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#ascoltatrice
odioilvento · 1 year
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I miei problemi di memoria.
Guardiamo il tg. Notte di San Lorenzo. Non mi ricordo come ho iniziato (perché nell'ultima ora l'ho già dimenticato), mi viene in mente che tipo 28 anni fa ero a San Benedetto del Tronto con un mio ex e la sua famiglia. Mi ricordo solo che quella notte eravamo andati a vedere le stelle cadenti al mare. Loro là si trovavano con una famiglia di Bergamo, ultrà dell'Atalanta, banditi dallo stadio per casini. E mi sono ricordata che poi eravamo andati a trovarli sul bergamasco, durante un raduno, in un grande prato. Panico! Mi ricordo solo quello, non è che ero a Pontida 😱. Poi mi è venuto in mente che erano tutti contenti e c'era tanto vino. Mi sa che erano gli alpini!!! Sì, sì, erano gli alpini. Mi ricordo che era stata una bella giornata, erano gli alpini!
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diceriadelluntore · 7 months
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Storia Di Musica #314 - Susan Tedeschi, Live From Austin TX, 2004
Le storie di chitarre femminili di febbraio volevano sviluppare, lo ricordo per questo ultimo appuntamento, una questione che avevo sentito per radio (ho recuperato pure i particolare): durante la trasmissione Morning Glory di Virgin Radio, condotta da Alteria, alla domanda "quale sarebbe il tuo mestiere dei sogni" una giovane ascoltatrice scrisse "diventare una famosissima chitarrista, perchè non c'è ne sono". Alteria, che è anche musicista, ha subito cercato di smentire, ricordando Sister Rosetta Tharpe, la grandissima blueswoman e cantante gospel degli anni '30-'60 del 1900. Tuttavia, e alla fine di questo percorso che è sempre anche un'occasione per imparare qualcosa di nuovo, sono arrivato alla conclusione che, dal punto di visto della fama e della riconoscibilità, aveva ragione l'ascoltatrice, non c'è mai stata per gli indicatori appena descritti una chitarrista riconoscibile come Hendrix, Blackmore o Jack White, per citare tre chitarristi di epoche differenti. Allo stesso tempo, non vuol dire che non ci siano state chitarriste tecnicamente e musicalmente eccezionali, e le scelte di Febbraio 2024 sono solo un antipasto di un viaggio che lascerà deliziati chi vorrà continuarlo. Per concludere la carrellata, oggi vi porto a Norwell, Massachusetts, dove all'interno di una famiglia di origini italiani, i Tedeschi (che sono facoltosi, proprietari di una famosa catena di supermercato in tutto lo stato) nasce nel 1970 Susan. Sin da piccola è un prodigio nelle recite e a sei anni ha una piccola parte in un Musical itinerante che una compagnia locale porta in giro nella contea. Cresce in mezzo ai dischi, e per quelle strane ascendenze del gusto, si appassiona ai ritmi e alle atmosfere del blues. Susan Tedeschi frequenta il Berklee College, come Emily Remler (la prima protagonista delle storie di Febbraio) e si specializza in canto gospel e a 20 anni si laurea. Ne ha pochi di più quando fonda la prima Susan Tedeschi Band, con Adrienne Hayes, Jim Lamond e Mike Aiello che, dopo una fondamentale gavetta nel locali di Boston e dintorni, vengono notati da un musicista e produttore, Tom Hambridge (che vincerà nella sua carriera 7 Grammy Awards), che li mette sotto contratto per la piccola etichetta Tone Cool e produce il primo disco, che per scelta sua vedrà a luce solo a nome Susan Tedeschi: Just Won't Burn del 1998 è un grandissimo debutto, con la seconda chitarra di Sean Costello (uno dei più grandi talenti chitarristici di quegli anni, stroncato a 28 anni da complicanze della sua dipendenza dalla droga) che ha due hit da classifica in Rock Me Right e It Hurt So Bad, scritte con Hambridge. Il disco venderà tantissimo per un disco blues di una piccola etichetta, 500 mila copie, e porterà Susan Tedeschi a suonare per gente come John Mellencamp, B.B. King, Buddy Guy, The Allman Brothers Band, Taj Mahal e Bob Dylan. Nel 2003 apre quasi tutti i concerti americani del Licks Tour di un certo gruppo inglese, appena arrivato ai 40 anni di attività, i Rolling Stones, acquisendo una fama crescente, anche per le sue meravigliose qualità artistiche, che penso si esprimano al meglio nel disco di oggi.
