Tumgik
#caffè tommaseo
lamilanomagazine · 3 months
Text
Trieste: inaugurata al Museo Revoltella la mostra dedicata a "Van Gogh"
Tumblr media
Trieste: inaugurata al Museo Revoltella la mostra dedicata a "Van Gogh". Oltre 50 capolavori dell'artista più amato dal pubblico di tutto il mondo – tra cui le opere iconiche quali "L'Arlesiana (da Gauguin)", "Ritratto di uomo (Ritratto di Joseph-Michel Ginoux)", "Il Seminatore" e "il Giardiniere" - saranno esposti da domani, 22 febbraio fino al 30 giugno 2024, al Museo Revoltella in quella che si preannuncia essere, ancora una volta dopo il grande successo a Roma, la "mostra dei record", visitata in pochi mesi da 600.000 visitatori a Roma. La mostra, promossa e organizzata dal Comune di Trieste – Assessorato alle politiche della cultura e del turismo, con il supporto di PromoTurismo FVG e del Trieste Convention and Visitors Bureau, con il contributo della Fondazione CRTrieste, è prodotta da Arthemisia e realizzata in collaborazione con il Kröller-Müller Museum di Otterlo. La mostra vede come sponsor e mobility partner Trieste Trasporti S.p.A, sponsor Generali Valore Cultura, media partner la Repubblica e partner Caffè degli Specchi e Antico Ristorante Tommaseo. Il catalogo è edito da Skira. Questa mattina (21 febbraio) al Museo Revoltella alla presenza dell'assessore alle Politiche della Cultura e del Turismo Giorgio Rossi, della dirigente del Servizio promozione turistica, musei, eventi culturali e sportivi del Comune di Trieste, Francesca Locci, della presidente di Arthemisia, Iole Siena, delle curatrici Maria Teresa Benedetti e Francesca Villanti e di un folto gruppo di studenti del Collegio del Mondo Unito, si è svolta l'inaugurazione della mostra dedicata a Van Gogh, visitabile fino al 30 giugno 2024. L'assessore alle Politiche della Cultura e del Turismo Giorgio Rossi ha esordito ringraziando gli organizzatori e tutti coloro che hanno contribuito alla realizzazione di una mostra che fino a qualche anno fa sembrava impossibile portare a Trieste. "La mostra su Van Gogh l'ho fortemente desiderata e finalmente, dopo un paio d'anni, il mio desiderio si avvera. Questa mostra permetterà di valorizzare il Museo Revoltella dando la possibilità non solo ai triestini, ma anche ai tantissimi turisti che visitano la città, di vivere un'esperienza con un'artista straordinario, una significativa opportunità per tutti di avvicinarsi all'arte di uno dei maggiori protagonisti del panorama internazionale d'epoca moderna.". "Qualsiasi traguardo può essere raggiunto", ha aggiunto l'assessore Giorgio Rossi, rivolgendosi agli studenti del Collegio del Mondo Unito, citando Classius Clay, esempio di determinazione nella vita e nello sport, "anche portare una mostra di questo livello a Trieste". La presidente di Arthemisia, Iole Siena, ha ribadito la solidità del rapporto tra Arthemisia e Trieste "un rapporto a cui tengo particolarmente, perché quando abbiamo iniziato questa avventura, ormai 5 o 6 anni fa, lo abbiamo fatto nell'incredulità generale, quando nessuno scommetteva su Trieste per portare mostre importanti. Abbiamo iniziato allestendo una una mostra sul mondo Lego che ha dato subito risultati incredibili con 50mila visitatori, proseguito con Escher e I Macchiaioli e questo mi rende particolarmente orgogliosa, perché ritengo che abbiamo fatto un lavoro incredibile insieme. Trieste oggi è considerata infatti uno dei punti di riferimento per le grandi nostre d'arte. Ringrazio l'Assessore e l'Amministrazione comunale che hanno creduto in noi". La dirigente del Servizio promozione turistica, musei, eventi culturali e sportivi del Comune di Trieste, Francesca Locci, ha pubblicizzato la proposta promozionale a favore dei turisti denominata "Trieste ti regala le Grandi Mostre". L'iniziativa mira a incentivare il turismo culturale in città grazie agli introiti dell'imposta di soggiorno: coloro che pernotteranno almeno due notti nelle strutture alberghiere convenzionate, riceveranno in omaggio la FVG Card – uno speciale pass che consente di scoprire il Friuli Venezia Giulia usufruendo di particolari vantaggi – che in questa particolare occasione consentirà l'ingresso gratuito ad entrambe le mostre in corso al Museo Revoltella "Van Gogh" e "Antonio Ligabue" (info su https://www.discover-trieste.it/Esperienze-e-pacchetti-turistici). L'iniziativa è sostenuta da PromoTurismo FVG e dal Trieste Convention and Visitors Bureau. In occasione della mostra su Van Gogh, con un unico biglietto d'ingresso si potrà visitare anche il bellissimo Museo Revoltella - Galleria d'arte moderna di Trieste che vanta una prestigiosa collezione: a partire dal ricchissimo lascito dell'omonimo barone Pasquale Revoltella – che ne fece la sua dimora fino al 1869 – fino alle più recenti acquisizioni di importanti esponenti dell'arte moderna e contemporanea. La mostra, come ha ricordato Francesca Villanti, sarà arricchita da una presenza speciale: i due ritratti di Monsieur e Madame Ginoux (i proprietari del Café de la Gare di Arles frequentato da Van Gogh), realizzati nel 1890 e conservati rispettivamente l'uno presso il Kröller-Müller Museum di Otterlo – prestatore di quasi tutte le opere presenti in mostra – e l'altra alla Galleria Nazionale di Roma, a cui si deve anche il prestito di un'altra opera di grande bellezza: il Giardiniere. Vincent van Gogh, come ha ricordato Maria Teresa Benedetti, ebbe una vita tormentata, trascorsa sul filo della pazzia, inquieta ed errabonda, fino al tragico finale che lo portò al suicidio ad appena 37 anni. Come molti grandi artisti, la sua opera non fu compresa in vita ma oggi è l'artista più conosciuto al mondo, icona della storia dell'arte, amatissimo dal grande pubblico. Nella mostra a Trieste – curata da Maria Teresa Benedetti e Francesca Villanti e realizzata con la collaborazione del Museo Kröller-Müller di Otterlo – saranno esposti oltre 50 capolavori di Van Gogh, arricchiti da ampi apparati didattici, video, sale emozionanti e scenografiche e molto altro. LA MOSTRA L'esposizione, che documenta in ordine cronologico l'intero percorso del pittore, parte dal racconto approfondito dei primi cinque anni di attività dell'artista, soffermandosi sugli scuri paesaggi della sua giovinezza e sulle numerose figure dedite al lavoro della terra. Gli anni che vanno dal 1881 al 1885 sono determinanti, contano più di quanto non appaia dalle opere stesse. Van Gogh si limita principalmente al disegno, è consapevole di dover avere pieno possesso degli strumenti tecnici per poter diventare un pittore, "non dovete pensare che io abbia messo da parte l'acquerello o la pittura. Certo che ci penso, ma il disegno è l'origine di tutto" e ancora "non ho mai rimpianto un solo istante il fatto di non aver cominciato subito facendo acquerelli e pittura. So per certo che arriverò se continuerò a lavorare nonostante le difficoltà, in modo che la mia mano non abbia incertezze nel disegno e nella prospettiva". Un