Tumgik
#c'era un ragazzo
aitan · 6 months
Text
C'era un ragazzo / There was a boy / Havia um garoto / Υπήρχε ένα αγόρι / Был один парень...
Pare che Franco Migliacci abbia scritto in pochi minuti il testo di "C'era un ragazzo che come me amava i Beatles e i Rolling Stones" davanti al compositore della musica, il batterista Mauro Lusini, e al suo primo interprete, l'eterno Gianni Morandi.
"Quando [...] lessi che i ragazzi americani strappavano le cartoline precetto rifiutandosi di partire per il Vietnam scrissi di getto, sulla musica di Mauro Lusini, C'era un ragazzo che come me amava i Beatles e i Rolling Stones. Non volevo e non potevo ragionarci sopra per il semplice fatto che in una guerra la ragione non esiste. Ho scritto spietatamente una realtà illogica, che non ha senso, raccontando il susseguirsi drammatico di fatti assurdi che tolgono il respiro, la vita."
(Da un'intervista a Franco Migliacci)
A me ha sempre colpito il fatto che l'incipit del testo di Migliacci è lo stesso del capolavoro di eden ahbez, "there was a boy...".
Fatto sta che in pochi anni questa canzone, che ha la mia stessa età (siamo entrambi del '66), è diventata un successo internazionale (anche se in un primo momento fu censurata dalla RAI per il suo contenuto sgradito agli alleati statunitensi).
È stata cantata, sempre nei leggendari anni '60, da Joan Baez; dagli Os Incríveis (in brasiliano portoghese); da Demis Roussos, in greco, col suo gruppo di allora, i We Five; in bulgaro da tale Boris Godjunov e, in russo, nel 1968, dai Поющие Гитары (Pojuščie Gitary, che vuol dire una cosa come le Chitarre Cantanti), col titolo: Был Один Парень (Byl odin paren).
youtube
Il gruppo Поющие Гитары (Poyushchie Gitary) era il più noto "complesso" beat dell’ex Unione Sovietica e si era formato un paio di anni prima (sempre in quel mitico 1966) a Pietroburgo.
Come sentite, la versione russa ha mantenuto la melodia e l’essenza del brano (arrangiato in Italia da Ennio Morricone per la RCA).
Per il resto, chi vuole intendere, intenda.
Questi sono sempre #cantiantimilitaristi; #antiwarsongs che trascendono frontiere, steccati e barriere per gridare al mondo lo schifo e lo scandalo di ogni conflitto armato.
2 notes · View notes
nickmikeoneshot · 8 months
Text
Nick era il ragazzo che amava i Beatles e i Rolling Stones ed è morto nel Vietnam.
Tumblr media Tumblr media Tumblr media Tumblr media
5 notes · View notes
appena uscita fuori da un'animata discussione con dei colleghi sul """politically correct""", intossicata della giornata fatta ✔
5 notes · View notes
fridagentileschi · 2 months
Text
Tumblr media
Ieri sera verso le 23 alla stazione di Osaka la macchina cambia-valute si è inceppata coi miei 50 euro. Che fare? A fianco della macchinetta c'era un minuscolo telefono d'emergenza (funzionante!) e ho chiamato. Risponde un ragazzo che parla solo giapponese ma trova un collega che parla inglese e questo mi dice che mi farà da interprete col loro ingegnere... Comincia un conciliabolo che pare che stiamo facendo partire lo Shuttle con i due che ripetono in continuazione "Ferrari San" e l'ingegnere che urla ogni due per tre "Hai". Alla fine la macchina non ha funzionato ma mi hanno inviato un fattorino in hotel coi soldi. Devo dire che in Giappone finora ho trovato solo persone estremamente gentili e una correttezza assoluta. Senza parlare della sicurezza totale (in Europa solo in Ungheria ci si avvicina). L'assenza delle risorse della sinistra e delle loro culture "arricchenti" fa la differenza.
