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#il risarcimento nel processo civile
stefanoligorio · 9 months
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risarcimentomedico · 1 month
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Risarcimento per Danno Medico, chi può richiederlo?
Il risarcimento per danno medico rappresenta un tema delicato e di rilevante importanza nel contesto del diritto civile e della tutela della salute in Italia.
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In questo documento, esamineremo in dettaglio la natura del danno medico, il processo attraverso il quale si può richiedere un risarcimento, e chi sono i soggetti legittimati a farlo.
Il tono sarà professionale, con l'obiettivo di fornire informazioni precise e basate su dati e normative vigenti.
Cosa è il Danno Medico?
Il danno medico si verifica quando un paziente subisce lesioni fisiche, psichiche o un deterioramento delle condizioni di salute a seguito di un trattamento sanitario non conforme agli standard di cura attesi.
Questo include errori di diagnosi, errori in interventi chirurgici, trattamenti inappropriati, mancanza di consenso informato, e ogni altra forma di negligenza medica.
Tipologie di Danno
Danno fisico: Qualsiasi lesione che impatti l’integrità fisica del paziente.
Danno morale: Sofferenze psicologiche e disagio emotivo derivante dal trattamento medico.
Danno biologico: Compromissione permanente o temporanea delle capacità funzionali dell’individuo.
Danno estetico: Cambiamenti nell'aspetto esteriore che possono influenzare la percezione di sé e le relazioni sociali.
Come Funziona il Risarcimento?
Il risarcimento per danno medico si basa su principi di responsabilità civile.
Il paziente (o i suoi eredi) deve dimostrare che il danno subito è diretta conseguenza di un trattamento medico che non ha rispettato i le regole dell'arte medica.
Fasi del Processo di Richiesta
Consulenza medico-legale: È fondamentale acquisire un parere da parte di un consulente tecnico, che possa attestare la sussistenza del nesso causale tra il trattamento e il danno.
Raccolta della documentazione: Documentazione medica, testimonianze, e qualsiasi altro elemento utile a supportare la tesi del paziente.
Notifica e negoziazione: Spesso si cerca un accordo extragiudiziale con la struttura sanitaria o il professionista coinvolti.
Azione legale: Se non si raggiunge un accordo, sarà necessario intraprendere un'azione legale, per cui è consigliabile l'assistenza di un avvocato specializzato in malpractice medica.
Chi può Richiedere il Risarcimento?
Il risarcimento può essere richiesto da:
Il paziente direttamente danneggiato: La persona che ha subito direttamente il danno a seguito di malpractice.
Gli eredi legali: In caso il danno medico abbia causato la morte del paziente.
Altri soggetti indirettamente danneggiati: Come i familiari che hanno subito un danno morale o psicologico a seguito degli eventi accaduti al paziente.
Quadro Normativo
La legislazione italiana prevede una serie di norme che regolano la responsabilità medica, inclusi il Codice Civile e specifiche leggi che disciplinano la professione medica e la tutela dei diritti dei pazienti.
Inoltre, recenti riforme hanno cercato di chiarire ulteriormente i diritti dei pazienti e le procedure di risarcimento.
Conclusioni
Il percorso per ottenere un risarcimento per danno medico è complesso e richiede una precisa documentazione e spesso l'assistenza legale specializzata.
È essenziale che i pazienti siano consapevoli dei loro diritti e delle procedure da seguire per tutelare la propria salute e integrità.
Le riforme legislative continuano a svilupparsi in questo ambito, mirando a garantire una maggiore trasparenza e giustizia per le vittime di malpractice medica.
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99topnews · 1 year
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San Marino. Condannato ex amministratore della LUCAS SpA per irregolare tenuta delle scritture contabili
Il Commissario della Legge avv. Simon Luca Morsiani, visti applicati gli articoli 61 e segg. nel processo di questa mattina delle 09.30 ha dichiarato la penale responsabilità dell’imputato e condannato il sig. Luca Marco Spiga alla pena dell’arresto per mesi 2 oltre all’interdizione per anni 1 e mesi 6. E’ stata applicata anche la sospensione condizionale della prigionia e la non menzione nel casellario giudiziario. Il sig. Spiga viene anche condannato alle spese del procedimento ed al risarcimento cagionato al giudiziale concorso dei creditori di Lucas Spa, parte civile costituita, con liquidazione in separato giudizio civile condannando altresì l’imputato a rifondere onorari e le spese di costituzione in giudizio per l’ammontare di euro 3.000.
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lamilanomagazine · 6 months
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Giulio Regeni, rinviati a giudizio i quattro 007 egiziani
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Giulio Regeni, rinviati a giudizio i quattro 007 egiziani. Finalmente una buona notizia per la famiglia di Giulio Regeni: vanno a processo i quattro 007 egiziani accusati di aver sequestrato, torturato ed ucciso il ricercatore italiano tra il gennaio e il febbraio del 2016 al Cairo.  Dopo un iter giudiziario lungo e tortuoso e dopo che la Consulta aveva sbloccato l’impasse in cui il procedimento era finito a causa dell'assenza degli imputati, il gup di Roma ha disposto il giudizio fissando l'avvio del processo al 20 febbraio 2024, davanti alla prima sezione della Corte d’Assise. Nel processo sarà parte civile la Presidenza del Consiglio, che ha chiesto, in caso di condanna degli imputati, un risarcimento di 2 milioni di euro. «Ringraziamo tutti, oggi è una bella giornata», ha detto Paola Deffendi, la madre di Giulio, lasciando commossa la cittadella giudiziaria della Capitale insieme al marito Claudio. «L’assenza degli imputati (Tariq Sabir, Athar Kamal, Uhsam Helmi e Magdi Ibrahim Abdel Sharif) non ridurrà il processo ad un simulacro - ha detto in aula il procuratore aggiunto Sergio Colaiocco -. Poter ricostruire pubblicamente in un dibattimento penale i fatti e le singole responsabilità corrisponde ad un obbligo costituzionale e sovranazionale. Un obbligo che la Procura di Roma con orgoglio ha sin dall'inizio delle indagini cercato di adempiere con piena convinzione». «Siamo qui per confermare la piena vicinanza alla famiglia di Giulio Regeni, e non solo alla scorta mediatica che questa mattina è qui per seguire quello che speriamo essere finalmente la partenza di un processo che è stato molto atteso e a lungo ostacolato, ma anche a quel popolo giallo che ha tenuto accesa l'attenzione in questi anni di mobilitazione fin dal febbraio del 2016». Lo ha detto la segreteria del Pd, Elly Schlein, che ha preso parte ad un sit all'esterno del tribunale, a Roma. Fuori piazzale Clodio anche rappresentanti della Fnsi e Usigrai. «Siamo qui perché bisogna stare accanto ai familiari di Giulio - ha aggiunto la segretaria del Pd - fino a quando non otterremo la piena verità su chi ha ucciso, su chi ha torturato e su chi sono i mandanti dell'efferato omicidio di un ricercatore italiano, di un ricercatore europeo. Chiediamo verità e giustizia e non ci fermeremo fino a quando non verrà fuori».... #notizie #news #breakingnews #cronaca #politica #eventi #sport #moda Read the full article
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artemideofficial · 6 months
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Il massacro del Circeo
Quando si parla del massacro del Circeo ci si riferisce ai fatti avvenuti tra il 29 e il 30 settembre del 1975. Quando due giovani ragazze, Rosaria Lopez e Donatella Colasanti, furono rapite, stuprate e torturate fino alla morte della Lopez. Colasanti, invece, riuscì a salvarsi fingendosi morta.
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I tre responsabili del crimine provenivano da famiglie della borghesia romana. Andrea Ghira, 22 anni, era figlio di un imprenditore edile. Angelo Izzo, 20 anni, studiava medicina. Mentre Gianni Guido, 19 anni, studiava architettura. Tutti e tre erano vicini agli ambienti neofascisti e missini.
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Ghira e Izzo avevano anche precedenti penali: nel 1973 avevano compiuto insieme una rapina a mano armata per la quale avevano scontato venti mesi nel carcere di Rebibbia. Izzo, un anno prima del Circeo, aveva violentato due ragazzine insieme a due amici ed era stato condannato a due anni e mezzo di reclusione, mai scontati.
Rosaria Lopez e Donatella Colasanti avevano rispettivamente 19 e 17 anni all'epoca dei fatti. Provenivano da famiglie residenti nel quartiere popolare della Montagnola. Le due conobbero i loro aguzzini qualche giorno prima del massacro, al bar della torre Fungo dell'Eur. In occasione di questo appuntamento, Izzo e Guido proposero alle ragazze di incontrarsi di lì a qualche giorno per una festa.
