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#costumista e scenografa
fashionbooksmilano · 1 year
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La realtà dell'illusione
Luisa Spinatelli, Stella Casiraghi, Moniafelicia Torchia
Scalpendi, Milano 2021, 368 pagine, 28 x 24,5 cm, rilegato, Ediz. italiana e inglese, ISBN 9788832203738
euro 60,00
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La storia professionale di Luisa Spinatelli è una favola dal sapore antico che racconta avventure e fatiche dell’anima operosa e audace di Milano. Diplomatasi con Tito Varisco in Scenografia all’Accademia di Belle Arti di Brera, debutta giovanissima nel 1965 al Teatro alla Scala con il balletto "Francesca da Rimini" con Carla Fracci e, nel 1976, è la prima donna-scenografo chiamata all’Arena di Verona. Ha lavorato in Italia e all’estero in oltre trecento spettacoli e appartiene a pieno titolo a quella generazione di teatranti artigiani che nel triangolo Brera-Scala-Piccolo Teatro si sono sentiti a casa. Il suo studio-laboratorio che s’affaccia sui Navigli è un incredibile archivio di stili e citazioni visive che si compongono con rigore e fantasia fra pezzi unici di trovarobato teatrale, libri, bozzetti, figurini, manichini, maschere, tempere e cavalletti e numerosi premi internazionali alle pareti. Il volume intende raccontare con la sua voce la vita nel teatro e dietro le quinte di una grande costumista e scenografa milanese legata agli innumerevoli allestimenti scaligeri, alla danza internazionale e al lungo sodalizio con Giorgio Strehler.
09/07/23
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gcorvetti · 2 years
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Che succede?
Oggi volevo svegliarmi presto, magari domani, volevo iniziare la giornata con una diversa modalità, invece sono ancora dentro quel buco, ma sto bene. C'è quella frase che non ricordo chi la disse che se fai sempre le stesse cose non cambia nulla, o qualcosa del genere, poi ripenso al fattore 21 giorni, si vocifera che per poter inserire un'abitudine nella nostra vita ci vogliano 21 giorni, fai una cosa per 21 giorni ogni giorno e quella cosa diventerà giornaliera, forse aggiungo io. Si è vero dovrei dedicarmi alla musica e all'arte, ma ultimamente sento più il bisogno di dialogo, di qualcuno con cui scambiare 2 chiacchere che di mettermi sotto a fare quello che ho fatto per tutta la vita senza risultati, no, va bè un attimo, qualche risultato l'ho ottenuto ma poca roba e non duratura. Ho provato a cambiare registro, tornando alla frase iniziale, per fare qualcosa di diverso, ma niente, forse non sono proprio convinto di fare altro che non sia arte.
Dr Spock mi dice che sono come sua moglie, che è scenografa e costumista come la mia, che le cose che vuole vendere le vede come opere d'arte e non come semplici capi d'abbigliamento e altra cosa che abbiamo in comune è che non ci piace fare cose futili, questo discorso per la stampa 3D, cioè non riesco a stampare una cosa che non abbia un'utilità reale.
Oggi però ripensando alla musica mi è venuto in mente quanto sia vuoto il panorama musicale in questa città, ma non perché mancano i musicisti, ma proprio manca dove suonare, quei pochi locali che ogni tanto (una due volte l'anno) fanno suonare qualcuno non sono proprio il punto di riferimento dove le persone sanno che si suona e quindi vanno spesso, anche se c'è il biglietto, non esiste un CBGB va in questo mondo; il perché è spiegato nel post precedente, in breve vogliono fare i soldi (accettabile, ma opinabile) senza dare nulla in cambio. Qua potrei partire con una trafila di risposte ricevute mentre ero in fase di booking, quando cercavo posti per suonare va, ma ci vuole un post solo per quello e non c'ho voglia di rivangare quel periodo, che per carità ero convinto di poter fare qualcosa ed avevo l'entusiasmo giusto, l'entusiasmo, ecco cosa mi manca, sono così giù che non so dove è finito il mio entusiasmo. Mi torna in mente sempre la storiella della bottiglietta d'acqua.
Concludo con un paio di messaggi scambiati con wolf metal punk, l'amicone (2 metri di omo) che vive in Scozia, mi passa uno short video dei ragazzi francesi prima prendono la bandiera dell'UE da un palo, non so dove, e poi la bruciano, nei messaggi a seguire un pò di dibattito sul fallimento dell'idea di unificare il vecchio continente e poi gli ho fatto notare che abbiamo basi USA e NATO in Europa che si può dichiarare l'invasione, ma giustamente sono stati i nostri governi a dare il permesso, contro il volere delle persone, non solo, mettiamo che un giorno arrivano a Bruxelles dei politici anti-atlantisti e che riescono a mandare via gli yankee, chi ce lo dice che sti qua non puntino le armi contro di noi ? Non scordiamo gli "incidenti" che hanno coinvolto militare statunitensi, Ustica in testa, ma anche il cavo della funivia e l'ultimo la scorsa estate "ragazzo minorenne falciato sul marciapiede da soldatessa americana che aveva alzato il gomito". Per accordi una volta che accade questo le persone accusate vengono rimpatriate e processate negli USA, che paraculi.
Basta, di sicuro così non ne vengo fuori, mi vado a fare una passeggiata, anzi prima un caffè, poi la passeggiata, vorrei andare lontano lontano, ma così lontano che la terra sembrerebbe un puntino.
