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#l'occhio del male
catsloverword · 4 months
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Riflessione
Mi piace essere la parte scomoda. Quella che dice le cose come stanno, non che si vorrebbero sentire. Quella che riporta all'ordine, quella che fa riflettere quando tutto vuoi, tranne che guardarti dentro. Sì perché scrutarsi dentro fa male. È più facile proiettare e criticare, ma guai portare il sedere fuori dalla propria comfort zone, guai buttar l'occhio oltre la siepe. E poi diciamolo, si dice che l'erba del vicino è sempre più verde, ma poi, fiori come il nostro giardino, non li ha nessuno.
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palmiz · 1 year
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...
"Prima furono gli orsi, perché la gente ormai aveva paura di passeggiare liberamente nei boschi.
Poi furono i lupi, perché è notorio che i lupi mangiano i bambini, oltre al vostro amatissimo cane.
A seguire sterminarono i cinghiali, che sono grossi e pericolosissimi, e se ne prendi uno con la macchina ciao, tu la macchina e il cinghiale (ma del cinghiale chissenefrega).
Poi venne il turno delle vipere, perché è ingiusto che non si possa fare un picnic in santa pace senza essere morsi. Però, per essere sicuri sicuri, non uccisero solo quelle, ma proprio tutti i serpenti, perché comunque fanno schifo, e nessuno ne avrebbe sentito la mancanza.
Quindi uccisero i cervi, che erano sì carini, ma con quei palchi si sa mai, è un attimo che ti sventrano se gli gira male. E uno che fa motocross tranquillo nel bosco non può pensare pure ai cervi, santo cielo.
Poi toccò a volpi e faine, perché beh, c'è il discorso della rabbia...
Ammazzarono quindi tutti i tassi, i ricci e gli scoiattoli, perché sono sporchi e portano malattie.
Fu poi il turno di vespe ed api, con quei pungiglioni cattivi, delle zecche fetentissime, e dei ragni, perché "mio cuggino mi ha detto che c'è il ragno violino che ti morde e muori".
Poi un giorno si accorsero che sui monti c'era il pericolo dei fulmini: e così coprirono tutti i boschi con reti metalliche, per prevenire che qualche turista ne fosse colpito a morte mentre si godeva il fresco del temporale, che è un diritto riconosciuto anche dall'ONU. Mettere le reti non fu nemmeno troppo complicato, tanto gli uccelli li avevano già ammazzati tutti da tempo, perché avevano quella mania di cagare dove capita, e non è asettico per niente.
E gli alberi? Via tutti quelli troppo alti e pericolosi, quelli con pollini potenzialmente mortali per gli allergici, quelli con le spine, e già che ci siamo pure quelli brutti e storti, che anche l'occhio vuole la sua parte.
Chiusero poi tutte le sorgenti, perché l'acqua non era stata analizzata e poteva contenere dei patogeni, e sistemarono bene massi e sassi, per prevenire frane e slogature.
Ovunque misero cartelli: "non gettatevi dai burroni". Siccome però la gente continuava a cadere nei burroni, perché non si può fare un selfie senza sporgersi per bene, decisero di livellare tutto con grandi ruspe, e chiudere così la questione. Al posto dei burroni veri misero dei poster, e dietro i poster dei chioschetti per fare l'aperitivo prima di riprendere la strada per la città, con un grande orso di plastica all'ingresso, così che la gente potesse ricordarsi che cos'era la vera natura, e magari fare due foto.
E fu così che alla fine nel bosco rimase solo una specie: l'uomo, che finalmente si sentiva sicuro.
Ma il bosco, non era più un bosco da molto tempo."
(Dedicato a Jj4) di Elena Baruzzi
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autolesionistra · 2 years
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Caro diario, venerdì scorso sono stato a suonare ad un centro anziani (perché mi piacciono le vite spericolate, di quelle vite fatte così). Mentre smontavo armi e ritagli (cit.) mi si avvicina un vecchino di quelli modello vintage con giacca oversize, opacità corneale e la mano tesa per stringertela prima ancora di aprire bocca.
Sa, suonavo anch'io una volta. e mentre pensavo di imbarcarmi in due chiacchiere di circostanza sono finito in realtà in una traversata atlantica di emozioni.
Suonavo la chitarra, ma la musica non la conoscevo proprio e il direttore che era un clarinettista bravo ma molto severo mi prende da parte e mi dice, senti, tu basta che fai gli accordi giusti e vai a tempo e va benissimo così, e io quello facevo. Sul genere musicale suonato resta un'alone di mistero, mi ha risposto "musica da ballo" e io stavo per dirgli che nella mia testa è un genere che va dalla pizzica ai prodigy ma si faceva un po' fatica a spostare il fiume della conversazione, perché a quel punto eravamo già passati al fatto che lui suonava per arrotondare (con un clarinettista che era davvero molto severo), perché di giorno faceva il ragioniere al mulino di Cento, e sa quanto macinavamo? ottanta tonnellate al giorno [o qualcosa del genere] e le farine le so tutte, c’è la triplo zero, la doppio zero [...] la due, poi c'è quella integrale poi si va ai sottoprodotti che vengono dati agli animali, però non erano mica uguali da vendere, sa da quant'era la marca da bollo sulle fatture per le farine alimentari? duemila lire! ma quella per le farine da animali no, era più bassa. Poi mi sono perso un attimo a notare il contrabbassista e mia sorella che qualche metro dietro di lui mi guardavano con un misto di aria perculatoria e "se ti vuoi sganciare fingiamo un malore" ma tutto sommato andava bene così.
