente.
Perché chissà se c’è un’età perfetta per innamorarsi e sapersi fermare.
Ogni volta guardandomi intorno ho pensato che forse avrei potuto avere di più.
Che poi accontentarsi o essere contenti
non sono proprio la stessa cosa.
Però vogliamo sempre di più, qualcosa di più. Non ho mai voluto consigli, non ho mai sentito
il diritto di darne.
Siamo bravi a sbagliare da noi e ne andremo fieri per sempre per questo.
Però vorrei dirti di fare attenzione.
Perché ci sono milioni di sogni nella testa
e una smania di realizzarli tutti che a volte porta lontano dal necessario.
All’inizio volterai strada, una, due, diecimila volte e ancora e ancora avrai voglia
di camminare.
Ad un certo punto avrai bisogno di riposare
un po’.
Di farti accarezzare da questo vento,
sì proprio il vento di stanotte.
Ti ricorderai che ogni partenza è perfetta
ma ogni ritorno ti fa stare bene solo se hai qualcuno che ti aspetta.
Altrimenti tornerà a prenderti un vuoto dentro, sarà sempre puntuale, ingestibile, feroce.
Avrai sacrificato così tanti rapporti per la frenesia di stringere tutto fra le mani.
Questo vento torna per dirti che andare
è emozione, le emozioni sono incredibili momenti ma capire quando fermarsi
è un vero talento, ed è questo
che crea i sentimenti.
Massimo Bisotti
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Dilaniati
Quando smetterai di raccontarti frottole, Obito? Sei davvero persuaso che la tua attuale meta sia il rapporto che devi a Nagato?
Vorresti torcergli il collo, però già ti stai chiedendo come farai senza di lui, vero?
Stavolta percorri con calma il corridoio che tocca le stanze dei sottoposti. Che succede, speri d’imbatterti in lui? Già ti stai arrovellando il cervello per mascherarlo da incontro casuale, nevvero?
Sei riuscito a convincere Nagato ad attenderti fino a tarda notte, hai mentito fingendo impegni straordinari per giustificare l’ora.
Guarda in faccia la realtà, Obito. Siete caduti l’uno nelle braccia dell’altro per soffocare la vostra agonia, Itachi ha perso la verginità con te solo perché non gli è stata concessa alternativa, non può amare chi avrebbe voluto. Un mero accontentarsi. Uno sfogo, punto e basta.
Lo hai avuto perché si è lasciato prendere, Obito.
Sii sincero con te stesso, per una volta. Sei la seconda e disperata scelta di Itachi. La sua ultima spiaggia, nulla di più.
Non puoi più vivere senza questa mortificazione quotidiana, ti occorre il veleno con cui Itachi ti nutre ogni giorno.
Su, dillo che ti disprezzi per esserti fatto trascinare così in basso da un moccioso. Sei già abbastanza smidollato da non riuscire a negargli niente, almeno cerca di portare rispetto a te stesso.
È solo sesso, dall’inizio. Il bisogno di precisarlo è superfluo, le azioni di entrambi durante gli amplessi sono parecchio eloquenti.
Rapporti furiosi portati a termine come fosse ginnastica, assolutamente privi di baci e carezze, non hanno bisogno di spiegazioni. Azioni che, di solito, sono il lasciapassare delle tante temute emozioni. Le porte attraverso cui due amanti si legano. Se la diga dei sentimenti crollasse, tutto finirebbe inghiottito dallo sfacelo senza più controllo.
Il sesso li aiuta a gestire la loro miseria, a non perdere la ragione; Obito non ha il coraggio di rovinare tutto, ne ha troppo bisogno. Così lascia Itachi libero di erigere quelle inespugnabili mura a suo piacimento.
Nei tempi lontani, quando era ancora un giovane colmo di fiducia e amore, Obito avrebbe trovato abominevole penetrare un ragazzo stando in piedi sul letto e tenendolo da una gamba come un salame. Senza dubbio, non ora. È Itachi che lo vuole, egli rifiuta di legarsi.
Così Obito ha sinceramente goduto degli schiocchi sempre più intensi delle loro pelli, gli è piaciuto osservare Itachi ondeggiare sotto i suoi implacabili colpi di bacino, il copioso sudore che gli è sceso dalla fronte gli ha trasmesso un perverso e nuovo piacere.
