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#l'aristo
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L’aristo et le fantóme, by André Héléna (Editions de la flamme d’or, 1954).
From eBay.
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amsaklapper-blog · 7 years
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L’ARISTO
Old French Nobility with the motto: “ill-gotten gains only benefit me”.
The Aristo presents his homage to you and is pleased to announce you that, without the least of the world withdrawing from "business", he undertook to tell the most striking of his exploits to his old friend André Hélèna, for he writes all this black on white with a beautiful cover of Jef de Wulf.
You will see the Aristo enriching his collection of Masters’paintings and rare books, you will see him relieve misery - preferably with the money of others - you will see him always arrive pile to pick in passing "ill-gotten goods" and make a noble and aristocratic use of it.
16 titles between 1953 & 1955.
cover art: Jef de Wulf
publisher: Editions de la Flamme d’Or, rue d’Hauteville, Paris
source:amsaklapper’s collection
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nietp · 4 years
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wayament ils annoncent le confinement combien de temps à l’avance? j’ai un train mercredi est-ce que c’est un échec et je vais me retrouver bloquer à paris...............
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disorder-alice · 3 years
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Patrochilles Week Day 1 - Music
@patrochillesweek​ 2021
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L'oscurità all'interno della tenda era un'illusione. Non era che l'idea di oscurità. La tenua luce esterna, doveva essere circa il crepuscolo, filtrava attraverso il tessuto gettando ombre morbide sui tappeti, sull'acqua immobile nel catino lasciato da parte, sul groviglio di coperte in cui riposava l'aristos achaion. Capelli biondi e pelle scottata dal sole lì dove non era protetta dall'armatura durante il giorno. Achille non ricordava di essersi addormentato, ma a quanto sembrava Morfeo lo aveva accolto tra le sue braccia, e anche per un bel po'. Passò una mano sul suo viso per liberare gli occhi ancora assonnati dai capelli, in modo da avere una visuale migliore dell'ambiente che lo circondava. La tenda era vuota e silenziosa. Istintivamente si tirò su a sedere e allungò una mano accanto a lui. L'altro lato del giaciglio era vuoto e freddo. - Patroclo? - La sua voce si disperse nello spazio, priva di risposta. Il giovane doveva aver lasciato la tenda da un po', probabilmente per permettergli di riposare adeguatamente.  Achille si alzò lentamente in piedi, sistemando la stoffa bianca del chitone che era scivolata dalla spalla. Solo a quel punto iniziò a rendersi conto dei suoni provenienti dall'esterno. Risate sommesse, e la “voce” cristallina di un aulos, che ad un ascolto più attento scoprì essere accompagnato da cimbali, tamburi e da una lira. Sorpreso e ancora intorpidito dal sonno, lasciò l'interno della tenda. Solo dopo aver avvertito la consistenza dell'erba sotto i piedi si rese conto di  non aver indossato i sandali. Poco male. L'operazione avrebbe richiesto troppo tempo, e la curiosità di scoprire da dove venisse la musica rendeva i suoi passi veloci e impazienti. Si incamminò tra le altre tende stranamente immobili e silenziose. Nessun altro sembrava essere sveglio a parte lui, ma non vi diede più di tanto peso. Bastarono pochi metri per raggiungere la fonte della musica. In una radura poco distante dal cuore dell'accampamento, era stato acceso un falò. La luce dorata e crepitante delle fiamme faceva apparire quel piccolo spazio come una bolla, qualcosa di completamente astratto dalla realtà. In quello spazio onirico si muovevano come figure all'interno di un quadro, nove fanciulle. Cinque di loro erano intente a suonare, altre tre danzavano in circolo. Le loro voci cristalline si levavano verso l'alto, leggere come il fumo che si levava dal falò. La prima impressione di Achille fu quella di ritrovarsi improvvisamente e inspiegabilmente al cospetto delle Muse. Lentamente, mentre si avvicinava, riconobbe però i volti delle fanciulle che risiedevano nell'accampamento. Una di loro si fece avanti per scortarlo oltre le fiamme,che nascondevano come un