Solo che poi la storia ha preso una piega triste perché sa, mi ha portato qui mio figlio, per distrarmi, mia moglie è morta una quindicina di giorni fa, poi è tornato a parlare di Cento, poi del comodino con la foto della moglie perché sa, mia moglie non c’è più, credo da una quindicina di giorni, e per noi cristiani la croce è un bel simbolo però quando la guardo di fianco alla foto di mia moglie sto tanto male e gli era venuto l'occhio lucido, e io al di là di qualche frase di circostanza davvero non sapevo che dirgli perché sopravvivere alla persona con cui campi ⅚ della tua vita è uno di quei dolori che cosa vuoi dirgli, puoi solo toglierti il cappello in silenzio, e me l’ero già tolto. Improvvisamente si è riavuto, è tornato sereno e sì sono qui con mio figlio, mi ha portato qui per distrarmi, domani vado a pranzo dall’altro mio figlio. Con un sorriso a trentadue denti aggiunge sa, ho quattro nipoti  facendo un quattro con la mano che ondeggiava un poco.
Ci siamo salutati, poi ho incrociato il figlio che anche lui è un gran bel personaggio e ho finito di smontare cose.
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Disperato erotico stomp!
Disperato. capitolo 1.
Per Marcello, la disperazione è un sentimento da evitare, l'emotività che ne consegue, è alienante al punto tale da farlo sentire fisicamente male. Quando ci si è trovato di fronte, si è lasciato colpire. Succede, di non essere pronti. Succede, di non saper recitare la parte del cavaliere indomito e coraggioso. È successo anche a lui, di fronte all'amore. Si lasciava legare, e si accertava che il nodo fosse ben stretto ma, quando quel nodo veniva sciolto, violentemente slegato non per suo volere, era immediato smarrimento. Vuoto attorno.
" Ho sentito sofferenza. In quale altro modo si sente la passione?"
Si interrogava, su come chi amava avrebbe potuto vivere senza la sua protezione, come l'occhio di qualcun'atro avrebbe potuto essere così attento, se non fosse stato il suo.
"Lungamente Eros mi ha guardato coi suoi occhi lunghi, in me è solitudine e io nel mio letto resto sola...". "Saffo".
Appunto.
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Erotico. capitolo 2
L'eros, il motore. Marcello di passioni si nutriva, chi non lo farebbe?! A lui, di "eros" gliene hanno attribuito molto. Il connubio visivo di un gesto da seduttore navigato, le "conquiste", e di nuovo, le etichette da sconfiggere fanno la somma. Suo malgrado, erotico, lo era innatamente, a suo modo. Senza esserlo in modo disturbante, tanto da "star simpatico" anche agli uomini, mentre le loro donne sognavano. Eroticamente innocente, quasi in modo "femminile", da rasentare una certa delicata e non sfacciata "ambiguità". Nonostante la stereotipia, la giacca scura, le spalle larghe, la camminata sicura, lo sguardo seduttivo indossato apposta per l'occasione, era delicato. Erotico, per lui, era tutto ciò che precedeva l'atto, il momento. Erotica era l'intelligenza della sua donna.
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Stomp. Capitolo 3.
"Smick, Smack, smick Smack", lo vedi giocare mentre si parla di sesso. In ogni film che toccava l'argomento, l'ironia era la chiave vincente. L'apoteosi dell'ironia si fa sequenza in " Città delle donne" di Federico Fellini, il vecchio Snáporaz, si ritrova nel tempio di "Sante Cazzonius", dove si fa strada tra un cimitero di orgasmi e donne di tutti i tipi. Marcello asseconda il percorso, si intimidisce, ma curioso alimenta il suo voyeurismo sull'argomento. Quasi, non fosse altro, che una parabola della sua vita privata. In molti si sono messi in cattedra per approfondire la materia e a domanda, rispondeva sempre geniale con ironia, e Fellini, suo complice se ne veicolava. In realtà lo facevano entrambi. Sgulp! E il curiosone era additato, tutti i riflettori erano sulla sua malizia.
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der-papero · 1 year
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Controllando i nuovi concerti in programma, mi è caduto l'occhio su una data di Eros Ramazzotti qui in Teteschia.
Quello è un momento dove si concentrerà la parte di questo paese che proprio più odio nel profondo, ma di un odio proprio cattivo e feroce (non vi dico quali scenari mi stanno passando in questo momento per la testa, altrimenti va a farsi benedire quel poco di stima che ho, ammesso che esista):
il tedesco che ti dice "aaaaahhh che bella l'Italia, la conosco benissimo! - ah sì? dove sei stato? - A Piazza San Marco e a Piazza di Spagna - Mavafammoccamamm't", e poi lui ti fa una carbonara prosciutto cotto e panna che è proprio quella di Trastevere, perché lui l'ha mangiata una volta (ammesso che non l'abbiano truffato, cosa molto possibile) e ha capito tutti gli ingredienti e la ricetta, roba che Cracco sei un kebabbaro
l'italiano-quello-integrato, che ascolta Eros perché "sono un italiano vero" (sì, quello è un altro, ma tanto non sa più la differenza tra Cristina D'Avena ed Elisa) e quindi tricolore-a-go-go e mano sul cuore, però intanto va a magnare a pranzo da quello di prima, che si chiama Wolfgang e ha aperto un locale "Bella Capri", che di italiano ha giusto un souvenir che ha pagato 30 euro da un venditore ambulante a Piazza del Popolo, e poi ha pure il coraggio di dirti "guarda che lì si mangia benissimo!", ma tu devi schiattare e anche male
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Ricordo ancora quelle parole:
"To rimang o Kinder Bueno".