Nel tardo pomeriggio del 29 settembre i quattro arrivarono a Villa Moresca, di proprietà della famiglia di Ghira, che sorgeva sul promontorio del Circeo, in zona Punta Rossa. Dopo qualche ora passata a chiacchierare e ad ascoltare musica, Izzo e Guido cominciarono a fare esplicite avance sessuali alle ragazze, le quali rifiutarono provocando la reazione furiosa dei giovani.
Ghira tirò fuori una pistola e, minacciandole, disse che apparteneva al Clan dei marsigliesi, un'organizzazione criminale di stampo mafioso dedita a rapimenti e traffico di stupefacenti negli anni ’70. Secondo Ghira, il capo Jacques Berenguer aveva ordinato di rapire due ragazze.
Le due ragazze furono violentate, seviziate, massacrate e insultate dai tre. Furono legate e chiuse in uno dei bagni della villetta dove ruppero un lavandino nel tentativo di liberarsi. Quando i tre scoprirono il tentativo di fuga, decisero di ucciderle.
I tre le drogarono cercando di addormentarle, ma, come raccontò Colasanti nella sua deposizione: “Io e Rosaria eravamo più sveglie di prima e allora passarono ad altri sistemi”. Nel mezzo delle torture, Guido si assentò per cenare a Roma con i suoi familiari, poi in serata fece ritorno al Circeo e si riunì ai suoi amici aguzzini.
Lopez venne trascinata al piano di sopra. Dalla testimonianza di Colasanti: “La sentivo piangere e urlare, poi silenzio all'improvviso. Devono averla uccisa in quel momento”. Si scoprì che la 19enne venne annegata nella vasca da bagno.
Poi si scagliarono contro la 17enne. Le legarono una cintura al collo e la trascinarono sul pavimento nel tentativo di strangolarla. Sentì uno dei tre lamentarsi: "Questa non vuole morire". Fu allora che capì che per salvarsi doveva fingersi morta. Fu colpita con una spranga alla testa e non reagì.
La rinchiusero insieme al cadavere della ragazza nel bagagliaio di una Fiat 127 bianca.
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I tre poi partirono verso Roma, intenzionati a disfarsi dei cadaveri. Arrivati in viale Pola, nel quartiere Trieste, i tre decisero di andare a cena. Colasanti iniziò a gridare e a battere colpi alle pareti del bagagliaio.
I rumori attirarono un metronotte che diede l'allarme ai carabinieri.
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La ragazza fu portata in ospedale dove fu ricoverata, con prognosi di oltre trenta giorni. Izzo e Guido furono arrestati entro poche ore, mentre Ghira, messo in allarme da una soffiata, riuscì a fuggire.
Il processo iniziò nell’estate del 1976. La famiglia Lopez rinunciò a costituirsi parte civile dopo aver accettato un risarcimento di cento milioni di lire dalla famiglia Guido. Donatella Colasanti scelse di andare a processo sostenuta da centinaia di attiviste femministe, rappresentata dall'avvocata Tina Lagostena Bassi.
Izzo e Guido furono condannati all’ergastolo in primo grado. Dopo un tentativo di evasione nel 1977, in appello nel 1980 la condanna di Guido venne ridotta a 30 anni. Riuscì comunque a evadere nel 1981 e a fuggire in Sud America. Fu rintracciato nel 1994 a Panama ed estradato in Italia. Ha concluso la sua detenzione nel 2009 godendo di uno sconto di pena grazie all'indulto.
Nel novembre del 2004 Izzo conquistò la semilibertà. Il 28 aprile 2005, rapì e uccise Maria Carmela Linciano (49 anni) e Valentina Maiorano (14 anni), moglie e figlia di Giovanni Maiorano, un pentito della Sacra Corona Unita che Izzo conobbe in carcere a Campobasso. Nel 2007 Izzo fu nuovamente condannato all’ergastolo per il duplice omicidio premeditato.
Ghira riuscì a fuggire in Spagna e adottò il falso nome di Massimo Testa de Andres. Nel 2005 un cadavere sepolto a Melilla nel 1994 venne identificato come quello di Ghira, ma le famiglie delle vittime non credettero a questa ricostruzione. Nel corso degli anni, presunti suoi avvistamenti sono stati segnalati in Brasile, Kenya, Sudafrica e nel quartiere romano di Tor Pignattara.
Donatella Colasanti è morta il 30 dicembre 2005, all'età di 47 anni, a Roma a causa di un tumore al seno, ancora duramente sconvolta per la violenza subita trenta anni prima. Avrebbe voluto assistere al nuovo processo contro Izzo. Non smise mai di chiedere giustizia. Le sue ultime parole furono: "Battiamoci per la verità".
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Chiesto 1 milione di risarcimento per le vittime di Cutro
AGI �� Un milione di euro di risarcimento a favore delle 94 vittime del naufragio avvenuto il 26 febbraio scorso a Steccato di Cutro nel quale sono morti 94 migranti, tra i quali 35 minori, e ha registrato un numero imprecisato di dispersi: è quanto chiede l’avvocatura dello Stato che oggi si è costituita parte civile nel processo che si sta celebrando con rito abbreviato davanti alla gup Elisa…
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corallorosso · 3 years
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“La cultura dei cosiddetti pariolini: la donna era uno strumento di piacere, vado, suono, rompo il violino e torno a casa, perché non dovrei mangiare tranquillamente coi miei?”. Nella notte tra il 29 e il 30 settembre 1975, avviene questa strage allucinante da film Horror. Rosaria Lopez e Donatella Colasanti, vengono sequestrate, violentate e seviziate da Angelo Izzo, Gianni Guido e Andrea Ghira. Donatella Colasanti sfugge alla morte miracolosamente, dopo aver subito le più atroci torture, simulando un finto decesso. Il delitto del Circeo, lo stupro brutale di due giovani proletarie da parte di tre fascisti dei Parioli, ha segnato un’epoca e ha rappresentato la goccia che ha fatto traboccare il vaso dello sdegno sociale e civile, imponendo la revisione del codice penale. La violenza sessuale non era, infatti, considerato ancora delitto contro la persona. (...)Una scelta in qualche misura masochistica, perché evidenzia i miei buchi di conoscenza e anche qualche errore di (sotto)valutazione che affiora oggi per la sopraggiunta disponibilità di materiali giudiziari e di archivio. Sono i rischi che si affrontano quando si ha l’ambizione di affrontare una materia immensa e quindi si decide di rinunciare agli approfondimenti da “studi monografici”. Io resto convinto che l’unico dovere deontologico, tanto per lo storico quanto per il cronista, è la ricerca della verità nella consapevolezza che nuove acquisizioni potranno sempre rimetterla in discussione. I mostri È andato crescendo negli anni il numero dei serial-killer e dei maniaci protagonisti di aberranti delitti a sfondo sessuale. Eppure, nell’immaginario collettivo, trent’anni dopo, i “mostri” per antonomasia restano gli autori del delitto del Circeo. Il 1° ottobre 1975 due ragazze di borgata, Maria Rosaria Lopez e Donatella Colasanti, sono brutalizzate e massacrate da tre pariolini e simpatizzanti di estrema destra, Angelo Izzo, Andrea Ghira e Gianni Guido, nella villa di famiglia dei Guido. Dopo ore di sevizie inenarrabili, convinti che fossero morte, i tre le chiudono nel bagagliaio dell’auto dello stesso Guido. La Colasanti si è però finta morta e, richiamata l’attenzione dei passanti, li denuncia. Izzo e Guido vengono arrestati, Ghira no. In cerca di impunità Il processo, svolto in un clima di mobilitazione generale del movimento femminista, si conclude con la condanna all’ergastolo per i tre fascio-criminali. Anni dopo Izzo racconterà che il massacro era stato un incidente in una lunga catena di delitti. Solo nel ’95, dopo più di dieci anni di collaborazione, per farsi perdonare una “scappatella” penitenziaria si decide a ricostruire sette omicidi compiuti dalla banda, attribuendole un’inesistente finalità politica. Gli arrestati sono decisi a non pagarla: Guido conta sull’appoggio incondizionato di una famiglia ricca e potente. Tenta la via del risarcimento danni ma la Colasanti rifiuta sdegnata. Riesce comunque – simulando contrizione – a ottenere in appello le attenuanti generiche e la pena ridotta a trent’anni. Per il detenuto modello Guido, grazie ai soldi di papà (top manager della Bnl, affiliato alla P2, capace di corrompere guardie e funzionari pur di tirare fuori il figlio), evadere da San Gimignano è uno scherzo. La fuga è interrotta in Argentina ma c’è sempre modo di scappare per chi gode di potenti complicità, anche oltreoceano. I giudici che indagano sulla strage di Brescia vogliono sentirlo in carcere a Buenos Aires perché un pentito lo ha indicato come riscontro delle accuse contro Ferri. Guido evade prima della rogatoria internazionale ma dal fascicolo trasmesso a Brescia si scopre che un interrogatorio già fissato era stato rinviato su una finta richiesta dei giudici italiani. (...) Ugo Maria Tassinari (Stella Colombo)
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paoloxl · 3 years
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Tortura in carcere: "Nudo e ammanettato, mi picchiavano con il ferro di battitura" - Osservatorio Repressione
Il racconto di Antonio Colopi, parte civile nel processo contro due uomini della Polizia penitenziaria e un’infermiera
Nudo, inginocchiato, ammanettato con le mani dietro la schiena e agganciato a un piede del letto della cella d’isolamento, una “cella liscia”. E in queste condizioni preso a botte prima da un “brigadiere” della Polizia penitenziaria, con calci, pugni e con il ferro di battitura, e poi percosso anche da un secondo agente, e ancora minacciato con un coltello puntato alla gola, mentre un terzo faceva da palo.