La caviglia sinistra di Itachi stretta nella morsa della sua mano, l’altra gamba penzoloni a casaccio sul materasso. Obito lo ha alzato il necessario per portarselo davanti al cazzo, non gli è interessato altro.
Tenendo Itachi rigorosamente di spalle, Obito ha ignorato i lividi che affioravano sotto la sua mano, ha solo fatto attenzione che Itachi non si spezzasse il collo. A dire la verità, quella parte del corpo di Itachi, così elegante e candida, lo fa impazzire da sempre. Metterlo praticamente a testa in giù gli ha consentito di ammirarla senza che i lunghi capelli la celassero.
Ottenuta l’eiaculazione dentro il corpo di Itachi, Obito lo ha lasciato cadere sul letto, non si è chiesto se lui fosse venuto o no. Poi si è sdraiato per riprendersi dalla fatica.
Obito a fissare apatico il soffitto, Itachi la parete alla loro destra.
Nessuno spiccica mai una parola, non serve. Il loro sordido segreto non ha bisogno di approfondire chissà quale reciproca conoscenza. Sarebbe inutile vomitarsi addosso il rispettivo dolore all’infinito, discorrere di futili banalità meno che mai. Non sono più dell’umore adatto per entrambe le cose ormai da tempo immemore.
Obito ha paura di spezzare la fugace e ingenua armonia che si crea durante questi incontri, non ha dubbi che rivestirsi e tornare alle consuete attività senza una parola sia la soluzione migliore.
Scacciato il recente ricordo alla stregua di un insetto fastidioso, Obito è costretto ad arrestare i passi solitari nel corridoio del covo, anche il lieve rimbombare mette a dura prova la sua testa che scoppia. Deve vederci chiaro e rinfondersi fiducia prima di passare davanti a quella porta. Se Itachi lo vedesse vacillare sarebbe ancora lui la parte dominante.
Come sempre, del resto.
Obito si infila le dita sotto la maschera, preme il cranio come per impedirgli di pulsare alle venefiche ambiguità. Il dualismo si fa strada prepotente a dispetto del suo resistergli, mette davanti a Obito due immagini contrastanti e sovrapposte. Ancora quel disturbo dietro gli occhi di Rin e sotto le lacrime di Kakashi.
Itachi ha attraversato esperienze simili alle sue se non, addirittura, peggiori. Conosce la solitudine e la perdita delle poche persone davvero care, è stato lui a strapparsi tutto. Con le proprie mani.
Itachi, come lui, è finito per abbandonare qualunque tipo di interesse che esuli dai progetti da shinobi. Hanno riempito entrambi l’indicibile voragine di vuoto con piani da perseguire fino in fondo. Programmati, come macchine.
Per questo a Itachi non frega niente della sua salute, per lui la morte sarà la tranquillità che non ha mai avuto. È arduo, per Obito, trovarsi davanti un ventunenne con una tale ambizione così ardente, che neanche prova a considerare una scappatoia. Appena un ragazzo e le speranze già incenerite.
Se solo Itachi accettasse il suo aiuto, Obito farebbe di tutto per portarlo lontano e fargli cambiare vita.
Sebbene lui e Itachi siano irrimediabilmente diversi, l’ignominia li accomuna. Perché non possono arrivare a una reciproca comprensione? Ad accettarsi senza scannarsi?
Maledetta maschera che non consente di detergere le lacrime. Nessun problema, si seccheranno tra pochi minuti.
Obito scuote la testa, realizza l’autentico rammollito in cui si sta trasformando. Ma per amore può essere anche lecito diventarlo.
Amore?
Forse Obito sta confondendo afflizione, rancore e cinismo con qualcosa che ha sempre desiderato ma gli è stato precluso. Si interroga spesso su cosa prova durante le notti trascorse con Itachi, quando è dentro di lui. Ma non può che trattarsi di illazioni immotivate, ovvio.
Obito riprende il cammino, quello che desidera comunicare a Itachi è un'informazione importante e meramente tecnica. Dovrà parlarne anche a Nagato.
Gli anni trascorsi con Madara hanno formato Obito come buon chirurgo, non solo per quanto riguarda i trapianti di occhi. Non ha mai fatto sfoggio dell’ampia conoscenza sull’anatomia umana perché non se ne è mai presentato il bisogno.
