Tumgik
#la propria strada
maledettadaunangelo · 7 months
Text
A mio marito che negli anni ha sopportato la mia tendenza a svolazzare da un’ossessione all'altra, mentre cercavo la mia strada, che finalmente ho trovato. Grazie, amore, per non essere saltato giù dal mio folle treno.
Gina Leigh Maxwell
126 notes · View notes
io-rimango · 11 months
Text
“Mi guardo indietro e non vedo fallimenti: vedo soltanto una ragazza che ha cercato la sua strada in un posto sbagliato.
Da piccoli ci insegnano ad essere determinati, ci dicono che dobbiamo capire bene e subito quale sia la nostra strada, invece, credo che dovrebbero insegnare loro proprio l'opposto. La propria strada si trova sbagliando, eliminando le strade che non si vogliono per sé. Bisogna partire da quello che non vogliamo per arrivare a quello che vogliamo, non il contrario”.
(Martina Moncassola)
7 notes · View notes
Text
Tumblr media
Prima ne parlavo un po' con papà e lui mi dice si beh ma Sangiovanni ha 20 anni e ci può stare tu ne hai quasi 30 e ci sta un po' meno.
Perché quanto e brutto e fa male non sapere qual'è la tua strada, quando hai quel mostro interiore che ti logora dentro, quel peso in testa..quello che non ti fa avere stimoli in niente, paura di fare, di osare e perché no anche sbagliare. Di vivere la vita a pieno fregandosene di tutto e tutti lasciandosi andare. Vorrei tanto poterlo capire e mettere in atto..
3 notes · View notes
ultrabeauty-it · 2 years
Text
Come trovare la propria vocazione
Una persona che ama il proprio lavoro si vede subito perché i suoi occhi brillano e si irradia un'energia speciale, e una professionalità fuori dal comune. Ma come si sa a trovare la propria vocazione?
Svolgere un’attività che piace veramente è un sogno di molti, ma come trovare la propria vocazione? Prima di capire come trovare la propria vocazione cerchiamo di capire cosa significa per te la vocazione? La parola vocazione è spesso associata anche al destino. Potrei ricordare qui in proposito della vocazione la citazione di John Lennon. “Quando avevo 5 anni mia madre mi diceva sempre che la…
Tumblr media
View On WordPress
0 notes
ilmondodishioren · 2 years
Text
Citazione #65
Ogni persona trova la propria strada in modo diverso.Non devi fare paragoni.Se ti impegnerai con serietà, sarà molto dura e mortificante, ma ti divertirai davvero e sarai felice. [Akira – Contrast]
View On WordPress
0 notes
et3rnauta · 2 months
Text
Se avete cinque minuti, leggete fino alla fine questo articolo. Astutillo Malgioglio, per gli amici Tito, era il portiere di riserva dell’Inter di Trapattoni, quella dello scudetto dei record. Nel 1987 lo andai ad intervistare per Il Giorno, il quotidiano per cui allora lavoravo, a Piacenza. Avevo saputo che Malgioglio, allora 29enne, aveva aperto vicino a casa una palestra per la rieducazione motoria dei bambini cerebrolesi; aveva chiamato la struttura ERA 77 (acronimo di Elena, il nome della figlia nata appunto nel 1977, di Raffaella, la moglie, e di Astutillo) e coadiuvato dalla moglie prestava questo servizio gratuitamente mettendo a disposizione tutto il suo tempo libero. Per questa intervista vinsi un premio a Como, che mi venne consegnato da Pierluigi Marzorati, il campione della Pallacanestro Cantù, somma che girai immediatamente all’Unicef. Malgioglio mi raccontò cose bellissime e bruttissime. Cose vere. Mi raccontò che stava facendo tutto questo da 7-8 anni ma a fari spenti, quasi in incognito: perché non era buona cosa, per come andavano le cose nel mondo del pallone, che un calciatore professionista si distraesse con pensieri (o attività) inutili o bizzarre come, appunto, aiutare il prossimo. A meno di non incontrare sulla propria strada due persone come Nils Liedholm e Sven Goran Eriksson, come capitò a Tito nei due anni alla Roma dall’83 all’85, che convinsero Dino Viola a mettere a disposizione di Malgioglio, nel tempo libero, la palestra di Trigoria, per permettergli di fare anche a Roma quel che aveva cominciato a fare a Piacenza. Mi raccontò che l’Associazione Calciatori, sul suo giornale, aveva aperto una sottoscrizione tra tutti gli iscritti (gli oltre mille calciatori di serie A, serie B, serie C1 e serie C2) per raccogliere fondi a favore dell’attività di Tito; e che alla fine il ricavato era stato di 700 mila lire, che con un certo imbarazzo l’AIC aveva provveduto a fargli avere. Mi raccontò, soprattutto, che un giorno alla Pinetina Jurgen Klinsmann lo aveva avvicinato e gli aveva chiesto come mai finiti gli allenamenti lo vedesse andarsene, sempre, così di fretta a Piacenza. Tito gli aveva spiegato il perché e Klinsmann gli aveva detto: domani vengo con te, voglio vedere con i miei occhi quello che fai. Klinsmann mantenne la promessa. Salì sul maggiolino scassato di Malgioglio, andò con lui a Piacenza, passo l’intero pomeriggio a guardare Tito assistere i bambini cerebrolesi. Poi, prima di risalire sul maggiolino per farsi riportare a Milano, sfilò di tasca il libretto degli assegni e senza dire una parola scrisse 70 milioni (settanta milioni), staccò l’assegno e lo consegnò al compagno. Aveva gli occhi lucidi. Come quelli di Malgioglio". [Paolo Ziliani da Il Fatto Quotidiano]
86 notes · View notes
eleonorasimoncini · 4 months
Text
Sono la tua P
Sono una puttana perché mi piace
Sono una puttana perché ho amato senza riserve
Sono una puttana perché ho disobbedito senza riserve
Sono una puttana perché non confondo più sesso, sex work e amore
Sono una puttana perché come puttana posso ridere senza motivo e anche a sproposito
Dico sono una puttana e non faccio la puttana perché quando lo faccio lo sono anche intimamente
Sono una puttana perché il lavoro che avevo prima non sapevo più farlo
Sono una puttana per essere la figlia che i miei non avrebbero voluto mai e non vogliono adesso
Sono una puttana perché non sono il figlio maschio che i miei avrebbero voluto
Sono una puttana per capire chi mi vuole veramente bene e mi accetta anche se sono una puttana
Sono una puttana perché non sopporto i tacchi a spillo e voglio indossarli il meno possibile per camminare a piedi scalzi
Sono una puttana perché non sopporto il perbenismo
Sono una puttana perché il mio lavoro mi ha impoverito