Max Ferreri
29 notes · View notes
godisacutedemon2 · 9 months
Text
Varcò la soglia di quel bar coi capelli legati e la mano sventolante vicino al viso: faceva caldo, troppo caldo, nonostante fossero appena le 8 di mattina. Le goccioline che le partivano dalla fronte scendevano giù lungo tutto il viso arrivando alla bocca rimpolpata da quel suo lipgloss appiccicoso che usava sempre. Il locale era pieno, le voci erano alte, tutti di fretta ma non troppo: va bene andare a lavoro, sì, ma con calma, ce n'è di tempo per lavorare, ma per esser felici e spensierati ce n'è troppo poco. Si avvicinò al bancone, a servirla c'era un bel giovane sorridente. «Non ti ho mai vista qui, sei nuova?» il sorriso si fece ancora più ampio, ma come risposta ricevette il sopracciglio inarcato e indispettito di lei. «Buongiorno, innanzitutto» rimbobò. Erano già due mesi che era lì, ma ancora non si era abituata a quella confidenza che chiunque si prendeva. Sapeva non fosse cattiveria, ma un po' l'infastidiva. Tutti conoscevano tutti e lei, a sentirsi dire sempre la stessa frase, si sentiva un po' un pesce fuor d'acqua. «Sì, sono nuova. Ma ricordate tutti coloro che passano o è proprio un vostro modo di approcciare?» continuò quindi lei. Il giovane si passò la mano tra i capelli lisci che gli cadevano sulla fronte «signorina, non mi permetterei mai di approcciarvi... O almeno, mi correggo, non così» rise, era bello. «Scusatemi se mi sono permesso o se vi ho dato fastidio... Diciamo che qui ci conosciamo tutti» botta secca «o comunque, più o meno mi ricordo chi passa, un viso così bello lo ricorderei». Le lusinghe erano tante, ma la pazienza la stava proprio perdendo. «Sì, capito, capito. Mi può portare un caffè, per favore?» «sì, certo, permettetemi di presentarmi almeno, io son-...» dei passi lenti dietro di lei la interruppero «Antò, e falla finita! Ti vuoi sbrigare? Non è cosa, non lo vedi? Portagli 'sto caffè e muoviti, glielo offro io alla signorina». La situazione stava degenerando, la ragazza in viso era ormai paonazza e non di certo per il caldo. «Scusatemi tutti, il caffè me lo pago da sola! Posso solo e solamente averlo?! Si sta facendo tardi, non pensavo che qui fosse un delirio anche prendere un caffè!» per un attimo calò il silenzio che non c'era mai stato, nella mente di lei passò un vento di leggerezza e sollievo, senza rendersi conto che, con quell'affermazione, si era di nuovo sentita come tutto ciò che non voleva sentirsi: un pesce fuor d'acqua. «Scusatemi» bofonchiò, poi di nuovo «potrei avere gentilmente un caffè? Grazie. Mi andrò a sedere al tavolo» il barista la guardò, un po' dispiaciuto «signorì, se permettete, cappuccino e cornetto, offre la casa. Sentitevi un po' a casa, vi farebbe bene» e si dileguò. Non disse nulla e si trascinò verso il tavolino, non poteva combatterli: erano tutti pieni di vita lì in quel posto. Che alla fine, un po' di gioia dopo anni di sofferenze, non sarebbe poi mica guastata.
Si sedette lì, ad un tavolino accanto ad un immenso finestrone: da lì si vedeva il mare, mozzafiato. Si guardò intorno. Il viavai di gente era irrefrenabile e la mole di lavoro assurda, ma la cosa più bella di quel posto è che nonostante le richieste più assurde dei clienti, venivano accolti tutti con il sorriso più caloroso del mondo.
Sorseggiava il suo cappuccino, lasciando vagare il suo sguardo di tanto in tanto, fin quando non si fermarono inchiodati su quello di un altro. Nell'angolo, in fondo, c'era un ragazzo. Gli occhi scuri tempesta bloccati nei suoi ciel sereno. I capelli un po' arricciati gli scappavano qua e là dalla capigliatura indefinita che portava. Un ricordo è come un sogno lucido, che però puoi toccare, sentire, annusare, vivere ad occhi aperti, vivere senza dormire. In quell'angolo di stanza, c'era lui. I battiti partirono all'impazzata all'unisono, nel bar non c'era più nessuno, solo loro. So potevano quasi toccare co mano, nonostante la distanza a separarli, le loro mani accarezzavano i rispettivi visi come a gridare “sei vera? Sei vero?”. Un impeto di emozioni, un vulcano in eruzione, la pioggia sul viso, il vento che porta il treno che sfreccia, il pianto di un bambino, la risata di un ragazzo. «Signorì, tutto apposto?» il tempo di sbattere le palpebre: lui non c'era più «sì, sì... Pensavo di aver visto qualcuno di mia conoscenza».
