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#l’infedele
falcemartello · 2 years
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Nella gestione Covid la vera Scienza ha avuto un ruolo pressoché marginale: è stata soppiantata da un vero e proprio dogma religioso di stampo pagano,accettato dagli “adepti” per fede. Chi contesta,oggi, è l’infedele,i seguaci sono pronti alla 5^iniezione.
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kritere · 2 years
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Leo, per il contribuente corretto via il reato della dichiarazione infedele
DIRETTA TV Nell’ambito della riforma del fisco, uno degli aspetti “su cui si deve lavorare è che nel momento in cui c’è una trasparenza nei comportamenti del contribuente si può addirittura eliminare per esempio uno dei reati, che è quello dell’art. 4 dell’infedele dichiarazione: l’infedele dichiarazione non dovrebbe più configurarsi“. Lo ha detto il viceministro dell’economia Maurizio Leo…
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giallofever2 · 5 years
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1969
I peccati di Madame Bovary (alternative) L’Infedele
Data di uscita: 10 ottobre 1969
Regista: Hans Schott-Schöbinger
Musiche Hans Hammerschmidt
Paese di produzione: Italia 🇮🇹 , Germania o
Distribuzione in italiano: Interfilm
Sceneggiatura: Valeria Bonamano
Scenografia Nino Borghi
Costumi Massimo Bolongaro
Interpreti e personaggi
Edwige Fenech: Emma Bovary
Gerhard Riedmann: Charles Bovary
Franco Ressel: Adolphe Leureaux
Patrizia Adiutori: Amante di Rudolph
Franco Borelli: Gaston
Maria Pia Conte: Madeleine
Gianni Dei: Leon Dubois
Rossana Rovere: Felicita, la domestica
Manja Golec: Madeleine
Peter Carsten: Rudolph Boulanger
Gigi Bonos: Giocatore di carte
Edda Ferronao: Anastasia
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paoloferrario · 2 years
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l'infedele i filosofi e il nichilismo, Natoli e Severino - video su YouTube
l’infedele i filosofi e il nichilismo, Natoli e Severino – video su YouTube
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CURIOSITA'
CURIOSITA’
Una ragazza londinese tradita dal fidanzato ha aspettato che l’infedele partisse per una lunga crociera con la sua, di lei, migliore amica, indi ha messo in atto una diabolica vendetta: è entrata nell’appartamento di lui, aveva tenuto le chiavi, ha formato in teleselezione l’ora esatta di Tokyo e se n’è andata lasciando la cornetta staccata. Tornato a Londra dopo 2 settimane, il troppo disinvolto…
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cesareborgiasblog · 3 years
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Ricordi
-Che tipo di donna cerchi? - Mi hanno sempre domandato, come se ognuno di noi avesse un ‘etichetta e per questo possa essere classificato in diverse categorie. Non ho mai avuto un ideale di donna a cui aggrapparmi, o forse inconsciamente ne avevo una. Il fatto sta che fin da subito quando mi resi conto di essere innamorato della sorella del mio migliore amico, che sentivo di avere bisogno di una lei che fosse fuori dagli schemi. Avevo dodici anni, quando una sera mentre giocavamo a nascondino, la guardai improvvisamente con occhi diversi, avrei voluto tanto baciarla...ma nonostante il mio amore per lei durò quasi vent’anni, non ebbi mai il coraggio di dirglielo… non volevo perderla...ma poi il destino scelse per me altro e così...all’età di sedici anni, conobbi una mia coetanea … “snob” è una parola assai modesta su di lei ….Credo fermamente nella nobiltà d’animo, ancor prima dei possedimenti.. se non hai questo, puoi appartenere anche ad una delle dinastie più potenti e per questo definirti il signore del mondo, ma non sarai mai incisivo ed eterno come colui che Principe lo è in spirito. Nonostante provenga da una nobile famiglia che ha ricostruito tutto sulle sue macerie….nonostante non esistano più certi privilegi di un tempo….io continuo a restare in quel mondo. Ma non amo l’arroganza, la maleducazione, l'osservare dalla testa ai piedi, e tante altre scemenze che non mi appartengono. Sono un ribelle….sono sempre stato un impavido nello spirito e nel cuore, amo spezzare gli schemi per crearne altri…. accetto il cambiamento solo se sono io a decidere che sia ora di cambiare…. E così dopo tre anni e mezzo di ripetute accuse … ognuno continua per la sua strada….alla fine io che venivo marchiato come “l’infedele” venni tradito….Non so le reazioni che potrebbero avere gli altri in queste circostanze….ma a diciannove anni la mia risposta a questo affronto fu…. farmi vedere con un’altra ragazza dai suoi. Ho sempre amato stare in mezzo a persone di un certo livello sociale….ma più cresco e più mi rendo conto della finzione che la maggior parte di loro sono immersi, probabilmente perché non hanno alternative, oppure per semplice masochismo… “Tu resterai da solo, perché è ciò che meriti” mi dissero una volta ed io di quella solitudine ne feci una alleata, amo le sue braccia perché quelle degli altri ad un certo punto mi stancano. Troppo vuote, troppo superficiali…. Adesso che ci rifletto, è sempre stato nel mio carisma, quello di rispondere a certi attacchi con una reazione, che pur se andando a scapito mio - vedi? cosa ti avevo detto, lei era già nella sua vita quando stava con me - perché è più facile scaricare che assumersi le proprie responsabilità….Ed io ad un certo punto ho cominciato ad averne di tutto questo la nausea…. -Ma tu non ti sei mai sposato?