Sono una puttana perché gli uomini che rispondono agli annunci erotici te la chiedono gratis senza dire né buongiorno né buonasera e dando per scontato che sei una puttana gratuita
Sono una puttana perché dai diamanti non nasce niente dal letame nascono i fiori
Sono una puttana perché gli uomini vogliono fare con me cose che non hanno il coraggio di chiedere alle mogli e alle fidanzate (incluso il mio compagno)
Sono una puttana perché mio marito confonde la donna per bene che ha sposato con la propria madre e qualche volta anche con sua figlia
Sono una puttana perché gli uomini per bene vogliono sposare una donna per bene ma per fare sesso preferiscono una puttana
Sono una puttana perché il sesso ognuno lo fa come vuole anche a pagamento se ritiene opportuno
Sono una puttana perché qualcuno mi ha detto ti vesti come una puttana, ti trucchi come una puttana, fai sesso come una puttana
Sono una puttana per sapere cosa provano in strada le donne sfruttate, mie sorelle
Sono una puttana perché il lavoro a 4 euro l’ora è schiavitù per uomini e donne e io voglio vivere
Sono una puttana perché ho bisogno di leggere e avere tanti libri
Sono una puttana perché il lavoro intellettuale e il lavoro artistico sono sottopagati sfruttati e offesi
Sono una puttana perché l’Italia ha rinunciato ai suoi artisti
Sono una puttana perché l’Italia ha affamato i suoi artisti
Sono una puttana per poter restare in Italia e fare arte
Sono una puttana perché i miei amici artisti sono quasi tutti andati via, attori, registi, produttori più o meno indipendenti, musicisti, ballerini, mimi, pittori, performer, artisti visivi, designer, architetti e folli innamorati della vita
Sono una puttana perché le mie amichette studentesse universitarie per pagarsi una camera tugurio in affitto a Roma devono fare le puttane (i maschi per lo stesso motivo spacciano o battono anche loro)
Sono una puttana perché amo la mia vagina e non la disprezzo
Sono una puttana perché certe volte quando ho fatto l’amore mi sono sentita stuprata
Sono una puttana perché la famiglia in questo momento storico è il luogo più violento che c’è
Sono una puttana perché sono stata una bambina assillata
Sono una puttana per tutte le donne che sono morte a causa del loro essere donne, madri, lavoratrici, figlie incomprese, mogli sole, puttane sole, amanti nascoste, fidanzate uccise perché un uomo insicuro le perseguitava
Sono una puttana perché il sesso a pagamento è un lavoro e ha dignità
Sono una puttana perché la puttana è genere sessuale diverso e un piacere diverso per tutti coloro che lo praticano
Sono una puttana perché il sesso è sacro e sacro a questo mondo vuol dire monetizzato. Ché tutti sappiano cos’é il loro senso del sacro
Sono una puttana perché ogni gesto è puro incluso il più riprovevole se lo fai con l’istinto di un animale e non di un uomo
Sono una puttana perché i miei alunni consideravano Pasolini un frocio marchettaro
Sono una puttana perché sono femmina e femminista
Sono una puttana perché per una donna fare sesso libero in molti posti è ancora un reato
Sono una puttana, una strega, una mistica, una madre, una santa perché posso contenere il mondo, tenendomi in equilibrio
Sono una puttana perché il mio pensiero potrebbe dare fastidio
Sono una puttana perché hanno uccisa Ipazia dandole della puttana
Sono una puttana perché non è solo il mestiere delle donne ma da che mondo è mondo è il lavoro degli uomini
Sono una puttana perché ho abolito il senso di colpa dei genitali
Sono una puttana perché il mio cuore è puro e non ha doppio fondo
Sono una puttana perché rigetto il potere
Sono una puttana perché voglio riprendermi il desiderio di essere donna come dico io e non come dice un uomo
Sono una puttana perché questo è un mestiere inventato da un uomo per dividere le donne in belle e brutte buone e cattive e io me lo riprendo
Sono una puttana perché voglio stabilire il prezzo che gli uomini mi hanno dato e mi hanno tolto
Sono una puttana perché questo è un lavoro nobile e antico rovinato dalla politica come dice Pia Covre
Sono una puttana perché tutte le donne per bene e per male sono sorelle
Sono una puttana perché una moglie per bene può essere più in vendita di una puttana
Sono una puttana perché non voglio la protezione di un uomo
Sono una puttana perché questa parola si usa a sproposito
Sono una puttana perché mio padre aveva paura che diventassi una puttana
Sono una puttana perché voglio che noi donne riprendiamo a vederci e a ridere delle nostre imperfezioni fisiche e della nostra vecchiaia
Sono una puttana contro una società che trasforma le nostre bambine, le nostre figlie in tutto il mondo in puttane
Sono una puttana perché di dieci uomini politici che ho conosciuto a nessuno darò mai il mio voto solo perché è mio cliente
Sono una puttana perché meglio freddare i bollenti spiriti con una puttana che fare violenza alle proprie donne
Sono una puttana perché gli uomini non sanno gestire come uomini la propria sessualità
Sono una puttana perché la civiltà di un paese si misura da come tratta le proprie donne
Sono una puttana perché amo la democrazia e odio la dittatura della maggioranza
Sono una puttana perché da un uomo di potere non ho mai accettato mai niente tranne il mio cachet e da mangiare. Da mio padre
Sono una puttana perché finalmente mi amo e mi accudisco come merito
Sono una puttana perché ho bisogno di una stanza tutta per me
Sono una puttana perché voglio capire che c’è di tanto strano in questo mestiere
Sono una puttana perché le donne devono stare tutte insieme puttane e donne per bene e mettere insieme le loro vite
Sono una puttana perché ancora oggi una donna non prende valore di per sé ma ancora come secoli addietro per il matrimonio che ha fatto al massimo per gli studi che ha fatto o i figli che ha avuto
Sono una puttana perché voglio sapere perché le donne hanno paura di essere definite puttane
Sono una puttana per sapere perché questa società ingiuria le puttane, le occulta, le biasima, le disprezza ma dietro le porte delle puttane c’è sempre la fila
Sono una puttana colta perché la gente dice che se fai la puttana è perché non hai altre possibilità
Sono una puttana perché vorrei che tutte le donne dicessero anch’io sono una puttana come te e non mi vergogno di dirlo perché anch’io…
Sono una puttana
Cit.