L'ultimo pezzettino era sempre il mio e io facevo lo stesso con te.
Abbiamo condiviso quei due anni tra i banchi di scuola in una classe che sembra volesse sempre escluderci perché stavamo sempre con un gruppo di persone che erano sempre guardati male solo perché erano quelli che facevano casino e venivano ripresi dai professori,perché ci passavano le sigarette sotto i banchi e ce le condividevamo nei bagni parlando delle nostre vite che erano un miscuglio di "problemi" e cose belle,abbiamo sempre avuto quello che si potrebbe definire lo stare bene con qualcuno.Eravamo sempre sotto l'occhio vigile perché stavamo all'ultimo banco e facevamo di tutto pur di evadere da quelle lezioni che erano il nostro ultimo pensiero,non eravamo i primi della classe ma di sicuro un 8 in diritto e un 7 in letteratura non ce li tilogleva mai nessuno tanto che eravamo sempre "salvati" dalla professoressa e del professore che facevano di tutto per farci "amare" dagli altri professori.
Eravamo un incastro di due anime che combaciano,un incastro di due ragazzi di 17 anni che avevano tante paure,tanti dubbi e nessuno sembrava capirci.
Il nostro modo per annientare tutto era rinchiudere tutto dietro la porta di quel bagno quasi dimenticato e soffocare nel fumo di una sigaretta che si consumava a volte anche tra le lacrime per i segreti che mi e ti condividevo.
Quel momento di condivisione veniva sempre concluso con quel Kinder Bueno che era il nostro dire:
"Si vu parl io stogn ca".
-la ragazza dal cuore nero♡
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gcorvetti · 1 year
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Essere o non essere?
Mi sono guardato la schiena allo specchio e confermo che sembro essere stato assalito da una piovra gigante, perché ieri la massaggiatrice ha, oltre a strizzarmi a dovere, usato quelle ventose in plastica morbida che lasciano succhiottoni appunto da piovra. Dopo il massaggio sono andato a pranzo con la piccoletta e come al solito chiacchere e risate random, poi le ho chiesto se la noia che mi portano i miei brani quando li suono, non so se è proprio noia ma chiamiamola così, sia un qualche segnale? Risposta, si, dice che il mio percorso di studi degli ultimi anni mi ha portato fuori da quello che è il mio ambito musicale, che sia il blues o il progressive, la musica classica o la composizione, e mi ha detto di lanciarmi in quello che sento di più sia vicino al modo in cui voglio esprimermi. Le amicizie quelle belle, in realtà pensandoci è vero, l'ho scritto anche ieri mi pare, che sono stufo di fare quei brani non solo perché sono datati ma anche perché dentro di me è nato qualcosa che va oltre, che esce dalla confort zone musicale. John Cage docet "La musica è in continua evoluzione", parte di una frase che ho scolpita nella mente oramai.
Ho letto oggi un articolo interessante che mi ha catturato per il titolo, un pò lungo e un pò bla bla, però ha degli spunti di riflessione niente male, come il fatto di sdoppiarsi in ambiti diversi, come la vita reale e quella online, speravo fosse più approfondito sull'argomento di come ci percepiscono gli altri, ma l'articolo in realtà parla di altro. Però l'aspetto di come ci vedono gli altri in rapporto a come siamo è uno dei punti salienti della nostra vita, soprattutto adesso che i social danno una versione di noi distorta basta una foto o un post o anche un commento per essere fraintesi, per dare al prossimo una visione di noi completamente irreale, come nell'articolo, si crea un doppio, avvolte voluto ma spesso no, almeno per quanto mi riguarda. Ho sempre pensato tra me e me che le persone non hanno la voglia di approfondire la conoscenza del prossimo, non solo la mia, e che non hanno neanche, spesso per niente, l'occhio per i dettagli, la dico così anche perché non mi viene una terminologia adatta, mi spiego : a me capita di capire, anche se non profondamente, una persona dalle azioni che fa, da quello che dice e dai suoi comportamenti sia nei miei confronti che nei confronti degli altri, diciamo che in un certo senso profilo le persone, più che altro per capire con chi ho a che fare, ma la decodifica spesso è difficile proprio perché quella persona non si mostra per quello che è ma è un suo doppio, un carattere che recita, in certi casi molto bene.
Questo lo lego alla falsità che ci circonda giornalmente, al politically correct degli ultimi anni, anche se mi sono reso conto di questo già dagli anni 90. Penso che nella seconda metà degli anni 90 sia iniziato tutto quello che oggi abbiamo di più squallido, quando ancora i social non esistevano dato molto importante, ricordo per esempio un tizio che veniva ai concerti e quando scendevi dal palco ti veniva incontro con un sorrisino ebete e ti dava gratuitamente palate di merda, tipo "Hai fatto schifo proprio sta sera", oppure "Ma perché suoni se non sai suonare?", al che un giorno ha preso mazzate da una band di metallari, ben gli sta, ma quello stesso tizio, che oggi etichettiamo come hater, e che quando ho visto suonare ho capito il perché del suo comportamento ostile, tutta invidia, era il prototipo di tutte quelle persone che oggi dietro una tastiera (quindi rischio di pestaggio zero) si permettono di insultare il prossimo, spesso per il gusto di farlo, si anche un pò bulletti ma sempre e rigorosamente da remoto.