- lo stavo per fare….. avevo comprato anche gli anelli e stabilito la data…. ma un mese prima del matrimonio, c’ho ripensato …. perché dentro di me una vocina mi disse - Caro Alex, stai per fare un'azione di cui ti pentirai amaramente - e di fatti… dopo che ho detto che non volevo più sposarmi …. ho scoperto… le continue prese in giro, che mi mandarono in crisi …. ero già preso dallo stress del lavoro, continui litigi…. non fare questo, non fare quello …. e così, ti rendi conto che alla fine o ti concentri su di te rifiutando ogni azione esterna come una conseguenza del tuo karma … oppure vieni inghiottito ….ed io stavo per essere inghiottito, ma poi quando decisi che dovevo risorgere…. come ciliegina sulla torta Dio mi ha risvegliato, facendomi attraversare le fiamme dell’inferno… E fu tra le fiamme che vidi il volto sfocato di una lei ...e che successivamente la cercai in occhi sbagliati ….. -Che tipo di donna cerchi? - una lei che riesce a gestire le mie tempeste, che mi lasci libero ma non tanto perché possa andare, né tanto stretto perché possa fuggire, amo il confronto e perciò la immagino con gli occhi colmi di sogni, immersa in qualche scaffale di libri a cercare elementi che possano allargare sempre più i suoi orizzonti….la immagino a contare le stelle e
raccontare le fiabe al mondo mentre dorme. Una lei che sa essere bambina e donna al tempo stesso…., che stia non davanti, né dietro ma al mio fianco….e tante altre caratteristiche, che preferisco tenerle per me….
agosto 2021
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weirdesplinder · 3 years
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Romanzi rosa vintage: Delly e Ohnet
Causa trasloco una mia cugina ha dovuto mettere in vendita gran parte dei suoi libri, raccolti nel corso di una vita, tra cui molti romanzi rosa vintage. Io, da avida lettrice del genere quale sono, conoscevo Liala e Barbara Cartland quindi non ho trovato strano scorgere pile e pile dei loro romanzi tra i suoi scatoloni, ma data la differenza d’età notevole tra di noi, mi sono resa conto che non conoscevo molti altri autori che lei ha letto e amato negli anno sessanta, settanta e ottanta. 
Tra questi uno molto rappresentato nei suoi titoli era Delly, di cui io proprio ignoravo l’esistenza, perciò, da vera curiosona quale sono, mi sono informata e ho scoperto che Delly è uno pseudonimo collettivo adottato dai fratelli Jeanne-Marie  e Frédéric Petitjean de la Rosière, che con i loro romanzi d’amore spopolarono tra  gli anni dieci e gli anni cinquanta del 1900.
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Si tratta di romanzi d’amore dall’intreccio classico e a volte ripetitivo, in cui una fanciulla particolarmente pura e devota è ostacolata nella conquista del vero amore da cattivi piuttosto stereotipati e dal fatto che il suo uomo a volte deve essere prima riportato sulla retta via, per diventare pienamente degno di lei.
La fede ha un ruolo centrale nei suoi romanzi, l’eroina è caratterizzata da essa e con essa spesso redime il protagonista maschile cinico e freddo e sconfigge i cattivi della situazione. Molto peso nelle sue storie è dato anche alla struttura sociale dell’epoca in cui furono scritti e alla moralità borghese degli inizi del secolo.
Si possono senza dubbio trovare affinità tra i romanzi di Delly e i romanzi di Georgette Heyer ad esempio (nelle trame e negli intrecci), o persino con la Pamela di Richardson (come tipologia di eroine), ma con alcune carattteristiche comunque diverse, in prmis l’importanza della fede al loro interno, come detto sopra.
I romanzi di Delly sono recuperabili nell’usato principalmente,
poichè non hanno avuto ristampe negli ultimi decenni nel nostro paese (In Francia hanno ristampe continue come da noi LIALA per intenderci),
ma da poco Edizioni Falsopiano ha reso disponibili alcuni titoli di Delly (per ora pochi) in italiano in versione Ebook.
La produzione di Delly fu molto ricca, scrisse veramente tanti romanzi, io vi segnalo solo alcuni titoli con il loro link di acquisto nel caso potesse interessarvi provare a leggere qualcosa di suo:
Il fuoco sotto il ghiaccio   https://amzn.to/3eKhqhX
L’infedele   https://amzn.to/2RPZZDh
La donna del destino   https://amzn.to/3eHiK57
Ourida   https://amzn.to/3oauJej
Altra scoperta che ho fatto tra i libri di mia cugina è stato il romanzo:
IL PADRONE DELLE FERRIERE, di George Ohnet
https://amzn.to/3eFd6Aj
Trama: La giovane e bella marchesa Claire Beaulieu è innamorata e promessa sposa del duca di Bligny, un ragazzo superficiale e incostante. Il loro matrimonio, deciso da tempo, è ostacolato dalle condizioni economiche di Claire e dalla volubilità del fidanzato, che antepone al loro amore l’interesse personale. Il duca decide così di sposarsi per pura convenienza con una donna che non ama, scatenando le ire di Claire. Quest’ultima, per ripicca, non esiterà ad accettare controvoglia la corte di Philippe, un giovane e promettende industriale dalle umili origini. Ma il loro rapporto non sarà dei più facili: un intrico di rapporti sentimentali “pericolosi” metterà in difficoltà il loro menage, per altro reso sempre più incerto dalle differenze sociali...