57 notes · View notes
susieporta · 7 days
Text
Girano molti post sull'empatia.
Quello che noto è che ricorre spesso il significato negativo, rischioso, che tale skill avrebbe.
L'essere troppo empatici ci farebbe entrare in risonanza con il dolore dell'altro, o con le sue esigenze e sommovimenti emotivi, al punto tale da perdere di vista noi stessi.
Ma questa non è empatia: è contagio emotivo.
Nell'empatia io mi metto nei panni dell'altro, seppur rimanendo me stesso, affinché possa comprendere, attraverso il sentire, che cosa l'altro prova.
Tuttavia questo non pregiudica la mia capacità di discernimento, di radicamento in me stesso, o il fatto di poter dissentire e mettere un confine tra me e la persona che ho di fronte.
L'empatia mi aiuta a entrare in connessione, comprendendo pienamente il suo punto di vista.
Mi fa uscire dal mio ego e dalle sue attivazioni difensive.
Questo può permettermi di accedere a una prospettiva più ampia e veritiera dell'altro.
Posso usare questa comprensione come voglio, in realtà.
Anche per scopi egoistici, paradossalmente.
Se ad esempio empatizzo con qualcuno e grazie a questo sento che egli mi sta manipolando, posso utilizzare tale informazione per andarmene o per dire di no.
Se sento che quello che dice non mi appartiene, e provoca in me un senso di ingiustizia, posso dissentire ed esprimere la mia opinione la quale è contraria alla sua.
Ma questo lo posso fare se sono consapevole della mia tendenza a empatizzare, o della mia capacità di essere empatico.
Nel vero processo empatico io sono cosciente di essere me stesso, seppure per un attimo posso sbilanciarmi e mettere un piede nei panni dell'altro, per poi tornare nei miei vestiti completamente.
Ma, se il sentire l'altro genera una con-fusione tra me e lui, cioè una dissoluzione permanente e completa di confini, rischio di non sapere più né cosa provo io, né quali bisogni ho, né chi sono.
La mia sensibilità si perde nella sua, e io non trovo più la strada per tornare a casa.
Mi perdo nella sua interiorità come quando si cade in un pozzo oscuro.
In questo caso non si può parlare di empatia, ma appunto di contagio emotivo.
Il contagio emotivo è inconscio, meccanico, e si basa su 3 possibili cause.
1) O c'è una dipendenza in atto te me e l'altro, completa o parziale, e già solo questo indica una mancanza interiore, e quindi esteriore, di confini.
2) Una ipersensibilità, e quindi una accentuata reazione alla presenza dell'altro o di qualsiasi altro stimolo, la quale mi fa sconfinare nelle emozioni altrui fino a non riuscire più a tornare indietro.
3) Oppure una mancanza di confini stabili nell'io, il quale è frammentato, sconnesso dal corpo, oppure troppo poroso.
Può esserci anche un mix più o meno variabile di questi tre elementi.
Quello che si può fare in questi casi è lavorare sui confini, sia interni che esterni, sul grounding, ma anche sulla propria sensibilità, o sul rapporto che abbiamo con essa.
Omar Montecchiani
#quandolosentinelcorpodiventareale
23 notes · View notes
falcemartello · 4 months
Text
Tumblr media
-----
Gli europei si stanno ribellando contro Net Zero
Negli ultimi dieci anni circa, i politici tradizionali di tutta Europa hanno smesso di promettere di migliorare il tenore di vita dei loro elettori.
Invece, si sono vantati dei loro piani per limitarlo.
Hanno esaltato le virtù di un costo della vita più elevato, della deindustrializzazione e delle restrizioni alle libertà personali.
E si aspettavano che la maggior parte delle persone non se ne sarebbe preoccupata o forse addirittura se ne sarebbe accorta, perché tutto ciò doveva essere fatto in nome del "salvataggio del pianeta" dal cambiamento climatico.
Ma nel 2023, quel consenso dell’élite verde si è schiantato sulla Terra.
La crescente rabbia pubblica nei confronti di Net Zero ha iniziato a scuotere un'élite politica compiacente. In effetti, l’opposizione al greenismo è oggi uno dei principali motori del populismo europeo.
Ha portato la gente in strada, con le proteste degli agricoltori nei Paesi Bassi e Irlanda e, più recentemente, Germania. E ha ispirato una serie di rivolte alle urne.
A novembre, Geert Wilders, attaccabrighe dell'estrema destra e scettico sul clima, ha ottenuto una vittoria elettorale shock, sconfiggendo il suo rivale più vicino, Frans Timmermans, l'architetto e il volto delle politiche climatiche dell'UE.
In Germania, una disputa sulle pompe di calore ha recentemente minacciato di far cadere il governo, di cui il Partito dei Verdi è uno dei partner minori della coalizione.