È quanto ha raccontato Antonio Colopi, in carcere per aver ucciso con una mannaia lo chef ferrarese Ugo Tani nell’aprile 2016 a Cervia, oggi ristretto nel carcere di Reggio Emilia, quel 30 settembre del 2017 ospite dell’Arginone.
Mercoledì pomeriggio è stato ascoltato dal tribunale di Ferrara come testimone e parte civile nel processo contro due membri della penitenziaria accusati di tortura. Sul banco degli imputati ci sono Geremia Casullo – il “brigadiere” secondo Colopi, all’epoca sovrintendente – e l’assistente capo Massimo Vertuani, che sarebbe il palo, entrambi difesi dall’avvocato Alberto Bova (con loro, accusata di falso, a processo c’è anche l’infermiera Eva Tonini, difesa dall’avvocato Denis Lovison).
Per quel brutale pestaggio un altro assistente capo, Pietro Licari (il secondo uomo), è già stato condannato in abbreviato a 3 anni di reclusione e a pagare 20mila euro di risarcimento.
Colopi era stato messo in isolamento dopo un litigio con altri detenuti e ancora con degli agenti della penitenziaria. Mentre era in cella, secondo il suo racconto e secondo l’accusa sostenuta dalla pm Isabella Cavalari, Casullo sarebbe entrato annunciando un’ispezione.
“Quando hanno aperto non ho fatto nulla, mi hanno iniziato a colpire con calci allo stomaco”, poi sarebbe stato fatto spogliare, ammanettato al letto, e così “mi hanno colpito alle braccia e alla testa col ferro di battitura”, passato dal palo a Casullo. Colopi, sempre seguendo il suo racconto, avrebbe perso i sensi per circa 5 minuti, dopodiché si sarebbe ritrovato ancora ammanettato ma con le mani davanti. “Mi sono alzato in piedi ho dato una testata al brigadiere”, ha ammesso il detenuto. A questo punto sarebbe entrato Licari che gli avrebbe detto “adesso tocca a me” e poi sarebbe stato minacciato con il coltello – passatogli anche quello dal palo – ancora da Casullo: “Mi ha detto: adesso ti taglio la gola”.
Steso sul letto, nudo e con varie tumefazioni sul corpo: così lo avrebbe trovato ore dopo il medico del carcere: “Ho chiesto alla dottoressa cosa ci facevo in quella cella e mi ha detto che avevo litigato con un altro detenuto”. Colopi venne medicato diverse ore dopo e nell’occasione il medico gli scattò anche delle foto.
Prima incontrò la comandante della penitenziaria, Annalisa Gadaleta (che a novembre verrà sentita come testimone), insieme al direttore del carcere: “Mi hanno detto che ero stato io ad aggredire gli agenti e mi hanno mostrato un coltellino, ma non era quello con cui mi hanno minacciato, era fatto con una latta”. Sentita la sua versione dei fatti, la comandante lo avrebbe invitato a fare denuncia: “In passato loro mi picchiavano e poi mi denunciavano, questa volta li ho denunciati io”. Colopi, come ammesso durante la testimonianza, è stato effettivamente condannato in via definitiva a 5 mesi per resistenza, e poi a un anno. “Ogni tanto davo in escandescenza e mi picchiavano”, ha detto.
Daniele Oppo
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fab2872 · 3 years
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#nopass Il 30 luglio 2020, ho denunciato Conte, Speranza e Zingaretti alla Procura presso il Tribunale Ordinario di Roma, nonché a tutte le procure del Lazio, in merito alla gestione dell’emergenza di epidemia da Sars Cov-2. Da quel momento la mia vita è stata un crescendo di ritorsioni, perché sono state attivate le indagini nel merito - ancora esistono magistrati in Italia, non solo “magistronzi”. Sono uno studente di giurisprudenza, che al momento ha interrotto l’università per problemi economici e familiari, ma che ha continuato a combattere, anche in Regione Lazio, questi demoni assassini che non mi rappresentano. Mio nonno mi ha insegnato a non piegarmi mai a nessuno, MAI. E così ho fatto, dopo mesi a lavorare, passavo le giornate a casa, oltre qualche capatina a casa di qualche ragazza, a riflettere su come avrei potuto tentare di arginare i potentati che stavano rubando la nostra libertà, trasformata in concessione governativa. Così, raccogliendo tutte le normative, ne ho estrapolato gli errori a rilevanza penale, tra i quali gli appalti sopra soglia effettuati da Arcuri e i suoi compari, per effetto dei quali è risultato formalmente INDAGATO. Ora hanno bloccato ogni forma di attacco nei miei confronti, ma le indagini comunque stanno proseguendo. Sono stanco di condividere l’ossigeno con una popolazione morta sotto il profilo mentale, che accetta tutto, anche che gli venga tolto il respiro. Perché noi in realtà, in terapia intensiva, ci siamo finiti già da tempo, con una classe politica indecente, grazie alla quale sono soltanto aumentate le possibilità di morte. E hanno rotto il cazzo. Invito tutti, dal primo luglio, quando saranno disponibili in farmacia i vaccini, a farli analizzare. Così, giusto per scrupolo. E se ve lo dovessero imporre per lavoro o studio, pretendete le analisi del sangue è un test sierologico. Di Covid si muore, ma si può anche guarire. Di business si muore. Ho fatto inserire nella denuncia depositata, un’aggiunta: in caso di eventuale processo e condanna, costituendomi parte civile come cittadino offeso, richiederò un risarcimento danni da destinare a tutte le famiglie che hanno avuto durante tutta la durata dell’e (at Torino,Italy) https://www.instagram.com/p/CQgfV5ItChc/?utm_medium=tumblr
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stefanoligorio · 1 year
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‘IL RISARCIMENTO NEL PROCESSO CIVILE -errori da evitare, e rimedi esperibili-', di Stefano Ligorio.
Un libro interessante, nel quale, in premessa, si fa un'ampia disamina su ciò che l’individuo, il quale abbia subito un danno, debba operare, con attenzione, puntualità, e precisione, nella circostanza in cui voglia iniziare un processo civile, e su ciò che, conseguentemente, il proprio avvocato dovrebbe, diligentemente, operare instaurando e perseguendo il processo.
Ogni ivi argomentazione di tipo giuridico è stata, precisamente, svolta alla luce della giurisprudenza tutta in materia, con l’intento di far rilevare, in seno alle questioni tecniche ivi trattate, la reale e corretta loro applicazione in linea con quanto previsto dal codice civile e dal codice di procedura civile.
Insomma da leggere: ‘IL RISARCIMENTO NEL PROCESSO CIVILE -errori da evitare, e rimedi esperibili- (Guida Pratica alla luce del Codice Civile, del Codice di Procedura Civile, e della Giurisprudenza in materia)’, di Stefano Ligorio. 
E’ disponibile in formato ebook sul Play Store (presente su tutti gli smartphone -sezione libri-), Mondadori store, La Feltrinelli Store, IBS store, e su tanti altri, inoltre su Amazon è, invece, disponibile sia in formato ebook sia in formato cartaceo.                    
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risarcimentomedico · 1 month
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Panoramica e Tipi di Risarcimenti più Frequenti
Il risarcimento medico rappresenta un elemento fondamentale nel diritto sanitario, mirando a offrire una compensazione per danni subiti dai pazienti a causa di negligenze o errori medici.
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Questo testo esplorerà la natura del risarcimento medico, evidenziando i tipi di risarcimenti più frequentemente concessi e le procedure legali pertinenti in Italia, con un tono professionale e dati accurati.
Il concetto di risarcimento medico
Il risarcimento medico è un diritto del paziente che ha subito un danno fisico o psicologico come risultato diretto di un intervento sanitario, sia esso dovuto a malpratica, errore medico, o difetto di consenso informato.
La responsabilità medica può essere classificata in due categorie principali: contrattuale e extracontrattuale.
Nel primo caso, si considera la violazione di un accordo specifico tra medico e paziente, mentre nel secondo si fa riferimento a un dovere generale di non causare danno, stabilito dal Codice Civile italiano.
