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#la città dei libri sognanti
diceriadelluntore · 2 years
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Storia Di Musica #263 - Neutral Milk Hotel, In The Aeroplane Over The Sea, 1998
Tra le storie che ho raccolto sul tema dei dischi ispirati a libri, questa è sicuramente la più particolare, anche per il titolo che ispirò un geniale musicista della Louisiana a cimentarsi in una cosa del genere. Siamo a fine anni ‘80, il grunge è pronto ad esplodere e esaurirà la sua potenza in pochi anni con la tragica uscita di scena di Kurt Cobain. A Ruston, una cittadina di 22 mila abitanti, un gruppo di ragazzi fonda una comune artistica con annessa etichetta discografica, la Elephant 6 seguendo tutt’altra linea ideale: sono Robert Schneider, Will Cullen Hart, Bill Doss e Jeff Mangum. Condividono l'attenzione per le registrazioni “casalinghe”, soprattutto le registrazioni su cassette, che portarono pochi anni prima alla nascita del lo-fi, la musica colta, la psichedelia degli anni ‘60. Provano a suonare insieme, il punk (come Maggot), il pop (come Cranberry Lifecycle e Synthetic Flying Machine) e decidono di spostarsi a Athens, in Georgia, città famosa nel rock per essere la città natale degli R.E.M. Il gruppo si divide: Hart e Doss continuano come Olivia Tremor Control, Schneider va a Denver, Mangum parte per una sorta di tour spirituale degli Stati Uniti con la chitarra e un registratore a 4 piste. Ripesca alcune canzone scritte verso la fine degli anni ‘80, quando era ancora alle superiori, che aveva intitolato Milk, e le sviluppa nel suo nuovo progetto, Neutral Milk Hotel, nome su cui ha sempre glissato dal dare spiegazioni. Si inizia con Everything Is, singolo del 1993, poi Mangum suona il basso per la band che Schneider fondò a Denver, Apples in Stereo. A questo punto succede una cosa particolare: gli Apples in Stereo volevano firmare con la SpinART Records e incontrarono il loro rappresentante legale, Brian McPherson, a Los Angeles: Mangum quel giorno indossava una maglietta della Shrimper Records, una giovanissima casa discografica che si stava specializzando sul nuovo cantautorato americano. McPherson venne a conoscenza che aveva scritto Everything Is, una canzone che aveva molto apprezzato, e finì per chiedere rappresentanza sia agli Apples In Stereo sia di Neutral Milk Hotel. Alcune copie di Everything Is e un'altra canzone Ruby-Bulbs vengono spedite ai fondatori della Merge Records Laura Ballance e Mac McCaughan, che subito proposero a Mangum un disco. On Avery Island esce nel Marzo del 1996, prodotto a Denver con Schneider che aveva costruito un piccolo studio di registrazione, i Pet Sound Studios. Caratterizzato dal suono grezzo e lo-fi, dai suoi testi immaginifici, criptici e sognanti, il disco viene ben accolto dalle riviste specializzate ma vende pochissimo, qualche migliaio di copie. Il contratto con la Merge prevede un secondo disco, e Mangum inizia a leggere moltissimo per trovare ispirazione. Si imbatte, per caso, ne Il Diario Di Anna Frank, e ne rimane scioccato: piange per tre giorni consecutivi, in preda a incubi su cosa la giovane ragazza avesse passato. Ne viene fuori la volontà di scriverne, e nel marzo del 1998 viene pubblicato In The Aeroplane Over The Sea, un disco che partendo da quella storia parla del disagio delle paure, dell’impossibilità di scappare (argomento che si rivelerà di lì a poco molto personale per lui). Sempre con Schneider a Denver, inizia a scrivere e provare: insieme a lui ci sono Jeremy Barnes alla batteria, Scott Spillane ai fiati e al dirigere una sezione archi e Julian Koster che, per precisa decisione di Mangum, suona strumenti stranissimi. Infatti verranno utilizzati, anche in modo del tutto originale, la sega musicale (una normale sega trapezoidale da falegname in acciaio che si suona con l’archetto del contrabbasso), le cornamuse irlandesi, lo zanzithophone (che è uno strumento digitale della Casio dalla forma a sassofono, che usava la tecnologia del Midi sound). A ciò, Mangum aggiunge una creatività originale, mischiando rock