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telodogratis · 3 months
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#CulturaPA - "In volo": la nuova stagione del Teatro Biondo di Palermo tra prosa, danza e musica, per un cartellone ricco di novità, classici e nuove scritture
Ventisette spettacoli distribuiti tra Sala Grande e Sala Strehler, di cui diciotto produzioni o coproduzioni, un progetto speciale con la coreografa Carolyn Carlson, una fiaba danzata con gli artisti di Aterballetto e una grande mostra per celebrare i novant’anni della scenografa e costumista Santuzza Calì.  ​Read More Ventisette spettacoli distribuiti tra Sala Grande e Sala Strehler, di cui…
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lamilanomagazine · 6 months
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Bari: inaugurato LAB - Laboratorio Adolescenti Bari, promosso dall'assessorato comunale al welfare e da UniCredit
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Bari: inaugurato LAB - Laboratorio Adolescenti Bari, promosso dall'assessorato comunale al welfare e da UniCredit Si è tenuta il 27 marzo, in via Capruzzi 86, l'inaugurazione di LAB - Laboratorio Adolescenti Bari, il nuovo spazio creativo e aggregativo nato grazie all'impegno congiunto dell'assessorato comunale al Welfare e di UniCredit che hanno voluto avviare questa nuova esperienza per offrire uno spazio di ascolto, sostegno, orientamento, aggregazione e cittadinanza attiva ai ragazzi e alle ragazze della città. LAB è sito all'interno di un immobile che in passato ha ospitato una filiale della banca e che UniCredit ha concesso in comodato d'uso gratuito al Comune di Bari sino al 2027 per destinarlo ad attività volte a promuovere il benessere di adolescenti e giovani. A tagliare in nastro del nuovo spazio Francesca Bottalico, assessora al Welfare del Comune di Bari, Antonio Riccio, referente Territorial Development Sud di UniCredit e Marika Massara, coordinatrice per la coop. Medihospes del Centro Antidiscriminazioni di Bari e di LAB. Sono intervenuti inoltre i ragazzi e le ragazze, futuri protagonisti del nuovo centro, a cui è stata data voce per raccogliere i loro desideri, le aspettative e i bisogni da cui partire nella realizzazione di attività e percorsi che caratterizzeranno il LAB nei prossimi mesi. All'evento hanno partecipato inoltre i rappresentanti delle diverse organizzazioni che, attraverso le loro donazioni, hanno contribuito all'allestimento del nuovo centro nonché le associazioni e i singoli cittadini che lo animeranno con attività di aggregazione, sensibilizzazione e formazione. Tra questi Gens Nova, che ha contribuito all'allestimento dell'area cineforum ed eventi, Rotary Club Bari Castello, che ha collaborato alla relaizzazione dell'area dedicata all'accoglienza e all'ascolto, e Inner Wheel Club Bari Alto Terra dei Peuceti, che ha offferto il suo contributo per l'allestimento dell'area studio e co-working. Lo spazio laboratori, mostre e creatività è stato invece realizzato grazie alla donazione della famiglia di Marialucrezia Pipino, avvocata attiva nel Centro antiviolenza comunale scomparsa nel 2022. Presente anche l'associazione FanizziLab, che ha presentato il workshop di sartoria e creatività in programma nel LAB con l'obiettivo di promuovere la moda etica e il riuso. Per farlo ha allestito, in occasione dell'evento, la collezione di 10 capi realizzati in collaborazione con una giovanissima scenografa e costumista barese. Ad animare gli spazi di LAB sarà un ampio programma di iniziative socio-educative e culturali che si amplieranno progressivamente con le proposte che giungeranno dalla cittadinanza. Tra le attività già previste vi saranno coworking, studio e biblioteca, eventi e cineforum, lettura e ascolto, laboratori e feste, esposizioni, orientamento per i migranti, collaborazioni con scuole per progetti sul bullismo, cyberbullismo e revenge porn. Le azioni saranno organizzate anche in collaborazione con le reti territoriali, con il Centro Antidiscriminazioni, Generare Culture Non Violente, Bari Social Book, Big Gender Festival, Educativa di strada, Centri per la Famiglia ed altre associazioni e servizi che saranno via via definiti. L'obiettivo è quello di raggiungere il maggior numero di persone possibile di ambiti diversi, con linguaggi diversi, informando, generando cambiamento e sensibilizzando sui temi della prevenzione e del contrasto di ogni forma di discriminazione e violenza. La pianificazione delle attività in corso è stata già oggetto di incontri di co-progettazione che hanno visto la partecipazione di circa 250 operatori dei servizi del Welfare, associazioni e cittadini, al fine di raccogliere i bisogni e proporre attività adeguate alle esigenze del territorio. Sono già attivi gli sportelli di consulenza su revenge porn, bullismo e cyber-bullismo, a cura dell'associazione Gens Nova odv ed è operativo, tutti i mercoledì pomeriggio, anche lo sportello del Centro Antidiscriminazioni comunale a cura di una psicologa specializzata. "Rimettere al centro i giovani, la loro salute mentale, il benessere, il futuro - ha dichiarato Francesca Bottalico - deve rappresentare una priorità politica e sociale che riguarda tutti e tutte, l'intera collettività. Offrire e favorire spazi e contesti dove esprimere le proprie idee, i propri timori, bisogni e desideri, proporre idee, incontrare altri ragazzi ma anche dove trovare supporto e aiuto in caso di difficoltà: questo è il cuore del nuovo spazio che oggi inauguriamo. Lab ha in sé tanti aspetti che lo rendono unico nel suo genere e nelle opportunità che, spero, offrirà. Nasce da una collaborazione tra pubblico e privato basata su una co-programmazione e sulla rigenerazione sociale di uno spazio in disuso, e per questo sento di ringraziare Unicredit che ha creduto nell'assessorato al Welfare e nelle politiche sociali realizzate in questi anni. Questo sarà un luogo pubblico di incontro e prossimità in un quartiere e in una citta che dispone di pochi spazi di socializzazione gratuiti, progettato e animato dalle proposte degli stessi ragazzi e ragazze che, di volta in volta, si avvicineranno e ne vorranno essere parte. Nasce grazie alla collaborazione con tante realtà del territorio - imprenditoriali, culturali, sociali - che hanno donato fondi e risorse e che sento di dover ringraziare. Si arricchisce di professionalità socio-educative e psicologiche rivolte principalmente a temi molto vicini a quanti in questi anni ci hanno chiesto aiuto. Sportelli di supporto psicologico e sull'orientamento di genere nell'ambito del primo Centro antidiscriminazioni pubblico, spazi di parola, servizi di consulenza su revenge porn, sportelli antiviolenza di genere, laboratori sulla salute mentale e prevenzione al suicidio. Ma anche spazi per la creatività, il teatro, il movimento, i linguaggi artistici e quanto emergerà dalle proposte dei ragazzi per intervenire sul contrasto alle solitudini e al rischio di isolamento. Un luogo anche fisico dove sperimentare la forza della comunità educante con l'obiettivo di sostenere e rilanciare la fiducia nel futuro. Restituire ai giovani il futuro significa recuperare quelle dimensioni di vita che hanno a che fare con l'impegno, le scelte, il coraggio, la speranza".      ... #notizie #news #breakingnews #cronaca #politica #eventi #sport #moda Read the full article
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carmenvicinanza · 7 months
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Lotte Pritzel
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Lotte Pritzel è l’artista passata alla storia per le sue bambole che rappresentavano personaggi famosi, ballerine, figure esotiche e androgine.