paravento altre due figure. Lì, seduto su un tronco coperto di muschio e abbigliato con una veste dello stesso colore delle fiamme, finalmente lo vide. Briseide stava intrecciando dei fiori candidi tra i suoi capelli scuri, con aria serena e concentrata. - Patroclo - Il viso del giovane si sollevò all'istantte, e su di esso comparve il più dolce dei sorrisi. Con calma, si alzò per raggiungere Achille. - Ti stavo aspettando. - Sollevò le braccia per incoronare l'Aristos Achaion di foglie e fiori vermigli, poi le sue mani sfiorarono le guance dell'amante. - Achille - Il biondo posò immediatamente le mani su quelle dell'altro, beandosi pienamente di quel contatto. Chiuse gli occhi e si lasciò guidare da Patroclo, che silenziosamente lo invitò a danzare con lui attorno al fuoco. La sensazione di trovarsi in un luogo estraneo al tempo era costante, ma in quel momento l'unica cosa importante era l'attimo presente. Le ombre e le luci sul viso e sulla pelle di Patroclo, il tocco leggero delle sue dita quando le loro mani si sfioravano durante la danza. Quando le giovani furono stanche di suonare, Achille si offrì di prendere in mano la lira. Per qualche istante tutto tacque, mentre lui prendeva posto sul tronco, Patroclo appoggiato contro la sua schiena, le loro guance che si sfioravano. Briseide e le altre si accomodarono attorno a loro, rapite dalle note che scaturivano dalledita del giovane. Di tanto in tanto qualcuna di loro accompagnava la musica con la voce, un canto cristallino, senza parole. Achille non seppe dire per quanto tempo rimase fermo a suonare. Si interruppe solo nel momento in cui Patroclo gli prese gentilmente le mani tra le sue e dopo aver baciato ogni singolo dito, lo tirò leggermente per invitarlo ad alzarsi. Insieme ripercorsero la strada al contrario, fino alla loro tenda. Achille accolse con gioia il peso del corpo del compagno sul suo, una volta stesi sul giaciglio. La sua pelle era calda, quasi un eco delle fiamme. Il viso di Patroclo sospeso sul suo, le punte dei nasi che si sfioravano. Il respiro dell'uno era quello dell'altro. - Achille - Achille non ricordava di essersi addormentato, ma fu estremamente felice di incontrare gli occhi profondi di Patroclo non appena aprì i suoi. - Stavi sognando qualcosa di molto bello - Constatò il giovane, spostandosi su un fianco e tirando appena il biondo per poter continuare a guardarlo negli occhi. Achille studiò per un istante il volto di Patroclo, e intravide nei suoi occhi il riflesso del fuoco. Annuì. - Stavo sognando quanto ho di più bello e prezioso al mondo. - Dalle sue labbra, prima di schiudersi contro quelle del compagno, vennero fuori poche sillabe. - Pa tro clo. -
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glaukopiscal · 7 years
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Taci, o Musa
"Cantami o musa L'ira funesta del Pelide Achille, rovinosa, che infiniti mali inflisse agli Achei" sussurrava la voce del vento, recitava il rombo del mare, mentre una mano di dea scioglieva dolce i nodi dei biondi capelli nel suo grembo. Lì giaceva il più grande dei greci, l'Aristos Achaion, abbandonato, nella sua disperazione. Come una madre consola il bambino, che singhiozza dopo aver perduto un giocattolo, con parole e gesti fino a che le lacrime non si secchino sul viso, così la ninfa leniva il dolore del figlio. Ella temeva il momento in cui ciò che aveva di più caro le sarebbe stato sottratto, ma nonostante la sua immensa potenza non poteva impedire l'avanzata del fato. Teti aveva paura; e mentre il terrore, tanto umano e sconosciuto, le attanagliava le membra, la dea narrò all’eroe il suo ultimo dono per lui. "Queste saranno le parole di grandi poeti, questi versi da dolci voci verranno portati in dimore di re. Essi canteranno la tua ira e il tuo dolore, canteranno la tua forza e l'implacabilità della tua vendetta. Canteranno la rapidità del tuo piede ed il vigore del tuo braccio, ma dimenticheranno la tua paura. Questo posso prometterti, Achille figlio di Peleo." "Non ricorderanno, dunque, ciò che provai quel giorno?" "Non ricorderanno, se questo è ciò che desideri. Ma prima che ciò avvenga io stessa ho una richiesta da farti: tu narrami, adesso, queste memorie che andranno perse, ricordale ancora per me prima che scompaiano per sempre dal mondo dei vivi." "Rassicurami allora un'ultima volta di quel che avverrà, mostrami