al folk, a mini cavalcate hard rock, a elementi elettronici con l’uso del “white noise processing”, in tutto con un’aria triste si, ma felicemente anarcoide. Si inizia con The King of Carrot Flowers, Pt. One e The King of Carrot Flowers, Pts. Two & Three, che sono due canzoni divise in tre parti, senza soluzioni di continuità, che si sviluppano l’una nell’altra a ritmi circolari, un primo gioiellino. In The Aeroplane Over The Sea ci sono questi versi: Anna's ghost all around\Hear her voice as it's rolling and ringing through me\Soft and sweet\How the notes all bend and reach above the trees. Two Headed Boy, che sembra una storia di Freaks, ha due parti, la seconda come chiusura del disco; il disco è composto anche da due stupendi strumentali, il doloroso andare di The Fool, con gli archi arrangiati da Scott Spillane a cui fa contrasto la verve da giga irlandese di (untitled), con la cornamusa in primissimo piano. Holland, 1945 che ascoltandola si capisce bene quante band ha ispirato, sempre ispirata al Diaro di Anna Franck, dice: And here's where your mother sleeps\And here is the room where your brothers were born\Indentions in the sheets\Where their bodies once moved but don't move anymore\And it's so sad to see the world agree\That they'd rather see their faces filled with flies\All when I'd want to keep white roses in their eyes, ed è quasi straniante il contrasto tra il testo e la musica con echi di festa mariachi soprattutto nei fiati e nel ritmo baldanzoso e power pop. Communist Daughter è una delicata ballata, che riflette sulla sessualità umana e sui confini morali che la società ha posto, metaforizzando su fascismo e comunismo, e poi altri due gioielli: Oh Comely, dolorosissima, dal testo misterioso che probabilmente parla di un incesto, per poi arrivare a Ghost, tratta dalla sua fobia che la sua casa fosse abitata da un fantasma, che immagina essere quello di una ragazza, “she was born in a bottle-rocket in 1929\With wings that ringed around a socket right between her spine\All drenched in milk and holy water pouring from the sky\I know that she will live forever, she won't ever die” altro chiaro riferimento a Anna Frank. La copertina dell'album è stata realizzata da Mangum in collaborazione con Chris Bilheimer, già staff designer dei R.E.M. ed è ricavata da un ritaglio di una vecchia cartolina proveniente dall'Europa con l'immagine di alcune persone che fanno il bagno in un resort, il viso principale viene sostituito con quello di un tamburello. Per promuovere il disco, che inizia a vendere pochissimo come il precedente nonostante anche stavolta le critiche siano molto positive, la band va in Tour. Tra concerti strampalati, cover di brani jazz che non vengono mai bene, un caos regnante in ogni esibizione, girano parte gli Stati Uniti e anche l’Europa. Nonostante tutto, la fama del gruppo cresce con il passaparola, e vengono sempre più sottolineate le caratteristiche uniche della musica di Mangum. Il quale però reagisce in maniera del tutto inaspettata: stanco di scialbe interviste e di spiegare i suoi testi (parole sue) si ritira in isolamento. Leggenda vuole che faccia scorta di riso per il baco del millennio Y2K, ma contrariamente alle sue intenzioni il suo intento non fa altro che aumentare ancora di più il piccolo culto per lui e per la band, che si scioglie nel frattempo per l’impossibilità di rintracciare il suo leader. Mentre intanto il disco inizia a vendere, viene recensito nuovamente a distanza di anni e in pratica finisce in tutte le classifiche come uno dei dischi più geniali del decennio. È il seme da cui nasceranno gli Arcade Fire e tutti i loro fratellini, che non hanno mai nascosto ammirazione per l’album, e rimane uno dei culti più privati della storia della musica, come disse un altro fan di Mangum, Kevin Barnes, che entrò dopo poco negli Elephant 6: adoro il modo in cui è diventato un album di culto per antonomasia, ampiamente amato e anche ampiamente sconosciuto, perchè rende facile credere che ci sia qualcosa di speciale tra te e il disco, che sia solo tuo, non importa quante persone lo amino.