Pubblicato nel 1882 in Fracia, questo romanzo è senza dubbio il più famoso scritto da Ohnet, quello che conobbe maggior fortuna. La trama tipica da romanzo rosa e già vista in mille vesioni, anche più moderne, è qui sviluppata però in stile romanzo di fine Ottocento e quindi con un piglio molto serio e morale, tipico dell’epoca. Anche qui come nei romanzi di Delly il ruolo sociale di una persona è molto importante ai fini della trama, poichè era centrale nella società di quel tempo, e lo stesso vale per la moralità.
Se dovessi cercare un romanzo con qulache affinità potrei citarvi Madame Bovary, seppur con le dovute differenze. Al confronto dell’opera di Flaubert, Il Padrone delle Ferriere è più leggero e ottimista e forse come trama potrei compararlo a Via col vento visto il carattere dell’eroina, ma ogni paragone credo non renderebbe a pieno l’idea comunque.
Anche questo romanzo è reperibile nell’usato,e anche in ebook, grazie alle Edizioni Falsopiano.
Vi hanno incurioito questi romanzi, conoscevate già questi autori, vorreste provarli? Fatemi sapere se questo post vi è piaciuto e l’avete trovato interessante, poichè ho tanti altri libri vintage da segnalarvi se volete. Inoltre se vi interessa un post dedicato a Liala o a Barbara Cartland fatemelo sapere.
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veeronjcaa · 4 years
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chi è fedele conosce solo il lato elementare dell’amore, ma l’infedele ne conosce la tragedia
oscar wilde, il ritratto di dorian gray
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giancarlonicoli · 4 years
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24 nov 2020 18:13
SMEMORANDA - COLPITI DA ALZHEIMER (INTELLETTUALE), I CHIERICI DEL GIORNALISMO ITALIANO RIMUOVONO GLI “ANNI DI PIOMBO”, TANGENTOPOLI E SEPPELLISCONO IL FU CAPITALISMO DEI POTERI MARCI (DE BORTOLI) – TRAGHETTATI DA PAOLO MIELI DALLA POVERA PUBBLICISTICA DI PARTITO AI RICCHI GIORNALONI TARGATI FIAT, I VARI (E AVARIATI) GALLI DELLA LOGGIA, PIGI BATTISTA E GAD LERNER SBIANCHETTANO TRENT’ANNI DI STORIA ITALIANA PER SALVARE LE LORO FACCE DI BRONZO E QUELLE DEI LORO AMICI
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DAGONOTA
Nonostante i bassi indici di ascolto non chiuderà Rai Storia lì sul piccolo schermo dove, quotidianamente, sale in cattedra lo storico (senza storia), Paolino Mieli. A buona ragione l’ex direttore del Corriere della Sera può essere considerato l’erede naturale del simpatico tuttologo professor Alessandro Cutolo che con il suo spiccato accento napoletano a cavallo tra gli anni Cinquanta e Sessanta furoreggiò nella televisione in bianco e nero con la sua rubrica “Una risposta per voi”.
Con la sua faccia a salvadanaio da Pierrot triste, Mieli fa rimpiangere l’arguzia bonaria del prof. Cutolo e la sua onestà intellettuale nell’imbrogliare le carte del suo sapere. Non c’è personaggio della storia antica, moderna e contemporanea che non venga affrontato da Mieli (da Giulio Cesare a Giuseppe Garibaldi) nel suo spazio in tv dove ospita i suoi tanti discepoli arruolati a suo tempo sulle colonne della Stampa o del Corriere.
E forse è a lui, il Mieli traghettatore dalla povera pubblicistica di partito alla ricca corte degli Agnelli&Romiti, che dovrebbe rivolgersi Ernesto Galli Della Loggia. O, forse, a se stesso, protagonista di una lunga stagione politica, economica e intellettuale lasciata nell’oblio.
Ma non si tratta di “traditori” o “voltagabbana”: chi fa certe scelte diverse simili anche ai salti mortali dovrebbe però spiegarne le ragioni. Nel 1957 lo scrittore Italo Calvino che si stava allontanando dal Pci invitava all’autobiografismo “dell’uomo della società vecchia e di uno dell’uomo della società nuova”.
Per l’autore di Palomar “la lettura del comunismo, che ha puntato sulla carta del romanzo” non basta a ricordare un’epoca. Non romanzi, appunto, “ma soprattutto opere autobiografiche…”.
A sorpresa, l’altro giorno sulle pagine del Corriere della Sera, Ernestino è tornato a chiedersi le ragioni della rimozione degli “anni di piombo” senza mostrarci la sua carta d’identità politico e intellettuale.