Discorso complessissimo mattutino, quanto me piacciono i pipponi, ma che si allaccia sempre al mio percorso di vita, alle mie scelte di diventare mio malgrado un musicista propenso all'arte che come tale guarda la società con la sua lente d'ingrandimento per scrutarne le venature più profonde. Eccovi l'articolo se siete curiosi come me.
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rosaleona · 2 years
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"Quando l'allenatrice si metteva gli anelli i ceffoni facevano ancora più male", ora a tremare è la ginnastica artistica
Ma fatemi capire.
Quando a scuola un insegnante rimprovera un allievo perché fa il bullo con i compagni o gli dice di uscire di classe perché schiamazza, fa casino e impedisce lo svolgimento della lezione, il giorno dopo trova i genitori del maleducato minore ad aspettarlo fuori da scuola che lo minacciano di denuncia perché "ha traumatizzato il loro tesoruccio che non ha fatto niente di male" (magari aveva cercato di infilzare l'occhio di un compagno con una matita appuntata ma, si sa, "è uno scherzo, è giovane, non può essere così severo!") oppure lo menano direttamente.
Qui abbiamo allenatrici che per decenni hanno insultato delle minorenni ree di pesare solo pochi etti in più, le hanno picchiate, ridotte alla fame e ancora lavorano, senza subire denunce né trovare genitori che le attendono fuori dalla palestra per menarle?
Sinceramente, mi girano i ...
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danilacobain · 2 years
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Selvatica - 3. Gattina selvatica
Corinna era un fascio di nervi.
Perché Antonio aveva cambiato idea? Le aveva dato tre settimane di tempo per restituirgli il denaro e queste non erano ancora scadute. Non riusciva a tenere a bada l'agitazione, stringeva forte le mani, si martoriava il labbro inferiore. Il fatto che fosse in macchina con uno sconosciuto e stesse andando a cena con degli sconosciuti non aiutava a placare la sua ansia. Per di più il ragazzo che aveva di fianco era un calciatore della serie A. Del Milan, addirittura. Non seguiva il calcio, non conosceva Ante, ma sapeva che il Milan era una squadra blasonata, una squadra importante.
Non osò spostare lo sguardo nella sua direzione. Era già tutto così imbarazzante. Sarebbe potuta tornare a casa, ma aveva troppa paura che Rocco fosse lì ad aspettarla.
Ante parcheggiò davanti a un ristorante dall'aria molto elegante. Corinna spostò lo sguardo sul suo abbigliamento, sentendosi improvvisamente a disagio. Non era vestita elegante ma neanche troppo male. Anche Ante per fortuna aveva un abbigliamento informale: un jeans, una maglia blu scuro e un cappotto che arrivava fin sopra alle ginocchia. Ai piedi, delle scarpe sportive.
Davanti alla porta del locale le sorrise. «Sei nervosa?»
«Un po'», ammise. E la cena era solo una parte insignificante di quel nervosismo.
La indicò con l'indice e aggrottò la fronte. «Corinna, giusto?»
Lei chiuse gli occhi per un istante. «Dio, sarà un disastro.»
«Devi solo fingere di conoscermi e cercare di goderti la cena.»
Aprì la porta, lasciandola entrare per prima. Corinna si guardò intorno, sentendosi subito avvolta dal tepore della sala. Il locale era molto bello, simile nei colori a quello dove lavorava lei nei fine settimana. Sale ampie, lampadari bassi di cristallo a forma circolare, tavoli in legno scuro con tovaglie color crema e divani semicircolari al posto delle sedie. Un cameriere si avvicinò a Ante.
«Signor Rebić, da questa parte, prego.»
«Te lo avevo detto che ero in ritardo» sussurrò all'orecchio di Corinna, facendola sorridere.
C'erano tre uomini seduti al tavolo dove li condusse il cameriere. Uno di questi si alzò. Poteva avere all'incirca quaranta anni, completo elegante e capelli leggermente brizzolati ai lati delle tempie. «Signori, ecco Ante.» Gli occhi scuri osservarono Corinna con curiosità quando si rese conto che stava insieme al ragazzo.
Ante strinse un paio di mani. «Buonasera. Scusate il ritardo ma ho avuto un piccolo contrattempo. Lei è la mia amica Corinna, spero non vi dispiaccia se stasera cena con noi.»
«Affatto.»
A parlare era stato un signore dalle folte sopracciglia bianche e sparuti capelli dello stesso colore, un viso pieno e ben rasato, ad eccezione di un paio di baffi brizzolati. Si alzò e fece segno a Corinna di accomodarsi accanto a lui. Lo sguardo che le fece scivolare su tutto il corpo la fece rabbrividire un poco ma si sedette, dopo aver ricevuto un sorriso di incoraggiamento da parte di Ante.
L'uomo a capotavola si rivolse al calciatore. «Allora Rebić, come va? Siete in un buon momento con la squadra.»