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Is anyone from the Zamonia fandom still alive? I’ve loved Zamonia since elementary school but I hadn’t really thought of making fanart since, well, now! So there you have it, I hope someone’s here to see it.
I love Hildegunst and Homuncolossus’s every interactions! Dramatic Idiot Writer meets Dramatic Deranged Writer. 
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perpassareiltempo · 4 years
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Non importa come una storia comincia. E nemmeno come finisce… conta quel che succede in mezzo.
Walter Moers - La città dei libri sognanti
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gothclavdia · 7 years
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dovresti leggere il libri di Walter Moers! i più belli sono Le 13 vite e mezzo del capitano orso blu e La città dei libri sognanti. Sono dei libri fantasy ma un fantasy strano e molto divertente? Qualcosa come Asoue più o meno, e lui è uno dei miei scrittori preferiti
ooo promettono bene gli darò un’occhiata grazie!
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pleaseanotherbook · 7 years
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Di indirizzi, luoghi e altri incanti letterari
Sono una di quelle persone che resta attaccata ai luoghi, che resta vincolata all’idea di un posto in cui sono stata, in cui ho vissuto, in cui ho collezionato i ricordi. È come lasciare le briciole del proprio cuore in giro per il mondo, a sedimentare tra le mura, in mezzo all’erba, tra la sabbia di luoghi che non possono essere sepolti. Come le mie colline, quelle dolcissime del maceratese, che adesso me le ritrovo fuori dalla finestra. Che mi affaccio e mi ci perdo, in quel paesaggio che sfuma nel tramonto, con l’odore di cotolette che mi riempie le narici. E camminare per i vicoli, perdermi tra gli angoli di un borgo medievale che sarà casa anche quando ormai sono lontanissima dalle mura accoglienti che hanno accolto la mia adolescenza.
 Certi luoghi sono incastonati nelle corde emotive del nostro cuore, nei meandri indiscussi di ciò che ci ha formato e ci ha cresciuto. Una mia amica, una volta, mi aveva detto che l’indirizzo della casa in cui aveva vissuto in Erasmus sarebbe rimasto per sempre scolpito nel suo cervello, più di tanti altri. Prima di partire, mi sembrava impossibile. Ma quando sono tornata, a distanza di anni, ricordo quel Chaussée de Boondael 325 nel cuore dell’Ixelles a Bruxelles più di tante altre vie in cui abbia vissuto prima e in seguito. Quell’appartamento all’angolo, sopra un fruttivendolo che ci ha aiutato tantissimo ai tempi del trasloco alla fine dei sei mesi, a pochi passi da Boulevard Géneral Jacques, vicinissimo alla Libre de Bruxelles ci ha visto protagonisti di innumerevoli cene, di tante serate di studio, di docce rimandate e stanza condivisa e tanti ricordi, tante torte, tanti momenti che ancora oggi ricordo con nostalgia con i miei coinquilini e compagni di avventura. I sei mesi più indimenticabili della mia vita, tutti identificati in quel trilocale, condiviso con amici e conoscenti, con serate pizza piene di risate, una domenica mattina con chilate di gnocchi e una vita piena e soddisfacente. Tanto lavoro, con la mia protesi, Abaqus che non girava, essere rimase chiuse in università e grazie Sciarpetta per averci salvate.
