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#contaminanti ambientali
fabriziosbardella · 2 years
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10 mezzi dei Vigili del Fuoco sono intervenuti nell’azienda ittica che è andata in fiamme in provincia di Rovigo causando danni ingenti.  #arianopolesine #incendio#vigilidelfuoco #aziendaittica #polesine #altoferrarese #ARPAV #contaminantiambientali #mancinnadia #sbardellafabrizio
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ricercamix · 2 years
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Contaminanti ambientali e sistema immunitario
Contaminanti ambientali e sistema immunitario
Attività industriali, gas di scarico e pesticidi sono solo alcuni degli inquinanti che contaminano l’ambiente in cui viviamo. Possiamo entrare in contatto con essi attraverso oggetti, aria, acqua e cibo, e una volta all’interno del nostro organismo potrebbero causare effetti tossici. (more…)
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tecnotergroup3 · 1 month
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Gruppo Tecnoter: Leader nell'innovazione in attrezzature e soluzioni industriali
Il Gruppo Tecnoter è riconosciuto per le sue soluzioni all'avanguardia nel settore industriale, offrendo una gamma di prodotti di alta qualità progettati per migliorare l'efficienza operativa e la produttività. Con sede in Italia, Tecnoter è specializzata in lavaruote automatiche e basi di lavaggio, strumenti essenziali per mantenere ambienti di lavoro puliti ed efficienti. Questi sistemi sono particolarmente preziosi nei settori in cui la pulizia dei veicoli è fondamentale, come i cantieri edili e gli impianti di produzione. I lavaruote automatici sono progettati per resistere ai rigori di un uso intensivo, garantendo che i veicoli lascino i luoghi di lavoro puliti e privi di contaminanti, contribuendo a mantenere la sicurezza e il rispetto delle normative ambientali. lavaruote
Oltre ai propri sistemi di lavaggio, Tecnoter Group offre una selezione di generatori di corrente avanzati dotati di motori idraulici. Questi generatori sono progettati per garantire affidabilità e prestazioni, fornendo una fonte di alimentazione affidabile per varie applicazioni. Che si tratti di edilizia, uso industriale o backup di emergenza, i generatori di corrente Tecnoter sono progettati per soddisfare le esigenti esigenze delle operazioni moderne. A complemento dei generatori, Tecnoter produce anche compressori d'aria ad alte prestazioni che forniscono una pressione dell'aria costante ed efficiente, essenziale per un'ampia gamma di attività industriali. lavaggio ruote
Altro settore di specializzazione di Tecnoter sono i kit idraulici per escavatori. Questi kit sono progettati per ottimizzare la funzionalità degli escavatori, migliorandone le prestazioni e la versatilità in vari compiti. Anche i magneti idraulici e altre soluzioni innovative fanno parte della linea di prodotti Tecnoter, fornendo strumenti potenti ed efficienti per la movimentazione dei materiali e altre applicazioni specializzate. sistema lavaruote
L'impegno del Gruppo Tecnoter per la qualità e l'innovazione è evidente nella sua variegata offerta di prodotti. Puntando su tecnologia avanzata e design robusto, Tecnoter garantisce che le sue apparecchiature soddisfino i più elevati standard di prestazioni e durata. Per le aziende che cercano soluzioni affidabili ed efficaci nei settori del lavaggio ruote, della produzione di energia e dei sistemi oleodinamici, Tecnoter Group si distingue come opzione leader.
Visualizza altro - lava ruote trasportabile
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cinquecolonnemagazine · 3 months
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Microbioma, ambiente e salute: uno studio della Federico II
Microbioma, ambiente e salute: la nuova frontiera del benessere. Il microbioma è interprete fondamentale nell'interazione ambiente-salute e costituisce un ulteriore parametro nello sviluppo di modelli di valutazione del rischio. Lo dimostra uno studio condotto dal Dipartimento di Agraria dell'Università degli Studi di Napoli Federico II e dall'Istituto Zooprofilattico Sperimentale del Mezzogiorno e pubblicato sulla rivista internazionale Nature Communications. Il microbioma intestinale Il corpo umano è abitato da miliardi di batteri che costituiscono una inesauribile fonte di potenziali attività per il nostro organismo. In particolare, il microbioma intestinale viene a contatto, metabolizza e trasforma tutta una serie di composti chimici che possono avere diverse origini (ad esempio nutrienti, farmaci, contaminanti ambientali). Tuttavia, il modo in cui i microrganismi intestinali rispondono all'esposizione all'inquinamento ambientale è stato ancora poco esplorato. La Campania è stata attenzionata negli ultimi 15 anni per le vicende legate alla "Terra dei Fuochi" e all'inquinamento ambientale relativo a particolari aree della Regione. Per tale problematica la Regione Campania ha promosso e finanziato, nel corso degli anni, diversi interventi, tra cui il Piano Integrato Campania Trasparente (https://www.campaniatrasparente.it),  uno studio innovativo e pionieristico che prevede il monitoraggio dei suoli, delle acque, dei prodotti agro-alimentari ed il biomonitoraggio sulla popolazione residente mediante la conduzione dello Studio di Esposizione nella Popolazione Suscettibile (SPES - http://spes.campaniatrasparente.it). Obiettivi L'obiettivo di SPES, promosso dall'Istituto Zooprofilattico Sperimentale del Mezzogiorno in collaborazione con l'IRCCS G. Pascale di Napoli, è valutare la relazione tra inquinanti ambientali (Metalli pesanti, IPA, PCB, Diossine, ecc) e salute in Campania, misurando in maniera sistematica i biomarcatori di esposizione, di effetto o danno nei fluidi biologici, al fine di verificare eventuali differenze di rischio e/o di salute fra residenti nelle diverse aree territoriali campane. In uno studio recentemente pubblicato sulla rivista internazionale Nature Communications (https://rdcu.be/dI6BG), preso in considerazione un sottogruppo di 359 soggetti della coorte SPES, per valutare l'impatto dell'esposizione all'inquinamento sulla composizione del microbioma intestinale e sulle sue potenziali funzioni. La ricerca, condotta dal Dipartimento di Agraria dell'Università degli Studi di Napoli Federico II e dall'Istituto Zooprofilattico Sperimentale del Mezzogiorno, evidenzia come in soggetti provenienti da aree a diverso impatto ambientale si osservi un diverso incremento nell'intestino dei geni microbici legati alla degradazione e/o alla resistenza agli inquinanti. Metalli pesanti In particolare, l'esposizione ai metalli pesanti promuove anche nel microbioma intestinale lo sviluppo di antibiotico-resistenza. Infatti, in letteratura, è riportato che la resistenza ai metalli e quella agli antibiotici sono fenomeni spesso correlati, in quanto i geni coinvolti sono gli stessi o sono localizzati in punti vicini del genoma microbico. Questo studio rappresenta soprattutto una ulteriore evidenza dell'affascinante processo di co-evoluzione del microbioma intestinale con l'uomo. I nostri microrganismi si adattano alle condizioni ambientali a cui siamo esposti e i contaminanti ambientali spingono le nostre popolazioni microbiche ad attrezzarsi per degradarli. Sarebbe interessante sfruttare queste capacità dei microrganismi per promuovere meccanismi di adattamento dell'uomo a situazioni di rischio ambientale. Danilo Ercolini, Direttore del Dipartimento di Agraria e Responsabile Scientifico della Task Force di Ateneo per gli Studi sul Microbioma dell'Università degli Studi di Napoli Federico II. Batteri e microbioma Lo studio del microbioma rappresenta soprattutto un innovativo approccio nell'ambito delle correlazioni ambiente, cibo, salute. L'alterazione di questi batteri, che costituiscono il 3% del corpo umano, risulta responsabile di varie malattie tra cui obesità, patologie croniche degenerative e immunitarie. Studiare i fattori che influenzano la composizione di oltre 10.000 specie di batteri che ospitiamo, ci porta a sviluppare nuove strategie di profilassi e terapeutiche dichiara il Direttore Generale dell'Istituto Zooprofilattico Sperimentale del Mezzogiorno, Antonio Limone. Lo studio è svolto nell'ambito del progetto Linking environmental pollution and gut microbiota in individuals living in contaminated settlements, finanziato dal Ministero della Salute (Ricerca Finalizzata 2016 - Linea Giovani Ricercatori - GR-2016-02362975), la cui responsabile scientifico è Francesca De Filippis, ora professore associato di Microbiologia al Dipartimento di Agraria. Foto di Arek Socha da Pixabay Read the full article