nutrito numero di disegni è dedicato al tema dei seminatori, dei raccoglitori di patate, dei boscaioli e delle contadine dedite a mansioni domestiche. La grandezza dell'artista si rivela nell'espressività dei volti, negli atteggiamenti dei corpi, nella fatica intesa come ineluttabile destino. Nei due anni del soggiorno parigino, 1886-1888, Vincent assorbe il clima artistico vitale della città, si lega ad artisti come Émile Bernard, Toulouse-Lautrec e Louis Anquetin. Definisce sé stesso e gli amici come gli artisti del Petit Boulevard, mentre riserva ai grandi protagonisti dell'Impressionismo come Monet, Degas, Renoir, Sisley e Pissarro l'appellativo di artisti del Grand Boulevard. Van Gogh si dedica a un'accurata ricerca del colore sulla scia impressionista conquistando un linguaggio più immediato e cromaticamente vibrante, che si rende evidente dopo il trasferimento ad Arles. L'immersione nella luce e nel calore del sud, a partire dal 1888, genera sconvolgimenti emotivi ancora maggiori, che lo portano verso eccessi cromatici, che con la forza del tratto, delle vibranti e violente pennellate, rendono la rappresentazione della natura un esempio unico nella storia dell'arte. L'esilio volontario nella primavera del 1889 nell'ospedale psichiatrico di Saint Paul de Mausole, vicino a Saint Remy sigla un periodo non sempre sereno ma artisticamente fecondo. L'arte di Van Gogh tocca vertici fino ad allora mai raggiunti, individuando nel rapporto con la natura e con gli esseri umani nuove forme di bellezza. Ecco, quindi, che torna l'immagine de Il Seminatore realizzato ad Arles nel giugno 1888, con la quale Van Gogh avverte che si può giungere a una tale sfera espressiva solo attraverso un uso metafisico del colore. E così Il giardino dell'ospedale a Saint-Rémy (1889) assume l'aspetto di un intricato tumulto. Negli ultimi tre mesi trascorsi a Auvers-sur-Oise, pur oscurati da una nube sempre presente, Van Gogh produce un gran numero di opere. A fine luglio 1890, Van Gogh decide di porre fine alla sua esistenza. Prima sezione – Olanda "IL DISEGNO È L'ORIGINE DI TUTTO" L'attività artistica di Van Gogh si dispiega in un primo tempo soltanto nel disegno. I primi anni contano più di quanto non appaia dalle opere stesse: è l'inizio di un cammino tortuoso per conquistare la padronanza di un segno strutturante e incisivo, che quando incontrerà il colore si tradurrà nelle superfici vibranti e nelle tormentate figure che l'hanno reso immortale. Vincent si getta con impeto nel lavoro, vuole impadronirsi della tecnica, segue un programma di apprendimento auto progettato, vuole imparare la prospettiva e le regole della proporzione. Si serve di alcuni manuali tra cui il prezioso Cours de dessin di Charles Bargue. Ritrae il paesaggio che lo circonda, il bosco, la campagna, i mulini. È focalizzato sulla conquista della tecnica; in alcuni casi si sofferma sui dettagli con una precisione calligrafica, altre volte sembra più frettoloso, come se non considerasse l'opera nel suo insieme. Non riuscendo ancora a dominare la prospettiva, inizia a servirsi di uno strumento a cui facevano ricorso Dürer e gli antichi maestri olandesi: la cornice prospettica. Si tratta di una sorta di telaio con una trama di fili verticali, orizzontali e obliqui, che consentono di guardare attraverso di esso come attraverso una finestra. In molte opere sono ancora visibili le linee guida corrispondenti alle divisioni della griglia per marcare la prospettiva. Dopo due anni trascorsi all'Aia, Van Gogh desidera ritrovare la natura. Riaffiorano in lui le immagini della bellezza campestre del Drenthe, una regione del nord povera e desolata, evocata nei racconti degli amici pittori Mauve e Van Rappard: "Mi piacerebbe stare solo con la natura per qualche tempo, lontano dalla città". Il paesaggio lo colpisce con la sua solitaria e tragica imponenza, contrassegnata da bassi casolari di zolle sparsi nella brughiera. Appena due mesi dopo si rende conto che la realtà non corrisponde alle immagini di bellezza che aveva fantasticato e decide di raggiungere i genitori a Nuenen, vicino a Eindhoven. I brevi mesi trascorsi in solitudine nella provincia di Drenthe hanno avvicinato Van Gogh ai misteri della natura in maniera più profonda, rendendolo sempre più convinto di dover raccontare la poesia della vita rurale: "Le brughiere, i villaggi qui sono ancora molto belli e ora che sono qui vedo in essi un'inesauribile fonte di soggetti di vita contadina, e non ho che da mettermi all'opera e lavorare". È una vita contadina non ancora contaminata dalla civiltà, fatta di uomini e donne dediti al lavoro, eroi di una fatica quotidiana dal volto stanco e miserabile. L'artigianato, la vita contadina e gli abitanti dei villaggi "della vecchia razza del Brabante" saranno i soggetti su cui concentrerà la sua attenzione nei quasi due anni che trascorrerà a Nuenen. Il Seminatore Van Gogh percepisce la portata simbolica dell'arte di Jean-François Millet sin dal primo incontro a Parigi nel 1875, quando, al cospetto dei suoi lavori, si dichiara pervaso da un'emozione sacrale: "Ho sentito qualcosa come toglietevi le scarpe, state calpestando una terra santa". Un'opera del pittore francese, più di qualsiasi altra, influenzerà Vincent fino agli ultimi anni della sua vita: Il seminatore. "Quanto al seminatore – scrive già all'inizio del 1880 - sono già cinque volte che lo disegno, due in piccolo, tre in grande, eppure loriprenderò ancora, tanto mi assilla questa figura". Van Gogh ravvisa nel seminatore il riferimento alla parabola di Cristo che sparge le sue parole come fossero sementi tra la gente, un richiamo al suo antico desiderio di farsi "seminatore della parola" quando ancora pensava che sarebbe diventato un predicatore seguendo le orme paterne. "Sento inequivocabilmente che la storia degli uomini è come quella del grano, se non si viene seminati nella terra per germogliarvi, succede che si è macinati per diventare pane". La rappresentazione della vita dei campi assume un alto significato etico oltre che estetico. Il contadino diventa eroe della fatica quotidiana. Vincent ama l'autenticità, la semplicità, l'umiltà e il lavoro: non cerca un'immagine idilliaca della vita agreste ma desidera evidenziarne l'asprezza. Egli ricalca le linee delle opere di Millet per tutta la vita, sicuro di poterne così acquisire i segreti e diventare un pittore della vita contadina. Seconda sezione – Parigi Alla fine di febbraio 1886 Van Gogh decide di trasferirsi a Parigi avvertendo la necessità di confrontarsi con un mondo di cui gli giungono, seppur indirettamente, significative notizie. Si trova di fronte all'ottava ed ultima mostra impressionista dominata dalle giovani figure di Seurat, Signac e Gauguin. Penetra intensamente nel nuovo dibattito, che vede l'esperienza impressionista mutarsi in un linguaggio dai presupposti scientifici, basato sull'accostamento dei colori puri e su un disegno sintetico. Un nuovo