La “legge sul riscaldamento” proposta dalla Germania avrebbe vietato l’installazione di nuove caldaie a gasolio e gas.
Inoltre, questo costo doveva essere imposto a una nazione che si sta già riprendendo da una grave crisi energetica, dove le bollette delle famiglie sono tra le più alte d'Europa e dove industrie critiche stanno chiudendo a causa degli esorbitanti costi energetici.
Più o meno nello stesso periodo, dall'altra parte della Manica, il presidente francese Emmanuel Macron ha chiesto una "pausa" nelle nuove norme ambientali.
Aveva già imparato a sue spese che il pubblico non sopporterà politiche ambientali rigorose.
Nel 2018 e nel 2019, un'eco-tassa sul carburante ha scatenato proteste gilets jaunes durate un anno la ribellione pubblica più significativa avvenuta in Francia dal maggio ’68.
La classe politica deve riconoscere che gli elettori non vogliono pagare bollette energetiche più alte, pagare una cifra esorbitante per l’uso della propria auto o installare pompe di calore costose e inaffidabili invece delle affidabili caldaie a gas.
Come hanno dimostrato le rivolte dello scorso anno, nessun discorso sul “salvare il pianeta” potrà cambiare la situazione. L’opinione pubblica non si lascerà ingannare dai tentativi di etichettare l’austerità come “verde”.
Nel 2024, abbiamo bisogno di una nuova politica che metta gli standard di vita delle persone al centro. L’abbandono di Net Zero sarebbe il punto di partenza perfetto.
(da un art. di Fraser Myers – Spiked)
48 notes · View notes
immensoamore · 3 months
Text
Tumblr media
Ogni parola che ho scritto qui era dedicata a una persona. Era un modo per parlargli anche quando non c'era,per fare sentire che c'ero e che era nei miei pensieri. In effetti negli ultimi anni questa persona è diventata il centro del mio mondo nonostante la mia vita fosse separata dalla sua. Ho sempre creduto che quando si vuole bene bisogna andare oltre alle convenzioni,oltre alla banalità,oltre qualsiasi cosa pur mantenendo la propria identità. Non credo in chi giustifica il suo comportamento con un sono fatto così ma ammiro chi si mette in gioco e riesce a mettersi nei panni dell'altra persona. Io ho sempre avuto pretese semplici,ho sempre messo in campo tutto quello che potevo,ho provato a essere presente senza mai essere invadente. Io non so se ho sbagliato ad amare così ma è l'unico modo che conosco,l'unico che mi assomiglia,l'unico che mi dà serenità. Non esiste un modo d'amare uguale per tutti ma l'obiettivo dovrebbe sempre essere lo stesso per tutti,fare un pezzo di strada assieme..
32 notes · View notes
sofysta · 3 months
Text
Scrivere una lettera d'amore nella libreria più romantica della città, dichiararvi a casa di Serge Gainsburg e Jane Birkin, alloggiare in loft bohemien con il pianoforte a coda o scambiarvi un bacio davanti alla finestra di Coco Chanel al Ritz?
Dire “ti amo a Parigi”. Vi è mai capitato?
È il luogo in cui si può emozionare pazzamente e provare la joy de vivre. Parigi è detta la città dell'amore ed è indubbiamente il posto giusto dove gridare "Je T'Aime!"
Ed in quali luoghi potremmo dire quindi “Ti Amo” a Parigi? Non si può essere scontati, ma al tempo stesso, se si sceglie la Ville Lumiere l''ideale sarebbe trovare nuove prospettive per ammirarla e viverla.
Alloggiate alla suite del Ritz a Place Vendôme dove risiedeva Coco Chanel
Siamo negli anni 20 quando Coco Chanel, pseudonimo di Gabrielle Bonheur Chanel, è già una delle stiliste più in vista di Francia, pur vivendo nella Ville Lumière come una vera parigina si rifiuta di acquistare un appartamento. Preferisce alloggiare all’Hotel Ritz e affacciarsi (spesso di notte) sulla mitica Place Vedôme che in seguito ispirerà la boccetta e il tappo di Chanel n.5, il profumo tutt'oggi più venduto al mondo. Nel 1937 si decide ad affittare una suite al terzo piano tutta per lei e trasferirvisi definitivamente. Il cielo stellato che vedrà da quella posizione privilegiata le ispirerà alcune delle sue più belle collezioni di gioielli. Oggi la suite del Ritz a lei dedicata, lussuosissima, con salotto e hammam privato, arredata da Karl Lagerfeld, si può affittare per 25 mila euro a notte (ma si arriva anche a 40) ed è tra le più richeste. Non una cifra per tutti ma per una dichiarazione d'amore tutto è concesso. Ma si può anche scegliere un'alternativa all'inverso: ammirare la finestra di Coco da place Vedôme magari mentre con una visita nella boutique Chanel Joaillerie che si trova proprio di fronte, al numero 18 del piazza. Pura magia!
Scrivete una lettera d'amore seduti nella libreria Shakespeare and Company
Passeggiando nel 5° arrondissement, in Rue de la Bucherie, al n.37, c'è la libreria più romantica e celebrata di Parigi: Shakespeare and Company. Una libreria anglosassone con scale di legno dipinte da citazioni letterarie. Negli anni ’50 era il ritrovo della Beat Generation ed è stata scelta da Woody Allen per il suo film Midnight in Paris. Ci si immerge nella storia e nella letteratura e si può tranquillamente sedersi e scrivere una poesia o una lettere d’amore con le macchine da scrivere che sono a disposizione
Sussurrate all'orecchio “Je t'aime” nella casa di Serge Gainsbourg e Jane Birkin
Lui è il compositore di "Je t'aime... moi non plus" e la sua storia con Jane Birkin ha ispirato intere generazioni e la cultura pop francese. La sua casa parigina è un luogo incredibilmente sentimentale in cui Gainsbourg visse dal 1969 fino alla sua morte. Si trova nel 7° arrondissement, a pochi passi dal Café de Flore ed è ormai un luogo di culto. La facciata è coperta di scritte, disegni e messaggi di amore e di omaggio all'artista. Qui ha vissuto anche la moglie Jane Birkin e le figlie Kate e Charlotte. Ed è stata proprio Charlotte a volerla trasformare in una casa-museo. Al numero 5 bis di rue de Verneuil c'è la casa vera e propria, dall'altro lato della strada, al civico 14, è aperta una libreria-boutique e un café piano-bar chiamato Gainsbarre.