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newsnoshonline · 5 months
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Cosa sta uccidendo il pesce sega in via di estinzione in Florida? Pesci a spirale nelle acque della Florida: una minaccia per il pesce sega Le segnalazioni di strani comportamenti dei pesci nelle acque della Florida hanno messo in allerta gli scienziati. Pesci che nuotano in cerchi stretti o a testa in giù, tra cui il pesce sega in via di estinzione, stanno suscitando preoccupazione nelle comunità di conservazione. Incontri di esperti e indagini per salvare il pesce sega Il biologo Ross Boucek del Bonefish & Tarpon Trust ha coordinato sforzi con agenzie statali e università per comprendere le cause di questo comportamento anomalo. Le ipotesi vanno da parassiti a contaminanti ambientali,
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agrpress-blog · 10 months
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Parte da Viareggio la campagna nazionale di Marevivo “BlueFishers”, nata per combattere l’inquinamento marino da polistirolo, coinvolgendo i pescatori della piccola pesca artigianale nella sostituzione delle cassette di polistirolo con quelle riutilizzabili e riciclabili. La prima azione pilota, presentata in conferenza stampa questa mattina, verrà realizzata nella località versiliana con il contributo della Tuscany Environment Foundation, in collaborazione con la Cittadella della Pesca e la Delegazione Regionale Marevivo Toscana. La campagna, che intende promuovere un modello di filiera in linea con le normative europee sull’economia circolare, prevede il coinvolgimento di cinquantotto imbarcazioni che saranno dotate di oltre 2.300 cassette riutilizzabili e riciclabili, prodotte da DuWo - azienda leader nel settore - e già in uso in diverse marinerie italiane. Una volta concluso il loro ciclo di utilizzo, le cassette potranno essere riciclate e trasformate in altre cassette o manufatti, dando loro nuova vita. Oltre a ridurre l’impiego del polistirolo per il pescato, la campagna punta a sensibilizzare sull’importanza di adottare buone pratiche ambientali, valorizzando anche il ruolo di “sentinelle del mare” che hanno i pescatori. Ogni anno in Italia sono oltre cinquanta milioni le cassette monouso di polistirolo espanso (EPS) utilizzate per il trasporto e la vendita della merce ittica, pari a circa quattordicimila tonnellate. A causa della sua dispersione incontrollata, dovuta all’abbandono volontario o involontario, ma anche alla fragilità del materiale stesso e al bassissimo tasso di riciclo dopo l’utilizzo, il polistirolo rappresenta uno dei rifiuti maggiormente presenti in mare, in spiaggia e lungo le coste. Inoltre, secondo una recente ricerca del Dipartimento di Scienza, della Vita e dell’Ambiente dell’Università Politecnica delle Marche è, tra i rifiuti plastici analizzati, il polimero in grado di assorbire e veicolare il maggior numero di contaminanti metallici. Con questo progetto, Marevivo intende rivolgersi anche ai decisori per sottolineare l’importanza di promuovere leggi che arrivino a vietare le cassette di polistirolo usa e getta utilizzate nel comparto ittico. Attualmente non risultano normative europee vincolanti che vietino in modo esplicito l'utilizzo del polistirolo in questo settore. Anche a livello nazionale la situazione non è regolamentata e le decisioni al riguardo dipendono unicamente dalla sensibilità dei soggetti coinvolti, come associazioni civili, cooperative di pescatori e istituzioni locali. «Marevivo si batte da quasi quarant’anni contro l’inquinamento marino da plastica. Con questa campagna vogliamo, ancora una volta, richiamare l’attenzione di opinione pubblica, Istituzioni e mondo imprenditoriale sul fatto che proprio l’uomo, che con le sue azioni mette a rischio quotidianamente la salute del mare, può essere la soluzione», ha dichiarato Laura Gentile, Coordinatrice nazionale del progetto per la Fondazione ambientalista. «Sapendo, quindi, che ogni rifiuto che finisce in mare disinnesca il processo prezioso legato all’economia circolare, dobbiamo perseguire modelli virtuosi e sostenibili coinvolgendo tutti gli attori preposti, soprattutto in quei settori che, come la pesca, dal mare traggono la loro ragion d’essere». Presenti alla conferenza stampa, oltre ai rappresentanti di Marevivo, Stefania Saccardi (Vice Presidente Regione Toscana e Assessore all’Agro-alimentare, caccia e pesca), Giorgio Del Ghingaro (Sindaco di Viareggio), Alessandra Malfatti (Presidente Cittadella della Pesca), Riccardo Mastini (Direttore Tuscany Environment Foundation), C.F. Silvia Brini (Comandante Capitaneria di Porto di Viareggio), e Alfonso Raiola (Responsabile commerciale DuWo). «In qualità di Delegata Marevivo in Toscana sono orgogliosa di fare da madrina alla nascita di una buona pratica che porterà grandi benefici all'ambiente e permetterà ai pescatori di essere protagonisti di una piccola,
ma importantissima rivoluzione», ha annunciato Marina Gridelli (Delegata Marevivo Toscana). «Il mare è senza dubbio l’ecosistema che sta subendo i maggiori danni a causa dell’attività antropica ed è essenziale adottare migliori pratiche nel settore della pesca per ridurre l’inquinamento. Con il sostegno a Marevivo, la Tuscany Environment Foundation vuole segnalare la propria sensibilità su questo tema e investire in progetti di conservazione ambientale in Versilia, zona fondamentale per intraprendere progetti che coniughino nuove opportunità commerciali con la sostenibilità ambientale», ha dichiarato Riccardo Mastini (Direttore Tuscany Environment Foundation). «L’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile approvata dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite ci ricorda che “non c’è futuro per chi non si preoccupa del bene comune". Noi abbiamo fatto nostro questo principio, concentrandoci su due dei diciassette obiettivi dell’Agenda: (I) costruire infrastrutture resilienti, promuovere l’industrializzazione inclusiva e sostenibile e sostenere l’innovazione; e (II) conservare e utilizzare in modo sostenibile gli oceani, i mari e le risorse marine. A piccoli passi, cerchiamo di perseguire un approccio responsabile alle nostre attività quotidiane che riduca costantemente l’impronta ambientale di tutta la catena, partendo dall’utilizzo delle materie prime. Da sempre, il pesce viaggia in cassette monouso che ne garantiscono la freschezza e l’igiene ma che, al contempo, alimentano la dispersione nell’ambiente del polistirolo. Oggi, grazie a Marevivo e Tuscany Foundation, siamo in grado di iniziare un percorso virtuoso che ci permetterà di ridurre drasticamente la presenza della plastica nella nostra filiera», queste le parole di Alessandra Malfatti (Presidente Cittadella della Pesca). «Un progetto importante, in linea con la nostra Amministrazione che da sempre è attenta all’ambiente, al riuso e soprattutto alla riduzione del rifiuto. Viareggio è stato uno dei primi Comuni a organizzare eventi plastic-free, Carnevale compreso: una complessa macchina organizzativa che ha messo al bando la plastica coinvolgendo in questo anche i privati e predisponendo un servizio di raccolta rifiuti imponente con addetti incaricati e isole ecologiche presidiate. Penso poi alle spiagge plastic-free, progetto di ambito regionale, al quale abbiamo subito aderito. Il mare per la nostra città non è una risorsa: Viareggio sul mare è nata e di mare vive da sempre. Lo sanno bene i nostri pescatori, la cui flotta è stata coinvolta in questo progetto: gente che fa un lavoro non facile, e che a maggior ragione ringrazio per l’attenzione che da sempre mettono per la tutela delle acque e l’impegno ulteriore che a loro viene richiesto», ha dichiarato Giorgio Del Ghingaro, Sindaco di Viareggio. «Il progetto DuWo nasce con l'obiettivo di realizzare un cambio culturale, dal perdere al rendere, e di dare un contributo concreto all’ecosistema e una dignità socio-economica agli attori della filiera ittica. Il packaging progettato da DuWo intende dare valore aggiunto alla piccola pesca. Garantendo la certezza igienica, grazie alla tracciabilità delle casse con un microchip RFID inserito in ogni cassetta, il progetto DuWo è stato accreditato presso la UE Mission come progetto Salva Oceani», ha concluso Alfonso Raiola, Responsabile commerciale.