78 notes · View notes
ilpianistasultetto · 10 months
Text
Le prime esperienze iniziai a farle alle scuole medie. C'era sempre qualche compagno di classe che mi chiedeva di scrivere per lui qualche verso, qualche pensiero da dedicare a qualche ragazzetta che gli aveva fatto girar la testa. Dopo un po' di tempo la mia fama travalico' le quattro pareti della classe e si diffuse in qualche altra classe della scuola. Non era qualcosa che mi rendeva fiero ma le remunerazioni mi portavano ad accettare. Sempre qualcosa di utile o di ghiotto, che so, una matita, una di quelle penne a 5 colori, una scatolina di liquirizie, una bella ciambella fritta. Qualcosa seguitai a scrivere anche durante gli anni di liceo. Cambio' solo il compenso, chi dava 500lire, chi 1000lire. Invece, ricordo bene l'ultima richiesta, quella di un certo Vicarelli, classe IV B, un bel ragazzo di famiglia benestante che voleva riconquistare la ragazza con cui aveva avuto una lite di poco conto. Fu l'unico a cui chiesi chiaramente il compenso: 10.000lire. Fu una di quelle cose particolari. Presi un mio vecchio 45 giri, una bella canzone d'amore e sul dorso della copertina scrissi:
Ti porterei sulle isole più belle, sui promontori dove si vedono le stelle, in luoghi magici dove potersi amare, comunque, sempre, insieme, dove si vede il mare. E invece sto male in questa mia stanza, adesso, dove ti amo senza il mare, senza le stelle addosso, senza la magia dei luoghi, dove ti amo senza averti accanto. Dove ti amo da solo...aspettando che mi perdoni.
Non so come ando' a finire quella storia ma li fini' la mia carriera di " onesto ruffiano"..con le 10mila lire comprai The Wall dei Pink Floyd 😉
youtube
84 notes · View notes
sottileincanto · 3 months
Text
Quando mi capita di fare domande che potrebbero essere interpretate come domande retoriche in senso polemico, normalmente premetto: "È una domanda vera, non sto facendo polemica".
Ecco, questa è una "domanda vera".
La storia di quel povero bracciante indiano massacrato da un macchinario e buttato in strada come un rifiuto perché "non in regola" penso sia tristemente nota a tutti. Stavo distrattamente ascoltando uno dei tanti dibattiti a colpi di retorica in televisione sull'avvenuto, dove c'era chi dava contro alla Bossi-Fini, chi agli imprenditori, chi al sistema giudiziario (sembra che il datore di lavoro di quel ragazzo fosse già indagato per caporalato da cinque anni) e una delle affermazioni dell' appartenente a un qualche sindacato, era che gli imprenditori dovrebbero richiedere al governo il numero di lavoratori stranieri di cui hanno bisogno in modo che il governo possa regolare i flussi migratori in base a queste richieste ed eventualmente formare i lavoratori prima di farli venire in Italia per portarli direttamente presso le aziende che li hanno richiesti. Che detto così sembra un metodo fantastico. E naturalmente (com' è giusto e sacrosanto che sia) tutta questa forza lavoro dovrebbe essere messa in regola, secondo norme e leggi dello Stato Italiano. Giustissimo. Al che il commento della presentatrice è stato "Sì, così un kg di pomodori li paghiamo 5€". Ecco. E non solo. Io immagino il commercio mafioso di "posti di lavoro" che fiorirebbe (Siamo in Italia!) se una tale normativa venisse realizzata.
Solo a me tutta questa sembra un' assurdità senza soluzione?
23 notes · View notes
kon-igi · 6 months
Text
IL RAGAZZO E LA MONTAGNA
C'era una volta un giovane esploratore, la cui più grande passione era addentrarsi in tundre, scendere in ghiacciai e percorrere deserti alla ricerca della Gemma Preziosa.
Ogni luogo della terra aveva una propria Gemma Preziosa - scintillante, tenebrosa, rubescente o lattiginosa - e lui aveva viaggiato già mezzo mondo ed esplorato mille lande impervie per trovarle e collezionarle tutte.
Nella sua casa aveva una stanza intera piene di tali meraviglie, tutte racchiuse in teche di cristallo, ma il giovane esploratore non amava tornare nella propria casa, se non per riporvi i suoi tesori.
Intendiamoci, adorava la propria casa e la propria città, voleva bene ai suoi genitori e stava bene con i suoi tanti amici, ma il suo animo inquieto lo portava puntualmente a guardare le nuvole fuori dalla finestra, desiderando di poterle cavalcare e andarsene via col vento.
Un giorno sentì parlare dell'Ultima Montagna e di come al suo interno fosse la celata la pietra più preziosa di tutte: il Cuore di Gea.
L'Ultima Montagna si trovava nel paese di Finisterrae e il suo vecchio mappamondo non aveva ancora finito di girare che lui si era già messo in cammino.
Non fu un viaggio facile, né per le gambe né per il cuore, perché dovette salutare molte persone - Finisterrae era lontana - e parte del suo percorso lo dovette fare a piedi, passo dopo passo, senza mai più incontrare anima viva (tranne i ragni, che gli tennero compagnia nelle lunghe notti insonni ma che però non erano gran conversatori).
Quando arrivò all'Ultima Montagna rimase con la bocca spalancata per qualche minuto (i ragni controllarono preoccupati se ci fossero delle carie ma uscirono soddisfatti): un'enorme montagna scintillante di materiale translucido giallo paglierino svettava fino a quasi bucare la volta del cielo.
