A metà strada tra la riviera adriatica e il cuore del Parco dei Monti Sibillini, il borgo di San Ginesio è uno dei segreti meglio custoditi d’Italia. Piccolo e grazioso, è stato tra i comuni colpiti dal sisma del Centro Italia tra l’estate del 2016 e l’inizio del 2017 e, nonostante le “ferite” non siano del tutto rimarginate, conserva intatta la sua bellezza. Anche se i primi insediamenti urbani in questa zona risalgono ai tempi dei romani, fu durante il medioevo che venne costituito il centro urbano che diede origine a San Ginesio. E se un tempo la posizione era funzionale a difendere l’abitato, oggi concede una vista a 360° su tutto l’ambiente circostante. Chiamato anche il “Balcone dei Sibillini”, offre un belvedere che degrada dolcemente sulle colline circostanti sino ad arrivare al mare della costa Adriatica. Da diversi anni Bandiera Arancione del Touring Club Italiano, San Ginesio fa parte dei Borghi più belli d’Italia. fonte: Rimbalzino (iStock) Diversi i monumenti che vale la pena vedere a San Ginesio. I più importanti – e belli – risalgono al periodo tardomedievale, quando questa piccola cittadina contava alcune decine di migliaia di abitanti ed era una delle più temute dell’intera Marca di Ancona. Scopriamo insieme cosa vedere a San Ginesio. Le mura Dal momento dell’arroccamento, San Ginesio “sopravvive” senza cinta muraria per ben 300 anni, ben difesa dalla natura circostante e dai pendii della collina su cui sorge. Le continue lotte con i vicini fermani, però, inducono gli abitanti di San Ginesio a dare il là alla costruzione di un’imponente cinta muraria, costellata da torrioni difensivi e dotata di 8 porte d’ingresso (oggi ne restano in piedi 4). Nonostante i suoi 700 anni, le mura di San Ginesio sono ancora oggi perfettamente conservate e costituiscono una delle maggiori attrazioni turistiche della cittadina. Chiesa della Colleggiata fonte: fotografiche (iStock) Unica nel suo genere, la Chiesa di Santa Maria Assunta (della della Colleggiata) è il “gioiello della Corona” del centro storico di San Ginesio. Costruita nell’XI secolo sulle rovine di una cappella paleocristiana, la Colleggiata è l’unica opera di tutte le Marche realizzata in stile gotico fiorito. Nei secoli ha subito diverse modifiche e restauri, che le hanno conferito l’aspetto odierno. La facciata è decorata in cotto, con la parte inferiore in stile romanico, mentre la parte superiore (progettata e realizzata nella prima metà del XV secolo) è suddivisa in cinque prospetti di uguale larghezza ma differente altezza. L’interno è suddiviso in tre navate, con opere del Pomarancio, di Federico Zuccari, Adolfo De Karolis, Simone de Magistris e della scuola del Perugino. Sotto l’altare, invece, si trovano le reliquie di San Ginesio. Ospedale dei Pellegrini fonte: Rimbalzino (iStock) Situato all’ingresso della città, nelle vicinanze di Porta Picena, è stato realizzato nel XIII secolo con portico a basse colonne e un solo ordine di logge, che venne raddoppiato nel 1457. Il suo nome è legato a doppio filo alla sua funzione originaria di riparo per i pellegrini in transito verso Roma o il Santuario di Loreto. Chiesa di San Francesco Tra le più antiche costruzioni di San Ginesio, nel Medioevo svolse un ruolo non solo religioso. Detta anche Chiesa dei Comizi, era utilizzata per le assemblee cittadine per decidere su casi urgenti riguardanti tutta la comunità. Inoltre, al suo interno, era custodita l’urna con la quale erano sorteggiati i cinque Difensori o Priori della città. Attorno a essa si estendeva il quartiere dei nobili, con palazzi e costruzioni di pregio. All’interno troviamo affreschi e opere di pregio della scuola riminese-marchigiana, con forti richiami alla Cappella degli Scrovegni di Padova. https://ift.tt/2OSnWql San Ginesio, il “Balcone dei Sibillini” immerso nella storia A metà strada tra la riviera adriatica e il