Già, in quest’ultimo trentennio (e passa) è stata “rimossa” pure la stagione di Tangentopoli, cavalcata dall’ex corazzata di via Solferino allora pilotata da Mieli nella speranza di salvare dal carcere i suoi padroni (la Fiat).
Della Loggia, ovviamente, si guarda bene dal fare il nome degli “smemorati” del ceto intellettuale che, con rare eccezioni (Giampiero Mughini), una volta smesso il ruolo di “banditori di violenza” si sono disinvoltamente riaccasati nelle file della borghesia imprenditoriale.
Con chi ce l’ha Ernestino? Con il suo amico Paolo Mieli, ex Potere Operaio e redattore capo dell’Espresso, un settimanale quasi confinante col nascente terrorismo di sinistra?
Con i socialisti craxiani che nel tentativo di salvare la vita di Moro trattavano sottobanco con alcuni esponenti contigui alle Brigate Rosse?
Forse allude al suo sodale e compagno di banco a “Mondo operaio”, Claudio Martelli, impegnato alla conferenza di Rimini a tessere un “filo rosso” tra gli ex di Lotta continua e il Psi fino a realizzare con lui il giornale “Reporter”?
E il nostro ha dimenticato pure la grancassa mediatica e politica del delfino di Craxi (esistono le registrazioni telefoniche) nel difendere il leader di Lotta continua dall’accusa di aver comunque partecipato all’uccisione del commissario Luigi Calabresi?
O nel suo personale indice d’indignazione, il Della Loggia intende includere l’ex lottacontinuotto, Gad Lerner, “il comunista con il Rolex” amico di Carlo De Benedetti, che nel suo ultimo libro “L’Infedele” (Feltrinelli), a differenza di Ernestino, cerca almeno di mettere ordine (morale e religioso) nel suo passaggio dai ribelli ai padroni del vapore.
Ma non è soltanto Galli Della Loggia a rimuovere il passato usando il bianchetto omertoso dell’autoassoluzione urbi et orbi.
Se la memoria “è la colla che lega la nostra vita mentale, che racchiude la nostra storia personale” (Squire e Kandel), il morbo di Alzheimer (intellettuale) deve aver colpito anche Flebuccio de Bortoli al momento di dare alle stampe il volume “Le cose che non ci diciamo (fino in fondo)” (Garzanti).
Ora se un lettore non sapesse che Flebuccio è stato due volte direttore del Corriere della Sera(gestione Agnelli&Romiti) e una volta del Sole 24 Ore(quotidiano della Confindustria), avrà l’impressione di trovarsi a sfogliare un saggio di un oscuro studioso dei poteri marci e di una classe politica (e dirigente) che ha messo in ginocchio il Bel Paese, vissuto negli ultimi trent’anni in qualche università straniera.
Il negare la continuità (e contiguità) tra la sua esperienza (e responsabilità) professionale non fa onore a de Bortoli. Del resto bastava cambiare il titolo del libro con “Le cose che non vi ho detto (fino in fondo)” per salvare almeno la faccia.
Ps.
Tra gli smemorati di via Solferino nei titoli di coda merita un posto anche Pierluigi Battista, devoto anche lui a Paolino Mieli. Prima sul Corriere della Serae poi con un’intervista a il Riformistasi butta penna in resta contro certo giornalismo giudiziario di oggi, “colla e incolla” delle veline della procura, che sputtanano politici e imprenditori ancora in attesa di giudizio.
La perversa inclinazione di Pigi verso il suo mentore Paolino, lo porta a dimenticare che i processi a mezzo stampa, la cosiddetta “gogna mediatica”, ha conosciuto il suo massimo splendore ai tempi di Mani pulite e ai tempi della prima direzione di Paolo Mieli. Moralisti a la carte.
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abr · 7 years
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Avete presente, vero, Tariq Ramadan? L’islamista voltairiano con casa in Svizzera e cattedra ad Oxford previ dollari qatarioti, 11 milioni per la precisione? Quello adorato dai multiculti, il ricercato conferenziere, il raffinato cervello dei Fratelli musulmani piazzato nel nostro continente aperto al nuovo? Beh, pare in guai seri. No no, mica perché, terminate le lezioni colte, si ficcava nelle banlieu islamiste a sobillare che il Bataclan, la Francia, se l’era in fondo cercato; e stessa musica ad ogni strage. Mica per la propaganda antisemita con cui avvelenava i colti consessi nei quali, a dire il vero, lo invitavano promotori che andavano pazzi per farsi avvelenare. E nemmeno per i suoi reiterati e verificati rapporti con l’islamismo più bombarolo. Su simili quisquilie, la vecchia Europa transige. Al professor Ramadan, secondo cui, testuale: “le donne devono tenere lo sguardo fisso a terra per strada” e “se cercano di attirare l’attenzione attraverso il profumo, attraverso il loro aspetto o i loro gesti, non sono nella direzione spirituale corretta”, viene ora imputato di non essersi frenato con alcune donzelle dallo sguardo in aria e, Allah hu akbar, grondanti di profumo. Essendo la gnocca una talpa che scava sembra essersi convertito, l’infedele Tariq, alle venerabili ragioni della mano morta. Uguale uguale a tutti noi depravati d’occidente. Ora è impalato e tanto peggio per lui. Lo sapeva. Così è l’Europa: tritolo passi, ma fica ti fracassi.