Godete di una vista mozzafiato dal belvedere delle Buttes Chaumont
Dal parco Buttes Chaumont si gode di una delle più belle viste sulla città. Bisogna salire 173 gradini ma alla fine non rimarrete delusi. Immenso e misterioso il parco è popolato da una moltitudine di uccelli delle più svariate specie. All’interno si trova il Tempio della Sibilla, centro di un pentagono mistico da cui affacciarsi sulla maestosità di Parigi. I momenti migliori per visitarlo sono l’alba o il tramonto.
21 notes · View notes
Text
Se capita una volta, è un mostro.
Se capita mille volte è un problema più grande.
È difficile scrivere qualcosa oggi. Non so neanche se sia giusto. Però il 50% della mia bolla è muto. Ed è un silenzio insopportabile.
Non credo sia una mera questione di menefreghismo. È che ignorare è più facile. È che c'è questa cosa che è li, e di cui non parliamo mai.
C'è che nella cultura dello st*pro siamo cresciuti tutti. E quando leggiamo una notizia del genere, non riusciamo a sentirci "puliti".
Certo, non avremmo mai fatto niente del genere. Però anche noi certi paradigmi abbiamo imparato a contestarli tardi, lentamente, da soli. E prima? Prima ne eravamo parte. E un po' ti rimangono addosso, nonostante tutto. Attaccate alla radice più profonda dei pensieri.
C'è che non abbiamo il vocabolario per parlare di queste cose, perché non lo abbiamo mai fatto. Eppure sarebbe così importante cominciare a farlo.
Da uomo a uomo.
Mi torna in mente un ricordo di quand'ero adolescente. Litigavo con la mia ragazza dell'epoca, in mezzo alla strada. Avevamo la voce alta, le lacrime agli occhi, eravamo visibilmente scossi.
Un signore, vedendoci, si mise in mezzo a noi. Provai a spiegargli che ci stavamo confrontando soltanto a parole, ma mi interruppe. Disse: "Qualsiasi cosa sia successa, non ne vale la pena. È un attimo che si rovinano due vite: la sua e la tua."
Quel ricordo mi provoca ancora sensazioni contrastanti.
Da un lato, chiunque sia cresciuto socializzato come uomo, sa quanto sia odioso essere visti come aggressori fino a prova contraria.
È una cosa che ti insegnano fin dalla scuola, appena la tua voce diventa più forte e più grave di quella delle ragazze. E i richiami aumentano e i voti di condotta scendono. E se la persona che ti schernisce è una ragazza, verrai richiamato comunque tu più spesso, perché le tue reazioni sono più scomposte, il tuo corpo è una presenza più ingombrante nel mondo.
Ed è una cosa che ti ricordi quando cresci. Quando camminando per strada, cambi marciapiede o acceleri il passo per superare la ragazza che sta camminando da sola, per non darle l'impressione di starla seguendo.
Dall'altro lato, provai un senso di gratitudine.
Quell'uomo aveva fatto ciò che io vorrei aver sempre avuto il coraggio di fare negli anni seguenti. Intervenire, prima che una situazione di pericolo potenziale potesse farsi pericolosa davvero.
Non conosceva né me, né lei, né il contesto. Aveva visto due ragazzini urlarsi contro e uno dei due aveva un corpo che cresceva di due centimetri al mese e presumibilmente quasi nessuna idea su come gestire quella forza, quegli ormoni, quelle emozioni.
Quante volte ho avuto modo di parlare di questa storia? Quasi nessuna.
Con le mie migliori amiche mi confido, ma ci sono certe esperienze, certe sensazioni che loro non hanno mai provato sulla pelle. Come io non ho provato le loro. Uomini e donne vivono gran parte della propria vita in mondi completamente diversi. E spesso è impossibile raccontarseli del tutto.
Neanche tra di noi. Coi miei amici maschi sappiamo di avere un bagaglio di esperienze comuni. Ma ne abbiamo iniziato a parlare poco, timidamente, recentemente.
Quando cresci maschio, ti insegnano che le emozioni ti rendono debole. Che l'unico modo accettabile di tirarle fuori è la violenza.
Lo insegnano a tutti. E ti insegnano anche che se hai paura, se ti senti rifiutato, non devi chiedere aiuto, non devi dirlo ad alta voce, non devi lamentarti. Chi si aiuta, chi si confida, lo fa in segreto.
Se dovessi descrivere in una parola l'esperienza collettiva di essere un uomo, credo che quella parola sarebbe solitudine.
Io non so cosa significhi essere donna. Non conosco la paura che si vive ogni giorno e quell'ansia terribile e collettiva che hanno vissuto in questi giorni. Per capirla, leggo quello che scrivono loro.
Però so cosa significa essere un uomo. E sono cresciuto anch'io in quella società che rende tanti uomini come me carnefici.
Abbiamo un dovere enorme. Nei confronti delle nostre sorelle. E anche nei confronti dei nostri fratelli, dei nostri figli, dei nostri nipoti.
Di interrompere la catena della violenza, la catena dell'orrore. Di chiedere scusa, per quello che abbiamo fatto e per quello che ci hanno fatto fare. Di dare un esempio diverso.
30 notes · View notes
occhietti · 4 months
Text
Tumblr media
Stare con me è difficile,
lo so e l’ho sempre saputo.
Sono una di quelle che vive di piccoli gesti e di attenzioni. Un fiore, qualche bella parola, una cena fuori, una canzone, una porta tenuta aperta per farmi passare per prima, uno sguardo ogni tanto.