È chiamata, per la terza volta, ad esibirsi per l'Austin City Limits, uno dei programmi musicali più famosi degli Stati Uniti, che trasmette un concerto dal vivo di 60 minuti sui canali della PBS, che è la televisione pubblica negli USA. Insieme a lei, William Green all'organo Hammond, Jason Crosby alle tastiere, violino e ai cori, Ron Perry al basso e Jeff Sipe alla batteria. Live In Austin TX esce nel 2004 ed è un delizioso esempio di classe e maestria musicale: la chitarra e la voce di Susan giganteggiano, senza mai strafare, ma lasciando evidenti tocchi di bellezza (tra l'altro vi invito a fare caso alla differenza che ha la sua voce quando canta e quando, quasi timida, ringrazia con un Thank You gli applausi). E la sua chitarra è una espressione di questa dolcezza: mai ossessiva, ma affilata e precisa, con assoli eleganti e morbidi, accompagnati da inserimenti degli altri strumenti. In scaletta pezzi del suo repertorio solista (It Hurt So Bad, la sofferta I Fell In Love, Wrapped In The Arms Of Another), altri scritti per lei (The Feeling Music Brings dal futuro marito Derek Tucks) ma soprattutto una meravigliosa collezione di cover, dove viene fuori il suo canto di impostazione gospel e tutto il suo talento: You Can Make It If You Try di Sly And The Family Stone, Gonna Move di Paul Pena, Alone di Tommy Sims (che produsse Streets Of Philadelphia di Bruce Springsteen), Love's in Need Of Love Today di Stevie Wonder e un suo cavallo di battaglia, sia su disco che dal vivo, Angel From Montgomery di John Prine, che è così strettamente identificata con Bonnie Riatt, altra grandiosa cantante e chitarrista, il cui testimone è preso da Tedeschi in questo senso. C'è il soul di Voodoo Woman di Koki Taylor, uno strumentale meraviglioso come Hampmotized e c'è la cover più bella e sentita di Don't Think It Twice, It's All Right di Bob Dylan: la versione originale del grande di Duluth era basata su un folk tradizionale, Who's Gonna Buy You Ribbons When I'm Gone?, e riprendeva un verso da una rielaborazione dello stesso brano fatta da Paul Clayton, che rititolò il brano Who's Gonna Buy Your Chickens When I'm Gone. Il brano ha una leggenda in sé: si dice che fu scritto da un giovane Dylan (il brano fa parte del leggendario The Freewheelin' Bob Dylan del 1963) preoccupato e "geloso" del fatto che la vacanza della sua allora fidanzata, Suzie Rotolo (che è la ragazza che appre nella copertina dello stesso disco a braccetto con lui), in Italia si stesse allungando troppo, immaginando quindi come sarebbe stato raccontare un litigio. In realtà come scrisse Nat Hentoff nel libretto originale (Hentoff è stato critico musicale del Village Voice per 51 anni) è probabilmente il primo degli innumerevoli "discorsi con sè" di Dylan, "un'affermazione che magari puoi dire per sentirti meglio… come se stessi parlando da solo". l'arrangiamento slow blues di Tedeschi è fantastico, con il violino e l'organo Hammond, e diventerà per anni uno dei momenti più attesi dei suoi concerti.
Concerti che saranno sempre il fulcro principale della sua attività, soprattutto dopo l'incontro, prima sentimentale e poi artistico, con Derek Trucks, altro chitarrista formidabile, erede della dinastia Allman Brothers, con cui formerà dal 2010 una Tedeschi Trucks Band, vincendo nel 2012 un Grammy con il disco Revelator. Una grande artista e un'altra grande chitarra da scoprire.
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ragazza-whintigale · 5 months
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Loved Anastasius post 💓💓Need a part 2 or Ana pov please!!
𝔜𝔞𝔫𝔡𝔢𝔯𝔢 𝔄𝔫𝔞𝔰𝔱𝔞𝔰𝔦𝔲𝔰 𝔇𝔢 𝔄𝔩𝔤𝔢𝔯 𝔒𝔟𝔢𝔩𝔦𝔞 𝔵 𝔯𝔢𝔞𝔡𝔢𝔯
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𝔒𝔭𝔢𝔯𝔞 ➵ Who Made Me A Princess
𝔄𝔳𝔳𝔢𝔯𝔱𝔢𝔫𝔷𝔢 ➵ Comportamento Yandere, tentato omicidio, utilizzo veleno per topi, tortura, ossessione, possessione, disumanizzazione, menzione all’omicidio, sangue, abuso fisico e mentale, manipolazione,
𝔓𝔞𝔯𝔬𝔩𝔢 ➵ 1791
⟢𝙿𝚛𝚎𝚌𝚎𝚍𝚎𝚗𝚝𝚎 / 𝚂𝚞𝚌𝚌𝚎𝚜𝚜𝚒𝚟𝚘 ⟣
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Era difficile per Anastasius descrivere il suo primo incontro con (Nome) mentre per (Nome) è l’incubo più ricorrente quando dorme e quando è sveglia.
Lei semplicemente non gli ha mai rivolto attenzioni in primo luogo. Non gli rivolse attenzione neppure quando aveva l’opportunità di apparire in buona luce agli occhi del principe e non lo avrebbe mai davvero fatto ad essere sinceri solo le circostanze hanno portato al loro incontro.