Lotte è il diminutivo di Charlotte Pritzel, nata a Breslavia, in Polonia, il 30 gennaio 1887. Appena diciottenne si era trasferita a Monaco per studiare arte. Viveva a Schwabing, quartiere a ridosso dell’accademia e dell’università, dove ebbe modo di frequentare importanti esponenti dell’avanguardia artistica e intellettuale internazionale.
Intorno al 1908 ha iniziato a creare le sue bambole concepite come elementi decorativi e oggetti d’arredamento, denominate Puppen für die Vitrinen. 
Dopo pochi anni erano già sulle riviste d’arte e nel 1913 furono in mostra all’Esposizione universale e internazionale di Gand e vendute a caro prezzo nel negozio Hohenzollern Friedmann & Weber a Berlino.
Erano molto amate anche dal pittore espressionista Egon Schiele che gliene commissionò una serie ancora conservata nella sua fondazione.
Lotte Pritzel divenne ben presto una figura nota nel circolo di artisti bohémien che si incontravano in famosi caffè della capitale.
Famosa per il suo spirito arguto, venne celebrata su riviste e in scritti famosi, il poeta Jakob van Hoddis le dedicò la poesia Indianisch Lied.
Tra il 1910 e il 1927 la rivista Deutsche Kunst und Dekoration pubblicò sette articoli corredati da illustrazioni delle sue opere, che hanno permesso di seguire l’evoluzione del suo stile, sia nella forma che nelle strategie di presentazione delle bambole.
Rainer Maria Rilke, il celebre poeta boemo, su queste piccole opere d’arte scrisse un saggio nel 1921.
Le sue creazioni trovarono mercato anche negli Stati Uniti. 
Inizialmente flessibili e fatte di cera, vennero successivamente decorate con garze, pizzi, perle di vetro e frammenti di broccato.Le sue bambole non sono mai state ideate come giocattoli per l’infanzia, i corpi quasi scheletrici, i volti truccati, i costumi sfarzosi, l’uso di gioielli e parrucche, le pose sensuali, il genere sessuale spesso indefinito, si ponevano agli antipodi del modello tradizionale destinato ai giochi.
Rappresentavano danzatrici, amanti malinconici, cortigiane, donne di diverse etnie, misteriosi personaggi della commedia dell’arte, madonne, angeli con fisionomie androgine, sovente in scenari orientaleggianti.
Una relazione affascinante si stabilì tra questi oggetti, il cinema e la danza espressionista che ne venne ispirata in famose coreografie. 
Annoverate nella categoria delle Kultur Doll, all’inizio venivano illustrate insieme come un gruppo di tableau vivant dall’alta connotazione teatrale, successivamente vennero fissate su piedistalli, sempre più elaborati, che sembravano alludere al loro status di scultura, di arte autonoma che rappresentava star del cinema muto e manichini surrealisti, accentuando la loro artificialità.Lotte Pritzel ha lavorato come costumista e scenografa in diversi teatri di Monaco e Berlino. 
Nel 1923 era talmente popolare che le venne dedicato un film documentario dal titolo Die Pritzel-Puppe, diretto da Ulrich Kayser, in cui veniva ripresa nel suo studio mentre era immersa nelle sue creazioni.
Con l’avvento del nazismo la situazione cambiò notevolmente e le divenne sempre più difficile esporre in pubblico e vendere il suo lavoro: le sue bambole androgine e languidamente erotiche mal si conformavano con i corpi idealizzati promossi dalla politica culturale nazista.
Lotte Pritzel è morta il 17 febbraio 1952, a causa di un ictus, aveva 65 anni.
Dopo decenni di oblio è stata riscoperta negli anni ottanta, in seguito all’interesse maturato per le bambole nell’ambiente bohémien di Monaco degli inizi del ventesimo secolo.
Nel 1987, in occasione del suo centesimo compleanno, a Monaco le è stata dedicata una personale dal titolo Lotte Pritzel. Bambole di vizio, di orrore e di estasi.
Sono state identificate più di duecento sue opere, in gran parte conservate in collezioni private e pubbliche.
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perfettamentechic · 1 year
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15 luglio … ricordiamo …
15 luglio … ricordiamo … #semprevivineiricordi #nomidaricordare #personaggiimportanti #perfettamentechic
2021: Libero De Rienzo, attore, regista e sceneggiatore italiano. Era il figlio di Fiore De Rienzo, attore e giornalista.  (n. 1977) 2020: Sibylle Geiger, costumista e scenografa svizzera.  (n. 1930) 2020: Carlotta Barilli, è stata un’attrice italiana, che fu attiva in cinema, in teatro e in televisione particolarmente fra gli anni sessanta e i settanta. (n. 1935) 2019: Barbara Valmorin, nome…
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unevaguedeprintemps · 5 years
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Alexsandra Exter
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(1882-1949)
Pittrice, scenografa e costumista russa
Painting Moscow Museum of Modern Art
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italiaefriends · 5 years
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Italia&friends Comunica
"Natalia Goncharova"
di Riccardo Rescio
Una sconfinata storia di Arte e Amore, quella di Natalia Goncharova, la poliedrica, anticonformista, artista russa, pittrice, costumista, scenografa e stilista, performer prim’ancora che il termine fosse inventato, con uno straordinario senso dei colori, una irrefrenabile curiosità intellettuale e una grandissima vitalità. Natalia Goncharova è a buon titolo fra gli Artisti come Gauguin, Matisse e Picasso, che agli inizi del ‘900 sovvertirono i canoni delle Arti in tutta Europa da Parigi a Mosca. Una Donna di avanguardia che, delle avanguardie del primo novecento, fu massima esponente. La sua vita, la sua Arte il suo genio si mescola e si avviluppa a quella del pittore Mikhail Larionov, suo compagno di vita e d’Arte dal 1901 fino alla fine. Mikhail Larionov fu un Artista di prim’ordine del Futurismo Russo, il sodalizio di Arte e di Amore, tra Natalia e Mikhail è durato tutto una vita, un rapporto profondo, sublime, una coppia sicuramente aperta, ma salda, incredibilmente unita, che solo nel 1955 trasformarono in matrimonio, affinché chi dei due fosse sopravvissuto potesse gestire il lascito artistico di chi per primo se ne andava. Natalia Goncharova morì nel 1962, Mikhail Larionov, se ne andò due anni dopo di lei. Una ulteriore conferma che, i grandi amori si possono dire tali solo a consultivo, quando chi sopravvive, a breve raggiunge l’altro andato via per primo. Nel 1910 Natalia Goncharova fu processata e assolta a Mosca, per pornografia avendo esposto dipinti di nudo, 1913 si dipinse viso e corpo e se ne andò in giro per le strade della capitale moscovita, in una personale performance e tutto questo accadeva un secolo fa. Natalia Goncharova e Larionov lasciata l’amata Patria Russia nel 1915, non vi tornarono più e Parigi, senza tanti conformismi, divenne la loro casa. #laforzadelledonne #comunichiamoalmondolitalia #tuttoilbelloeilbuonoce #alcentrodellabellezza
“Natalia Goncharova tra Gauguin, Matisse e Picasso”, aperta fino al 12 gennaio 2020 alla Fondazione di Palazzo Strozzi e organizzata insieme alla Tate Modern di Londra dove ha esordito.