Ma il suo stupore si tramutò ben presto in preoccupazione quando, a un esame più attento, il giovane esploratore si rese conto che la montagna era in realtà un enorme conglomerato di Crisoberillo come non se n'erano mai visti in alcun libro di geologia.
Molto bene - pensò con stanca autoironia, guardando il suo piccone - sulla Scala delle Durezza di Mohs il crisoberillo ha un punteggio di 8,5 ma volendo considerare il bicchiere mezzo pieno mi è andata anche bene... la montagna poteva essere fatta di Rubino o di Zaffiro!
E cominciò a scavare una galleria per raggiungere il Cuore di Gea.
Man mano che avanzava a fatica all'interno della montagna, egli si rese conto di una cosa molto strana: per ogni colpo di piccone e di scaglia di crisoberillio che cadeva a terra lui sentiva di perdere qualcosa.
Ma cosa? - si chiese.
Non lo so - si rispose.
E allora pensò di riempire quei vuoti nel cuore immaginando il momento in cui avrebbe finalmente scalzato dalla roccia il Cuore di Gea... la gioia di sentirlo pulsare tra le proprie mani, gli occhi socchiusi per schermarsi dal bagliore di mille soli di puro cristallo, lo stupore delle persone al suo ritorno, la teca gigante già pronta al centro della sua collezione.
Quello di cui in un primo momento il Giovane Esploratore non si rese conto è che ogni picconata stava sottraendo un minuto alla sua vita e le picconate erano tante e il tempo scorreva avanti in una sola direzione, dritto come la galleria che sventrava la montagna.
Le mani che impugnavano il piccone invecchiavano, come invecchiavano le domande che lui si faceva...
Perché? Da dove? Verso cosa?
Quando le domande diventano opprimenti, i colpi del piccone rallentavano, salvo poi riprendere forza al pensiero della gemma che ogni giorno si avvicinava.
E poi, dopo mille eternità l'ultima picconata, la parete che crolla ed ecco il Cuore di Gea, sospeso nel buio luminescente di un antro nel ventre della colossale montagna.
Ma il Giovane Esploratore non poteva più definirsi tale.
Non stava più esplorando nulla e di certo non era più giovane.
Con passo incerto e polverose mani tremanti si avvicinò al Cuore di Gea e fece per prenderlo.
Ma si fermò.
Verso cosa? E perché?
E poi la domanda giusta.
Da dove?
Da dove vengo? Cosa ho lasciato? Chi ho lasciato?
E voltandosi vide che la lunga galleria che portava all'esterno era disseminata di corpi, congelati nell'atto di colpire la roccia.
Erano tutti lui, metro dopo metro sempre più vecchio, bloccati nell'attimo in cui aveva deciso di cancellare un ricordo per fare spazio al pensiero della Gemma Più Preziosa.
Sono morto? - si chiese.
Sì, ogni volta - si rispose.
Il Cuore di Gea lo guardava con occhio pulsante ma la mano, dimagrita e raggrinzita, scese sul fianco.
Non era quello che voleva... quello era ciò che aveva deciso di volere per cancellare i veri desideri, quelli che lo tenevano vivo in attesa del domani.
E il vecchio ragazzo si voltò e tornò indietro, accarezzando con una mano sempre più giovane tutti i sé che aveva lasciato morire per non aver voluto ricordare come vivere.
E li perdonò tutti, uno a uno, finché la luce del sole non gli baciò le palpebre socchiuse e lui non ritrovò la voglia di esplorare, mai perduta ma solo addormentata sotto a una pesante coperta di tristi rimpianti.
E come il mappamondo tornò a girare, il vero Cuore di Gea riprese a battergli nuovamente nel petto, perché Finisterrae è quel luogo che comincia nel punto in cui appoggi il piede per iniziare il viaggio verso il domani.
Questo post è dedicato a @seiseiseitan, per me il più grande esploratore <3
24 notes · View notes
neropece · 6 months
Text
Tumblr media
“yellow and shadow” photo by Fabrizio Pece (tumblr | 500px | instagram)
Quella mattina, il sole si stagliava nel cielo senza nuvole come un faro implacabile, illuminando ogni angolo della città con la sua luce accecante. Era una di quelle giornate in cui l'aria stessa sembrava pulsare di calore, avvolgendo la città in una morsa soffocante.
Tra le vie trafficate e i marciapiedi gremiti, c'era un ragazzo che avanzava con passo misurato. Indossava una felpa grigio chiaro e un piumino giallo che brillava al sole come un faro di luce in mezzo al caos della città. Il suo nome era Carlo, e in quel momento, il suo unico obiettivo era sfuggire al calore implacabile.
Costeggiando una parete del colore del suo piumino, Carlo avanzava senza uno scopo preciso, lasciando che i suoi pensieri vagassero liberamente come nuvole alla deriva. Non c'era fretta nei suoi passi, solo una calma apparente che celava un tumulto interiore.