Itachi non riesce più a dissimulare il deterioramento fisico che lo divora, lo sanno tutti, se lo fanno andare bene e il malcontento si è ormai sopito tra gli scarsi affiliati superstiti. Tuttavia, nessuno è mai venuto a sapere del Kotaro e della sua capacità di annullare, anche se solo momentaneamente, i sintomi di Itachi.
“Il tuo pudore è sempre più scarso, Obito.”
Anche così scarne, le parole di Itachi lo inchiodano sempre. Ora Obito è lì, ritto in mezzo al corridoio scavato nella pietra buio e puzzolente di umido, incapace di muoversi e parlare. Tutti i concetti che gli hanno invaso la testa fino a pochi secondi prima, svaniti.
L’obiettivo della spedizione notturna era proprio incappare in Itachi, ma ora, la sua improvvisa e inaspettata presenza, congela Obito in quello spoglio limbo sospeso nel tempo.
Itachi lascia perdere la porta della sua stanza, che stava per varcare, per fissare Obito. Attende una risposta, un gesto, o anche di assicurarsi dell'imbarazzo del suo superiore.
A Itachi piace provocare, riesce a farlo senza muovere un dito o cambiare espressione. Privo di scrupoli. Obito è disgustato dalla sua incapacità di impedirglielo.
Per fortuna la maschera e il collo alto nascondono il deglutire a secco. Obito si avvicina, fare la commedia con Itachi è sempre stato inutile: “Mi serve un campione del Kotaro, potrei provare a migliorarlo. Siamo rimasti in pochi, non possiamo permetterci di perdere prematuramente uno dei nostri migliori membri”. Già, un’idea coerente.
“Ossia io?” altra punzecchiata magistrale, l’assenza di strafottenza impedisce a Obito di reagire. Un suo eventuale protestare lo metterebbe nella posizione di donnicciola isterica, dominato totalmente dalle emozioni. Perciò, come al solito, a Obito non resta che ingollare il rospo “Devi smetterla di scambiarmi per Rin, Kakashi e tutti i tuoi sensi di colpa. Anche il mio sharingan rientra nello scenario, o sbaglio? Non ho la soluzione per alleggerirti i fardelli, il tuo maldestro tentativo di salvarmi non ti condurrà alla redenzione. Sei solo un pupazzo senza spina dorsale, Obito. A muoverti sono ormai solo sagome sottili e morte che non appartengono più al presente. Non hai mai avuto il coraggio di allungare il collo oltre il tuo naso per vedere cosa è cambiato intorno a te.”
Itachi lo scruta con gli occhi rossi e la faccia mezza tappata dal mantello, le ciocche di capelli nere e lucide come le ali dei suoi corvi.
Rosso anche nel foro della maschera di Obito.
La conversazione sta prendendo una brutta piega, il sentore di uscirne perdente serra Obito in una indomabile trappola. Afferra Itachi da un polso prima che possa svignarsela sciorinando un rapido commiato. Usa l’altra mano per spalancare la porta. Trascina Itachi all’interno, richiude e lo sbatacchia contro il muro. Itachi non batte ciglio, non cambia espressione neanche al tonfo sordo del suo cranio sulla parete.
Obito trattiene Itachi con la parte bassa del corpo e un avambraccio sul petto. Si disfa della maschera, fissa il sottoposto vicinissimo senza aspettarsi niente.
E niente ha.
Itachi resta impassibile con le braccia flosce lungo i fianchi, le mani nascoste sotto le maniche, sembra non averle.
Sbalordimento e rabbia agitano Obito, non si capacita ancora di quanto possa spingersi a fondo Itachi nello sviscerargli il pensiero. Eppure, il suo sharingan è spento, Obito non nota altro che la spessa cataratta grigia sempre più estesa che gli vela le pupille. Schiuma di rabbia di fronte all'indolenza con cui Itachi affronta ogni avvenimento, per Obito è uno sforzo immane fare finta di niente, rischia di crollare da un momento all’altro regalando a Itachi la vittoria.
“Non usare trucchetti mentali con me, ragazzino. Come sei giunto a queste illazioni?” Obito ormai è alterato, fuori controllo, ma la stizza che Itachi gli fomenta è davvero troppa per essere ignorata “I miei piani sono più che nobili, dettati dall’amore profondo. Cosa vuoi saperne tu freddo e privo di sentimenti come sei? Comunque, non sono affari che ti riguardano. Il tuo modo subdolo di abusare dello Tsukuyomi per carpire gli altrui pensieri mi disgusta sempre di più, ormai sei talmente vile da non riuscire più a porre una semplice domanda diretta? Ti vergogni, vero? Sei perfettamente consapevole del tuo atteggiamento spregevole. Stai attento, Itachi. Sarò anche compromesso fisicamente e con metà del potenziale oculare, ma non sono nato ieri.”