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sguardimora · 5 years
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Conversazione con Annamaria Ajmone #NO RAMA
In occasione della residenza creativa al Teatro Dimora di Mondaino ho incontrato Annamaria Ajmone che mi ha raccontato qualcosa di più su NO RAMA, il nuovo progetto al quale sta lavorando insieme alle danzatrici Marta Capaccioli e Lucrezia Palandri, al musicista Francesco Cavaliere, alla costumista e scenografa Jules Goldsmith, con la direzione tecnica di Giulia Pastore.
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Come nasce questo nuovo progetto NO RAMA?
Annamaria: Qualche anno fa leggevo un romanzo e proprio all’inizio il protagonista racconta di un pomeriggio trascorso ad Anversa in un nocturama. La descrizione precisa di quello spazio mi ha fatto entrare in universo capovolto che mi è rimasto impresso. Ho tenuto stretta questa immagine per un po’ di tempo, mentre lavoravo ad altro, poi sono tornata lì. NO RAMA è un’indagine immaginifica sul futuro di questo pianeta. Il nome fa riferimento per assonanza al nocturama e a tutti quei meccanismi di illusione ottica come il diorama che fanno riferimento alla costruzione di uno spazio artificiale che riproduce il mondo naturale. NO RAMA si muove tra questi due territori: natura e artificio. L’idea parte dal desiderio di guardare ad altre realtà, altre “nature” e di conseguenza spostare il nostro sguardo da dove siamo solitamente immersi. L’idea è quella di costruire un ecosistema, all’interno del quale vivono creature che si trasformano, assumono diverse forme e hanno diverse proprietà. Il mio tentativo è quello di scardinare la visione antropocentrica, immaginando di ribaltare le gerarchie tra mondo vegetale, animale e umano. Cercare di ridefinire le relazioni tra le diverse forme di esistenza a cui siamo abituati è un dovere che abbiano verso noi stessi per guardare e sognare il futuro dopo la fine.
Come è avvenuto l’incontro con gli altri artisti che daranno vita insieme a te al progetto No Rama?
Annamaria: Il mio percorso è partito in solitudine. Mi sono tuffata in diversi materiali, da quelli narrativi a quelli sonori attraversando testi più scientifici e filosofici. Durante questi momenti di studio ho iniziato a pensare con chi lavorare, scelta che per me non è mai casuale ma è dettata da bisogni specifici. Marta Capaccioli e Lucrezia Palandri oltre ad essere ottime danzatrici e amiche, sono anche due persone con le quali sentivo potesse svilupparsi questo dialogo, presenze che, con tutto il loro bagaglio creativo, sentivo necessarie. Con Jules Goldsmith, invece, ci siamo incontrate per un altro progetto e le ho chiesto di partecipare perché eravamo riuscite ad instaurare un dialogo intenso, sentivo una sensibilità e un ascolto necessari per entrare in questo specifico lavoro. Di Francesco Cavaliere avevo sentito dei dischi, avevo visto delle sue performance e sono certa che in qualche modo la sua ricerca mi abbia influenzato. Quando ho iniziato a pensare a NO RAMA ho subito pensato a lui. Con Giulia Pastore, che ora non è qui, lavoro da sempre, è come se ci capissimo al volo anche quando non ci capiamo subito. 
Per ogni elemento che vai a trasformare e provi a fare esplodere c’è una specificità e ogni componente del gruppo è specifico, ha un suo ruolo, senza di loro, inevitabilmente, tutto sarebbe diverso.
L’ultima volta che ho visto un tuo lavoro è stato proprio qui a Mondaino dove stavi lavorando a Tiny. Lì portavi avanti attraverso la ricerca coreografica una riflessione sul paesaggio e sul ricordo. Anche con NO RAMA mi sembra di ritrovare una relazione al paesaggio, un paesaggio desertico popolato di cactus e serpenti. Che relazione c’è tra questo immaginario e la scrittura coreografica?
Ammamaria: NO RAMA è la costruzione di un ecosistema in cui le forme si trasformano, lo spazio continua a cambiare, cambia la temperatura e cambiano i colori. C’è il deserto certo ma c’è anche il ghiaccio  e c’è un’esplosione (forse). Lo guardi e ne sei immerso. Lo spazio continua a modificarsi, non vuole collocarsi né riferirsi a un tempo specifico. Questo è reso possibile attraverso la combinazione di tutti gli elementi che compongono la scrittura coreografica. L’immaginario e la scrittura coreografica vanno di pari passo, si informano a vicenda, si completano, si spostano e a volte si tradiscono. 
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Come nasce la struttura sonora in relazione anche al tema del silenzio e in relazione alla danza?