http://www.ilfoglio.it/andrea-s-version/2017/10/31/news/l-infedele-tariq-e-la-mano-morta-160669/
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kritere · 2 years
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Leo: 'Per il contribuente corretto via il reato della dichiarazione infedele'
DIRETTA TV Nell’ambito della riforma del fisco, uno degli aspetti “su cui si deve lavorare è che nel momento in cui c’è una trasparenza nei comportamenti del contribuente si può addirittura eliminare per esempio uno dei reati, che è quello dell’art. 4 dell’infedele dichiarazione: l’infedele dichiarazione non dovrebbe più configurarsi“. Lo ha detto il viceministro dell’economia Maurizio Leo…
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psicotecnica · 4 years
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Un prototipo che ricorre in molte euristiche, o schemi cognitivo-emotivi attraverso cui conosciamo il mondo, è quello della FEDE Attenzione: non confondiamo l’euristica della fede con il suo oggetto L’euristica della fede si basa su due semplici concetti molto elementari: • Per chi crede, non servono prove • Per chi non crede, nessuna prova è sufficiente La fede è qualche cosa in cui ho (e che mi dà) fiducia, di cui mi fido, cui mi affido, in cui confido La fede è un “credenza piena e fiduciosa che procede da intima convinzione o si fonda sull’autorità altrui più che su prove positive” Noi abbiamo fede in una serie di elementi della vita cui ci attacchiamo senza riflessione Ogni fede tende a diventare religione: politica, sovrannaturale, sportiva ecc La psicologia della fede riguarda ogni tipo di fede, indifferentemente: sportiva, amorosa, religiosa, politica, scientifica e così via Tutte le fedi tendono a svilupparsi in religioni Il Fedele, di fonte all’infedele, pensa: le mie sono prove, le tue sono opinioni, forse strumentali a un tuo progetto malefico o ad una cospirazione contro di me L’Infedele, di fonte al fedele, pensa: le mie sono prove, le tue sono opinioni, forse strumentali a un tuo progetto malefico o ad una cospirazione contro di me La forza della fede è di non richiedere spiegazioni La forza della fede sta proprio nel fatto che non c’è motivo di spiegarla; anzi: si evita di spiegarla Spiegarla non serve; e questo mi rassicura Non saprei come dimostrarla, per cui il fatto di non dimostrarla mi rende forte Il talk approfondisce l’euristica, sviluppando in modo approfondito questo aspetto di base della psicologia della fede Vedi su youtube : https://youtu.be/KiQnwECDiRE #fede #euristica #euristiche #psicologiacognitiva #bias #fake #manipolazione #retorica #suggestione #epistemologia #pragmatica #postulato #pregiudizio #comunicazione #pubblicità #marketing #persuasione #brand #psicotecnica #psicologia #terapia #lezione #tutorial #perussia #fakereal #realfake — view on Instagram https://ift.tt/3dEGeEv
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paoloferrario · 3 years
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l'infedele i filosofi e il nichilismo
l’infedele i filosofi e il nichilismo
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virginia-bagnoli · 5 years
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Si può perdonare un tradimento?
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Quando qualcuno ti tradisce, la tua mente e il tuo impulso ti spingono ad odiare, a punire e non perdonare. È difficile mettere da parte questi sentimenti.
Tuttavia, perdonare qualcuno per aver avuto una relazione occasionale o per averti ingannato gioverà di più alla persona tradita che all’infedele. La rabbia che si prova per aver scoperto un tradimento è come un veleno che vive dentro di noi.
Il perdono quindi è l'antidoto e l'unica via da seguire.
Dovresti provare a perdonare qualcuno per averti ingannato, ma solo una volta affinchè comprenda il significato del perdono e come ottenerlo
Cosa significa e cosa non significa perdono
Perdonare un infedele non significa promettere di dimenticare l’accaduto, non implica tollerare o scusare il tradimento né cercare di riparare la relazione se non lo si desidera.
Si tratta di inziare a pensare a se stessi, di guarire psicologicamente.
Il perdono è il passo fondamentale per poter andare avanti con la tua vita, incontrare nuovi amici, dopo che qualcuno ti ha fatto del male. Si tratta di prendersi cura della propria salute mentale, di non lasciare che l’infedele ne esca vittorioso
3 motivi per cui cercare di perdonare ti aiuterà
Poiché il perdono riguarda più te che la persona che ti ha tradito, ti porterà molti benefici. Ognuno di questi ti aiuterà ad avanzare verso una vita più felice.
Il perdono ti aiuta ad iniziare a fidarti di nuovo di una persona
Per iniziare una nuova relazione dopo un tradimento subito, per avere successo con le relazioni future e le relazioni occasionali, le persone devono fidarsi l'una dell'altra. L'inganno distrugge la fiducia e la capacità di fidarsi, e il perdono è un passo necessario per ricostruirla.
Perdonare ridurrà il rischio che la disonestà della persona che ti ha tradito influenzi le tue decisioni, quindi tenderai ad essere affidabile e onesto in qualsiasi relazione.