“Non sono così mostruoso, Obito. Non serve” sono talmente vicini che a Itachi basta un basso sussurro “Per capire uno come te è sufficiente riflettere.”
Niente inflessioni nella voce suadente, nessuna espressione, zero movimenti. Un campione nell’arte di far innervosire il prossimo. Obito si lascia scappare lieve ringhio, impossibile impedire all’occhio sano di assottigliarsi.
Determinato a far rimangiare a Itachi tutte le sue stronzate filosofiche del cazzo, Obito si appoggia sul braccio con cui gli schiaccia il petto aumentando al massimo la pressione.
Sotto gli automi in cui si sono trasformati per anestetizzare dolore e amarezza, sono sepolti ancora due uomini, dannazione. Itachi non può aver rimosso tutto in un batter d'occhio, l’affettuosità dimostrata per Sasuke e Shisui non è stata generata da un mucchio di circuiti e bulloni.
Obito gli strappa quel maledetto mantello senza tante cerimonie, una divisa a cui nessuno dei due appartiene davvero. Scivola lungo il corpo di Itachi per adagiarsi sul pavimento. Obito si stupisce di scoprirlo più magro ogni volta, anche a distanza di pochi giorni. Le clavicole, che ha sempre trovato irresistibili, adesso fanno impressione.
La divisa grigioazzurra gli pende addosso come un sacco moscio, Obito gli slaccia la cintura e gli sfila la maglietta per verificare quanto resta del suo corpo. Malgrado Itachi abbia perso massa muscolare, è ancora atletico.
Obito si sbarazza dei guanti, il tatto gli serve, lo vuole anche sulla mano martoriata. Accarezza i capelli di Itachi, le dita scivolano giù, assaporando tutta la lunghezza della coda. Il suo sguardo continua a monopolizzare Obito, ci affoga dentro senza rimedio. Bellissimo e sleale.
Il mantello di Obito affianca quello di Itachi sul pavimento. Piega le ginocchia, scende, con le mani segue le forme dei fianchi stretti di Itachi. Arrivato alla cintura, ci si aggrappa; poi prosegue verso il pavimento per sfilargli i pantaloni. Obito adora vedere il cazzo di Itachi così, mentre emerge dai peli pubici neri come il carbone gonfio e vellutato.
Le mani di Obito si colmano delle natiche di Itachi piccole e sode, le stringe mentre si appropinqua per baciargli la punta del sesso. Obito lo sfiora appena, quando si ritira sente Itachi esalare un sospiro tremante. I baci diventano tanti, piccoli, ritmici, Obito dà e toglie in modo strategico, ogni volta capta un sussulto nel bacino di Itachi.
Fa entrare Itachi nella sua bocca, berrebbe all’infinito le goccioline saporite del suo piacere. Itachi gli preme le dita tra i capelli, gli fa male, pare stritolargli il cranio. Gli spinge il cazzo in gola e poi lo lascia lì, Obito deve tirarsi indietro per non soffocare.
Le gambe slanciate di Itachi tremano, Obito ci si struscia rimettendosi in piedi. Guarda Itachi sudato e ansimante, riceve in cambio nient’altro che imperturbabilità. Nella foga di sfilarsi la maglietta, Obito ci s’intriga. Si cala i pantaloni in preda all’istinto irragionevole, getta le scarpe in direzioni diverse.
Itachi sempre l’immagine dell’autocontrollo.
Tiene Obito in pugno, anche stavolta ribalta il comando a suo favole.
Obito realizza che Itachi non guarda il suo corpo, forse gli fa ribrezzo. Gli tiene gli occhi ben piantati in faccia.
Obito abbranca una delle gambe affusolate di Itachi, lo costringe a posarla sul suo fianco, spinge col bacino, si fa strada tra i glutei del subalterno. Obito preme sull’entrata di Itachi, quando riesce a passare lo sorprende a contrarre la mascella. Ma il respiro di Itachi non cambia, nessun gemito, niente pelle sudata.