modo di intendere la natura denota un'adesione a un linguaggio impressionista e liberamente neoimpressionista. La tavolozza accoglie la luminosità del colore. Conquistato, il pittore individua una moltitudine di possibilità espressive, dato rilevabile anche nelle belle nature morte dominate da ricchi accostamenti cromatici, specie se l'artista dipinge fiori che dispiegano un raro sfarzo. Nel breve soggiorno parigino Vincent assorbe il clima artistico vitale della città e si lega ad artisti come Émile Bernard, Toulouse-Lautrec e Loius Anquetin. Definisce sé stesso e i gli amici come gli artisti del Petit Boulevard, mentre riserva ai grandi protagonisti dell'Impressionismo come Monet, Degas, Renoir, Sisley e Pissarro l'appellativo di artisti del Grand Boulevard. Conosce Gauguin, appena tornato dalla Martinica, che per lui incarna un'ideale immagine di vagabondo, di viaggiatore intorno al mondo, alieno da ogni precisa destinazione. Terza sezione – Arles In una lettera del 18 agosto 1888 scrive al fratello Theo: "Quanto ho appreso a Parigi svanisce, e io sto tornando alle idee che mi erano venute in campagna, prima di conoscere gli Impressionisti. Infatti, invece di cercare di riprodurre fedelmente ciò che ho davanti agli occhi, mi servo del colore in maniera più arbitraria, per esprimermi con maggiore forza". I colori, nella luce accecante del sud, assumono un'altra dimensione. La lezione di Parigi non è più determinante. Vincent riprende a sognare sinfonie di colori associabili a toni musicali. Ogni spazialità disegnata è eliminata, le forme si collocano in un morbido assemblarsi e fluire senza rigore, con grande dolcezza. Lo spazio è creato dal colore. Si avverte il senso di una nuova libertà. Fin dall'arrivo il pittore sfrutta le suggestioni di quella terra, cerca di rinnovarsi e riversare nei suoi dipinti un clima vitale di giovinezza. Paragona il suo soggiorno in Provenza a quello di Delacroix in nord Africa, anch'egli all'inseguimento della luce e del colore. Ricorda come Monet e Signac abbiano visitato le regioni del Mediterraneo e Cézanne abbia stabilito la sua residenza definitiva ad Aix-en-Provence. La geografia delle associazioni si estende fino al Giappone, luogo immerso nell'età dell'oro e dell'innocenza. Descrivendo la campagna vuole esprimere sensazioni allegre, gioiose. Viva è la speranza di realizzare dipinti sempre luminosi. Van Gogh discende nell'abisso ma è capace di risalire in modo subitaneo e veemente. Lo studio del colore è sempre associato a una sua interiorizzazione, a una trasformazione del dato tecnico in altri significati. Ciò allontana il pittore sempre più dall'Impressionismo, legato al prevalere dell'esperienza ottica, mentre permane la passione per Delacroix, Millet e Corot. Attraverso il colore amplifica i significati della realtà, anche nella rappresentazione della figura umana. I ritratti di M. e M.me Ginoux "Quello che nel mio mestiere mi appassiona di più, molto, molto più di tutto il resto è il ritratto, il ritratto moderno. Io il ritratto lo cerco attraverso il colore . Vorrei fare ritratti che tra un secolo alla gente di quell'epoca sembrino delle apparizioni. Dunque, non cerco di ritrarre la somiglianza fotografica, bensì le nostre espressioni appassionate". Egli non vuole semplicemente ritrarre l'immagine delle figure ma ambisce a penetrarne l'anima. Ed è proprio l'anima di Madame Ginoux che Van Gogh immortala nello splendido capolavoro L'Arlesiana (da Gauguin). Il colore opaco della carnagione, gli occhi calmi, l'abito nero sullo sfondo rosa celano il profondo malessere della donna dovuto alla stessa malattia di cui soffre Vincent: l'inquietudine di vivere. Il pittore ne è attratto e sente il bisogno di indagare la sua figura fino in fondo, tanto da ritrarla per sette volte, due nel novembre 1888 ad Arles, e cinque nei primi venti giorni di febbraio 1890. Il colore diventa violento, invece, nel ritratto di Joseph-Michel Ginoux. Van Gogh lo usa con sicurezza e coraggio per conferire al dipinto un forte senso di vitalità. Il blu intenso della giacca è in netto contrasto con il magnifico sfondo giallo-verde. Gli occhi socchiusi e i contorni netti del viso rimandano l'immagine di un uomo risoluto, dal modo un po' arrogante che sembra guardare il pittore dall'alto in basso. Nella definizione della figura si avverte l'importanza assunta dal colore enunciata dalle sue parole. Quarta Sezione - Saint-Rémy-De-Provence e Auvers-Sur-Oise A Saint-Rémy l'artista vuole ritornare a un uso del colore più semplice. Paragona l'astenersi dal bere alla rinuncia alla generosità cromatica, mirando ad una maggiore lucidità. La sua fiducia nel potere terapeutico dei colori moderati si dimostra ingiustificata. Il suo primo attacco di follia nel manicomio di Saint-Paul-de-Mausole lo colpisce a metà di luglio, mentre dipinge nei campi in una giornata di vento. Dopo il primo mese nel quale non gli è concesso di uscire dai confini dell'ospedale, finalmente si avventura oltre le mura e torna nei campi. Nei giorni sereni, quando le tempeste della mente si placano, è persino perfettamente in grado di formulare un'autoanalisi. È circondato dalle sue opere, eseguite proprio prima degli attacchi o durante il periodo in cui si ristabilisce. Crede che questi lavori riflettano gli alti e bassi del suo stato e soprattutto che possano essere proprio le sue creazioni artistiche a scatenare la follia. Si chiede se il mutamento del suo linguaggio sia in qualche modo legato all'instabilità delle sue condizioni mentali. Le insidie che precedono la caduta si ritrovano in una natura incapace ormai di concedere dolcezza. Lavorare dal vero non è il suo unico impegno. Dal 23 ottobre 1889, quando riceve dal fratello una nuova serie di riproduzioni da Millet, affianca alla pittura en plein air l'esercizio di copia da lui ritenuto fondamentale come esperienza artistica oltre che attività piacevole e consolatoria. Negli ultimi tre mesi trascorsi a Auvers-sur-Oise si dedica a un gran numero di opere: ritrae persone vicine ma anche modelli occasionali, dipinge paesaggi e nature morte. Quanto al ritratto, afferma di volerlo esplorare in chiave moderna. Il... #notizie #news #breakingnews #cronaca #politica #eventi #sport #moda Read the full article
0 notes
ulisszesz · 5 years
Video
Caffè Tommaseo, James Joyce, Bloomsday 2014 - Piazza Nicolo Tommaseo 4, Trieste
flickr
Caffè Tommaseo, James Joyce, Bloomsday 2014 - Piazza Nicolo Tommaseo 4, Trieste by Yvette Gauthier Via Flickr: Parmi les clients les plus célèbres du Caffè Tommaseo figurent: Pasquale Besenghi degli Ughi, Domenico Rossetti, Pietro Kandler, Henry Beyle (Stendhal), Virgilio Giotti, Giani Stuparich, Pierantonio Quarantotti Gambini,James Joyce et Umberto Saba. Italo Svevo a écrit quelques-unes de ses œuvres en ce lieu, tandis que Claudio Magris a écrit ici son œuvre la plus célèbre, Danubio. Tra i clienti più noti del Caffè Tommaseo si ricordano: Pasquale Besenghi degli Ughi, Domenico Rossetti, Pietro Kandler, Henry Beyle (Stendhal), Virgilio Giotti, Giani Stuparich, Pierantonio Quarantotti Gambini, James Joyce e Umberto Saba. Italo Svevo scrisse in questo locale alcune opere, mentre Claudio Magris ha scritto qui la sua opera più famosa, Danubio