Ad un certo punto, si fermò di fronte a un vecchio bar, le finestre appannate dalla condensa e la vernice sbiadita dal tempo. Mentre contemplava il panorama desolato, sentì qualcuno chiamare il suo nome. Si voltò e vide un vecchio amico, un fantasma del passato che tornava a tormentarlo con ricordi sepolti.
Senza scambiare una parola, i due si guardarono negli occhi per un istante, il peso del tempo e delle scelte sbagliate pesando sulle loro spalle. Poi, con un cenno impercettibile del capo, si separarono, ognuno tornando al proprio cammino solitario.
Carlo riprese il suo vagabondare tra le strade affollate, lasciandosi alle spalle il passato e abbracciando l'incertezza del futuro. In quel momento, non c'era spazio per rimpianti o rimorsi, solo la consapevolezza fugace di essere vivo e di camminare lungo il confine sottile tra il giallo e l'ombra.
33 notes · View notes
gaytamorfosi · 2 months
Text
Qualcosa di completamente opposto a te
🇮🇹 ("Something completely opposite of you" Italian Version)
"Sai cosa sarebbe davvero divertente? Se ti trasformassi in qualcosa di completamente opposto a te: un twink."
Le applicazioni che permettevano di modificare l'aspetto fisico delle persone erano apparse all'improvviso, sorprendendo tutti. Diventarono immediatamente virali, moltiplicandosi e innovandosi di continuo. I media non parlavano d'altro: c'era chi sosteneva che fossero una delle più grandi scoperte dell'umanità, chi si preoccupava dei potenziali effetti collaterali delle trasformazioni, e chi prediceva scenari apocalittici. Tuttavia, la maggior parte delle persone non si preoccupava degli effetti delle app, dopotutto le trasformazioni duravano solo pochi minuti e non lasciavano segni permanenti.
Il mio ragazzo, un omone alto due metri e largo come un armadio, voleva assolutamente pubblicare anche lui un video in cui si trasformava davanti allo specchio, come quelli che intasavano la rete in quei giorni. Gli proposi di fare la trasformazione più radicale possibile e lui iniziò a registrare il video, saltellando entusiasta davanti allo specchio. La trasformazione durò solo pochi istanti, ma il risultato non mi soddisfaceva del tutto, quindi feci partire una seconda trasformazione, portando al massimo la potenza dell'app. Ora il mio ragazzo era giovane ed esile, aveva perso la sua folta barba ed era coperto da una lunga chioma castana.
"Ora spegni il cellulare e vieni qui da me, questo nuovo aspetto mi fa venire voglia di farti cose che non ti ho mai fatto prima," dissi sorridendo malizioso, ora che ero più grosso di lui. "Dobbiamo sbrigarci prima che finisca l'effetto della trasformazione."
12 notes · View notes
Text
Tumblr media
Vittorio è un ragazzo Napoletano che confessa in una lettera la propria omosessualità al papà. La risposta è spettacolare! Leggete! ❤️
"Caro papà perdonami, sono gay.
Non so bene quando è cominciato, forse alle elementari. Forse alle superiori, quando solo guardando gli occhi di un compagno di classe mi batteva il cuore.
Mi dispiace perché la storia con Gianna non andava bene, le volevo bene, questo è certo, siamo stati insieme 3 anni, ma c'era sempre qualcosa che tra di noi non andava.
Mi dispiace perché spesso commentavi le Veline di Striscia la Notizia e io non ti andavo dietro con le battute, MA NON LO SAPEVO ANCORA.
Per fortuna siamo Napoletani, e ho vissuto questo periodo di accettazione con una popolazione speciale. Per fortuna siamo Napoletani, e abbiamo nel DNA l'amore per il prossimo, quello che ho trovato nelle persone che come me cercavano di capire.
Sono ormai 5 anni che vivo da solo, perché mi sentivo DIVERSO.
A soli 19 anni ho voluto scappare da quel nucleo familiare PERFETTO, e forse è stato quello a spingermi ad andare via... forse ero io a RENDERLO IMPERFETTO, non volevo rovinare il tuo immenso lavoro di padre e capofamiglia.
Ora mi ritrovo in una casa da SOLO a 24 anni, CON LA CONSAPEVOLEZZA di essere gay .
Per fortuna siamo Napoletani, dove non mi sono mai sentito solo e mai sentito DISPREZZATO da nessuno. Non so come sarebbe andata a finire in una altra citta'.
CARO papà mi manchi tanto, POSSO TORNARE A CASA ? questa volta da Gay...
Vittorio"
"Caro Vittorio.
Mi dispiace ma allora si STUNZ... ( in modo affettivo )
Io e tua mamma avevamo già intuito i tuoi gusti sessuali da bambino, quando non ti interessava giocare con i compagni ai famosi soldatini, ma collezionavi migliaia di riviste per adolescenti.