Obito trema persino sulle guance. È il momento di obbligare Itachi a gridare, di fargli comprendere che esiste ancora, nonostante tutto.
Di fargliela pagare per saper sempre rigirare tutti come un calzino.
Obito ghermisce entrambe le cosce di Itachi e lo solleva di peso più su della sua testa, restare al suo stesso livello di sguardo lo mette in soggezione. Con un colpo di bacino Obito lo infilza fino in fondo, i glutei di Itachi gli ricadono sul ventre mentre affonda nella sua carne bianca e bollente. Itachi non oppone resistenza alla penetrazione. Obito tuffa la faccia alla base del suo collo, ne aspira avido il profumo. Gli preme la fronte sul petto.
Obito non riesce a strappare gemiti al giovane.
Itachi inarca la schiena per strofinarsi sul corpo del superiore, Obito distingue il nervo teso del suo pene a contrasto con gli addominali. Itachi si autostimola muovendosi piano, usa Obito da manichino.
Le gambe slanciate di Itachi, avvolte alla vita di Obito, all’improvviso strizzano da togliere il fiato. Il giovane aumenta la forza, il superiore sente scricchiolare il proprio costato. L’orgasmo caldo e appiccicoso di Itachi, dal ventre di Obito, cola fino alle gambe.
Obito si è sentito tacciare di egoismo infinite volte. E Itachi cos’è? Ha fatto i cavoli suoi senza avvertirlo.
Raggiunto il piacere senza curarsi di quello di Obito, Itachi lascia andare un sospiro e si accascia sul corpo del superiore. Resta lì, con le braccia posate sulle spalle di Obito, fissa il vuoto oltre la testa del superiore senza più uno scopo.
Costretto a stringere la presa sulle cosce di Itachi per continuare a sostenerne il peso, Obito manda un’mprecazione strozzata senza staccare la fronte dalla spalla del subalterno. Si inarca per trafiggere ancora il giovane, Itachi gli rimbalza indolente tra le braccia. Silenzio, Obito si immobilizza trattenendo il fiato, poi l’orgasmo prorompe dentro Itachi e Obito si libera con un informe verso gutturale.
Obito abbassa Itachi per consentirgli di posare i piedi a terra, poi fa risalire le mani fino a stringergli la vita. Ansima con la fronte ancora appoggiata alla spalla di Itachi.
Sempre indifferente e con le mani lungo i fianchi, il giovane gli concede il favore di attendere che si calmi.
Obito solleva la faccia, guarda Itachi consumato di piacere e fatica; temporeggia asciugandosi il sudore, ma il suo sguardo indugia sulla bocca di Itachi. Non si sono mai baciati, l’occasione propizia non si è mai presentata. Un’intimità non adatta a due anime crude e logorate dall’oscenità come le loro. Ma la curiosità istiga Obito imperiosa, le labbra di Itachi hanno un aspetto vellutato. Obito non si è mai abbeverato del loro sapore, nutrito del respiro di Itachi. È un’impellenza fisica, non sentimentale.
Si accosta di nuovo al corpo di Itachi per pressarlo tra la parete e il suo petto, aspira con le labbra schiuse come se questo servisse ad attirare la bocca di Itachi verso la sua.
Obito si arresta al voltarsi della testa di Itachi, la frustrazione lo congela. Non riesce a smettere di fissare il giovane in una muta e umiliante preghiera.
Itachi esala un breve sospiro infastidito, poi si divincola dalla presa di Obito mettendo fine alla patetica postura. Recupera indolente i suoi vestiti per metterli su una sedia.
In silenzio, Itachi sparisce nel bagno.
Lo scroscio dell’acqua desta Obito dall’immobilità, crolla sulla parere sbattendoci pesantemente la fronte.
Davvero non arrivi a capire perché lo ha fatto, Obito? Continua pure a farti ingannare dall'amena bellezza di Itachi, intanto dimentichi che sotto si cela un mostro doppiogiochista macchiato di orrore e dilaniato dal dolore.
Perché continui a stupirti? Eppure siete simili, sai benissimo che la depressione rende insensibili e fa perdere interesse nei confronti del mondo circostante. Rientrano in questo anche le persone, Obito.
A Itachi non restano altro che i suoi scopi.
E tu, Obito, sei solo un sovrappiù. Fai parte di quelle attrattive a cui Itachi è diventato ermetico da un pezzo.
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