Era una nobildonna, figlia di un Visconte, di cui Anastasius non ricordava neppure il nome, quindi ovviamente aveva accesso ai balli a palazzo, eppure non l’aveva mai notata prima. Una ragazza misteriosa, silenziosa ed elegante, che si circonda della sua cerchia ristretta e in cui è riuscita a nascondersi per molto tempo. Era davvero una persona che difficilmente e normalmente non si sarebbe notata nella folla e Anastasius non l’ha fatto ovviamente. Avrebbe potuto essere così per sempre se non avesse fatto quel ingenuo piccolo primo passo.
(Nome) era certamente una ottima e silenziosa osservatrice, i grandi occhi (Colore) erano certamente la sua qualità più evidente. Era anche un'ottima ascoltatrice e forse il suo acume era stata la sua rovina più grande.
Ma ancora di più la vana speranza che proclamare a qualche guardia di nascosto che qualcuno stava per avvelenare il principe senza essere notata o interroga era davvero da ingenui.
Portata davanti a una folla di nobili, l’unica cosa che fece era proclamare il complotto che si rivelò vero.
Anastasius fu salvato e assolutamente interessato a cosa fosse passato per la testa della ragazza in quella notte. Era spaventata dalla scoperta? Era preoccupata per lui? È venuta subito a denunciare il fatto? Oppure ci ha ripensato ancora e ancora cercando i benefici per lei? O forse voleva farsi vedere agli occhi dell’Imperatore?
Lui doveva saperlo: Che tornaconto aveva esattamente da tutto questo quella donna di poco conto? Non poteva averlo fatto solo per pietà… o invece si. Anche se non era realmente pietà ma più senso di colpa, ma comunque non aveva un tornaconto. Non ci stava guadagnando assolutamente niente.
Lo status e la popolarità di (Nome) non era cambiata. Anche se si parlava del complotto nessuno parlava che era stata lei a sventarlo semplicemente parlando e qualora l’avessero scoperto la (Colore) li avrebbe semplicemente liquidati. (Nome) non si era nemmeno presentata al palazzo imperiale per riscuotere il favore dell’Imperatore.
Per qualche strana ragione, Anastasius sperava che lo facesse, che prima o poi venisse e si presentasse per quella persona terribile e scalatrice sociale che lui sperava fosse. Ma non lo fece, anzi, non si fece nemmeno vedere ai balli sociali.
Doveva vederla.
Quando fu davanti alla tenuta del Visconte il suo Entourage chiacchieró rumorosamente riguardo la vista dell’abitazione circondata dal verde.
Ma lo sguardo del principe era semplicemente rapito dalla figura della figlia del Visconte che era scesa insieme al padre e alla madre per offrire la loro ospitalità al reale.
(Nome) non aveva detto una parola da quando era arrivato e non sembrava intenzionata a farlo.
❝ Qual’è il tuo intento? ❞ Una volta rimasti soli, fu Anastasius a parlare alla donna. Come appena risvegliata da un sogno, sbatte le palpebre mentre cercava di capire cosa potesse intendere l’uomo. Lei non aveva fatto assolutamente niente per dare l’impressione che lui aveva in qualche modo frainteso. ❝ Perdonatemi Vostra Maestà, per qualsiasi cosa io possa aver fatto, tuttavia io non capisco. ❞ Quella frase è uscita con una certe elegante e compostezza da parte di lei. L’espressione tornò neutrale e distante.
Era certamente abile per essere una donna qualsiasi e senza una vera importanza. ❝ Cosa avete ottenuto da quel giorno al ballo, quando mi avete salvato la vita. ❞ Un'espressione di chiarezza stiró l’espressione della donna che sembrava essere troppo matura per la sua età. Si spostó leggermente dalla posizione in cui era, e lo stesso fece lui di conseguenza. ❝ Penso abbiate frainteso, Sua Maestà. Io non ho ottenuto qualcosa dalle mie azioni. ❞ (Nome) fece una pausa, prese un sorso della bevanda fresca, si asciugó la bocca con il fazzoletto ricamato per poi parlare di nuovo. ❝ Mi è semplicemente sembrato giusto farlo, tutto qui. Se insistete, sparirò dalla corte, o ancora verrò a riscuotere il favore così da far tacere le voci.❞ Anastasius era rapito da questa donna. Dalla voce monolinea e calda, dai gesti semplici ed essenziali e dallo sguardo puntato ovunque tranne che nei suoi occhi.
Non stavi mentendo… e non era quello ad infastidirlo. Ma più che altro la semplicità con cui tu volevi risolvere la cosa. Come se fosse qualcosa di semplice e poco conto. Un bisticcio tra bambino o un ladruncolo da quattro soldi.
❝ Credi davvero di poterlo risolvere con così poco? ❞ ❝ Perché non dovrebbe essere così? Vi turba questa cosa? Possiamo trovare un compromesso se Sua Maestà lo desidera. ❞ Certo… Anastasius ha capito ad un tratto. (Nome) stava cercando di risolvere la faccenda il più velocemente possibile. Ecco perché era stato facile rimanere da soli e lei non aveva mosso un ciglio a questo comportamento.