1 note · View note
natgeotraveluk · 4 years
Photo
Tumblr media
Coffee and Sachertorte at Caffè Tommaseo, Trieste // Photo by @francescolastrucci for the Sept/Oct 2020 issue of National Geographic Traveller . . . #NGTUK #natgeo #nationalgeographic #natgeotravel #travelgram #instatravel #travellersofinstagram — view on Instagram https://ift.tt/3nxXiBR
3 notes · View notes
freedomtripitaly · 4 years
Photo
Tumblr media
Quest’anno Trieste è capitale Europea della Scienza. Non che occorressero ulteriori motivi per andare alla scoperta di questa stupenda città italiana dalla storia grandiosa. Elegante, rigorosa, quasi algida. Del resto una delle sue tante anime è austriaca. Città di frontiera, enigmatica. Trieste affascina per la sovrapposizione armoniosa delle sue storie: l’antica Roma, Venezia e poi l’Austria; l’annessione dopo la grande Guerra, i crimini perpetrati da fascisti e nazisti; le ferite profonde poi la rinascita, l’aura letterata e colta. Trieste scelta e amata da grandi scrittori come Joyce e Stendhal; Trieste madre e padre di Saba e di Svevo; l’est Europa alle porte, la cultura mitteleuropea che ancora si respira, che entra decisa anche nei sapori della sua cucina. Sbatte le porte come il vento che qui talvolta soffia davvero forte, facendo rotolare la salsedine per le stradine dei suoi storici rioni. Cosa non perdere di Trieste Trieste è un mondo da scoprire. In completa autonomia oppure organizzando interessanti visite guidate. Vediamo quali sono le cose assolutamente da vedere per conoscere la città. La città Vecchia A sud della monumentale piazza Unità d’Italia affacciata sul mare, si sviluppano i rioni compresi nella città Vecchia di Trieste (San Vito, Cavana e ghetto Ebraico), stretta tra il colle di San Giusto e il mare. Qui si trovano alcuni dei monumenti più antichi della città come la cattedrale di San Giusto, la chiesa barocca di Santa Maria Maggiore, l’arco di Riccardo di epoca romana (I secolo d.C.) con le sue colonne in stile corinzio sito in piazza Barbacan e il teatro romano, ogni anno splendida cornice ai più importanti eventi cittadini. Nel rione di San Vito, in piazza Attilio Hortis si trova la statua di Italo Svevo, nei pressi della quale si trovano il museo Revoltella e il Civico museo Sartorio. Piazza Unità d’Italia e il molo Audace Maestosa e spazzata dalla salsedine e dalle brezze dell’Adriatico. La cornice monumentale e iconica della città. Da sinistra a destra qui si trovano il palazzo della Luogotenenza tedesca, palazzo Stratti con lo storico caffè degli Specchi, palazzo Modello oggi sede del Municipio, l’antico palazzo Pitteri, l’albergo di palazzo Vanoli e il palazzo della Regione. Al centro si erge la fontana dei quattro continenti (1751-1754). Il molo Audace che si allunga davanti alla piazza prende il nome dalla prima nave che entrò in porto dopo la fine della grande Guerra e la conseguente annessione all’Italia. Da notare la rosa dei Venti in bronzo affissa all’inizio del molo e ottenuta dalla fusione di una nave austriaca affondata dalla marina Italiana. La cattedrale di San Giusto Nasce all’inizio del Trecento dall’unione di due chiese preesistenti, Santa Maria e San Giusto. Sobria facciata in mattoni con rosone gotico. il portale riutilizza gli elementi di una stele funeraria romana. Sul muro del campanile, eretto inglobando i resti di un tempio romano e di un’edicola intitolata a San Giusto, vi sono incastrate ancora alcune canne di cannone. L’interno è decorato con splendidi affreschi di scuola veneziana e con un grande mosaico trecentesco. Dalla cattedrale si accede all’adiacente battistero e al museo del Tesoro, nelle cui sale spicca l’alabarda di San Sergio recuperata in terra Santa durante la prima Crociata 1096-1099. Il castello di San Giusto La fortezza posta sulla sommità del colle omonimo rappresenta il nucleo più antico della città nonché uno dei suoi simboli più amati e famosi. Il cuore del castrum risale ai Romani e nel corso dei secoli ha subito le modifiche apportate da Veneziani e Austro-Ungarici. Il castello è sede del museo Civico di Trieste, le cui sale custodiscono una ricca collezioni di armi e il suggestivo lapidario Tergestino con oltre 130 reperti di epoca romana di pregevole fattura. La sinagoga di Trieste Per capire appieno quanto la comunità ebraica è stata centrale nello sviluppo della città, della sua anima multietnica e di frontiera, basta fermarsi ad ammirare la bellezza architettonica e la vita che scorre dentro e fuori la sinagoga cittadina. Da notare gli stupendi rosoni, i pavimenti, le decorazioni e i lampadari di questo, ancora oggi, importante edificio religioso cittadino eretto nel 1912. Il castello di Miramare Il “nido d’amore costruito invano” ricordato da Giosué Carducci in una poesia dedicata proprio al castello, fu eretto a metà Ottocento da Massimiliano d’Asburgo-Lorena arciduca d’Austria e oggi è uno dei musei più visitati d’Italia. L’elegante e suggestiva struttura in pietra chiara affacciata sul golfo di Trieste conserva ancora gli arredi originali dell’epoca e numerose testimonianze della vita dei proprietari, l’arciduca Massimiliano e sua moglie Carlotta del Belgio, prima di diventare la residenza del duca Amedeo d’Aosta. Da segnalare all’interno la sfarzosa sala dei Regnanti, la bella sala della Musica e la sala ispirata all’arredamento navale della fregata Novara sulla quale Massimiliano aveva prestato servizio nella Marina Austriaca. L’esterno invece si caratterizza per il parco e per il superbo giardino all’inglese, che permettono di effettuare piacevoli passeggiate davanti al mare. Il castello è visitabile in completa autonomia o con tour privato. Il borgo Teresiano A nord di piazza Unità d’Italia, superato lo scenografico canal Grande si sviluppa come una piccola scacchiera il suggestivo borgo Teresiano, tra i quartieri storici più noti di Trieste realizzato per volere dell’imperatore d’Austria Carlo VI. Lungo il canal Grande sfilano alcuni tra gli edifici più belli, come palazzo Aedes, palazzo Gopcevich, la chiesa neoclassica di Sant’Antonio Nuovo, lo storico caffè Stella Polare, palazzo Genel, palazzo Carciotti e il bellissimo tempio serbo-ortodosso della Santissima Trinità e di San Spiridione. Sul suggestivo ponte Rosso che attraversa romanticamente il canale, il secondo insieme al ponte Verde, si trova la statua di James Joyce. La risiera di San Sabba Questo stabilimento per la pilatura del riso – che comprende pulitura, sbramatura, sbiancata e lucidatura – si trova a circa 5 km da piazza Unità d’Italia stretta tra il mare e i quartieri di Servola, Valmaura e borgo San Sergio. Rimase in funzione tra il 1913 e il 1943, l’anno