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wdonnait · 11 months
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Farfalline e insetti nella pasta : come evitare che succeda
Nuovo post pubblicato su https://wdonna.it/farfalline-e-insetti-nella-pasta-come-evitare-che-succeda/116507?utm_source=TR&utm_medium=Tumblr&utm_campaign=116507
Farfalline e insetti nella pasta : come evitare che succeda
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Ultimamente c’è un allarme da parte di molte famiglie perchè nella dispensa di casa, dove conservano la pasta, si trovano diversi animaletti. Stiamo parlando di moscerini e farfalline che riescono anche a bucare la plastica dei pacchi chiusi di pasta.
Ma come mai ci sono?
I microorganismi presenti nella pasta derivano dalle uova depositate da insetti parassiti dei cereali, i quali, in condizioni ambientali favorevoli, attraversano un ciclo di sviluppo che li porta prima allo stadio di larva, noti come “vermetti”, e successivamente all’età adulta, manifestandosi come farfalline. Uno dei parassiti più comuni in questo contesto è il Tenebrio molitor, un minuscolo coleottero il cui ciclo vitale prevede che le femmine depongano fino a 600 uova. Queste, sotto condizioni ambientali ottimali, completano il loro sviluppo in un paio di settimane. L’Unione Europea ha riconosciuto l’innocuità del Tenebrio molitor registrandolo come “novel food” (nuovo alimento), consentendone il consumo.
Le farfalline visibili sono in realtà piccoli lepidotteri comunemente chiamati “tarme” della farina o “tignole”. Le loro uova si raggruppano formando piccole ragnatele e, a seconda delle condizioni ambientali come temperatura e umidità, subiscono una metamorfosi che le porta dalla fase larvale a quella di insetto adulto nel corso di un periodo variabile. Non va dimenticato il “punteruolo” della pasta, un minuscolo curculionide lungo 2-3 mm, dotato di elitre ma incapace di volare. Il suo sviluppo segue un percorso simile a quello degli altri insetti menzionati.
Come contaminano la pasta
Gli insetti “contaminanti” possono facilmente infiltrarsi nei granai, nei silos e nei veicoli utilizzati per il trasporto dei cereali, dove depongono le loro uova. Durante le fasi successive di lavorazione, come la macinazione a temperatura ambiente, le uova mantengono la loro vitalità e possono persistere nelle farine, rilevabili solo attraverso accurati esami microscopici. Sebbene l’utilizzo di insetticidi potrebbe teoricamente eliminare questa presenza, il rischio residuo nelle farine supera notevolmente i potenziali benefici.
I cereali e le relative farine vengono generalmente sottoposti a processi di cottura che superano i 100 °C prima del consumo. A tali temperature elevate, le uova vengono completamente distrutte, eliminando qualsiasi possibilità di sviluppo in larve o insetti. Tuttavia, la situazione cambia nella produzione della pasta, dove le temperature raggiunte durante la lavorazione sono relativamente moderate e raramente superano i 75 °C. In queste condizioni, esiste il rischio che alcune uova possano sopravvivere. Pertanto, se la pasta non viene conservata correttamente, ad esempio in ambienti umidi con temperature intorno ai 30 °C, le uova hanno la possibilità di svilupparsi, dando origine a larve e insetti adulti e contaminando il prodotto finale.
Poiché questi insetti parassiti sono diffusi ovunque, è possibile trovarli anche nelle nostre abitazioni, con il rischio che depongano le uova sugli alimenti non adeguatamente protetti. Ciò potrebbe innescare la contaminazione e il successivo sviluppo degli insetti se le condizioni ambientali sono favorevoli.
Come evitarli
Per evitare di trovare farfalline nella pasta e prevenire la contaminazione da insetti, puoi adottare alcune pratiche igieniche e di conservazione. Ecco alcuni suggerimenti:
Conservazione adeguata:
Conserva la pasta in contenitori ermetici o sacchetti richiudibili. Assicurati che siano sigillati correttamente per evitare l’accesso degli insetti.
Temperatura e umidità:
Conserva la pasta in un ambiente fresco e asciutto. Le farfalline tendono a proliferare in ambienti caldi e umidi, quindi mantenere un ambiente più fresco e secco può ridurre il rischio di contaminazione.
Ispezione visiva:
Prima di utilizzare la pasta, controlla visivamente il prodotto per individuare eventuali segni di farfalline, larve o uova. Se noti qualcosa di sospetto, scarta il prodotto.
Utilizzo rapido:
Cerca di consumare la pasta il più rapidamente possibile dopo l’apertura del pacchetto. Questo riduce il tempo in cui gli insetti potrebbero avere la possibilità di deporre uova o svilupparsi.
Pulizia e igiene:
Mantieni puliti gli armadi e la dispensa. Rimuovi briciole e residui alimentari che potrebbero attrarre gli insetti. Pulisci regolarmente gli scaffali e gli spazi di conservazione.
Repellenti naturali:
Puoi considerare l’uso di repellenti naturali, come foglie di alloro o sacchetti di chiodi di garofano, che possono contribuire a tenere lontani gli insetti.
Congelamento:
Se hai spazio disponibile, conserva la pasta nel congelatore. Il freddo può uccidere eventuali uova o larve presenti.
Acquisto consapevole:
Acquista la pasta da fornitori affidabili e verifica la data di scadenza del prodotto prima dell’acquisto.
Seguendo questi consigli, puoi ridurre significativamente il rischio di trovare farfalline nella pasta e mantenere il tuo approvvigionamento alimentare al sicuro da contaminazioni indesiderate.
I Pericoli
A parte la normale repulsione, non sussistono rischi significativi associati al consumo di pasta o prodotti da forno eventualmente contaminati. Tuttavia, è importante notare che alcune persone possono essere allergiche ai parassiti, con conseguenti danni che spesso risultano lievi e passano inosservati. La presenza di uova o insetti potrebbe causare disagi anche a coloro che seguono una dieta vegetariana o vegana, rifiutando il consumo di qualsiasi alimento che contenga anche tracce di tessuti animali.
Vale la pena notare che in diverse parti del mondo il consumo di insetti di dimensioni maggiori è una pratica alimentare comune, e l’Unione Europea stessa ne autorizza l’utilizzo. In Italia, in particolare in Sardegna, esiste un formaggio noto come “casu martzu” (la cui legalità è oggetto di discussione) che contiene larve di mosche ed è apprezzato localmente.
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mscapolan · 11 months
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Il monitoraggio dei parametri in una vasca di acque reflue è fondamentale per garantire un trattamento efficiente delle acque e il rispetto delle normative ambientali. La vasca di acque reflue è spesso una parte integrante di un impianto di trattamento delle acque reflue ed è utilizzata per rimuovere contaminanti e impurità prima del rilascio delle acque trattate nell'ambiente o nel sistema di drenaggio. Ecco alcuni dei parametri chiave che vengono comunemente monitorati in una vasca di acque reflue:
Parametro di pH: Il pH dell'acqua è un parametro critico poiché influisce sulla solubilità dei contaminanti e sulla performance di molti processi di trattamento. Il monitoraggio del pH consente di regolare il trattamento chimico per raggiungere valori ottimali di pH.
Parametri di solidi sospesi: Il monitoraggio dei solidi sospesi, inclusi i solidi sospesi totali (SST) e i solidi sospesi volatili (SSV), aiuta a valutare l'efficacia della sedimentazione e della chiarificazione nella rimozione dei solidi dall'acqua.
Parametro di concentrazione di inquinanti: È importante misurare la concentrazione di specifici inquinanti come COD (Chemical Oxygen Demand), BOD (Biochemical Oxygen Demand), nutrienti (nitrati e fosfati), metalli pesanti e altri contaminanti specifici in base alle normative locali.
Parametro di turbidità: La turbidità misura la chiarezza dell'acqua ed è utile per valutare l'efficacia del processo di chiarificazione e per monitorare la presenza di solidi in sospensione.