Potrebbe quasi ridere in realtà. Volevi sparire sotto un velo trasparente senza voler essere notata? (Nome) voleva che lui non avesse mai notato che lei esisteva. Faceva davvero ridere e perciò rise di gusto. L'espressione di (Nome) si corrucció all’improvviso cambiamento del principe, prima di assumere un’espressione altamente preoccupata. Stava parlare ancora, forse chiedendo se stesse bene, se volesse qualcosa o se lei avesse detto qualcosa di sbagliato.
❝ Hai Ragione, Lady (Nome). Perché non semplificare tutto! ❞ Una sottile linea di dubbio e paura per le prossime parole del principe era ben percettibile dall’espressione della giovane Lady. ❝ In che m-modo? Sempre se non sono inopportuna, Mio Principe.❞ No, non era inopportuna, infondo non sarebbe possibile per lui riscuotere il favore se lei non ne era a conoscenza.
❝Ho bisogno di una fidanzata, mia signora. E voi sareste perfetta per il ruolo. ❞
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❝ Sei silenziosa questa mattina, mia signora❞ La figura del principe fece capolino nei suoi appartamenti o meglio dire i loro appartamenti. L’ elegante passo del principe lo portò a sedersi al fianco della sua amata che si irrigidì alla semplice vicinanza. I suoi occhi erano posati su di lei ad analizzare come il suo portamento fosse rigido e impostato in sua presenza e di come il piccolo ago si stesse a poco a poco piegando tra le dita della donna. Una donna certamente degna di apparire con il principe, che non aveva secondi fini e che era troppo spaventata e intelligente per cercare di fargli del male. Lui semplice la adorava alla follia. Una follia fuori da qualsiasi controllo, che divorava entrambi. Lei dall’esterno e lui dall’interno.
Le porse un fiore come era solito fare ogni giorno, forse sperando che lei si sciogliesse ad un gesto così galante. La Rosa Inglese aveva un rosso intenso e brillante. Si aspettava che (Nome) la prendesse e lei lo fece, per poi posarla da qualche parte vicino a lei. Non degnó ulteriormente il fiore di attenzioni, tanto sarebbe sfiorito entro pochi giorni.
❝ Io sono sempre silenziosa, vostra maestà. ❞ Forse rivolgersi così a lui non era davvero la scelta più furba che abbia mai avuto, tuttavia che lei fosse rimasta in silenzio o avesse parlato non sarebbe cambiato niente in situazioni come queste. ❝ Questo è vero. ❞ Cantò con interesse alla sua schiettezza. Con il tempo era cambiato il comportamento di (Nome) o forse si è solo rivelata come la persona che solo le sue cerchie strette conoscevano davvero bene e questo non poteva fargli piacere. Ogni tanto si assicurava di tenerla al suo posto per accertarsi che non diventasse troppo audace ma tutto sommato gli è piaciuto quel suo modo spesso sfacciato, soprattutto quando la pressione la fa crollare come un castello di carte. ❝ Anche se a dire la verità mi piace di più quando piangi e implori. ❞
Come se fosse possibile, (Nome) si irrigidì ancora di più. Non era mai un buon segno quando parlava sotto minacce velate e lei ne sembra davvero consapevole. In quel momento poteva sentire tutti i lividi, i tagli, le ferite e le scottature che Anastasius le aveva procurato, bruciare all’unisono.
Con uno schiocco di dita la porta della stanza si aprì e una serie di cameriere entrarono per servire il tè. Il profumo leggero di rose si diffuse nell’aria, a causa della rosa regalata e dell’aroma del tè.
(Nome) non si è sorpresa di tutta quella gente che era disposta a servirli, ma si è sorpresa del fatto che insieme non ci fosse qualcuno che avesse fatto qualcosa per cui, secondo Anastasius, andasse punito.
❝ Cosa hai in mente? ❞ Le parole tremarono mentre si spostava a guardare i presenti ed infine il suo fidanzato. ❝ Assolutamente niente, mia casa principessa. ❞ Fece segno a qualcuno mentre parla e successivamente una tazza le venne servita. Il liquido ambrato, leggermente rosato, le fumava sul viso.
C’è qualcosa nel the. Non poteva che essere quello, lui aveva sempre doppi fini. Perché ora sembra solo canzonarla e prenderla in giro senza mai fare qualcosa. Deve avere qualcosa in mente, si scervelló nel pensare a qualsiasi scenario, situazione o piano, lui potesse inventarsi. O forse non stava facendo assolutamente niente, la stava solo prendendo in giro. Ma… se non fosse così.
Se il the fosse veramente avvelenato e nel fidarsi poteva firmare la sua condanna e il divertimento del principe.