Il ragazzo si accomodò di fronte a Corinna. «È un buon momento. Stiamo bene, siamo carichi.»
L'uomo sorrise. «Vengo subito al sodo. La nostra è una nuova linea di abbigliamento per giovani ragazzi, accattivante, moderna.»
«Sei la sua nuova ragazza?» L'altro di fianco a lei si era avvicinato e le aveva parlato accanto all'orecchio.
Corinna avvertì l'odore forte del dopobarba e un impulso a scappare. Alzò lo sguardo su di lui, i suoi occhi erano simili a quelli di un rapace. «No. Sono una sua amica.»
«Mi chiamo Fabrizio.»
«Corinna.»
«Tu hai un viso conosciuto. Fai la ragazza immagine in qualche locale, per caso?»
Corinna si allontanò un poco. Fabrizio era troppo vicino per i suoi gusti, riusciva a sentire il suo calore e questo le faceva accapponare la pelle. «No. Lavoro in un negozio di intimo.»
«Però è un peccato... con un visino delicato come il tuo...» le strizzò l'occhio.
Doveva solo restare calma, estraniarsi, cercare di non reagire a quella provocazione. Fabrizio stava mettendo a dura prova il suo autocontrollo, l'aveva scambiata per una escort, lo aveva capito subito. Purtroppo non poteva andare via. Ante le aveva offerto un'occasione per liberarsi di Rocco e in quel momento aveva da fare, doveva parlare di contratti, di soldi. Lei doveva solo sperare che tutto si concludesse nel più breve tempo possibile.
«Da quanto tempo conosci Ante?»
«Da un po'. È la mia consulente per le opere d'arte.»
Corinna spostò lo sguardo su Ante e sorrise, sorpresa che stesse ascoltando lei e Fabrizio e non i due uomini che parlavano di cose che lo riguardavano. Anche Ante le sorrise, aveva l'aria di uno che si stava annoiando parecchio.
«Ah, ti occupi d'arte?» Fabrizio sembrava molto colpito.
«Sono ancora all'università. A Ante piace scherzare su questa cosa.»
Si sporse sul tavolo per prendere l'acqua, ma Fabrizio l'anticipò, riempiendole il bicchiere. Strinse il bicchiere tra le dita e lo portò alle labbra.
Di fronte a lei, Ante continuava a fissarla. I suoi occhi chiari erano indecifrabili, non capiva se le volesse dire qualcosa, forse le stava intimando di stare in silenzio. Non era certo lei quella a cui andava di fare conversazione. Il suo agente le scoccò un'occhiataccia e si avvicinò al suo orecchio. Corinna cercò di leggere il labiale.
«Chi è questa ragazza? Non l'ho mai vista.»
«Tu non ti preoccupare», tagliò corto lui.
Intanto sul tavolo erano comparsi dei raccoglitori ad anelli e l'uomo a capotavola li passò al calciatore.
Fabrizio guadagnò centimetri e poggiò la mano sul divanetto, molto vicino alla sua gamba. Lei si spostò di poco verso il lato esterno della seduta, ma avvertì ugualmente le dita di lui sfiorarle calze. Corinna rabbrividì. Non aveva più spazio per spostarsi ancora. Gli scoccò un'occhiata furente, con tutta l'intenzione di fargli capire che era arrivato il momento di smetterla. Lei non stava affatto gradendo. Fabrizio curvò le labbra in un sorriso viscido, poi posò la mano sulla gamba di Corinna. Scattò in piedi come una molla e prima ancora di pensare alle conseguenze del gesto che stava per compiere, svuotò il contenuto del bicchiere in faccia a Fabrizio.
«Porco!» esclamo, catalizzando l'attenzione di tutto il locale su di loro.
«Ma che cazzo succede?» Ante spostò lo sguardo da lei a Fabrizio.
«Mi ha messo le mani addosso.»
Ante rivolse a Fabrizio uno sguardo che avrebbe incenerito chiunque. Il petto di Corinna si alzava e abbassava velocemente e le tremavano le mani e le gambe.
Fabrizio ridacchiò, asciugandosi il volto con il tovagliolo. Era infastidito ma tentava di mascherarlo con un atteggiamento rilassato. «Andiamo, pensavo che l'avessi portata per farci divertire...»
«Come?» Ante aggrottò la fronte, poi guardò il suo agente e scosse la testa. Si mise in piedi e afferrò la mano di Corinna. «Ce ne andiamo.»
«Ante. Ante, per favore.» Il suo agente protese le mani verso di lui, nel tentativo di farlo ragionare.
Corinna fece giusto in tempo ad agguantare il cappotto prima di venire trascinata via dal ragazzo. La presa sulla sua mano era salda e in un certo senso rassicurante. Sgusciarono veloci tra i tavoli, seguiti da sguardi curiosi e bisbiglii.
Fuori, lui le lasciò subito la mano. camminò a grandi passi verso la macchina, poi si voltò di scatto.
«Che cazzo ti è preso? Ti avevo detto di startene buona... adesso è andato tutto a puttane.»
Corinna si irrigidì. Lo guardò dritto negli occhi, senza lasciarsi intimorire. Come osava dirle che avrebbe dovuto starsene buona? «Quindi che avrei dovuto fare? Lasciare che quell'uomo mi toccasse senza dire nulla?»