Non perdonare è mentalmente estenuante
La tua mente può generare pensieri preziosi ed essere arrabbiato con qualcuno che ti ha tradito non è costruttivo, ci sono cose migliori a cui pensare.
Lascia andar via il risentimento e apri la mente a pensieri più positivi. Può essere difficile liberarsi dalla rabbia e dal dolore ma ne vale la pena.
Costruire una vita migliore rende più facile il perdono. Non sempre possiamo cambiare le cose, ma provarci non fa male.
Il perdono è salutare
La rabbia e l’amarezza influenzano la tua salute fisica e mentale. Il perdono ci libera da tutto questo e migliora la nostra salute nei seguenti modi:
- Meno ansia, stress e ostilità. - Riduce gli sbalzi di pressione - Riduce la probabilità che compaiano i sintomi della depressione - Sistema immunitario più forte - Miglioramento della salute del cuore. - Maggiore autostima
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pangeanews · 4 years
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Albert Camus vs. Ernst Jünger: l’uomo in rivolta & il ribelle
Nel 1951 accade un parto gemellare. I gemelli, però, sono radicati per la schiena, si voltano di lato, senza vedersi – possono torcere il collo a dismisura, stendere il petto in continente, ma gli occhi tacciono. Per Gallimard, nel 1951, Albert Camus pubblica L’uomo in rivolta; per Klostermann Ernst Jünger stampa Trattato del Ribelle. In realtà, il libro di Jünger s’intitola Der Waldgang, “il passaggio al bosco”. Il titolo è significato nell’incipit, “Passare al bosco: dietro questa espressione non si nasconde un idillio”. Il cuneo, ecco, non è l’uomo, ma il bosco. Un bosco che non appartiene all’etica bucolica, un bosco a cui bisogna apparentarsi. Nel bosco, infatti, si va “non solo fuori dai sentieri tracciati, ma oltre gli stessi confini della meditazione”. Il bosco è l’ambito del rischio, l’abito della prova: puoi abitarlo, domandoti, o morire. Il passaggio al bosco è come l’attraversamento del deserto. Non c’è compenso di contemplazione, ma un patto, una pattuglia, il bivio della profezia. Nel libro di Jünger, tuttavia, si parla del ribelle.
*
Tra ribelle e in rivolta la differenza non è minima, ma miliare. Ribelle è chi ritorna alla guerra, chi si solleva in armi. Nella rivolta c’è la possibilità di rivolgere la parola – una parola contraria, in contrasto –, o di volgersi da un’altra parte. C’è, appunto, l’angolo di un’altra possibilità. Non c’è, immediatamente, la guerra. Nel ribelle, invece, al contrario, non c’è più spazio di mediazione, le parole – la dialettica, che dilaga nella città – non servono, si sceglie il bosco per imparare il suono della poiana, l’astuzia della faina, l’organizzazione del branco. La parola francese révolté, va detto, contempla la ribellione e la furia, l’indignazione, il disgusto: pretende, comunque, accezioni molteplici. Nel ribelle qualcosa di inderogabile è accaduto, qualcosa deve compiersi.
*
Nel 1951 Camus è già l’autore de Lo straniero e de La peste, tenuto in palmo di mano da Gallimard. Il libro prosegue la riflessione inaugurata da Il mito di Sisifo: lì (era il 1942) si parlava del suicidio (“Vi è solamente un problema filosofico veramente serio: quello del suicidio”); qui dell’omicidio (“Ci sono delitti di passione e delitti di logica. Il confine che li separa è incerto”). Tra uccidersi e uccidere l’organo metafisico è lo scempio. In ogni caso, chi si rivolta, anche solo per il fatto di volgersi in direzione contraria al flusso della massa, lascia uno squarcio, una ferita. Sul proprio corpo, sul viso del prossimo, nell’occhio della Storia. Come si sa, il libro permise a Camus di liberarsi di Sartre: gli pareva il quaderno di un rassegnato. Nel 1951 Jünger si è trasferito in Alta Svevia, a Wilflingen, dialoga con Carl Schmitt e Martin Heidegger, ha da poco pubblicato il diario degli anni dell’occupazione parigina, Irradiazioni, che ha un successo straordinario (ne furono vendute 200mila copie in una manciata di settimane). Il dottor Albert Hofmann l’ha appena introdotto all’estasi dell’Lsd, dal 1949 gli è concesso di pubblicare; proprio quell’anno, nel ’51, gli furono consegnate le spoglie del figlio Ernstel, morto sul fronte italiano. “Il bosco è segreto… il bosco è la grande casa della morte, la sede del pericolo di annientamento… Il bosco fa morire e risorgere simbolicamente”, scrive Jünger. Nel bosco matura l’ombra, nel deserto la luce accecante. Quando pubblica il cosiddetto Trattato del ribelle Jünger è già l’autore di Nelle tempeste d’acciaio e Sulle scogliere di marmo; è un uomo che ha fatto la Prima guerra, ha sessant’anni, diciotto più di Camus. Camus muore, come si sa, nel 1960; lo stesso anno in cui muore Gretha, la prima moglie di Jünger.