Francesco: Quando lavoro con il suono lavoro per immagini. Più che da una partitura di note parto da dei racconti. Quando Annamaria mi ha proposto questo lavoro mi ha mandato un testo con delle suggestioni e delle immagini e da qui ho capito che c’era sintonia e potevo farlo. Se avessi avuto altri tipi di informazioni magari più tecniche e coreografiche sarebbe stato più difficile. Nel momento in cui mi sono trovato davanti a un minerale mi sono sentito a mio agio. Il discorso sul silenzio mi interessa molto. Spesso lavoro sulla scrittura che viene poi in un secondo momento accompagnata dalla musica o viceversa, come accade per i radiodrammi, gli audiolibri o le colonne sonore. In questo caso invece il movimento è il loro racconto, il loro mondo e la musica sta dentro e sta fuori. In questo stare dentro e stare fuori c’è anche il silenzio. Non vorrei che la musica supportasse la danza ma che stesse in mezzo alla danza. Vorrei che ci fossero episodi sonori e movimenti che iniziassero a intrecciarsi tra loro per diventare una cosa unica. Quando lavori in questa direzione tutti i momenti di attesa, di respiro diventano essenziali, così abbiamo pensato di lavorare con sistemi di diffusione diversi, anche molto piccoli, che focalizzano l’attenzione dell’ascolto, ti distraggono ma anche ti sorprendono.
Tornando al percorso di residenza inserita all’interno del progetto @residancexl, a che punto eravate del percorso creativo quando siete arrivati a Mondaino e cosa vi portate a casa da queste giornate?
Annamaria: Siamo più o meno a metà del percorso creativo. In sala ci siamo incontrate con le danzatrici per quindici giorni a Prato. Ora qui a Mondaino è la prima volta che siamo tutti cinque insieme; è stato difficile ma ricco di stratificazioni di pensieri e azioni. È stato un po’ come quando i bambini si incontrano per la prima volta e iniziano a giocare in modo travolgente. È stato uno “shock” importante e necessario.  
Francesco: In questa prima sessione non ho dato materiali audio subito, ma ciò non ha creato problemi. Le danzatrici hanno iniziato a lavorare e a farmi vedere dei movimenti per darmi dei punti di riferimento temporali e ritmici. Mi hanno messo a mio agio e mi sentivo libero di decidere quando mettere improvvisamente un suono dentro la scena di lavoro. Sentivo di non interrompere il loro flusso ma anzi continuavano a muoversi seguendo la loro vita interna. Questo mi ha aiutato molto nella creazione. La cosa incredibile che ha fatto in questi giorni Annamaria è di non averci messo di fronte a compiti precisi ma a immagini, piante, avventure, esperienze che ci hanno aiutato a elaborare un linguaggio comune.
Lucrezia: In questi giorni il tentativo è stato quello di creare un habitat tra il naturale e l’artificiale, una sorta di prospettiva verso il futuro. Si è creata anche una stretta relazione con il fuori, siamo uscite dal teatro e molto del fuori, la natura, i cieli che cambiavano velocemente tonalità di colore, gli animali sono entrati in connessione con noi. Il luogo era giusto per questo momento di lavoro.
Jules: Per me è stata una possibilità rara di essere coinvolta nella costruzione di un percorso creativo. Le mie esperienze di lavoro con la danza erano diverse, non sono mai stata coinvolta dall’inizio. Annamaria mi ha condiviso suoni, musiche, testi, film e mi ha incluso completamente nel viaggio evolutivo della sua creazione e per me è stato incredibile. Il mio ruolo può essere anche molto solitario perché c’è tutta la parte pratica di ricerca dei tessuti e costruzione dei capi rispettando le esigenze precise dei danzatori. Quindi sono arrivata con delle idee ma durante questa settimana si sono aperte infinite possibilità. Ora tutto è in evoluzione. Lavorare qui, in questo teatro con questa luce e con la natura intorno, è stato speciale.
Marta: La cosa più incredibile è stata percepire un tempo altro. In questa settimana è come se non ci fossero mai state delle attese ma tutto era nel momento in cui si faceva. Non c’è stato uno scandirsi quotidiano, momenti noti, ma eravamo dentro un vortice che non si è mai fermato. È stato molto naturale, un fluire insieme.
Abitare. Paesaggio. Memoria. Parto da questi tre concetti chiave che mi sembrano indicativi del tuo percorso artistico per chiederti che cos’è per te la danza…
Premetto che è una domanda alla quale non so rispondere. Posso fare un tentativo rispetto al mio sguardo ora; magari tra qualche anno arriverà un’altra risposta, un’altra visione. La danza è la tensione al raggiungimento di un punto. La danza sta nello spostamento, sta nel mezzo di una tensione.
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foxpapa · 6 years
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Positano, mandorlo in fiore
Il brusco calo delle temperature riporta al rigore dell’inverno in verso, ma a Positano la poesia di un mandorlo in fiore, illuminato da un sole appena tiepido, è presagio della primavera. E proprio per la sua fioritura anticipata, il mandorlo veniva chiamato “saked” dalle popolazioni ebraiche del medio Oriente: vale a dire “vigilante”, ambasciatore dei primi cenni della bella stagione. Gli scatti esaltano i colori del mandorlo in fiore ma anche la suggestione della Torre Sponda, eretta a difesa della costa nel tredicesimo secolo. Oggi le proprietarie sono le sorelle Raimonda e Fausta Gaetani: scenografa e costumista la prima, interior designer la seconda. Un edificio con vista privilegiata sul mare e sul borgo, impreziosito - in questi giorni - dalla suggestiva presenza del mandorlo in fiore
Foto Fabio Fusco
di PASQUALE RAICALDO
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sinapsinews · 3 years
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Guia Jelo a VeneZia per Lupo Bianco : momento d’oro per l’attrice siciliana
Grande emozione per l’attrice Guia Jelo, che alla Mostra internazionale del Cinema di Venezia ha avuto il Red carpet tutto per sé. Con il cuore in gola e le gambe che hanno retto, grazie ai passi che ha mosso con la scia della lava della sua adorata Etna, Guia ha sfilato con un abito realizzato dalla costumista e scenografa Giovanna Adelaide Giorgianni. Menzione meritatissima quella che ha visto…
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fashionbooksmilano · 5 months
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Leonor Fini
Grafis Edizioni Arte, Casalecchio di Reno 1983, 263 pagine, 21,2x20cm,
Mostra Galleria Civica Arte Moderna Palazzo dei Diamanti, Ferrara 2 luglio - 30 settembre 1983
euro 40,00
Leonor Fini (Buenos Aires, 30 agosto 1907 - Parigi, 18 gennaio 1996) è stata una pittrice, scenografa, costumista, scrittrice, illustratrice e disegnatrice.