il futuro, che è precluso ai mortali ma chiaro agli occhi degli dei. Nei poemi non sarà dunque narrata l'angoscia che riempì il mio cuore quando Patroclo corse da me, singhiozzando, alla luce delle bianche stelle? Non si saprà delle dolci parole con cui lo pregai di cambiare idea, per quanto egli fosse irremovibile, e quanto io stesso fossi prossimo al pianto, mosso dalle sue lacrime e dal presentimento di un crudele destino?" "Dimenticheranno, Achille." "Mi si sciolsero le ginocchia ed il cuore, madre, quando lo vidi indossare la bella armatura, vidi l'ombra di Ares ammantargli le spalle, lui che tanto era amato da tutti tra gli Argivi per la sua dolcezza senza pari. Innalzai le mie preghiere al signore degli dei perché il figlio di Menezio potesse scacciare i nemici e tornare intatto, lo supplicai di non lasciare che alcun danno gli venisse arrecato, ma il crudele figlio di Crono prestò ascolto solo in parte, e non accolse la richiesta che più mi era cara." "Gli aedi narreranno, invece, di come tu l'avessi sollecitato ad andare, come tu l'avessi spinto a rivestirsi della tua armatura pur di assicurarti gloria ed onore." "E parleranno forse di come le membra mi si fecero di pietra guardandolo incitare i potenti Mirmidoni, di come io rimasi fermo ad osservarlo muoversi nel mondo dei vivi per l'ultima volta mentre saliva sulla biga, rivolgendomi un saluto con gli occhi? Temo che terrore pari a quello che mi attanagliò le viscere allora mai sia stato conosciuto ad eroe di stirpe divina, poiché è sentimento proprio dei mortali, sebbene essi lo provino spesso quando temono per la loro vita, mentre il mio sconvolgimento era causato dall'idea di vedermi privato di un'altra - la quale credevo fosse destinata a più lunga durata della mia, che già sapevo dover finire sotto le bianche mura di Ilio." "Di questi avvenimenti non una parola tesseranno le dolci voci dei cantori, poiché saranno le imprese di Patroclo e la sua gloriosa fine ad occupare i pensieri loro e del loro pubblico. Sul racconto della morte di Sarpedonte verranno composti versi, mentre le tue tristi ore di attesa non raggiungeranno mai orecchio teso all'ascolto. Ma ti prego, continua, narrami ancora, cosicché questi ultimi momenti passati insieme possano essere allietati dalla memoria di ciò che è stato." "Ti obbedisco, per quanto ciò che ti racconterò rechi con sé poca gioia, per me. Oh, come fui preso da grande paura, allora! Il mio animo era scosso da violente passioni, ed io mi ritrovai incapace di fare alcunché, bloccato tra una battaglia a cui non potevo prender parte, nonostante quello fosse il mio desiderio, ed un'attesa che non era possibile per me sopportare. In pochi rimasero all'accampamento, quella volta, potendo scendere di nuovo in battaglia guidati dal potente figlio di Peleo dopo lungo tempo: per un’intera notte attesi, vicino alle nere navi, con la sola compagnia di schiave e cani randagi, mentre il pensiero che un fato avverso potesse cogliere Patroclo, mentre respingeva Ettore dentro le mura della sua città, mi stringeva il cuore. Tanto gli avevo ripetuto di limitarsi a fare ciò, e non altro, che rifiutavo l'idea che potesse non avermi dato ascolto, o che, peggio, si stesse compiendo il desiderio degli immortali, e speravo ardentemente che il motivo del suo tardare fosse la resistenza offerta dai Troiani. Venne poi l'alba, madre, ed i morti iniziarono a giungere, portati dai compagni insieme ad infauste notizie. Gli Achei avanzavano nella piana, mi dissero, attaccavano le alte mura di Troia. Fui allora travolto da paura infinita, maggiore del rabbioso mare e della placida terra, maggiore delle distese del cielo percorso dagli immortali. Ciò che fino ad allora mi era parso sentimento insopportabile era niente in confronto a quello che mi scorreva nelle vene, di un gelo ardente pari solo alle acque del rapido Stige, al pensiero che avrei perduto il mio diletto Patroclo. Fu la disperazione a seguire, mentre sotto i raggi del luminoso sole aspettavo una notizia che sapevo sarebbe giunta.” “Mi addolora, figlio mio, udire delle tue angosce. Spero, almeno, di poterti assicurare nel ricordo ciò di cui fosti troppo spesso privato in vita.” "Avrò dunque la gloria immortale che mi spetta, madre? Almeno in questo posso gioire, ora che mi è stato strappato colui che amavo quanto me stesso, sapendo che l'oscuro Ade mi attende?" "L'avrai."