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Dettaglio della Map of Literature contenuta nel libro: Vargic’s Miscellany of Curious Maps: Mapping out the Modern World
Perché è il contesto che in fondo rivoluziona tutta un’esperienza, che riassume gli avvenimenti salienti di una storia. Ed è per questo che reputo l’ambientazione fondamentale, che un luogo valga più di molte parole, che in effetti quelle città che sembrano apparire solo sullo sfondo sono le installazioni di un sogno, l’inizio di un’avventura. Luoghi tanto odiati, quanto amati. D’altronde chi non ricorda l’indirizzo dove Harry Potter ha trascorso i suoi primi undici anni, ignorando completamente chi fosse in realtà?
“Il signore e la signora Dursley, di Privet Drive numero 4, erano orgogliosi di poter affermare che erano perfettamente normali, e grazie tante. Erano le ultime persone al mondo da cui aspettarsi che avessero a che fare con cose strane o misteriose, perché sciocchezze del genere proprio non le approvavano.”
D’altronde la Londra della Rowling serba tantissime sorprese, basta arrivare sul retro del Paiolo Magico per sbucare in Diagon Alley e perdersi nei negozi di magia più indimenticabili di sempre. D’altronde nascondere così bene il magico nel reale è uno dei meriti della scrittrice più ricca del mondo. È talmente radicato il senso di appartenenza dei fan, che il 1 settembre 2017 i tabelloni degli orari dei treni della stazione ferroviaria di King’s Cross ha mostrato l’orario di partenza dell’Espresso per Hogwarts, quando ormai un’opera letteraria diventa parte non solo dell’immaginario collettivo, ma anche della quotidianità. Superare la barriera delle pagine e diventare mito è tanto complicato, quanto immediato.
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foto presa dal Messaggero
D’altronde se dico 221B Baker Street la prima cosa che verrà in mente è la residenza londinese dell’investigatore più famoso di tutti i tempi. Lo Sherlock Holmes di Doyle d’altronde aveva proprio bisogno di un tetto sulla testa, e diventa inevitabile girare per la città alla ricerca dei luoghi, delle immagini che restano nella testa durante la lettura.
 La Transilvania del Conte Dracula, descritta nel omonimo libro di Stoker, forse uno dei più celebri libri sul vampirismo, magari sarebbe rimasta del tutto trascurata, se non fosse stata scelta come dimora del più sanguinario comandante di un esercito. Per dire quanto sia evocativa la descrizione e la forza narratrice di uno scrittore, può diventare fonte di turismo per un intero popolo.
 Eppure resta importante la connotazione che diamo a certe situazioni ben definite, a quell’insospettabile città o nazione che emerge, imprescindibile da una narrazione ben congeniata. Cosa ne sarebbe stato di Jamie e Claire, senza il sentirsi Sassenach in una terra intrisa di misticismo come la Scozia? Outlander in fondo si nutre di un folcklore che la Gabaldon ha studiato e interiorizzato per ricostruire, con qualche imprecisione la vita delle fazioni scozzesi di uomini abituati a lottare per il proprio pezzo di terra. Di certo il castello di Leoch nel 1743 non era proprio un luogo sicuro. Ma è proprio la forza dell’immaginazione con cui si fa leva, quella ricostruzione dell’esistenza di un personaggio che passa anche attraverso un’ambientazione ben precisa, una casa, una città, Inverness, che restano a sedimentare nella nostra immaginazione.
 E allora non riesco ad immaginare nessun altro luogo che Torino come sfondo per le vicende di Vani, la misantropa ghostwriter nata dalla penna di Alice Basso. La Torino contemporanea, quella del dopo Olimpiadi, con la sua andatura da vecchia signora, gli scorci Ottocenteschi, i porticati, la Mole, piazza Castello, indiscusso clamore di una città che si scopre meravigliosa sotto un cielo meraviglioso, sotto gli occhi attenti del commissario Berganza. D’altronde prendere il 4 che costeggia la stazione di Porta Nuova e praticamente attraversa la città è un’esperienza unica, e se ti capita di incontrare una ragazza con un lungo impermeabile nero, ancora di più.