Il suo legame con il teatro, i suoi romanzi surrealisti, la sua passione per il disegno e la fotografia, le sue frequentazioni e la sua vita fuori dagli schemi tracciano un profilo d'artista particolarmente interessante nel campo dell'arte e della letteratura del Novecento
08/05/24
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gcorvetti · 1 year
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Non sono masochista.
Uno dei meccanismi della nostra mente è quello del dolore, da bambini quando vediamo la candela sulla torta incuriositi la tocchiamo e ci bruciamo, da quel momento sappiamo che non dobbiamo toccare mai più la candela, la stessa cosa accade con i rapporti umani, con la differenza che spesso diamo più possibilità al prossimo. Quindi se nella nostra vita qualcuno ci fa del male, più di una volta, arriviamo al punto di non volerlo più vedere, come potete intuire è riferito al pianista, siccome lui lavora da quest'anno al teatro dove la mia compagna è scenografa e costumista, oggi che è tornata dal suo viaggio/vacanza/workshop o quello che era, volevo avvertirla della mia rottura definitiva col tipo, visto che lavorando nello stesso posto si sarebbero incontrati e per evitarle una doccia fredda del tipo "Ma non ne so niente di sta cosa". Risposta di lei "Fai pace con te stesso", io sono in pace con me, sono gli altri che pensano che possono calpestarmi a loro piacimento e che siccome il passato è passato ci si può passarci sopra, eh no cara mia, non sono fatto di gomma che tutto mi rimbalza, come la candela lui mi ha fatto male e io non lo voglio più vedere, sia per le merdate che mi sono dovuto sorbire da parte sua, sia e soprattutto perché ha distrutto un progetto musicale valido e sapete quanto io tenga alla musica. Poi lei non si rende conto che sarebbe stata una fonte di incasso monetario non indifferente e questo forse potrebbe farle capire quanto danno mi ha fatto sto coglione. Pensando a sta cosa e alle cose che mi sono successe con altre persone e che per come sono fatto, non sono masochista, non accetto certi comportamenti e reagisco nella totale sincerità senza peli sulla lingua ma il risultato è opposto perché in queste cose quello che ha un carattere di merda sono io, quello da evitare perché persona di merda sono io, nessuno pensa che forse faccio e dico le cose perché ha avuto un comportamento a me sgradito o doloroso, no, non sia mai, i conformisti, gli inquadrati sono brave persone che pugnalano gli altri alle spalle, poi però quello di merda sono io. Preferisco puzzare come una merda agl'occhi di questi pseudo ominidi e restare solo che fare finta di niente e sentirmi sempre male per colpa degli altri, andate a fanculo (non è riferito a tutti).
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Leonor Fini a Trieste
Leonor Fini a Trieste
A 25 anni dalla morte di Leonor Fini, pittrice surrealista, costumista, scenografa, incisore, illustratrice e scrittrice di fama, a Trieste, al Polo museale del Magazzino 26 in Porto Vecchio, la mostra multimediale Leonor Fini. Memorie triestine, propone fino al 22 agosto 2021 una rilettura del tutto inedita della personalità dell’artista (Buenos Aires 1907 – Parigi 1996), analizzando il suo…
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Tra Casanova e Don Giovanni: 125 anni fa nasceva Rodolfo Valentino
di Marco Carratta
La vicenda umana di Rodolfo Valentino è indissolubilmente legata alla parabola storica del cinema.
Per una curiosa coincidenza infatti, nello stesso anno in cui a Parigi viene proiettato quello che è accreditato come il primo “film” della storia (un documentario di 45 secondi, girato dai fratelli Auguste e Philippe Lumière, che riprende l’arrivo di un treno nella stazione di La Ciotat), in provincia di Taranto nasceva colui che sarebbe diventato di lì a poco il primo divo del giovane mondo della celluloide: Rodolfo Valentino. A questa coincidenza ne segue un’altra meno piacevole, perché la fama di Rodolfo Valentino è anche dovuta al fatto che terminò la sua giovanissima esistenza a soli 31 anni, all’apice del successo, nello stesso anno, nello stesso mese e nella stessa città, New York, in cui avviene la proiezione del primo film sonoro, Don Giovanni e Lucrezia Borgia. Una vera e propria rivoluzione che segnò l’inizio dell’inesorabile declino del mondo in cui Valentino era stato protagonista, quello che cinema muto.
Nato il 6 maggio 1895 a Castellaneta, cittadina in provincia di Taranto, Rodolfo Alfonso Raffaello Pierre Filibert Guglielmi di Valentina d’Antonguolla, questo il suo vero nome, era il terzogenito di Giovanni Guglielmi, un veterinario ed ex capitano di cavalleria con una spiccata passione per l’araldica, e di Marie Berthe Gabrielle Barbin, di origini francesi e dama di compagnia di una nobildonna del luogo. In una delle tante biografie dedicate a Rodolfo Valentino, questi viene definito come “un visionario alla ricerca di altre realtà”; la sua naturale apertura a valori e tratti culturali estranei e lontani lo porta fin da giovanissimo, complice la madre, a vivere in diverse città italiane e straniere. Rimasto orfano di padre a soli 11 anni, per volontà della madre viene iscritto ad un collegio in Umbria, dal quale però verrà radiato a causa della sua poca passione per lo studio e dell’indole disubbidiente ed irrequieta. Proverà, senza successo, ad entrare all’accademia di Marina di Venezia, per poi frequentare, questa volta con profitto, l’Istituto Bernardo Marsano di Sant’Ilario di Genova, dove ottiene il diploma di tecnico agrario. Grazie alla licenza superiore si guadagna un viaggio premio a Parigi offertogli dalla madre, e nella capitale francese scopre un mondo incredibile, stimolante ed effervescente. Nei locali parigini alimenta la passione per la danza già coltivata nei locali notturni frequentati da adolescente a Perugia.
Il periodo parigino però finisce presto ma è talmente intenso da trasformare per sempre la sua esistenza.