Procedure per la richiesta di risarcimento
Il processo per ottenere un risarcimento medico inizia generalmente con la valutazione del danno subìto attraverso perizie mediche e la raccolta di documentazione clinica.
Il paziente può decidere di procedere in via giudiziaria o extragiudiziaria. La via giudiziaria implica l'avvio di un processo legale, spesso preceduto da un tentativo di conciliazione.
La via extragiudiziaria, invece, si basa su accordi tra le parti coinvolte, assistite da medici legali e avvocati specializzati, per evitare il contenzioso.
I risarcimenti più frequenti
1. Danni da malpratica chirurgica
I danni derivanti da malpratica chirurgica sono tra i più comuni in ambito di risarcimento medico.
Questi includono errori durante operazioni chirurgiche, come l'errata esecuzione di tecniche operatorie o l'utilizzo di strumentazione inadeguata, che possono portare a complicazioni severe o permanenti per il paziente.
2. Errori di diagnosi
Gli errori di diagnosi possono avere conseguenze devastanti, ritardando trattamenti necessari o provocando la somministrazione di terapie inadatte.
Il risarcimento in questi casi dipende dalla dimostrazione di un nesso causale diretto tra l'errore diagnostico e il danno subito dal paziente.
3. Errori di prescrizione e somministrazione di farmaci
Errori nella prescrizione o nella somministrazione di farmaci sono frequenti cause di risarcimento.
Questi errori possono includere la prescrizione di un farmaco non adatto, dosaggi errati, o interazioni farmacologiche pericolose non rilevate.
4. Mancato consenso informato
Il consenso informato è un diritto del paziente e un obbligo per i medici, che devono informare i pazienti sui rischi e benefici di ogni procedura o trattamento.
La mancanza di un adeguato consenso informato può portare a risarcimenti, specialmente se il paziente avrebbe rifiutato il trattamento conoscendo tutti i rischi associati.
Statistiche e impatto del risarcimento medico
Le statistiche sul risarcimento medico evidenziano un aumento delle richieste nel corso degli anni, con una significativa percentuale di casi che si concludono con un riconoscimento di responsabilità medica.
Questo trend sottolinea l'importanza della qualità delle cure e della trasparenza nelle pratiche mediche.
Conclusioni
Il risarcimento medico gioca un ruolo cruciale nella tutela dei diritti dei pazienti e nell'assicurare che ricevano un indennizzo adeguato per i danni subiti.
È essenziale che i professionisti del settore sanitario siano consapevoli delle loro responsabilità legali e etiche per prevenire situazioni che potrebbero portare a richieste di risarcimento. Per i pazienti, comprendere
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giancarlonicoli · 3 years
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8 mar 2021 15:37
L’AFFARE S’INGROSSA - GLI ARRESTI DOMICILIARI A FRANCESCO POLIDORI, FONDATORE DI CEPU, ACCUSATO DI BANCAROTTA FRAUDOLENTA SCOPERCHIANO UN VASO DI INTRECCI - POLIDORI, CHE AVREBBE EVASO CIRCA 140 MILIONI DI EURO, NEL 2020 RILEVO’ LA “LINK UNIVERSITY”, L’ATENEO CARO AL M5S E CROCEVIA DI FACCENDIERI, OPERATORI DI INTELLIGENCE E SERVIZI SEGRETI - ARCHEO: NEL 1998 POLIDORI ANDO’ A GIUDIZIO PER USURA ED ESTORSIONE - QUANDO AL “CEPU” FACEVA LEZIONI ANCHE ANTONIO DI PIETRO…
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BANCAROTTA CEPU: SEQUESTRATA SEDE ECAMPUS IN PROVINCIA COMO
(ANSA) - La Guardia di Finanza ha proceduto oggi al sequestro della sede di E-Campus, società della galassia Cepu, a Novedrate in provincia di Como, nell'ambito dell'indagine che ho portato agli arresti domiciliari il fondatore di Cepu, Francesco Polidori, accusato di bancarotta fraudolenta.
Il valore della struttura si attesta sui 6 milioni di euro. "Gli immobili sono stati acquistati con somme di denaro - è scritto nell'ordinanza del gip Ezio Damizia - provenienti dalle distrazioni in danno della fallita società Cesd e quindi costituiscono il diretto reimpiego del profitto del delitto di distrazione perché definitivamente entrati nella titolarità della società acquirente mediante le somme di denaro distratte dalla società fallita e impiegate per estinguere il mutuo/finanziamento acceso presso le banche per il loro acquisto".
BANCAROTTA CEPU: GDF, EVASIONE FISCALE PER 140 MILIONI EURO
(ANSA) - Si attesta intorno ai 140 milioni di euro, secondo quanto accertato dalla Guardia di Finanza, il valore dell'evasione fiscale messa in atto dal gruppo Cepu in oltre dieci anni. Nell'indagine svolta dai finanzieri del Nucleo Speciale di Polizia Valutaria e coordinata dal procuratore aggiunto di Roma Rodolfo Sabelli è emerso che i debiti accumulati raggiungono invece i 180 milioni di euro.
Il gip di Roma nell'ordinanza cautelare afferma che Francesco Polidori, fondatore del gruppo Cepu e finito oggi ai domiciliari, ha "svolto un ruolo importantissimo sia sul punto di vista direttivo, organizzativo, anche operativo ed è stato in più occasioni persino destinatario diretto delle distrazioni di ingenti somme di denaro - si legge nel provvedimento -. Egli ha partecipato all'attività delittuosa operando da una cabina di regia in prima persona.
Il ruolo di dominus evidentemente ancora ricoperto, l'esistenza attuale della Studium Srl", società riconducibile a Polidori, e "lo strettissimo rapporto che l'imprenditore ha con vari soggetti (collaboratori, familiari o persone a lui vicine), che ricoprono cariche sociali nella società del Gruppo, costituiscono elementi da cui desumere certamente l'attualità del pericolo di recidivanza", ossia di reiterazione del reato.
UN'UNIVERSITÀ CHE SCOTTI - CHE NE SARÀ DELLA LINK ORA CHE SE L'È COMPRATA IL SIGNOR CEPU? ATENEO PRIVATO, CROCEVIA DI FACCENDIERI DI OGNI FEDE. DI NOTABILI DELLA PRIMA E DELLA SECONDA REPUBBLICA. DI SPIE VENUTE DALL'EST MA ANCHE DALL'OVEST. E ASSIEME A TUTTO QUESTO ANCHE FUCINA DI CLASSE DIRIGENTE PER I CINQUE STELLE - POLIDORI VUOLE RISERVARE ALLA LINK INSEGNAMENTI PER L'ÉLITE, E AVREBBE INVESTITO CIRCA…
Estratto dell’articolo di Fabio Martini per ''la Stampa'' del 4 agosto 2020
A riflettori ben spenti, come è tradizione della casa, la Link Campus University ha cambiato padrone: a fine luglio nello studio di un notaio romano si è consumato il passaggio di proprietà di una delle più originali «creature» spuntate in Italia negli ultimi venti anni: università privata, ma anche crocevia di faccendieri di ogni fede. Di notabili della Prima ma anche della Seconda Repubblica. Di spie venute dall'Est ma anche dall'Ovest. E assieme a tutto questo anche fucina di classe dirigente per i Cinque stelle.
Un cambio di proprietà accelerato dall'infittirsi delle indagini della magistratura e dai conti in disordine: la eterogenea società uscente Gem - che aveva il suo «vate» nell'ex ministro dc Enzo Scotti - ha ceduto tutto a Francesco Polidori, l'uomo che dopo aver inventato Cepu, la scuola di recupero esami, ha creato E-Campus, il più esteso ateneo telematico italiano. Personaggio legato al centrodestra e a Berlusconi, ma senza mai mischiare didattica e politica, Polidori si presenta con un'idea di business diversa da quella che ha imperato sinora alla Link.
[…] I conti sono andati sempre più in rosso e a quel punto alla porta del vecchio Scotti, ha bussato Polidori, un umbro di 72 anni, a suo tempo inventore del Cepu e di Radio Elettra.
Parla come un filantropo: «In passato le famiglie ricche avevano il precettore. I nostri tutor svolgono lo stesso compito, calibrando l'intervento in funzione della capacità, del tempo a disposizione, delle esigenze. In assoluta trasparenza: il risultato finale, infatti, non lo decidiamo noi, ma l'esame, che è pubblico».
Polidori vuole aggiungere un insegnamento frontale al suo «impero» di atenei telematici, con sedi in undici città e, a quanto pare, vuole riservare alla Link insegnamenti per l'élite. Poco si sa di quanto sia costato l'«avviamento» che la Link Campus ancora garantisce: Polidori si sarebbe fatto carico dei 22 milioni di debito e avrebbe corrisposto un milione cash ai vecchi proprietari.