 E se chiudo gli occhi mi tornano in mente le atmosfere sognanti della Venezia di Virginia de Winter, in cui si muove la spia inglese Cordelia Sheffield. Venezia vive scalpitando tra le pagine di questo libro, in un meraviglioso caleidoscopio di situazioni e maschere, balli e inseguimenti, schermaglie e inganni, differite e incidenti, in una corsa continua verso la verità. Venezia emerge con un fascino antico, una consapevolezza quasi statica di un mondo che si articola intorno al potere della maschera e del Doge, in un chiaro intento di supremazia e paura. Venezia maestosa e luccicante, è immensa, ma ricca di dettagli, è una di quelle città in qui perdersi, in cui innamorarsi, che da Piazza San Marco, ti portano lungo il Canal Grande e per ogni più piccola calla.
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Un posto che per me è come casa, che mi è rimasta nel cuore dalla prima volta che ci ho messo piede, nel 2007, in gita scolastica, e ogni volta che ci sono tornata. Perché è così ci sono posti che restano a sedimentarsi nelle coscienze con quel fascino imperturbabile, lo stile romantico, l’incedere lento mitteleuropeo. Praga d’altronde è un gioiellino e si riveste di fantastico tra le righe di Laini Taylor, che non lesina quanto a descrizioni e interpretazioni. Praga, questa città nel cuore dell’Europa emerge chiaramente in tutto il suo fulgore, magica e irreale, meravigliosamente unica, piena di luoghi incantevoli, in uno spettacolo romantico di un fascino indescrivibile. Praga che sembra quasi diventare un altro personaggio della storia, che si colora della malia di una città che ha vissuto secoli di storia rimanendo sempre fedele a sé stessa. Ponte Carlo allora non è un semplice ponte che affaccia sulla Moldava, con il freddo che ti sconquassa le ossa, il gelo che penetra sottopelle, ma rallegrato da un simpatico spettacolo di marionette.
D’altronde i luoghi non sono tanto di chi li descrive, ma di chi li vive, passeggiando per le strade o aguzzando la fantasia.
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giangig-blog · 8 years
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Da grande voglio fare il viaggiatore...
Ero in seconda superiore.
Un professore mi chiese: "Cosa vuoi fare nella vita?"
Avevo 15 anni, non ho avevo idea di cosa cazzo fare nella vita.
La mia più grande preoccupazione era affrontare la pubertà con dignità e finire i compiti velocemente così da poter andare con gli amici a giocare a pallone.
Era il periodo in cui i primi ormoni sballano e le ragazze si guardano con occhi diversi.
Sì, per occhi intendo tette.
Riflettei.
Frequentavo un cazzo di istituto tecnico, perchè cazzo mi stava facendo questa domanda filosofica? Non dovremmo studiare i numeri?
Sapevo di dover rispondere in modo intelligente, ma non avevo realmente nessuna aspirazione o vocazione in quel momento.
Cominciarono a tremarmi le gambe a cominciai a sudare sotto la pelle.
"Dovrei fare qualcosa che mi piace fare" pensai. Ma cosa mi piace fare?
Riflettei ancora.
Intanto il professore continuava a fissarmi con espressione accigliata.
Qualcosa mi balenò in mente.
Risposi candidamente: "Io voglio fare il viaggiatore..."
Lui mi guardò incuriosito.
Mi squadrò per bene dietro i suoi occhiali di tartaruga spessi e il naso grosso butterato.
"Spiegati" continuò.
Riflettei.
Mi hanno sempre insegnato di riflettere prima di dire una qualsiasi stronzata.