È la capitale francese a far capire a Rodolfo che non sarebbe stata certamente Castellaneta il luogo dove poter esprimere la sua personalità eclettica. Diciottenne si imbarca per l’America sul mercantile Cleveland ma non era il “classico” emigrante diseredato. Scrive Enrico Deaglio: “era diverso dal dago (dispregiativo usato in America per identificare l’immigrato di origine latina) dalla pelle scura e dall’inglese smozzicato. Il ragazzo sapeva ballare. Sapeva indossare i vestiti, aveva imparato a Parigi. Era naturalmente elegante, parlava l’inglese, poteva sostenere una conversazione, scriveva poesie, amava comprare libri, leggerli e collezionarli”. Con queste credenziali arriva a New York il 23 dicembre del 1913. Certamente non è ancora il Rodolfo Valentino divo del cinema, e probabilmente neanche pensava di fare l’attore; d’altronde come avrebbe potuto proprio lui che da ragazzino veniva soprannominato “pipistrello” per il suo aspetto poco piacevole.
Nella città americana dissipa i suoi averi in frivolezze e si vede presto costretto a lavorare. Fa il cameriere e il giardiniere, e tutto quello che guadagnava lo investiva per continuare nella sua passione: la danza. Ogni giorno frequentava una sala da ballo e presto diviene un taxi dancer, un ballerino pagato da signore per far coppia con loro. La danza diventa sempre di più il suo mondo, e inizia a pensare in grande; sembra che scrivesse lettere utilizzando la carta intestata del lussuoso hotel newyorkese Waldorf Astoria per dimostrare alla famiglia di aver ottenuto un successo repentino, successo che effettivamente non avrebbe tardato ad arrivare.
Rodolfo lascia New York per trasferirsi prima a San Francisco e poi ad Hollywood, dove grazie ad una rete di conoscenze fa il suo esordio, ventitreenne, nel cinema come comparsa nel film L’avventuriero. In California si fa chiamare prima Rodolfo di Valentina, poi Rudolph Valentino, e dopo una dozzina di pellicole in cui interpreta piccoli ruoli, un ballo stravolse la sua vita. Fu un tango a farlo diventare la prima star di Hollywood, il tango che apre I quattro cavalieri dell’Apocalisse, il film del regista Rex Ingram uscito nelle sale il 6 marzo 1923 tratto dall’omonimo romanzo di Blasco Ibáñez.
Il film lo trasforma in una celebrità ambita. Partecipa alla pellicola La Commedia Umana dello stesso regista, e La Signora delle Camelie in cui interpreta il ruolo di Armand. Il 1921 termina con un altro enorme successo grazie alla sua interpretazione nel film Lo sceicco, uscito il 20 novembre. Con il film Sangue e Arena per la regia di Fred Niblo del 1922 conferma la sua ascesa e viene “proclamato icona del sex appeal”.
Nel marzo dello stesso anno sposa in Messico Nataša Rambova, al secolo Winifred Shaughnessy Hudnut, una ricca ereditiera americana e un’artista eclettica. Un personaggio celebre nell’ambiente cinematografico, danzatrice, scenografa, costumista, sceneggiatrice e collezionista d’arte. Rodolfo aveva lavorato con lei sul set de La signora delle Camelie di cui era scenografa e costumista, inaugurando un sodalizio artistico-lavorativo che avrebbe avuto grandi successi.
Charlie Chaplin nella sua biografia scrive che Rodolfo Valentino, nonostante tutto, aveva sempre un’aria triste, schiacciato dal successo e con una scarsa fortuna con le donne, soprattutto le sue due mogli.
Rodolfo si era già sposato nel 1919 con Jean Acker, e anche questa unione fu infelice. Sia Jean Acker che Nataša Rambova facevano parte del celebre “clan di lesbiche” capeggiato dalla famosa attrice Alla Nazimova di cui entrambe le mogli di Rodolfo erano amanti.
Relazioni che servivano a proteggere le attrici dai pettegolezzi sui loro legami omosessuali e che dimostrano anche quanto Rodolfo Valentino fosse estremamente aperto rispetto alle diverse identità sessuali. Nataša Rambova, inoltre non era solo la moglie di Rodolfo ma anche il suo “boss”, capace di imporre con autorità le scelte artistiche e professionali di suo marito, ed è anche merito suo e delle sue conoscenze se Rodolfo Valentino tra il ’21 e il ’22 recita in ben 9 pellicole.
Dopo l’uscita de Il giovane Rajah di Phil Rosen, Rodolfo Valentino si trova a gestire non solo un successo enorme ma anche la pressione di produttori smaniosi di scritturarlo per nuovi lavori da un lato, e dall’altro la moglie che pretendeva di gestire il suo lavoro con modi autoritari. Decide così di prendersi una pausa dalla settima arte e di dedicarsi alla poesia intraprendendo un lungo viaggio in Europa che lo riporta in estate anche nella sua Castellaneta: è il 1923.
Tornato a Hollywood dopo il viaggio in Europa, nel 1924 lavora al film Monsieur Beaucaire del regista Sidney Olcott, esperienza che segna anche la fine della collaborazione e, da lì a poco, del rapporto sentimentale con la moglie Nataša Rambova. Un anno dopo, nel novembre 1925, escono L’aquila e Il cobra, l’unico film in cui il divo interpreta il ruolo di un italiano. Nella sua carriera era stato un gaucho argentino, un torero spagnolo, un cospiratore russo, uno sceicco arabo, e ora un nobile italiano. Sempre nel ruolo del seduttore e sempre straniero. Rodolfo Valentino era diventato il divo con il quale il cinema cominciò a orientare i desideri di milioni di persone in tutto il mondo.