Ante strinse i denti, scrutandola con i suoi occhi azzurro ghiaccio, impenetrabili e duri. «No.»
Si passò una mano tremante tra i capelli. Forse aveva combinato un disastro e per Ante la situazione si era messa male. Piena di imbarazzo, fece un sospiro e abbassò lo sguardo. Il corpo del ragazzo rimaneva immobile davanti a lei, era chiaro che stava cercando di mantenere la calma. «Senti, scusami. Vai dentro e sistema le cose, io torno a casa. Grazie di tutto.»
Si incamminò, voltandogli le spalle e attraversando in fretta la strada. Aveva la sensazione che sarebbe scoppiata a piangere da un momento all'altro. L'aria fredda le sferzava il viso, facendola rabbrividire. Si strinse nel cappotto, accelerando il passo. Che diavolo aveva pensato di fare andando a quella cena con perfetti sconosciuti? Ante era stato gentile con lei, ma restava uno sconosciuto a cui aveva appena rovinato una cena di lavoro. Perché doveva essere sempre così ingenua e avventata? Non le era bastata la lezione di Antonio? Il ricordo dell'uomo le provocò una stretta dolorosa allo stomaco.
Doveva liberarsi di lui il prima possibile, doveva...
«Corinna, dai, aspetta.»
La voce di Ante la raggiunse. Si girò di scatto e se lo ritrovò di fronte. Per la prima volta si rese conto di quanto fosse alto. Gli occhi chiari scintillavano nell'oscurità della sera, più calmi rispetto a qualche minuto prima. Infilò le mani nelle tasche, stringendosi nel cappotto.
«Ti accompagno io a casa.»
Lei scosse energicamente la testa. «No. Torna alla tua cena.»
Lui scoppiò a ridere. Il suo sorriso gli illuminò il volto. «Sei una gattina selvatica, lo sai? Gli hai lanciato l'acqua in faccia!»
Corinna sospirò, almeno lui riusciva a ridere. «Ho fatto un casino, vero?»
«Sì, ma domani sistemo tutto. Ora andiamo.»
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cinquecolonnemagazine · 6 months
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Germania in rosa: la polemica sulla nuova maglia della nazionale
La nuova maglia rosa della nazionale di calcio tedesca ha scatenato un vespaio di polemiche in tutta la Germania. Presentata la settimana scorsa, la divisa da trasferta per gli Europei 2024 ha acceso un acceso dibattito, con posizioni diametralmente opposte. La scelta di Adidas e DFB La maglia, frutto della collaborazione tra Adidas e la Federcalcio tedesca (DFB), si presenta con un gradiente che sfuma dal rosa al viola. La scelta di un colore così inusuale per la nazionale tedesca, tradizionalmente associata al bianco e al nero, ha l'obiettivo di essere moderna e accattivante, strizzando l'occhio alle nuove generazioni. Le critiche Le critiche non si sono fatte attendere. Molti tifosi tedeschi hanno bocciato la maglia, definendola "femminile", "non adatta al calcio" e addirittura "un insulto alla tradizione". Sui social media, l'hashtag #NoToPinkJersey è diventato virale, con meme e commenti ironici e sarcastici. La difesa di Adidas e DFB Adidas e DFB hanno difeso la loro scelta, sottolineando che il calcio è uno sport per tutti e che il rosa non è un colore "di genere". La Federcalcio ha inoltre lanciato un video con alcune leggende del calcio tedesco, come Franz Beckenbauer e Lothar Matthäus, che indossano la maglia rosa con orgoglio. La polemica sulla maglia rosa della Germania ha acceso un dibattito che va oltre il calcio. Si tratta di un tema che tocca questioni di genere, mascolinità tossica e marketing sportivo. https://twitter.com/dw_sports/status/1769319116186304733 Germania e maglia rosa: sostenitori e polemiche I sostenitori della maglia rosa la vedono come un passo avanti verso un calcio più inclusivo e aperto a tutti. Sottolineano che il rosa non è un colore "femminile" e che non c'è nulla di male nel indossarlo, anche per un uomo. I critici della maglia rosa la considerano un'offesa alla tradizione e un esempio di "pinkwashing", ovvero di marketing che sfrutta la causa LGBTQ+ per migliorare l'immagine aziendale. Inoltre, alcuni sostengono che la maglia non sia né bella né elegante. Foto di kytalpa da Pixabay Read the full article
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bergamorisvegliata · 6 months
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da "UN CORSO IN MIRACOLI SEMPLICE" -di Leyla Tommasi-
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"Il mondo dell' ego e' costruito sulle lamentele. Crede che lamentarsi voglia dire vincere,mentre e'proprio il contrario. L'occhio spirituale guarda attraverso lenti diverse. Vede tutto come motivo di gratitudine, la strada piu' breve al successo e alla realizzazione. La resistenza non e' qualcosa che ti accade. E' qualcosa che scegli perche' credi di averne un vantaggio. Quando il vantaggio che percepisci nello STAR BENE e' maggiore di quello che percepisci nello star male, potrai raggiungere la pace interiore" ( da Un corso in miracoli semplice).