cuore del Parco dei Monti Sibillini, il borgo di San Ginesio è uno dei segreti meglio custoditi d’Italia. Piccolo e grazioso, è stato tra i comuni colpiti dal sisma del Centro Italia tra l’estate del 2016 e l’inizio del 2017 e, nonostante le “ferite” non siano del tutto rimarginate, conserva intatta la sua bellezza. Anche se i primi insediamenti urbani in questa zona risalgono ai tempi dei romani, fu durante il medioevo che venne costituito il centro urbano che diede origine a San Ginesio. E se un tempo la posizione era funzionale a difendere l’abitato, oggi concede una vista a 360° su tutto l’ambiente circostante. Chiamato anche il “Balcone dei Sibillini”, offre un belvedere che degrada dolcemente sulle colline circostanti sino ad arrivare al mare della costa Adriatica. Da diversi anni Bandiera Arancione del Touring Club Italiano, San Ginesio fa parte dei Borghi più belli d’Italia. fonte: Rimbalzino (iStock) Diversi i monumenti che vale la pena vedere a San Ginesio. I più importanti – e belli – risalgono al periodo tardomedievale, quando questa piccola cittadina contava alcune decine di migliaia di abitanti ed era una delle più temute dell’intera Marca di Ancona. Scopriamo insieme cosa vedere a San Ginesio. Le mura Dal momento dell’arroccamento, San Ginesio “sopravvive” senza cinta muraria per ben 300 anni, ben difesa dalla natura circostante e dai pendii della collina su cui sorge. Le continue lotte con i vicini fermani, però, inducono gli abitanti di San Ginesio a dare il là alla costruzione di un’imponente cinta muraria, costellata da torrioni difensivi e dotata di 8 porte d’ingresso (oggi ne restano in piedi 4). Nonostante i suoi 700 anni, le mura di San Ginesio sono ancora oggi perfettamente conservate e costituiscono una delle maggiori attrazioni turistiche della cittadina. Chiesa della Colleggiata fonte: fotografiche (iStock) Unica nel suo genere, la Chiesa di Santa Maria Assunta (della della Colleggiata) è il “gioiello della Corona” del centro storico di San Ginesio. Costruita nell’XI secolo sulle rovine di una cappella paleocristiana, la Colleggiata è l’unica opera di tutte le Marche realizzata in stile gotico fiorito. Nei secoli ha subito diverse modifiche e restauri, che le hanno conferito l’aspetto odierno. La facciata è decorata in cotto, con la parte inferiore in stile romanico, mentre la parte superiore (progettata e realizzata nella prima metà del XV secolo) è suddivisa in cinque prospetti di uguale larghezza ma differente altezza. L’interno è suddiviso in tre navate, con opere del Pomarancio, di Federico Zuccari, Adolfo De Karolis, Simone de Magistris e della scuola del Perugino. Sotto l’altare, invece, si trovano le reliquie di San Ginesio. Ospedale dei Pellegrini fonte: Rimbalzino (iStock) Situato all’ingresso della città, nelle vicinanze di Porta Picena, è stato realizzato nel XIII secolo con portico a basse colonne e un solo ordine di logge, che venne raddoppiato nel 1457. Il suo nome è legato a doppio filo alla sua funzione originaria di riparo per i pellegrini in transito verso Roma o il Santuario di Loreto. Chiesa di San Francesco Tra le più antiche costruzioni di San Ginesio, nel Medioevo svolse un ruolo non solo religioso. Detta anche Chiesa dei Comizi, era utilizzata per le assemblee cittadine per decidere su casi urgenti riguardanti tutta la comunità. Inoltre, al suo interno, era custodita l’urna con la quale erano sorteggiati i cinque Difensori o Priori della città. Attorno a essa si estendeva il quartiere dei nobili, con palazzi e costruzioni di pregio. All’interno troviamo affreschi e opere di pregio della scuola riminese-marchigiana, con forti richiami alla Cappella degli Scrovegni di Padova. Tra i borghi più belli e caratteristici delle Marche, San Ginesio vanta una storia millenaria. All’interno delle mura troviamo monumenti di alto valore storico e religioso.