Il suo incontestabile successo porta anche a toni e i giudizi esasperati su di lui. In Italia i suoi film erano quasi sconosciuti. I quattro cavalieri dell’Apocalisse viene proiettato solo nel 1923, a due anni di distanza dall’uscita negli States; sorte simile per un altro film di successo, Lo sceicco, uscito in America nel 1921 e in Italia nel 1924. Altre pellicole apparvero postume, e ciò a causa del risentimento della borghesia italiana verso gli emigrati, amplificato dalla richiesta fatta da Rodolfo Valentino di ottenere la cittadinanza americana. Inoltre, nell’Italia fascista, Benito Mussolini aveva imposto il proprio stile, “ovvio che Rodolfo Valentino, l’italiano più famoso d’America, non fosse benvoluto dal Duce. Troppo ambiguo, uno che se ne era andato in America e non era tornato per combattere” e, cosa ancora più grave, “non aveva fatto mistero di essere rimasto disgustato dall’uccisione di Giacomo Matteotti. Perciò il Duce aveva ordinato che dell’attore non si parlasse sui giornali e che i suoi film non fossero ben accolti”. Anche in America la stampa più retrograda lo critica aspramente: non sopportava che ad incarnare il sogno erotico di milioni di donne fosse un uomo entrato nella storia del cinema a passo di danza con la sua fragilità mediterranea e la sua eleganza effeminata, il contrario del cowboy macho, coraggioso e rude tanto caro agli statunitensi. Rodolfo subiva anche un altro tipo di pregiudizio, quello anti-italiano: “interpretò solo un ruolo di italiano, in un film minore. Negli altri film era russo, francese spagnolo e soprattutto arabo … Intervistato sul suo ruolo di arabo, difese questa cultura, mettendola in relazione con le sue origini meridionali”, una presa di posizione scomoda nei primi anni Venti, proprio mentre il Congresso approvava forme legislative che riducevano drasticamente le quote legali di immigrazione straniera. Ma il vero e proprio “caso Valentino” scoppia nel luglio del 1926, a causa del noto articolo diffamatorio apparso sul quotidiano Chicago Tribune dal titolo Piumino rosa cipria, in cui un anonimo, prendendo spunto dall’installazione di un distributore di cipria in un bagno pubblico per soli uomini scrisse:
“Una macchina che vende cipria! In un bagno maschile! Homo Americanus! Ma perché, ci si chiede, qualcuno, senza far troppo rumore, non ha annegato Rudolph Guglielmo, alias Valentino, anni fa? Davvero le donne amano questo tipo di “uomo” che si mette la cipria in un locale pubblico e si aggiusta la pettinatura in un pubblico ascensore? Hollywood è la scuola nazionale di mascolinità … Valentino è un piumino di cipria … Se il signor Valentino è il prototipo dei nuovissimi maschi d’America, meglio che il matriarcato trionfi. Meglio un mondo di donne virili che di uomini effeminati.”
Si era superato il limite e Rodolfo Valentino non può far finta di nulla. Sfida apertamente l’autore dell’articolo ad un incontro di boxe, ad accettare fu il giornalista sportivo del The New York Evening Journal Frank O’Neill, visto che nessuno della redazione del Chicago Tribune aveva rivendicato la paternità dell’editoriale. Rodolfo Valentino vince l’incontro disputato sul tetto dell’Hotel Ambassador di New York di fronte a decine di giornalisti. In quelle settimane l’attore stava compiendo una tournée promozionale del film Il figlio dello sceicco diretto da George Fitzmaurice, una sorta di sequel del film Lo sceicco del 1921. È l’ultimo film di Rodolfo Valentino. Il 15 agosto collassa nella sua camera d’albergo di New York e il 23 agosto 1926 alle 12:10 muore di peritonite dopo sette giorni di degenza al Polyclinic Hospital della stessa città. Aveva compiuto 31 anni da pochi mesi ed era all’apice della carriera.
Quando viene annunciata la sua morte ci sono scene di isterismo collettivo a New York. Di fronte alla Campbell’s Funeral Home, sotto una pioggia battente, ci sono disordini, cariche della polizia a cavallo, svenimenti (l’attrice Pola Negri, la diva del cinema di origine polacca e sua ultima amante perse i sensi ben tre volte), vetrate in frantumi, un’auto ribaltata, feriti, arresti, bimbi dispersi. Arrivano anche alcuni membri della Lega fascista del Nord America con una corona di fiori con su la scritta “From Benito Mussolini”, un tentativo disperato di impadronirsi della figura del divo. Ad impedirglielo furono i membri dell’alleanza antifascista con in testa Vittorio Vidali e Carlo Tresca. E poco importa se alcune delle camicie nere erano delle comparse della Campbell’s e che l’ambasciata italiana dichiarerà la propria estraneità all’iniziativa e negherà che il duce avesse mai ordinato una corona di fiori.
Ai suoi funerali, due, uno a New York e dopo il trasferimento del feretro in California a Hollywood, partecipano migliaia di persone. Nei giorni successivi più di 60 donne dichiarano di aspettare un figlio da lui e si parla di una trentina di suicidi legati in qualche modo alla scomparsa di Rodolfo Valentino.
Ripercorrere la vita di Rodolfo Valentino non è un’impresa facile, in questo articolo ho riportato le notizie ricavate dalla biografia scritta da Emilia Costantini Rodolfo Valentino. Il romanzo di una vita, i saggi raccolti in Rodolfo Valentino. Un mito dimenticato a cura di Angelo Romeo, il romanzo storico di Enrico Deaglio La zia Irene e l’anarchico Tresca, il libro scritto dal manager dell’attore S. George Ullman Valentino As I Knew Him e la puntata della trasmissione Wikiradio in cui Gianluca Favetto racconta Rodolfo Valentino e da cui ho preso il titolo di questo articolo.
Interessanti sono anche altri prodotti culturali e artistici che negli anni sono stati dedicati alla commemorazione del mito di Rodolfo Valentino come il testo Adagio dancer di John Dos Passos, i due film Valentino, il primo di Lewis Allen e il secondo di Ken Russell, e lo sceneggiato radiofonico in quindici puntate di Emilia Costantini con Raul Bova.
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perfettamentechic · 2 years
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15 luglio … ricordiamo …
15 luglio … ricordiamo … #semprevivineiricordi #nomidaricordare #personaggiimportanti #perfettamentechic
2021: Libero De Rienzo, attore, regista e sceneggiatore italiano. Era il figlio di Fiore De Rienzo, attore e giornalista.  (n. 1977) 2020: Sibylle Geiger, costumista e scenografa svizzera.  (n. 1930) 2020: Carlotta Barilli, è stata un’attrice italiana, che fu attiva in cinema, in teatro e in televisione particolarmente fra gli anni sessanta e i settanta. (n. 1935) 2019: Barbara Valmorin, nome…
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