Sono una di quelle che danno peso alle parole. A quali vengono scelte, come vengono dette, al tono di voce. E le parole, quelle che segnano, devi dirle bene. Devi dimostrarle bene.
Sono una di quelle che non si accontenta, mai. Non mi accontento di un amore mediocre, di una relazione mediocre, di un uomo mediocre.
Sono una di quelle che ama la propria libertà, e proprio perchè la amo mi rifiuto di metterla da parte per il primo che promette amore eterno. Che poi si sa, le parole se le porta via il vento.
Sono una di quelle che è capace di mettersi a ballare senza musica sotto la pioggia, solo per sentirsi un po’ più viva, un po’ più libera, un po’ più selvaggia.
Sono una di quelle che se c’è una strada dritta, spianata, distesa sceglie quella più tortuosa, più diroccata e insidiosa, ma che in un modo o nell’altro arriva alla meta.
Sono una di quelle che non rimane indifferente o zitta se una cosa non le sta bene. No. Io sono una di quelle che sbatte pugni contro il muro, che si incazza e bestemmia contro il cielo per farsi sentire.
Sono una di quelle che non tieni in un angolo, perchè se voglio stare in disparte mi ci metto da sola.
Sono una di quelle che non sceglie chi giura amore o chi ostenta affetto in pubblico, ma che sceglie quelli con l’anima in fiamme, delusi e feriti e che per strappargli uno sguardo amorevole devi pregare, perchè se scegli loro stai sicura che ti distruggeranno, ma ti ameranno davvero.
Sono una di quelle che fa ciò che vuole, come vuole, con chi vuole, anche pentendosene ma lo fa perchè in quel momento vuole così.
Sono una di quelle che indossa un sorriso e la sua armatura e non la vedi crollare manco se ti impegni, anche se poi magari crollo a casa da sola.
Sono una di quelle che passa le nottate sveglia, perchè la notte è per persone vere.
Sono una di quelle che vede e sente tutto, ma che non lo dà a vedere per poi colpirti e farti male quando vuole.
Sono una di quelle che incassa colpi su colpi ma non cade, e se cade si rialzerà sempre una volta in più. Perchè mi è stato insegnato così: toccare il fondo per avere più spinta.
Sono una montagna russa, io.
E voi preferite le giostre a cavalli.
- Andrea Nicole 
20 notes · View notes
curiositasmundi · 12 days
Text
Congratulazioni e un sentito ringraziamento per essere qui – nonostante le minacce, nonostante la polizia fuori da questa sede, nonostante la panoplia della stampa tedesca, nonostante lo Stato tedesco, nonostante il sistema politico tedesco che vi demonizza per essere qui.
«Perché un congresso palestinese, signor Varoufakis?», mi ha chiesto di recente un giornalista tedesco. Perché, come ha detto una volta Hanan Ashrawi, «non possiamo contare sul fatto che i silenziosi raccontino le loro sofferenze». Oggi, la ragione di Ashrawi si è rafforzata in modo deprimente, perché non possiamo contare sul fatto che i silenziosi, che sono anche massacrati e affamati, ci raccontino dei massacri e della fame.
Ma c’è anche un’altra ragione: perché un popolo fiero e dignitoso, il popolo tedesco, viene condotto su una strada pericolosa verso una società senza cuore, facendosi associare a un altro genocidio compiuto in suo nome, con la sua complicità.
Non sono né ebreo né palestinese. Ma sono incredibilmente orgoglioso di essere qui tra ebrei e palestinesi – di fondere la mia voce per la pace e i diritti umani universali con le voci ebraiche per la pace e i diritti umani universali, con le voci palestinesi per la pace e i diritti umani universali. Essere qui insieme oggi è la prova che la coesistenza non solo è possibile, ma che è già tra noi.
«Perché non un congresso ebraico, signor Varoufakis?», mi ha chiesto lo stesso giornalista tedesco, immaginando di fare il furbo. Ho accolto con favore la sua domanda. Perché se un solo ebreo viene minacciato, ovunque, per il solo fatto di essere ebreo, porterò la Stella di David sul bavero della giacca e offrirò la mia solidarietà, a qualunque costo, in ogni modo. Quindi lasciatemi esser chiaro: se gli ebrei fossero sotto attacco, in qualsiasi parte del mondo, sarei il primo a chiedere un congresso ebraico in cui esprimere la nostra solidarietà.
Allo stesso modo, quando i palestinesi vengono massacrati perché sono palestinesi – secondo il dogma che per essere morti e palestinesi devono essere di Hamas – indosserò la mia kefiah e offrirò la mia solidarietà a qualunque costo, in qualunque modo. I diritti umani universali o sono universali o non significano nulla.
Tenendo presente questo, ho risposto alla domanda del giornalista tedesco con alcune domande da parte mia: 
Esistono due milioni di ebrei israeliani, che sono stati cacciati dalle loro case e messi in una prigione a cielo aperto ottant’anni fa, sono ancora tenuti in quella prigione a cielo aperto, senza accesso al mondo esterno, con cibo e acqua minimi, senza possibilità di una vita normale o di viaggiare da nessuna parte, e che in questi ottant’anni vengono periodicamente bombardati? No.
Gli ebrei israeliani vengono affamati intenzionalmente da un esercito di occupazione, con i loro bambini che si contorcono sul pavimento e urlano per la fame? No.
Ci sono migliaia di bambini ebrei feriti, senza genitori superstiti, che strisciano tra le macerie di quelle che erano le loro case? No.
Gli ebrei israeliani vengono bombardati dagli aerei e dalle bombe più sofisticate del mondo? No.
Gli ebrei israeliani stanno subendo il completo ecocidio di quel poco di terra che possono ancora chiamare propria, senza che sia rimasto un solo albero sotto cui cercare ombra o di cui possano gustare i frutti? No.