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Quand l'aristo socialiste s'aperçoit que son homme-à-tout-faire est deve...
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reseau-actu · 5 years
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Fidèles à leurs valeurs mais en phase avec leur époque, les aristos ont le vent en poupe. Descendants des familles nobles de l'Ancien Régime, ils réussissent dans les affaires, l'armée, les médias, la politique... Plus que jamais, ils intriguent et fascinent. Enquête sur leur vrai pouvoir.
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Près de 230 ans après la prise de la Bastille, ils sont toujours là. Fiers de leurs racines, de leurs valeurs et de leur façon de vivre, un pied dans le passé mais un autre solidement ancré dans la modernité. Et cela marche plutôt bien pour eux: ils réussissent dans les affaires, la haute administration, en politique, au cinéma, au théâtre, dans le monde des lettres, dans la banque ou encore dans l'armée, arpentant les cercles du pouvoir avec une persistance déconcertante, créant des start-up avec la fougue de leurs ancêtres partant aux croisades, aussi à l'aise dans les états-majors du CAC 40 que sous les ors de la République ; dans leurs châteaux où suinte le charme de l'Histoire qu'au Jockey Club, leur «QG» parisien à l'ambiance proustienne. Là-bas, le personnel leur donne encore du «Monsieur le comte» comme au bon vieux temps. Ils adorent! Mais chut… Depuis la Révolution française, les aristos ont appris une règle d'or: celle de la discrétion. Dans un pays qui a coupé la tête de leurs aïeux et qui nie leur existence juridique depuis 1848, ils savent se montrer prudents, voire humbles.
Mais même ceux qui voudraient faire oublier leur particule n'y parviennent pas. Plus le temps passe et plus l'aristo de service attise la curiosité. On aime tant le cuisiner sur ses origines et son mode de vie, l'imaginer vivant dans une demeure aussi vaste que Downton Abbey, avec tout le personnel qui va avec ; ou, à l'opposé, fauché comme les blés, déplaçant une à une les bassines sous les kilomètres de toiture de son château, forcément en péril.
Les clichés ont la vie dure, mais les aristos, pourtant, sont toujours là, défiant le temps qui passe et les révolutions en tout genre: française, industrielle, des mœurs, Internet… Même à la mort de Johnny Hallyday, ce sont eux que l'on appelait à la rescousse: le 5 décembre 2017, Laeticia saisissait son téléphone pour joindre le plus people des curés, le père Alain Maillard de La Morandais, issu de l'ancienne noblesse bretonne. Ce dernier, plus connu comme aumônier des politiques que des rockers, se précipitait à Marnes-la-Coquette pour donner l'extrême-onction à l'idole des jeunes (et moins jeunes). Quelques jours plus tard, lors de la messe d'enterrement de Johnny en l'église de la Madeleine, c'est encore un aristo qui prononçait le sermon entendu par des millions de téléspectateurs. Et pas n'importe lequel ; il s'agissait du vicaire général du diocèse de Paris, Mgr Benoist de Sinety. À ses côtés, quatre enfants de chœur au visage d'ange: Juvénal Osmont d'Amilly, Bruno et François du Fayet de La Tour, Geoffroy du Pré de Saint Maur. Des noms qui fleurent bon l'Ancien Régime… «En toutes circonstances, la noblesse est aux côtés de son Église pour offrir l'exemple de la foi», relève avec humour l'historien Éric Mension-Rigau qui raconte cette anecdote, parmi bien d'autres, dans son Enquête sur la noblesse (Perrin), à paraître ces jours-ci.
Le secret de leur étonnante longévité
Au cœur de ses investigations: «la permanence aristocratique», ou l'étonnante durabilité de ces inoxydables aristos traversant les siècles avec désinvolture, comme si de rien n'était. «Même si les descendants de la noblesse ne sont plus structurellement placés au sommet de la pyramide sociale, comme l'étaient leurs ancêtres sous l'Ancien Régime, ils bénéficient encore d'un atout majeur: la capacité à durer. Ils ont derrière eux une histoire trop longue pour qu'elle soit réductible à ses ruptures, fût-ce la Révolution. Consacrés par l'épreuve du temps, ils n'ont pas à fournir la preuve de leur résilience», écrit l'auteur.