Anastasius rise di gusto ad un certo punto. Provava sempre un certo gusto nel deriderla. ❝ Su su, (Nome) non fare quell’espressione o mi farai arrossire. ❞ Con la coda dell’occhio osservo il biondo mentre un’altro sbuffo di vapore gli scaldó il viso. ❝ Come potrei mai fare una cosa del genere alla mia bella Moglie? ❞ La cosa che (Nome) trovava ridicola e inquietante era che lui lo farebbe davvero, anzi, lo aveva già fatto diverse volte.
Lui aveva cercato di avvelenarla per davvero. Solo per puro divertimento. ❝ Avanti, non guardarmi come se ne fossi capace. ❞ Schioccó le dita di nuovo. Dalle porte entrarono delle guardie questa volta, mentre trascinavano una figura maschile sanguinante.
Un semplice fantino che le aveva raccolto il suo ventaglio quando le era caduto. Questa colpa era davvero così grave da dover essere punita e non solo giudicata?
Un gemito di dolore uscì dal povero ragazzo lasciato cadere a terra successivamente.
❝Adesso (Nome), dimmi quanto sei disposta a sacrificare… ❞ Anastasius giocó con la sua tazizna vuota guardando divertito la ingiusta vittima. ❝ Tu o lui? Scegli in fretta e sarò clemente. ❞
Scelse Se stessa… Affinché tutti in quella stanza potessero confermare che nessuno era più adatto e crudele di lei a stare con un principe altrettanto crudele
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ninfettin · 1 year
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da quando lavoro come barista ho scoperto che la gente può trovarmi simpatica, solare, elegante, fine, una buona ascoltatrice. madò come indosso bene la maschera
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vecchiodimerda · 7 months
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Adalgisa, una nostra affezionata ascoltatrice e tesserata, ci ha inviato un selfie delle sue micette e ha proposto di nominare VdM ad honorem tutte le gentili ascoltatrici che ci invieranno un selfie identico.
Ci sembra un'idea meravigliosa, tipo quelle di Cesare Ragazzi ma possiamo farlo solo per un periodo di tempo limitato.
Inviateci quindi un selfie delle vostre tette micine e avrete immediatamente la tessera VdM.
Ma solo fino al 15 Marzo. Duemilatrenta.
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kyda · 10 months
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mi sento troppo stupida per leggere le memorie di adriano di m. yourcenar e non ci sto riuscendo, sarà che è scritto un po' complicato (lo trovo bellissimo), sarà che sono sempre stanca, sarà la deadline, sarà che mi sto mettendo troppa pressione addosso perché mi piaceva l'idea di leggerlo e ci tenevo a finirlo prima dell'ultimo incontro del club del libro ma di questo passo non farò in tempo. mi dispiace, perché di storia classica non so niente o quasi e voglio imparare. penso comunque che andrò lo stesso lì, in mezzo a studenti di lettere classiche, e dirò perdonatemi per la mia ignoranza, mi sento un pesce fuor d'acqua ma voglio imparare quindi permettetemi di partecipare come ascoltatrice alle vostre discussioni colte, io in cambio posso leggere e tradurre un poema di lermontov per voi perché questo almeno dovrei saperlo fare, che ve ne pare?
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aurozmp · 6 months
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Sei triste profondamente triste, ti piace dirlo, ma tu piace ascoltare?
mi piace ascoltare gli altri. mi piace sentire le emozioni che provano e come le descrivono, sono una buona ascoltatrice per quanto riguarda le vite altrui
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imponderabile · 2 years
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io sono una buona ascoltatrice, l’altro giorno ho ascoltato una persona per 3 ORE mentre si sfogava e piangeva. adesso questa persona appena mi vede iniziare a parlare a raffica senza vedere se dall’altra parte c’è consenso d’ascolto. io sono buona e cara, so ascoltare ma non sono un cazzo di sfiatatoio
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dottssapatrizia · 2 years
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Sono un’attenta ascoltatrice, mai distratta e, come una bibliotecaria ligia, riordino le mie emozioni negli scaffali della mente. Altre tra le pieghe del cuore e alcune, quelle forti, quelle che ti lasciano graffi dolorosi hanno un ripiano speciale: tra le guaine del tessuto connettivo dei nervi.
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-PENSIERI SCONNESSI. 02:38_7.09.22❤️‍🩹-
Sembrerà strano ma non ho mai capito quelle persone che amano la vita. Una pensiero molto negativo direte voi, probabile ma non riesco davvero a capire cosa ci sa di bello. Viviamo con l'ansia costante di non essere abbastanza, di essere troppo o troppo poco, pieni di paranoie e dubbi che inevitabilmente caratterizzano ognuno di noi, anche il più self confidence. Allora mi chiedo se questa stanchezza perenne sia comune, se avrà mai fine. Stanchezza psicologica che a volte non ti fa nemmeno respirare. ''Cos'ho che non va?'' Me lo chiedo spesso ma non riesco a darmi una risposta. Spesso mi è stato detto '' non sei tu il problema'', 'tu non hai niente che non va'', e purtroppo è più forte di me, non riesco proprio a crederci, tanto meno se sono le stesse persone che fino a due minuti prima mi hanno fatto sentire sbagliata. Una volta qualcuno mi disse 'noi ascoltatori siamo così, non possiamo essere capiti', non mi definisco un' ascoltatrice ma forse quella frase non era così tanto falsa. Le persone come me sono destinate ad essere sole, incomprese e tristi, a rintanarsi nelle mura della propria mente a cercare di non farsi mangiare vivi da se stessi, ma purtroppo questo non accade molto spesso. Siamo tutti un po' il veleno di noi stessi e cerchiamo l'antidoto in altri che però purtoppo non potranno darci. Siamo anime in pena per cui non esiste cura.