Immaginando di investirne un'altra ventina. Per ora ipotesi, anche perché l'annuncio ufficiale del passaggio di proprietà ancora non c'è stato. Ma si capirà presto se sia finita una volta per tutte la leggenda dell'ateneo romano «vortice di intrighi», come il New York Times ha definito la Link, l'università nella quale un giorno si incontrarono e simpatizzarono due campani così diversi come Enzo Scotti e Luigi Di Maio.
FONDATORE 'CEPU' A GIUDIZIO PER USURA ED ESTORSIONE  
(ANSA) - PERUGIA, 1 luglio 1998
Usura ed estorsione: sono le accuse per le quali verranno processati dal tribunale di Perugia l' imprenditore Francesco Polidori, noto per essere il fondatore della ''Cepu'' (l' istituto tifernate per la preparazione universitaria in cui ha tenuto corsi anche Antonio Di Pietro), ed il suo collaboratore Flavio Nataloni. Lo ha deciso oggi il gip Giuseppe Petrazzini che ha rinviato a giudizio entrambi. La prima udienza del processo e' in programma il 10 maggio '99.  
Polidori e Nataloni sono stati indagati nell' ambito della loro attivita' di intermediazione finanziaria. Attraverso due societa' - secondo l' accusa - avrebbero infatti erogato mutui per centinaia di milioni, facendosi ''dare e promettere'' interessi usurari che avrebbero oscillato tra il 120 ed 250 per cento.
Agli imputati vengono contestati due diversi episodi di usura, nei confronti di una coppia, marito e moglie, e di un altro imprenditore, tutti impegnati in agricoltura. Quest' ultimo, in particolare, si e' costituito parte civile attraverso l' avvocato Luca Maori ed ha chiesto un risarcimento di 600 milioni. Nataloni deve inoltre rispondere di avere minacciato la donna di far valere i diritti usurari, costringendola - sempre secondo l' accusa - a rilasciargli una procura per vendere terreni di sua proprieta' (valore 260 milioni) a Polidori. Di qui l' accusa nei confronti di entrambi anche di estorsione.
INCHIESTA PROCURA BOLOGNA IPOTIZZA EVASIONE FISCALE ''CEPU''  
(ANSA) - BOLOGNA, 15 maggio 1998
Sono finiti nel mirino delle magistratura bolognese i conti del Cepu, il consorzio europeo preparazione universitaria che offre sostegno didattico a circa 20mila giovani: ieri su ordine dei Pm Valter Giovannini ed Enrico Cieri la Guardia di Finanza ha compiuto un centinaio di perquisizioni nelle sedi del consorzio sparse in tutta Italia. L' ipotesi della Procura e' che i redditi realizzati sul territorio italiano siano finiti nella Repubblica di San Marino senza sottostare alla tassazione italiana. Del consorzio Cepu fanno parte, infatti, anche societa' finanziarie con sede nel Titano.  
Gli indagati sarebbero una ventina, tutti per evasione fiscale, tra cui il presidente Francesco Polidori. Per gli inquirenti il Cepu ha una organizzazione societaria in Italia e di conseguenza deve essere assoggettato a tassazione in Italia.    ''Le indagini sono solo di carattere fiscale - ha precisato il Pm Giovannini - e non coinvolgono ne' il metodo ne' il merito del supporto didattico che il consorzio fornisce agli studenti''. Gli inquirenti hanno precisato che nelle perquisizioni e' stata ''acquisita una documentazione minima, che non blocca l' attivita' del consorzio''.
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magicnightfall · 7 years
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(pt. II) WHY? - OH, ‘CAUSE SHE’S DEAD
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Non fiori ma opere di bene.
Saranno queste le disposizioni per il mio funerale.
(anche se, conoscendo la mia augusta persona, è forse più appropriato "non opere di bene ma fiori di zucca in pastella")
(con le alici e la mozzarella)
(toh, che rima ricercata)
Ma non solo fritture: alla mia funzione funebre - rigorosamente civile - vorrò anche un paio di maxischermi da stadio che per tutta la sua durata mandino in loop il video di "Look what you made me do".
Ora, sono consapevole che sia una richiesta un po' strana, visto che è esattamente questo video che mi ha mandato all'altro mondo. In effetti, dubito che sia d'uso comune mettere in mostra l'arma del delitto al funerale di qualcuno morto ammazzato con detta arma del delitto, ma queste sono le mie ultime volontà, quindi hop hop Gadget.
Perché questo video, se ancora non lo si è capito, mi ha stesa.
Perché questo video è p e r f e t t o.
(Joseph Khan dirigimi la vita)
È la quinta collaborazione tra Taylor e il regista Jospeh Khan, che ha già siglato quelle perle per Blank Space, Bad Blood, Wildest Dreams e Out Of The Woods.
Però Look What You Made Me Do è il non plus ultra, la summa di tutta la videografia di Taylor, perché penso che nessun altro video sarà in grado di superarlo (ma lo dicevo anche per Blank Space, e sappiamo tutti come è andata a finire...). Insomma, è la cosa migliore mai concepita da mente umana dopo il fritto misto di pesce.
Ma andiamo per ordine. Perché questo video è così grandioso? Perché è, intanto, la conferma di un paio di cose che è vero che sapevamo già, ma che forse abbiamo un po’ dimenticato, quindi fa bene rinfrescare la memoria:
1) che Taylor è perfettamente consapevole di ogni. singola. cosa. che viene detta o fatta nei riguardi della sua persona pubblica, e seppure noi fan siamo lestissimi a saltare sul nostro cavallo bianco lancia in resta per prendere le sue difese (il che è in ogni caso sacrosanto), le probabilità che Taylor abbia già pensato da sola a come contrattaccare sono altissime. E infatti... Probabilmente vivremmo tutti molto più scialli se semplicemente comprassimo un po' di popcorn e aspettassimo di vedere cosa ha in serbo Taylor, se il napalm o una bomba all'uranio impoverito;
2) che nessuno riesce a perculare Taylor Swift tanto quanto Taylor Swift percula Taylor Swift. Si è sempre messa in gioco e ha sempre dimostrato un'invidiabile autoironia, e l'autoironia è forse il meccanismo di difesa più efficace in un contesto come quello in cui vive e lavora lei, cioè sempre sotto l'occhio di tutti, in specie dei leoni da tastiera. Questo perché se siamo noi i primi a ridere di noi stessi per un certo qualcosa, quando poi saranno gli altri ad attaccarci su quella stessa cosa, quegli attacchi non avranno certo gli effetti di un uragano, quanto piuttosto di una brezza marina. Gli si toglie legittimazione, in buona sostanza. Taylor si prende in giro da una vita, e questo video ne è l'ennesima dimostrazione: ha asfaltato i suoi detrattori, e contemporaneamente ha spuntato loro le armi.
2.1) E, cosa ancora più fondamentale, questo video così brillante e autoironico è l'ulteriore prova che la vecchia Taylor in fondo in fondo non sia morta poi per davvero. Semplicemente, è morta soltanto la Taylor che incassava e incassava e incassava, così che dalle sue ceneri potesse nascere quella che invece grida "QUESTA È SPARTAAAA" e poi ti passa sopra col trattore.
Questo video, in ogni caso, è grandioso anche e soprattutto per la cura dei dettagli con cui è stato realizzato, perché nulla di quello che c'è è fine a se stesso, e si vede.
D'altronde, come lo stesso Khan ha spiegato su Twitter, hanno cominciato a lavorare al video in gennaio, e la post-produzione è durata fino alla mattina stessa del rilascio: va da sé che, con dietro un lavoro del genere, non poteva che uscirne qualcosa che avrebbe fatto vacillare la mente.
Si può dire che questo video sia la versione incarognita di Blank Space, che a sua volta era un po' la versione incarognita di Shake It Off. Il messaggio è fondamentalmente lo stesso per tutti e tre, cioè "annatevene a morì ammazzati tutti quanti", solo che Shake It Off lo fa veicola in maniera giocosa, mentre Blank Space in maniera ironica. Look What You Made Me Do invece lo fa come Attila faceva le cose a suo tempo: cioè non facendo più crescere l'erba dovunque fosse passato.
Ora, è vero che I'm late for the party e questo video è stato già sviscerato in lungo e in largo e Roberto Giacobbo ha già in mente di farci uno speciale di Voyager di tredici ore per determinare se e in che modo c’entrano i templari, quindi probabilmente non ci troverete nulla di nuovo ma io 'ste cose ve lo dico lo stesso perché sennò qua che ci sto a fare?