Perdonami, forse avrei dovuto dirtelo prima, in modo che evitavi questo inutile IMBARAZZO, ma ho sempre ritenuto che siano stati "CAZZI tuoi" (scusa la battuta, pero' è simpatica ja' , ejaa').
Visto che siamo Napoletani, e per fortuna che siamo Napoletani, la nostra storia ci ha sempre insegnato che solo aprendo la mente e non creando muri c'è la possibilità di SALVARSI, di SOPRAVVIVERE.
Mi sei sempre mancato dal primo giorno, sei mio figlio e CASTANO, BIONDO O GAY per me non fa differenza.
È solo un gusto, a me ad esempio piacciono le cozze, a te forse piaceranno i CANNOLICCHI (scusa ja' è n'altra battuta, uammamia non si puo' pazziare qua, e che è?)
Grazie a DIO siamo Napoletani.
Da genitore devo farti un rimprovero.
Non azzardarti mai, e poi mai di ritenermi cosi stupido...
La tua stanza è pronta, vieni quando vuoi, non vedo l'ora... Ricordati i genitori la porta di casa non la chiudono mai, la lasciano sempre un pochino aperta per fare in modo che il figlio possa “INFIZZARSI” da un momento all'altro.
TI AMO
Papa'"
P.S
Nella mia famiglia non esiste, e non dovrà esistere mai nessun tipo di RAZZISMO mai tranne per gli JUVENTINI... a casa mia JUVENTINI non ne voglio... CHIARO?
Puoi anche fidanzarti con un CAMMELLO e portarmelo a casa, basta che non sia Juventino.
11 notes · View notes
libero-de-mente · 9 months
Text
2023 - Sintesi
Tumblr media
- Ho cominciato l'anno con speranza e fiducia (come quasi sempre)
- Ho perso velocemente sia la speranza che la fiducia (come quasi sempre)
- Non ho baciato.
- Ho dato l'ennesimo taglio ai rami secchi, escludendo persone inconcludenti e approfittartici.
- Ho ascoltato, tanto.
- Ho deluso una persona.
- Ho guadagnato la stima di una persona.
- Ho riscritto il testo di una canzone.
- Ho letto.
- Ho avuto il mio bellissimo "Audio Libri" personalizzato.
- Ho accettato richieste d'amicizia.
- Sono stato bannato poco dopo perché poco "intraprendente".
- L'Ansia ha confermato il contratto di collaborazione con me, per almeno un biennio.
- Ho pensato alla morte.
- Ma ho pensato soprattutto a come sarebbe bella la vita se vissuta in pace con chi vuoi bene.
- Anche nel 2023 non ho seguito nessun influencer.
- Non ho guardato per tutto l'anno neanche un telegiornale.
- Nel 2023 ho perso Minù, una delle mie due bimbe. Così chiamavo le chihuahua.
- Sono stato aiutato. Tanto.
- Ho aiutato. Come ho potuto.
- Ho abbracciato i miei figli mentre piangevano.
- Sono stato a mia volta abbracciato mentre piangevo, dai miei figli.
- Ho ancora caparbiamente sognato.
- Il 2023 si è portato via anche Alvin, il gatto che mi aveva scelto come suo umano nella vita.
- Entrando in un negozio una commessa mi chiese "Buongiorno, desidera?", avrei voluto risponderle "Si, tantissimo".
- Ho imparato che anche le cose belle devono finire, per poterne cominciare di migliori.
- Anche quest'anno un pezzetto di fiducia nell'umanità è esplosa, come le bombe.
- Mi sono convinto che uno dei miei cinque sensi sia il senso di fame.
- Credo che la prima cosa che farò nel 2024 sarà quella di guardare l'ultima creazione di Hayao Miyazaki: Il ragazzo e l'airone.
- Ho rivalutato il sostantivo "sopportazione".
- Ho lavato amorevolmente il corpo di mia madre.
- Guidando in montagna ho letto un cartello stradale "Attenzione frana", l'ho preso sul personale.
- Sono rimasto fedele al team pandoro.
- Ho ascoltato tantissima musica.
- Ho scritto delle mie emozioni, esperienze.
- Ho provato la sensazione di essere una sicurezza, per una persona sconosciuta soccorsa da me di notte.
- Ho abbandonato definitivamente alcuni ideali.
- Ho compreso che la giustizia non ha colore. Se ha un accenno di colore non è giustizia ma un favore.
- Rimpiango una voce che mi chiamava "grumo".
- Anche quest'anno mi vorrò bene l'anno prossimo.
- Passerò il Capodanno tenendo la mano di un figlio ammalato.
Visto che siamo su un social.