Oggi i bambini ebrei israeliani vengono uccisi dai cecchini per ordine di uno Stato membro delle Nazioni Unite? No.
Oggi gli ebrei israeliani vengono cacciati dalle loro case da bande armate? No.
Oggi Israele sta combattendo per la sua esistenza? No.
Se la risposta a una di queste domande fosse sì, oggi parteciperei a un congresso di solidarietà ebraica.
Oggi ci sarebbe piaciuto avere un dibattito decente, democratico e reciprocamente rispettoso su come portare la pace e i diritti umani universali a tutti – ebrei e palestinesi, beduini e cristiani – dal fiume Giordano al Mar Mediterraneo con persone che la pensano diversamente da noi. Purtroppo, l’intero sistema politico tedesco ha deciso di non permetterlo. In una dichiarazione congiunta che comprende non solo la Cdu-Csu (Unione cristiano-democratica-Unione cristiano-sociale in Baviera) e l’Fdp (Partito liberale democratico), ma anche l’Spd (Partito socialdemocratico), i Verdi e, cosa notevole, due leader di Die Linke (La Sinistra), lo spettro politico tedesco ha unito le forze per garantire che un dibattito così civile, in cui possiamo essere in disaccordo, non abbia mai luogo in Germania.
Dico loro: volete metterci a tacere, vietarci, demonizzarci, accusarci. Pertanto non ci lasciate altra scelta che rispondere alle vostre ridicole accuse con le nostre accuse razionali. Siete voi a scegliere questo, non noi. Voi ci accusate di odio antisemita. Noi vi accusiamo di essere i migliori amici degli antisemiti, equiparando il diritto di Israele a commettere crimini di guerra con il diritto degli ebrei israeliani a difendersi. Ci accusate di sostenere il terrorismo. Noi vi accusiamo di equiparare la legittima resistenza a uno Stato di apartheid con le atrocità contro i civili, che ho sempre condannato e sempre condannerò, chiunque le commetta – palestinesi, coloni ebrei, la mia stessa famiglia, chiunque. Vi accusiamo di non riconoscere il dovere del popolo di Gaza di abbattere il muro della prigione a cielo aperto in cui è stato rinchiuso per ottant’anni, e di equiparare questo atto di abbattimento del muro della vergogna, che non è più difendibile di quanto lo fosse il muro di Berlino, ad atti di terrore.
Voi ci accusate di banalizzare il terrore del 7 ottobre di Hamas. Noi vi accusiamo di banalizzare gli ottant’anni di pulizia etnica dei palestinesi da parte di Israele e l’erezione di un ferreo sistema di apartheid in tutta Israele-Palestina. Vi accusiamo di banalizzare il sostegno a lungo termine di Benjamin Netanyahu ad Hamas come mezzo per distruggere la soluzione dei due Stati che dite di favorire. Vi accusiamo di banalizzare il terrore senza precedenti scatenato dall’esercito israeliano sulla popolazione di Gaza, Cisgiordania e Gerusalemme Est.
Accusate gli organizzatori del congresso di oggi di essere, cito, «non interessati a parlare delle possibilità di coesistenza pacifica in Medio Oriente sullo sfondo della guerra a Gaza». Dite sul serio? Siete fuori di senno?
Vi accusiamo di sostenere uno Stato tedesco che è, dopo gli Stati uniti, il maggior fornitore di armi che il governo Netanyahu usa per massacrare i palestinesi come parte di un grande piano per rendere impossibile la soluzione dei due Stati e la coesistenza pacifica tra ebrei e palestinesi. Vi accusiamo di non aver mai risposto alla precisa domanda cui ogni tedesco deve rispondere: quanto sangue palestinese deve scorrere prima che il vostro giustificato senso di colpa per l’Olocausto venga lavato via?
Quindi di nuovo vogliamo esser chiari: siamo qui a Berlino con il nostro congresso palestinese perché, a differenza del sistema politico e dei media tedeschi, condanniamo il genocidio e i crimini di guerra indipendentemente da chi li commette. Perché ci opponiamo all’apartheid nella terra di Israele-Palestina, a prescindere da chi abbia il coltello dalla parte del manico, proprio come ci siamo opposti all’apartheid nel Sudamerica o in Sudafrica. Perché siamo a favore dei diritti umani universali, della libertà e dell’uguaglianza tra ebrei, palestinesi, beduini e cristiani nell’antica terra di Palestina.
E per essere ancora più chiari sulle domande, legittime e maligne, a cui dobbiamo sempre essere pronti a rispondere:
Condanno le atrocità di Hamas?
Condanno ogni singola atrocità, chiunque sia l’autore o la vittima. Quello che non condanno è la resistenza armata a un sistema di apartheid concepito come parte di un lento ma inesorabile programma di pulizia etnica. In altre parole, condanno ogni attacco ai civili e, allo stesso tempo, festeggio chiunque rischi la vita per abbattere il muro.
Israele non è forse impegnato in una guerra per la sua stessa esistenza?
No, non lo è. Israele è uno Stato dotato di armi nucleari, con l’esercito forse più tecnologicamente avanzato del mondo e la panoplia della macchina militare statunitense alle sue spalle. Non c’è simmetria con Hamas, un gruppo che può causare gravi danni agli israeliani ma non ha alcuna capacità di sconfiggere l’esercito israeliano, né di impedire a Israele di continuare a mettere in atto il lento genocidio dei palestinesi sotto il sistema di apartheid che è stato eretto con il sostegno di lunga data degli Stati uniti e dell’Unione europea.
Gli israeliani non hanno forse ragione di temere che Hamas voglia sterminarli?
Certo che sì! Gli ebrei hanno subìto un Olocausto che è stato preceduto da pogrom e da un profondo antisemitismo che ha permeato l’Europa e le Americhe per secoli. È naturale che gli israeliani vivano nel timore di un nuovo pogrom se l’esercito israeliano cede. Tuttavia, imponendo l’apartheid ai propri vicini e trattandoli come subumani, lo Stato israeliano alimenta il fuoco dell’antisemitismo e rafforza quei palestinesi e israeliani che vogliono solo annientarsi a vicenda. Alla fine, le sue azioni contribuiscono alla terribile insicurezza che consuma gli ebrei in Israele e nella diaspora. L’apartheid contro i palestinesi è la peggiore autodifesa degli israeliani.