Parametro di temperatura: La temperatura dell'acqua può influenzare le reazioni chimiche e biologiche nei processi di trattamento, quindi il monitoraggio della temperatura è importante per mantenere condizioni ottimali.
Continua a leggere l'articolo su: scapolan.blogspot.com
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personal-reporter · 2 years
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Agenda 2030: Punto 6 - Acqua pulita e Igiene
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L'acqua pulita e l'igiene sono due aspetti cruciali per la salute e il benessere dell'umanità. Tuttavia, molte persone in tutto il mondo non hanno accesso a fonti di acqua potabile sicura o a servizi igienici adeguati. Questo è un grave problema che deve essere affrontato urgentemente per garantire la salute e il benessere di tutte le persone. L'Organizzazione delle Nazioni Unite (ONU) ha incluso l'accesso all'acqua potabile e all'igiene tra gli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile dell'Agenda 2030. Questi obiettivi sono stati stabiliti nel 2015 con l'obiettivo di risolvere i problemi sociali, ambientali ed economici più urgenti del nostro tempo. L'Obiettivo 6 dell'Agenda 2030 si concentra sull'accesso all'acqua potabile e all'igiene. Il suo obiettivo è garantire che tutti abbiano accesso a fonti di acqua potabile sicura e servizi igienici adeguati entro il 2030. Questo obiettivo è essenziale per garantire la salute delle persone, ridurre la povertà e promuovere la sostenibilità ambientale. Secondo i dati delle Nazioni Unite, circa 2,2 miliardi di persone nel mondo non hanno accesso a servizi igienici adeguati. Ciò significa che non hanno accesso a bagni, docce o servizi igienici adeguati. Inoltre, circa 785 milioni di persone non hanno accesso a fonti di acqua potabile sicura. Ciò significa che devono bere acqua contaminata, che può causare malattie e persino la morte. L'acqua contaminata è una delle principali cause di malattia e morte nel mondo. Può contenere batteri, virus, parassiti e sostanze chimiche dannose che possono causare malattie come la diarrea, la febbre tifoide, il colera e l'epatite. Queste malattie possono essere fatali, specialmente per i bambini e le persone con un sistema immunitario debole. L'accesso all'acqua potabile sicura è quindi essenziale per garantire la salute delle persone. Ciò significa che l'acqua deve essere trattata e disinfettata per rimuovere i contaminanti e renderla sicura da bere. Questo può essere fatto attraverso una serie di tecniche di trattamento dell'acqua, tra cui la clorazione, la filtrazione e l'ozonizzazione. Inoltre, i servizi igienici adeguati sono essenziali per prevenire la diffusione di malattie e mantenere un ambiente igienico e salutare. Ciò significa che le persone devono avere accesso a bagni, docce e servizi igienici adeguati. I servizi igienici adeguati sono quelli che impediscono la diffusione di malattie attraverso il contatto con le feci. Ciò significa che i servizi igienici devono essere costruiti in modo tale da impedire il contatto diretto con le feci. L'accesso all'acqua potabile sicura e ai servizi igienici adeguati è particolarmente importante nelle comunità più povere e vulnerabili. In molte di queste comunità, l'acqua contaminata e la mancanza di servizi igienici adeguati sono problemi comuni che possono causare malattie e morte. Inoltre, la mancanza di servizi igienici adeguati può avere un impatto significativo sulla dignità umana e sulla sicurezza delle donne e delle ragazze, che spesso sono costrette a defecare all'aperto. Affrontare questi problemi richiede un approccio integrato che coinvolge governi, organizzazioni non governative e il settore privato. Ciò significa che è necessario investire in infrastrutture per il trattamento dell'acqua e la costruzione di servizi igienici adeguati. Inoltre, è importante educare le persone sull'importanza dell'acqua potabile sicura e dei servizi igienici adeguati e promuovere comportamenti igienici sani. L'acqua pulita e l'igiene sono importanti non solo per la salute umana, ma anche per la sostenibilità ambientale. La scarsità di acqua pulita è un problema sempre più grave in molte parti del mondo, e la gestione sostenibile delle risorse idriche è essenziale per garantire che ci sia abbastanza acqua per tutte le persone e per gli altri usi importanti come l'agricoltura e l'industria. La gestione sostenibile delle risorse idriche richiede una combinazione di tecniche di conservazione dell'acqua, utilizzo efficiente dell'acqua e protezione degli ecosistemi acquatici. Ciò significa che è importante promuovere pratiche agricole sostenibili che riducano il consumo di acqua, come l'irrigazione a goccia e la coltivazione di piante resistenti alla siccità. È anche importante proteggere le aree umide e le foreste, che sono importanti habitat per la fauna selvatica e aiutano a mantenere la qualità dell'acqua. In sintesi, l'acqua pulita e l'igiene sono due aspetti cruciali per la salute umana e la sostenibilità ambientale. L'accesso all'acqua potabile sicura e ai servizi igienici adeguati è essenziale per garantire la salute delle persone e ridurre la povertà. Inoltre, la gestione sostenibile delle risorse idriche è essenziale per garantire che ci sia abbastanza acqua per tutte le persone e per gli altri usi importanti come l'agricoltura e l'industria. Per affrontare questi problemi, è necessario un approccio integrato che coinvolga governi, organizzazioni non governative e il settore privato. Read the full article
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nebbiaprofumata · 7 years
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In laboratorio abbiamo delle new entry: le Hep G2. Sono cellule epatiche su cui andremo a valutare l'influenza di alcuni contaminanti ambientali sull'insorgenza tumorale.
Bastano queste cosine per farmi felice.
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scienza-magia · 4 years
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Il 60% delle acque Italiane sono chimicamente inquinate
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Dagli antibiotici ai pesticidi: ecco la chimica che inquina il 60% delle acque italiane. Anche microplastiche e creme solari: tante le sostanze e i composti chimici di quotidiano utilizzo che inquinano i corpi idrici. Un dossier di Legambiente fotografa l'inquinamento industriale.
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Il fiume Seveso (foto: Mauro Lunardi, via Wikimedia Commons) Nei giorni del lockdown abbiamo visto le acque più limpide, dai fiumi alla Laguna. Ma cosa c'è che le inquina? E con quali impatti su salute e ambiente? Il dossier di Legambiente dal titolo "H2O – la chimica che inquina l’acqua" (qui il .pdf) fa il punto sulle sostanze inquinanti immesse nei corpi idrici, con numeri, dati e un focus dedicato alle sostanze emergenti: tra queste fitofarmaci, farmaci a uso umano e veterinario, pesticidi di nuova generazione, microplastiche. Sono 46 le storie raccolte a testimonianza della contaminazione. Lo sversamento incontrollato In Italia circa il 60% dei fiumi e dei laghi non è in buono stato e molti di quelli che lo sono non vengono protetti adeguatamente. Su dati del registro E-PRTR (European Pollutant Release and Transfer Register), l’associazione ambientalista calcola inoltre che dal 2007 al 2017 gli impianti industriali abbiano immesso, secondo le dichiarazioni fornite dalle stesse aziende, ben 5.622 tonnellate di sostanze chimiche nei corpi idrici. Acque inquinate d'Italia: il dossier di Legambiente Alla vigilia della Giornata mondiale dell’Ambiente, l’associazione ricorda che la corretta gestione e la cura della risorsa idrica devono essere una priorità del Paese insieme alle bonifiche e al rafforzamento della Direttiva Quadro Acque per mantenere gli obiettivi, senza nuovi slittamenti e sotto la revisione degli Stati membri. E
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lancia un appello al Governo, affinché una parte considerevole dei mille miliardi di euro stanziati dall’Ue per le politiche ambientali e climatiche finanzi il Green New Deal italiano per favorire il recupero dei ritardi infrastrutturali, l’adeguamento ed efficientamento degli impianti di depurazione e della rete fognaria e acquedottistica, gli interventi di riduzione del rischio idrogeologico. "Per anni utilizzati come discariche dove smaltire i reflui delle lavorazioni industriali, i nostri fiumi, laghi, acque marino-costiere e falde sotterranee sono stati contaminati da scarichi inquinanti: ma oggi, alle minacce di ieri se ne aggiungono di diverse e non meno insidiose". L'obiettivo, in questa Fase 2 che vede ripartire la gran parte delle attività, è imporre una ripartenza diversa. A cominciare delle industrie che continuano a perseguire metodi e attività incompatibili con la tutela dell’ambiente e delle risorse idriche in particolare, come dimostrano casi ancora aperti quali gli sversamenti illeciti nel fiume Sarno, in Campania, il più inquinato d’Europa, o quello del bacino padano, area di maggiore utilizzo europeo di antibiotici negli allevamenti, i cui residui si ritrovano nelle acque. I laghi dei veleni alle pendici del Vesuvio: il videoreportage sull'inquinamento del Sarno "La riapertura delle attività produttive – commenta Giorgio Zampetti, direttore generale di Legambiente – ci ha restituito in diverse situazioni anche la riattivazione di scarichi inquinanti nelle acque. Un fenomeno che ha un impatto notevole su corpi idrici in molti casi già compromessi da decenni di inquinamento e oggi minacciati anche dalla presenza dei nuovi 'contaminanti emergenti', un rischio per la salute, oltre che per l’ambiente. Di certo non può essere il lockdown la misura per restituirci acque limpide, ma ora che abbiamo tutti visto come sia possibile ritornare ad avere fiumi e laghi puliti, occorre puntare sulle giuste politiche e misure a livello nazionale fin da questa fase di ripartenza".