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Io sono stata per lunghi anni tutte queste cose.🤷‍♀️ Lo so bene come si fa a vivere in guerra con la vita, in opposizione, in costante vittimismo e lamentela: non fai altro che attrarre un disastro dopo l' altro, nuovi motivi per essere arrabbiata delusa, triste, depressa, o malata…. Quando invece decidi di arrenderti alla saggezza della Vita e a fidarti, quando sei grata nonostante ti trovi in mezzo a difficolta'…ecco che succedono i miracoli e inizia a cambiare la linea del destino ,come dice Vadim Zeland. Se fluisco e ringrazio, divento una calamita che attira solo cose belle e ,cavolo, quando sperimenti un benessere interiore grazie ad una nuova visione spirituale dell' esistenza, sarebbe da pazzi tornare indietro! 🙌❤️ La Pace e la Gioia di vivere sono troppo importanti per me!
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Ma come cavolo ho fatto a sprecare 45 anni della mia vita nella rabbia e nella tristezza? Qualcuno adesso potrebbe obiettare che sono discorsi facili per chi vive e gli va tutto bene… No non funziona cosi'. Io ho vissuto delle tragedie e dei traumi fin da bambina piccola che mi hanno segnato l' esistenza e che non auguro a nessuno. E poi altri drammi veri anche da adulta…. Qualcuno che conosce la mia storia mi ha detto: tu sei una sopravvissuta! 🤷‍♀️ Ma la bella notizia e' che ci si puo' affrancare da tutto cio'. Noi non siamo quello che ci e' successo. Noi non siamo nemmeno le malattie che abbiamo. Niente dura per sempre, e quindi nemmeno le cose brutte. Sta a noi scegliere come reagire agli eventi e questo cambia letteralmente il futuro che avremo. La vita che vivo oggi e' il risultato dei pensieri che ho fatto ieri poiche' i pensieri sono creanti, creano la mia realta'…. In questo modo posso decidere da sola se la mia vita sara' un Paradiso o un inferno.. Io scelgo di avere fede qualsiasi cosa succede…
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Avere fede per me non significa credere ciecamente a preti o guru spirituali di qualsiasi specie, o seguire una pratica religiosa….Ci puo' essere anche quella ( la pratica) ma conosco gente che va in chiesa ogni giorno ed e' depressa ugualmente… Avere fede per me significa riconoscere e sentire nel profondo di me stessa l' appartenenza ad una verita' che mi trascende, sentirmi figlia della Vita, la Fonte, Dio, Universo o come vi piace chiamarlo, e in quanto figlia poiche' creata, sentirmi sostenuta in ogni istante da una forza inesauribile che e' l' essenza di quello che io chiamo Dio: L' AMORE. ❤️
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Leyla ©️
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alberodelpensiero · 7 months
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1984 - L'occhio del male
Valore Culturale, Successo di Pubblico e dati editoriali “L’occhio del male” occupa una posizione unica nella bibliografia di King. Sebbene non sia tra i suoi lavori più famosi o celebrati, il romanzo ha ricevuto apprezzamenti per la sua intensa esplorazione dei temi della colpa e della redenzione e per la sua critica sociale. Il successo di pubblico è stato moderato rispetto ad altre opere di…
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stralcidivetta · 7 months
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La solitudine dello stambecco
Non ho mai tratto soddisfazione dalle compagnie. Anche in mezzo a molte persone sono sempre stato più comodo nel mio spazio. Ne ho tratto forza e concentrazione per arrivare dove volevo o allontanarmi da ciò che non volevo.
La natura è stata per me un enorme campo di gioco. Posso esprimermi al meglio senza timore o alcun compromesso. E' vera ed intima.
Da bambino passavo ore, ovunque. Su un albero o per i prati alpini. I sassi, il torrente, le trote e i miei piedi immersi. C'era un gran silenzio. Dentro c'era un gran casino.
Il senso di inadeguatezza era frutto della violenza. Quella che vorresti evitare ma devi per forza esserne vittima. Qualcun altro stava male e tu eri solo sulla sua strada, purtroppo. Ad 8 anni lo vidi in tutto il suo malessere. L'ho vissuto sulla mia pelle. Non sono bastate le lacrime a fermarlo. E non quelle silenziose ma quelle a singhiozzo. E' così è andata, nessuno potrà cambiarlo mai.
Se il rumore era troppo allora uscivo. Saltavo dal balcone dritto nel canneto di bamboo e su verso il bosco. La sotto l'occhio vigile della Grona ero al sicuro. Li le ferite si curavano col vento. I lividi venivano accarezzati dai prati. Tutto tornava in ordine.
Una volta all'anno per una settimana avevo una finestra di tempo dove evadere. Don Luca ci portava in montagna. Tutti noi ragazzi della piazza ( Morbegno ) senza neanche le scarpe giuste per l'ora di ginnastica a scuola andavamo in montagna.
Era la settimana più bella della mia vita. La notte prima ero insonne. Ricontrollavo mille volte lo zaino. Era rosso dell'invicta e aveva i buchi. Le spalline le avevo rimesse su con il nastro adesivo. Era di mia sorella e poi tocco a me. Rispetto a quelli che uso oggi era uno zaino molto diverso. Non vi erano dentro mezze corde, rinvii o pala artva e sonda. C'era il berretto, la borraccia, la bussola magnetica e il binocolo assieme ad un quadernetto e una matita faber castel.
La mattina della partenza correvo al bus. Partenza da via ferrante aporti. Non avevo molti amici. Parlavo poco. Avevo paura di ricevere altro male quando sarei stato scoperto. Con il pensiero salutavo mia mamma e mia sorella. Poi attendevo con ansia l'arrivo.