(in ogni caso ho provato a dare per ogni punto l’interpretazione più personale possibile)
- Il video si apre con una panoramica dall’alto di un cimitero, dove notiamo già il primo tocco di macabra classe: le lapidi formano la sigla TS; - Taylor ora è uno zombie. La vecchia Taylor è morta, e al suo posto è risorta una versione riveduta, decomposta e corretta (quella di cui sopra, che vi passa sopra col trattore). E indossa il vestito che indossava nel video di Out Of The Woods. Quindi si può dire che non era “fuori pericolo” manco per il cazzo; - In una delle lapidi è inciso il nome “Nils Sjöberg”, lo pseudonimo sotto il quale Taylor ha scritto This Is What You Came For, di Calvin Harris (suo ex) e Rihanna; - Zombie Taylor seppellisce la vecchia Taylor, in particolare mette una pietra sopra (o, per meglio dire, la terra) sulla Taylor del 2014 (anno di uscita di 1989), come si evince dall’abito - quello del Met Gala - che indossa; - Taylor, e qua Zio Paperone può soltanto inchinarsi, è immersa in una vasca da bagno piena di gioielli e di preziosi. Nel discorso introduttivo a Blank Space durante l’esibizione al Grammy Museum, Taylor ha concluso scherzando sul fatto che probabilmente i media se la immaginano, al termine delle sue relazioni, mentre si dispera “in una vasca da bagno di marmo circondata da perle”; - Tra i gioielli spicca un’unica banconota, da un dollaro. Il video è stato girato a maggio, ma la post-produzione è durata fino all’ultimo secondo. È ragionevole pensare che possa comunque essere un riferimento al simbolico dollaro di risarcimento chiesto nella causa contro David Mueller (di cui potete leggere qui), nonostante si sia svolta in agosto: potrebbe essere agilmente stata aggiunta in seguito con la CGI. O magari sono state semplicemente girate due versioni della scena, col dollaro e senza, a seconda di quale sarebbe stato l’esito del processo che all’epoca delle riprese non era ancora iniziato; - Peraltro, trovo che la banconota sia visivamente molto significativa, e rafforza ancora di più la sua presa di posizione sul diritto delle donne di scegliere cosa sia, nei confronti del proprio corpo, lecito o no: poiché anche in occasione del processo c’è chi ha suggerito che stesse comunque agendo per fama e per soldi (e non per mandare un messaggio), quella banconota solitaria in mezzo a ottocentomiliardi di dollari in gioielli grida a pieni polmoni che “ehi, guardate che Taylor i soldi li caga, non ha certo bisogno di racimolare qualche milione in più per mezzo delle aule di tribunale”;
- Di nuovo nella sequenza della vasca, nel riflesso dello specchio si può notare una Taylor che, sempre immersa nei gioielli, applaude (il che è un po’ inquietante dato che la Taylor in primo piano non sta facendo lo stesso gesto);
- Serpenti, serpenti ovunque, serpenti che addirittura servono il tè, dove il sorseggiare il tè ormai è diventato meme per indicare qualcuno che se la gode mentre si prende la sua rivincita. Un’immagine altrettanto efficace sarebbe stata Taylor che suona la cetra mentre guarda Roma (o, in questo caso, il mondo), bruciare per opera sua; - “Et tu Brute” (“Anche tu, Bruto”) è la scritta incisa sul bracciolo. Quando pensiamo alla morte di Cesare, pensiamo subito alla frase “Tu quoque Brute, fili mi” (“Anche tu, Bruto, figlio mio”), che è la traduzione latina di quanto riportato dal greco Cassio Dione. Queste che invece troviamo nel video sono le parole che William Shakespeare fa pronunciare al dittatore nell’atto III, scena 2 del Giulio Cesare, comunque sempre rivolto al figlio adottivo che lo andava a pugnalare insieme agli altri cospiratori. Ma Dione o Shakespeare che sia, in ogni caso la sostanza non cambia: Cesare è lo stesso morto ammazzato, pugnalato alle spalle dalle persone delle quali si fidava; - Una Maserati si schianta contro un palo, Taylor - con un Grammy in mano - si prende un colpo di frusta che lèvate, roba da codice giallo al pronto soccorso, e i paparazzi accorrono. Ora, la Maserati fa subito pensare a Red (“Loving him was like driving a new Maserati down a dead end street”), e ci sta. Ho letto in effetti che molti hanno visto in quella strada proprio la strada senza uscita di Red. Sebbene sia d’accordo con loro che il riferimento sia proprio a quella canzone, in realtà mi sento di dissentire sul vicolo cieco: non è evidentemente una strada senza uscita, è semplicemente lei che è una pippa a guidare. Credo quindi che la “dead end street” non sia da interpretare in senso letterale ma metaforico, e in questa interpretazione ci aiutano i paparazzi che si precipitano a fotografare i rottami dell’auto. I media, infatti, attendono di banchettare su ogni suo passo falso vero o presunto (l’incidente) fregandosene altamente quello che per un cantante dovrebbe contare più di ogni altra cosa, la musica e i riconoscimenti che ne derivano (il Grammy). Quindi “senza uscita” nel senso che “non se ne esce, è un circolo vizioso”: per quanti sforzi lei faccia, per quanta cura metta nella sua arte, i media saranno sempre e comunque interessati solo al gossip;
- Avrebbe senso anche un’altra interpretazione, che è coerente con quanto detto prima e dirò appena dopo riguardo ai soldi: che in realtà lo schianto vorrebbe significare che tutto quello che fa, Taylor lo fa per far parlare di sé, e quindi l’incidente era stato già ampiamente programmato;  - La rapina in banca e l’incursione stile Harley Quinn de noantri negli uffici di un servizio di streaming mi fanno pensare al fatto che la dipingono come una persona avida, interessata solo al denaro. Quando decise di togliere la sua musica da Spotify l’hanno subito accusata di averlo fatto perché non la pagavano abbastanza. In realtà, lei voleva che venissero pagati gli artisti minori (aggiornamento: ora Taylor è di nuovo su Spotify, perché guess what, Spotify ha cambiato le condizioni contrattuali); - L’esercito di manichini top model sono un palese riferimento ad un’altra critica che va per la maggiore, cioè che Taylor si circonda soltanto di amiche belle e magre e bianche, dando così un’immagine negativa e un cattivo esempio, perché evidentemente se sei magro sei per forza anoressico e se hai amiche caucasiche sei evidentemente razzista; - I ballerini sono otto, uno per ogni suo ex. - Indossano un crop top con su scritto “I ❤TS”, perché Tom Hiddleston una volta per gioco ha avuto l’ardire di indossare una maglietta “I ❤TS” e le sue fan si sono offese mortalmente e ne hanno fatto un caso internazionale roba che c’è stato molto meno casino quando Hitler ha invaso la Polonia; - E adesso viene veramente il bello (le cose di prima erano solo un assaggio), ciò che ieri mattina alle sette e mezzo mi ha fatto urlare IO LA VENERO: le Taylor delle epoche precedenti. C’è quella del Fearless Tour, quella del Red Tour, quelle dei video di WANEGBT, You Belong With Me, 22, Shake It Off, I Knew You Were Trouble e di determinate esibizioni ed eventi pubblici. Basta strizzare gli occhi e rinunciare a qualche diottria che in quella piramide umana si vede e si riconosce di tutto; - E sono tutte torreggiate dalla nuova Taylor che, visto che ormai è considerata come progenie del Demonio quindi che sarà mai un omicidio di massa, pensa bene di scalciarle via mandandole incontro alla morte; - E adesso l’altra cosa che mi ha fatto urlare IO LA VENERO alle sette e mezzo della mattina: le Taylor delle epoche precedenti e di quelle attuali (quindici in tutto, una per ogni traccia di reputation) CHE BATTIBECCANO UTILIZZANDO GLI INSULTI CHE HANNO RIVOLTO A LEI IN TUTTI E DIECI GLI ANNI DI CARRIERA. Questi ultimi trenta secondi di video sono una vera perla.   Così, abbiamo Zombie Taylor che se la prende con You Belong With Me Taylor per la sua faccia sorpresa, 
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Shake It Off Taylor rincara la dose dicendo che in effetti non può essere così sorpresa tutto il tempo, 
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Snake Taylor sibila e si becca un “bitch” da parte della Taylor che finalmente ha imparato a ballare, ma Zombie Taylor si picca perché non vuole essere chiamata in quel modo, 
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Fearless Taylor sfoggia quindi un accento da contadina del sud degli Stati Uniti e Red Tour Taylor le dice che è falsa, 
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Biker Taylor si lamenta che adesso farà di nuovo la vittima, 
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(per dire, l’autoironia che vi dicevo sopra: ora che Taylor si è appropriata di questa storia del fare la vittima, quanto mai potrà valere adesso un insulto del genere? Spoiler: zero. Tra l’altro, il discorso era venuto fuori anche all’uscita di questo singolo, e quindi il video conferma che Taylor - come Cersei Lannister - era già, ed è sempre, un passo avanti a tutti)
Met Gala Taylor, che sembra uscita da una casetta di pan di zenzero, guarda sconvolta Leopard Taylor (che detta così sembra un sistema operativo Apple) mentre scatta foto e acquisisce delle prove (che provvederà poi a modificare in modo opportuno) per smerdare la gente, 
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ed infine 2009 VMAs Taylor chiede di essere esclusa da questa “narrativa” di insulti vari, per venire brutalmente zittita da tutte le altre (perché nessuno ha mai acconsentito a non cagarle più il cactus con quei due rigurgiti di succhi gastrici che sono Kim Kardashian e Kanye West).