Penso a tutti quelli che anche per qualche secondo mi hanno letto, dandomi un riscontro con un semplice like o un commento. A chi c'era e a chi non c'è più. Sono stati per me comunque consigli o insegnamenti. Ringrazio tutti.
Non so se basterà un mio augurio affinché il 2024 sia per tutti voi un anno bello. Però come spesso si dice, basta il pensiero. E io ne ho per ognuno di voi.
Buona fortuna e un abbraccio forte forte, siate meravigliosi siate illuminati.
39 notes · View notes
tulipanico · 1 year
Text
Se viene commesso un abuso sessuale di gruppo ai danni di due ragazzine minorenni e quello che viene detto dai piani alti, in soldoni, è: dobbiamo bonificare il territorio per renderlo meno propenso alla criminalitá, c'è un problema. Mi ha fatto ricordare mia zia che, per evitare che mia cugina da bambina aprisse tutti i mobili della casa e ne riversasse il contenuto sul pavimento, tolse tutte le maniglie.
Eppure, nel secondo caso, viene spontaneo capire che il problema non sta nelle maniglie, ma nell'educazione. E allora, come mai è così difficile capire?
Gli stupri, le violenze, le molestie non avvengono per colpa di un 'territorio propenso alla criminalitá', di un vicolo buio, di una gonna corta, di parole che ti hanno fatto credere che. Succedono, e molto più di quanto faccia notizia, perchè manca l'educazione. Educazione al consenso, educazione di genere, educazione in ogni accezione possibile.
Sono giorni che sto in silenzio, giorni in cui voglio scrivere ma non mi pare mai di riuscire nel modo giusto, e probabilmente nemmeno questo lo è. Sentire di questi casi, prima Palermo poi Caivano, mi ha riportato alla mente un episodio accaduto a Parigi, di cui non ho fatto parola con nessuno.
Eravamo in metropolitana, il vagone era pieno zeppo, io avevo avuto la fortuna di trovare un posto seduta. C'era questo ragazzo in piedi davanti a me, non so come fosse fatto perchè non l'ho mai guardato davvero. Dicevo, il vagone era pieno, ma non c'era motivo per il quale lui dovesse stare così vicino a me. Non c'era motivo, per fare aderire il suo bacino al mio braccio, anche quando ho provato a spostarmi.
Non c'era motivo, per compiere quei movimenti oscillatori, sfregandosi come un animale. Non c'era motivo per nulla, eppure poi l'unica cosa che ho pensato è che mi fossi sognata tutto, che avessi sentito male, che avessi amplificato una semplice casualitá. Che non era possibile, perchè insomma chi potrebbe mai fare una cosa così? Chiedilo, a tutte le tue amiche, chi potrebbe mai fare una cosa così, senti quello che hanno da raccontare.
L'unica cosa da bonificare sono i pensieri, signora mia, lavorare su ciò che gli uomini si sentono in grado di poter fare.
86 notes · View notes
vvvounds · 7 months
Text
beh comunque sto guardando nuova scena insieme al mio ragazzo e siamo d'accordo sul fatto che fanno tutti cacare è incredibile. una volta c'era il 2 the beat ora c'è questa merda in cui non riescono a fare un freestyle con delle punchline cazzute manco per 100k (letteralmente) e si scordano i testi che hanno scritto 10 ore prima
26 notes · View notes
arvtisticfra · 1 month
Text
Stamattina ero in palestra e stavo facendo la poliercorina con corda. Ci sono quattro postazioni e una la stavo occupando io e all'altra c'era un ragazzo quindi ce n'erano altre due libere, si avvicina uno e mi fa "la possiamo fare insieme?" E la mia faccia era tipo "in che senso????"