☆la-ragazza-di-carta9
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unfilodaria · 1 year
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Più mi guardo intorno e più non capisco e soprattutto, alla mia età, non capire è grave sintomo di “demenza”.
Lo ammetto: io e l’altra metà della mela abbiamo rapporti, come si dice? Complicati, ecco.
C’è chi mi ha frullato per bene, donato anche un bel po’ di corna ramificate e poi mi viene a dire, a distanza di mesi, “ma tu non mi vuoi più”, con quella vocina, leggermente impastata di alcol che vuol farti sentire in colpa.
C’è quella spaventata dalla mia “profondità”, che dalle chiacchiere di colpo è passata al buon giorno e buona sera e poi al nulla, però domani mi vuole vedere (ma io lo voglio davvero?)
C’è quella che poteva essere allineata ai miei desiderata, anche se lontana 300 km, ma al primo scambio, per altro involontario, di battute politiche mi ha fatto una pippa su “voi di sinistra, però…” però una cippa ed Amen.
C’è la musicista, che mi intriga, mi piace, mi tocca le corde giuste, ma è spirito libero, incontrollabile, instabilmente e pericolosamente affettiva, un’eterna Peter Pan che non sa manco lei che vuole dalla vita.
Poi, m’é capitato di incrociare virtualmente la sfinge di Tebe, inviolabile sulla sua vita ma attenta sulla tua, di poche parole ma grande ascoltatrice, punti di interesse in comune sufficientemente alti, non si sbilancia, non fa trasparire, eppure? Eppure… non lo so, ma mi intriga.
E alla fine resto un viandante solitario.
Cerco qualcosa? Dentro di me dico di sì, ma alla fin fine non lo so neanche più che cosa voglio e cosa mi manca. E non mi resta che continuare a vagare
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E la mia psycho dice che anch'io sarò felice. Pessima ascoltatrice, forse è più una brava attrice
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diceriadelluntore · 8 months
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Storia Di Musica #311 - Emily Remler, East To Wes, 1988
Il filo che lega le storie di musica di Febbraio me lo ha dato la radio: qualche giorno fa in un programma mattutino di Virgin Radio, alla domanda della presentatrice "cosa vorresti fare per diventare famoso?" una ascoltatrice ha risposto "vorrei diventare una virtuosa della chitarra, perchè non ve ne sono di famose". La presentatrice ha ribattuto che non era affatto vero, ma l'unico nome che le venne in mente al momento è quello di Sister Rosetta Tharpe, cantante e chitarrista statunitense, pioniera della musica gospel e conosciuta anche con il nomignolo di Madrina del Rock'n'Roll: sulle qualità storiche e tecniche di Rosetta Tharpe niente da dire, ma non è tra i primi nomi che vengono in mente pensando alla chitarra rock in generale. Il mio spirito da piccolo filologo musicale tende a dire che l'ascoltatrice avesse ragione, cioè che vi sono pochissime chitarriste famose, che allo stesso tempo non vuol dire che non vi siano state straordinarie chitarriste nella storia della musica. Per questo, ricordando che in questa rubrica già si è parlato di chitarriste (la sublime Joni Mitchell, le Runaways di Joan Jett e Lita Ford tra le altre), le storie di musica di questo mese verteranno su grandiose chitarriste.