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Chiese di catania - Chiesa dei Crociferi, Chiesa dei Minoriti, Chiesa san Biagio, Chiesa la Colleggiata, Chiesa san Francesco, San Placido, Vetrata Duomo, Duomo, Badia Sant’ Agata
Costruirò una chiesa solo per il tuo amore, perché la tua anima possa avere una casa degna di lei e la mia anima possa amarla cosi come i nostri corpi si amano. Nei nostri paradisi carnali ne avremo uno dedicato all’eternità di quanto proviamo, non a creare una nuova eresia, ma per credere che amare non è sperare, non è un labile sogno in una bolla di sapone, ma l’unica dissoluta certezza che ci sopravviverà. Costruirò quindi una chiesa fatta dal tuo corpo con vetrate colorate come I tuoi occhi, le colonne dei tuoi sorrisi alte fino al cielo, ed altari di puro marmo con la forma delle tue labbra. Nei nostri desideri scolpiremo angeli volanti e santi martiri nelle nostre voglie, dipingeremo un paradiso di ricordi in alto nel dorato soffitto e confessionali oscuri nella nostra dissoluta intimità. Mi farai prediche sensuali e pretenderai atti di fede infuocati per celebrare la tua santa unicità, la tua inesauribile pietà, la tua rinnovatrice misericordia. Ogni messa avrà un sacrificio sul tuo cuore e benedizioni di lacrime e sorrisi faranno finire funzioni infinite. Dall’alto del suo tutto, Dio vedrà la nostra piccola chiesa e curioso ci osserverà pregare ogni giorno l’uno nelle braccia dell’altra fedeli alla religione del nostro amore; scuotendo la testa osserverà la nostra umana nullità, e si girerà dall’altra parte, per creare un posto nel suo paradiso per la nostra povera piccola, carnale religione.
I will build a church only for your love, so that your soul may have a house worthy of her and my soul can love her as well as our bodies love it.In our carnal paradises we will have one devoted to eternity of what we feel, not to create a new heresy, but to believe that loving is not hoping, it is not a dreamless dream in a bubble of soap, but the only dissolute certainty that will survive to us.I will then build a church made of your body with colored stained glass like your eyes, the columns of your high smiles to heaven, and altars of pure marble with the shape of your lips. In our desires we sculpted flying angels and holy martyrs in our desires, we will paint a paradise of memories high in the golden ceiling and confessional darkness in our unwavering intimacy.You will make me sensual sermons and pretend acts of faithful fire to celebrate your holy unity, your inexhaustible piety, your merciful renewal. Each Mass will have a sacrifice on your heart and blessings of tears and smiles will end infinite functions. From the top of it all, God will see our little church and curious will keep us praying daily each one in the arms of another faithful to the religion of our love; shaking his head will observe our human nullity, and will turn to the other side, to create a place in his paradise for our poor little, carnal religion.
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Castelfidardo
teatro di una cruenta battaglia
che ha cambiato la sua economia con la Fisarmonica
Vista panoramica di Castelfidardo
Su di un colle tra le vallate dei fiumi Aspio e Musone e al confine dell’omonima selva, sorge Castelfidardo, a pochi chilometri dalla riviera del Conero, dove nel silenzio delle giornate ventose, si odono in lontananza le dolci melodie che escono dai mantici delle fisarmoniche, che vengono create a Castelfidardo.
Volendo passare alcuni giorni in questa magnifica località, per scoprirne i lati storici e culturali, uno degli itinerari da effettuare, è sicuramente quello che parte dalla Strada Statale 16, “l’Adriatica”, si gira per imboccare la Strada Provinciale 3 “Jesina”, direzione Castelfidardo, percorsi poche centinaia di metri, sulla destra segnalata con indicazioni a fondo marrone, si imbocca Strada della Battaglia, con Villa Ferretti, la Fondazione Ferretti ed il Centro di Educazione Ambientale Selva di Castelfidardo.
In lontananza, già si vede la “Selva”, una grande macchia arborea che si staglia nel cielo e adagiata nella valle, ai confini della Selva la strada si divide, a sinistra con una via chiusa che termina alla Fondazione Ferretti e quella che prosegue arriva fino a Castelfidardo.