dell’armistizio, quando i nazisti lo trasformarono in campo di prigionia, nel quale persero la vita oltre 3500 persone e altre 8000 da qui furono deportate nei campi di sterminio del nord ed est Europa. Oggi la Risiera di San Sabba è un museo da visitare assolutamente, archeologia industriale e memoria storica. Il faro della Vittoria Costruito nel 1923 in pieno fascismo, il faro ricorda i marinai italiani caduti durante la Grande Guerra. Sulla sommità, la statua della Vittoria Alata è alta 7 m ed è dotata di un complesso meccanismo interno che le fa impercettibilmente sbattere le ali per assorbire le folate di vento, che qui a Trieste con la bora è risaputo possono essere anche molto violente. Il faro sotto alla statua è ancora oggi il più potente dell’Adriatico. Il tram panoramico di Opicina Presto si spera che torni definitivamente in servizio il suggestivo tram che collega il centro città con le alture del Carso che si innalzano spigolose alle sue spalle. Un modo davvero curioso e singolare di scoprire la città e ammirarla dall’alto man mano che il tram lentamente si inerpica sulle alture. La grotta Gigante Questa enorme cavità risalente al Neolitico è una delle attrazioni principali di Trieste e si trova a circa 10 km dal centro nei pressi del borgo omonimo. Le concrezioni rocciose createsi nel corso di migliaia di anni hanno dato un fondamentale impulso alla speleologia modena. A circa 80 m di profondità si raggiunge la galleria Grande alta, un unico e sterminato ambiente alto quasi 100 m dove stalagmiti, stalattiti e colta di carbonato di calcio assumono infinite sfumature di colore, tra le quali la colonna Ruggero, alta 12 m. Scoprire Trieste: i caffè storici Pare che seduto ai tavoli della storica pasticceria Pirona Joyce abbia scritto non poche pagine sia dell’Ulisse che di Gente di Dublino e, insieme a lui, alcune tra le più illustri personalità della letteratura e della poesia come i triestini Umberto Saba e Italo Svevo (al quale è dedicato l’interessante museo Sveviano) o lo scrittore francese Stendhal hanno lungamente frequentato i caffè storici di Trieste. Si segnalano tra questi il caffè Tommaseo del 1830, è il più antico della città, il caffè degli Specchi in piazza dell’Unità e il caffè San Marco. Scoprire Trieste: i sapori e i piatti tipici La cucina triestina è una delle più famose d’Italia ed è innanzitutto caratterizzata da una secolare influenza austro-ungarica mitigata da alternative proposte di pesce e dai sapori dell’Adriatico. Una forma tipica di ristorazione a Trieste, in alternativa alle trattorie e ai ristoranti, sono i tradizionali buffet, a metà tra un bar e una trattoria, dove le carni sono cotte ancora oggi nella tradizionale caldaia, un pentolone incastonato nel bancone. Tra i piatti tipici ci sono dunque il prosciutto cotto caldo triestino tagliato rigorosamente a mano, il liptauer (spuma di formaggi insaporita con paprika e cumino), i formaggi Jamar (stagionato nelle grotte del Carso) e Tabor, la granzievola alla triestina (polpa di granchio con olio, sale, pepe, limone e prezzemolo servita nel suo guscio), la Jota (minestra di fagioli, crauti, patate e salsiccia o cotenna), i fusi istriani (tipo garganelli) con sugo di pesce o di carne, la zuppa de bobici (mais e fagioli), gli gnocchi di patate, di pane, di fegato o di susine (prugne), oppure come accompagnamento al tradizionale goulash. Tra i secondi piatti, di pesce o di carne, oltre al goulash ci sono anche il bollito in tecia con senape, crauti e patate, i cevapcici (salsicce speziate di origine balcanica), la porzina con capuzi (coppa di maiale lessa servita con crauti, senape e rafano), la calandraca (spezzatino di lesso con patate e poco pomodoro) l’agnello al kren (salsa al rafano), le immortali canocchie alla busara (pomodoro, pepe e vino), le alici in savore, i pedoci alla scotadeo (cozze alla scottadito), il baccalà mantecato e infine il merluzzo all’istriana con capperi, acciughe e patate. Lo street food non è di certo da meno in quanto a prelibatezze, come dimostra ampiamente il gustoso panino con porzina (maiale), crauti, senape e rafano. Tra i dolci infine ricordiamo il classico strucolo de pomi (strudel di mele), la pinza (pasta lievitata con rum, bucce d’arancia grattugiate, limone e vaniglia) la torta Rigojanci di origine ungherese e a base di cioccolato, il presniz (pasta sfoglia con susine e frutta secca), il koch (soufflé a base di burro e zucchero montati, pangrattato e uova con frutta, semolino o riso) e infine il cuguluf, anche questo di ispirazione austriaca che assomiglia a un plum cake con uvetta e buccia di limone. Scoprire Trieste: il Prosecco e i vini del Carso Sarebbe impensabile non visitare Trieste senza scoprire e assaggiare i vini del suo territorio, alcuni dei quali considerati tra i vini italiani più famosi al mondo. Trieste e tutto il Friuli-Venezia Giulia sono insieme al Veneto territorio per eccellenza votato alla produzione del prosecco. Molti sono i produttori e molte le cantine presenti sul territorio, da scoprire magari organizzando e prenotando degustazioni guidate. In città ci sono inoltre innovativi winebar pronti a farvi assaggiare i vini del territorio, quelli coltivati sugli aspri altipiani del Carso che si aprono come una corona intorno a Trieste. Terreni fatti di roccia. Aridi, sassosi e ricchi di ferro, che danno vita a vini DOC come la Vitovska, il Terrano (Refosco friulano) e la dolce e aromatica Malvasia istriana, tutti vitigni autoctoni che aspettano solo di essere scoperti. https://ift.tt/31ZRMQa Cosa mangiare a Trieste: i sapori da non perdere Quest’anno Trieste è capitale Europea della Scienza. Non che occorressero ulteriori motivi per andare alla scoperta di questa stupenda città italiana dalla storia grandiosa. Elegante, rigorosa, quasi algida. Del resto una delle sue tante anime è austriaca. Città di frontiera, enigmatica. Trieste affascina per la sovrapposizione armoniosa delle sue storie: l’antica Roma, Venezia e poi l’Austria; l’annessione dopo la grande Guerra, i crimini perpetrati da fascisti e nazisti; le ferite profonde poi la rinascita, l’aura letterata e colta. Trieste scelta e amata da grandi scrittori come Joyce e Stendhal; Trieste madre e padre di Saba e di Svevo; l’est Europa alle porte, la cultura mitteleuropea che ancora si respira, che entra decisa anche nei sapori della sua cucina. Sbatte le porte come il vento che qui talvolta soffia davvero forte, facendo rotolare la salsedine per le stradine dei suoi storici rioni. Cosa non perdere di Trieste Trieste è un mondo da scoprire. In completa autonomia oppure organizzando interessanti visite guidate. Vediamo quali sono le cose assolutamente da vedere per conoscere la città. La città Vecchia A sud della monumentale piazza Unità d’Italia affacciata sul mare, si sviluppano i rioni compresi nella città Vecchia di Trieste (San Vito, Cavana e ghetto Ebraico), stretta tra il colle di San Giusto e il