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"Servono un sistema di controllo e monitoraggio sempre più accurato e uniforme su tutto il territorio nazionale e un’azione di denuncia degli scarichi illegali. - prosegue Zampetti - Per questo abbiamo deciso di iniziare a raccogliere le segnalazioni sugli scarichi inquinanti da parte delle persone che continueranno ad essere sentinelle sul territorio. Le storie che abbiamo raccolto in questo dossier ben ci raccontano le pratiche legali e illegali che tutt’oggi continuano ad avvelenare acque, persone e territori. Condotte che non sono più tollerabili, specie in settori che dovrebbero essere protagonisti di una nuova fase di transizione ecologica”. La Direttiva Acque e gli obiettivi mancati "Il raggiungimento di una buona qualità ecologica e chimica dei corpi idrici in Europa, che la Direttiva Quadro Acque (2000/60/CE) aveva fissato al 2015, non è più procrastinabile – dichiara Andrea Minutolo, responsabile scientifico di Legambiente –– Diverse le cause del mancato conseguimento dei risultati, tra cui gli scarsi finanziamenti erogati, un’attuazione troppo lenta della direttiva da parte degli Stati membri e un’insufficiente integrazione degli obiettivi ambientali nelle politiche settoriali. L’Italia, da questo punto di vista, è in forte ritardo. La piena attuazione della Direttiva Acque, peraltro, è fondamentale per contrastare i cambiamenti climatici: serve a migliorare lo stato ecologico dei corpi idrici, restituire spazio ai fiumi, mitigare il rischio alluvioni ed evitare alterazioni dei corridoi fluviali rispettando la naturalità. Per una ripartenza post-Covid, occorre che anche le aziende facciano la loro parte”. L'effetto cocktail
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L’Ue ha individuato inoltre 45 sostanze prioritarie che rappresentano un "rischio significativo per l’ambiente acquatico o proveniente dall’ambiente acquatico" che gli Stati membri sono tenuti a monitorare: per lo più nelle nostre acque se ne individuano due famiglie, sostanze organiche e metalli pesanti, immesse tramite i processi produttivi o gli impianti di depurazione delle aree urbane. Non meno impattanti, ma considerati emergenti, sono invece le migliaia di contaminanti cui Legambiente dedica un capitolo a parte: inquinanti dai potenziali effetti avversi su salute e ambiente stimati in oltre 2.700 in commercio, in gran parte non regolamentati. Tra questi, fitofarmaci, farmaci a uso umano e veterinario, pesticidi di nuova generazione, additivi plastici industriali, prodotti per la cura personale, nuovi ritardanti di fiamma e microplastiche. Sostanze magari presenti nelle acque in piccole concentrazioni, ma che interagendo per molto tempo possono creare un 'effetto cocktail'. Allarme pesticidi
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Sono 130 mila all’anno, invece, le tonnellate di pesticidi usate nella filiera agricola italiana: secondo l’Ispra, quantità significative di principi attivi e metaboliti di questi fitofarmaci si ritrovano in acque superficiali (67%) e sotterranee (33%), evidenziando la correlazione fra chimica nelle filiere tradizionali e impatti negativi sul sistema idrico, come sostenuto da sempre anche da Legambiente. Altro rischio sanitario deriva dai contaminanti nelle attività agrozootecniche: una ricerca pubblicata da The Lancet nel 2018 rivela che in Italia avviene un terzo delle 33 mila morti annue nell’Ue da infezioni da Amr (agenti resistenti agli antimicrobici). Nel 2019 l’Agenzia Europea del Farmaco ha evidenziato un uso di antibiotici sproporzionato nei nostri allevamenti: 1.070 tonnellate all’anno, il 16% dei consumi Ue, con il bacino padano area di maggiore utilizzo europeo.
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La mappa dei casi italiani di acque inquinate non è affatto rassicurante. Il dossier fotografa casi che da decenni aspettano bonifiche e riqualificazioni. Partendo da Porto Marghera in Veneto, primo sito nazionale da bonificare individuato nel 1998, passando per la Sardegna con il forte inquinamento da metalli pesanti nella zona industriale di Portoscuso e quello da sostanze organiche, solventi clorurati e idrocarburi nella zona industriale di Porto Torres, per arrivare in Sicilia, a Milazzo, Gela, Augusta Priolo e Melilli, devastate dalle industrie del petrolchimico. In mezzo, tanti altri siti d’interesse Nazionale: dalla laguna di Grado e Marano in Friuli alla Caffaro di Brescia in Lombardia; dai siti toscani di Piombino, Livorno e Orbetello a quelli marchigiani di Falconara Marittima; dalla Valle del Sacco nel Lazio ai siti pugliesi di Brindisi, Taranto e Manfredonia. Tutte aree dove IPA, PCB, metalli pesanti, diossine, pesticidi e idrocarburi hanno portato a problemi sanitari oltre che ambientali. E ancora, la Campania, con l’inquinamento del fiume Sarno e delle falde del Solofra, e la Terra dei Fuochi; la contaminazione del lago Alaco in Calabria, quella delle acque potabili dei comuni metapontini in Basilicata, del lago d’Orta in Piemonte o dell’acquifero del Parco Nazionale del Gran Sasso, in Abruzzo, dove Legambiente è parte civile nel procedimento penale in corso. L'emergenza Pfas
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Sono solo alcune delle decine di casi segnalati nel dossier, che si avvale dell’apporto dei circoli locali e regionali di Legambiente. Come per il focus sui pesticidi e sul glifosato in Emilia Romagna. O, ancora, per gli approfondimenti sull'inquinamento da Pfas (composti chimici che rendono le superfici trattate impermeabili ad acqua, sporco e olio), con i casi della provincia d’Alessandria, dove è in fase di autorizzazione un progetto che prevede l’utilizzo di una nuova sostanza (cC604) dagli effetti potenzialmente dannosi in un’area in cui “l’eccesso di ricoveri e di mortalità è segnalato da anni”; del Veneto dove l’inquinamento da Pfas è storicamente dovuto allo scarico di un’industria chimica e interessa le province di Vicenza, Verona e Padova, minacciando la salute di 300 mila persone; della Lombardia, dove l’Arpa ha rilevato Pfas in tutti i bacini della pianura. Le proposte di Legambiente Oltre all’appello al Governo, l’associazione ambientalista rilancia alcune sue proposte. Secondo Legambiente, le microplastiche devono rientrare tra i criteri di valutazione del buono stato delle acque interne. Serve, inoltre, dare spazio all’innovazione tecnologica e ridurre drasticamente l’uso di sostanze di sintesi pericolose in agricoltura. Per farlo occorre approvare i decreti attuativi della Legge 132/2016 che ha istituito il Sistema Nazionale a rete per la Protezione Ambientale (Snpa), consentendo di potenziare, uniformare e migliorare i controlli sul territorio incidendo sulla prevenzione dall’inquinamento. Read the full article
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tecnotergroup3 · 3 months
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Rivoluzioniamo la pulizia con la Lavaruote Trasportabile di Tecnoter Group
Nei moderni settori edile e minerario, il mantenimento della pulizia delle apparecchiature è fondamentale. Il Gruppo Tecnoter, leader in soluzioni innovative, ha introdotto una lavaruote trasportabile all'avanguardia che ridefinisce la praticità e l'efficienza. Progettate per soddisfare le rigorose esigenze di questi settori, queste apparecchiature all'avanguardia garantiscono che i veicoli rimangano puliti, conformi alle normative ambientali e funzionino in modo ottimale. lavaruote
Mobilità e flessibilità senza pari
Una delle caratteristiche distintive della lavaruote trasportabile Tecnoter è la sua mobilità. A differenza dei tradizionali sistemi lavaruote che richiedono un'installazione permanente, la soluzione Tecnoter può essere facilmente trasportata in vari siti. Questa flessibilità è preziosa per le società di costruzione e le attività minerarie che si trasferiscono spesso. La lavaruote trasportabile può essere installata in modo rapido ed efficiente, riducendo al minimo i tempi di fermo macchina e massimizzando la produttività.