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Naturalmente, il tono, l’intenzione, l’oriente e il destino dei due libri è diverso. Camus scrive uno studio per dimostrare che l’uomo, per natura, si ribella all’assurdo di esistere. “Che cos’è un uomo in rivolta? Un uomo che dice no. Ma se rifiuta, non rinuncia tuttavia: è anche un uomo che dice di sì, fin dal suo primo muoversi”. Il linguaggio di Camus è radicato nello studio, ma non è radicale: le frasi sono nitide, schiette, scarne, ma non rinunciano alla contraddizione. Camus sta costruendo una città – oltre alle arterie essenziali ci sono anche i vicoli ciechi, i vincoli, gli svincoli – ed è bello ascoltarlo mentre racconta di Dostoevskij e di Sade, di Lucrezio e di Lautréamont, di Breton e di Bakunin e di Saint-Just. Leggere L’uomo in rivolta non comporta la rivolta, ma l’ascolto. Camus ci parla, lungo il fiume blu e severo che sega in due la città, indica monumenti, basiliche, cul-de-sac, e a noi viene voglia di continuare questa ricerca tra giacobini e anarchici, nichilisti e rivoluzionari, parteggiando per tutti. A differenza del libro di Jünger, che deve stare in una tasca, come un manuale pronto all’uso, quello di Camus, 400 pagine nell’edizione francese (L’uomo in rivolta è tradotto quasi subito in Italia, nel 1957, per Bompiani, da Liliana Magrini; il manuale di Jünger è tradotto per Adelphi da Francesco Bovoli nel 1990), va tenuto in camera, sulla scrivania, per studiarlo. Jünger scrive tra la schermaglia degli arbusti, dove la luce del sole gocciola; Camus sotto l’aura di una lampada. La lingua di Jünger, piuttosto, è estratta da un ghiacciaio, ha la rarefatta perfezione di ciò che toglie il fiato, è una spina di cristallo che cela regni. Non c’è storia né sapienza, nel libro di Jünger, e pochissime le citazioni: qui una pietra ha più valore delle cronache dei re, un albero celebra l’essere con più forza di una orazione. Il Trattato non tratta di nulla: è il ritratto del Ribelle – esemplificato dal poeta –, è una chiamata, un atto di presa senza trattative. Il libro di Jünger parla di rischio e di sacrificio, di proprietà inderogabile dell’individuo, di potere e di potenza, di morbo e di malattia. “L’equipaggio vaccinato e rivaccinato, depurato dai microbi, aduso alle medicine e di età media assai avanzata ha minori possibilità di sopravvivere di un equipaggio che nulla sa di tutto questo. Un quoziente minimo di mortalità in tempi tranquilli non è la misura di un vero stato di salute che, da un momento all’altro, può rovesciarsi nel suo contrario. Quando addirittura non produca malanni ancora sconosciuti. Il tessuto dei popoli è diventato fragile”.
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Comunque li intendiamo, questi due eventi, la rivolta e il ribelle, devono turbarci, ora.
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Camus sembra preparare ciò che Jünger attua – l’uno tenta di definire il male che l’altro ha già scontato. L’ultimo capitolo de L’uomo in rivolta s’intitola Il pensiero meridiano. “Al meriggio del pensiero, l’uomo in rivolta rifiuta così la divinità per condividere le lotte e la sorte comune. Sceglieremo Itaca, la terra fedele, il pensiero audace e frugale, l’azione lucida, la generosità dell’uomo che sa”, scrive Camus. Seducente quando parla di altri, riduttivo nel rispondere all’etimo del tempo. Itaca è il proprio, la proprietà umana – ma è l’inappropriato che va scelto, Sion, Gerusalemme, l’abbaglio del deserto, l’infedele e l’infecondo, il belato di Dio o del nulla, più che le sorti progressive. In Camus la profondità del linguaggio, estivo – cioè, caduto, caduco; mi riferisco anche a quel libro, bellissimo (perché la caduta è beatitudine, a volte), L’estate – suona rassegnato, appagato. “La lingua può trovarsi in piena decadenza e il poeta venire fuori come un leone dal deserto”, scrive Jünger al termine del suo manuale. Dal bosco, passa al deserto. “Perfino in epoche in cui è decaduta a semplice strumento di tecnici e burocrati, perfino quando per simulare qualche freschezza prende a prestito le forme del gergo, la lingua rimane indefettibile nel suo immoto potere. Il grigio, la polvere, coprono solo la sua superficie. Chi scava più a fondo, in ogni deserto, tocca lo strato da cui sgorga la fonte”. La rivolta non implica altra replica che la compassione – il ribelle crea il nuovo. Il Camus più grande, credo, è quello dei Taccuini, informe, disfatto, disinibito (“Ho scelto la creazione per sfuggire al delitto. E il loro rispetto! C’è un malinteso”), aperto a una purezza ambigua (“Contro la letteratura impegnata. L’uomo non è soltanto sociale. Almeno la sua morte gli appartiene. Noi siamo fatti per vivere verso gli altri. Ma si muore veramente solo per sé”). Quelle parole hanno odore di paglia – possono infiammare. (d.b.)