mare. Qui si trovano alcuni dei monumenti più antichi della città come la cattedrale di San Giusto, la chiesa barocca di Santa Maria Maggiore, l’arco di Riccardo di epoca romana (I secolo d.C.) con le sue colonne in stile corinzio sito in piazza Barbacan e il teatro romano, ogni anno splendida cornice ai più importanti eventi cittadini. Nel rione di San Vito, in piazza Attilio Hortis si trova la statua di Italo Svevo, nei pressi della quale si trovano il museo Revoltella e il Civico museo Sartorio. Piazza Unità d’Italia e il molo Audace Maestosa e spazzata dalla salsedine e dalle brezze dell’Adriatico. La cornice monumentale e iconica della città. Da sinistra a destra qui si trovano il palazzo della Luogotenenza tedesca, palazzo Stratti con lo storico caffè degli Specchi, palazzo Modello oggi sede del Municipio, l’antico palazzo Pitteri, l’albergo di palazzo Vanoli e il palazzo della Regione. Al centro si erge la fontana dei quattro continenti (1751-1754). Il molo Audace che si allunga davanti alla piazza prende il nome dalla prima nave che entrò in porto dopo la fine della grande Guerra e la conseguente annessione all’Italia. Da notare la rosa dei Venti in bronzo affissa all’inizio del molo e ottenuta dalla fusione di una nave austriaca affondata dalla marina Italiana. La cattedrale di San Giusto Nasce all’inizio del Trecento dall’unione di due chiese preesistenti, Santa Maria e San Giusto. Sobria facciata in mattoni con rosone gotico. il portale riutilizza gli elementi di una stele funeraria romana. Sul muro del campanile, eretto inglobando i resti di un tempio romano e di un’edicola intitolata a San Giusto, vi sono incastrate ancora alcune canne di cannone. L’interno è decorato con splendidi affreschi di scuola veneziana e con un grande mosaico trecentesco. Dalla cattedrale si accede all’adiacente battistero e al museo del Tesoro, nelle cui sale spicca l’alabarda di San Sergio recuperata in terra Santa durante la prima Crociata 1096-1099. Il castello di San Giusto La fortezza posta sulla sommità del colle omonimo rappresenta il nucleo più antico della città nonché uno dei suoi simboli più amati e famosi. Il cuore del castrum risale ai Romani e nel corso dei secoli ha subito le modifiche apportate da Veneziani e Austro-Ungarici. Il castello è sede del museo Civico di Trieste, le cui sale custodiscono una ricca collezioni di armi e il suggestivo lapidario Tergestino con oltre 130 reperti di epoca romana di pregevole fattura. La sinagoga di Trieste Per capire appieno quanto la comunità ebraica è stata centrale nello sviluppo della città, della sua anima multietnica e di frontiera, basta fermarsi ad ammirare la bellezza architettonica e la vita che scorre dentro e fuori la sinagoga cittadina. Da notare gli stupendi rosoni, i pavimenti, le decorazioni e i lampadari di questo, ancora oggi, importante edificio religioso cittadino eretto nel 1912. Il castello di Miramare Il “nido d’amore costruito invano” ricordato da Giosué Carducci in una poesia dedicata proprio al castello, fu eretto a metà Ottocento da Massimiliano d’Asburgo-Lorena arciduca d’Austria e oggi è uno dei musei più visitati d’Italia. L’elegante e suggestiva struttura in pietra chiara affacciata sul golfo di Trieste conserva ancora gli arredi originali dell’epoca e numerose testimonianze della vita dei proprietari, l’arciduca Massimiliano e sua moglie Carlotta del Belgio, prima di diventare la residenza del duca Amedeo d’Aosta. Da segnalare all’interno la sfarzosa sala dei Regnanti, la bella sala della Musica e la sala ispirata all’arredamento navale della fregata Novara sulla quale Massimiliano aveva prestato servizio nella Marina Austriaca. L’esterno invece si caratterizza per il parco e per il superbo giardino all’inglese, che permettono di effettuare piacevoli passeggiate davanti al mare. Il castello è visitabile in completa autonomia o con tour privato. Il borgo Teresiano A nord di piazza Unità d’Italia, superato lo scenografico canal Grande si sviluppa come una piccola scacchiera il suggestivo borgo Teresiano, tra i quartieri storici più noti di Trieste realizzato per volere dell’imperatore d’Austria Carlo VI. Lungo il canal Grande sfilano alcuni tra gli edifici più belli, come palazzo Aedes, palazzo Gopcevich, la chiesa neoclassica di Sant’Antonio Nuovo, lo storico caffè Stella Polare, palazzo Genel, palazzo Carciotti e il bellissimo tempio serbo-ortodosso della Santissima Trinità e di San Spiridione. Sul suggestivo ponte Rosso che attraversa romanticamente il canale, il secondo insieme al ponte Verde, si trova la statua di James Joyce. La risiera di San Sabba Questo stabilimento per la pilatura del riso – che comprende pulitura, sbramatura, sbiancata e lucidatura – si trova a circa 5 km da piazza Unità d’Italia stretta tra il mare e i quartieri di Servola, Valmaura e borgo San Sergio. Rimase in funzione tra il 1913 e il 1943, l’anno dell’armistizio, quando i nazisti lo trasformarono in campo di prigionia, nel quale persero la vita oltre 3500 persone e altre 8000 da qui furono deportate nei campi di sterminio del nord ed est Europa. Oggi la Risiera di San Sabba è un museo da visitare assolutamente, archeologia industriale e memoria storica. Il faro della Vittoria Costruito nel 1923 in pieno fascismo, il faro ricorda i marinai italiani caduti durante la Grande Guerra. Sulla sommità, la statua della Vittoria Alata è alta 7 m ed è dotata di un complesso meccanismo interno che le fa impercettibilmente sbattere le ali per assorbire le folate di vento, che qui a Trieste con la bora è risaputo possono essere anche molto violente. Il faro sotto alla statua è ancora oggi il più potente dell’Adriatico. Il tram panoramico di Opicina Presto si spera che torni definitivamente in servizio il suggestivo tram che collega il centro città con le alture del Carso che si innalzano spigolose alle sue spalle. Un modo davvero curioso e singolare di scoprire la città e ammirarla dall’alto man mano che il tram lentamente si inerpica sulle alture. La grotta Gigante Questa enorme cavità risalente al Neolitico è una delle attrazioni principali di Trieste e si trova a circa 10 km dal centro nei pressi del borgo omonimo. Le concrezioni rocciose createsi nel corso di migliaia di anni hanno dato un fondamentale impulso alla speleologia modena. A circa 80 m di profondità si raggiunge la galleria Grande alta, un unico e sterminato ambiente alto quasi 100 m dove stalagmiti, stalattiti e colta di carbonato di calcio assumono infinite sfumature di colore, tra le quali la colonna Ruggero, alta 12 m. Scoprire Trieste: i caffè storici Pare che seduto ai tavoli della storica pasticceria Pirona Joyce abbia scritto non poche pagine sia dell’Ulisse che di Gente di Dublino e, insieme a lui, alcune tra le più illustri personalità della letteratura e della poesia come i triestini Umberto Saba e Italo Svevo (al quale è dedicato l’interessante museo Sveviano) o lo scrittore francese Stendhal