«Les aristos ont une place à part dans l'imaginaire collectif et je crois que, globalement, il y a beaucoup de bienveillance à leur égard...»
Denis de Kergorlay
Président du Cercle de l'Union Interalliée, haut lieu de rassemblement des élites françaises (aussi bien bourgeoises qu'aristocratiques, mais aussi littéraires, politiques…), Denis de Kergorlay a son idée sur le sujet. «Les aristos ont une place à part dans l'imaginaire collectif et je crois que, globalement, il y a beaucoup de bienveillance à leur égard, même si nombre d'entre eux n'en ont pas vraiment conscience. Et pourtant, j'y vois une clé de leur survivance, explique-t-il. Quand j'étais, dans ma jeunesse, chez Médecins sans Frontières, on me surnommait affectueusement “le Comte” ou “Monsieur le Comte”, et ce n'était ni par déférence archaïque ni par rejet mais plus par moquerie amicale. Pour les gens, être un aristo est un élément positif. À preuve, je me souviendrai toujours de cette hôtesse de l'air américaine qui, alors qu'elle voulait me convaincre d'accepter un surclassement en business sur un vol Washington-San Francisco, chose que je me refusais dans ma jeunesse, a fini par brandir son ultime argument:“You will feel like a real aristocrat!” Il est frappant de constater que l'aristocratie continue de captiver les gens, reprend Denis de Kergorlay, et ce sur l'ensemble de la planète. Je pense que son véritable pouvoir est presque invisible et pourtant réel. On peut le qualifier de “soft power”… J'étais en Californie chez mon amie Joan Baez au moment du mariage de Lady Di, en 1981. J'ai été tout à la fois amusé et sidéré de voir cette grande égérie des années 1960 fascinée par le “royal wedding”. Elle a passé la nuit entière scotchée devant la télévision alors que, pour moi, c'était un non-événement!»
La force de l'ancrage local
Pour Roland du Luart, ancien vice-président du Sénat et actuel président du Jockey Club, le premier devoir de la noblesse est de servir la société. - Crédits photo : STEPHAN GLADIEU POUR LE FIGARO MAGAZINE
Anachroniques et fascinants pour certains qui voient en eux d'étranges survivants du passé, les aristos seraient-ils en train de reprendre du pouvoir dans la société, si tant est qu'ils l'aient jamais perdu? «Dans nos familles, ce n'est pas la recherche du pouvoir qui nous anime mais la volonté de servir», rectifie le marquis Roland du Luart, ancien sénateur de la Sarthe et vice-président du Sénat, qui a consacré toute sa vie à la politique, à l'image de son grand-père, qui a donné son nom à une rue de la petite ville du Luart. C'est là qu'il se rend chaque semaine, délaissant la vie parisienne et le Jockey Club, dont il est le président, pour se consacrer à son château familial - «beaucoup trop grand et coûteux à entretenir pour notre époque, mais il se trouve que c'est là que j'habite!», s'excuse-t-il -, mais aussi par fidélité envers ses anciens électeurs dont il a su, toute sa vie durant, défendre les intérêts, particulièrement sur les questions agricoles dont il était devenu le spécialiste dans l'hémicycle du Palais Bourbon. «Ma famille a toujours su conserver un ancrage local très fort, reprend-il. Nous n'avons pas émigré pendant la Révolution ; en 1914, des dépendances de notre domaine étaient transformées en hôpital et, durant la Seconde Guerre mondiale, mon grand-père s'était engagé dans la résistance. Œuvrer au service des autres et de notre pays est inscrit dans nos gènes. Cela ne vous donne pas nécessairement le pouvoir, mais au moins une certaine forme de reconnaissance.»
«Mon quotidien est fait de pression et de passion.»