Può darsi che tu risponda ugualmente con una stronzata, ma almeno è stata una stronzata a cui hai riflettuto.
Risposi:
"Quando avevo 9 anni, vinsi un viaggio premio con la scuola per Roma.
Dovevo partire con una comitiva di studenti più grandi di me e visitare la città eterna.
Ero terrorizzato...avevo solo nove anni.
Ma i miei genitori mi dissero che era un'enorme occasione che dovevo prendere la volo, non tutti i bambini potevano visitare Roma da soli.
Li considerai degli scellerati...avevo NOVE ANNI! Dove mandate un bambino da solo? Stavo seriamente pensando di chiamare il telefono azzurro.
Ma mi feci coraggio e una mattina presto salì su un autobus insieme ad altri ragazzini più vecchi di me, in direzione Roma.
Mi ricordo perfettamente che come salì sul bus, mi misi a sedere in un seggiolino isolato dalla parte del finestrino. Mi nascosi dietro la tendina e iniziai a piangere.
Ero spaventato e non ero mai stato lontano dai miei genitori.
Maledissi loro per avermi mandato e me stesso per aver accettato.
Piansi per un paio di minuti, poi mi asciugai le lacrime con la manica del giubbotto e iniziai a guardare fuori dal finestrino l'autostrada che piano piano svaniva dietro di me.
Dei ragazzi che sedevano in fondo al bus mi chiesero di sedermi con loro e io stranamente accettai.
Non era da me fare amicizia facilmente con altri bambini.
Ero e sono sociopatico, è un problema che ho psicanalizzato io stesso, ma non so perchè riuscii a trovarmi bene quella volta.
Mi diverti in quella gita di un giorno soltanto.
Visitammo un sacco di cose di cui ora non ricordo e di cui non ho idea di come si chiamino. E soprattutto vidi il Colosseo.
Questo immenso anfiteatro di pietra mezzo rotto, di cui avevo letto nei libri di storia e geografia.
Dal vivo ero maestoso e trionfale. Mi affascinò.
Finì il rullino della macchinetta usa e getta, datami dai miei genitori, fotografandolo.
La giornata passò velocemente e io mi divertii.
Tutte le paure iniziali sembravano solo ricordi sfuocati successi anni prima.
Mi scordai anche di chiamare mia mamma per dirle che stessi bene.
Tornai a casa e raccontai a chiunque di quella meravigliosa esperienza.
Crescendo ho cercato di viaggiare il più possibile e di non avere paura dei posti che non conosco.
Può essere presa quasi come una metafora di vita questa mia esperienza in gioventù.
Affrontare l'ignoto e tutte le opportunità che la vita può offrirti senza avere timori e paure..."
Con la coda dell'occhio guardai il professore e lui continuava a fissarmi.
Distorsi lo sguardo imbarazzato tra i miei pensieri sognanti.
Continuai:
"Per questo voglio fare il viaggiatore...perchè non voglio un giorno dover affrontare un qualcosa che non conosco e farmela addosso dalla paura alla sola idea di intraprendere quell'avventura.
E' così che fanno i viaggiatori, si godono la vita anche se essa gli presenterà milioni di difficoltà..."
Finì il mio discorso, rosso come il culo di una scimmia per l'imbarazzo.
Continuai a fissare il banco difronte a me sperando di aver risposto correttamente.
Il professore stette ad ascoltarmi per tutto il tempo, senza dire una parola e senza muovere un muscolo del viso.
Mi guardò dritto negli occhi e disse: "Sei tutto matto...". E passò ad un altro studente.
Probabilmente avevo preso la sua domanda con troppa filosofia.
Per lo meno quel giorno capii di aver scelto una scuola non adatta a me.
Fa quasi ridere ora, ripensare a quella risposta così articolata che detti.
Deve essere la famosa legge del contrapasso questa.
Se il me quindicenne vedesse ciò che sono diventato, probabilmente mi manderebbe a fanculo.