hanno lungamente frequentato i caffè storici di Trieste. Si segnalano tra questi il caffè Tommaseo del 1830, è il più antico della città, il caffè degli Specchi in piazza dell’Unità e il caffè San Marco. Scoprire Trieste: i sapori e i piatti tipici La cucina triestina è una delle più famose d’Italia ed è innanzitutto caratterizzata da una secolare influenza austro-ungarica mitigata da alternative proposte di pesce e dai sapori dell’Adriatico. Una forma tipica di ristorazione a Trieste, in alternativa alle trattorie e ai ristoranti, sono i tradizionali buffet, a metà tra un bar e una trattoria, dove le carni sono cotte ancora oggi nella tradizionale caldaia, un pentolone incastonato nel bancone. Tra i piatti tipici ci sono dunque il prosciutto cotto caldo triestino tagliato rigorosamente a mano, il liptauer (spuma di formaggi insaporita con paprika e cumino), i formaggi Jamar (stagionato nelle grotte del Carso) e Tabor, la granzievola alla triestina (polpa di granchio con olio, sale, pepe, limone e prezzemolo servita nel suo guscio), la Jota (minestra di fagioli, crauti, patate e salsiccia o cotenna), i fusi istriani (tipo garganelli) con sugo di pesce o di carne, la zuppa de bobici (mais e fagioli), gli gnocchi di patate, di pane, di fegato o di susine (prugne), oppure come accompagnamento al tradizionale goulash. Tra i secondi piatti, di pesce o di carne, oltre al goulash ci sono anche il bollito in tecia con senape, crauti e patate, i cevapcici (salsicce speziate di origine balcanica), la porzina con capuzi (coppa di maiale lessa servita con crauti, senape e rafano), la calandraca (spezzatino di lesso con patate e poco pomodoro) l’agnello al kren (salsa al rafano), le immortali canocchie alla busara (pomodoro, pepe e vino), le alici in savore, i pedoci alla scotadeo (cozze alla scottadito), il baccalà mantecato e infine il merluzzo all’istriana con capperi, acciughe e patate. Lo street food non è di certo da meno in quanto a prelibatezze, come dimostra ampiamente il gustoso panino con porzina (maiale), crauti, senape e rafano. Tra i dolci infine ricordiamo il classico strucolo de pomi (strudel di mele), la pinza (pasta lievitata con rum, bucce d’arancia grattugiate, limone e vaniglia) la torta Rigojanci di origine ungherese e a base di cioccolato, il presniz (pasta sfoglia con susine e frutta secca), il koch (soufflé a base di burro e zucchero montati, pangrattato e uova con frutta, semolino o riso) e infine il cuguluf, anche questo di ispirazione austriaca che assomiglia a un plum cake con uvetta e buccia di limone. Scoprire Trieste: il Prosecco e i vini del Carso Sarebbe impensabile non visitare Trieste senza scoprire e assaggiare i vini del suo territorio, alcuni dei quali considerati tra i vini italiani più famosi al mondo. Trieste e tutto il Friuli-Venezia Giulia sono insieme al Veneto territorio per eccellenza votato alla produzione del prosecco. Molti sono i produttori e molte le cantine presenti sul territorio, da scoprire magari organizzando e prenotando degustazioni guidate. In città ci sono inoltre innovativi winebar pronti a farvi assaggiare i vini del territorio, quelli coltivati sugli aspri altipiani del Carso che si aprono come una corona intorno a Trieste. Terreni fatti di roccia. Aridi, sassosi e ricchi di ferro, che danno vita a vini DOC come la Vitovska, il Terrano (Refosco friulano) e la dolce e aromatica Malvasia istriana, tutti vitigni autoctoni che aspettano solo di essere scoperti. Trieste è una città affascinante e ricca di attrazioni culturali ed enogastronomiche, perfette per un tuffo nella storia e nell’arte del nostro Paese.
3 notes · View notes
daniela--anna · 4 years
Photo
Tumblr media
VENICE Caffè Florian è un caffè storico della città di Venezia, situato sotto i portici delle Procuratie Nuove in Piazza San Marco. ✓È il più antico caffè italiano e, insieme al Café Procope di Parigi, il caffè più antico del mondo. ✓Venne inaugurato il 29 dicembre 1720 da Floriano Francesconi con il nome di Alla Venezia Trionfante, ma fin da subito i Veneziani dicevano semplicemente “andemo da Florian”, dal nome del proprietario nel dialetto veneziano. ✓Da allora ha proseguito ininterrottamente fino ai giorni nostri la sua attività quotidiana di caffè, divenendo meta privilegiata di veneziani, italiani e stranieri. ✓Giacomo Casanova vi corteggiava le dame e Carlo Goldoni vi entrò ragazzo. ✓Lo frequentarono illustri personaggi come Gasparo Gozzi, Giuseppe Parini, Silvio Pellico, Lord Byron, Ugo Foscolo, Charles Dickens, Goethe, Ernest Hemingway, Rousseau, Gabriele d'Annunzio. ✓Durante l'insurrezione del 1848, capitanata da Niccolò Tommaseo e Daniele Manin, il caffè divenne un ospedale per i feriti. https://www.instagram.com/p/B8pJkKuoLs5/?igshid=15ojvlcckf6x3
1 note · View note
anna3339 · 7 years
Text
Un sorbetto n'est pas un sorbet
Un sorbetto n’est pas un sorbet
Tumblr media
Ce week-end à Trieste au Caffè Tommaseo, le café le plus vieux de la ville, celui où l’écrivain et poète Umberto Saba aimait venir manger une glace  Ce café adjacent à la Piazza Unità d’Italia – la place centrale de la ville et endroit magnifique – j’y ai commandé en fin de repas un sorbetto à la pomme avec du Calvados..Un vrai trou normand dans un décor Austro Hongrois… Pour info quand vous…
View On WordPress
0 notes
fiorellamacor · 7 years
Text
Un bel party di nozze in uno dei caffè storici di Trieste, il Caffè Ristorante Tommaseo.
Un bel party di nozze in uno dei caffè storici di Trieste, il Caffè Ristorante Tommaseo.
This slideshow requires JavaScript. Buongiorno, ottima scelta di due sposi ieri per una festa di nozze diversa ed originale, un buffet in piedi ma con tanta musica e spazio per ballare; decidere di stare vicino a Piazza Unità dove è stata celebrata la cerimonia e prenotare In uno dei caffè storici di Trieste si è rivelata veramente vincente per festeggiare una giornata così importante. Il Caffè…
View On WordPress
0 notes
hewhosowsthewind · 5 years
Photo
Tumblr media
...o mein lieber Augustin, do te va col t'ombrelin... (presso Caffè Tommaseo) https://www.instagram.com/p/Bwhj69hBcs8/?utm_source=ig_tumblr_share&igshid=xg0wnz4o115s
0 notes
classificarenove · 5 years
Photo
Tumblr media
Caffè Tommaseo. #trieste #caffetommaseo #caffetommaseotrieste #triestesocial #triestecity #triesteitaly #igerstrieste #ig_italia #igers #ig_trieste #volgoitalia #volgo #volgo_italia #volgotrieste #volgofriuliveneziagiulia #igerfriuli #tramonto (presso Caffè Tommaseo) https://www.instagram.com/p/BvQoc5CnIB3/?utm_source=ig_tumblr_share&igshid=1u3snwkxoi8ui
0 notes
guidabruttadipadova · 7 years
Text
Bitonci’s way. Passeggiata brutta con l’ex (futuro?) sindaco di Padova
di Lorenzo Innocenti
Questo nuovo itinerario di gusto e trasgressione parte da Piazza Portello, il luogo più padovano del mondo, e vede la partecipazione extraordinaria di Massimo Bitonci, il sindaco (anagraficamente) meno padovano della cittadina storia comunale.