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E proprio in questi ultimi trenta secondi si concentrano i riferimenti a quell’epidemia di colera che sono Kim Kardashian e Kanye West, ovvero i due che hanno dato inizio a tutto, disintegrando la reputazione di Taylor. E allora abbiamo Zombie Taylor non vuole essere chiamata “bitch” perché è così che West apostrofa Taylor nella sua canzone Famous, senza mai aver avuto il consenso per farlo da parte della diretta interessata (che aveva sì approvato il testo, ma senza sapere che si sarebbe riferito a lei in quei termini). La Leopard Taylor che invece scatta le foto che poi modificherà come le farà più comodo fanno pensare alla telefonata tra West e Taylor (e registrata dalla Kardashian senza il consenso di lei) in cui si voleva far credere che in realtà Taylor fosse al corrente di tutto, salvo poi scoprire che la registrazione era stata tagliata e aggiustata in modo che raccontasse la storia che volevano loro. Infine, il cerchio si chiude con 2009 VMAs Taylor, che è quella che stata interrotta da West sul palco la momento della premiazione per miglior video, la quale chiede di essere lasciata fuori da questa storia, così riferendosi al post su Instagram dell’anno scorso in cui chiedeva la stessa cosa.
Eeeeeee siamo arrivati alla fine. Mamma mia che fatica, oh, ma chi me l’ha fatto fare di essere fan di Taylor Swift? Comincio pure ad avere una certa età, non posso più stare su fino all’una a scrivere roba come una forsennata. Giuro che, se tutti i video di questa nuova era saranno così dettagliati e complessi, io mollo tutto e divento fan di Toto Cutugno. (a questo link la parte I del post, quella sull’uscita del singolo)
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italianaradio · 4 years
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Condannato a 5 anni e 6 mesi l’ex carabiniere accusato di stupro a Firenze. Vittime due studentesse americane
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Condannato a 5 anni e 6 mesi l’ex carabiniere accusato di stupro a Firenze. Vittime due studentesse americane
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Condannato a 5 anni e 6 mesi l’ex carabiniere accusato di stupro a Firenze. Vittime due studentesse americane
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Condannato a 5 anni e 6 mesi, dal tribunale di Firenze, l’ex carabiniere Pietro Costa, uno dei due militari accusati di violenza sessuale per aver abusato di due studentesse americane dopo averle riaccompagnate a casa dalla discoteca con l’auto di servizio, nel 2017. Costa è stato condannato anche all’interdizione perpetua dai pubblici uffici e al risarcimento dei danni verso le parti civili, con una provvisionale di 30mila euro a favore della vittima e di 10mila a favore rispettivamente di Comune di Firenze, ministero della difesa e Arma dei carabinieri. Il collega di pattuglia, l’ex appuntato Marco Camuffo, era già stato condannato a 4 anni e 8 mesi di reclusione in rito abbreviato l’11 ottobre 2018.
A far scattare le indagini fu la denuncia fatta subito dalle due studentesse statunitensi. Raccontarono di aver incontrato in una discoteca i due militari che poi si offrirono di accompagnarle a casa con l’auto di servizio. All’arrivo i carabinieri entrarono con loro nel palazzo. Poi, nel vano scale e nell’ascensore, sarebbero avvenuti gli abusi. Nell’interrogatorio davanti al pm, i due carabinieri hanno affermato che sarebbero state le ragazze a prendere l’iniziativa, e di non essersi accorti, che erano ubriache. Per l’episodio Costa e Camuffo sono stati entrambi destituiti in via definitiva dall’Arma dei carabinieri nel maggio 2018 al termine di un’indagine disciplinare che aveva portato subito alla loro sospensione e al dimezzamento dello stipendio.
Tuttavia su questa sentenza contro Pietro Costa pende però una decisione attesa dalla Cassazione, che l’8 aprile dovrà pronunciarsi sulla richiesta di ricusazione del presidente del collegio del tribunale di Firenze. La ricusazione è stata avanzata dalla difesa di Costa riguardo al presidente, giudice Marco Bouchard, per un suo incarico del passato al vertice di Rete Dafne Italia, onlus con rapporti col Comune di Firenze, ente parte civile in questo processo. Se fosse accolta, la sentenza verrebbe annullata e il processo sarebbe da rifare.
Condannato a 5 anni e 6 mesi, dal tribunale di Firenze, l’ex carabiniere Pietro Costa, uno dei due militari accusati di violenza sessuale per aver abusato di due studentesse americane dopo averle riaccompagnate a casa dalla discoteca con l’auto di servizio, nel 2017. Costa è stato condan…
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Simone Parisi
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corallorosso · 3 years
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A Gela in 15 anni sono nati 450 bambini malformati. Ma sulle loro vite è calato il silenzio Gela. Orazio osserva ma non vede. Non parla ma agita le mani per esprimere la sua felicità o la sua tristezza improvvisa, seduto in braccio alla mamma su una panchina di un distributore di benzina che qui, nella Gela urbanizzata senza regole, è diventato un po’ tutto: luogo di ritrovo per i ragazzini all’ora dell’aperitivo, svago per le famiglie grazie alle giostrine sul prato finto, fermata per i tir che percorrono il Sud più a Sud d’Italia, da Ragusa verso Agrigento. La mamma, Giovanna Gastrucci, lo tiene stretto appoggiato sul suo fianco nonostante il peso, da lontano svettano ancora le due torri ormai senza fumo della grande raffineria dell’Eni, da tempo chiusa e in fase di riconversione. Orazio ha sei anni, è nato con una cecità quasi totale e la spina bifida. Le sue emozioni profonde le capisci dagli occhi nerissimi che dicono più di mille parole. «Mio figlio, tra i bambini di Gela con malformazioni, è uno dei più gravi. Quando è nato, un ginecologo mi aveva proposto addirittura di abbandonarlo in un centro dopo aver saputo della malformazione, ma io non ci ho pensato un attimo. È mio figlio, non lo abbandonerò mai, anche se a Gela sono stata io ad essere abbandonata da tutti. Non ci sono centri di recupero, istituti dove fare terapie, nulla di nulla. Anche una sua cuginetta ha la stessa malformazione, anzi forse più grave». «E una parente di mio marito ha un problema molto serio», aggiunge la cognata di Giovanna, seduta accanto a lei su questa panchina che dà su cinque colorate pompe di benzina. Di famiglia in famiglia, di parente in parente, di voce in voce, a Gela tanti hanno un legame più o meno diretto con qualche caso di bambino nato malformato dagli anni Novanta ad oggi. Questo angolo di Sicilia adagiato verso il mare che guarda dritto all’Africa ha tra le percentuali più alte d’Italia e d’Europa per malformazioni congenite. Qui nell’arco di meno di quindici anni sono nati almeno 450 bambini malformati, uno ogni 166 abitanti. Un numero enorme, se si pensa che a Taranto, una delle aree più inquinate, in rapporto alla popolazione ne sono nati due volte di meno, uno ogni 331 abitanti. Cifre comunque approssimative perché da queste parti non c’è stato mai un monitoraggio costante delle malformazioni e un controllo capillare delle nascite nelle famiglie che vivono a Gela (...) Ma quando li abbiamo contati, ed è accaduto soltanto una volta, i casi erano abnormi, troppo alti rispetto ad altre parti del Paese e dell’Europa», dice Sebastiano Bianca, genetista dell’ospedale Garibaldi di Catania incaricato nel 2012 dalla procura gelese di fare uno studio sulle malformazioni neonatali. Una ricerca che come le altre sull’inquinamento di questa città si è fermata all’ingresso dei cancelli dell’Eni: uno sbarramento che la procura di Gela non ha potuto mai oltrepassare, perché nei tanti processi, conclusi o in itinere, ancora non si è arrivati a dimostrare un nesso causale tra la grande raffineria che dagli anni Sessanta ha portato lavoro, fumi e mercurio, e i casi di tumori e malformazioni. Il professore Bianca nel 2015 consegnò una perizia, pubblicata allora in esclusiva dall’Espresso, che analizzava dodici casi di malformazioni e li legava l’inquinamento della raffineria. Si legge in quella perizia: «Il collegio della commissione tecnica… ritiene che la possibilità che la spina bifida di Kimberly Scudera (atleta paralimpica, ndr) sia stata favorita dalla presenza nell’ambiente di sostanze chimiche prodotte dal polo industriale sia del tutto concreta». Dopo questo scoop dell’Espresso