Per iniziare ho scelto una storia emblematica di uno dei problemi di essere musiciste in un mondo, quello della musica pop, che è sempre stato per lo più maschilista: "Così tanti leader di gruppi mi hanno detto in faccia che non potevano assumermi perché ero una donna", lo diceva, in una intervista al magazine People nel 1982 una grandiosa musicista, Emily Remler. Originaria del New Jersey, la sua vita cambia quando ha 10 anni: al fratello maggiore venne regalata una chitarra, una Gibson Es 330 rossa, che Emily ogni tanto strimpellava. Si capì subito che riusciva a memorizzare i suoni e le veniva naturale suonarla, tanto che anni dopo fu ammessa al prestigioso Berklee College of Music di Boston, che è la scuola di musica più grande del mondo, i cui illustri ex alunni hanno vinto oltre 300 Grammy Awards. Si diploma a 18 anni, si appassiona al jazz e inizia a suonare nei locali. Nel 1978 va a New Orleans, dà lezioni, suona in pubblico in ogni occasione che trova, si mette deliberatamente in situazioni che la spingono a dare il massimo e a migliorarsi. Fa di tutto per incontrare quanti più musicisti può. Tra questi, nel 1978, incrocia Herb Ellis, che diventerà il suo mentore (gli dedicherà un bellissimo brano, di chitarra solo, di cui parlerò tra poco). Grazie a lui inizia ad essere una richiestissima sessionista, pubblica il primo disco da solista, Firefly del 1981 (in copertina una sua splendida foto con la chitarra rossa del fratello, strumento che non abbandonerà mai), partecipa alle musiche di un grande musical, Sophisticated Ladies, con le musiche di Duke Ellington e tra le cose più belle che vive c'è la sua partecipazione ai tour di Astrud Gilberto che le aprono le porte delle musiche sudamericane e caraibiche. Nel 1981 sposa il pianista Monty Alexander, con il quale farà un favoloso tour insieme prima di divorziare nel 1984. Remler è una grandiosa musicista, con un senso innato del tempo e della ritmica, e ha un carattere forte e lucido: nella stessa intervista a People disse "Posso sembrare una ragazzina carina del New Jersey. Ma dentro sono un uomo nero ben piazzato di 50 anni con un gran pollice, come Wes Montgomery».
E proprio il grande chitarrista di Indianapolis è il faro della musica di Emily. Gli dedica questo disco, del 1988, suonando insieme a tre colossi colossi, Hank Jones al piano (uno dei grandi pianisti del jazz, e passato alla storia anche perchè suonava lui il piano di accompagnamento quando Marylin Monroe cantò Happy Birthday Mr President nel 1962 a JFK), Buster Williams al contrabasso (che suonò nel gruppo di Herbie Hancock e nel gruppo Sphere specializzato nelle musiche di Thelonious Monk) e Marvin "Smitty" Smith, come lei allievo della Berklee e batterista per grandi musicisti, nonchè batterista della band dello show di Jay Leno per 14 anni. East To Wes è un tributo atipico, perchè Remler non riprende in toto brani famosi di Montgomery, ma ne sceglie alcuni che suona "come li avrebbe suonati lui", con la famosa maestria del suo pollice: leggenda vuole che Montgomery, che di giorno lavorava in fabbrica e la sera imparava a suonare la chitarra, per non disturbare moglie e vicini non suonava con il plettro, ma con il pollice, una delle caratteristiche che resero il suo suono unico e distinguibile per sempre.
Nel disco prodotto da Carl Jefferson, fondatore della Concord Records che era specializzata in famose chitarre jazz, Remler sceglie un repertorio memorabile, composto da standard e da tre sue composizioni. Tra gli standard, riprese spettacolari di Hot House di Tad Cameron (è stata la prima chitarrista a proporre il brano per chitarra jazz), uno dei picchi dell'era be-bop, Daahoud di Clifford Brown (una delle grandi promesse del jazz, morto nel 1956 in un incidente stradale a soli 25 anni), Snowfall, uno dei più grandi standard del jazz, scritta nel 1941 da Claude Thornhill e una ripresa di Softly, As In A Morning Sunrise dal musical New Moon di Sigmund Romberg (musiche) e Oscar Hammerstein II (testo). C'è anche una versione strumentale di Sweet Georgie Fame di Blossom Dearie, che nella sua versione originale aveva il testo scritto da Sandra Harris, e la canzone è una dedica alla cantante jazz inglese Georgie Fame, una canzone scritta da donne per una donna. Tra le proprie composizioni, tre gemme: Blues For Herb, dedicata all'amicizia con Herb Harris suo mentore, una Ballad For A Music Box e la canzone, delicato e sentito omaggio al suo mito, East To Wes. Il disco è un gioiello, consacrato anche dalla critica, uno degli apici creativi del talento di Remler.
Un talento che si è sempre scontrato con un grave problema: la sua dipendenza dall'eroina. Dipendenza che fu la causa, drammatica, di un attacco di cuore mentre era in tour in Australia nel 1990 che si porta via un talento della chitarra jazz a soli 32 anni. Una chitarrista fenomenale, che amava dire: Quando suono, non so se sono una ragazza, o un ragazzo, un cane, un gatto o altro. Sto solo suonando. Quando scendo dal palco, è lì che la gente mi ricorda che sono una donna.
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Essere nata donna è la mia terribile tragedia. dal momento in cui sono stata concepita sono stata condannata a sviluppare le mammelle e le ovaie, piuttosto che il pene e lo scroto, condannata a una sfera d’azione, di pensiero e di sentimento rigidamente circoscritta alla mia inevitabile femminilità. Sì, il mio struggente desiderio di mescolarmi ai ragazzi di strada, soldati, marinai e frequentatori di bar, di far parte della scena, ascoltatrice e testimone anonima, tutto è guastato dal fatto di essere una ragazza, una femmina, sempre in pericolo di essere violentata o aggredita. Il mio struggente interesse per gli uomini e la loro vita viene spesso scambiato per smania di seduzione o invito all’intimità. Sì, Dio, voglio parlare con tutti quelli che posso e più a fondo possibile. Voglio poter dormire in aperta campagna, andare a ovest, passeggiare liberamente di notte..."