Non ha detto "ehi, ci possiamo alternare?" ma proprio "la possiamo fare insieme?", quando poi c'erano altre postazioni libere
Vabbe la gente è strana
9 notes · View notes
diceriadelluntore · 5 months
Text
Tumblr media
Storia Di Musica #322 - Spoon, Kill The Moonlight, 2002
Alla cabina del mixer di The Stage Names dei Okkervil River c'era un ragazzo musicista, un batterista per la precisione: Jim Eno. Che all'uscita di quel disco era una sorta di celebrità della musica indie per via del gruppo che aveva fondato, circa dieci anni prima, con il cantante e chitarrista Britt Daniel. Ad Austin infatti agli inzi degli anni '90 fondano un gruppo che prende nome da una canzone dei leggendari Can, il famoso gruppo tedesco della Kosmik Music degli anni '70, che si chiama Spoon (da quel disco meraviglioso che fu Ege Bamyasi del 1972) e che faceva parte della colonna sonora di un film amato dai due ragazzi, Doppio Taglio (Jagged Edge), del 1985. Nel 1994 come duo con musicisti sessionisti incidono le prime canzoni: vanno in un EP, Nefarious (1994) e poi, assodati dalla etichetta Matador, in un LP, del 1996, Telephono, che vende poco ma viene notato da una certa critica come qualcosa di molto interessante. Nel 1997 un nuovo EP, Soft Effects, mostra l'embrione della loro musica futura: poco noisy, una musica geometrica che si rifà alla New Wave più illuminate (i Wire soprattutto) e una passione, soprattutto di Daniel, per Elvis Costello. Durante un concerto del 1996, invitano sul palco Josh Zarbo, bassista tra il pubblico, e finirà per suonare con loro per oltre dieci anni, fino al 2007. Nel 1998 hanno una grande occasione: li mette sotto contratto la Elektra, la leggendaria casa discografica dei The Doors, dei Love, centrale nella musica degli anni '70 negli Stati Uniti: esce persino un disco, A Series Of Sneaks, ma una serie di incomprensioni con il loro referente, Ron Laffitte, porterà ad una distribuzione scadente e persino a scelte produttive non concordate, tanto che la casa discografica li licenzia dopo un solo disco e gli Spoon dedicheranno a Laffitte una suite di sue brani, molto ironici ma potentissimi per la critica nei confronti dei suoi comportamenti, The Agony Of Laffitte e Laffitte Don't Fail Me Now che saranno incluse nella ristampa di A Series Of Sneaks del 2002, quando la band è sotto contratto con la Merge. Una delle etichette più importanti per la musica indipendente crede moltissimo in questo duo, che in tre anni scrive tre dischi bellissimi: Girls Can Tell del 2001 è l'antipasto per il disco di oggi, scelto per il misterioso motivo comune ai dischi di Aprile (che sono sicuro avete ormai capito).
Kill The Moonlight esce il 20 Agosto del 2002. È un disco che fa della semplicità sonora il suo fulcro, che non vuol dire affatto che sia un disco banale: anzi se ne apprezzano le idee, le influenze, le scelte degli arrangiamenti in modo più facile ed incisivo. È un disco che lascia da parte gli stili prefissati, meno dolente di Girls Can Tell, più gioioso e divertente, un omaggio alle loro passioni musicali. Il disco è trascinato da The Way We Get By, che diventerà molto famosa per l'uso in serie cult come The O.C., Scrubs e persino nella colonna sonora di Shameless (e di molti altri film). Il suono è semplice ma variopinto, con addirittura occasionali puntate di fiati, e per la prima volta il fulcro sonoro è di chitarra e pianoforte, quest'ultimo strumento mai usato precedentemente, nei crediti affidato al misterioso Eggo Johanson, in realtà lo stesso Britt Daniel (tra gli altri musicisti, il fido Zarbo e Mike McCarthy alla chitarra, altri due bassisti, Roman Kuebler e John Clayton, Matt Brown al sassofono e Brad Shenfield al Darbuka, che è un tamburo a cesto tipico della musica mediterranea, soprattutto lato africano). Meravigliosi gli intro di Small Stakes, molto rock, e quello quasi dadaista di Stay Don't Go. Someone To Look Foward To è più "sporca" e groove, salendo nei toni alti del canto tanto amati da Daniel. Jonathan Fisk è ritmica e sa di anni '80 (soprattutto nel timbro della batteria di Eno), ed è il più chiaro omaggio a Costello, anche nella tematica del brano (ricordi di bullismo da cortile, religione e politica di destra con "bombe atomiche e rasoi smussati"). C'è anche sufficiente angoscia in brani come All The Pretty Girls Go To The City. Ma è musicalmente che il disco sorprende: sono uno dei pochi gruppi rock indie del periodo che non "abusano" della chitarra ritmica fuzz, ricorrendo alle tastiere, che sono davvero la novità musicale nel loro stile, e anche ai campionatori. Chiude il disco un altro gioiello, Vittorio E., 3 minuti di malinconica e potente "anti-ballata".
Il disco viene osannato dalla critica, e finalmente anche dalle vendite: rientra in tutte le classifiche dei migliori dischi dell'anno 2002, del decennio 2000-2010 e persino nelle posizioni alte delle classifiche specialistiche dei migliori dischi indipendenti di sempre. Diventerà presto uno dei titoli migliori del catalogo Merge, dopo In the Aeroplane Over the Sea dei Neutral Milk Hotel e 69 Love Songs dei Magnetic Fields (li trovate tutte e due nelle Storie Di Musica). Ma il vero boom lo fece il disco successivo per gli Spoon: Gimme Fiction venderà centinaia di migliaia di copie, trascinato da un'altra canzone stupende, I Turn The Camera On, anch'essa usata in serie Tv (Veronica Mars, Bones e persino in una puntata de I Simpson), che segna il successo di una band che ha sempre fatto musica interessante, alla faccia di quel Ron Laffitte che non credette in loro.
16 notes · View notes