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La Fondazione Duca Roberto Ferretti di Castelferretto
Fondata nel 1999 per volere del Duca Roberto, la ONLUS Italia Nostra, la Provincia di Ancona e la Regione Marche, a cui fanno parte la Selva, l’area della battaglia di Castelfidardo, una casa colonica storica e i suoi 17 ettari di terreno agricolo.
La Fondazione ha lo scopo di tutelare e promuovere il patrimonio culturale, ambientale e storico del territorio dove nel settembre del 1860 si è svolta una cruenta battaglia per l’unità d’Italia.
Nei primi del 2000, è stata riconosciuta come Centro di Educazione Ambientale Regionale C.E.A., la Fondazione per la realizzazione di attività e progetti in favore della cittadinanza e della tutela del territorio, si occupa di coltivare il proprio oliveto biologico, produrre l’olio monovarietale e con i proventi della vendita sostenere le varie attività.
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La Selva di Castelfidardo
Riconosciuta dalla Regione Marche come “Area Floristica Protetta”, ricopre il versante nord del Colle di Monte Oro, la sua parte più bassa ha un’altitudine di 15-20 metri sul livello del mare, per arrivare alla zona più elevata a 120 metri circa, il clima è vario, da zona umida e fresca nella parte inferiore, a un clima caldo e arido alla zona sommitale, creando così un ecosistema a diversità biologica.
Oggi la superficie copre circa 52 ettari, contro i 350 ettari, come risulta da documenti depositati, agli inizi del XVII secolo e si estendeva fino alla costa, tanto da essere denominata “Selva tutta in piano”.
La Selva di Castelfidardo
Le varie che troviamo nella selva sono, tre tipi di carpino il bianco, il nero e l’orientale, troviamo inoltre querce del tipo cerro, roverella e farnia, l’orniello, l’acero campestre, il nocciolo, il sorbo e l’alloro.
Vi si trovano anche edera spinosa, robbia selvatica, caprifoglio, asparago, mentre le specie a fioritura sono le orchidee, i ciclamini, la pervinca e le primule.
Sparse lungo la selva troviamo quelle che sono chiamate “acquasantiere” cioè delle cavità nei tronchi che raccolgono acqua piovana offrendo una fonte preziosa di abbeveramento alla fauna del bosco, volpe, tasso, moscardino, faina, quercino, donnola e il raro orbettino.
Nei secoli passati si praticava il taglio del legname che veniva utilizzato dalle comunità limitrofe per la costruzione di case, attrezzature, carri e navi ed anche per fare carbone, sparse nel bosco vi sono resti di carbonaie ancora individuabili, inoltre offriva risorse alimentari quali bacche, miele, funghi, erbe medicinali e la possibilità di cacciare.
Oggi è possibile visitare il bosco percorrendo sentieri tra cui spicca la “via di mezzo”, via principale per cui passavano carri e carrozze.
Il sacrario della battaglia nella selva di Castelfidardo eretto nel punto più cruento e sanguinoso
Proseguendo lungo il tratto a destra di Via della Battaglia, si giunge al “Sacrario della Battaglia”, eretto ai margini della Selva di Castelfidardo, nel punto di maggior ferocia della battaglia, venerato come luogo di commemorazione fintanto, che non fu inaugurato il Monumento Nazionale delle Marche, opera dello scultore Vito Pardo, dedicato ai Vittoriosi di Castelfidardo.
Proseguendo in Via della Battaglia si arriva alle porte della cittadina, seguendo la strada principale ci si trova davanti al cancello monumentale del Parco che ospita il Monumento Nazionale, dando le spalle al cancello, dopo aver fatto visita e ristoro nel parco, si imbocca via Matteotti e poi XXIV Maggio che porta in piazzale Don Giovanni Minzoni, qui si trovano i “Giardini di Porta Marina” con la splendida terrazza panoramica che dà su una visuale, da mozzare il fiato verso l’Adriatico e sopra il parco, che ospita il Monumento Nazionale delle Marche.
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Cancello d’ingresso al Monumento Nazionale delle Marche
Il Monumento Nazionale delle Marche, dedicato ai Vittoriosi di Castelfidardo
Dando le spalle ai giardini sulla destra si trova Porta Vittoria, varcandola arriviamo al cuore di Castelfidardo giungendo a Piazza della Repubblica, dove sorgono l’antico Palazzo Priorale e la Chiesa della Colleggiata.