Richard de Warren
La volonté de servir la société est aussi ce qui a présidé à l'orientation de Richard de Warren vers l'ENA, après HEC et Sciences Po. Voyant dans le service de l'État un idéal, il s'est engagé dans la diplomatie. Puis il a décidé de se réorienter vers le secteur privé. «Compte tenu de mon tempérament, il m'a semblé évident que la meilleure façon de servir la société était de participer à la création de valeur», explique Richard de Warren. Après plusieurs années passées au sein du groupe LVMH (directeur financier de Moët & Chandon, directeur général de la division New Ventures Parfums et Cosmétiques), puis dans un fonds d'investissement, il s'est lancé dans un projet entrepreneurial d'envergure: la création de l'Hôtel Alfred Sommier, un cinq-étoiles ouvert il y a sept mois au cœur du quartier de la Madeleine, à Paris, dans l'ancien hôtel particulier de ses ancêtres Sommier. Ces industriels du sucre, propriétaires du château de Vaux-le-Vicomte, ont noué, au XIXe siècle, des alliances avec des familles renommées. Deux ans et 15 millions d'euros de travaux ont été nécessaires pour transformer ce lieu unique en hôtel de grand luxe où l'on se sent reçu comme un invité de la famille. «C'est un projet de vie, confie Richard de Warren. Entrepreneur sur le tard, j'ai pris mes risques financiers et professionnels en m'orientant vers une voie beaucoup moins tracée que dans la haute fonction publique ou beaucoup moins soutenue que dans les grands groupes. Mon quotidien est fait de pression et de passion. Je me réjouis d'avoir créé cinquante emplois et de faire revivre, à travers l'Hôtel Alfred Sommier, la fibre entrepreneuriale de mes aïeux.»
Le Bottin mondain des PDG
Fini le temps où l'aristocratie pouvait vivre sans travailler et se consacrer aux bonnes œuvres, aux mondanités et aux voyages! Il fut une époque où, dans la noblesse, la seule orientation professionnelle envisageable était la diplomatie ou l'armée. On entrait à Saint-Cyr ou à Polytechnique en regardant de haut les HEC et autres diplômés des écoles de commerce, perçus comme de vulgaires «épiciers». Les temps ont bien changé. La progressivité de plus en plus forte de l'impôt sur le revenu, la spirale des droits de succession, l'ISF et maintenant l'IFI sont venus laminer les fortunes d'antan, contraignant les nobles à se retrousser les manches. Et ils font plutôt bonne figure dans les affaires. La liste des PDG (ou anciens PDG) des grandes entreprises françaises a des airs de Bottin mondain, du comte Augustin de Romanet de Beaune (ancien président de la Caisse des dépôts, PDG d'Aéroports de Paris) au comte Pierre-André de Chalendar (PDG de Saint-Gobain) en passant par le comte Henri de Castries (ancien PDG d'Axa), Stanislas de Bentzmann (PDG de Devoteam), Arnaud de Puyfontaine (président du directoire de Vivendi), sans oublier le comte Jean-Dominique Senard, ex-président de Michelin et digne représentant de la noblesse pontificale, nommé récemment président de Renault en remplacement de Carlos Ghosn. «On ne pouvait pas trouver meilleure antithèse de Ghosn que Jean-Dominique Senard, qui est un homme extrêmement intègre, d'une grande rigueur morale. Il incarne ce qu'il y a de mieux dans les valeurs aristocratiques», glisse Éric Mension-Rigau.
Une saine horreur du bling-bling
Autre aristo occupant un poste clé: Geoffroy Roux de Bézieux, président du Medef. Ce bouillonnant chef d'entreprise, créateur de The Phone House, a d'ailleurs présidé le jury du prix ANF Entreprendre 2016, lancé par le duc d'Uzès, à la tête de la vénérable Association d'entraide de la noblesse française qui œuvre au rayonnement de l'aristocratie mais aussi, donc, à la stimulation de l'esprit entrepreneurial chez les jeunes aristos. Et ils sont nombreux à se lancer. «Le monde entrepreneurial est un espace où les nobles n'ont aucune raison de se sentir mal à l'aise, reprend Éric Mension-Rigau. Guerriers et aventuriers peuvent y exercer leur goût du risque, leur sens du sacrifice et leur volonté de conquête. Certains d'entre eux se montrent particulièrement dynamiques et conquérants.»
Le commissaire-priseur Thierry de Maigret dans son antre de la rue de Montholon, à Paris. - Crédits photo : STEPHAN GLADIEU POUR LE FIGARO MAGAZINE
Le parcours de Thierry de Maigret mérite ainsi d'être souligné. À 51 ans, ce commissaire-priseur qui a repris l'étude d'Antoine Ader en 2000 est devenu une figure incontournable de l'hôtel Drouot où il organise une cinquantaine de ventes réputées pour la qualité des objets proposés. «Le fait d'être un aristo n'a pas été décisif dans le développement de mon étude, confie-t-il. La compétence l'emporte sur toute autre considération. Mais il est vrai, cependant, que cela inspire confiance. Dans mon métier, on entre souvent chez les gens. Avoir reçu une bonne éducation et savoir se comporter dans un salon sont des plus indéniables.»