Una notte fummo portati in rifugio a dormire. Io non dormii. Sentivo oltre l'angolo della parete il vento. Andava e veniva con un ritmo costante,a volte più forte a volte meno forte. Come sulla grona.
Non aveva senso dormire. Scivolai piano giu dal letto a castello. Andando verso la porta del corridoio. Era tutto buio. Tutti dormivano. Riuscii ad uscire dalla porta principale passando per la zona mensa. Il chiarore della luna illuminava le foto di vecchi alpinisti in cordata e le guide negli scaffali. La stufa sbuffava le ultime scintille da un carbone ardente.
Infilati gli scarponi veloci ero fuori. Girando a sinistra c'era un enorme pietraia la risali di corsa. l'unica luce era quella della luna. Le pietre granitiche brilavano. Mi sentivo sulla luna. Alla fine della pietraia c'era un cumulo di neve. Probabilmente sopravvissuto grazie alla bassa esposizione del sole.
Feci un passo dentro e sprofondai. Decisi quindi di fermarmi su un sasso poco più avanti. Fu li in quel momento, illuminato dal chiarore della luna, forte ed in controllo sulla pietra davanti a me si mostrò lo stambecco.
Lo stambecco era solo fermo che paresse stesse ascoltando il vento. Il suo pelo che racchiudeva anni di vita, le sue zampe forti e pronte allo slancio e le corna alte. Era solo e nella sua solitudine aveva trovato la sua via in mezzo ai sassi. Nel freddo della notte. Era il re indiscusso della montagna e faceva di quei sassi il suo campo di gioco. Fino a poco prima erano solo sassi ora erano i sassi suoi quali lui poggiava. Perchè non importa la strada ma quello che sta nel cuore di chi la percorre.
In un lampo, saltò e corse velocissimo fino in fondo la pietraia per risalire sull'altro versante. Si fermò a guardarmi, forse infastidito ? non lo so ma schizzo via nel buio.
Era forse un niente. Ma la sua presenza la diceva lunga. La solitudine dello stambecco è quella che ti insegna a correre sui sassi per arrivare dove devi e non più a scappare. E' quella solitudine che nel buio della notte ti chiederà di essere paziente, di accettare la sofferenza ancora un pò. Ci sarà un altro giorno, forse peggiore o forse migliore. Non si sa con certezza. Ma per questo hai una pelliccia folta due corna dure e delle zampe veloci. Non ti occorre altro.
La vita può toglierti e darti tutto. Può farti sentire dalla stessa mano che ti ha accarezzato il dolore più estremo. Può farti sentire la fame e dopo la fame altra fame ancora senza fermarsi. Può continuare a farti cadere e lasciarti al freddo senza un senso ne una ragione vera. A volte ti va cosi e basta. Ti lascerà i lividi e gli incubi che non se ne andranno mai, perchè furono giorni di verità. Non andranno mai via sono la parte oscura di te. Però, è dentro il nostro cuore possiamo scegliere da che parte stare e credendoci fino in fondo senza mai arrendersi possiamo ritrovare la nostra serenità, quella che la violenza ha provato a toglierci. Quella che difenderemo sempre a costo di soffrire ancora .
Quella notte egli mi apparse per chiedermi di fare la mia, cosi scelsi e feci la mia promessa.
La promessa che qualunque sarebbe stata la notte avrei contato spòp sulle mie zampe, sulla pelliccia e sulle corna. Avrei trovato la mia via tra le rocce. Col tempo, senza fretta e solo, come lo stambecco.
Ora re indiscusso delle pietre. Libero dal male.
Grazie montagna.
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intimecollezioni · 11 months
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Pierre-Auguste Renoir, La colazione dei canottieri, databile al 1880
Parlando degli impressionisti:
"Lo scopo di quegli artisti era di rendere le figure inscindibili dallo sfondo, cosicché per apprezzare il quadro l'occhio deve abbracciarlo nel suo insieme, guardarlo della giusta distanza - questi sono gli ideali della nuova scuola. Una scuola che non ha assimilato un catechismo ottico, che disdegna le regole e le convenzioni pittoriche, sente ciò che vede e come lo vede, spontaneamente, bene o male, senza compromessi, commenti, verbosità. Avendo in orrore la banalità, cerca temi nuovi, si aggira dietro le quinte dei teatri, nei corridoi del bistrò, dei cabaret, persino dei più miseri varietà; la luce accecante di infime sale da ballo non turba i suoi esponenti, che se ne vanno in barca sulla senna e nei sobborghi parigini."
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enkeynetwork · 1 year
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lanotteemusica · 1 year
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i ricordi possono essere foto di un attimo sbiadito dal tempo
I ricordi sono ricordi
I ricordi sono poesie
I ricordi sono mille pagine di un libro mai scritto
I ricordi sono tempestosi
I ricordi sanno anche farti stare bene nelle giornate più buieee
i ricordi sono ciò che ci rendono diversi da tutti
i ricordi possono fare male , possono incastrarsi negli' occhi come un granello di sabbia che ti arrossa l'occhio e ti fa cadere una lacrima che va a confondersi dentro l'acqua del mare
i ricordi fanno parte di un passato che non potrà mai cancellare cio che siamo stati
ecco cosa sono i ricordi , parole di un libro chiuse in fondo al cuore
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