“Lo sceriffo di Cittadella” come lo stesso Bit ricorda lo abbiano ribattezzato alcuni tra i suoi più sinistri detrattori, si staglia audace di fronte a Porta Ognissanti, pronto a solcare le cementizie distese del Lungargine Piovego col sole in faccia e il bomberino sulle spalle.
Tumblr media
La prima tappa è il Bar 3 Scalini, iconico caffè della gioventù più universitaria e imbizzarrita, presso cui the Massimo si attaglia con posa ggiovane, prima di essere carpito dai tenutari del locale che, genuflettendoglisi innanzi, gli offrono caffè a rotta di collo, proclamandosi suoi seguaci.
Tumblr media
Proseguendo tra due ali di folla festante, si raggiunga adesso il nuovo polo di Psicologia, caratterizzato da edifici minimal e, soprattutto, dalle due avveniristiche bombe a mano giganti, commesse dal Maestro Ievolella e maschiamente esposte – sino a poco tempo fa, prima dello psicologico trasferimento – di fronte alla Stazione dei treni.
Tumblr media Tumblr media
A questo punto del percorso la lingua ci prude e domandiamo: “Generale, cosa ne pensa del landscape?”.
The Massimo si schiarisce la voce, fa brillare lo sguardo e rievoca tempi lontani.
“Mah, questi palazzi mi ricordano un po' i mezzi blocchetti sovietici che trovi a Berlino Est... Quando cadde il Muro andai a Berlino e ricordo questi palazzoni tutti uguali che siccome erano rimasti mezzi vuoti, perché la gente se ne era scappata nella parte occidentale, erano stati segati a metà, come conveniva: ce n'era uno più basso, un più alto, uno tagliato in obliquo... E lo stesso trovi a Mosca: tutti questi casermoni identici che tra quelli e le scritte in cirillico non riesci proprio a capire dove sei”.
Perché tutto il mondo è periferia.
“Ma dell'opera in sé, former sindaco, cosa reputa?” insistiamo.
“Insomma, che ne pensa delle due bombazze?”.
E ancora il Bit strizza gli occhi, guarda avanti, pancia in dentro mento in fuori, poi, sornione, proclama: “Ma guarda, a me l'arte moderna piace anche, però la si deve... la si deve anche contestualizzare, credo... voglio dire, guardando quest'opera, qui, in questa piazza... ma guardandola si vede che non c'entra un cazzo”.
Sentimento.
E, ghignanti, noi proseguiamus: “Ma se anche ci fossero entrate, se anche ci fossero calzate a pennello le due granate in questo popò di piazza metafisica, mi chiedo, ci chiediamo... davvero non resta altra soluzione oggi, per riqualificare le periferie, che piazzarci in mezzo la tal opera d'arte moderna o il tal altro murale d'avanguardia? Davvero è tutto qui?”.
E lui: “Per riqualificare le periferie, per far vivere gli spazi oggi dimenticati, occorre innanzitutto rendere ogni via, ogni quartiere, quanto più vivace ed eterogeneo possibile: non devono più esistere, ad esempio, ghetti di soli immigrati.
Anche in questa piazza, vedo solo studenti. Neanche questo va bene. Uno spazio è vivo quanto più è attraversato da individui di estrazioni differenti, di diverse storie, diverse professioni. In questa piazza vorrei delle librerie, un asilo nido, delle botteghe d'alimentari... Gente diversa che interagisce in uno stesso spazio”.
Cogitando così su queste parole d'ammore e di pace, ci si porti adesso un poco più in là, lungo la trafficatissima via Tommaseo.
Si inali tutto il PM10 fuoriuscente da mezzi Euro 2 come Euro 4 e si domandi all'ex (futuro?) sindaco che fare per l'aria malata che affligge quest'angolo di paradiso compreso tra il fagiolo della Stanga e la Stazione.
Che farà la giunta per il pianeta che soffre? Che farà mentre la padana pianura tristamente soccombe ai gas di scarico delle auto, nebulizzata dai fumi di scappamento meno catalitici dell'universo mondo?
Di una seconda linea del tram non se ne parla: il modello attualmente in uso non è più in produzione; in pratica non esistono più in commercio i tram su rotaia come li conoscono i padovans.
L'idea è quella del filobus allora, che per quanto meno costoso del tram, ha tuttavia i suoi costi.
Ma ecco che si raggiunge Casa Don Gallo, centro privato che ospita, con colore ed energia, immigrati regolari e non e allora il discorso sui gas serra passa immediatamente in secondo piano.
Tumblr media Tumblr media
The Massimo posa sereno di fronte all'ingresso, poi racconta dei tentativi del Comune di acquistare la proprietà dell'immobile e trasformarlo in ostello per gli studenti o in bed and breakfast lounge.
“Non è accoglienza questa: là dentro si vive in condizioni igieniche infime e non si fa niente durante tutto il giorno. Chi lavora nel settore dell'accoglienza purtroppo spesso pensa al proprio personale tornaconto e se per ogni immigrato viene stabilita una diaria di 35 euro, a carico dello Stato, a loro non conviene perdere tempo e risorse ad insegnare la lingua o un mestiere a queste persone, perché ogni spesa ulteriore rispetto a vitto e alloggio, rappresenta soldi levati al ricavo di ciascuno. Io tutti quei soldi che vengono spesi in accoglienza li avrei destinati a progetti di sviluppo per l'Africa, invece. L'Occidente ha un enorme debito nei confronti di quel continente, avrebbe dovuto fare molto di più di questo, anche perché gli sarebbe convenuto. Ora ci sta pensando la Cina, invece, ad investire in Africa, sì”.
Geopolitics.
Mai domi, si prosegua sino alla rotonda successiva, adesso, insinuandosi in via Goldoni e nella successiva via Piccinato.
Qui si potrà notare – non senza un certo godimento – una delle tante Escape Room sorte in città nei tempi più recenti.
The Massimo aggrotta la fronte mentre la scruta, ma non arranca, non arranca nemmeno di un passo.
Tumblr media Tumblr media
Anche perché manca poco ormai.
Giusto il tempo di posare assieme a un ammiratore di fronte a uno skyscrape come piacciono a noi...
Tumblr media
… e apprezzare questo gasdotto cancello-munito e semipedonalizzato dai locali students dell'Accademia.
Tumblr media Tumblr media
Gaudeamus igitur!
12 notes · View notes
marcogiovenale · 4 years
Text
6 agosto, trieste: testi di ugo pierri
giovedì 6 agosto ore 18:30 caffè tommaseo
nadia pastorcich presenterà “dio esiste, ma non va in chiesa” di ugo pierri con daniela fon (voce recitante)
e stefano pastorcich (sax)
(locale climatizzato)
View On WordPress
0 notes