Laurent de Gourcuff au sommet de la Cité de l'architecture et du patrimoine. - Crédits photo : STEPHAN GLADIEU POUR LE FIGARO MAGAZINE
Laurent de Gourcuff, qui appartient à une ancienne et prestigieuse famille de la noblesse bretonne, fait également partie de ces aristos qui ont le vent en poupe. La réussite de ce quadragénaire est tout simplement saisissante. Partant du rachat de la célèbre discothèque parisienne Les Planches en 2007, ce diplômé de la European Business School qui a grandi dans le XVIe arrondissement de Paris a transformé son goût de la fête en une fabuleuse success-story, s'imposant désormais comme un acteur incontournable de l'hospitalité en France, avec un portefeuille de lieux parmi les plus branchés de la capitale: des restaurants (Monsieur Bleu, Loulou, le Girafe, Apicius…), des clubs (Raspoutine, Castel, Le Madam…), mais aussi des espaces uniques à privatiser pour des réceptions. Son groupe, Paris Society (ex-Noctis), qui a réalisé un chiffre d'affaires de plus de 100 millions d'euros en 2018, emploie près de 1 000 collaborateurs. L'an dernier, Laurent de Gourcuff a su convaincre le groupe AccorHotels d'entrer dans son capital. Rien ne semble devoir arrêter ce boulimique de travail qui n'a de cesse d'imaginer de nouveaux projets.
Pas question non plus de céder au bling-bling, pour lequel l'aristocratie a toujours eu une saine horreur...
Parmi «ses» lieux à venir en 2019: le 52 Champs Élysées, un restaurant qu'il va ouvrir avec son associé Gilles Malafosse (chargé du pôle restauration) sur le toit-terrasse de 500 mètres carrés de l'ancien Virgin Megastore (prochainement Galeries Lafayette) offrant une vue à 360 degrés sur tout Paris. Mais aussi une plage à Saint-Tropez (Loulou à Ramatuelle), un espace de réception de 400 mètres carrés au premier étage de la gare Saint-Lazare ; ou encore un nouveau restaurant à l'Opéra Garnier. «Ce sera l'une des plus grandes terrasses de Paris!» annonce Laurent de Gourcuff qui n'a de cesse de rendre ses lettres de noblesse à la fête et à l'art de vivre. Mais, malgré son succès, cet entrepreneur sait garder les pieds sur terre et il n'a rien du noctambule invétéré que l'on pouvait imaginer avant de le rencontrer. «Je ne bois pas une goutte d'alcool, et j'arrive tous les matins à 8 heures à mon bureau des Champs-Élysées», assure ce jeune père de famille. Pas question non plus de céder au bling-bling, pour lequel l'aristocratie a toujours eu une saine horreur, préférant l'élégance morale aux signes extérieurs de richesse par trop visibles!
«La force propulsive du passé»
«Si la noblesse a toujours eu conscience qu'elle doit tenir son rang pour exister, elle ne cherche pas à paraître. Elle n'a pas besoin des écriteaux de sa réussite, rappelle Éric Mension-Rigau. Elle cultive au contraire l'art de porter la fortune avec sobriété, se complaît dans la simplicité, l'humilité, voire le renoncement.» À la fin du XIXe siècle, le duc de Broglie, qui se mettait en habit noir pour le dîner, servi par un maître d'hôtel, ne voyageait-il pas en troisième classe quand il se rendait à Paris? «Dans une société guidée par le culte de l'urgence et du résultat, où le souci de la rentabilité affaiblit le désir de perfection morale et esthétique, elle (la noblesse, NDLR) offre une boussole de sens, estime l'historien. Elle rappelle la nécessité de la lenteur, de la continuité, de l'attachement aux permanences et, mieux qu'aucun autre groupe social, manifeste la force propulsive du passé.» C'est pour cela qu'elle demeure, plus moderne que jamais, fidèle à elle-même, à ses valeurs et à ses devoirs.
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actuenfrance · 6 years
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#ActuEnFrance L'Aristo et le voyou pic.twitter.com/FcrN
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carrefouretrange · 12 years
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http://aucarrefouretrange.blogspot.fr/2008/12/andr-hlna.html
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