Prestazioni di pulizia superiori
La lavaruote trasportabile di Tecnoter Group non scende a compromessi in termini di prestazioni. Dotato di ugelli ad alta pressione e robuste spazzole, rimuove efficacemente sporco, fango e detriti dalle ruote dei veicoli. Questo accurato processo di pulizia impedisce il trasporto di contaminanti fuori sede, riducendo l'impatto ambientale e garantendo la conformità alle normative locali. Inoltre, ruote più pulite contribuiscono alla longevità e all’efficienza dei veicoli, risparmiando sui costi di manutenzione nel lungo periodo. lavaggio ruote
Operazione ecologica
Il Gruppo Tecnoter pone una forte attenzione alla sostenibilità. Il lavaruote trasportabile è progettato con caratteristiche ecologiche che riducono al minimo il consumo di acqua senza sacrificare il potere pulente. Il sistema ricicla e filtra l'acqua, garantendo che venga riutilizzata più volte prima di essere scaricata. Ciò non solo consente di risparmiare acqua, ma riduce anche l’impatto ambientale complessivo dell’attività.
Facile integrazione e design intuitivo
La facilità d'uso è un altro vantaggio chiave della lavaruote trasportabile di Tecnoter. Il design intuitivo consente un funzionamento semplice, anche da parte di personale con una formazione minima. Il sistema si integra perfettamente nei flussi di lavoro esistenti, garantendo che la transizione sia fluida e senza problemi. Inoltre, il team di assistenza clienti di Tecnoter è sempre a disposizione per fornire assistenza e garantire prestazioni ottimali. sistema lavaruote
In conclusione, la lavaruote trasportabile di Tecnoter Group rappresenta una svolta per le industrie che richiedono veicoli puliti e ben mantenuti. La sua mobilità, le prestazioni di pulizia superiori, il funzionamento ecologico e il design intuitivo lo rendono uno strumento indispensabile per le moderne operazioni di costruzione e estrazione mineraria. Abbraccia il futuro della pulizia con Tecnoter Group e sperimenta la differenza che l'innovazione può fare.
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sciscianonotizie · 5 years
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kon-igi · 7 years
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Salve Kon, Ho 20 anni e da piccolo feci tutti i vaccini obbligatori del tempo, con tanto di richiamo. Parlandone ieri con mia madre che si è ascoltata il discorso di Wakefield e del prof. S. Montanari, ho scoperto che quando feci io i vaccini, essi erano "puri", mentre ora sono "inquinati" da metalli pesanti. O almeno è ciò che afferma lei. È vero che fino a 20 anni fa erano "puliti"? Effettivamente, l'utilizzo di certi metalli pesanti, che effetti negativi possono avere sul nostro corpo?
Chiariamo.
Semmai, genericamente, una volta la tecnica di produzione e di conservazione dei vaccini non giovava della tecnologia che abbiamo a disposizione adesso e quindi era più probabile che ci fossero tracce maggiori di conservanti e/o antibiotici ma di METALLI PESANTI, così come ne viene intesa la tossicità, non ce ne sono mai stati.
(Nella letteratura scientifica vengono normalmente considerati metalli pesanti i seguenti elementi: alluminio, ferro, argento, bario, berillio, cadmio, cobalto, cromo, manganese, mercurio, molibdeno, nichel, piombo, rame, stagno, titanio, tallio, vanadio, zinco, ed alcuni metalloidi con proprietà simili a quelle dei metalli pesanti, quali l’arsenico, il bismuto ed il selenio. All'interno dei metalli pesanti si distinguono i metalli indispensabili per gli organismi viventi, con potenziale tossicità, vale a dire: ferro, cobalto, cromo, rame, manganese, molibdeno, selenio, zinco; dai metalli ritenuti prevalentemente tossici: alluminio, arsenico, berillio, cadmio, mercurio, nichel e piombo [X])
Il fraintendimento è nato in seguito alla presenza del conservante Tiomersale (Thimerosal per gli inglesi) un derivato organico (etilmercurio) del mercurio (metilmercurio), quello tossico dei termometri e che si trova nel pesce che mangi una volta a settimana. Il poco tiomersale che conservava i vaccini era un composto organico che quindi veniva escreto in pochi giorni senza che ne rimasse traccia. Era, perché in seguito alle pressioni della comunità antivaxxer e per paura di denunce da milioni di dollari, adesso non è più utilizzato.
Per farti un esempio di come funziona l’esposizione ad agenti tossici/contaminanti, potrei inghiottire tranquillamente un cucchiaino di mercurio e incipriarmi il naso con dell’Eternit sbriciolato SENZA AVERE ALCUN TIPO DI PROBLEMA perché il danno di queste sostanze sta nell’accumulo per frequente e duratura esposizione non nel singolo episodio di contaminazione (o presunta contaminazione, nel caso del tiomersale).
Non il termometro rotto ma vapori di mercurio aspirati in ambito professionale, non il vaccino ma il pesce di grandi dimensioni (tonno, pesce spada) consumato abitualmente, non passare vicino a una tettoia in Eternit ma produrne la polvere per l’impasto di manufatti, non fondere un soldatino di piombo ma lavorare senza maschere di protezione in produzioni che ne fanno uso.
Mi sembra ridicoli che ci si focalizzi sui vaccini (dove di fatto NON sono presenti) e si glissi sulle contaminazioni ambientali del cibo e delle falde acquifere.