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gardanotizie · 4 years
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Per la porta bronzea alla Chiesa S. Francesco, datata anni’60, lo scultore Luciano Vicentini, ispirato dalla Porta bronzea di San Zeno in Verona, ha ideato, dopo un’ampia ricerca storica, una porta bronzea, in dodici formelle, in cui ha impresso momenti significativi della storia di Sirmione. 1 Le Palafitte: Vicentini tratteggia insediamenti palafitticoli in era neolitica e nell’età del bronzo (IV millennio al 1500 a.C.) presenti lungo le rive di Sirmione: nelle zone di San Francesco, Porto Galeazzi, Maraschina, Lugana Vecchia (Silva lucana: palude boschiva). 2 Sirmione Romana La bellezza naturale della penisola benacense, attirò famiglie patrizie Romane, che utilizzando la via Gallica vi costruirono sontuose Villae d’Otium. Nella formella sono raffigurate le “Grotte di Catullo”, e una barca, ispirata da un frammento di affresco conservato nell’Antiquariumi. Il poeta veronese G. Valerio Catullo (87-54 a. C.) che nei carmi celebra l’amore infelice per l’infedele Lesbia, e la sua Domus nella bella Sirmione, che da allora può fregiarsi del titolo di “penisola Catulliana”. 3 Il popolo Longobardo Nella formella si vedono una famiglia Longobarda e un cavaliere. I Longobardi guidati da re Alboino, erano giunti dal Nord Europa, in Italia, avevano fondato il regno nel 568, con capitale Pavia, quindi, convertiti al cristianesimo, innalzarono monumenti e chiese anche a Sirmione: San Martino, oggi perduta, San Pietro in Mavinas e San Vito, e un monastero femminile con annessa la chiesa di San Salvatore, voluto dalla regina Ansa, (moglie di Desiderio) 4 Cunimondo da Sirmione: al popolo dalle lunghe barbe, è dedicata una seconda formella raffigurante il drammatico episodio dell’uccisione di Maniperto, fiduciario della regina Ansa, (nel 764 alla corte di Pavia) da parte di Cunimondo da Sirmione, che pentitosi venne da Lei graziato e, come riparazione offrì lasciti a tre chiese: San Martino, oggi santa Maria Maggiore; San Vito, abbattuta nel 1744, e San Pietro in Mavinas rappresentate sullo sfondo della scena. 5 Anno Mille Nella fascia superiore della formella sono scolpite la cascina Onofria, con omonima facciata della Chiesa, (nella zona bonificata dai benedettini, oggi un ruderi); in quella inferiore gli edifici della Lugana Vecchia (identificata nelle antiche carte come “betola” e “osteria”, “mansio”, luogo di sosta nella Silva Lugana). 6 I Catari a Sirmione L’artista rappresenta il tragico rogo dei catari a Verona, nel febbraio 1278. Essi credevano di aver trovato rifugio dalle persecuzioni francesi a Sirmione, per un voltafaccia degli scaligeri furono intrappolati e tradotti a Verona. 7 Sirmione Scaligera Nella formella si impone Il suggestivo Castello Scaligero e davanti le umili barche dei pescatori. Il Castello, voluto da Mastino della Scala a partire dalla seconda metà del XIII secolo, ha un mastio alto 30 m. da cui si domina il Garda. Il fortilizio, dopo la guarnigione scaligera, divenne una caserma francese e poi austriaca. Oggi emblema di Sirmione, 8 Sirmione Veneziana il Leone di san Marco impresso nella formella e su una “bissa” domina su pescatori e contadini poveri. La Repubblica Veneziana, sconfitti gli Scaligeri, iniziava la propria dominazione nel’400 fino al 1797, quando, con il trattato di Campoformio, i suoi territori furono ceduti da Napoleone all’Austria. 9 Sirmione e L’unità d’Italia Lode a tre monumenti celebrativi del Risorgimento: le torri di Solferino e San Martino (erette in memoria delle battaglie del 24 giugno 1859 con la sconfitta dell’Austria), e la Vecchia Dogana, posta nella fascia inferiore, simbolo della divisione di Sirmione al confine tra Italia e Austria, fino alla terza guerra d’indipendenza, nel 1866, quando l’Austria dovette cedere il Veneto al Regno d’Italia. 10 Sirmione e la Fonte Bojola Ispirato da fotografie dell’epoca, V. dedica la formella al palombaro veneziano A. Procopio che calatosi sul fondo del lago, (a circa 250 m. dal Lido delle Bionde), captò la sorgente solforosa, bollente a 60°: “Bojola”, il 24 agosto 1889, iniziava l’epoca del termalismo sirmionese. 11 Le Chiese di Colombare e Lugana In memoria del XX secolo V. ha scolpito le immagini della due Nuove chiese: Santa Maria Immacolata di Lugana, (eretta nel 1913), vicino al lago, e San Francesco alle Colombare, inaugurata nel 1969, con la particolarissima struttura a tenda progettata per valorizzare la partecipazione della comunità alle funzioni. 12 Sirmione Oggi conclude la narrazione, l’ultima formella con la penisola di Sirmione è da V. identificata in una donna che dorme dolcemente adagiata nella natura tra le onde del lago, la vite e l’olivo.
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