Sylvia Plath, dai Diari di Sylvia Plath, Adelphi Edizioni.
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melanchonica · 2 years
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1 mar 2023, 22:45
è da anni che non vivo con una mamma. quando c’è una mamma, c’è un calore diverso tra le mura di casa. non importa neanche che sia la propria mamma. la mia, di mamma, è morta due anni fa, ma in realtà non c’era più da un sacco di tempo. quel calore, giorno dopo giorno, è sfumato via dalle fessure delle finestre, in modo quasi impercettibile, finché un giorno non l’ho più sentito sulla pelle, senza rendermi neanche conto di quando precisamente fosse andato via. quando c’è una mamma, lo si avverte. cambiano i suoni, cambia il motivo di sottofondo della casa. e io sono adesso una sua attenta ascoltatrice. mi sono vestita, tra gli acuti del bambino che vorrebbe continuare a giocare per tutta la notte, ora mi trucco, sto per uscire. la mamma mette il bambino a letto, è ora della favola della buonanotte, che la mamma legge ad alta voce. mi ricorda la mia, di mamma, che leggeva per me quand’ero bambina. mi trucco cullata dal suono dolce di quella voce che legge, dice: “non importa che tu diventi adesso il più grande degli attori, non devi mai mollare. i nostri sogni sono la cosa più importante che abbiamo, non devi abbandonare i tuoi”, e per una curiosa interferenza mentale continuo a sentire il suono della voce di mia mamma, che legge. chiudo gli occhi e sorrido, quasi adesso non mi importa affatto di truccarmi male, mi godo un piccolo momento di sogno. sono pronta, guardo verso la camera, sorrido come se lei fosse lì, la saluto, le do la buonanotte, ora posso scendere.
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fefyhurriya · 2 years
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Cattiva gestione emotiva
Inghiottire tristezza, mascherare le emozioni.. fin da piccolo mi è stato insegnato questo, o meglio, il mio contesto familiare mi ha predisposta a reprimere la felicità.
Rendere silenziose emozioni che, in età adolescenziale sono un fuoco, fingersi disinteressati, impassibili, fingere di non desiderare qualcosa che per gli altri era normale.
Crescere in fretta, fin troppo
Soffrire in silenzio, non farsi vedere piangere
Cattiva gestione emotiva, fin da piccola
E ora che potrei esprimere le mie emozioni come vorrei non sono capace, non riesco.
Non esterno nulla, con nessuno.
Ottima ascoltatrice, ma non di me stessa
Non parlo di me, dei miei problemi, non voglio che la gente scavi dentro me. Ho voragini, ricoperte da un foglio di carta velina, se provi ad avvicinarti vieni risucchiato.
Tutto questo mi porta ad essere insoddisfatta cronica
Esigente con me stessa, troppo. Forse perchè non ho mai sentito un complimento da chi avrei voluto e troppi da chi non mi interessava.
Ora che sono grande, ho paura di crescere
Diventata adulta troppo presto, ora non voglio crescere, vorrei poter sbagliare senza doverne pagare le conseguenze, non avere paura di un futuro incerto. Invece arrivata a 30 anni senti il peso della società che già ti guarda come se fossi in ritardo. Ma in ritardo di cosa? 
Perché la maggior parte di chi hai a fianco figlia , si sposa, compra casa solamente perchè così va fatto a “quell’età”. 
Vedi scorrere vite tutte noiosamente uguali e forzate, chissà cosa avrebbero desiderato davvero..
Gli occhi giudicanti di chi nella vita non ha concluso nulla e con un senso di inadeguatezza e presunzione si permette di dire cosa dovresti fare della tua vita. 
Senza conoscere un cazzo della tua storia, del tuo passato, dei tuoi demoni..
Ma che ragionamento malato è?
Cerco di fuggire da tutto ciò, sentendomi in trappola.
Ma come si guarisce da tutto questo?
Le emozioni non si possono posticipare, arrivano, anche se in ritardo arrivano e si trasformano in uragani, tsunami, esondazioni, eruzioni laviche. Si trasformano in mostri.
Ma come si guarisce da tutto questo?
Le emozioni si possono posticipare, ma prima o poi, secondi o anni, le sentirai più forti di prima. Come quando posticipi la sveglia e cadi in quel confortevole sonno, ma solo apparente. Ti svegli con un sussulto quando la sveglia suona più forte di prima, maledici il fatto di averla posticipata. 
Se sei masochista posticipi di nuovo, sapendo già in cuor tuo cosa ti aspetta.
Sono anni che posticipo, pagando già a piccole rate le conseguenze di un uragano che ancora deve arrivare.
Ma come si guarisce da tutto questo?
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