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purpleavenuecupcake · 5 years
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Quado l’occhio diviene “secco” e minaccia la vista - una campagna per diagnosi e cura
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(di Nicola Simonetti) “Occhio secco”, un disturbo che colpisce, in Italia, 9 su 10 donne in menopausa e 25% degli over 50 anni. Per l’Organizzazione Mondiale della Sanità, si tratta   “di uno tra i più ignorati e sottovalutati disturbi della società moderna”. Lanciata, nei giorni scorsi, la campagna di screening gratuiti promossa dal Centro Italiano Occhio Secco di Milano (Piazza della Repubblica 21, diretto dal dr Lucio Buratto, oculista di fama mondiale,) , la prima struttura completamente dedicata alla cura di questa patologia, in collaborazione con la Clinica Oculistica dell’Università dell’Insubria di Varese. Le visite gratuite si prenotano attraverso il sito www.centroitalianoocchiosecco.it Durante la Campagna ( Mese della Prevenzione e Cura dell’Occhio Secco - 8 maggio-14 giugno), Centri oculistici di eccellenza universitari e ospedalieri su tutto il territorio saranno a disposizione per una visita gratuita e una serie di esami diagnostici. Tecniche specialistiche consentono di rilevare anomalie nel sistema lacrimale dell’esaminato e di fare eventualmente diagnosi di patologia. Lo screening sarà eseguito solo nei Centri aderenti all’iniziativa. La Campagna si propone di sensibilizzare la popolazione sul problema dell’occhio secco e stimolarla a farsi visitare, dopo lo screening, dai propri oculisti curanti. Le visite si rivolgono a tutti quelli che sospettano una secchezza oculare e desiderano una visita di approfondimento. Le visite si potranno fare presso le seguenti strutture: Milano - CIOS Centro Italiano Occhio Secco – Piazza della Repubblica 21 Varese –Ospedale di Circolo Fondazione Macchi – Clinica Oculistica dell'Università dell'Insubria - Viale Borri, 57 Ancona – Azienda Ospedaliero Universitaria – Ospedali Riuniti Ancona Umberto I – G.M. Lancisi-G. Salesi, Via Conca 71 Bari – Clinica Oculistica Universitaria Policlinico di Bari - Piazza Giulio Cesare 11 Catania - Azienda Ospedaliera Garibaldi - Nesima UOC di Oftalmologia - Via Palermo 636 Lecce – Ospedale Vito Fazzi di Lecce – Piazzetta Muratore Milano - Neovision Cliniche Oculistiche Corso Vercelli 40 – Via Procaccini 1 – Viale Restelli 1 Napoli – Ospedale San Giovanni Bosco - Centro di Patologia della Cornea e della Superficie Oculare – UO di Oculistica - PO San Giovanni Bosco – ASL Napoli 1 Centro Via F.M. Briganti 255 Napoli – Clinica Mediterranea - Via Orazio 2 Padova – Centro Oculistico San Paolo, Ospedale Sant'Antonio, AULSS 6 Euganea Via Jacopo Facciolati 71 Pisa – Ospedale Cisanello – Via Paradisa 2 Sassari – Cliniche San Pietro – Viale San Pietro 43 Torino – A.O. Ordine Mauriziano Umberto I - Largo Turati 62 Le visite si prenotano solo sul sito www.centroitalianoocchiosecco.it Se si usano lenti a contatto, toglierle almeno 24 ore prima. Non truccarsi il giorno della visita. Portare con sé eventuali esami di laboratorio recenti, l’elenco dei farmaci attualmente in uso e delle terapie già praticate. Chiariscono il problema i prof. Claudio Azzolini – Direttore Clinica Oculistica Università dell’Insubria –Varese,  Dottor Lucio Buratto – Direttore Scientifico del Centro Ambrosiano Ofta Lucio Burattolmico (CAMO) – Milano e Dottor Giuseppe Di Meglio  (CIOS) – Milano. Il “film lacrimale” è lo strato di liquido che bagna le strutture anteriori dell’occhio, ossia è l’interfaccia tra l’occhio e l’ambiente. La luce giunge all’occhio passando attraversando le lacrime; la presenza di un buon strato di lacrime è fondamentale per consentire all’occhio di avere una buona vista. Cause varie possono determinare situazioni di: Ipolacrimia provocata da una ridotta produzione di lacrime che, a loro volta, si dividono in ipolacrimie da Sindrome di Sjogren e ipolacrimie da altri fattori (patologie della ghiandola lacrimale, ostruzione dei dotti lacrimali, perdita della lacrimazione riflessa da herpes, diabete, lenti a contatto). Dislacrimie provocate da aumentata evaporazione del film lacrimale non compensata da un aumento della secrezione (alterata chiusura palpebrale, blefariti, malattie sistemiche, menopausa, farmaci). Costi sociali Una patologia così diffusa e in espansione come la sindrome dell’occhio secco preoccupa anche per i costi sociali e sanitari che la popolazione deve sostenere. Il costo annuale, quantificato da uno studio internazionale del 2006, è risultato essere maggiore in Inghilterra (1100 dollari per paziente) rispetto a Spagna (800), Italia (600), Germania (500), Svezia (400), Francia (300), probabilmente a causa del diverso costo dei farmaci utilizzati. Numerose condizioni, fisiologiche e patologiche creano alterazioni del film lacrimale e spesso tutto l’apparato di protezione dell’occhio è vittima di patologie o situazioni generali del nostro organismo. Il bulbo oculare all’interno della cavità ossea dell’orbita, è circondato da una sottile pellicola, chiamata film lacrimale, che ha una composizione molto complessa ricca di numerose sostanze nutritive e protettive. Mancando quel liquido l’occhio non potrebbe muoversi, obbedire ai comandi del cervello e girarsi a destra e a sinistra, in su e in giù: senza quel “lubrificante” il nostro senso della vista, rimarrebbe paralizzato o muovendosi a fatica impedire una visione piena. Le palpebre, due piccole “saracinesche”, la cui funzione è quella di opporre un primo sbarramento difensivo ai nostri occhi: si alzano e si abbassano (ammiccano) e avvicinandosi fra loro, chiudono e difendono l'occhio. Non solo: con questo movimento (circa 15000 ammiccamenti al giorno) ricambiano in continuazione il film lacrimale che è prodotto da numerose ghiandole. Ogni volta che avviene un ammiccamento, le palpebre delicatamente pennellano  la congiuntiva e la cornea, distribuendo uniformemente il film lacrimale. La lacrima, o meglio il film lacrimale, è formato da tre strati: lipidico, secreto dalle ghiandole sebacee palpebrali, ha la funzione di ritardare l'evaporazione dello strato acquoso della lacrima e di lubrificare le palpebre; acquoso, serve ad umettare e lubrificare il globo oculare; mucinoso o mucoide, contribuisce alla lubrificazione ma ha anche funzione protettiva, sia antibatterica che meccanica. I DISTURBI: I disturbi lamentati da un paziente affetto da sindrome di occhio secco sono i più disparati e talvolta sembrano addirittura contraddittori. Nelle fasi iniziale i sintomi più comuni sono: Bruciore e prurito insistente legato alla variazione dell’osmolarità del film lacrimale. Lacrimazione irregolare, soprattutto scatenata da agenti atmosferici o ambientali: vento, smog, fumo, variazione di umidità o temperatura. Bisogno di lavarsi e strofinarsi continuamente gli occhi. Difficoltà ad aprire spontaneamente gli occhi al mattino: durante la notte la secrezione della parte acquosa delle lacrime e' molto ridotta o addirittura assente il che comporta l’adesione della superficie oculare alla congiuntiva palpebrale a causa del muco denso e disidratato. Presenza di secrezione mucosa e di filamenti. Quando la sindrome si aggrava si verificano questi sintomi: Sensazione di corpo estraneo legata al ridotto spessore del film lacrimale. Sensazione di secchezza oculare. Fotofobia(sensibilità alla luce)conseguente all' irregolarità del film lacrimale. Dolore anche notturno legato alle alterazioni corneali. Disturbi della visione legati all'astigmatismo irregolare che si crea sulla superficie corneale alterata. Perché. Stili di vita ed alimentari non corretti, stati di stress, disfunzioni metaboliche ed ormonali, aumento dell’età media della popolazione, aumento delle temperature medie ambientali, aree ad elevato inquinamento, fumi e sostanze tossiche disperse nell’aria, sono alcune fra le più frequenti cause degli stati disidratativi; situazioni che colpiscono molto spesso anche l’organo della vista che, per la sua delicata posizione di “finestra sul mondo esterno” risente più di altri organi delle variazioni dell’ambiente esterno che mettono a dura prova il suo sistema di difesa, per buona parte rappresentato da quello strato di lacrime che costantemente giorno e notte separano la superficie oculare dall’esterno. Siccità, ondate di calore, inquinamento. L’inquinamento atmosferico è l’alterazione delle condizioni naturali dell’aria, dovuta alle emissioni dei gas di scarico di autoveicoli, caldaie, centrali elettriche, fabbriche, impianti di incenerimento. Smog. Contaminanti gassosi importanti sono: monossido di carbonio emesso principalmente dagli scarichi di veicoli con motori a idrocarburi le cui concentrazioni maggiori si trovano nei pressi delle strade; il benzopirene