E l’antisemitismo?
È sempre un pericolo chiaro e presente. E deve essere sradicato, soprattutto tra i ranghi della sinistra globale e dei palestinesi che lottano per le libertà civili dei palestinesi in tutto il mondo.
Perché i palestinesi non perseguono i loro obiettivi con mezzi pacifici?
Lo hanno fatto. L’Olp (Organizzazione per la Liberazione della Palestina) ha riconosciuto Israele e ha rinunciato alla lotta armata. E cosa ha ottenuto in cambio? Umiliazione assoluta e pulizia etnica sistematica. Questo è ciò che ha alimentato Hamas e lo ha issato agli occhi di molti palestinesi quale unica alternativa a un lento genocidio sotto l’apartheid di Israele.
Cosa si dovrebbe fare ora? Cosa potrebbe portare la pace in Israele-Palestina?
Un cessate il fuoco immediato. Il rilascio di tutti gli ostaggi – quelli di Hamas e le migliaia trattenuti da Israele. Un processo di pace, sotto l’egida delle Nazioni Unite, sostenuto da un impegno della comunità internazionale a porre fine all’apartheid e a salvaguardare uguali libertà civili per tutti.
Per quanto riguarda ciò che deve sostituire l’apartheid, spetta a israeliani e palestinesi decidere tra la soluzione dei due Stati e quella di un unico Stato federale laico.
Amici, siamo qui perché la vendetta è una forma pigra di dolore. Siamo qui per promuovere non la vendetta, ma la pace e la coesistenza in Israele-Palestina. Siamo qui per dire ai democratici tedeschi, compresi i nostri ex compagni di Die Linke, che si sono coperti di vergogna abbastanza a lungo, che due torti non fanno una ragione e che permettere a Israele di farla franca con i crimini di guerra non migliorerà l’eredità dei crimini della Germania contro il popolo ebraico.
Al di là del congresso di oggi, in Germania abbiamo il dovere di cambiare il discorso pubblico. Abbiamo il dovere di convincere la grande maggioranza dei tedeschi onesti che i diritti umani universali sono ciò che conta. Che «mai più» significa «mai più per nessuno». Ebrei, palestinesi, ucraini, russi, yemeniti, sudanesi, ruandesi – per tutti, ovunque.
In questo contesto, sono lieto di annunciare che il partito politico tedesco Mera25 di DiEM25 sarà sulla scheda elettorale per le elezioni del Parlamento europeo del prossimo giugno, cercando il voto degli umanisti tedeschi che desiderano un membro del Parlamento europeo che rappresenti la Germania e che denunci la complicità dell’Ue nel genocidio, una complicità che è il più grande regalo dell’Europa agli antisemiti in Europa e oltre.
Vi saluto tutti e vi suggerisco di non dimenticare mai che nessuno di noi è libero se uno di noi resta in catene.
10 notes · View notes
scogito · 3 months
Text
Come ripeto spesso, la Natura è maestra di insegnamenti. E lo fa senza troppi concetti, senza troppe filosofie e nemmeno dibattiti...
Lo fa e basta. Seguendo l'unica via che le fa essere cio che È.
Perché la volontà è tutta qui. Nel trovare una strada allineata alla propria Essenza, nonostante l'ambiente di contorno.
.
🌱 T.me
.
14 notes · View notes
canesenzafissadimora · 10 months
Text
Allora, avrai due amori nella vita, uno possibile con cui costruire, uno impossibile con cui vivere in sogno ciò che sarebbe potuto essere. Ho sempre pensato che la vita ti regali con ogni persona al massimo un paio di occasioni, la seconda, se per qualche strano motivo hai buttato via la prima. Tu le sprecherai entrambe, poi continuerai a pensarci sempre, come una condanna, un tormento, un chiodo fisso distratto dal muro solo alcuni secondi, il giusto tempo per staccarsi e far crollare in terra, in mille pezzi, le tue certezze di anni. Perché in cuor tuo sai che avrai dovuto rinunciare per cause di forza maggiore, non avresti voluto. Conoscerai cos'è la disperazione, conoscerai l'impotenza che consiste nel riporre il domani in una speranza negata. Tutto ciò che vivrai con chi avrai accanto ti risveglierà sempre un ricordo sottile, prepotente, assoluto, selvaggio e passionale com'è una storia non consumata, un'emozione proibita. Uno sguardo incancellabile, e lo sapevo, lo sapevo già, credimi, lo sapevo come un giuramento che non l'avrei dimenticato, né avrei potuto ritrovarlo mai più negli occhi di nessuno. Lei aveva uno sguardo che sapeva tutto di me e io sapevo tutto del suo, senza esserci potuti dire quasi niente che potesse giustificare quella strana sintonia. Due persone che si guardano e si spogliano di tutto, hai presente? Si percorrono, come si fa con una strada che conduce nel punto più alto che c'è ma poi devono rivestirsi, nascondere la propria intimità e cedere al potere del "non si può", divisi su un bivio beffardo. Ma io quello sguardo lo conservo dentro di me come un segreto ribelle che si è svelato al respiro e fa parte di ciò che mi tiene in vita, non me lo sfilo dal cuore. Perciò ogni mio respiro lo alimenta ancora. - e quindi si sceglie il primo tipo di amore? Credo di sì, a malincuore, ecco il perché di tanta gente infelice. Forse sprecando il momento perfetto poi ci si consola così, quasi fosse una giustificabile punizione. Io no, io non ce l'ho fatta. Ho preferito niente. Ma oggi penso che forse, più semplicemente, la natura degli uomini sia questa qui. Noi amiamo essenzialmente quello che ci manca. 
45 notes · View notes