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Palazzo Priorale
Oggi ospita gli uffici e la sala consiliare del Comune, un tempo era luogo di ritrovo e centro nevralgico del paese, all’interno del Palazzo Priorale si riunivano gli organi amministrativi, il Priorato e il Consiglio Generale.
Demolito nella metà del Cinquecento, perché cadente, venne ricostruito per opera del maestro Giovanni Giacomi da Lago Maggiore.
Vi si accedeva da una scalinata e nel pianerottolo, vi era posta una tavola di pietra, dove i Priori si sedevano attorno per porre all’asta le gabelle comunali.
Piazza della Repubblica con il Palazzo Priorale
L’altro luogo all’interno del palazzo era la “Sala Magna”, qui vi si teneva il Consiglio Generale, gli scranni posto intorno alle pareti con l’arengo al centro della parete di fondo e il tavolo dove era posto il Vangelo per il giuramento di rito al centro della sala.
Esternamente, sulla facciata sono poste ancora oggi, le unità di misura in lunghezza, il “braccio” e il “mezzo braccio”, alla sinistra la Torre Campanaria con merlature guelfe, l’orologio posto in facciata, incorniciato da circolo rotondo in travertino e la campana.
Le carceri si trovavano, insieme alla stanza delle pene e dei tormenti con frusta,costituita da strisce di cuoio inserite su un manico di legno, corda e tenaglie, nei sotterranei della Torre.
All’ultimo piano del Palazzo, troviamo il Salone degli Stemmi, così chiamato per la presenza di stemmi comunali dei centri che contribuirono all’erezione del monumento commemorativo della Battaglia di Castelfidardo, vi è conservato anche un quadro del pittore Gallucci, una fedele ricostruzione dell’ultima fase della Battaglia.
Ubicato nel seminterrato del Palazzo Comunale si trova il Museo della Fisarmonica.
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Il Museo della Fisarmonica
Presso le sale di questo Museo, è custodito l’antesignano della fisarmonica, lo “tcheng”, un antichissimo strumento cinese, risalente addirittura a 4500 anni fa, sopravvissuto nei millenni e fu grazie all’intuizione di Paolo Soprani, che nel 1863, con intuito e perspicacia, stravolse il modo di vivere di una parte del territorio marchigiano, “inventandosi” dal nulla un’industria, che in breve tempo avrebbe capovolto la realtà economica, basata sull’agricoltura, in una reale e diversa capacità reddituale proiettata verso il mondo.
Sala del Museo della Fisarmonica
Il Museo Internazionale della Fisarmonica oltre a documentare la storia dello strumento, porta un tributo agli artigiani e industriali che hanno contribuito a trasformare la realtà economica della zona.
E’ possibile seguire l’evoluzione della fisarmonica, seguendo i pannelli fotografici e gli strumenti esposti, osservando le fotografie dei personaggi che hanno ruotato e ruotano intorno ad essa, per comprendere un affascinante mondo artigiano, intriso di sudore, di orgoglio e di inventiva.
Vi si trovano esposte 350 esemplari tutti diversi tra loro, compresa la preziosa collezione Giuseppe Panini, il “re” delle figurine, appassionato dello strumento.
Molti dei “pezzi unici“, sono provenienti da ventidue paesi diversi, a cui è affiancata una tipica bottega artigiana dell’inizio del secolo scorso, lungo le pareti del museo, è disposta una documentazione fotografica, che va dal 1890 al 1970, vi sono collocate opere di artisti tra i quali Marc Chagall, Tonino Guerra, Silvia Bugari, Rodolfo Gasparri e fedeli riproduzioni pittoriche di Giovanni Boldini, Fernand Leger, Gino Severini, una simpaticissima lettera di Federico Fellini, il primo disco registrato con la fisarmonica da Pietro Deiro, la partitura originale di “Adios Nonino” di Astor Piazzolla.
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Castelfidardo dove nascono fisarmoniche Castelfidardo teatro di una cruenta battaglia che ha cambiato la sua economia con la Fisarmonica Su di un colle tra le vallate dei fiumi…
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