su Gela è calato il silenzio. L’Eni si difende ribadendo che «nel giugno 2018 il Tribunale ha emesso una sentenza di merito con la quale ha escluso, anche solo ai fini civili, l’esistenza di un nesso di causa tra il presunto inquinamento di origine industriale e un caso di malformazione neonatale». A breve si concluderà invece un secondo processo civile che vede cento famiglie chiedere un risarcimento da 80 milioni all’Eni, tutte difese dall’avvocato Luigi Fontanella. Dal Palazzo di Giustizia fanno osservare che a differenza di Priolo, dove l’Eni con una sua controllata ha riconosciuto un ristoro da 11 milioni ad alcune famiglie con bambini malformati ma senza arrivare ad un processo, a Gela il cane a sei zampe ha risarcito soltanto un’azienda per inquinamento, la Lucauto, che ha incassato oltre un milione di euro: si tratta di una concessionaria di auto con sede accanto allo stabilimento, appena sequestrata perché appartenente ad imprenditori che per la Dda di Caltanissetta avrebbero riciclato i soldi del clan mafioso dei Rinzivillo. Alla mafia, insomma, qualcosa sarebbe arrivato per l’inquinamento della raffineria. (...) Di Gela non parla più nessuno. Tranne qualche testimone, come il ginecologo Michele Curto, in servizio all’ospedale fino al 2015, che con le sue mani ha fatto nascere centinaia di bambini e tanti malformati: «Ricordo bene cosa accadde in particolare in alcuni anni, tra il 1993 e il 1998. Ci arrivavano decine di donne con gravidanze difficili, allora non c’erano molte strumentazioni per diagnosi complesse prenatali, e così tanti bambini nascevano con malformazioni molto gravi. Quello che mi ha sempre colpito è stata la vastità della tipologia di malformazioni, che non aveva riscontro in altre aree d’Italia. Quando sono andato in pensione ho cercato di ricostruire dei dati, ma non ho trovato più le cartelle cliniche e le nostre segnalazioni: alcune erano in un deposito e mi hanno detto che sono state rosicchiate dai topi». (...) Nel suo studio in via Benedetto Croce, nel groviglio di case a due passi dall’ospedale (a Gela un piano regolatore c’è, ma solo sulla carta) Antonio Rinciani, pediatra che sulle sue t-shirt si fa stampare i personaggi dei cartoni per far sorridere i bambini, ha uno sguardo malinconico: «In questa città non cambierà nulla, anche a causa di una classe politica che non ha voluto cambiare le cose. È la cosiddetta schiavitù del bisogno: il lavoro viene prima della salute». Il pediatra nei suoi quasi trent’anni di professione ha visitato centinaia di bambini con problemi e ha cercato di capirne di più, trovandosi però davanti fin da subito un muro di gomma: «Un feto a Gela può essere esposto a circa 200 sostanze chimiche e questo ha numerosi effetti sulle donne in gravidanza. Qui è calato il silenzio. La raffineria è chiusa e in riconversione, la speranza è che torni a dare lavoro, la certezza è che nessuno crede a un futuro migliore. L’ex sindaco Rosario Crocetta sul lungomare fece appendere una targa con una frase di Quasimodo: «Sulla sabbia di Gela colore della paglia mi stendevo fanciullo in riva al mare, antico di Grecia con molti sogni, nei pugni, stretti nel petto». La sabbia è tornata gialla, da quando il petrolchimico ha chiuso i battenti. I sogni, quelli, sono svaniti per sempre. di Antonio Fraschilla e Alan David Scifo
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paoloxl · 3 years
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Cesena: Condanne per 4 antifascisti - Osservatorio Repressione
Il Tribunale di Forlì condanna l’antifascismo!  Solidarietà alle antifasciste e agli antifascisti condannatx per essersi oppostx all’apertura di un covo fascista a Cesena.
Mercoledì 15 settembre 2021 al Tribunale di Forlì si è tenuta l’udienza definitiva di primo grado, con relativa sentenza, del processo che vedeva imputate 5 persone per diversi reati riguardanti la composita opposizione contro l’apertura della sede di Cesena di Casapound aperta in Via Albertini 28/D nel gennaio 2018.
Nella fattispecie, i fatti si riferiscono a delle “pressioni” – che sarebbero avvenute subito prima dell’apertura del covo dei fascisti del terzo millennio – nei confronti dei proprietari del negozio che sarà poi di fatto affittato proprio al gruppo di estrema destra, e a un volantino che ricordava le complicità di chi concede i propri locali a questi gruppi affisso per Cesena, con indicati nomi e cognomi dei summenzionati proprietari.
Dopo diverse udienze – e diversi presidi antifascisti solidali di fronte al Tribunale – il giudice, Ilaria Rosati, ha assolto una di queste cinque persone e condannato le altre quattro. Tre di queste sono state condannate, con pena sospesa, ad una multa di 800 euro a testa per diffamazione, per la diffusione del già detto volantino, sebbene non ci fosse una sola prova a carico nei loro confronti: né un fermo di polizia con identificazione, né immagini di telecamere e nemmeno il sequestro del volantino in questione. É bastata la sola testimonianza di un paio di poliziotti che dicono di averle viste affiggere il volantino per farle condannare, anche se queste hanno sempre affermato di aver distribuito un volantino differente da quello preso in esame (un volantino esistente, effettivamente diffuso davanti a negozi sfitti, che genericamente, senza far nomi, invitava i proprietari a non affittare i propri spazi a movimenti fascisti).
Un’altra persona è stata invece condannata a sette mesi di carcere, con pena sospesa, per tentata violenza privata, con l’accusa di avere tentato verbalmente di convincere i proprietari a non affittare il loro negozio ad un manipolo di picchiatori fascisti dichiarati.
Oltre alle condanne, c’è da aggiungere anche il pagamento complessivo delle spese legali e processuali e un risarcimento di circa 9.000 euro in totale per i proprietari del negozio, Daniele e Francesco Lombardini, padre e figlio (quest’ultimo avvocato) costituitisi come parte civile, che hanno lamentato un danno di immagine e psicologico, telefonate di  persone risentite per la scelta di affittare il negozio a un gruppo di fascisti ed esprimendo il timore di ipotetiche ritorsioni.
In tutto si parla quindi di circa 15.000 euro da dover sborsare se in appello la sentenza di condanna dovesse essere confermata.
Come già detto altre volte, senza voler fare qui dello sterile vittimismo, queste persone pagano anche per le tante iniziative e lotte antifasciste portate avanti a Cesena a seguito dell’apertura della sede di Casapound (sede che fu oggetto anche di esposti da parte dei condomini dello stabile in cui era situata, che certo non gradivano questo tipo di vicinato, e che oggi risulta in vendita e frequentata pochissimo, con parte del gruppo di Casapound impegnata come settore attivo nell’organizzazione dei cosiddetti “No Paura Day” ed un’altra transitata sul carro di Fratelli d’Italia, partito che in città ha recentemente aperto una sua sede in piazza del Popolo, dove prima c’era la sezione del PD).
Ancora di più, anche se non una novità, queste condanne ci sembrano il frutto del clima che respiriamo oggi in Italia, dove tra discriminazioni etniche e di genere, aggressioni ai lavoratori in lotta da parte di squadracce private pagate dalle imprese, manovre poliziesche e giudiziarie contro l’opposizione dal basso agli ultimi governi e sempre nuovi e affinati strumenti repressivi non ci deve stupire che un giudice nell’epoca attuale si senta giustificato a condannare quattro antifascistx….per antifascismo! In questo modo legittimando indirettamente la presenza dei gruppi fascisti e delle loro gesta sui territori.
Ovviamente, è chiaro che le antifasciste e gli antifascisti che sono statx condannatx andranno sostenutx, anche riguardo l’aspetto solidale-monetario per quella che ci appare come una vera e propria estorsione da migliaia di euro.
Il tentativo palese è quello di intimidire le persone disposte a lottare per un’idea di esistenza in totale contrapposizione con l’ideologia autoritaria, sfruttatrice e sostanzialmente fascista.
Spetta a tutte e tutti noi – antifasciste e antifascisti, persone libere, solidali – dimostrare che non hanno raggiunto lo scopo, e dimostrare che chi lotta non è mai solx!
ANTIFASCISTE ED ANTIFASCISTI DI FORLÌ E CESENA
INDIVIDUALITÀ LIBERTARIE
Per sottoscrivere il presente comunicato, da parte di gruppi, collettivi, spazi, etc, la mail a cui fare riferimento è questa: [email protected]
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