Ora ho solamente paura della vita e di tutte le difficoltà che mi sta procurando.
Se prima volevo vivere nello spazio sconfinato, aspettando interperrito gli asteroidi pronti a colpirmi, ora vorrei solamente stare in una minuscola stanza ricoperta di ovatta, con davanti a me un pc e una tazza di tè caldo.
Forse aveva ragione il prof...sono tutto matto.
O forse aveva ragione il me quindicenne...i viaggiatori si godono qualsiasi difficoltà gli si propone.
In fondo, ogni essere umano non è altro che un cazzo di passeggero distratto nel fottuto aereo della vita che sta cadendo a picco dritto dritto nell'oceano.
Non penso che i salvagenti ci salveranno in questa occasione...
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Il lavoro dei sogni
Questa storia partecipa al COWT di Lande di Fandom Settimana: quinta Missione: M3 Prompt: ZeroZeroQu investigazioni N° parole: 310
 Quello era decisamente il giorno migliore della sua vita, Portia non smetteva di ripeterselo. Rappresentava il coronamento dei suoi sogni di ragazzina, quando ancora stava imparando a leggere aiutata dai pochi libri a cui aveva accesso, e grazie ai quali aveva scelto quale sarebbe stato il suo futuro. Aveva letto e riletto la saga del Detective Robin così tante volte da poterla recitare a memoria per intero, ogni singolo volume era stato scandagliato fin nelle sue profondità, soprattutto The Firent Affaire che si era rivelato il suo preferito. Quando ne aveva avuto la possibilità, aveva intrapreso gli studi di criminologia e scienze dell’investigazione, laureandosi nel tempo minimo previsto dal corso. Certo, la passione per le saghe letterarie non le era di certo stata utile a superare gli esami, ma ce l’aveva messa tutta studiando anche di notte quando necessario, e la sua caparbietà l’aveva premiata con una laurea a pieni voti! Ora tutto quello che doveva fare era acquisire esperienza, e poi avrebbe potuto aprire il suo studio da investigatore privato professionista. Portia guardava la porta dello studio che l’aveva scelta come apprendista pochi giorni prima con occhi sognanti, immaginandosi già per le strade alla ricerca di indizi o all’inseguimento di testimoni chiave. Non aveva l’aria troppo appariscente, e questo le piaceva. Era una costruzione piccola, al piano terra di una palazzina ai margini della città. Un posto perfetto per consentire ai clienti di evitare gli sguardi indiscreti quando volevano rivolgersi all’agenzia. La facciata bianca e pulita era quasi del tutto anonima, se non fosse stato per la targhetta dorata che spiccava sul lato destro dell’ingresso, sulla quale era inciso il nome dell’agenzia investigativa. Basta, non poteva più restare lì impalata, era il suo momento! Con un largo sorriso, appoggiò la mano alla pesante maniglia della porta di legno scuro e solcò a grandi falcate la soglia del suo futuro.
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poeyes · 11 years
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"Barbafiorino il pignolo augura Buon Viaggio"
La Città dei Libri Sognanti
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carminecitro · 11 years
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"E nel frattempo sonnecchiavano a milioni e milioni su tutti gli scaffali, nelle casse, negli scantinati e nelle catacombe di Librandia. Solo quando un libro veniva preso ed aperto da una mano curiosa, quando era acquistato e portato via, allora poteva destarsi a nuova vita. Ed era questo che tutti i libri sognavano."
 "La città dei libri sognanti" di Walter Moers
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perpassareiltempo · 5 years
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Veniamo dalle stelle e alle stelle andiamo. La vita è solo un viaggio all’estero.
Walter Moers - La città dei libri sognanti
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perpassareiltempo · 7 years
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Non importa come una storia comincia. E nemmeno come finisce… conta quel che succede in mezzo.
Walter Moers - La città dei libri sognanti
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