e il benzene, sospetti  cancerogeni; l’ozono, l’anidride solforosa e l’ossido di azoto che causa infiammazione acuta delle mucose respiratorie e dell’occhio. Secondo uno studio pubblicato sul British Journal, a causa dell’inquinamento il 42% dei bambini abitanti in città con alto  livello di polveri  sottili soffre di rossore e prurito oculare, ammiccamento, dolori agli occhi, anomalie della lacrimazione e secrezione oculari. Diversi studi analitici effettuati negli Stati Uniti mostrano come il tasso di inquinamento nelle grandi citta’ influisca significativamente sull’insorgenza della sindrome dell’occhio secco. Screening eseguiti dalla NASA, del National Veterans  Administration e del National Climatic Data Center, nelle città di New York e Chicago hanno riportato una proporzione 4 volte maggiore di pazienti affetti da secchezza oculare rispetto a zone con minor tasso di inquinamento dell’aria. Freddo e vento. Ma anche freddo e vento, secondo molti studi scientifici, sono fattori responsabili di rischio per l’ occhio secco:  il freddo ha pesanti  ripercussioni sulla sostanza oleosa che compone lo strato esterno del film lacrimale, rendendola troppo spessa e rigida e dunque incapace di diffondersi sulla superficie dell’ occhio. Calore eccessivo e sole. Anche  con l’esposizione al sole si può soffrire più facilmente di occhio secco; un aumento dell’ evaporazione del film lacrimale ne vanifica la sua funzione che è quella di proteggere gli epiteli della superficie oculare e le strutture interne dell’ occhio mediante una azione filtrante sulle radiazioni ultraviolette e sulle radiazioni infrarosse. E’ consigliabile indossare gli occhiali da sole per ridurre l’esposizione al sole; se si fa un bagno in mare e’ meglio indossare la maschera o gli occhialini. Stili di vita. L’occhio secco è una condizione oggi sempre più diffusa e legata non solo alle condizioni ambientali, ma anche ad alcuni stili di vita. L’uso sempre più diffuso di videoterminali e apparecchi per il condizionamento o per il riscaldamento ad aria, induce una riduzione dell’umidità dell’ambiente in cui si vive: tutto questo ha un effetto anche sulla superficie dell’occhio e sulla sua integrità. Età avanzata. Man mano che l'età avanza, tutto organismo ha delle trasformazioni; cosi anche la composizione delle lacrime varia. Spesso infatti gli occhi producono lacrime con un minore contenuto di lipidi che sono necessari per evitare che la loro parte acquosa evapori troppo velocemente. Con il passare degli anni le forme disidratative determinano dei quadri di vere e proprie infiammazioni croniche a carico della superficie oculare: un disturbo che sembrava in un primo tempo banale diventa vera e propria patologia della superficie oculare. Menopausa. Alcuni ormoni aiutano a stimolare la produzione di lacrime. Per questo le variazioni di livelli ormonali possono ridurre la naturale produzione di lacrime. Ecco perché la sindrome dell'occhio secco predilige il sesso femminile soprattutto dopo i 35 - 40 anni di età: le donne in gravidanza o in menopausa sono il gruppo più numeroso tra i pazienti che soffrono di occhio secco. Una frequenza sempre maggiore causata dalla significativa anticipazione del ciclo mestruale,  fino ad interessare il 60% circa  delle donne. I fastidi derivanti dall’occhio secco tendono a divenire più frequenti con il passare degli anni. L'intolleranza alle lenti a contatto  è  uno dei primi sintomi di ridotta secrezione lacrimale nelle donne in menopausa. Nei primi 7-8 anni dopo la menopausa, il disturbo è controllabile ma dopo tale periodo, l'involuzione delle ghiandole lacrimali diventa irreversibile. Per questo è  importante fare una diagnosi tempestiva e, soprattutto, iniziare per tempo le adeguate terapie sostitutive lacrimali a base di acido ialuronico, o altre lacrime artificiali, o mediante l’assunzione per via orale  di integratori contenenti estradiolo. Malattie autoimmuni Esistono moltissime sindromi autoimmuni, inclusi ipotiroidismo e ipertiroidismo, artrite reumatoide, lupus, sclerosi multipla che hanno effetti negativi sulle cellule e sulle ghiandole deputate alla produzione del film lacrimale. Anche la Sindrome di Sjogrenpuò causare un grave infiammazione delle ghiandole lacrimali riducendo in maniera drammatica la produzione dello strato acquoso del film lacrimale. Farmaci. Molti farmaci come effetto collaterale causano occhio secco, ad esempio:  Antidepressivi, Antistaminici (soprattutto quelli da banco che possono comprarsi senza ricetta), Decongestionanti nasali, Sedativi ansiolitici, Contraccetivi orali, Beta-bloccanti, Diuretici. Lenti a contatto. Le lenti a contatto si posizionano sulla cornea e galleggiano sul film lacrimale assorbendone una grande quantità e tendono ad aderire alla cornea, a limitarne l’ossigenazione ed a provocare danni oculari che possono essere anche di una certa gravità. L'uso ma soprattutto l'abuso di lenti a contatto, siano esse rigide o morbide, in materiale gas-permeabile o non,  contribuisce al determinarsi dell'occhio secco. Questo si verifica soprattutto quando non si utilizzano lenti a contatto “usa e getta” e quindi per la corretta e necessaria igiene si usano soluzioni per lenti ricche di disinfettanti e conservanti. Videoterminali. Una causa frequente della sindrome di occhio secco consiste nell’utilizzo in maniera continuativa di videoterminali: in questo caso la scarsa umidificazione dell’ambiente lavorativo, resa ancor più precaria dalle microventole di raffreddamento dei computer stessi e delle altre apparecchiature ad essi connesse, il prolungato senso di impegno e di attenzione, lo stato di stress posturale connesso, provocano alla lunga un netto rallentamento dell’ammiccamento palpebrale. Normalmente le palpebre vengono aperte/chiuse 20volte al minuto. Se invece si è impegnati in un un'attività che richieda concentrazione come ad esempio leggere, studiare, scrivere, guidare, utilizzare il personal computer, il tablet, lo smartphone, guardare il programma preferito alla TV, si tende a sbattere le palpebre con una minore frequenza, fino ad arrivare ad un battito al minuto: le lacrime così evaporano rapidamente, non vengono sostituite e si crea la sindrome dell' occhio secco. Altre cause. In altri casi, l'occhio secco può essere secondario od associato a condizioni oculari o cutanee di altro tipo, ad esempio rosacea, distrofie o degenerazioni corneali di tipo congenito od acquisito, congiuntiviti batteriche, allergiche o virali, herpes zoster, dieta povera di oligoelementi e vitamine (soprattutto deficit vitamina A) blefariti,  chirurgia delle palpebre (blefaroplastica) o l’uso a fini estetici di tossina botulinica in interventi di chirurgia plastica. Chi soffre della sindrome dell’occhio secco, oltre ad assumere prodotti terapeutici che sostituiscano la delicata funzione lacrimale carente, dovrebbe seguire alcune indicazioni generali per modificare abitudini e stili di vita. Evitare l’esposizione diretta a sistemi di condizionamento, luoghi ventosi, aree molto ventilate. Evitare ambienti troppo secchi e scarsi di umidificazione. Ridurre o eliminare il fumo di sigaretta. Evitare l’uso di creme irritanti o altri prodotti fastidiosi nella zona perioculare. Sospendere o limitare l’utilizzo di lenti a contatto corneali. Usare occhiali da sole in caso di forti esposizioni a raggio UVA o UVB o in caso di ambienti ventosi o polverosi. Impiegare impacchi tiepidi nell’area perioculare (acqua e malva, bicarbonato o acqua borica). Arricchire l’alimentazione con vitamina B3, B6, B12, Omega 3/Omega. Aumentare l’assunzione di acqua e di liquidi in generale COME SCOPRIRE SE L’OCCHIO È SECCO Per scoprire se una persona soffre di occhio secco, la scienza ha a disposizione oggi apparecchiature di diagnosi sofisticate e molto funzionali. Ne spieghiamo la funzione delle più importanti. Biomicroscopia digitalizzata con lampada a fessura, uno degli esami fondamentali. Dotata di un sistema ottico molto luminoso ed efficiente e con l’aiuto di un sistema di ingrandimenti adeguato consente di studiare la superficie anteriore oculare e il film lacrimale nelle condizioni più naturali possibili senza alterazioni indotte dalla temperatura. La Meibografia che consente lo studio delle ghiandole di Meibomio che hanno la funzione di produrre la parte oleosa della lacrima. Questa componente lipidica è la più importante del film lacrimale. Se queste ghiandole non funzionano bene avremo un occhio secco da marcata evaporazione lacrimale. L’interferometria del film lacrimale: consente di valutare e studiare lo strato lipidico del film lacrimale e la  sua formazione e distribuzione. Il test di Schirmer, eseguito per determinare la quantità di lacrime che bagnano l’occhio. Read the full article
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